Iniezione diretta-tesi
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POLITECNICO DI TORINO
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica
TESI DI LAUREA
Applicazione dell’iniezione diretta di benzina in un
motore a 2 tempi di tipo innovativo
Relatori
Prof. Ing. Patrizio Nuccio
Prof. Ing. Mario Rocco Marzano
Luglio 2003
Candidato
Valerio Amadio
2
SOMMARIO
INTRODUZIONE 4 IL MOTORE A DUE TEMPI 4
CAPITOLO I 12 STATO DELL’ARTE DEL MOTORE A DUE TEMPI AD ACCENSIONE COMANDATA 12
I.1: Aprilia Ditech 12 I.2: Peugeot TSDI 39 I.3: Piaggio FAST 42 I.4: Bimota 500 V2 45 I.5: Orbital 48 I.6: Toyota S2 50 I.7: Motore Lotus a carica stratificata 53
CAPITOLO II 56
ESPERIENZE PRECEDENTI SU MOTORI A DUE TEMPI PRESSO IL DIPARTIMENTO DI ENERGETICA DEL POLITECNICO DI TORINO 56
II.1: Propulsore Cagiva T4E 350 56 II.2: Propulsore Benelli 1FB 1226 62 II.3: Propulsore Husqvarna WR250 74
CAPITOLO III 87 TRASFORMAZIONE DEL MOTORE PLURICILINDRICO QUATTRO TEMPI IN MONOCILINDRO DUE TEMPI 87
III.1: Scelta del motore di partenza 88 III.2: Lavaggio unidirezionale e realizzazione delle luci 89 III.3: Stantuffo 95 III.4: Equilibramento 96 III.5: Apparato di distribuzione 97 III.6: Apparato di accensione 109 III.7: Apparati di alimentazione e scarico 115 III.8: Circuito di raffreddamento 123
CAPITOLO IV 131
APPLICAZIONE DELL’INIEZIONE DIRETTA DEL COMBUSTIBILE 131 IV.1: Schema dell’impianto 133 IV.2: Serbatoio, pompa di bassa pressione, filtro 134 IV.3: Pompa ad alta pressione 136 IV.4: Regolatore di pressione Siemens 137 IV.5: Raffreddamento della benzina 139 IV.6: Iniettore 140 IV.7: Prove sperimentali dell’iniettore 143 IV.8: Centralina di controllo dei parametri di iniezione 147 IV.9: Centralina di potenza Siemens 151
3
CAPITOLO V 152 ALLESTIMENTO DEL BANCO P ROVA 152
V.1: Fissaggio al banco prova e freno 153 V.2: Encoder ottico 156 V.2: Pulpito di comando 158 V.3: Torre dei consumi 162 V.4: Banco delle centraline di accensione, di gestione della pressione della benzina ed oscilloscopio 164 V.6: Analisi dei gas di scarico 167
CAPITOLO VI 168 PROVE SPERIMENTALI COL PROTOTIPO 168
VI.1: Posizionamanto marker 168 VI.2: Visualizzazione parametri elettronici significativi 171 VI.3: Condizioni reali di funzionamento e visualizzazione problemi 175 VI.4: Primi rilievi sperimentali 177 VI.5: Confronto con le precedenti esperienze su motori a due tempi 180
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI 182 BIBLIOGRAFIA 184
4
INTRODUZIONE
Il motore a due tempi
Il motore a 2 tempi ad accensione comandata ha conosciuto nel corso della sua
storia fasi di alterna fortuna: dal primo prototipo di inizio ‘900, per mezzo secolo, sono
stati profusi notevoli sforzi per sperimentare varie soluzioni tecnico-costruttive ; in
seguito i ricercatori hanno esaurito la loro creatività relegando a particolari
applicazioni, quali il mondo delle corse, lo sviluppo del motore a 2 tempi.
Nelle competizioni questo tipo di motore si è giovato dell’elevata potenza
specifica (nell’ordine dei 400 CV/litro), dell’estrema compattezza e leggerezza, a tal
punto che la sua fortuna appare in declino solo oggi.
L’impiego del motore a 2 tempi in altri campi è sempre stato limitato: moto di
piccola cilindrata, attrezzi manuali da lavoro come motoseghe e decespugliatori, motori
marini fuoribordo insomma tutti quei campi dove l’elevata potenza specifica messa a
disposizione e la semplicità costruttiva rappresentano caratteristiche irrinunciabili.
Ridotti costi di produzione sono una diretta conseguenza della semplicità costruttiva del
2 tempi ad accensione comandata, tuttavia questo vantaggio va attentamente rapportato
ai costi di gestione, dove l’elevato consumo specifico rispetto ad un motore 4 tempi
vanifica rapidamente le economie iniziali.
Vero tallone d’Achille del motore a 2 tempi tradizionale sono senza dubbio
alcuno le emissioni inquinanti. In questo settore si è giunt i sino alla fine degli anni 70
mantenendo tutti i difetti che lo avevano contraddistinto in passato e che ne avevano
impedito l’impiego in campo automobilistico: primo fra tutti l’elevato livello di
5
idrocarburi incombusti nei gas di scarico e di conseguenza l’elevato consumo specifico
di benzina rispetto al motore a 4 tempi.
Negli ultimi 30 anni le normative sulle emissioni inquinant i dei motori per
autotrazione sono divenute sempre più severe e rischiano di mettere al bando il motore
a 2 tempi ad accensione comandata. Oggi la ricerca sul 2 tempi ha come intento
comune di abbattere le emissioni inquinanti. Questo risultato fondamentale pare
attualmente a portata di mano dal momento che non mancano le conoscenze teoriche e
sperimentali relative ai complessi fenomeni gas-dinamici che hanno luogo all’interno
del cilindro di un motore a 2 tempi ed il livello di tecnologia disponibile è ormai
elevatissimo. L’applicazione generalizzata dell’iniezione elettronica sulle autovetture
ha portato ad una caduta dei prezzi dei componenti di questi sistemi che
opportunamente modificati e adattati possono essere sfruttati sul motore a 2 tempi
mantenendo così i costi di produzione e sviluppo ridotti.
La ricerca sull’affinamento del motore a 2 tempi è dettata dal fatto che sotto
certi aspetti questo motore è migliore del 4 tempi; è lecito credere e sperare in un suo
impiego futuro nel campo motoristico della trazione oggi monopolio del 4 tempi.
A vantaggio del motore a 2 tempi ad accensione comandata gioca la presenza di
una fase utile ogni due corse dello stantuffo, mentre nel 4 tempi si ha una fase utile
ogni quattro corse dello stantuffo. Al limite quindi un motore a 2 tempi dovrebbe essere
in grado di produrre una potenza doppia rispetto ad un motore a 4 tempi, a parità di
cilindrata, di velocità di rotazione e di pme; purtroppo nella realtà il minor valore del
coefficiente di riempimento λv fa sì che il vantaggio sia inferiore a quello teoricamente
conseguibile. La pme del motore a 2 tempi ad accensione comandata è inferiore a
quella del 4 tempi, ma si può comunque affermare che il motore a 2 tempi presenta una
potenza specifica maggiore del 4 tempi. Quindi, a parità di potenza erogata, un motore
a 2 tempi ha una cilindrata minore, pertanto peso e dimensioni risultano più contenuti.
Questo aspetto è particolarmente apprezzato vista la necessità di realizzare veicoli
sempre più leggeri per contenere i consumi.
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Figura intro.1 Confronto tra motori 2T e 4T in termini di potenza e coppia unitaria
Le luci di lavaggio e quelle di scarico sono, nella maggior parte delle
realizzazioni, ricavate nella canna in modo che il moto del pistone determini l’inizio e
la fine della comunicazione tra il cilindro e i condotti di scarico; in questo modo si evita
il ricorso a complessi meccanismi per il rinvio del moto dall’albero motore agli alberi a
camme preposti al comando di apertura e chiusura delle valvole; inoltre non si corrono
i rischi di “sfarfallamento” ad elevata velocità di rotazione, con apertura residua delle
valvole in momenti inopportuni, o di variazione della fasatura a causa del modificarsi
dei giochi durante il funzionamento.
La semplicità costruttiva si traduce in bassi costi di produzione e di
manutenzione inoltre il motore a 2 tempi, rispetto al 4 tempi, ha minori perdite per
attrito; dal punto di vista del rendimento organico è migliore nonostante la presenza
della pompa di lavaggio. Il vantaggio del 2 tempi sul 4 tempi cresce ai carichi parziali.
Questo aspetto rende il 2 tempi particolarmente interessante per l’impiego
automobilistico, dal momento che il motore di un veicolo viene usato sovente ai carichi
parziali.
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Figure intro.2-3 Confronto perdite nei 2T e 4T
I livelli di emissioni di CO ed NOx sono generalmente inferiori a quelli di un 4
tempi. La concentrazione di CO nei gas di scarico dipende essenzialmente dalla
dosatura: nel motore a 2 tempi l’aria che esce allo scarico durante il lavaggio consente
di avere allo scarico una maggiore concentrazione di O2 che sposta l’equilibrio chimico
verso la formazione di CO2. Per quanto concerne gli NOx la loro formazione si ha solo
ad elevate temperature (circa 2000 K) e per tempi di permanenza sufficientemente
lunghi in tali condizioni. Sotto questo aspetto il motore a 2 tempi è migliore del 4 tempi
visto che la permanenza di gas combusti nel cilindro (dovuta all’imperfetto lavaggio)
agisce nella direzione di abbassare la temperatura massima del ciclo ed anche le
prestazioni. Nel 4 tempi, al fine di abbassare il tenore di NOx, allo scarico, si usa un
8
sistema detto EGR che consente di ricircolare all’aspirazione del motore una frazione
di gas combusti: essi sono chimicamente inerti e non partecipano alla combustione,
pertanto la temperatura massima diminuisce. In pratica il sistema EGR del 4 tempi
riproduce il fenomeno che nel 2 tempi avviene spontaneamente.
A fronte di questi vantaggi il motore a 2 tempi ad accensione comandata
presenta inevitabilmente dei difetti, ai quali la moderna ricerca sta cercando di
rimediare.
La tradizionale realizzazione del 2 tempi a carter-pompa, lavaggio a correnti
ripiegate con luci di scarico, immissione e lavaggio controllate dal pistone, presenta
elevati livelli di idrocarburi incombusti HC allo scarico. La contemporaneità delle fasi
di scarico e di lavaggio rende infatti possibile il cortocircuito della miscela aria-
combustibile attraverso la luce di scarico. Anche l’adozione di un sistema di scarico
opportunamente studiato in modo da creare un’onda di pressione capace di mantenere
nel cilindro la carica fresca, non è una soluzione definitiva in quanto risulta efficace
soltanto al regime per il quale il condotto di scarico è stato “accordato” mentre è
inefficace durante tutto il restante campo di utilizzo. Se si considera che la stessa onda
di pressione viene anche sfruttata per aumentare la pme del 2 tempi, appare chiaro che
il regime al quale il sistema di scarico è accordato è spostato verso l’alto per
massimizzare la potenza erogata. Pertanto, nell’utilizzo ai carichi parziali, il motore a 2
tempi dotato di scarico “accordato” presenta livelli di emissioni inaccettabili.
Figura intro.4 Origine delle emissioni di HC nei motori 2T
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Particolarità di questo genere di motore è l’impossibilità di adottare un sistema
di lubrificazione forzata che mandi una grande quantità di olio agli accoppiamenti di
parti in moto relativo, in quanto una parte troppo grande di esso verrebbe
inevitabilmente trascinata nel cilindro dalla carica compressa nel carter, contribuendo
ad aggravare le emissioni di idrocarburi incombusti HC e andando a provocare
l’imbrattamento della candela e la formazione di depositi carboniosi sulla testa, sullo
stantuffo, sulle luci e nella marmitta. Si ricorre pertanto alla lubrificazione ad olio
perso; l’olio viene aggiunto in percentuali variabili secondo diverse strategie quali tipo
di motore, velocità angolare, apertura dell’organo di regolazione direttamente alla
miscela di aria e combustibile.
Un’altra importante causa di imperfezione di funzionamento è da ricercarsi
nella simmetria del diagramma della distribuzione, dovuta al fatto che le luci di
lavaggio e di scarico sono entrambe scoperte dallo stantuffo. Se infatti si realizzano le
luci di scarico più alte di quelle di lavaggio, così da avere una prima fase di scarico
spontaneo che permette di diminuire rapidamente la pressione nel cilindro, alla fase di
lavaggio vero e proprio ne segue una durante la quale, essendo già chiuse le luci di
lavaggio ma ancora aperte quelle di scarico, parte della carica introdotta fuoriesce
direttamente dal cilindro, sospinta dal pistone in risalita senza essere sfruttata nella
combustione. Questo fenomeno si fa sentire soprattutto sulle emissioni di idrocarburi
incombusti HC.
La ricerca sul motore a 2 tempi ad accensione comandata degli ultimi anni mira
al contenimento degli inquinanti senza rinunciare ai pregi visti. In realtà la semplicità
costruttiva del 2 tempi spesso non può essere mantenuta, ma è necessaria una certa
complicazione se si vuole rendere meno inquinante questo motore. Inizialmente i
ricercatori si sono mossi nella direzione dell’ottimizzazione della fase di lavaggio
tuttavia un’importante miglioria si può conseguire ricorrendo all’iniezione diretta del
combustibile nella camera di combustione, sia essa ad alta o a bassa pressione, o ancora
assistita da aria compressa a bassa pressione per favorire la polverizzazione del
combustibile. In questo modo è possibile effettuare il lavaggio con sola aria
permettendo quindi di raggiungere, grazie ad un’apposita pompa, valori del coefficiente
di lavaggio superiori all’unità, al solo prezzo di un maggiore lavoro di compressione
10
dell’aria. Iniettando poi il combustibile solo dopo la chiusura delle luci di scarico si
arriverebbe ad annullare la frazione del combustibile perduta allo scarico;
sfortunatamente questa operazione non sempre può avvenire agevolmente, specie agli
alti regimi ed agli alti carichi, ove il tempo è insufficiente per un’adeguata
vaporizzazione del combustibile stesso.
Non facendo più transitare l’aria di lavaggio attraverso il carter si può
provvedere alla lubrificazione degli accoppiamenti con un apparato apposito, come nei
motori a 4 tempi, riducendo drasticamente il consumo d’olio e le conseguenti emissioni
inquinanti. Inoltre la gestione elettronica del sistema permetterebbe d’introdurre nel
cilindro ad ogni ciclo la quantità di combustibile ottimale in relazione alle condizioni di
carico e di velocità di rotazione. Ai bassi carichi l’iniezione diretta renderebbe poi
possibile la stratificazione della carica, ovvero la realizzazione di una miscela
sostanzialmente ricca in prossimità della candela e povera in zone più lontane da essa,
garantendo in tal modo stabilità di funzionamento anche con una dosatura globalmente
piuttosto povera.
Ne risulterebbe così un motore senza dubbio più complesso e perciò più
costoso, ma in grado di assicurare quasi le medesime pressioni medie effettive pme di
un analogo 4 tempi con però più bassi consumi di combustibile e più alte potenze a
parità di velocità di rotazione. Sarebbe quindi una motorizzazione interessante per
applicazioni diverse da quelle tradizionalmente di sua competenza, quali ad esempio il
campo automobilistico dove il motore a due tempi è escluso da tempo.
Presso il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino è in avanzata
fase di sviluppo un progetto di ricerca volto alla realizzazione di un prototipo
innovativo di motore a 2 tempi.
Lo schema costruttivo generale di tale prototipo prevede il lavaggio a correnti
unidirezionali attraverso luci poste nella canna del cilindro effettuato con sola aria e
realizzato con un compressore esterno, l’iniezione diretta del carburante e lo scarico dei
gas combusti attraverso valvole a fungo comandate poste sulla testata. Per semplificare
la realizzazione e ridurre i costi lo schema proposto prevede l’utilizzo di un
11
tradizionale motore a 4 tempi aspirato, quattro cilindri in linea, 16 valvole,
opportunamente modificato. Gli studenti che mi hanno preceduto hanno realizzato
buona parte degli adattamenti e installazioni per approntare il propulsore.
L’applicazione dell’apparato di iniezione diretta al prototipo a 2 tempi in studio
sarà l’oggetto della presente trattazione.
12
CAPITOLO I
Stato dell’arte del motore a due tempi ad accensione comandata
L’entrata in vigore delle sempre più restrittive leggi sulle emissioni inquinanti
dei veicoli pare condannare il motore a due tempi ad accensione comandata nella sua
più semplice e tradizionale esecuzione.
La tecnologia oggi disponibile fortunatamente permette la realizzazione di
motori a due tempi ad accensione comandata in grado di inquinare come, se non meno,
dei quattro tempi. Resta il problema della convenienza economica; infatti le varie
soluzioni per ridurre le emissioni inquinanti comportano complicazioni costruttive che
fanno inevitabilmente lievitare i costi.
Di seguito nel capitolo verranno analizzati alcuni esempi di motori a due tempi
innovativi, alcuni regolarmente in produzione, altri rimasti allo stadio di prototipo.
Tutti hanno un comune denominatore: l’iniezione diretta di benzina.
I.1: Aprilia Ditech
La tecnologia Aprilia Ditech [14] [18] consiste in un sistema di iniezione diretta
di benzina assistita da aria compressa.
Per questo progetto sono state coinvolte importanti realtà industriali
internazionali quali la ORBITAL ENGINE COMPANY, la SIEMENS AUTOMOTIVE
e la SYNERJECT LLC.
13
Figura I.1 Motore Ditech Aprilia raffreddato a liquido per scooter SR
Attualmente sono regolarmente in produzione due versioni di motore 50 cm3,
uno raffreddato ad aria l’altro a liquido, montati su due scooter di successo dell’azienda
veneta. E’ però stata testata anche un’applicazione sul bicilindrico 250 cm3 di origine
Suzuki montato sul modello stradale sportivo RS250. Lo schema costruttivo del
sistema è analogo per tutte le versioni, tuttavia variano profondamente alcuni dettagli a
seconda dell’applicazione.
14
Figura I.2 Schema a blocchi del sistema Ditech
L’ultima evoluzione Ditech: il propulsore raffreddato ad aria. Analisi e confronto con la versione raffreddata a liquido
La versione raffreddata ad aria del motore Ditech, installata sullo scooter
Scarabeo, rappresenta l’ultima evoluzione di questa tecnologia.
Il motore due tempi è un monocilindrico orizzontale raffreddato ad aria forzata
ed alimentato con un sistema di iniezione elettronica diretta progettato dalla Orbital.
L’alesaggio e la corsa sono pari a 41 mm per 37.4 mm ed il rapporto di compressione è
di 10.5:1. L’aspirazione dell’aria e dell’olio nel carter motore avviene attraverso un
pacco lamellare. Il corpo farfallato ha un diffusore di 18 mm ed è dotato di un
potenziometro per rilevare l’angolo di apertura della farfa lla acceleratore.
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Figure I.3-4 Corpo farfallato e sensore di posizione
L’accensione è induttiva, l’avviamento è elettrico e l’ alternatore a magneti
permanenti per la ricarica della batteria è in grado di erogare 140 W. I carichi elettrici
dello scooter sono alimentati con una tensione regolata di 12 V circa. Il Ditech
raffreddato ad aria ha subito notevoli modifiche rispetto alla precedente versione
raffreddata a liquido ed utilizzata sullo scooter SR tuttora in produzione. Una parte
della camera di combustione è ricavata sul cielo dello stantuffo tramite un piccolo
pozzetto.
16
Figura I.5 Pistone del motore Ditech raffreddato ad aria con pozzetto
Sulla versione raffreddata a liquido il pistone era tradizionale ma decisamente
particolare era la forma della camera di combustione.
Figura I.6 Pistone tradizionale Ditech con raffreddamento a liquido
17
Figure I.7-8-9 Dettagli della camera di combustione del Ditech raffreddato a liquido
Tale accorgimento permette di stratificare meglio la miscela, concentrando la
parte più ricca nel centro della camera di combustione stessa. L’iniettore genera uno
spray più stretto rispetto a quello che alimentava il motore raffreddato a liquido. Inoltre,
poiché nel propulsore raffreddato ad aria le temperature sono meno costanti, i tecnici
hanno deciso di utilizzare un cilindro in alluminio che, oltre ad essere più leggero,
consente anche un miglior smaltimento del calore. Vengono così evitate le
18
incrostazioni che abitualmente, nei motori convenzionali, si formano sulle luci di
scarico. Queste ultime, nel caso del Ditech raffreddato ad aria, sono state
opportunamente modificate nella forma. Per lo stesso motivo è stato riprogettato
completamente il pistone, che permette un migliore lavaggio della luce di scarico
stessa, tramite dei fori posti sul suo fianco. Le fasce elastiche hanno invece una
maggiore superficie di contatto col cilindro, per poter smaltire meglio il calore.
Naturalmente anche tutto il flusso dell’aria forzata, necessaria al raffreddamento
dell’unità motrice, è stato appositamente progettato per garantire un perfetto controllo
delle temperature.
Il sistema di iniezione elettronica è praticamente identico a quello utilizzato sul
Ditech raffreddato a liquido, ma importanti modifiche sono state introdotte
nell’iniettore che, secondo la filosofia progettuale di Orbital, genera lo spray con
l’ausilio di un getto d’aria.
Figura I.10 A sinistra conformazione di uno spray ottenuto con getto d’aria, a destra
la forma di uno spray ottenuto con solo carburante ad alta pressione in applicazioni
con iniezione diretta
19
Figura I.11 Dettaglio del cono dello spray generato con assistenza del getto d’aria,
decisamente più aperto rispetto allo spray generato con solo carburante ad alta
pressione
L’utilizzo di iniezione assistita ad aria, accoppiata ad una particolare forma
della camera di combustione come quella del Ditech raffreddato ad aria, permette di
avere un elevato grado di stratificazione della carica fresca ed iniezioni non
esageratamente anticipate rispetto al PMS, pur garantendo sempre una perfetta
combustione in tutte le condizioni di funzionamento del propulsore. Il sistema Orbital
assicura un’ottima atomizzazione delle particelle di combustibile presenti nello spray
(meno di 8 micron SMD = Sauter Mean Diameter), una perfetta stratificazione senza
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dover anticipare notevolmente l’iniezione, un’ottima alimentazione di tipo omogeneo ai
carichi elevati, con un passaggio graduale dal funzionamento in condizione stratificata
(medi e bassi carichi).
Figura I.12 Distribuzione della dimensione delle particelle presenti in uno spray
ottenuto con getto d’aria e solo con benzina
La possibilità di non anticipare eccessivamente l’iniezione rispetto al PMS
permette di ottenere una perfetta stratificazione nell’istante in cui scocca la scintilla
sulla candela, garantendo in questo modo una combustione sicura. Viene evitata infatti
la dispersione della carica nel cilindro.
Grande pregio della soluzione Ditech in tutte le sue evoluzioni è di richiedere
pesanti interventi di riprogettazione ed adattamento solo sulla testa del motore. Gran
parte del sistema di iniezione è infatti alloggiata in questa zona del motore. Nelle figure
seguenti si possono osservare i vari componenti del gruppo di iniezione.
21
Figura I.13 Complessivo testa del Ditech raffreddato a liquido
Figura I.14 Dettaglio della candela, del regolatore di pressione, dei raccordi di
andata e ritorno benzina e del tandem di iniettori
22
Figura I.15 Complessivo testa vista dal lato camera di combustione
Figura I.16 Sezione della testa, sono visibili i due iniettori, il regolatore di pressione,
raccordi di aria e benzina, termostato, candela e pistone
Sul gruppo stesso sono presenti gli attacchi dell’arrivo e del ritorno del
carburante e quello di mandata dell’aria necessaria per la formazione dello spray. Sulla
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testa del motore è inoltre inserito il sensore di temperatura dei liquido di
raffreddamento.
Figura I.17 Primo piano del gruppo iniettori del Ditech raffreddato ad aria
L’attuatore dell’iniezione vero e proprio è realizzato con due elementi. Il primo
è un normale iniettore benzina utilizzato negli impianti convenzionali di alimentazione
indiretta del tipo multipoint. Questo iniettore spruzza il combustibile in quantità nota,
in una camera al di sopra di quello che realizza l’iniezione diretta nel cilindro. Questo
secondo iniettore è stato decisamente modificato tra la versione raffreddata a liquido e
quella raffreddata ad aria. In questa ultima applicazione deve infatti garantire un cono
di iniezione più ridotto.
24
Figure I.18-19-20 Nelle tre immagini: a sinistra l’iniettore montato sul motore
raffreddato ad aria, a destra quello montato sul motore raffreddato a liquido
Un regolatore di pressione del carburante, in grado di agire anche in funzione
della pressione presente nella camera al di sopra dell’attuatore affacciato nel cilindro,
mantiene il salto di pressione sul primo iniettore di benzina, ad un valore costante di 2.5
bar. Una pompa elettrica del carburante assicura una mandata di circa 7 bar.
25
Il sistema Orbital offre la fondamentale possibilità di poter erogare la corretta
quantità di benzina, in un tempo svincolato da quello necessario per effettuare
l’iniezione diretta, cosa che non accade nelle alimentazioni benzina dirette che non
utilizzano il getto d’aria supplementare.
Figura I.21 Andamento temporale dell’iniezione di carburante e di quella diretta nel
cilindro
Dopo aver miscelato il carburante con l’aria in pressione, ottenuta grazie ad una
pompa mossa dal manovellismo del motore e lubrificata con l’olio trasportato dall’aria
nel carter del motore stesso, il secondo iniettore che realizza l’alimentazione diretta,
genera lo spray aria-benzina in camera di combustione con una tempistica ed un
anticipo stabilito dal controllore elettronico, in funzione delle condizioni di lavoro del
propulsore.
L’installazione del compressore per l’aria rappresenta la seconda ed ultima
modifica, questa volta di lieve entità, richiesta rispetto ad un motore tradizionale dal
sistema Ditech.
26
Figura I.22 Il compressore dell’aria
Figure I.23-24 Dettaglio del sistema ad eccentrico per l’azionamento del compressore
27
Figura I.25 Sezione del compressore installato sul motore
Figura I.26 La compattezza del compressore
La percentuale di aria miscelata con la benzina, nella camera che separa i due
iniettori, è molto bassa rispetto alla quantità aspirata attraverso la luce del cilindro
(meno del 3%).
28
Figura I.27 Quantità di aria presente nello spray in funzione del carico motore
Al minimo regime di rotazione, il motore è alimentato con una carica fresca
stratificata con rapporto aria benzina di 45:1 Il funzionamento a carichi parziali è
ancora stratificato con un rapporto aria benzina di circa 25:1. Il pieno carico avviene in
funzionamento omogeneo e non più stratificato, ma anche in questa condizione la
miscela rimane magra, con un rapporto aria benzina di 18:1.
Poiché l’inquinamento del Ditech raffreddato ad aria è estremamente contenuto,
risulta difficoltoso misurare con un apposito analizzatore i valori di CO ed HC. Per
poter verificare la carburazione quando il propulsore è testato su un banco prova
potenza si applica allo scarico una sonda lambda per rilevare la percentuale di ossigeno
presente nei gas in transito nella marmitta che non ha catalizzatore.
29
Figura I.28 Nell’immagine del motore raffreddato ad aria installato al banco è
possibile vedere la sonda lambda
Figura I.29 Dettaglio della sonda lambda installata al termine della linea di scarico
Poiché le emissioni di olio sono praticamente assenti, non esiste il rischio di
imbrattare la sonda stessa. La candela in camera di combustione è posizionata in modo
da lambire la periferia dello spray, compatibilmente anche con il volume della camera
di combustione stessa. La forma dello spray è fortemente legata alla geometria
30
dell’ugello dell’iniettore che realizza l’alimentazione diretta e alla forma e dimensione
del volume di contenimento presente sul cielo dei pistone.
Per poter studiare la dinamica dello spray anche durante il movimento del
pistone stesso, vengono utilizzati particolari software basati sul Computational Fluid
Dinamics (CFD).
Figura I.30 Studio tramite software CFD della forma dello spray di iniezione in
presenza di pozzetto sul cielo del pistone
Queste analisi sono di fondamentale importanza per limitare la parte della carica
che si disperde e non rimane concentrata nel centro della camera di combustione. Essa,
infatti, non riesce a sostenere il processo di combustione ed è sicura fonte di HC
incombusti. Grazie dunque all’attento studio di questi fattori, nel Ditech Aprilia
raffreddato ad aria è stato possibile ottenere un elevato contenimento delle emissioni
nocive, ed una perfetta regola rità di funzionamento dovuta anche ad una combustione
stabile. E’ necessario sottolineare che lo spray deve possedere precise caratteristiche.
L’atomizzazione del carburante deve essere realizzata con particelle di dimensioni
contenute, in modo da garantire un limitato tempo di evaporazione e la formazione di
una perfetta miscela con l’aria presente nel cilindro. La sua penetrazione nel cilindro
deve essere controllata, per evitare la dispersione della carica nelle parti periferiche
della camera di combustione ai medi e bassi carichi e per garantire anche una
miscelazione omogenea ai carichi elevati. L’iniezione diretta assistita con aria è in
grado di generare uno spray che ha le caratteristiche minime appena elencate, anche se
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il salto di pressione sull’iniettore che realizza l’alimentazione diretta è basso
(condizione che si verifica quando l’iniezione viene effettuata senza anticipi troppo
elevati, per garantire una dispersione minima della carica nella camera di combustione).
Se il propulsore funziona a pieno carico, l’anticipo dell’iniezione diretta può essere
aumentato, ottenendo una più elevata penetrazione dello spray ed una miscela con
ottime caratteristiche di omogeneità.
E’ interessante analizzare anche la logica di gestione del sistema elettronico che
controlla il Ditech.
Figura I.31 Centralina elettronica di controllo del Ditech
32
Figura I.32 Sensore giri e fase
La centralina è in grado di agire sul ritardo di attivazione dell’iniettore benzina
rispetto all’istante di ingresso dell’aria nel pozzetto che separa i due iniettori. Dunque
l’iniezione benzina è fasata rispetto alla carica dell’aria compressa, dovuta alla pompa
meccanica mossa dal manovellismo del motore. Occorre però notare che la fasatura
dell’iniezione carburante non gioca un ruolo fondamentale nel processo di
alimentazione, come invece accade per la fasatura di quella diretta nel cilindro. Per
questo motivo la prima rimane praticamente sempre costante.
E’ inoltre possibile agire anche sulla quantità di benzina immessa ne l pozzetto,
controllando il tempo di apertura dell’iniettore carburante. La mappa dei tempi di
iniezione ha come coordinate i giri motore e l’angolo apertura farfalla e, in sede di
messa a punto, i set point di questa mappatura, come quelli di tutte le alt re presenti nel
software di gestione, possono essere agevolmente variati. Per determinare la pressione
d’aria presente nel pozzetto che separa l’uscita dell’iniettore carburante, dall’ingresso
di quello che realizza l’alimentazione diretta, viene gestito l’intervallo di immissione
dell’aria e l’istante in cui essa deve terminare. Conseguentemente è noto l’istante
d’inizio di immissione dell’aria stessa. Queste due grandezze, cioè la durata di
immissione d’aria nel pozzetto e l’istante in cui essa termina, sono determinate tramite
due mappature che hanno come coordinate i giri motore e la quantità di benzina
iniettata. Si noti, infatti, che il software di gestione e messa a punto del controllore
utilizza la quantità di benzina iniettata (mg per ciclo) e non i classici tempi di iniezione.
L’applicazione di questo parametro permette di definire altre grandezze, come ad
33
esempio gli anticipi dell’accensione, indipendentemente dalle caratteristiche di
funzionamento dell’iniettore benzina. Il software è poi in grado di tradurre la quantità
di combustibile (mappata secondo i giri motore e l’angolo apertura farfalla) in un
corrispondente tempo di iniezione, in funzione dell’attuatore utilizzato sull’impianto.
Tramite la regolazione della quantità di benzina utilizzata ad ogni ciclo, la
centralina è in grado anche di controllare, entro un preciso intervallo, il regime di
minimo del motore sostenendolo anche immediatamente dopo gli avviamenti a freddo.
Si evita così l’adozione di uno starter manuale.
Durante la fase di crank l’iniettore, che con motore in funzione realizza
l’alimentazione diretta, viene tenuto aperto nella fase di compressione per permettere la
pressurizzazione veloce della camera che separa i due iniettori (pump-up). In questa
fase, infatti, la pompa dell’aria mossa dal manovellismo non è in grado di garantire la
corretta portata. La centralina elettronica stabilisce anche l’attivazione della pompa
dell’olio e della benzina. Naturalmente la gestione elettronica è in grado di controllare
sempre tutti gli attuatori e i trasduttori del sistema di iniezione-accensione,
memorizzando eventuali malfunzionamenti, analizzabili tramite opportuno metodo di
diagnosi e verifica (l’analisi di questo apparato è riportata nel paragrafo I.2 Peugeot
TSDI).
Obiettivi raggiunti
Gli obiettivi raggiunti con l’uso di queste unità propulsive rispetto ad una
alimentata col classico carburatore sono notevoli. Infatti il consumo della benzina è
ridotto fino al 40% se riferito al ciclo di prova ECE47, mentre sale oltre il 50% se si
percorrono tratti a velocità costante. Il Ditech permette dunque di percorrere anche 50
km con un litro di carburante, contro i classici 29 ottenuti con i migliori propulsori di
tipo tradizionale. I motori quattro tempi, la seconda valida alternativa al contenimento
dell’inquinamento, hanno un’architettura costruttiva decisamente più complessa e
prestazioni inferiori. Essi, inoltre, possono garantire una riduzione dei consumi non
superiore al 30% sempre rispetto al classico due tempi alimentato con carburatore.
34
Figura I.33 Comparazione consumi
Così come viene consumata meno benzina dal Ditech, anche l’uso dell’olio è
estremamente contenuto. Questo fatto garantisce una frequenza meno elevata per i
rabbocchi del lubrificante ed una maggiore economicità di esercizio. Sempre in tema di
inquinamento occorre evidenziare che questa evoluzione del propulsore dell’Aprilia
supera con grande margine le norme sull’inquinamento senza ricorrere ad un
catalizzatore.
Figura I.34 Comparazione emissioni
35
Figura I.35 Confronto tra varie versioni del motore raffreddato a liquido
Figura I.36 Comparazione tra varie tipologie di motori da scooter
36
Figura I.37 Obiettivi da raggiungere secondo le diverse norme Euro sull’inquinamento
La soluzione Ditech di Aprilia è dunque una tecnologia sofisticata, resa ancora
più interessante dall’evidente contenimento dei costi che i tecnici hanno sempre dovuto
tenere in considerazione per questo progetto. A questo scopo il sistema di iniezione ed
accensione elettronico del motore Aprilia utilizza molta componentistica già montata
nel settore automobilistico. Questo fatto è anche garanzia di assoluta affidabilità di tutto
l’impianto.
Applicazione del Ditech sul bicilindrico 250 cm3 di origine Suzuki
Aprilia ha proposto un’iniezione diretta anche per i motori a due tempi di
cubatura più elevata come il bicilindrico Suzuki 250 cm3 montato sul modello sportivo
RS250.
37
Figura I.38 Complessivo testa cilindro del motore bicilindrico
Lo schema è analogo a quello del 50 cm3, fatta salva la giacitura dell’iniettore
del carburante che è posto lateralmente.
Figura I.39 Montaggio laterale dell’iniettore
38
Il motore conserva tutte le sue prerogative, compresa la valvola parzializzatrice
di scarico, il cui attuatore, in questo caso, è controllato dalla stessa centralina che
gestisce l’iniezione.
In luogo dei corpi farfallati sul modello 250 cm3 sono stati proposti i simulacri
dei carburatori a valvola piatta nei quali è stata abolita la vaschetta con i circuiti
carburante e rimane solo la valvola gas, che a sua volta viene collegata al sensore di
apertura.
Figura I.40 Organo di regolazione
Il motore di cilindrata superiore richiede una portata di aria compressa maggiore
del 50 cm3; per questo motivo si è adottato un compressore bicilindrico installato sullo
stesso albero ausiliario che aziona la pompa dell’acqua.
39
Figura I.41 Compressore bicilindrico dell’aria
I.2: Peugeot TSDI
Il sistema Peugeot TSDI [20] è analogo a quello utilizzato dall’Aprilia: i
componenti ed il layout sono forniti dalla Orbital.
Figura I.42 Schema dell’impianto Peugeot
40
Nella figura I.42 si possono osservare i diversi componenti del sistema:
• Circuito del carburante
1) Serbatoio carburante
2) Pompa carburante
3) Regolatore di pressione
• Circuito di accensione
4) Bobina
5) Candela
• Circuito di iniezione
6) Iniettore benzina
7) Iniettore aria
• Circuito di lubrificazione
8) Serbatoio olio
9) Pompa olio
• Circuito dell’aria compressa
10) Compressore
• Circuito antifurto
11) Immobilizzatore
12) Antenna immobilizzatore
La configurazione della testa è analoga a quella del Ditech di Aprilia, con
riferimento alla figura I.43 si nota:
1) Iniettore benzina
2) Arrivo carburante
41
3) Arrivo aria
4) Regolatore pressione benzina
Figura I.43 Sezione testa Peugeot
A differenza dell’Aprilia la Peugeot adotta un catalizzatore allo scarico per
l’abbattimento delle emissioni.
Il sistema di diagnosi, manutenzione e riprogrammazione del sistema Orbital
utilizza curiosamente un GameBoy Nintendo come consolle. Si inserisce nel video
gioco un’apposita card la quale presenta i cavi per interfacciarsi con lo scooter.
Figura I.44 Sistema di diagnostica
42
I.3: Piaggio FAST
La soluzione Piaggio FAST [13] [16] rappresenta l’ultima evoluzione dell’idea
proposta dalla casa toscana verso la metà anni ’70. Si tratta in sostanza di un motore a
due stantuffi opposti con pistone di diametro minore avente funzione di pompa.
Durante le varie versioni di questo motore è stato aggiunto un importante dettaglio: una
valvola unidirezionale automatica che divide il cilindro della pompa da quello del
motore.
Analizziamo il funzionamento della prima versione FAST in cui un carburatore
prepara una miscela molto ricca. Mentre avviene il lavaggio con aria, il compressore
integrato nella testata ed azionato tramite cinghia sincrona, aspira miscela ricca,
preparata da un carburatore (figura I.45).
Figura I.45 Fase di lavaggio con aria e scarico
Successivamente durante la fase di compressione viene effettuata l’iniezione
della miscela ricca in camera di combustione, attraverso una valvola ad apertura
automatica basata sulla differenza di pressione fra le due camere (figura I.46).
43
Figura I.46 Fase di compressione ed iniezione della miscela ricca
Figura I.47 Fase di accensione della carica stratificata
44
Nella terza fase scocca la scintilla all’interno della carica opportunamente
stratificata (figura I.47) e quindi, (figura I.48), avviene l’espansione ed il ciclo può
ripetersi.
Figura I.48 Fase di espansione
Il sistema FAST è dunque caratterizzato da una notevole semplicità costruttiva
in questa esecuzione ed anche nei successivi prototipi dotati di iniezione elettronica per
un migliore controllo della miscela si è cercato di non complicare oltremodo il motore.
La miscela a titolo molto ricco viene fornita alla pompa (che a 8500 giri/min ha
un assorbimento di potenza di 0,35-0,40 CV) da un carburatore. Il sistema di
lubrificazione prevede una pompa dosatrice a due vie che fornisce olio sia alla pompa
che al motore, tramite canalizzazioni indipendenti. La cilindrata della pompa (che
utilizza un semplice albero con manovella a sbalzo, supportato da due cuscinetti a
sfere) è lievemente inferiore ai 10 cm3. L’iniezione avviene a scarico chiuso ed è
45
caratterizzata da un’ottima nebulizzazione (il diametro delle goccioline di carburante è
dell’ordine di 5-15 micron, contro i 110 micron che, mediamente, è in grado di
assicurare un iniettore a bassa pressione del tipo a solenoide, come quelli oggi
impiegati universalmente in campo automobilistico). Di grande importanza è la
stratificazione della carica che si ottiene con questo sistema di iniezione e che consente
di alimentare il motore con una miscela aria-benzina a titolo complessivamente magro,
con notevoli vantaggi dal punto di vista dei consumi e della riduzione degli inquinanti,
senza incappare in problemi funzionali di sorta. I risultati ottenuti, anche in termini di
prestazioni e di guidabilità, sono eccellenti. I consumi sono diminuiti del 30% (in certe
zone del campo di utilizzazione il consumo specifico risulta dell’ordine di soli 200
grammi/cavallo ora) e le emissioni di idrocarburi hanno subito una riduzione del 70%
(senza che sia stato necessario fare ricorso ad una marmitta catalitica).
I.4: Bimota 500 V2
La Bimota [17] ha sviluppato un interessante sistema di iniezione elettronica
diretta per il suo bilicindrico di mezzo litro di chiara destinazione sportiva.
La struttura del motore è piuttosto tradizionale mentre decisamente originale è
l’apparato di iniezione della benzina. Il motore aspira solo aria, che arriva nella camera
di manovella attraverso una grossa valvola lamellare a sei petali per ciascun cilindro,
sul quale la portata è regolata da un corpo farfallato doppio.
Figure I.49-50 Il corpo farfallato
46
La prima farfalla da 30 mm apre per i bassi carichi, mentre la seconda da 34 mm
rimane chiusa ed inizia a lavorare soltanto quando quella più piccola è quasi
completamente spalancata.
Figura I.51 Il corpo farfallato e gli iniettori
Due iniettori piazzati praticamente di fronte alla luce di scarico ed inclinati
verso il pistone provvedono ad iniettare il combustibile. Grande cura è stata posta
proprio nello studio del posizionamento degli iniettori, il cui spruzzo è rivolto verso le
luci di travaso più vicine allo scarico che, per come sono disegnati i condotti, generano
i flussi in entrata nel cilindro più veloci: in questo modo il getto di carburante si scontra
con quello di aria in arrivo dal carter e viene polverizzato con una buona efficacia. Con
l’iniezione nel cilindro, difatti, non solo si devono realizzare fasi d’iniezione tali per cui
non ci sia dispersione attraverso lo scarico, ma si deve anche ottenere una
polverizzazione ottimale per avere una combustione completa. All’avviamento esiste
una funzione apposita che arricchisce la carburazione e ritarda notevolmente
l’accensione per agevolare la partenza.
47
Figura I.52 Sezione del cilindro Bimota
Gli iniettori sono realizzati espressamente per questo modello dalla Siemens.
L’alimentazione laterale avviene tramite intercapedini anulari a loro volta circondate
dal refrigerante che mantiene costante la temperatura (e quindi la densità) della benzina
iniettata.
48
Figura I.53 Iniettore Siemens realizzato su specifiche Bimota
Il sistema elettronico di questa unità è realizzato dalla TDD, prevede una
memoria di diagnosi: nel quadro della moto una spia segnala eventuali
malfunzionamenti che possono poi essere letti dalla rete di assistenza con un apposito
strumento.
I.5: Orbital
La Orbital, ditta australiana specializzata in motori termici a due tempi, ha
realizzato un tre cilindri in linea di 1200 cm3 di cilindrata, con carter-pompa ad
ammissione con valvola lamellare e lavaggio effettuato con sola aria mediante luci di
travaso. L’alimentazione avviene tramite iniezione diretta pneumatica nella camera di
combustione di tipo molto particolare. Un compressore meccanico azionato dal motore,
infatti provvede a fornire aria a 7 bar mentre una pompa elettrica fornisce benzina a 6
bar; in seguito un solenoide fa entrare in una precamera la quantità giusta di
combustibile e successivamente un altro solenoide solleva il pistoncino che regola
l’efflusso di aria e che apre lo spillo dell’iniettore: in questo modo si ottiene uno spray
finissimo con un’eccellente polverizzazione della benzina. Tutto ciò permette la
formazione di miscela molto omogenea in tempi piuttosto brevi, agevolando la buona
combustione ed ottenendo una bassa emissione di idrocarburi incombusti allo scarico.
49
Si ricorda, infatti, che gli idrocarburi allo scarico non sono solo dovuti a
situazioni di cortocircuito, bensì possono essere causati anche da un eccessivo regime
di rotazione. In questi casi, infatti, le fasi di carburazione, accensione e combustione
completa non hanno il tempo necessario e quindi si ha una incompleta combustione.
Questo problema è ancora più accentuato nel caso di iniezione a seguito di un lavaggio
con sola aria. Infatti in questi casi, la carburazione si svolge solo all’interno della
camera di combustione durante la salita dello stantuffo che sta svolgendo la fase di
compressione ed i tempi sono ridotti rispetto al caso di un motore a due tempi
tradizionale; in esso, infatti, la carburazione tra benzina ed aria ha molto più tempo per
compiersi e così nel cilindro entra miscela già carburata.
Questo particolare iniettore, inoltre, grazie al tempo di iniezione estremamente
ridotto (1.4 ms), mantiene queste qualità anche ad elevati regimi di rotazione e permette
di variare l’anticipo dell’iniezione in funzione del carico del motore.
Le prestazioni risultanti sono quindi molto buone, superiori del 20% rispetto a
quelle di un motore a quattro tempi. La potenza massima erogata è di circa 60 kW (82
CV) a circa 5000 giri/min, con una potenza specifica di 50 kW/litro (68 CV/litro),
mentre la coppia massima è di circa 125 Nm a 3500 giri/min. Anche le emissioni sono
contenute e, se si paragona questo motore con un 1800 cm3 a quattro tempi, a parità di
energia utile si ha che è necessaria una minore quantità di energia restituita sotto forma
meccanica per avere la medesima energia disponibile per il carico. Questo accade
grazie alle caratteristiche tipiche del due tempi (il ciclo in sé ed i supporti di banco su
cuscinetti a rulli) che fanno sì che l’energia persa negli attriti e in effetti di pompaggio
sia ridotta. In ultimo vale la pena sottolineare che le modifiche da apportare ad un
tradizionale motore a due tempi sono molto contenute e quindi anche i costi di
realizzazione; questo rende tale motore molto competitivo nell’ottica di realizzazione
del progetto.
La tecnologia impiegata in questo motore è analoga a quella del Ditech di
Aprilia, dunque sono state confermate le potenzialità di questo sistema anche nella
produzione di serie.
50
I.6: Toyota S2 Questo motore si basa sulle conoscenze tecniche sviluppate per i motori a
quattro tempi. Le valvole in testa, infatti, sono mosse da alberi a camme che ricevono il
moto dall’albero motore grazie ad una cinghia dentata e lavorano esattamente come nel
suddetto propulsore, sostituendo le luci di lavaggio e di scarico tipiche del motore a due
tempi. Le valvole a fungo permettono di ottimizzare le fasi di scarico e lavaggio senza
essere legate alla simmetria rispetto al PMI.
Il carter motore non ha più funzione di pompa (pertanto in esso è presente solo
olio e la lubrificazione degli organi meccanici è molto buona) e per espletare questa
funzione si adotta un compressore Roots azionato dal motore stesso, rendendo quindi
possibile l’ottenimento di un coefficiente di lavaggio maggiore dell’unità.
Nella testa sono presenti ben due iniettori, una candela e cinque valvole (tre di
scarico e due di lavaggio). Si evidenzia la presenza di deflettori per le valvole di
lavaggio nella zona più prossima a quelle di scarico al fine di evitare il cortocircuito.
Per quanto riguarda il numero delle valvole questo motore è in controtendenza a
quelle che sono le soluzioni di alcune case motociclistiche per motori a quattro tempi.
Ad esempio Aprilia e Yamaha adottano tre valvole all’aspirazione e due allo scarico.
Ovviamente il lavaggio adotta lo schema delle correnti ripiegate ma ottiene risultati
paragonabili allo stantuffo di gas.
Nella figura I.55 si riporta l’andamento del rendimento di lavaggio, ottenuto per
via sperimentale, in funzione del coefficiente di lavaggio.
51
Figura I.54 Schema applicativo del motore Toyota S2
La curva relativa ai dati sperimentali è molto più vicina a quella dello schema di
lavaggio a stantuffo di gas (perfect displacement) che non a quella dello schema di
lavaggio a progressiva e uniforme diluizione (perfect mixing); inoltre, tali risultati sono
in accordo con la simulazione numerica.
I due iniettori garantiscono pressioni di 100 bar e sono dislocati in posizioni un
po’ sacrificate al fine di lasciare alla candela il posto centrale nella camera di
combustione, così da avere una buona e rapida combustione.
52
Figura I.55 Andamento sperimentale del rendimento di lavaggio
Le prestazioni di questo bicilindrico di 804 cm3 di cilindrata sono: 46 kW (63
CV) di potenza massima a 4000 giri/min, una potenza specifica di 57 kW/litro (78
CV/litro) e consumi piuttosto bassi soprattutto per regimi medio-bassi. Dal punto di
vista delle emissioni, paragonandolo con un quattro tempi convenzionale, si ha che gli
ossidi di azoto sono nettamente inferiori ed anche i consumi sono migliori.
Ovviamente qualche inconveniente esiste; ad esempio le valvole e gli organi
meccanici ad esse correlati sono soggetti a forze nettamente superiori che non su di un
quattro tempi a causa dell’elevato regime di rotazione tipico del due tempi tradizionale.
Inoltre, le valvole a fungo non permettono le stesse sezioni di passaggio delle luci
regolate dallo stantuffo; quindi, pur riuscendo ad aumentare il regime massimo di
rotazione, si avrebbero forti perdite per laminazione nelle valvole ed un conseguente
calo delle prestazioni del motore.
53
I.7: Motore Lotus a carica stratificata La particolarità di questa realizzazione è principalmente la valvola rotante posta
in testa che provvede a fornire la carica stratificata nella camera di combustione. Essa è
guidata dal motore tramite una cinghia che provvede anche alla movimentazione di una
valvola parzializzatrice allo scarico.
L’utilizzo di una valvola rotante permette una maggiore sezione di passaggio
rispetto alle tradizionali valvole a fungo; inoltre, non presentando problemi di inerzie
dovute a moti di tipo alterno, permette il raggiungimento di regimi di rotazione
notevolmente superiori. Va comunque precisato che la realizzazione di una valvola
rotante nella testa del motore senza problemi di eccessivo surriscaldamento (con le
relative deformazioni della valvola che causerebbero problemi di tenuta) è possibile
grazie alla presenza di aria e benzina freschi nella valvola stessa che ne favoriscono il
raffreddamento. Nella figura I.57 è rappresentata la sequenza delle quattro fasi in cui
avviene l’immissione della carica fresca nella camera di combustione.
Figura I.56 Spaccato del prototipo a due tempi realizzato dalla Lotus
54
La valvola rotante è costituita da due elementi: uno statore interno, che presenta
due cavità (una contenente aria e l’altra miscela molto ricca) aperte verso la camera di
combustione, ed un rotore esterno, costituito da un cilindro incompleto (è appunto la
parte mancante che permette il passaggio dei due fluidi dallo statore alla camera di
combustione).
La rotazione del manicotto permette il passaggio prima dell’aria in pressione e
poi della miscela in pressione; in questo modo si ottiene un primo lavaggio effettuato
con sola aria e poi l’immissione del combustibile che andrà a generare una zona ricca
vicino alla candela per l’accensione (che risulta accanto all’apertura della valvola) e
zone meno ricche via via che ci si allontana dal punto di immissione fino ad avere zone
magre nei punt i più lontani.
Ovviamente, per evitare perdite di carica fresca, la cavità contenente miscela
viene aperta solo quando le luci di scarico stanno per chiudersi completamente. Inoltre
lo statore può effettuare delle rotazioni di qualche grado tali da permettere di far variare
il tempo in cui la cavità con miscela resta aperta: così facendo il rapporto tra aria pura e
miscela ricca viene fatto variare in modo opportuno in base alle condizioni di utilizzo
ed al numero di giri.
La valvola parzializzatrice è anch’essa gestita da un cinematismo (composto da
biellette e cinghie) che le permette di compiere dei movimenti ciclici ad ogni giro del
motore; inoltre l’ampiezza dei movimenti è regolabile in base al tipo di carico ed al
numero di giri cui è sottoposto. Questa tipologia di valvola parzializzatrice allo scarico
permette di avere una fase di scarico asimmetrica ed in particolare agli alti carichi ne
anticipa la fine. In questo modo si ha un favorevole aumento del rapporto di
compressione effettiva del motore. Ai bassi carichi, invece, permette un ritardo di
apertura della luce di scarico e, di conseguenza, aumenta il rapporto effettivo di
espansione migliorando il rendimento effettivo del motore.
55
Figura I.57 Schema di funzionamento della valvola rotante del prototipo Lotus
La valvola parzializzatrice di scarico permette, inoltre, un funzionamento più
stabile del motore ai bassi carichi ed ai bassi regimi di rotazione: in queste condizioni è
quindi possibile far funzionare il motore con dosature più ricche.
Questa variante del tradizionale motore a due tempi ad accensione comandata
dà come risultato una buona riduzione dei consumi, soprattutto ai regimi medio-alti e
bassi.
56
CAPITOLO II
Esperienze precedenti su motori a due tempi presso il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino
Gli studi sul motore in esame sono stati preceduti da diverse esperienze su
motori a due tempi presso il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino.
Col motore Cagiva T4E 350 è stato introdotto il termine “innovativo”: cioè un
propulsore caratterizzato da bassi livelli di emissioni inquinanti e di consumo specifico
di benzina, unitamente ad elevati coefficienti di lavaggio in un esteso campo di utilizzo.
I motori Benelli 1FB 1226 e Husqvarna WR250 meritano di essere citati per
l’applicazione del sistema di iniezione diretta del combustibile.
II.1: Propulsore Cagiva T4E 350
Nel 1986 presso il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino il
professor Enrico Antonelli decise di impegnarsi in un progetto di ricerca che portasse
alla realizzazione di un motore pluricilindrico a due tempi per applicazioni
automobilistiche caratterizzato da elevate potenze specifiche unite a bassi valori di
consumo specifico e di emissioni inquinanti. Nello stesso tempo doveva presentare una
buona caratteristica meccanica, vale a dire che fosse capace di fornire valori di coppia
elevati già a bassi regimi, in modo da permettere una buona guidabilità.
Per raggiungere questi obbiettivi si pensò anzitutto di ricorrere all’iniezione del
combustibile, in modo da limitare le perdite dovute al cortocircuito nella fase di
lavaggio. Liberati dal vincolo sui bassi valori del coefficiente di lavaggio, grazie
57
all’utilizzo di sola aria anziché di miscela carburata, si optò per l’adozione di una
pompa esterna, con cui ottenere y = 1,3-1,5 e pertanto valori di λv significativamente
maggiori di quelli conseguibili con i due tempi tradizionali. Oltre a questo la rinuncia
all’utilizzo del carter come pompa avrebbe permesso di evitare l’aggiunta dell’olio
lubrificante direttamente alla carica, causa della formazione di depositi carboniosi sulla
testa, sugli stantuffi, sulle luci e nella marmitta, dell’imbrattamento della candela e di
emissioni di particolato ed idrocarburi incombusti in quantità maggiore.
Non disponendo delle risorse necessarie per realizzare ex novo un motore che
corrispondesse esattamente al modello teorico, si procedette ad adattare un motore
preesistente che si avvicinasse al predetto modello. La scelta cadde sul motore Cagiva
T4E 350, un monocilindro a quattro tempi con quattro valvole in testa raffreddato ad
aria. Si cercava un motore a quattro tempi in quanto già provvisto di un sistema di
lubrificazione forzata degli accoppiamenti delle parti in moto relativo; inoltre la
presenza delle valvole in testa avrebbe consentito, aprendo nel cilindro luci scoperte
dallo stantuffo, di realizzare un lavaggio unidirezionale, più efficiente di quello a
correnti ripiegate. In particolare ci si orientò verso un motore con quattro valvole per
disporre di un’ampia sezione di efflusso dei gas combusti, così da poter ridurre la
durata della fase di scarico. In tal modo si sarebbe potuto scegliere se ritardare l’inizio
dello scarico spontaneo, prolungando la fase di espans ione, allo scopo dì raccogliere
maggior lavoro dai gas, o se anticipare la chiusura dello scarico- lavaggio, lasciando più
tempo al combustibile iniettato per miscelarsi con l’aria presente nel cilindro.
Figura II.1 Particolare delle luci di lavaggio
58
Partendo da un motore monocilindrico si sarebbero poi semplificate le
operazioni di modifica necessarie per il funzionamento a due tempi, con beneficio per
tempi e costi. Sempre in quest’ottica si preferì un motore raffreddato ad aria, privo
quindi di intercapedini per la circolazione del liquido refrigerante, le quali avrebbero
comportato problemi di tenuta complicando il lavoro di adattamento del motore.
Il compito di occuparsi della trasformazione del motore di partenza fu affidato
per primo allo studente A. Goggi, che riportò nella Tesi di Laurea [1] i risultati del
lavoro svolto.
Per l’alimentazione si utilizzò un compressore volumetrico di tipo Roots di
costruzione Abarth, che mandava l’aria compressa con l’interposizione di un
dispositivo di by-pass in un condotto che si sdoppiava successivamente per portarla alle
due luci praticate nel cilindro, una contrapposta all’altra.
Figura II.2 Dispositivo di by-pass
59
In figura II.2 è mostrata una foto del dispositivo di by-pass, usato per regolare il
compressore per riflusso all’esterno di parte della mandata.
Tale dispositivo è costituito essenzialmente da un blocco di duralluminio che è
attraversato dal condotto principale dell’aria. Sempre al suo interno è ricavato un
condotto che si dirama dal primo verso l’esterno. Entrambi sono intercettati da valvole
a farfalla collegate mediante un quadrilatero articolato in modo che mentre una si apre,
l’altra si chiuda, e viceversa. Sulla loro legge di apertura si può oltretutto agire in
maniera piuttosto agevole, variando la lunghezza di uno dei bracci costituenti il
quadrilatero articolato. Un potenziometro fornisce l’indicazione della posizione della
farfalla inserita nel condotto principale.
Volendo regolare il motore facendo rifluire all’esterno, ai carichi parziali, una
frazione della portata mandata dal compressore, sarebbe sufficiente una sola valvola sul
condotto di riflusso. La valvola sul condotto principale serve allo scopo di ottenere una
regolazione precisa in un più ampio campo di carichi. Infatti quando una valvola a
farfalla è quasi completamente aperta risulta scarsa la sensibilità del flusso a sue
piccole rotazioni. Con una sola valvola ad intercettare l’aria diretta all’atmosfera si
potrebbe regolare con buona precisione il sistema compressore-motore ai carichi più
alti, quando la valvola si trova in condizioni prossime alla completa chiusura, ma non a
quelli più bassi, con la valvola quasi parallela al flusso. La presenza di due farfalle
permette invece di assicurare la voluta regolazione sfruttando ai carichi maggiori quella
sul condotto di riflusso ed ai minori quella sul condotto principale.
Per l’alimentazione del combustibile si pensò di ricorrere all’iniezione indiretta
gestita elettronicamente da una centralina a cui sarebbero dovuti giungere i segnali di
pressione e temperatura dell’aria di lavaggio, di posizione della farfalla sul condotto
principale e di velocità angolare del motore, posizionando due iniettori nei condotti di
lavaggio in maniera che lo spray venisse formato immediatamente a monte delle luci.
Si scelse di far uso di due iniettori, ciascuno dei quali dimensionato in funzione di una
portata pari alla metà di quella massima richiesta, in quanto uno solo non sarebbe stato
in grado di controllare in modo adeguato il flusso in ogni condizione. Ai carichi più
60
bassi si sarebbe certamente avuta, durante la chiusura dell’iniettore, la formazione di
gocce di combustibile di grandi dimensioni, che non riuscendo a evaporare
completamente sarebbero divenute fonte di HC allo scarico. L’inconveniente non si
sarebbe invece verificato disponendo di due iniettori di dimensioni più contenute, uno
dei quali utilizzato per integrare la portata fornita dall’altro solo ai carichi più alti.
Un primo problema si evidenziò allorché si procedette a fresare la camicia per
ricavarvi le luci di lavaggio. La loro ampiezza angolare fu infatti limitata a valori
inferiori a quelli desiderati, anzitutto dalla forma del mantello dello stantuffo. Quello
originale dovette essere sostituito in quanto il passaggio dal funzionamento a quattro
tempi a quello a due tempi implicava la necessità di un mantello più lungo, in grado di
garantire la chiusura delle luci con lo stantuffo al PMS. Siccome questa condizione
doveva essere soddisfatta senza naturalmente che si avesse interferenza tra il mantello
stesso e l’albero a gomiti, quando lo stantuffo si portava al PMI, non potendosi
realizzare un mantello troppo lungo si fu costretti a realizzare luci meno alte del
necessario e posizionate al di sopra del PMI. Ulteriori penalizzazioni derivarono dalla
presenza della catena di comando della distribuzione, delle sedi dei prigionieri di
fissaggio del cilindro al carter e dei condotti di adduzione del lubrificante all’albero a
camme. Non potendosi aumentare a piacimento l’altezza delle luci per non anticiparne
eccessivamente l’apertura, a tali limitazioni conseguì una riduzione delle sezioni di
passaggio dell’aria, a tutto danno della completezza del lavaggio.
Un secondo inconveniente fu legato all’iniezione indiretta. La forma dello spray
e la pressione d’iniezione del combustibile erano infatti tali per cui parte del
combustibile arrivava a bagnare le pareti dei condotti, senza riuscire ad evaporare
completamente. Inoltre, l’ultima frazione del combustibile iniettato, tanto maggiore
quanto più grande era la quantità di combustibile richiesta in quel ciclo, non riusciva a
entrare nel cilindro prima che le luci si chiudessero. Vi veniva perciò introdotta
all’inizio del ciclo successivo, col risultato di essere quasi completamente scaricata
insieme all’aria di lavaggio, determinando un peggioramento del consumo specifico e
dell’emissione d’inquinanti.
61
Una terza serie di problemi furono causati dalla distribuzione, infatti a causa del
raddoppiato rapporto di trasmissione tra albero motore e albero a camme, è stato
necessario ridurre la massima alzata delle valvole a fungo al fine di contenere entro
limiti accettabili le massime accelerazioni a cui le valvole sono sottoposte. In più la
presenza sulla testata di un solo albero a camme per il comando delle quattro valvole,
ha precluso la possibilità di variare 1’ampiezza angolare della fase di scarico. Tale
operazione sarebbe stata invece possibile, nel caso in cui il motore avesse avuto due
alberi a camme in testa, semplicemente sfasando la posizione angolare di un albero a
camme rispetto all’altro.
Figure II.3-4 Il motore Cagiva installato al banco
Il difetto principale, che costrinse ad abbandonare la sperimentazione, dipese
però dall’impossibilità di ricorrere per l’avviamento del motore al motorino elettrico,
cui tale compito era originariamente affidato, a causa dell’ingombro dei condotti di
lavaggio. Per la messa in moto si sviluppò allora un gruppo costituito da un motore
elettrico destinato a trascinare, mediante una cinghia, l’albero di un riduttore-giunto
collegato al freno dinamometrico, a sua volta connesso tramite un doppio giunto
cardanico all’albero del cambio. Siccome nel basamento erano integrati sia la frizione
sia il cambio, il moto doveva essere trasmesso all’albero a gomiti attraverso di essi.
Non essendo la frizione adeguatamente dimensionata per la coppia richiesta per
l’avviamento essa tendeva a slittare rendendo estremamente complessa l’operazione.
62
II.2: Propulsore Benelli 1FB 1226 Il motore Benelli 1FB 1226 [8] è un monocilindrico a due tempi ad accensione
comandata con lavaggio a correnti ripiegate trasversali ed aspirazione con terza luce. Il
cilindro è realizzato in alluminio con canna riportata in ghisa; la camera di combustione
è emisferica con area di squish disposta perifericamente e la candela è posta
lateralmente a formare un angolo di circa 45° con l’asse del cilindro. Il carter, in
alluminio, è formato da due elementi uniti lungo un piano mediano; carter, cilindro e
testata sono tra loro vincolati da prigionieri.
Alesaggio 75 mm Volume spazio morto motore 48 cm3
Corsa 78 mm Volume spazio morto carter 810 cm3
Cilindrata 344,6 cm3 Rapporto di compressione geometrico
8,179:1
Lunghezza manovella 39 mm Rapporto di compressione effettivo 5,46:1
Lunghezza biella 156 mm Rapporto di compressione del carter
1,425:1
Figura II.5 Caratteristiche tecniche propulsore Benelli 1FB 1226
La distribuzione è affidata esclusivamente allo stantuffo ed è quindi simmetrica
rispetto al PMS; in particolare la fase di scarico dura 166.4° a partire da 96.8° DPMS, il
lavaggio dura 116.86° da 121.57° DPMS, mentre la fase di aspirazione nel carter-
pompa dura 157.06° a partire da 78.53° PPMS.
La lunghezza del mantello del pistone è pari a 77 mm sul lato aspirazione e 79
mm sul lato scarico; tale differenza crea un anticipo angolare dell’aspirazione pur
garantendo la chiusura completa della luce di scarico rispetto al carter anche quando il
pistone si trova al PMS. La distanza tra il cielo dello stantuffo ed il piede di biella è pari
a 38 mm e lo spinotto è montato senza disassamento.
63
Il raffreddamento del motore è ad aria forzata da una ventola centrifuga solidale
al volano magnete, che spinge l’aria in un apposito carter in lamiera facendola giungere
in prossimità delle alette di raffreddamento presenti su cilindro e testa.
L’accensione è di tipo classico con le puntine platinate che alimentano
direttamente la bobina di alta tensione; inoltre è presente un dispositivo a masse
centrifughe che, variando il posizionamento angolare della camma di comando delle
puntine rispetto all’albero motore, permette di variare l’anticipo di accensione al
crescere del numero di giri del motore.
La lubrificazione del motore originale era affidata alla miscelazione diretta della
benzina di alimentazione con olio, mentre durante la sperimentazione viene effettuata
inviando una portata di olio direttamente nel collettore di aspirazione con l’ausilio di
una pompa a portata variabile azionata da un motore elettrico: tale modifica,
auspicabile per poter iniettare esclusivamente benzina utilizzando il sistema di
iniezione indiretta, si rivela indispensabile durante l’alimentazione ad iniezione diretta,
in quanto in caso contrario il motore non risulterebbe in alcun modo lubrificato.
Durante le prove al banco è stato anche utilizzato uno scarico ad espansione
progettato tramite un codice di simulazione: l’ottimizzazione è stata scelta per un
regime di 3500-4000 giri/min. Tale espansore, realizzato in lamiera d’acciaio, è stato
dotato di un silenziatore ad assorbimento. I confronti fatti con prove realizzate in
precedenza a parità di sistema di iniezione, ma con il sistema di scarico originale,
hanno messo in evidenza un notevole incremento del riempimento del motore a regimi
prossimi a quelli di progetto con relativo miglioramento delle prestazioni in termini di
coppia e potenza.
Configurazione della testata .
Le prove eseguite in differenti lavori di Tesi, hanno avuto notevole importanza
per quanto riguarda lo studio del migliore posizionamento dell’iniettore sulla testa del
motore: alcune sono state svolte con l’iniettore orientato coassialmente al cilindro e
posizionato al centro della testa, altre hanno previsto lo spostamento dell’iniettore in
64
posizione laterale, con inclinazione rispetto all’asse del cilindro a 60° ed orientamento
in direzione opposta alla luce di scarico.
Figura II.6 Sezione Benelli 1FB 1226 in configurazione ad iniezione diretta
I rilievi al banco hanno permesso di osservare che la disposizione inclinata è da
preferirsi in quanto parte dello spray riesce a raggiungere gli elettrodi della candela
formando una zona di miscela ricca che facilita l’accensione. Si realizza in pratica una
sorta di combustione a carica stratificata con la zona di miscela ricca nei pressi della
candela e sempre più povera man mano che ci si allontana. Il rischio di questo tipo di
configurazione è di bagnare le pareti del cilindro. In questo caso infatti se le parti della
canna del cilindro bagnate dal carburante venissero coperte dallo stantuffo in risalita
verso il PMS il carburante ivi depositato non potrebbe partecipare alla combustione,
mentre nella successiva fase di espansione evaporerebbe trasferendosi allo scarico sotto
forma di idrocarburi incombusti altamente inquinanti e riducendo i vantaggi intrinseci
dell’iniezione diretta.
65
Figura II.7 Iniettore coassiale al cilindro
L’inclinazione dell’iniettore comporta che parte del combustibile iniettato
lambisca la testata (caratterizzata da un’elevata temperatura), facilitando così
l’evaporazione delle gocce; l’effetto dello squish, inoltre, contribuisce in questo caso ad
uniformare la miscela nei pressi della candela.
Caratteristiche di funzionamento
La serie di prove al banco eseguite sul motore Benelli 1 FB 1126 è stata
condotta con le due diverse configurazioni previste per l’alimentazione, ovvero con
iniezione indiretta nel collettore di aspirazione e con iniezione diretta in camera di
combustione.
66
Per quanto concerne l’alimentazione con iniezione diretta si è iniziato con la
ricerca delle migliori condizioni di alimentazione relative al propulsore, equipaggiato
sia con un sistema di alimentazione ad iniezione diretta in camera di combustione sia
con un sistema di scarico appositamente progettato, dotato di una camera di espansione
accordata realizzata in base alle specifiche calcolate in un precedente lavoro di Tesi,
grazie all’ausilio di un software di simulazione (Wave).
Obiettivo prefissato era il raggiungimento di basse emissioni inquinanti allo
scarico unite a buone prestazioni meccaniche, mantenendo una dosatura interna del
motore prossima al valore stechiometrico in modo tale che i risultati sperimentali
fossero confrontabili con quelli ottenuti con il motore alimentato ad iniezione indiretta.
I parametri che sono stati variati durante questa sessione di prove sono la durata
ed il ritardo di iniezione a numero di giri del motore costante. Tali grandezze relative al
sistema di iniezione vengono regolate allargando e sfasando elettronicamente l’impulso
proveniente dal marker già debitamente squadrato e portato a livelli TTL: un’apposita
centralina provvede a ritardare il segnale a seconda dei valori temporali impostati
manualmente (millisecondi dal fronte di discesa del segnale in ingresso) e a
modificarne il duty-cycle (percentuale di durata del livello logico 1 sul totale): in
questo modo è possibile variare la dosatura di funzionamento del motore ed evitare
fuoriuscite di benzina allo scarico durante la fase di travaso. Si cerca infatti di iniziare
l’iniezione di carburante a luci completamente chiuse o in fase avanzata di chiusura, in
modo tale che lo spray non abbia la possibilità di sfuggire attraverso la luce di scarico.
Il ritardo di iniezione rispetto al marker (gestito in termini di tempo e non di angoli)
viene ridotto al crescere del numero dei giri.
Le prove sono state tutte eseguite a farfalla completamente aperta (W.O.T. -
Wide Open Throttle), variando il numero di giri tramite il freno dinamometrico: la serie
di dati ottenuta è stata successivamente analizzata in modo da individuare le
regolazioni del sistema di iniezione tali da garantire una dosatura prossima al valore
stechiometrico, utilizzabili per confronti con le prove eseguite in precedenza.
67
L’alimentazione del motore ad iniezione diretta con espansione accordata ha
richiesto diverse prove a parità di numero di giri al fine di individuare le condizioni
migliori di combustione (variazione dei tempo di iniezione) e ridurre ai minimi valori
possibili le emissioni di idrocarburi incombusti allo scarico (variazione ritardo di
iniezione).
Influenza dei parametri di alimentazione
I risultati ottenuti nelle prove a numero di giri costante ed a dosatura e ritardo di
iniezione rispetto al marker variabili, hanno messo in evidenza una notevole sensibilità
del motore alle variazioni dei parametri di alimentazione, non solo nei confronti della
caratteristica meccanica, ma anche del consumo specifico e, soprattutto, delle emissioni
di idrocarburi incombusti e di ossido di carbonio.
Figura II.8 Influenza della durata di iniezione sulla caratteristica meccanica
68
Occorre infatti raggiungere il migliore compromesso tra l’esigenza di
posticipare il più possibile l’iniezione per evitare la fuoriuscita di carica fresca allo
scarico e quella di miscelare al meglio aria e benzina per migliorare la combustione e
conseguentemente ridurre gli HC dovuti alla cattiva combustione. I grafici in figura II.9
e II.10 mettono in evidenza il fenomeno in funzione delle impostazioni del ritardo di
iniezione rispetto al marker.
E’ opportuno inoltre sottolineare che a causa della risoluzione della centralina di
controllo dell’iniezione (0.1 ms) non è stato possibile effettuare una messa a punto fine
dei tempi di iniezione e di ritardo.
Figura II.9 Influenza della durata di iniezione sulle emissioni inquinanti
69
Il grafico di figura II.10 mostra un leggero incremento del consumo specifico
per alti ritardi di iniezione, accompagnato da una riduzione dei valori di coppia e
potenza: la causa può essere principalmente individuata nella cattiva omogeneizzazione
della miscela all’interno della camera di combustione dovuta al ridotto tempo che
intercorre tra fine iniezione ed accensione.
Figura II.10 Influenza del ritardo di iniezione sulla caratteristica meccanica
Mantenere un moderato ritardo di iniezione ha tuttavia un risvolto positivo: gli
idrocarburi incombusti presenti allo scarico vengono drasticamente ridotti in quanto
viene ridotta o annullata (per ritardi di iniezione ottimizzati) la quantità di combustibile
70
mandata allo scarico durante la fase di lavaggio e nonostante aumenti la produzione di
HC dovuti alla cattiva combustione, il risultato complessivo in termini di emissioni di
HC è comunque migliore. Se il ritardo di iniezione assume invece valori troppo elevati,
la combustione peggiora a tal punto da annullare o quasi i vantaggi derivanti
dall’assenza di cortocircuito di carica fresca.
Figura II.11 Influenza del ritardo di iniezione sulle emissioni inquinanti
L’incremento del CO allo scarico per forti ritardi di iniezione si può attribuire
alla dosatura effettiva più ricca (dosatura interna) che, a parità di dosatura apparente, si
riduce a causa della minore quota parte di combustibile mandata allo scarico durante il
lavaggio.
71
Risultati sperimentali e parametri di iniezione
Dai dati rilevati sperimentalmente sono stati estrapolati quelli con dosatura più
vicina alla condizione stechiometrica, che prevede un rapporto in peso
aria/combustibile pari a circa 14.6. Occorre precisare che la determinazione della
dosatura con l’alimentazione ad iniezione diretta è complicata notevolmente dalle
difficoltà che si incontrano nel quantificare la quota di aria di lavaggio che rimane
intrappolata nel cilindro alla chiusura della luce di scarico e l’eventuale quantità di
benzina fuoriuscita allo scarico durante la fase di iniezione. Nel caso specifico, l’inizio
dell’iniezione è sufficientemente vicino all’angolo di chiusura completa della luce di
scarico (98° PPMS) da garantire che il lavaggio venga effettuato esclusivamente con
aria, ovvero in modo tale da non avere fughe di combustibile dalla luce di scarico. Tale
affermazione comporta anche che gli HC presenti allo scarico siano attribuibili
esclusivamente all’imperfetta combustione ed all’olio di lubrificazione.
L’ossigeno presente allo scarico non è, come nei motori a quattro tempi,
funzione esclusiva della dosatura di funzionamento del motore, in quanto nei 2T
durante la fase di lavaggio si ha una fuoriuscita di ossigeno allo scarico, specialmente
nei motori ad iniezione diretta in cui il lavaggio può essere sovrabbondante. L’ossigeno
presente allo scarico è quindi somma della quota parte dovuta al lavaggio e di quella
che non ha preso parte alla combustione, nel caso in cui sia effettuata con eccesso
d’aria. L’andamento della percentuale d’ossigeno allo scarico dovrebbe pertanto essere
decrescente con il diminuire della dosatura fino al raggiungimento del valore
stechiometrico, superato il quale dovrebbe mantenersi costante per tutto il campo delle
dosature ricche, all’interno del quale l’ossigeno allo scarico dovrebbe essere attribuibile
esclusivamente al lavaggio.
Nei diagrammi seguenti si riportano i parametri di iniezione necessari a
mantenere la dosatura stechiometrica al variare del regime di rotazione, la caratteristica
meccanica ottenuta mantenendo forzatamente la dosatura stechiometrica, il consumo
specifico di combustibile al variare del regime e con differenti soluzioni di scarico e
alimentazione (iniezione diretta e indiretta) e la variazione delle emissioni inquinanti
con dosatura stechiometrica ed iniezione diretta.
72
Figura II.12 Regolazioni di iniezione utilizzate nelle prove con dosatura
stechiometrica
Figura II.13 Caratteristica meccanica ottenuta con dosatura stechiometrica
73
Figura II.14 Influenza del sistema di iniezione diretta e del sistema di scarico sul consumo specifico
Figura II.15 Concentrazione dei principali inquinanti allo scarico in funzione del regime di rotazione
74
Dai risultati sperimentali relativi all’alimentazione ad iniezione diretta sono
emersi risultati confortanti per quanto riguarda l’abbattimento delle emissioni
inquinanti, anche se contemporaneamente si nota una leggera flessione delle prestazioni
in termini di potenza e coppia ed uno spostamento dei rispettivi massimi a regimi più
elevati. Si ha infatti un deciso decremento degli idrocarburi incombusti lungo tutto
l’arco di funzionamento del motore, con punte di abbattimento prossime al 90% a basso
numero di giri; anche gli ossidi di azoto sono prodotti in quantità inferiori a tutti i
regimi mentre si rileva un leggero aumento delle emissioni di ossidi di carbonio per
alcuni valori della velocità di rotazione.
II.3: Propulsore Husqvarna WR250
L’Husqvama WR 250 [10] è un motociclo nato per competizioni “crossistiche”
spinto da un motore a due tempi ad alte prestazioni prodotto dall’italiana Cagiva per
conto della svedese Husqvarna.
Figura II.16 Vista lato-volano del propulsore
Il propulsore eroga nella sua configurazione originale 49.5 CV a 8500 giri,
(dichiarati dalla Casa Costruttrice).
75
Il motore è un monocilindrico a due tempi ad accensione comandata con
lavaggio a correnti ripiegate trasversali ed aspirazione nel carter controllata da lamelle.
Il cilindro è realizzato in alluminio, la camera di combustione è emisferica con area di
squish disposta perifericamente, la candela è posta centralmente e coassialmente al
cilindro. Il carter, in alluminio, contiene anche gli alberi del cambio, la frizione, la
trasmissione primaria ed il generatore elettrico.
Sullo scarico è montata una valvola meccanica a controllo centrifugo che
parzializza la luce di passaggio ai bassi regimi per ottimizzare le prestazioni.
Le caratteristiche tecniche principali del propulsore sono sintetizzate nella
tabella seguente:
Alesaggio 66,65mm Volume spazio morto motore-camera di combustione
17,7 cm3
Corsa 70,7 mm Rapporto di compressione geometrico
14:1
Cilindrata 246,5 cm3 Rapporto di compressione effettivo con valvola chiusa
9,55:1
Lunghezza manovella 35,35 mm Rapporto di compressione effettivo con valvola aperta
7,68:1
Figura II.17 Caratteristiche tecniche motore WR250
Il motore, raffreddato a liquido, è dotato di una pompa centrifuga calettata su un
estremo dell’albero a gomiti: il fluido, attraverso due condotti praticati sulla testata del
propulsore, raggiunge lo scambiatore di calore, che sul motore di serie è del tipo
aria/acqua a flusso trasversale.
L’accensione è elettronica a scarica capacitiva senza parti in movimento con
sensore induttivo di posizione dell’albero: la centralina elettronica si occupa di
alimentare la bobina di accensione in base al segnale fornito dal sensore ed all’anticipo
adatto al regime di rotazione.
76
Il sistema di alimentazione originale prevede l’adozione di un carburatore
Mikuni da 38 mm a getto variabile, montato direttamente sul collettore di aspirazione
che è realizzato in materiale sintetico.
La lubrificazione del motore è originariamente affidata alla miscelazione diretta
della benzina di alimentazione con olio al 2% in volume.
Modifiche alla testata del motore
L’installazione dei componenti relativi al sistema di iniezione diretta sulla
testata del motore è vincolata da particolari esigenze di carattere sia tecnico che
logistico. In particolare l’iniettore deve essere posizionato in modo che lo spray sia
orientato in direzione opposta alla luce di scarico, inoltre parte del getto deve giungere
in prossimità degli elettrodi della candela per avere una zona di miscela
sufficientemente ricca da facilitare l’accensione della carica: risulta in tal modo
vincolata anche la posizione della candela che deve essere opportunamente posizionata
nei pressi dell’iniettore per poter essere raggiunta dallo spray.
Le principali difficoltà per la scelta della disposizione dei componenti, sono
derivate dal raffreddamento a liquido del motore, il quale ha imposto la realizzazione di
boccole a tenuta per le sedi di iniettore, candela e trasduttore di pressione e dalla
presenza dei condotti di passaggio dell’acqua di raffreddamento verso lo scambiatore
situate sulla testata, i quali riducono notevolmente lo spazio disponibile per
l’installazione della candela.
La disposizione dei componenti dell’iniezione scelta è risultata il miglior
compromesso possibile fra ingombri, posizionamenti reciproci ed inclinazioni ottimali.
77
Figura II.18 Sezione complessiva testata, iniettore e candela
Figura II.19 Vista testata, iniettore e candela montati
78
Figura II.20 Vista generale di tutto il banco prova
Il motore poteva essere alimentato ad iniezione diretta, indiretta o a
carburazione. Di conseguenza lo schema dell’impianto di alimentazione del
combustibile era piuttosto complesso.
79
Figura II.21 Schema del circuito del combustibile
80
Caratteristica meccanica del motore dì serie
Il propulsore Husqvama WR 250 presenta una caratteristica meccanica tipica
dei motori da competizione per motociclette fuoristrada; in questo caso particolare si
nota inoltre una doppia zona di erogazione della potenza massima, con un primo picco
che si assesta al regime di 8270 giri/min ed un secondo picco al regime di 9500
giri/min.
Figura II.22 Caratteristica meccanica propulsore di serie
La potenza sviluppata al regime di 8270 giri/min è di ben 43,73 cavalli, quindi
con una potenza specifica di 174,9 cavalli/litro.
La sperimentazione effettuata presso i laboratori del Politecnico di Torino non
ha come obiettivo primario la ricerca di prestazioni altrettanto esasperate, tipiche
dell’utilizzo sportivo nel campo delle competizioni, ma punta ad osservare le
caratteristiche di funzionamento dello stesso propulsore nel caso di alimentazione ad
81
iniezione diretta, ponendo particolare attenzione all’ottimizzazione dei valori di
consumo specifico e di emissioni inquinanti in condizioni di funzionamento tipiche
dell’utenza comune. Per questo motivo la sperimentazione non è stata sviluppata per
regimi superiori ai 6000 giri/min e per carichi superiori ai 2/3 del massimo carico
riscontrato con l’utilizzo del carburatore montato di serie.
Scelta dei punti di funzionamento significativi
Il funzionamento tipico dei propulsori per motociclette di media cilindrata è
caratterizzato da periodi di frequente utilizzo a regimi medio bassi e carichi variabili tra
1/3 e 2/3 del carico massimo ottenibile ad ogni regime. Nel caso dell’adozione
dell’iniezione diretta nel cilindro, inoltre, è difficoltoso garantire un corretto
funzionamento ai regimi più elevati a causa del ridotto tempo a disposizione della
carica per essere, introdotta e miscelata correttamente all’aria proveniente dal lavaggio.
Le sessioni di sperimentazione hanno dunque fatto sempre riferimento a due
situazioni tipiche:
• Il funzionamento in corrispondenza dei 2/3 del carico massimo.
• Il funzionamento in corrispondenza di una curva di regolazione cubica di
utilizzo, ottenuta facendo riferimento al punto di massima potenza erogata.
Studio dei parametri di funzionamento con iniezione diretta nel cilindro, influenza
dei parametri di iniezione nei punti di funzionamento più significativi
Il funzionamento del motore a due tempi ad accensione comandata, dotato di
alimentazione ad iniezione diretta nel cilindro, è fortemente legato alla scelta dei
parametri di iniezione impostati durante le sessioni di prova. La difficoltà di ottimizzare
questi parametri per ottenere il migliore compromesso tra emissioni nocive dei gas di
scarico, temperatura dei gas di scarico, consumo specifico di carburante, prestazioni
82
ottenibili e funzionamento regolare (evitando detonazione, preaccensione) può essere
diminuita cercando di ricavare un legame tra i parametri impostabili durante i test e il
comportamento del motore.
La prima fase di ricerca di questo legame causa-effetto è rappresentata dalla
compilazione di diagrammi riportanti gli andamenti dei parametri di regolazione in
relazione al comportamento del motore in tema di emissioni di scarico.
Il primo diagramma riportato, figura II.23, riporta i dati rilevati durante le
sessioni di prova effettuata con riproduzione dei punti corrispondenti ai 2/3 del carico
massimo; il ritardo di iniezione ed il tempo di apertura (espressi in millisecondi) sono
messi in relazione alle emissioni di CO ed HC rilevati nei gas di scarico.
Per una completa comprensione dei fenomeni rilevati è necessario riportare
anche un secondo diagramma che permetta di visualizzare il ritardo di apertura
dell’iniettore rispetto al PMI espresso in gradi; questi valori sono stati ricavati
convertendo il ritardo temporale in intervallo angolare, tenendo conto del ritardo fisso
dovuto al funzionamento delle centraline di comando e dell’inerzia dell’iniettore.
Figura II.23 Parametri di iniezione impostati ed emissioni di CO ed HC
corrispondenti
83
I due diagrammi permettono di verificare l’influenza del ritardo di apertura
dell’ iniettore e del tempo di apertura sulle emissioni di CO ed HC: nella figura II.24 in
particolare, per il regime di 4000 giri/min si nota che l’aumento del tempo di apertura
dell’iniettore (da 2,6 a 2,7 ms) e la contemporanea risalita del ritardo angolare di
apertura (da 65° a 67° DPMI) portano ad un considerevole aumento della
concentrazione di CO; la serie decrescente di concentrazione di idrocarburi incombusti
invece, sempre per il regime di 4000 giri/min, subisce un leggero rallentamento.
Per il regime di 3000 giri/min è possibile valutare immediatamente
l’inadeguatezza del ritardo angolare di 94° DPMI e del tempo di apertura, entrambi
troppo elevati; utilizzando un ritardo ango lare inferiore, pari forse a 70° ed un tempo di
apertura di 2,6 ms probabilmente si otterrebbe un abbattimento delle emissioni di HC e
un abbassamento della concentrazione di CO.
Figura II.24 Influenza della fasatura di iniezione nelle emissioni di CO
Lo stesso ragionamento può essere effettuato visualizzando i punti rilevati sulla
cubica di utilizzazione; anche in questo caso si riportano gli andamenti dei parametri
84
impostati effettivamente nella centralina di comando (espressi in millisecondi) ed il
ritardo equivalente angolare, ricavato dopo il punto morto inferiore.
Le figure II.25 e II.26 permettono di verificare l’estrema sensibilità del motore,
rispetto alle emissioni di CO, al ritardo di azionamento dell’iniettore ed al tempo di
mantenimento in regime di apertura, soprattutto in condizioni di funzionamento a basso
carico. In queste condizioni, risulta più difficile garantire la totale combustione della
carica immessa nel cilindro e quindi, per ottenere risultati facilmente conseguibili in
regime di carico elevato, è necessario avvicinare in modo estremamente preciso le
regolazioni ottimali. La figura II.25 mostra il sensibile aumento della concentrazione di
CO ai regimi di 4000 e 4250 giri/min, causati probabilmente dalla contemporanea
risalita del tempo di apertura dell’iniettore e dall’inadeguatezza del ritardo di fasatura
impostato.
Figura II.25 Parametri di iniezione impostati ed emissioni di CO ed HC
corrispondenti
Analizzando in modo più approfondito il diagramma appena presentato è
difficile interpretare l’elevata concentrazione di HC visibile al regime di 3500 giri/min;
85
una concentrazione accettabile di CO potrebbe essere interpretata come ottimo
comportamento del motore durante la fase di combustione, derivante da una corretta
regolazione del tempo di apertura dell’iniettore e da un corretto grado di apertura della
farfalla di alimentazione. La risalita della concentrazione di idrocarburi incombusti
potrebbe essere invece sintomo di un eccessivo anticipo della fase di iniezione, con la
conseguente fuoriuscita di parte della carica fresca dalle luci di scarico.
Il diagramma II.26 invece, espandendo l’andamento della concentrazione di
CO, permette di visualizzare il suo legame diretto con la fasatura di iniezione (effettiva
angolare); la risalita della concentrazione visibile a 4000 e 4250 giri/min può essere
correlata allo scostamento della fasatura dalla retta che unisce idealmente il ritardo
impostato a 3000 giri/min con quello successivamente impostato a 4750 giri/min.
Figura II.26 Influenza della fasatura di iniezione nelle emissioni di CO
Un’ultima considerazione può essere affrontata commentando l’influenza del
tempo di apertura dell’iniettore: sia nel caso di regolazione sulla cubica di utilizzazione
86
che nel caso della riproduzione dei punti a 2/3 del carico massimo, i diagrammi
indicano la necessità di mantenere una regolazione della quantità iniettata ad ogni ciclo
quasi costante al variare del regime di rotazione (pari a 2,4 millisecondi nel caso della
cubica e 2,6 millisecondi nel caso dei punti ai 2/3 del carico massimo).
Questa indicazione rivela da una parte l’estrema capacità del motore di fornire
una coppia quasi costante al variare del regime mantenendo costante la carica fornita ad
ogni fase di compressione e, dall’altra, la necessità di adottare una centralina di
comando in grado di permettere una regolazione più fine dei parametri di iniezione.
87
CAPITOLO III
Trasformazione del motore pluricilindrico quattro tempi in monocilindro due tempi
Il progetto di sviluppo del prototipo in fase di realizzazione prevede alcuni punti
cardine che hanno poi dettato la scelta del motore da utilizzare come base di partenza e
le modifiche da apportarvi.
• Come pompa di lavaggio si è deciso di adottare un compressore esterno
di tipo Roots in luogo della classica pompa di lavaggio ricavata nel
carter del motore. L’utilizzo di una pompa esterna permette l’uso di un
coefficiente di lavaggio superiore all’unità con la possibilità di una
rapida variazione dello stesso semplicemente modificando la velocità di
rotazione del motore che trascina il compressore. L’aumento del
coefficiente di lavaggio è di notevole utilità al fine di aumentare il
riempimento della camera di combustione con carica fresca e di
conseguenza le massime prestazioni raggiungibili dal motore.
• Non avendo più necessità di usare il carter come pompa è possibile
realizzare un sistema di lubrificazione degli organi meccanici del motore
molto più valida della miscelazione di una piccola percentuale d’olio
nella benzina.
• Al fine di minimizzare la miscelazione della carica fresca con i gas
combusti ed il rischio di cortocircuito della stessa allo scarico si è scelto
di realizzare il lavaggio secondo lo schema a correnti unidirezionali: tale
88
soluzione permette infatti di allontanare il più possibile le luci di scarico
da quelle di lavaggio e di avvicinarsi al lavaggio a stantuffo di gas.
Inoltre tale sistema permette una migliore distribuzione delle
temperature poiché non causa le dissimmetrie che si hanno invece nei
motori a due tempi tradizionali in cui la luce di scarico è adiacente a
quelle di lavaggio. Si è scelto l’uso di luci regolate dallo stantuffo e di
valvole a fungo del tipo usato nei motori a quattro tempi, poste nella
testata del motore. Le valvole a fungo però non permettono di ottenere le
elevate sezioni di passaggio ottenibili con le luci regolate dallo stantuffo
per cui, per non essere troppo penalizzati, si è optato per l’adozione di
un numero elevato di valvole: almeno quattro.
• Per ridurre al minimo le perdite di carburante allo scarico, che
l’adozione di un coefficiente di lavaggio piuttosto elevato renderebbe
inaccettabili, è stata scelta l’iniezione diretta del combustibile. Tale
sistema di alimentazione permette infatti di realizzare il lavaggio con
sola aria e di iniettare il combustibile quando le luci di scarico sono già
chiuse o sono in fase di chiusura. In questo modo si perde allo scarico
solo aria pura (cosa tollerabile) o, al limite, una quantità modestissima di
carburante.
Visti questi vincoli e tenendo conto delle esperienze maturate in passato si è
ricercato un propulsore di normale produzione che consentisse, con modifiche di entità
più ridotta possibile, di soddisfare tutti i requisiti.
III.1: Scelta del motore di partenza
L’esperienza maturata nella realizzazione dei prototipi precedenti ha guidato la
scelta del nuovo motore su cui effettuare la trasformazione. Si è infatti deciso di
abbandonare il motore a 4 tempi di tipo motociclistico, che presenta una serie di
problemi legati al collegamento al banco ed al gruppo frizione-cambio integrati nel
basamento. Il propulsore che si è scelto è il motore a 4 tempi Lancia 16 valvole, 4
89
cilindri in linea, 1995 cm3 di cilindrata, normalmente installato sulla vettura Thema.
Tale unità, dotata di doppio albero a camme in testa, consente di variare la durata della
fase di scarico del prototipo, oltre che l’angolo di inizio della fase di scarico.
Un problema è costituito dal fatto che per il prototipo si intende utilizzare un
solo cilindro, eliminando gli altri tre. Si è scelto di utilizzare il quarto cilindro, perché
consente di sfruttare il lato volano per praticare un foro nella testa per l’alloggiamento
della candela. Il secondo ed il terzo cilindro non offrono tale opportunità, mentre nel
primo cilindro la presenza della cinghia della distribuzione rende difficoltoso qualsiasi
accesso. Un altro limite del motore scelto è la presenza nel basamento e nella testata
delle intercapedini per il passaggio del liquido refrigerante: esse riducono il numero
delle possibili lavorazioni effettuabili e quindi delle soluzioni realizzabili. D’altro canto
il raffreddamento ad acqua è fortemente consigliato nel prototipo, nel quale la testata
(lambita totalmente dai gas di scarico) è più sollecitata termicamente rispetto al motore
originale.
Sono quindi stati eliminati stantuffi e bielle relativi ai tre cilindri non utilizzati e
gli accessori non più necessari; cioè compressore del climatizzatore, pompa
dell’idroguida, pompa del refrigerante, alternatore ed alberi controrotanti. Tutti questi
accessori avrebbero comportato un aumento della pressione di marcia a vuoto, in più
avrebbero ostacolato col loro ingombro fisico la realizzazione delle modifiche al
motore.
III.2: Lavaggio unidirezionale e realizzazione delle luci
La schema di lavaggio che si decise di utilizzare per l’attuale prototipo è quello
unidirezionale. Tale soluzione è abbastanza inconsueta nel panorama dei tradizionali
motori a 2 tempi ad accensione comandata: in questi, per privilegiare la semplicità
costruttiva e quindi il basso costo, si opta per il lavaggio a correnti ripiegate che
consente di non impiegare valvole a comando meccanico. Nel caso del prototipo in
esame, invece, poiché si ha come obiettivo l’ottimizzazione della fase di lavaggio, che
è il primo passo verso la riduzione delle emissioni inquinanti, è giustificata la scelta del
90
lavaggio unidirezionale. Esso garantisce maggiore efficacia rispetto al lavaggio a
correnti ripiegate ed anche una certa simmetria assiale nella distribuzione delle
temperature lungo il cilindro. Lo studio dell’interazione delle correnti di lavaggio che
fuoriescono dalle varie luci di lavaggio nel caso di lavaggio a correnti ripiegate è
piuttosto complicato e difficilmente si riesce a scongiurare il pericolo di cortocircuito di
carica fresca allo scarico. Il lavaggio unidirezionale trova larga applicazione nei motori
a 2 tempi stazionari navali (che sono ad accensione per compressione), in questo caso
la corrente di lavaggio si muove assialmente nel cilindro senza subire inversioni del
moto ed il suo comportamento può essere assimilato a quello teorico dello “stantuffo di
gas”.
Il lavaggio unidirezionale praticabile in un motore a 2 tempi ad accensione
comandata può essere realizzato nei due modi rappresentati nelle figure III.1 e III.2:
Figura III.1 Lavaggio unidirezionale ascendente
91
Figura III.2 Lavaggio unidirezionale discendente
Il lavaggio unidirezionale ascendente ha lo svantaggio di sollecitare
termicamente la testa e le valvole adibite allo scarico, con la formazione di punti caldi
che potrebbero innescare fenomeni di preaccensione e denotazione. Tale inconveniente
può essere superato raffreddando adeguatamente la testa.
Il lavaggio unidirezionale discendente sollecita termicamente la zona basale del
cilindro, dove si trovano le luci di scarico; questo fatto può portare al grippaggio dello
stantuffo.
La soluzione scelta per il prototipo in esame è il lavaggio unidirezionale
ascendente. Poiché il motore originale era a 4 tempi, sono state realizzate “ex novo”
due luci di lavaggio nel cilindro, opposte tra loro, mentre sono stati progettati e
realizzati i condotti di lavaggio in modo da risolvere il problema dell’intercapedine del
liquido refrigerante. L’ultimo tratto dei condotti di lavaggio presenta un’inclinazione di
92
96° rispetto all'asse dei cilindro, in modo da imprimere alla corrente di lavaggio una
leggera componente assiale ascendente. A questo proposito occorre precisare che è
bene non esagerare con l’inclinazione perché si rischia di aumentare eccessivamente la
zona d’ombra sul cielo dello stantuffo che non viene lambita e quindi lavata (figura
III.3).
Figura III.3 Porzione della camera di combustione non lavata dal flusso di carica fresca
La realizzazione dei condotti è risultata difficoltosa perché questi, per
raggiungere le luci, devono attraversare l’intercapedine del liquido refrigerante.
Pertanto è stato necessario realizzare un condotto interno ed uno esterno in modo da
permettere la dilatazione assiale del condotto interno verso l’esterno del cilindro.
Inoltre è stata realizzata una doppia tenuta: tra condotto interno e camicia e tra condotto
esterno e camicia.
93
Poiché il basamento del motore è di ghisa il suo comportamento è fragile e mal
sopporta le dilatazioni termiche indotte dalla saldatura dei condotti. Per evitare la
formazione di cricche il basamento è stato preriscaldato uniformemente in un forno e
l’operazione di saldatura è stata condotta con un elettrodo di ghisa. Le porosità
caratteristiche di tale saldatura furono eliminate con un riporto galvanico in nickel.
Essendo la lunghezza alla corda della luce notevole (50 mm), è stato necessario
introdurre e saldare in ciascuna luce due inserti che consentono di guidare gli anelli
elastici dello stantuffo evitando la loro espansione all’interno della luce durante il
passaggio.
Figura III.4 Disegno del collettore interno di ammissione
E’ stata infine condotta un’alesatura del quarto cilindro portando l’alesaggio
dagli 84 mm originali a 86 mm (la cilindrata è passata da 498.76 cm3 a 522.79 cm3) ed
è stato effettuato un accurato controllo dimensionale e di forma del cilindro.
Il nuovo alesaggio sarebbe dovuto essere di 85 mm, ma poiché la ditta Mondial
Piston, cui era stato affidato l’incarico di produrre il nuovo stantuffo, col mantello di
lunghezza tale da chiudere le luci durante l’intera corsa, era in possesso di uno stampo
avente un alesaggio di 86 mm, al fine di contenere i costi si optò per quest’ultimo
valore.
94
Figura III.5 Sezione trasversale del basamento con i condotti di ammissione
95
III.3: Stantuffo
Al pari dei motori a due tempi di tipo tradizionale, per il prototipo si è dovuto
realizzare uno stantuffo con mantello di lunghezza pari alla sua corsa più alcuni
millimetri. Ciò è dovuto alla necessità di coprire le luci di lavaggio quando lo stantuffo
è al punto morto superiore: il rischio è di perdere buona parte dell’aria di lavaggio
all’interno del carter del basamento dove, durante il funzionamento è presente una
densa nebbia d’olio.
La possibilità di ricavare il nuovo stantuffo da uno stampo già disponibile
presso la Mondial Piston ha portato alla scelta dell’alesaggio definitivo del pistone di
86 mm. L’aumento di diametro rispetto all’originale è stato di 2 mm, valore superiore
rispetto a quanto necessario all’eliminazione delle deformazioni dovute alla saldatura
delle luci di lavaggio.
La presenza, durante il funzionamento, di una fitta nebbia d’olio nel carter del
motore ha reso necessaria anche la presenza di un terzo anello elastico raschiaolio oltre
ai due anelli di tenuta. Alcuni fori sul mantello del pistone in corrispondenza della sede
dell’anello raschiaolio potrebbero provvedere a far confluire nel carter l’olio asportato
dall’anello stesso ma per ora non sono stati realizzati. Onde evitare che la
corrispondenza del taglio di espansione degli anelli di tenuta con le luci di lavaggio
possa creare dei fenomeni di “impuntamento”, è stato necessario orientare
opportunamente gli anelli stessi ed impedirne l’accidentale rotazione mediante spine
inserite nella loro sede.
Per favorire lo scorrimento dello stantuffo nel cilindro nelle prime fasi di
funzionamento è stato depositato un riporto di grafite sul mantello dello stantuffo.
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Figura III.6 Stantuffo e spinotto
Dopo il montaggio dell’insieme albero motore - biella - stantuffo è stata
riscontrata, durante la rotazione, l’interferenza tra mantello dello stantuffo e due
nervature di irrigidimento del basamento motore causata dalla maggiore altezza dello
stantuffo rispetto al modello originale. Per tale motivo, non potendo modificare il
basamento per motivi pratici di realizzazione, è stato necessario asportare in due punti
del pistone parte del mantello.
III.4: Equilibramento
Scopo dell’equilibramento è rendere minime le variazioni delle sollecitazioni
trasmesse dal motore ai supporti e con esse le vibrazioni. Per avere un completo
equilibramento si dovrebbero garantire la costanza della coppia motrice, la costanza
della somma dei momenti delle forze alterne e di quelle centrifughe e la costanza della
somma delle forze alterne e centrifughe, così da garantire, rispettivamente, la costanza
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della componente del momento trasmesso dal motore ai supporti intorno all’asse
dell’albero motore, di quella intorno ad un asse normale a quello dell’albero motore,
posto in un piano orizzontale, e della componente verticale delle reazioni trasmesse ai
supporti.
Non è in realtà possibile ottenere un andamento della coppia motrice costante
nel tempo. La si può solo regolarizzare, tanto più quanto più numerosi sono i cilindri,
per cui nel caso presente di motore monocilindrico ci si trova nelle condizioni più
sfavorevoli. Per assicurare l’annullamento della risultante delle forze centrifughe, reso
possibile dalla disposizione delle manovelle del quadricilindro di partenza secondo la
regola dello sfasamento uniforme dei cicli, essendosi modificata l’ottava maschetta per
evitare l’interferenza col nuovo stantuffo si è reso necessario intervenire anche sulla
prima, sulla quarta e sulla quinta. Sempre allo scopo di annullare la risultante delle
forze centrifughe sono stati fissati alle tre manovelle libere degli anelli d’acciaio,
ciascuno di massa pari a quella equivalente della biella considerata concentrata nel
perno di manovella. In questo modo il momento risultante delle forze centrifughe
rimase automaticamente nullo, essendo le manovelle disposte simmetricamente rispetto
al piano perpendicolare all’asse dell’albero a gomiti e passante per la sua mezzeria.
Non è invece possibile equilibrare in modo semplice le forze alterne d’inerzia,
avendo a che fare con un motore monocilindrico. Una verifica ha permesso comunque
di accertare che i supporti dell’albero sono in grado di sopportare le forze alterne non
equilibrate.
III.5: Apparato di distribuzione
Nella trasformazione del motore originale da quadricilindrico a 4 tempi in
monocilindrico a 2 tempi, l’apparato della distribuzione è stato adeguato alle nuove
condizioni di funzionamento. Possiamo così sintetizzare le modifiche:
98
• nel prototipo a 2 tempi le quattro valvole sono utilizzate tutte come valvole di
scarico, mentre nel motore originale due valvole sono di scarico e due di
aspirazione. Per questo motivo sono state realizzate due nuove valvole di ex-
aspirazione, geometricamente identiche a quelle del motore originale, ma di
materiale ( acciaio UNI X45 Cr Ni W 1909 ) adatto a sopportare le maggiori
sollecitazioni termiche che la fase di scarico comporta
• la contemporanea apertura delle quattro valvole del prototipo ha indotto a
ridisegnare l’albero a camme di scarico del motore originale, al fine di evitare
l’interferenza tra i punti più prossimi delle valvole di ex-scarico e quelle di ex-
aspirazione. La descrizione del procedimento seguito per trovare il profilo della
nuova camma di scarico ed i calcoli relativi alla verifica dell’interferenza sono
riportati e commentati nelle tesi di Allari [3] e Germano [5]
• nel motore a 2 tempi gli alberi a camme ruotano alla stessa velocità angolare
dell’albero motore, mentre nel motore originale ruotano a velocità dimezzata: è
stata pertanto adottata una nuova puleggia di comando della distribuzione,
dotata di un numero di denti uguale a quello delle pulegge montate sugli alberi a
camme. Il maggiore ingombro della puleggia montata sull’albero motore ha
creato problemi di interferenza con il basamento di conseguenza è stato
necessario spostare assialmente le tre pulegge della distribuzione inserendo
delle prolunghe
• nel prototipo a 2 tempi sono stati eliminati gli alberi di equilibramento a causa
dell’ingombro aggiuntivo dei condotti di lavaggio; la cinghia di trasmissione
presenta pertanto un percorso completamente diverso. Sono stati quindi adottati
3 “galoppini” al fine di regolare in modo continuo non solo la fasatura dei due
alberi a camme rispetto all’albero motore, ma anche la fasatura relativa dei due
alberi a camme.
99
Il diagramma della distribuzione
Il diagramma inizialmente calcolato della distribuzione del prototipo è riportato
in figura III.7:
Figura III.7 Diagramma della distribuzione iniziale
La determinazione di tale diagramma è il risultato del modello di simulazione
realizzato da Camoriano nella sua Tesi di Laurea [2]. Come si evince da tale
diagramma, la fase di scarico ha una durata di 130° e non è simmetrica rispetto al PMI
come invece accade nei 2 tempi “tradizionali” con la luce di scarico controllata dal
pistone. Nel nostro prototipo gli alberi a camme preposti al comando delle valvole di
scarico possono essere sfasati rispetto all’albero motore (variando quindi l’inizio della
fase di scarico) e l’uno rispetto all’altro (variando la durata complessiva della fase di
scarico).
100
L’albero a camme di ex-aspirazione presenta le camme relative al quarto
cilindro del tutto identiche a quelle del motore originale, esse hanno un angolo di
lavoro pari a 120°. Le camme relative agli altri cilindri sono invece state tornite ad un
diametro inferiore a quello del cerchio di base al fine di evitare inutili strisciamenti.
L’albero a camme modificato, in quanto realizzato a partire da un albero a camme
originale, presenta anch’esso un angolo di lavoro di 120°.
Figura III.8 Alberi a camme montati: si osservano i differenti profili e la zona
cilindrica in corrispondenza delle valvole non utilizzate
Dal momento che i calcoli relativi alla possibile interferenza tra le valvole di ex-
aspirazione e di scarico riportati nelle tesi di Allari [3] e Germano [5] sono stati fatti
ipotizzando la contemporanea apertura delle quattro valvole di scarico, è chiaro che la
durata della fase di scarico scende dai 130° ottimali a 120°. Per coprire una durata di
130° sarebbe necessario far aprire prima le due valvole ex-aspirazione (a 100° DPMS)
e 10° dopo le due valvole di scarico (a 110° DPMS) in modo che le prime si chiudano a
220° DPMS e le seconde a 230° DPMS.
101
Figura III.9 Disposizione valvole: si evince il rischio di contatto in caso di apertura
contemporanea
In alternativa si potrebbero far aprire prima le valvole di scarico e poi le valvole
di ex-aspirazione: la scelta va fatta tenendo presente che nel primo caso si hanno
maggiori sezioni di passaggio all’inizio della fase di scarico mentre nel secondo caso si
hanno maggiori sezioni di passaggio a fase di scarico inoltrata. Si è deciso tuttavia di
adottare, almeno inizialmente, una fase di scarico della durata di 120° con inizio a 100°
DPMS e con apertura simultanea delle valvole di ex-aspirazione e scarico. Pertanto il
diagramma della distribuzione definitivo del prototipo è riportato in figura III-10:
102
Figura III.10 Diagramma della distribuzione finale
Scelta del punto del ciclo rispetto al quale fare la fasatura
Per realizzare la fasatura prestabilita, in modo da ottenere una fase di scarico
come quella riportata nel diagramma della distribuzione, occorre posizionare e bloccare
gli alberi a camme e l’albero motore in un certo punto del ciclo, quindi si calza la
cinghia di distribuzione sulle pulegge ed infine si agisce sui galoppini per tendere la
cinghia. La scelta del punto del ciclo rispetto al quale fasare gli alberi a camme è del
tutto arbitraria: inizialmente si è scelto il punto del ciclo in corrispondenza del quale le
quattro valvole iniziano ad aprirsi, cioè 100° dopo il PMS. Tale scelta si rivela tuttavia
poco pratica perché la determinazione dell’incipiente apertura delle valvole è piuttosto
difficile da percepire dal momento che l’arco di lavoro della camma è raccordato al
cerchio di riposo mediante un arco nel quale l’accelerazione è nulla e l’alzata
estremamente piccola.
103
Si è allora deciso di assumere come punto caratteristico del ciclo quello in
corrispondenza del quale le valvole di ex-aspirazione hanno un’alzata prestabilita,
precisamente 0.5 mm. Osservando il diagramma delle alzate dell’albero a camme di ex-
aspirazione si evince che in corrispondenza di tale alzata la camma è in un tratto ad
accelerazione positiva nel quale per piccoli angoli di rotazione dell’albero a camme si
hanno considerevoli spostamenti della valvola. In altre parole, al fine di minimizzare le
imprecisioni, si è scelto un punto del ciclo nel quale la legge delle alzate delle valvole
di ex-aspirazione è sensibile alle piccole rotazioni dell’albero a camme. Consultando le
tabelle relative al calcolo della possibile interferenza tra le valvole di ex-aspirazione e
quelle di scarico si nota che tale punto del ciclo si trova a 5.5° dopo l’inizio
dell’apertura delle valvole di ex-aspirazione, quindi a 105.5° dopo il PMS. In
corrispondenza di tale punto, sempre facendo riferimento alle suddette tabelle, si ricava
che l’alzata delle valvole di scarico è di 0.238 mm. A questo punto si hanno tutti gli
elementi per procedere alla fasatura.
Realizzazione della fasatura e montaggio testa
Innanzitutto sono stati alloggiati gli alberi a camme e montati i relativi supporti
avendo cura di rispettare le posizioni del motore originale e di collocare nella posizione
corretta i condotti dell’olio lubrificante. Quindi si sono montate le pulegge ed i relativi
distanziali, inserendo le quattro spine di riferimento (si ricorda che una spina va posta
tra l’albero a camme ed il distanziale, l’altra tra il distanziale e la puleggia). A
proposito di queste spine, occorre precisare che esse non assolvono la funzione di
trasmettere il moto (funzione che viene assolta dall’attrito esistente tra albero,
distanziale e puleggia generato dalla forza normale conseguente alla coppia di serraggio
del bullone di fissaggio della puleggia ) ma hanno il solo compito di costituire un
riferimento per eventuali smontaggi futuri in modo da rimontare la puleggia nella stessa
posizione relativa all’albero a camme. Si è quindi proceduto a serrare i bulloni di
fissaggio delle pulegge agli alberi a camme secondo la coppia prescritta dal manuale
Lancia, cioè 120 Nm.
104
Per misurare le alzate delle valvole con sufficiente precisione si è utilizzato un
comparatore centesimale; tuttavia non potendo tastare direttamente la pastiglia del
bicchierino a causa della presenza ingombrante dell’albero a camme, è stato necessario
rimuovere la testata dal basamento in modo da posizionare il tastatore del comparatore
direttamente a contatto con il fungo della valvola. Per portare nella posizione corretta
(105.5° DPMS) l’albero a camme di ex-aspirazione l’asse del comparatore è stato reso
parallelo con quello della bancata di valvole di ex-aspirazione, quindi si è portato il
tastatore a contatto con il fungo di una delle due valvole di ex-aspirazione e si è
azzerato il comparatore in corrispondenza della posizione di riposo della valvola. Per
verificare l’esatta posizione dello zero è stato ruotato l’albero a camme per alcuni giri e
si è colta l’occasione per misurare l’alzata effettiva delle valvole di ex-aspirazione, pari
a 8.82 mm (si ricorda che l’alzata teorica era di 8.97 mm).
Quindi si è ruotato l’albero a camme di ex-aspirazione fino a misurare un’alzata
di 0.5 mm indicata dal comparatore; si è poi bloccato l’albero a camme in tale
posizione, semplicemente inserendo un foglietto di carta sotto ad uno dei supporti
dell’albero a camme e serrando i due bulloni che agiscono su tale supporto.
La stessa procedura è stata seguita per posizionare l’albero a camme di scarico:
l’asse del comparatore è stato reso parallelo a quello della bancata di valvole di scarico,
quindi è stato azzerato in corrispondenza della posizione di riposo di una delle due
valvole di scarico. Si è misurata un’alzata reale delle valvole pari a 4.52 mm (l’alzata
teorica era di 4.6 mm) e si è bloccato l’albero a camme nella posizione che fornisce
un’alzata di 0.238 mm indicata dal comparatore.
E’ stata inoltre realizzata una lamiera, da fissare ai bulloni di sostegno dei due
galoppini posti tra le pulegge calettate sugli alberi a camme, riportante il riferimento
fisso che in corrispondenza del punto caratteristico (105.5° DPMS) deve risultare
allineato ai riferimenti mobili tracciati sulle pulegge dei due alberi a camme. In questo
modo è possibile ritrovare la posizione corretta dei due alberi a camme senza dover
smontare la testata dal basamento per posizionare il comparatore.
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Il passo seguente è stato il montaggio del distanziale e della puleggia di
comando della distribuzione sull’albero motore, avendo cura di montare la linguetta tra
albero motore e distanziale (tale linguetta assolve la funzione di trasmettere il moto) e
la spina di riferimento tra distanziale e puleggia (come detto in precedenza la spina non
ha invece il compito di trasmettere il moto). Si è quindi serrato a 180 Nm il bullone di
fissaggio della puleggia di comando della distribuzione montata sull’albero motore.
Si è poi affrontato il problema di posizionare l’albero motore in corrispondenza
del punto caratteristico (105.5° DPMS). Con l’ausilio del comparatore centesimale,
questa volta ponendo il tastatore a contatto con il cielo dello stantuffo, si è ricercato il
PMS e si è montato un goniometro metallico sulla puleggia di comando della
distribuzione avendo grande cura nel posizionare lo zero del goniometro in
corrispondenza del PMS.
La lettura degli angoli sul goniometro va fatta rispetto ad un riferimento fisso
realizzato in lamiera da montare alla sinistra della puleggia della distribuzione. Si è
quindi fatto ruotare l’albero motore in senso orario (guardando il motore dal lato della
distribuzione) fino a raggiungere i 105.5° letti sul goniometro; infine si è bloccato
l’albero motore in questa posizione con l’ausilio di pinze strette sul volano.
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Figura III.11 Vista del lato distribuzione
Tra le nuove guarnizioni della testata che sono state fatte realizzare
(differiscono dall’originale perché presentano un solo foro in corrispondenza del quarto
cilindro e di diametro maggiorato per il nuovo alesaggio ) è stata selezionata quella con
il foro per il cilindro più centrato rispetto alle due spine di riferimento.
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Figura III.12 Guarnizione testata
Quindi è stata riposizionata la testata sul basamento, ponendo attenzione alle
due spine di centraggio. Sono stati quindi preparati i bulloni di fissaggio della testata e
si è proceduto al serraggio seguendo le indicazioni del manuale Lancia del motore
originale.
Il serraggio va fatto in tre passi:
1. si accostano tutti i bulloni, con una certa coppia seguendo la sequenza indicata
nel manuale
2. si serrano i bulloni ad un nuovo valore di coppia seguendo la solita sequenza
3. si effettua un’ulteriore rotazione di 180° per ogni bullone da compiere in due
passi da 90° sempre rispettando la sequenza
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Cinghia di distribuzione
La cinghia dentata montata sul prototipo è del tipo PowerGrip semplice e
rispetto a quella montata sul motore originale è più lunga e più larga. Si può infatti
asserire che la coppia assorbita dagli alberi a camme del prototipo a 2 tempi è prossima
a quella assorbita dagli alberi del motore originale e varia con un periodo diverso. Ci
teniamo quindi un certo margine di sicurezza con una cinghia sovradimensionata.
Allentati i bulloni di fissaggio dei tre galoppini è stata calzata la cinghia sulle tre
pulegge della distribuzione e si è proceduto a tendere la cinghia. Per eseguire questa
operazione con una certa comodità è stata costruita un’apposita chiave che permette di
ruotare i galoppini attorno al foro eccentrico.
Carter di protezione della cinghia di distribuzione
Per motivi di sicurezza tutte le parti mobili del motore devono essere protette
onde evitare che durante il funzionamento al banco, in caso di rottura di un organo
rotante, vengano colpite le persone che stazionano nelle vicinanze.
E’ stato quindi realizzato un nuovo carter per coprire la cinghia, i galoppini e le
pulegge della distribuzione non solo per motivi di sicurezza ma anche per proteggere la
cinghia dentata dalla sporcizia esterna. Questo aspetto non è di secondaria importanza
in quanto il danneggiamento della cinghia può provocarne la rottura con conseguenze
catastrofiche per il motore. Il carter è costituito da lamiera dello spessore di 1.5 mm e
viene fissato al motore con 4 bulloni ed altrettanti distanziali, sfruttando dei fori filettati
preesistenti nel basamento e nella testata. Sono poi state costruite 4 staffette per evitare
eccessive vibrazioni della lamiera. Sempre allo scopo di irrigidire il carter sono state
saldate al piano del carter due rinforzi disposti a T. Il carter e le staffette sono poi state
verniciate a forno con una vernice antirombo con proprietà fonoassorbenti.
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Figura III.13 Carter di protezione distribuzione
III.6: Apparato di accensione
Il dispositivo di accensione montato sul prototipo è di tipo elettronico ed utilizza
componenti standard automobilistici assieme a centraline realizzate appositamente per
questa applicazione.
Si è scelta questa soluzione per poter variare con ampio margine il valore di
anticipo. Tuttavia proprio questi strumenti realizzati ad hoc si sono rivelati fonte di
problemi di messa a punto.
110
Il sistema di accensione può essere così schematizzato:
Figura III.14 Schema del dispositivo di accensione
Sul lato volano del motore è presente una staffa che permette di sostenere un
pick-up magnetico, il cui elemento sensibile viene a trovarsi affacciato ad una
protuberanza imbullonata al volano stesso, nel momento in cui l’albero motore si trova
111° prima del PMS. Quando la protuberanza passa in corrispondenza dell’elemento
sensibile viene emesso dal pick-up un segnale che giunge alla centralina di comando,
alla quale perviene anche il segnale dell’encoder. Quest’ultimo è uno strumento che
fornisce un segnale caratterizzato da trecentosessanta picchi al giro, cosicché la
distanza tra due picchi successivi corrisponde alla rotazione di 1° del suo albero. Esso è
stato collegato tramite un giunto elastico all’albero del freno, il quale ruota in ogni
istante alla stessa velocità dell’albero motore, essendo tra i due interposto un doppio
giunto cardanico.
111
Nelle precedenti fasi dello studio del prototipo si era fissato come posizione del
pick-up 87° prima del PMS. Nella realtà è impossibile realizzare questa posizione con
gli attacchi disponibili sulla periferia del volano. Pertanto si è scelto un nuovo valore di
111° appunto che approssima più da vicino il valore di 87°.
Di conseguenza sulla centralina va impostato il massimo valore per la posizione
del pick-up prima del PMS cioè 99° però il pick-up si trova ancora prima di una
dozzina di gradi. I conti relativi all’anticipo sono quindi leggermente complicati dalla
necessità di tenere conto mentalmente di questi gradi in più. Per ovviare a questo
problema si potrebbe realizzare un nuovo dentino opportunamente sagomato da fissare
al volano che consentirebbe di rientrare nel limite dei 99°.
Sulla centralina è impostabile manualmente il ritardo, da 1° a 99°, con cui si
vuole far scoccare la scintilla rispetto al momento in cui arriva il segnale del pick-up.
Così ad ogni ciclo la centralina, ricevuto tale segnale, prima di inviare alla centralina
Bosch il segnale di comando, attende di aver contato tanti impulsi provenienti
dall’encoder quanti sono i gradi di ritardo impostati. Il segnale in uscita dalla centralina
Bosch interrompe l’alimentazione del circuito primario della bobina, determinando
l’eccitazione del circuito secondario ed il conseguente scoccare della scintilla.
In realtà la scintilla scocca sempre in ritardo rispetto al momento voluto a causa
di ineliminabili ritardi nella trasmissione dei segnali dal pick-up alla centralina e da
questa, attraverso la centralina Bosch, alla bobina. Questo costringe dunque ad
anticipare il segnale di comando per far sì che l’accensione della miscela avvenga
quando effettivamente desiderato.
Nel corso dell’evoluzione del prototipo sono state effettuate diverse modifiche
al sistema di accensione: dalla nuova posizione del pick-up sino ad un intervento di
riparazione delle centraline ad opera dei tecnici della Mect che hanno anche variato
leggermente i circuiti elettronici contenuti nelle apparecchiature. Pertanto sono variate
le condizioni del sistema. Tuttavia le considerazioni ed i calcoli effettuati nelle fasi
112
precedenti della ricerca per determinare l’entità di questi ritardi possono essere ritenuti
ancora validi.
Infatti allo scopo di valutare tali ritardi sono stati fatti compiere al motore alcuni
giri, trascinandolo col motorino di avviamento, visualizzando su di un oscilloscopio il
segnale inviato dalla centralina alla centralina Bosch e quello mandato dalla bobina alla
candela.
Dagli studi effettuati nella fase precedente al presente lavoro si può concludere
che il ritardo con cui scocca la scintilla rispetto al momento desiderato è somma di due
termini:
• Il primo corrisponde all’intervallo di tempo che intercorre tra il momento in cui
il segnale del pick-up assume il valore intermedio tra quelli dei picchi e quello
in cui viene raggiunto il picco negativo. Tale ritardo è costante in termini
angolari, perciò variabile in termini temporali al variare della velocità del
motore; esso risulta valere circa 1,3°.
• Decisamente più rilevante è il secondo termine, corrispondente al periodo
compreso tra il fronte di salita e quello di discesa del segnale della centralina,
durante il quale il segnale rimane alto. Questo ritardo è costante in termini
temporali, in quanto dipendente dalla sola centralina, quindi in termini angolari
varia linearmente con la velocità del motore.
L’andamento del ritardo complessivo in termini angolari, diagrammato [6] in
figura III.15, risulta perciò crescente all’aumentare della velocità angolare.
113
Figura III.15 Andamento del ritardo della scintilla rispetto al momento impostato
Posizionamento della candela
L’obbligo di alloggiare l’iniettore nel foro tra le quattro valvole ha implicato la
necessità di sistemare la candela nel foro laterale, originariamente realizzato per
accogliere l’iniettore.
A causa delle sue eccessive dimensioni è stata scartata la possibilità di utilizzare
la candela originale, dal momento che la parte terminale del foro non poteva essere
sufficientemente allargata, per non asportare materiale dalla superficie piana a contatto
con la guarnizione.
Al suo posto si è scelto di adottare la candela Champion G63. Per permetterne
l’inserimento nella sede si è comunque dovuto provvedere a tornire l’estremità filettata
della candela ed ad alesare la parte terminale del foro. Si è inoltre realizzata una
114
boccola in rame, filettata sia internamente sia esternamente in maniera da poterla
avvitare nella testata dopo avervi avvitato la candela. La tenuta è assicurata da un
anello in rame interposto tra la boccola e la candela su cui quest’ultima fa battuta.
La posizione defilata della candela fa sì che il percorso che il fronte di fiamma
deve compiere sia piuttosto lungo, aumentando dunque il rischio di detonazione
durante il funzionamento. Per ridurre tale rischio si potrebbe ricorrere ad una seconda
candela, sistemata in posizione opposta alla prima, così da dimezzare la distanza che
deve essere coperta dal fronte di fiamma perché venga raggiunta tutta la massa di gas.
E’ stata valutata una possibile posizione per una seconda candela: l’attuabilità di tale
soluzione dipende dalla possibilità di eseguire con la precisione richiesta il foro
inclinato e la superficie piana su cui il distanziale, nel quale andrebbe avvitata la
candela, dovrebbe fare battuta. Entrambe le lavorazioni sono difficili per il forte rischio
di raggiungere la guarnizione interposta tra testata e basamento, data l’esiguità dello
spessore a cui ci si dovrebbe ridurre. Sono state testate anche candele con elettrodi
particolarmente lunghi originariamente pensate per motori a carica stratificata.
Figura III.16 Sezione della testa con due candele
115
III.7: Apparati di alimentazione e scarico
L’apparato di aspirazione adottato può essere così schematizzato:
Figura III.17 Schema dell’apparato di alimentazione
L’apparato inizia con un condotto circolare che porta al gruppo farfallato.
Questo è impiegato per la regolazione dell’aria di lavaggio per laminazione
all’aspirazione del compressore. Si utilizza un componente standard del gruppo Fiat.
In prossimità del gruppo farfallato originale è presente un foro che ospita
l’arrivo del condotto di blow-by. Infatti nel motore originale questo condotto
permetteva di recuperare la miscela sfuggita dal cilindro attraverso le fasce elastiche
prelevando il contenuto di gas nel carter e riportandolo all’ambiente di aspirazione
dopo un passaggio in un separatore centrifugo per recuperare le particelle d’olio in
sospensione. Nel prototipo si è deciso di far confluire questo condotto direttamente
all’aspiratore dei gas di scarico per non falsare le misure delle emissioni inquinanti. Di
conseguenza il foro in prossimità del corpo farfallato è stato tappato.
Dopo la valvola a farfalla è posizionato il compressore Roots, posto in rotazione
da un motore elettrico trifa se comandato da un convertitore di frequenza. Grazie a
116
questa soluzione si può agevolmente variare la velocità di rotazione del compressore in
maniera del tutto indipendente da quella del motore, l’inverter consente infatti una
regolazione continua della velocità del motore elettrico e si può anche superare la
velocità nominale. Si è scelto di non collegare direttamente il compressore all’albero a
gomiti anche per ridurre la potenza assorbita da parte degli accessori.
Figura III.18 Compressore Roots e relativo motore, gruppo di by-pass e tubazioni
All’uscita del compressore l’aria attraversa due collettori di sezione squadrata
sino a giungere in un secondo gruppo farfallato dotato di valvola di by-pass da
impiegarsi per la regolazione mediante riflusso. Questo secondo gruppo di regolazione
non viene utilizzato in questa fase di sviluppo del prototipo pertanto è bloccato nella
posizione di completa apertura e si possono ritenere trascurabili gli effetti della sua
presenza. I collettori in lamiera presentano una forma così strana per permettere il
collegamento di luci di dimensioni e forme estremamente diverse.
117
Figura III.19 Gruppo farfallato, compressore Roots, gruppo di by-pass e tubazioni
Successivamente il condotto presenta una biforcazione necessaria per
raggiungere entrambe le luci di lavaggio poste ai lati del motore. La parte terminale di
questi condotti è realizzata con dei tubi in gomma telata: questi assicurano una certa
flessibilità del sistema ed hanno permesso la creazione di forme e curvature complesse
senza ricorrere a particolari rigidi più difficili da progettare e realizzare.
Questa serie di condotti posti tra motore e compressore, unitamente al gruppo di
by-pass svolgono anche l’importante funzione di capacità intermedia. Questa permette
di attenuare le variazioni che si avrebbero nella pressione dell’aria di lavaggio a causa
delle diverse frequenze tra Roots e motore e dalla mancanza di accordatura dei due
cicli. Germano [5] ha calcolato che il volume minimo necessario è di 4 dm3, l’insieme
dei condotti misura circa 4,48 dm3 quindi rispetta ampiamente questa condizione.
118
Compressore Roots
Il compressore utilizzato nel prototipo è un volumetrico Roots a due lobi
impiegato su vetture sovralimentate Fiat e Lancia. Una coppia di ingranaggi garantisce
la rotazione sincrona dei due rotori che si trovano molto vicini uno all’altro (0,10-0,15
mm) per garantire una buona efficienza alla macchina. La lubrificazione è garantita da
una piccola quantità di olio a perdere contenuta in un serbatoio calettato direttamente
sul corpo del compressore. L’involucro esterno è ampiamente alettato per consentire un
efficiente smaltimento del calore generato e per irrigidire la struttura viste le
strettissime tolleranze costruttive impiegate.
Il collegamento tra albero del compressore ed albero del motore elettrico è
realizzato con rapporto di trasmissione unitario ed è garantito da un giunto
semielastico.
Figura III.20 Trasparenza del compressore volumetrico Roots
119
Con riferimento alla figura III.20 si può osservare:
1. Rotori a lobi
2. Ingranaggi elicoidali di comando degli alberi dei rotori
3. Puleggia di presa del moto dal motore
4. Alettatura per il raffreddamento
Il sistema di regolazione per laminazione all’aspirazione che potrebbe apparire
un azzardo è in realtà la soluzione comunemente impiegata nelle vetture regolarmente
in produzione dotate di questo compressore. Di conseguenza dovrebbero essere minimi
i trafilamenti di lubrificante dovuti alla depressione nell’ambiente di aspirazione.
Numero lobi per rotore 2
Cilindrata di una camera 282,5 cm3
Cilindrata totale 1130 cm3
Velocità nominale del motore elettrico 1420 giri/min
Rapporto di compressione 1,3
Coefficiente di lavaggio 1,4
Figura III.21 Dati di targa del compressore roots
120
Con l’adozione di questo compressore si può garantire al motore un coefficiente
di lavaggio superiore all’unità: di circa 1,4. Si utilizza un rapporto di compressione di
1,3.
Nelle figure III.22-23-24 sono riportate le curve caratteristiche del compressore
Roots relative alla potenza assorbita, al rapporto di compressione, al regime di
rotazione, al rendimento volumetrico ed al coefficiente di riempimento.
Figura III.22 Caratteristica della potenza assorbita in funzione del rapporto di
compressione per diverse velocità di rotazione
121
Figura III.23 Caratteristica del rendimento volumetrico in funzione del rapporto di compressione al variare del regime di rotazione
Figura III.24 Caratteristica del coefficiente di riempimento in funzione del regime di rotazione al variare del rapporto di compressione
122
Apparato di scarico
I condotti di scarico sono relativamente semplici in quanto non sfruttano le onde
di pressione dei gas combusti come viene invece usualmente fatto sui motori a due
tempi tradizionali. Il prototipo ha 4 valvole di scarico in testa: pertanto i condotti di
scarico sono inizialmente due e partono dal lato ex-aspirazione e dal lato ex-scarico in
corrispondenza del quarto cilindro. Il primo tratto all’uscita dalla testata è costituito da
due tronchetti in acciaio inox, con le estremità flangiate, che realizzano una curva di
90°. In questo tratto è alloggiato il sensore di temperatura dei gas di scarico. Si è deciso
di orientare le due curve verso il lato distribuzione perché tale disposizione dei condotti
non ostruisce l’accesso al foro centrale nel quale è stato alloggiato l’iniettore ed a
quello laterale nel quale è stata montata la candela. Si può così intervenire sull’iniettore
e sulla candela senza dover rimuovere altri componenti dal motore.
Alle estremità flangiate dei due tronchetti vanno imbullonate altre due flange
alle quali sono saldati i condotti di scarico (anch’essi in acciaio inox) che sono disposti
parallelamente all’asse longitudinale del motore. Quindi i due condotti convergono in
un’unica tubazione per poi raggiungere un tratto flessibile che ha lo scopo di consentire
vibrazioni del sistema senza rotture.
All’uscita di questo tratto è posto l’attacco per il prelievo dei gas di scarico da
analizzare. Si è cercato un compromesso tra la distanza dalle valvole di scarico per
avere gas relativamente freddi e la lunghezza del condotto che precede il punto di
acquisizione per il rischio di infiltrazioni d’aria che falserebbero la misura.
Troviamo quindi un silenziatore di derivazione automobilistica e poi i gas
raggiungono la bocchetta dell’aspiratore dei gas di scarico.
123
III.8: Circuito di raffreddamento
Il circuito di raffreddamento del prototipo a 2 tempi è stato radicalmente
modificato, rispetto a quello del motore originale, in vista del funzionamento al banco.
• il motore originale era dotato di uno scambiatore aria/acqua (il radiatore) nel
quale il liquido di raffreddamento veniva raffreddato per effetto della
convezione dell’aria incontrata dalla vettura durante il suo avanzamento. Il
radiatore prevedeva inoltre una ventola azionata da un termostato nel caso in cui
la convezione naturale fosse risultata insufficiente a raffreddare il liquido.
Poiché il prototipo si troverà a funzionare al banco in un ambiente chiuso, è
stato sostituito il radiatore con uno scambiatore a superficie che utilizza l’acqua
corrente per sottrarre calore al liquido di raffreddamento del motore
• la pompa dell’acqua del motore originale, azionata dall’albero motore, è stata
sostituita con una pompa di circolazione esterna, azionata da un motore
elettrico. Nonostante la potenza assorbita dalla pompa non sia elevata, si è
comunque preferito azionare separatamente tale accessorio perché la potenza
sottratta dalla pompa dell’olio e dagli alberi a camme all’albero motore è già
elevata
• è stato rimosso il circuito secondario e lo scambiatore acqua/acqua che nel
motore originale erano adibiti al riscaldamento dell’abitacolo della vettura
• nel motore originale è presente un termostato che “legge” la temperatura del
liquido di raffreddamento all’uscita del radiatore e controlla l’azionamento della
ventola. Nel prototipo si è invece deciso di utilizzare una valvola termostatica
che regola la portata dell’acqua corrente diretta allo scambiatore in funzione
della temperatura del liquido di raffreddamento all’uscita del motore.
124
Schema del circuito di raffreddamento
Il circuito è costituito da un anello chiuso nel quale la pompa mantiene in
circolazione il liquido di raffreddamento e da un circuito aperto nel quale fluisce
l’acqua corrente. I due fluidi si scambiano calore in corrispondenza dello scambiatore.
Figura III.25 Schema del circuito di raffreddamento
Il motore viene attraversato dal liquido di raffreddamento dal lato distribuzione
al lato volano: i raccordi per l’ingresso e l’uscita del fluido sono stati modificati rispetto
al motore originale ricavando dal pieno in alluminio i raccordi. Il montaggio di questi
ultimi deve essere effettuato con la massima precisione per evitare perdite di acqua e di
125
olio. Nel circuito si può osservare l’elemento sensibile posto all’uscita del motore: esso
“legge” la temperatura del liquido di raffreddamento ed è collegato mediante un tubo
capillare alla valvola termostatica posta all’ingresso dello scambiatore, sul circuito
aperto.
Figura III.26 Raccordo di uscita del liquido dalla testa. Si nota anche il sensore di
temperatura
Si nota infine il serbatoio del liquido refrigerante, che è posto più in alto rispetto
al circuito e collegato con una tubazione al raccordo di uscita del liquido refrigerante.
Inoltre per consentire un rapido svuotamento dell’impianto chiuso lato motore nel
punto più basso del circuito è stato inserito un rubinetto di generosa sezione. Questo
accorgimento si rende necessario per i problemi di tenuta riscontrati nella zona delle
luci di lavaggio. Dopo ogni test l’impianto viene rapidamente svuotato impedendo
l’ingresso di acqua nel cilindro.
126
Figura III.27 Dettaglio del rubinetto per lo svuotamento rapido dell’impianto
Pompa di circolazione
Il dimensionamento della pompa di circolazione va fatto in modo da garantire la
corretta portata di liquido refrigerante. La pompa che si impiega per il prototipo a 2
tempi è una pompa monoblocco con girante periferica ed è azionata da un motore
elettrico. Pertanto la velocità di rotazione della pompa, e conseguentemente la portata
di liquido refrigerante, risultano costanti al variare del numero di giri del motore.
Nel caso del motore originale, invece, la pompa di circolazione del liquido
refrigerante era azionata mediante una cinghia dall’albero motore: quindi la velocità di
rotazione della pompa, e conseguentemente la sua portata, erano proporzionali alla
127
velocità di rotazione del motore. In altre parole nel motore originale la potenza termica
sottratta al motore attraverso il liquido refrigerante era proporzionale alla velocità di
rotazione del motore; nel prototipo a 2 tempi la potenza termica sottratta al motore è
costante al variare del regime di funzionamento.
Di conseguenza la potenza termica sottratta può risultare troppo grande in certe
condizioni, ad esempio ai carichi ridotti. Per scongiurare tale pericolo è indispensabile
regolare la portata dell’acqua refrigerante attraverso una valvola comandata dal
termostato che rileva la temperatura dei liquido refrigerante all’uscita del motore.
Figura III.28 Pompa di circolazione e tubazioni
128
Scambiatore di calore
Per scegliere lo scambia tore di calore occorre valutare la potenza termica
generata dal motore durante il suo funzionamento. Nel motore originale l’impianto di
raffreddamento era dimensionato per asportare la potenza termica generata da 4
cilindri, nel caso del prototipo, invece, si è ridotto ad uno il numero dei cilindri attivi.
Per quanto riguarda il numero di cicli per unità di tempo, è chiaro che, allo stesso
numero di giri, il prototipo monocilindrico a 2 tempi presenta un numero di cicli per
unità di tempo doppio rispetto ad un 4 tempi. Ricordando tuttavia che il prototipo ha un
regime massimo di funzionamento che è la metà di quello del motore originale, si
conclude che il massimo numero di cicli per unità di tempo del prototipo è uguale a
quello di un cilindro del motore originale.
In ultima analisi la potenza termica generata dal prototipo è ridotta rispetto al
motore originale perché il numero di cilindri attivi è passato da 4 ad 1. Rispetto al
motore originale la testata risulta invece termicamente più sollecitata in corrispondenza
dell’unico cilindro attivo.
Figura III.29 Scambiatore di calore
129
Valvola termostatica
Per adeguare la potenza termica sottratta alle differenti condizioni di
funzionamento del prototipo si utilizza una valvola termostatica. Il corpo della valvola
va montato sulla tubazione che porta l’acqua corrente (proveniente dalla rete idrica)
allo scambiatore di calore.
Figura III.30 Sezione della valvola termostatica
130
L’elemento sensibile va invece montato sulla tubazione del liquido refrigerante,
all’uscita dal motore.
Il funzionamento è il seguente: quando il liquido refrigerante raggiunge una
certa temperatura (impostabile manualmente ruotando il pomello della valvola
termostatica), l’elemento sensibile se ne avvede e determina l’apertura della valvola,
consentendo l’afflusso di acqua fredda nello scambiatore. Quando la temperatura del
liquido refrigerante torna ad essere inferiore al valore impostato, l’elemento sensibile
chiude la valvola e quindi l’afflusso di acqua fredda nello scambiatore cessa.
La valvola impiegata, prodotta dalla Danfoss, è costituita da un corpo e
dall’elemento sensibile (12), collegati tra loro da un tubo capillare. L’elemento
sensibile va inserito in una guaina metallica (17) e tutta la sua superficie esterna deve
essere in contatto con il fluido del quale deve rilevare la temperatura, al fine di
garantire una regolazione veloce. L’elemento sensibile ed il tubo capillare contengono
una sostanza che per effetto dell’aumento della temperatura aumenta la sua pressione
andando ad esercitare una forza sull’otturatore (27); quando tale forza è maggiore della
forza (regolabile) esercitata dalla molla di contrasto (37) si ha l’apertura della valvola.
La regolazione della forza esercitata dalla molla di contrasto avviene ruotando il
pomello (1), variando quindi il precarico della molla.
131
CAPITOLO IV
Applicazione dell’iniezione diretta del combustibile Allo stato attuale della ricerca l’adozione dell’iniezione diretta di benzina pare
essere la soluzione più agevole per abbattere le emissioni di idrocarburi incombusti HC
allo scarico dei motori a 2 tempi . Questi sono in generale causati da:
• imperfetta combustione (soprattutto con dosature ricche)
• spegnimento della fiamma in prossimità delle pareti fredde
• spegnimento della fiamma in alcune zone della camera di combustione dove la
miscela è eccessivamente magra
• adsorbimento della benzina da parte dell’olio lubrificante rimasto sulle pareti
del cilindro durante la fase di compressione e successivo deassorbimento
durante la fase di espansione
• benzina che rimane intrappolata negli interstizi presenti nella camera di
combustione
• cortocircuito di carica fresca allo scarico durante il lavaggio
Quest’ultima causa è tipica del motore a 2 tempi “tradizionale” ed incide
nettamente più di tutte le altre sul livello complessivo di HC allo scarico: per questo
motivo il motore a 2 tempi è fortemente penalizzato rispetto al 4 tempi. Nel motore a 2
tempi “tradizionale” la fase di lavaggio avviene in concomitanza con quella di scarico
ed il lavaggio si effettua con una miscela di aria-benzina: per quanto si curi l’aspetto
fluidodinamico delle correnti di lavaggio all’interno del cilindro ci sarà sempre una
parte della portata di lavaggio che prende la via dello scarico senza aver partecipato alla
combustione.
132
La presenza di HC tra i gas di scarico è deleteria per diversi motivi:
• inquinamento atmosferico
• danneggiamento dell’eventuale apparato di post-trattamento dei gas di scarico
• accrescimento del consumo specifico
L’adozione dell’iniezione diretta rende i livelli di HC allo scarico di un motore a
2 tempi del tutto simili ad un’analoga unità a 4 tempi, infatti in linea teorica si evita
completamente la fuoriuscita di benzina allo scarico a patto di iniziare l’iniezione solo
dopo la completa chiusura della luce (o delle valvole) di scarico.
In realtà la cosa non è così agevole nel motore a 2 tempi perché il tempo che
intercorre tra la chiusura della luce di scarico e lo scoccare della scintilla può non
risultare sufficiente a consentire una completa evaporazione della benzina e
un’accettabile omogeneizzazione della miscela. Se si verifica tale circostanza, cioè se il
tempo è insufficiente, è necessario iniziare ad iniettare quando la luce di scarico è
ancora aperta.
Nel nostro prototipo si è adottato un sistema di iniezione in controcorrente
rispetto al flusso di lavaggio, questo può eventualmente consentire di iniziare
l’iniezione quando le valvole di scarico non sono ancora chiuse.
Per ovviare al problema del ridotto tempo a disposizione della benzina iniettata
per evaporare e miscelarsi, ci si può ancora indirizzare per il 2 tempi verso sistemi di
iniezione pneumatica, cioè verso un tipo di iniezione nella quale si iniettano aria e
benzina con l’aria in pressione che ha il compito di favorire la creazione di uno spray
dotato di buone caratteristiche.
In questo capitolo viene descritto il sistema di iniezione diretta adottato sul
prototipo analizzando componenti meccanici ed elettronici, logica di funzionamento
delle centraline e quantità di benzina iniettate.
133
IV.1: Schema dell’impianto
Il sistema di iniezione diretta della benzina può essere così schematizzato:
Figura IV.1 Schema dell’impianto di iniezione della benzina
Vediamo ora i vari componenti della linea benzina dal serbatoio sino
all’iniettore, inoltre analizziamo le centraline che comandano l’afflusso di benzina nei
vari tratti dell’impianto.
134
IV.2: Serbatoio, pompa di bassa pressione, filtro
La benzina è contenuta in un piccolo serbatoio in acciaio inox posto a lato del
prototipo, una prima pompa, di bassa pressione alimentata a 12 V aspira la benzina e la
invia nel filtro carburante.
La pompa è un’unità per applicazioni automobilistiche, fornisce una minima
prevalenza. E’ raffreddata direttamente dalla benzina che vi circola. Si può far rifluire
parte della portata direttamente nel serbatoio, ma questa opzione viene usata solo nella
fase di avvio della pompa per evacuare tutta l’aria presente nelle tubazioni.
Figura IV.2 Pannello metallico con pompa di bassa pressione e filtro
135
Figura IV.3 Retro del pannello metallico: si vedono le valvole di sfiato. Sulla sinistra
il serbatoio
Questa parte dell’impianto è alloggiata su di un pannello metallico posto nella
zona retrostante il motore. Da qui la benzina viene portata al pulpito di comando
attraverso lunghi tubi di gomma telata. Sul pulpito di comando è alloggiato il
degasatore, da qui la benzina passa in un rubinetto che può assumere due posizioni:
• prova consumo
• alimentazione del motore senza prova consumo
Vedremo nel dettaglio il funzionamento nelle due posizioni nel capitolo V.
Attraverso il tubo di ritorno la benzina arriva nuovamente al quadro posto nella zona
retrostante il motore. Qui è presente un primo sfiato per l’aria seguito dopo poco da un
136
secondo: questa complicazione si rende necessaria per scaricare la maggior quantità
possibile di aria dal sistema. Si devono quindi andare a collegare con l’atmosfera
diversi punti in cui sperimentalmente si è visto che l’aria tende ad accumularsi.
IV.3: Pompa ad alta pressione
La benzina viene aspirata dalla pompa ad alta pressione posta in rotazione da un
motore elettrico in corrente alternata trifase a 380 V e qui ha inizio il circuito di alta
pressione.
Figura IV.4 Pompa di alta pressione e relativo motore in fase di installazione (sono
assenti il coperchio di protezione e le connessioni benzina e corrente)
La pompa è del tipo con ingresso del fluido radiale e mandata assiale. In uscita
dalla pompa la pressione è decisamente elevata: si opera con valori dell’ordine dei 70
bar il che obbliga ad avere tubazioni di resistenza adeguata, tipicamente tubi con
rivestimento in calza metallica e raccorderia in acciaio.
137
Figura IV.5 Caratteristiche della pompa di alta pressione
IV.4: Regolatore di pressione Siemens
Sempre sul quadro metallico sono alloggiati i tre fondamentali componenti della
parte ad alta pressione dell’impianto:
• il sensore di pressione
• la valvola di regolazione della pressione
• il manometro per la misura della pressione
La benzina deve essere mantenuta ad una pressione il più possib ile prossima al
valore desiderato: per ottenere questo un’elettrovalvola comandata da un’apposita
centralina si apre e si chiude scaricando o non scaricando parte della portata di benzina.
Questa valvola è un componente molto delicato in quando dal suo corretto
funzionamento dipende l’integrità di tutto il sistema, l’estrema aggressività della
Cilindrata unitaria 0,360 cm3/giro
Rendimento volumetrico 0,95 a 69 bar
Velocità massima Continua: 5000 giri/min
Picco: 6000 giri/min
Pressione massima Continua: 300 bar
Picco: 350 bar
Massima temperatura di esercizio 120 °C
Filtraggio < 5 µm
Pressione di alimentazione Press. Positiva, < 1,4 bar
Potenza assorbita 175 W a 2500 giri/min
Peso 2,25 kg
138
benzina senza piombo e la presenza di lacche e depositi può facilmente portare al
bloccaggio di questa unità.
La centralina Siemens di controllo della pressione riceve in ingresso il valore
misurato dal sensore di pressione, lo confronta con il valore impostabile sul pannello
tramite un potenziometro e comanda l’apertura e la chiusura dell’elettrovalvola di
conseguenza. Sul potenziometro non sono indicati direttamente dei valori di pressione
ma dei semplici numeri. Di conseguenza si deve leggere la pressione su un apposito
manometro e regolare manualmente.
Figura IV.6 Manometro in alto a sinistra, sensore di pressione ed elettrovalvola a
destra
139
Questo manometro è molto delicato; presenta un fondo scala di ben 100 bar
tuttavia la fase di avviamento della pompa è critica per la sua integrità. E’ infatti
fondamentale regolare sempre a zero il potenziometro della centralina Siemens in modo
che la valvola resti aperta scaricando, già all’avviamento della pompa, la benzina. Se
così non fosse, infatti, la pressione avrebbe un picco elevatissimo nella prima frazione
di secondo dopo l’avviamento della pompa, cioè finché avviene l’apertura della
valvola. Questo picco è letale per il manometro che prende un violento colpo
danneggiandosi seriamente.
Il valore di pressione oscilla attorno al valore che impostiamo, questo è dovuto
all’intervento discontinuo della valvola che è inoltre ostacolata nel suo buon
funzionamento anche dall’apertura dell’iniettore che fa crollare il valore di pressione
nell’impianto. Durante le prove fatte sull’iniettore si è stabilito che il valore di 70 bar
rappresenta un buon compromesso: salire ancora non migliora infatti significativamente
né la qualità del getto né la quantità iniettata. Si regola quindi verso i 70 bar il sistema
che oscillerà poi tra i 60 e gli 80. L’entità di questa oscillazione è influenzata
pesantemente dalla presenza di aria nell’impianto, è quindi fondamentale eliminare
tutta l’aria nelle tubazioni.
IV.5: Raffreddamento della benzina
La parte di benzina compressa che non partecipa al processo di iniezione viene
fatta passare in uno scambiatore a superficie benzina-acqua allo scopo di abbassarne la
temperatura e soprattutto mantenerla costante. La quantità iniettata è infatti fortemente
influenzata dalla temperatura ovvero dalla densità della benzina.
La benzina durante il processo di compressione tende a scaldarsi in maniera
significativa e siccome viene iniettata una minima quantità rispetto alla portata
garantita dalla pompa buona parte della benzina viene scaricata. Nella maggior parte
delle applicazioni automobilistiche si scarica la portata direttamente nel serbatoio della
benzina. Siccome questo è di grande capacità rispetto alla quantità ricircolata, la
temperatura media alla quale si porta l’insieme è sufficientemente bassa. In più negli
140
impianti di iniezione indiretta la pressione della benzina è molto più bassa dei 70 bar
del presente prototipo. Inoltre in questo caso la benzina non viene scaricata nel
serbatoio ma viene riportata semplicemente all’aspirazione della pompa ad alta
pressione: ecco dunque l’assoluta necessità dello scambiatore.
L’acqua per il raffreddamento viene prelevata dalla rete idrica ed una volta
effettuata la sua funzione viene scaricata. La regolazione della portata di acqua si
effettua manualmente agendo su un rubinetto. Per massimizzare il raffreddamento i due
fluidi sono in controcorrente.
IV.6: Iniettore
Affacciato direttamente in camera di combustione troviamo un iniettore
prototipo di fabbricazione Siemens Automotive. Particolarità di questo dispositivo è
che il circuito elettrico rappresentato dal solenoide di comando dello spillo iniettore è in
grado di pilotare lo spostamento di quest’ultimo anche sotto l’azione di pressioni del
carburante di 70-100 bar all’interno del condotto di alimentazione. Nonostante ciò le
dimensioni del dispositivo sono paragonabili a quelle di un iniettore da iniezione
indiretta.
Figura IV.7 Iniettore
Per assicurare il dispositivo al motore è stato realizzato un lungo cilindro
metallico da avvitare nella ex sede della candela, dentro il quale viene poi vincolato
l’iniettore. La posizione scelta per l’iniettore, cioè al centro delle quattro valvole,
complica in montaggio del complesso. L’iniettore si trova infatti incassato e pressoché
invisibile una volta montato.
141
Questa collocazione rende necessaria l’adozione di un lungo tubo rivestito in
treccia metallica per poter supportare una connessione al tubo di arrivo della benzina ad
alta pressione all’esterno della testa. Sempre per consentire il montaggio nell’angusto
spazio è stato eliminato il connettore stagno bipolare in favore di una soluzione meno
affidabile ma più compatta: due semplici capicorda fast-on.
Figura IV.8 Componenti del porta- iniettore
Con riferimento alla figura IV.8 il montaggio viene effettuato così:
• si serra il primo componente visibile in alto nell’ex foro della candela
sincerandosi di aver interposto un anello di rame di tenuta
• si inserisce l’iniettore verificando l’integrità del delicato anellino di tenuta in
teflon di colore bianco presente nel tratto cilindrico in prossimità della camera
di combustione
• si infila il componente in basso a sinistra della foto nel cilindro visibile in alto;
questo ha lo scopo di trasferire all’esterno del pozzetto la forza che preme
l’iniettore nella sua sede
• si posiziona la piastra visibile a destra nella foto che preme sul penultimo
componente installato e si avvita in una piastra solidale alla testa non visibile in
foto
142
Figura IV.9 Iniettore installato nel porta-iniettore
Figura IV.10 Sezione longitudinale della testa con iniettore montato
143
Figura IV.11 Sezione trasversale della testa con iniettore montato
IV.7: Prove sperimentali dell’iniettore
L’elettroiniettore 3527 fornito dalla Siemens Automotive è stato sottoposto ad
una serie di prove da A. Dutto i cui risultati sono riportati nella sua Tesi di Laurea [4].
In particolare sono state analizzate le quantità iniettate e la forma del cono di iniezione.
Le prove sono state condotte ad una frequenza di apertura pari a 35 Hz, con
pressione di iniezione pari a 70 bar; variando il periodo di apertura dell’elettroiniettore
144
si è misurato il tempo impiegato per consumare una buretta di benzina del volume di
51,1 cm3. Successivamente si è diviso il valore della massa di benzina corrispondente a
tale volume per il numero di iniezioni misurate con un contaimpulsi. In questo modo si
è ottenuto il valore della quantità media iniettata, misurata in milligrammi al ciclo a
diversi valori del periodo di apertura.
I dati relativi alle quantità iniettate fornite dalla Siemens non sono state
confermate dalle prove sperimentali, in particolare la curva ottenuta è analoga a quella
fornita dal costruttore (quindi lineare) ma traslata di una certa quantità. Inoltre venivano
riportate iniezioni per tempi di apertura inferiori al millisecondo, nella prova invece la
quantità iniettata si annulla a valori del tempo di apertura di circa 1,75 ms. Visto che le
motivazioni fornite da A. Dutto circa queste discrepanze paiono soddisfacenti si
assumono come validi i dati ottenuti sperimentalmente presso il Dipartimento di
Energetica.
Nella figura IV.12 sono riportati i valori misurati durante le prove:
tempo di apertura [ms] qtà iniettata [mg/ciclo] 1,75 6,25037444
2 9,04806071 3 19,6538462 4 30,5105605 5 41,501105
Figura IV.12 Valori delle portate misurati
Diagrammando i valori ottenuti si ricava un grafico con le quantità iniettate in
funzione del tempo di apertura iniettore (figura IV.13):
145
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5
tempo apertura iniettore [ms]
po
rtat
a [m
g/c
iclo
]
Figura IV.13 Valore delle portate iniettate misurate
Il passo successivo nella caratterizzazione del dispositivo di iniezione è stato
quello di montare l’intero sistema su un banchetto prova iniettori al fine di
visualizzarne il getto e misurarne le relative proprietà. L’iniettore è stato disposto
all’imbocco di una camera a sezione quadrata realizzata in plexiglas, collegata al fondo
con un condotto di aspirazione, ai fini di evacuare i vapori di benzina sviluppati nei
cicli di iniezione.
Utilizzando una lampada stroboscopica si sono fatte una serie di fotografie dalle
quali è stato poi possibile risalire alla forma del getto ed al percorso delle goccioline di
benzina. Il comportamento dello spray è a cono cavo internamente con un angolo
misurato del cono di circa 72°.
Ad un tempo di 1,5 ms dopo l’inizio del segnale di apertura, il getto è appena
comparso all’uscita dell’iniettore, questo conferma il ritardo individuato attraverso i
segnali. Già a 2,5 ms dal segnale di apertura il cono cavo del getto evidenzia un ricciolo
nella parte più avanzata, manifestazione dell’azione frenante esercitata dall’attrito tra le
goccioline del liquido e l’aria dell’ambiente. Tale ricciolo appare come un’inversione
146
della direzione delle goccioline che invece di continuare in linea retta si riavvolgono in
un moto retrogrado. Questo vortice all’indietro si va evidenziando sempre di più sino
ad un tempo di 3,75 ms dall’inizio del segnale, tale istante in pratica corrisponde alla
chiusura dell’iniettore. Da questo istante in poi la parte centrale del cono, che possiede
ancora una maggiore energia cinetica, continua in direzione assiale, mentre le
goccioline più esterne, ormai prive di energia restano praticamente sospese
nell’atmosfera. Tale movimento porta in pratica ad un capovolgimento del cono ben
evidente ad un tempo di 12 ms dall’inizio del segnale dell’iniezione.
1,5 ms 2 ms 2,5 ms
3 ms 3,5 ms 3,75 ms
4 ms 5 ms 6 ms
7 ms 9 ms 12 ms
Figura IV.14 Evoluzione del cono di iniezione
147
IV.8: Centralina di controllo dei parametri di iniezione
In stretta sinergia con i componenti meccanici ed elettromeccanici del sistema
lavorano dei componenti puramente elettronici. Si analizza ora la centralina [15]
attraverso la quale è possibile definire momento di inizio e la durata del processo di
iniezione.
La strumento legge un impulso proveniente da una tacca di riferimento di un
encoder (marker) e genera un impulso statico ritardato di un certo tempo (dLon) e di
una certa durata (t on). Questi due tempi sono programmabili per mezzo del menù
navigabile con i tasti posti nel pannello frontale. Graficamente il funzionamento è il
seguente (figura IV.15):
Figura IV.15 Andamento qualitativo dei segnali della centralina
L’alimentazione in questo caso avviene con i 12 V forniti dalla batteria. Sul
retro dello strumento sono collocati i connettori per il marker, i 12 V ed il segnale in
uscita verso la centralina di potenza Siemens.
L’aggancio al segnale dell’encoder può essere selezionato sul fronte di salita
oppure su quello di discesa.
148
Le caratteristiche tecniche sono (figura IV.16):
Figura IV.16 Caratteristiche della centralina
La procedura di programmazione è ostacolata dalla ridotta navigabilità del
menù, le cifre del display possono essere solo aumentate quindi se dal numero 4 si
vuole passare al 3 si è obbligati ad effettuare tutto il giro sino a 9 e ricominciare da 0.
Inoltre è buona norma confermare sempre il valore appena impostato poiché
diversamente non viene memorizzato.
Figura IV.17 Pannello frontale
Ingresso Encoder monodirezionale
Tempo dLon da 0,1 ms a 999,9 ms
Tempo t on da 0,1 ms a 999,9 ms
Uscita 50 mA 30 Vcc
Alimentazione 10-30 Vcc
Dimensioni 48 X 96 X 120 mm
Dima di foratura 44,5 X 92,5 mm
149
Di seguito (figure IV.18-19) la procedura per la programmazione dei valori:
Tasto da premere Scritta sul display Note
1 enter dLon Tempo di ritardo
2 enter 999,9 Impostare il valore del primo tempo di ritardo
in ms ** (confermare con enter)
3 dLon
4 ? t on Tempo di monostabilizzazione segnale di
uscita
5 enter 999,9 Impostare il tempo di monostabilizzazione in
ms ** (confermare con enter)
6 t on
7 ? Fron Selezione del fronte di partenza tempi
8 enter Up
Selezionare con il tasto ? la voce “up” oppure
“down”
“up” = i tempi partono dal fronte di discesa del
segnale di marker
“down” = i tempi partono dal fronte di salita
del segnale di marker
(confermare con enter)
9 Fron
10 ? Uscita dal menù
** Per modificare il numero impostato fare riferimento alla tabella seguente (fig. IV.19)
Figura IV.18 Navigazione menù
150
Tasto da premere Scritta sul display Note
1 ton Esempio di modifica valore t on
2 enter 0 0000 Il display si presenta con una cifra
lampeggiante
3 ? 0 0 000 Con la pressione del tasto ? viene spostata la
cifra lampeggiante verso destra
4 ? 0 1 000 Con la pressione del tasto ? viene
incrementata la cifra lampeggiante
5 enter ton Il numero viene memorizzato ed il display
ritorna nella voce selezionata
Figura IV.19 Impostazione valori numerici nel menù
Il grosso difetto di questa centralina è di ragionare in termini di tempo e non in
termini di rotazione angolare del motore. Di conseguenza al variare dei giri motore
restano costanti i tempi ma varieranno le posizioni angolari in cui partono i segnali.
Siccome l’entità della variazione di velocità angolare del motore è notevole (si pensi
all’avviamento a 250-300 giri/min, ad una condizione di marcia al minimo di 600-700
giri/min sino al regime massimo di 3000 giri/min) notevolissime sono le variazioni del
momento di iniezione.
Per ovviare in parte a questo problema è opportuno minimizzare il tempo dLon
posizionando il marker quasi in corrispondenza del momento in cui si vuole iniettare.
Si vedranno nel capitolo VI le scelte effettuate a tal proposito.
151
IV.9: Centralina di potenza Siemens
L’iniettore Siemens utilizza solamente il circuito elettrico di comando per
realizzare l’apertura dello spillo, non si affida cioè allo sfruttamento della pressione
della benzina per ridurre lo sforzo necessario all’apertura. Vista l’alta pressione
dell’impianto la molla che contrasta l’apertura dello spillo esercita una forza notevole
per tenere lo stesso chiuso e di conseguenza notevole deve essere la forza generata dal
solenoide per l’apertura. Tutto questo si traduce in un notevole consumo di energia.
Non è quindi pensabile di realizzare il comando di apertura direttamente con il
segnale in uscita dalla centralina che definisce i parametri di iniezione, ma si deve
sfruttare un modulo di potenza sempre di produzione Siemens.
Questo è alloggiato sul lato destro del pulpito e deve essere collegato con cavi
di adeguata sezione alla batteria a 12 V. E’ un’unità realizzata per pilotare quattro
iniettori mentre qui se ne usa solo uno, di conseguenza dovrebbero essere minori gli
stress termici a cui è sottoposta.
Figura IV.20 Centralina montata sul pulpito
152
CAPITOLO V
Allestimento del banco prova
In questo capitolo si esamineranno le soluzioni adottate per l’installazione del
motore al banco prova e la strumentazione di cui è dotato il complesso.
Figura V.1 Vista del prototipo e del banco prova dal lato pulpito
Il motore è installato a ridosso del pulpito di comando, non è cioè presente una
camera isolata acusticamente ma ci si trova a ridosso del prototipo durante le prove.
153
Figura V.2 Vista del prototipo e del banco prova dal lato opposto al pulpito
Questa soluzione semplifica i collegamenti con le strumentazioni ed i vari
apparati ma espone gli operatori al rumore, ai fumi ed al calore prodotti dal motore.
V.1: Fissaggio al banco prova e freno
Il prototipo è ancorato al banco prova attraverso tre supporti: tutti attacchi già
originariamente utilizzati sulla vettura su cui era installato il motore. Due di queste
staffe sono realizzate con una struttura in lamiera da 12 mm di spessore saldata per dare
la rigidità necessaria al sistema. Il terzo supporto è realizzato con l’interposizione di un
elemento antivibrante in grado di supportare elevati carichi di compressione.
Il basamento del banco prova poggia, tramite quattro supporti antivibranti, su
fondazioni distinte da quelle del fabbricato, allo scopo di non trasmettere vibrazioni alle
strutture di quest’ultimo.
154
Si ha a che fare con un monocilindrico che è quindi naturalmente soggetto ad
una notevole quantità di vibrazioni durante il funzionamento, per questo va posta
particolare cura in questi dettagli.
Figura V.3 Staffa di supporto motore in lamiera da 12 mm
Figura V.4 Supporto antivibrante
155
Il collegamento tra motore e freno è ottenuto mediante un doppio giunto
cardanico. Si garantisce così l’unitarietà del rapporto tra le velocità istantanee delle due
estremità e si è in grado di tollerare un certo errore di coassialità.
Figura V.5 Albero di trasmissione
Il freno è del tipo a correnti parassite ed è di produzione Schenck. La rotazione
dell’albero del motore determina il nascere nel suo statore di una forza elettromotrice
che a sua volta genera correnti che dissipano potenza per effetto joule. Il calore
sviluppato viene sottratto da acqua corrente così da evitare il surriscaldamento del
freno. Una centralina di controllo a cui vengono comunicati i valori della velocità di
rotazione del motore e della coppia frenante provvede a comandare il freno stesso per
adeguarlo alle regolazioni impostate dall’operatore sul quadro di comando.
Durante le prove viene utilizzata la funzione “a velocità costante”, si imposta
cioè una velocità a cui si vuole che il motore ruoti ed il banco adegua la coppia
frenante per mantenere questa condizione. Su un grande quadrante analogico è
possibile leggere il valore della forza da cui poi si ricava la potenza fornita dal motore.
156
Figura V.6 Freno
V.2: Encoder ottico
All’estremità del freno è montato un encoder ottico a 360 impulsi al giro che
fornisce un segnale ad onda quadra TTL, utilizzato per conoscere la posizione angolare
dell’albero rispetto all’impulso del marker (uno al giro). Il principio di funzionamento
dell’encoder è basato sull’interruzione di un fascio di luce ad opera di un disco dentato
opaco: il fascio generato da un fotodiodo emettente, eventualmente intercettato dal
disco, viene ricevuto da un fototransistor che provvede a fornire in uscita un segnale
che, opportunamente amplificato, squadrato e portato a livelli TTL, viene utilizzato per
scandire l’acquisizione dati.
L’encoder utilizzato è realizzato dalla Elcis ed è un modello di normale
produzione. Per il fissaggio del componente è stata realizzata una solida staffa che lo
ancora al banco prova. Un alberino in alluminio collega il freno in rotazione
all’encoder stesso e permette la regolazione della posizione del marker essendo
157
ruotabile e bloccabile in qualunque posizione. Allo scopo di compensare eventuali
errori di coassialità e vibrazioni varie è anche interposto un giunto elastico.
Figura V.7 Encoder
In figura V.8 è visibile il principio di funzionamento dell’encoder ottico (non è
rappresentato il fotodiodo emettente):
Figura V.8 Principio di funzionamento dell’encoder ottico
158
Il segnale di marker permette di ottenere un riferimento fisso: l’encoder fornisce
infatti solo un segnale angolare relativo. Il principio di funzionamento del marker è
analogo a quello dell’encoder con la differenza che è presente un solo riferimento su
tutto il disco.
Figura V.9 Principio di funzionamento del marker
V.2: Pulpito di comando
Il pulpito di comando è posto di fronte al banco su cui è stato installato il
prototipo. Da esso è possibile modificare le condizioni di funzionamento del motore e
tenere sotto controllo alcune grandezze significative.
Inoltre al suo interno è alloggiata una delle due batterie a 12 V e la struttura
sostiene anche diverse componenti del sistema di afflusso del carburante oltre ad una
centralina elettronica.
159
Figura V.10 Degasatore benzina fissato sul retro del pulpito
Sul lato sinistro sono ubicati gli interruttori per l’accensione di:
• Pompa ad alta pressione della benzina
• Pompa dell’acqua per il raffreddamento del motore
• Sistema di aspirazione dei gas di scarico
160
Figura V.11 Interruttori sul lato sinistro del pulpito
Sul pannello metallico in basso si osservano :
• Chiave di contatto/avviamento
• Organo di regolazione della farfalla
• Indicatore della pressione dell’olio
• Spia dell’insufficiente pressione dell’olio
• Rubinetto per la prova di consumo
Attraverso la rotazione della chiave di contatto si alimenta una prima parte del
sistema elettrico (bobina, centralina Bosch dell’accensione, manometro della pressione
dell’olio) e poi col secondo scatto si procede all’avviamento del motore come in una
normale autovettura. Tutte queste utenze sono collegate ad una prima batteria da 12 V,
quella ubicata sotto il pulpito stesso. Sono presenti altri strumenti per la temperatura
dell’acqua e dell’olio ma per questa occasione caso non sono stati utilizzati.
161
Nella parte alta del pulpito si trovano:
• Interruttore di emergenza
• Interruttore della pompa della benzina a bassa pressione
• Interruttore della centralina Siemens dell’iniezione
• Centralina di controllo dei parametri di iniezione
• Indicatore della temperatura del refrigerante
Queste utenze sono collegate ad una seconda batteria a 12 V sistemata a lato del
pulpito; questa differenziazione si è resa necessaria per l’elevato assorbimento di
corrente del motorino di avviamento che durante i primi istanti di funzionamento
creava un tale deficit energetico da far spegnere la centralina che controlla i parametri
di iniezione (il suo funzionamento è descritto nel capitolo IV). Siccome questa deve
eseguire un breve test prima di essere operativa ad ogni avviamento si era costretti a far
girare inutilmente per diversi secondi il motore sino ad avere nuovamente la centralina
operativa.
Sempre sul pulpito è presente un altro importantissimo organo di controllo del
motore: il sistema di comando del compressore Roots. Si trovano infatti:
• Una chiave di accensione
• Un pulsante di emergenza
• Un pomello di regolazione
Il compressore Roots è mosso da un motore elettrico trifase a 380 V e la sua
velocità deve poter essere finemente regolata in modo tale da poter adattare la portata
d’aria del compressore alle reali necessità del motore.
162
Figura V.12 Comandi e strumenti presenti sul pulpito
V.3: Torre dei consumi
Su un pannello in prossimità del pulpito di comando si trova il sistema di tubi e
burette che consente l’effettuazione delle prove di consumo del motore. Attraverso il
rubinetto a due posizioni posto nella parte sinistra del pulpito si può far funzionare
oppure escludere la torre dei consumi.
Se si sceglie la prima posizione viene momentaneamente bloccato l’afflusso
diretto di carburante dalla pompa a bassa pressione verso il motore e la benzina viene
prelevata dalle burette graduate della torre di consumo. In questo modo misurando il
tempo necessario al motore per consumare una quantità di benzina nota è possibile
ricavare il suo consumo.
163
Sono disponibili diverse burette graduate:
• 51,5 cm3
• 150 cm3
• 254,5 cm3
Figura V.13 Torre dei consumi
Tra una buretta e l’altra vi è una zona a sezione ristretta che facilita la decisione
del momento in cui arrestare il cronometro.
Se invece si opta per la seconda posizione del rubinetto il carburante viene
inviato direttamente al motore senza passare dalle burette che nel frattempo vengono
ricaricate pronte per una successiva prova di consumo.
164
V.4: Banco delle centraline di accensione, di gestione della pressione della benzina ed oscilloscopio
Su di un tavolo posto alla destra del pulpito di comando sono appoggiati altri
strumenti fondamentali per il funzionamento del prototipo:
• Centralina di controllo della posizione del pick-up e del ritardo di accensione
dal segnale di pick-up
• Centralina di trattamento del segnale di marker ed encoder, contagiri e
contasecondi
• Centralina di regolazione della pressione nel circuito di alta pressione della
benzina
• Oscilloscopio elettronico
• Analizzatore dei gas di scarico
Le prime due centraline devono operare necessariamente assieme. Sulla prima si
trova l’impostazione della posizione ango lare del pick-up prima del PMS ed il valore di
impulsi, corrispondenti ciascuno ad un grado di rotazione del motore, provenienti
dall’encoder prima che la centralina debba dare il comando di accensione. A sinistra su
un display viene visualizzata la differenza dei due valori impostati che, a meno dei
ritardi e discrepanze già viste, da l’anticipo di accensione in gradi prima del PMS.
Allo scopo di controllare costantemente tutti i parametri elettronici fondamentali
del motore è stato installato un oscilloscopio elettronico del quale si utilizzano quattro
canali:
1. Segnale di marker
2. Segnale in uscita dalla prima centralina che andrà nella centralina Bosch di
accensione
3. Segnale di pick-up
4. Segnale di comando iniettore
165
Per il segnale numero 2 si deve quindi tenere ancora conto della presenza a valle
della centralina Bosch, della bobina e della candela. Per il segnale 4 invece viene
rilevato direttamente il segnale di potenza che esce dalla centralina Siemens e va
all’iniettore. Temporalmente cioè non dovrebbe accumulare ritardi ma dovrebbe
corrispondere all’istante di comando dell’iniettore.
Figura V.14 Centraline di accensione, gestione pressione benzina ed oscilloscopio. Si
vedono anche sulla destra la centralina di controllo del freno e sullo sfondo a sinistra
la bilancia. Sopra all’oscilloscopio è presente un generatore di onde usato a lungo
nelle fasi di messa a punto dell’intero sistema elettronico del prototipo.
166
Figura V.15 Dettaglio della centralina su cui è possibile leggere in alto: giri motore,
tempo, contaimpulsi marker; a metà strumento a destra: temperatura gas di scarico; in
basso start e stop del cronometro.
Figura V.16 Dettaglio della centralina di regolazione pressione benzina
167
V.6: Analisi dei gas di scarico
L’analizzatore dei gas di scarico utilizzato sfrutta il principio di assorbimento
selettivo operato dai gas nei confronti di un fascio di raggi infrarossi di spettro noto. I
fumi raccolti dal condotto di scarico del motore tramite un pompa, debitamente filtrati e
deumidificati, vengono esposti ad una radiazione elettromagnetica: ciascun gas
presente assorbe, su lunghezze d’onda note, una quantità di radiazione proporzionale
alla sua concentrazione; confrontando lo spettro della radiazione che attraversa il gas
con quello emesso è possibile valutare con sufficiente precisione il tipo di gas e la sua
concentrazione.
Il sistema si rivela adatto alla misurazione degli ossidi di carbonio e
dell’ossigeno, ma crea problemi nell’analisi di inquinanti composti da molecole di tipo
diverso quali ad esempio gli idrocarburi incombusti: lo strumento si rivela infatti più
sensibile nei confronti di alcuni tipi di idrocarburi rispetto ad altri, falsando la misura.
Gli ossidi di azoto dovrebbero invece essere misurati con uno strumento a
chemiluminescenza.
Lo strumento utilizzato è di produzione TecnoTest, modello MULTIGAS 488 e
viene utilizzato per la misura di HC, CO, CO2 ed O2: le portate e le unità di misura di
ogni composto sono evidenziati nella figura V.l7.
Figura V.17 Caratteristiche tecniche Multigas 488
GAS CAMPO DI MISURA RISOLUZIONE
CO 0..99 % Vol. 0,01 %
CO2 0..19,9 % Vol. 0,1 %
HC 0..999 ppm Vol. 1 ppm
O2 4..25 % Vol. 0,1 %
168
CAPITOLO VI
Prove sperimentali col prototipo Il lavoro di realizzazione dell’impianto di iniezione elettronica diretta non ha
incontrato grandi contrattempi al contrario dell’apparato dell’accensione. Su questi
particolari infatti guasti e disturbi di segnale hanno creato diversi ritardi
nell’avanzamento del lavoro.
Nonostante questo ed altri imprevisti dopo un’attesa di diversi anni è avvenuto
l’avviamento del motore. In questo capitolo si analizzeranno i primi risultati ottenuti
col motore in combustione.
VI.1: Posizionamanto marker
Il momento esatto in cui iniziare il processo di iniezione e la durata della stessa
sono fondamentali per il corretto funzionamento del motore. Il segnale di marker è il
riferimento utilizzato dalla centralina elettronica per posizionare temporalmente
l’iniezione.
Valutando solamente questi aspetti si tenderebbe a posizionare il marker in un
punto qualsiasi del ciclo e poi tramite la centralina si potrebbe attribuire il ritardo in
millisecondi tra il segnale di marker e l’inizio del processo di iniezione. La centralina
elettronica ragiona però in termini di tempo; quindi al variare del regime di rotazione,
mantenendo costanti i tempi, si varia l’instante in termini di angolo di rotazione
169
dell’albero motore. L’entità di questa variazione è notevolissima se non si adottano
piccoli accorgimenti.
Allo scopo di evitare la fuoriuscita di benzina allo scarico non è possibile
iniziare ad iniettare prima della chiusura delle valvole di scarico, ovvero 220°. Dopo
220° e sino a 235° si è ancora nella fase di lavaggio: si può utilizzare anche questa fase
per iniettare. Il lavaggio avviene con sola aria in arrivo dal compressore con una certa
pressione, questo può disturbare il cono di iniezione ma può anche favorire un ottimale
mescolamento della carica.
Sempre per scegliere il posizionamento del marker è opportuno tenere conto
della quantità di benzina da iniettare che richiede un certo tempo in millisecondi di
apertura dell’iniettore. E’ richiesto il completamento del processo di iniezione ben
prima del PMS, prima anche dello scoccare della scintilla. Quindi va terminata
l’iniezione almeno 20°-30° prima del PMS per garantire un certo margine di sicurezza.
Si ipotizza sommariamente la quantità da iniettare tenendo conto della cubatura
del motore, nell’ipotesi di dosatura in prossimità dello stechiometrico ed assumendo dei
valori di coefficiente di riempimento da valori molto bassi sino all’unità. Vengono
eseguiti tutti questi conti con molte assunzioni ed ipotesi; il solo scopo è determinare,
anche con un margine di errore elevato, il tempo minimo e massimo di apertura
dell’iniettore. Con tempi dal minimo valore di 1,75 ms per cui avviene l’iniezione sino
a 4,8-5,0 ms si è certi di garantire il fabbisogno di benzina del motore.
Con questo valore è possibile risalire al massimo punto angolare in cui si può
iniziare ad iniettare tenendo conto della velocità massima di rotazione del motore di
3000 giri/min. Si ribadisce che sia il massimo valore di 3000 giri/min sia i 5,0 ms sono
valori estremi che difficilmente si raggiungeranno nelle effettive condizioni di
funzionamento ma questo è solo un conto di massima.
Tutto questo per le condizioni di funzionamento al massimo del regime di
rotazione e con il massimo carico. Però il motore deve essere anche in grado di avviarsi
e sostentarsi almeno per il tempo necessario alla modifica manuale dei parametri di
170
iniezione. In condizioni di avviamento il motore ruota a circa 260-265 giri/min dati dal
motorino di avviamento. A questo regime la durata angolare dell’iniezione si riduce
cosa che consentirebbe di ritardare tantissimo l’inizio dell’iniezione. In più anche un
esagerato tempo del ritardo di iniezione determina comunque un istante angolare di
inizio iniezione molto anticipato.
La determinazione della posizione del marker è quindi frutto di diversi
compromessi. Sicuramente non ci si può permettere di iniettare a valvole di scarico
ancora aperte anche se probabilmente il tipo di lavaggio adottato non determinerebbe
un’uscita immediata allo scarico della benzina. Comunque avendo ampi margini
determinati con le modalità empiriche appena viste si evita di correre ogni rischio.
Per ridurre al minimo l’effetto della variazione dei parametri di tempo e gradi in
funzione della velocità di rotazione si deve minimizzare il ritardo da impostare nella
centralina.
Si è deciso quindi di posizionare il segnale di marker in prossimità del segnale
di pick-up che è posto a 111° PPMS. Si è così abbondantemente oltre la chiusura delle
valvole di scarico ed anche oltre la fine del processo di lavaggio. In questa
configurazione si hanno comunque ampi margini per variare la quantità iniettata anche
alla massima velocità di rotazione del motore.
Con il segnale di marker a cavallo dei 249° di manovella è possibile impostare
ritardi praticamente nulli dell’iniezione visto che 249° è un valido punto per iniziare ad
iniettare. E’ poi ancora possibile giocare sull’opzione di agganciare il segnale di marker
lungo il suo fronte di salita o quello di discesa: con questa modifica si può variare di
qualche grado l’istante di inizio iniezione.
Dall’analisi dei conti effettuati e dal confronto con le esperienze precedenti
presso il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino emerge che la velocità di
rotazione del motore è di gran lunga la variabile che influenza di più tutte queste scelte.
Gli elevati regimi raggiunti dal motore Husqvarna avevano infatti obbligato il
posizionamento del marker ben 30° PPMI cioè soli 150°. Inoltre in quel prototipo
171
l’avviamento con sistema di iniezione diretta era impossibile forse proprio a causa di
questa variabilità dei parametri di iniezione.
VI.2: Visualizzazione parametri elettronici significativi
Il posizionamento del marker si effettua con l’ausilio dell’oscilloscopio
elettronico: si fa compiere qualche giro al motore, si acquisiscono i segnali di pick-up e
di marker e si calcola la posizione del marker sapendo che il pick-up è a 111° PPMS.
Figura VI.1 Visualizzazione sul display dell’oscilloscopio
172
Sull’oscilloscopio si hanno in contemporanea 4 segnali:
1. Segnale di marker
2. Segnale in uscita dalla prima centralina che andrà nella centralina Bosch di
accensione
3. Segnale di pick-up
4. Segnale di comando iniettore
Merita particolare attenzione il segnale che va a comandare la centralina Bosch
dell’accensione: infatti questo non può essere considerato il segnale della scintilla vera
e propria. Si deve tenere conto dei ritardi di notevole entità che possono essere
determinati col diagramma già visto.
Nella figura VI.1 si può vedere una schermata di funzionamento regolare in
condizioni di avviamento. A sinistra dall’alto si osserva : segnale di pick-up con la
forma caratteristica +/- 4 V circa, il segnale TTL +5 V del marker. Sempre a sinistra ma
in basso il segnale di comando dell’iniettore. Sulla destra del video il segnale
dell’accensione.
Si evince che tre segnali sono quasi in contemporanea mentre il comando della
centralina Bosch è decisamente più spostato.
L’oscilloscopio è in grado di acquisire su di un dischetto i dati in un formato
elaborabile con foglio di calcolo tipo Excel o simili. Eseguita questa operazione si
ottengono per ognuno dei quattro segnali due colonne di dati: il tempo ed il valore in
volt del segnale. Diagrammando questi valori si ha l’andamento dei segnali in funzione
del tempo.
Nota la velocità di rotazione del motore si possono avere i valori in funzione
dell’angolo di rotazione del motore. Si vedano in figura VI.2 il risultato della prima
elaborazione ed in figura VI.3 il risultato della seconda.
173
Figura VI.2 Andamento dei segnali in funzione del tempo
174
Figura VI.3 Andamento dei segnali in funzione dei gradi
175
VI.3: Condizioni reali di funzionamento e visualizzazione problemi
Nelle normali condizioni di funzionamento sul display dell’oscilloscopio si
vedono dei segnali del tipo in figura VI.4 che sono la successione temporale di quanto
appena visto.
Figura VI.4 Visualizzazione in condizioni di funzionamento regolare
Sempre con l’oscilloscopio è possibile visualizzare il problema ricorrente
dell’impianto di accensione. La vicinanza del cavo di alta tensione e della candela con
il resto dell’impianto determina infatti lo scoccare di 2 o anche più scintille per ciclo.
Questo problema è sempre in agguato da momento che è sufficiente muovere di pochi
centimetri il cavo di alta tensione che collega la bobina con la candela per vederlo
apparire o sparire. Si potrebbe probabilmente ovviare al problema adottando un cavo
schermato e posizionando in maniera opposta il pick-up in modo da allontanarlo il più
possibile dal cavo che va alla candela.
176
Le schermature realizzate sui vari cavi non sono state sufficienti per eliminare
definitivamente il problema ma almeno hanno permesso di determinare con esattezza il
componente sensibile al difetto e la sua localizzazione sul motore.
Figura VI.5 Problema della doppia scintilla
Nella videata visibile in figura VI.5 si vedono i due segnali più a destra che
determinano due scintille in quel ciclo. Questo è intollerabile dal momento che la
scintilla scorretta arriva in anticipo rispetto a quella corretta, durante la fase di iniezione
determinando quindi la combustione della carica quando questa sta ancora entrando
nella camera di combustione.
Anche l’apparato di iniezione non è esente da disturbi: di tanto in tanto si
presenta infatti il problema della presenza di due iniezioni per ciclo. Inoltre la
centralina che gestisce la tempistica dell’iniezione si resetta senza un motivo apparente.
177
E’ evidente che anche un minimo difetto in uno di questi strument i determina
l’impossibilità di avere una combustione regolare nel motore. Per proseguire nelle
prove è quindi opportuno intervenire radicalmente su queste parti per eliminare ogni
disturbo.
VI.4: Primi rilievi sperimentali
Per regolare il motore è necessario agire in contemporanea su 5 parametri:
1. Ritardo dell’inizio di iniezione
2. Durata dell’iniezione
3. Anticipo dell’accensione
4. Velocità del compressore Roots
5. Posizione della valvola a farfalla
Durante i primi tentativi di avviamento si è constatato che è necessario iniettare
una discreta quantità di benzina per evitare lo spegnimento mentre la variazione
dell’anticipo di iniezione non influisce significativamente sul funzionamento.
Sicuramente le regolazioni che rendono più critica la gestione sono quelle che
riguardano il compressore Roots, in particolare la velocità di rotazione del motore
elettrico che comanda il compressore mediante inverter. E’ infatti ridottissima la
gamma di velocità di rotazione che il motore accetta per l’avviamento. In più il sistema
di comando presenta una regolazione non progressiva, di conseguenza sarebbe
auspicabile un miglioramento di questo dispositivo per avere una maggior sensibilità.
E’ presente inoltre un evidente ritardo tra il momento in cui si interviene sul pomello di
regolazione della velocità e l’effettiva variazione.
178
Si potrebbe anche cercare di far funzionare il sistema di by-pass per far lavorare
il compressore ad un più elevato numero di giri ottenendo due importanti risultati in
contemporanea:
• Minore influenza delle pulsazioni tipiche di questi compressori
• Funzionamento in una zona di velocità dove il sistema di regolazione del
motore elettrico non presenta il fastidioso brusco salto di velocità
Le vibrazioni generate dal motore sono ad un livello accettabile e l’insieme del
banco è in grado di tollerarle agevolmente. Anche la rumorosità meccanica è contenuta
a testimoniare un corretto funzionamento degli organi meccanici interni.
Forti di questi primi risultati e noti i punti su cui agire per regolare il motore si è
cercato di stabilizzare il motore in un suo punto di funzionamento per eseguire una
prima sommaria rilevazione della potenza erogata, degli inquinanti emessi allo scarico
e del consumo di carburante.
Il ritardo di iniezione è stato fissato in 0,5 ms con una durata di iniezione di 2,2
ms. Il motore con questo tempo di apertura dell’iniettore non si avvia, di conseguenza
va fatto partire con 2,8 ms e poi si varia il valore. Scelto il regime di 800 giri/min dove
non compaiono fastidiose vibrazioni ed il motore gira regolare si adegua il freno.
Si è portato il motore ad operare quindi in una condizione di carico ridotto e si è
letto il valore indicato dalla bilancia del freno: la potenza erogata era di circa 0,64 kW.
L’anticipo di accensione corrispondeva a 12°. I 51,1 cm3 della buretta sono stati
consumati in 216,54 secondi. Il consumo specifico è quindi di circa 975 g/ kW ora.
Nella figura VI.6 sono riportati i valori degli inquinanti rilevati durante questa
prova.
179
Figura VI.6 Emissioni allo scarico
Il prototipo gira sicuramente più regolare al crescere del regime di rotazione ed
anche la potenza erogata sale rapidamente. Tuttavia emerge una sostanziale difficoltà
nella regolazione di questo motore.
L’intervento sulla valvola a farfalla è avvertibile nella prima parte di apertura
mentre successivamente non si percepiscono effetti. La velocità di rotazione del
compressore è quindi il parametro su cui agire per regolare il motore.
Si è tentato anche di agire sulla quantità iniettata per ridurre la concentrazione di
CO, tuttavia non è possibile scendere troppo con il tempo di apertura dell’iniettore per
l’evidente criticità di funzionamento in queste condizioni a causa della difficoltà di
regolazione. L’altro intervento che potrebbe sortire un effetto analogo, aumentare la
quantità di aria di lavaggio, è limitato da quanto appena visto circa la regolazione della
velocità del compressore. Le emissioni di HC sono invece accettabili per questo genere
di motore ad inizio della sperimentazione.
Risulta evidente il consumo di olio lubrificante; un primo intervento per ovviare
a questo problema potrebbe essere la realizzazione dei fori di canalizzazione del
lubrificante sotto il raschiaolio sullo stantuffo. L’olio cadrebbe così all’interno del
carter senza finire in camera di combustione e nei condotti di lavaggio. Tuttavia si
verrebbe a creare un passaggio diretto tra il carter e le luci di lavaggio col rischio che la
GAS VALORE
CO 2,6-2,7 %
CO2 6,3-6,4 %
HC 790-820 ppm
O2 6,4-6,6 %
180
depressione presente ne l carter favorisca l’arrivo dell’aria nello stesso. Sarebbe anche
possibile inserire un altro raschiaolio nella parte inferiore dello stantuffo ma anche
questa soluzione non è realizzabile facilmente vis to che non è fattibile la collocazione
del raschiaolio nella parte inferiore del mantello: questa zona infatti fuoriesce
abbondantemente dalla canna in corrispondenza del PMI.
VI.5: Confronto con le precedenti esperienze su motori a due tempi
Le prove effettuate sul motore non sono direttamente comparabili con gli altri
dati ricavati in precedenza sui motori a due tempi sperimentati. Tuttavia alcuni valori
possono essere confrontati anche in presenza di condizioni leggermente differenti.
Il confronto non può essere eseguito con il propulsore Husqvarna visti i regimi
di rotazione elevati che questo motore esige per funzionare. Appare invece adatto a
questo scopo il motore Benelli 1FB 1226: con questa unità infatti erano state eseguite
prove anche a soli 1500 giri/min e bassi carichi. Si riporta nella tabella VI.7 il
confronto tra i due motori, per il Benelli si considerano i valori ottenuti con
alimentazione ad iniezione diretta di benzina e quelli ad iniezione indiretta.
Figura VI.7 Confronto tra il prototipo in esame ed il motore Benelli 1FB 1226
Prototipo in esame Benelli GII Benelli GDI
Velocità di rotazione 800 giri/min 1500 giri/min 1500 giri/min
Potenza erogata 0,64 kW 0,81 kW 1,18 kW
Consumo specifico 975,647 g/kW ora 861,592 g/kW ora 619,091 g/kWora
CO 2,6-2,7 % 1,1 % 1,1 %
HC 790-820 ppm 3820 ppm 626 ppm
O2 6,4-6,6 % 7,30 % 7,3 %
181
Il regime di rotazione è differente, tuttavia noto l’andamento del consumo
specifico dalla letteratura si può ipotizzare al regime di 1500 giri/min un va lore in linea
con quanto rilevato col motore Benelli.
Il valore del CO evidenzia come la carburazione del prototipo fosse
esageratamente ricca durante le prove, con una fine messa a punto della durata di
iniezione questo valore potrebbe scendere.
Gli HC allo scarico sono comparabili con il Benelli alimentato ad iniezione
diretta: anche qui prove più approfondite consentirebbero di abbassare ulteriormente
questo valore. Da osservare che comunque anche in questa prima fase di sviluppo il
tenore di HC è già largamente inferiore al valore del Benelli nel caso di alimentazione
ad iniezione indiretta.
182
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI
Il lavoro di studio e realizzazione di questo prototipo è incominciato diversi
anni or sono e molti studenti tesisti si sono succeduti su questo progetto svolgendo
buona parte delle opere necessarie per il suo corretto funzionamento.
In questi ultimi mesi si è avuta la possibilità di avviare finalmente il prototipo. Il
lavoro ha riguardato principalmente l’installazione dell’impianto di iniezione
elettronica diretta della benzina che era l’ultima parte mancante di fondamentale
importanza. Si è resa inoltre necessaria tutta una serie di interventi più o meno evidenti
per consentire il regolare funzionamento del motore. Una buona parte dei componenti
del prototipo è stata realizzata espressamente per questa applicazione: essendo quindi
esemplari unici possono essere facilmente soggetti a guasti e rotture dovute all’assenza
di prove e sperimentazioni. Di conseguenza gli imprevisti di cui si è parlato nei capitoli
precedenti non sono mancati ed hanno ostacolato il lavoro. Ora però il motore funziona
con una certa regolarità ed è stato anche possibile eseguire alcune prove al banco. Le
sue componenti fondamentali sembrano essere correttamente dimensionate ed in grado
di sopportare le sperimentazioni future.
Si è avuta la conferma che il dispositivo di iniezione prodotto dalla Siemens
Automotive ed adottato dal Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino è
molto valido. Era già stato ampiamente utilizzato su altri motori ed anche in questa
applicazione ha mostrato tutti i suoi pregi uniti a qualche difetto. Si sono ripresentati i
limiti della centralina elettronica del sistema di gestione dell’iniezione: in futuro, se le
prove procederanno e dunque sarà giustificato, si potrebbe creare un sistema in grado di
operare con diverse configurazioni in modo da potersi adattare in tempo reale alle
condizioni di funzionamento del motore.
183
Si ritiene tuttavia che il primo elemento su cui intervenire per le prove future sia
il sistema del compressore Roots. Il componente appare infatti sovradimensionato per
questa applicazione e di conseguenza si dovranno operare interventi per farlo lavorare a
velocità molto bassa e regolabile con continuità oppure introdurre il sistema di by-pass
che è installato ma non viene per ora utilizzato per le difficoltà di messa a punto.
Un ultimo punto su cui sono necessari adattamenti per poter eseguire
correttamente le prove è l’eliminazione dei dis turbi che affliggono talvolta il sistema di
accensione e di iniezione. In certe condizioni si hanno infatti più scintille per giro unite
a più iniezioni per ciclo.
Allo stato attuale delle cose appare prematuro sperare in un’applicazione di
questo genere di motore per la trazione terrestre. Il motore a due tempi conosce infatti
un vero e proprio declino anche nei settori tradizionalmente di sua competenza, tuttavia
la ricerca deve proseguire anche in questo senso visti i risultati positivi ottenuti sino ad
ora. L’evoluzione della tecnica ci insegna che soluzioni scartate in un certo periodo
storico perché ritenute irrealizzabili e non convenienti sono poi state riscoperte in un
altro momento quando la tecnologia ne rendeva semplice, economica ed estremamente
vantaggiosa l’industrializzazione.
184
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