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IRENE: la postina delle stelle PAGINA 17 Valutazione della riduzione del livello di vulnerabilità sismica PAGINA 35 Palazzo Penne: storia e riqualificazione di un monumento storico PAGINA 51 numero 2 marzo-luglio 2010 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB (NA)

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IRENE:la postinadelle stelle

PAGINA 17

Valutazione dellariduzione del livellodi vulnerabilitàsismica

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Palazzo Penne:storia eriqualificazione di unmonumento storico

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IRENE:la postinadelle stelle

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Valutazione dellariduzione del livellodi vulnerabilitàsismica

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Palazzo Penne:storia eriqualificazione di unmonumento storico

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SOMMARIO

marzo-luglio2010

IngegneriNapoli

marzo-luglio 2010Bimestrale di informazione a cura del Consiglio dell’Ordine

EditoreOrdine degli Ingegneri della Provincia di Napoli

Direttore editoriale: Luigi Vinci

Direttore responsabile: Armando Albi-Marini

Redattori capo: Edoardo Benassai,Pietro Ernesto De Felice, Mario Pasquino

Direzione, redazione e amministrazione80134 Napoli, Via del Chiostro, 9

Tel. 081 5525604 – Fax 081 5522126www.ordineingegnerinapoli.it

[email protected]/c postale n. 25296807

Comitato di redazione: Luigi Vinci, Paola Marone,Nicola Monda, Eduardo Pace, Marco Senese,

Annibale de Cesbron de la Grennelais, Giovanni Esposito,Paola Astuto, Francesco Paolo Capone, Fabio De Felice,

Renato Iovino, Andrea Lizza, Giovanni Manco,Salvatore Vecchione, Eduardo Sgro’

Coordinamento di redazione: Claudio Croce

Progetto grafico e impaginazione:doppiavoce

Stampa: Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a.Via Cisterna dell’Olio, 6/B – 80134 Napoli

Reg. Trib. di Napoli n. 2166 del 18/7/1970Spediz. in a.p. 45% – art. 2 comma 20/b – I. 662/96 Fil. di Napoli

I contenuti possono essere modificati per esigenze di spazio conil massimo rispetto del pensiero dell’autore. Le riproduzioni

di articoli e immagini sono consentite citandone la fonte.L’editore resta a disposizione di ogni eventuale avente diritto

per le competenze su testi e immagini.

Associato U.S.P.I.Unione Stampa Periodica Italiana

Tiratura: 13.000 copieFinito di stampare nel mese di luglio 2010

Normativa

Per un governo pubblico dell’acquaIl decreto Ronchi, tra pubblico e privato

pag. 3

Commissione Ambiente eSostenibilità Ambientale

pag. 6

Tecnologia

Tecnologia Voice over IP:scenari di convergenza

Attuali tendenze del mercato, nuove opportunità di business, scenari futuripag. 7

Tecnologia

IRENE: la postina delle stelleStudio di una piccola capsula di rientro in grado di riportare

sulla Terra carichi utili limitati da orbita LEOpag. 17

Tecnologia

Algoritmi di messa a fuocodi immagini satellitari

Proposta di un’innovativa tecnica di autofocus basatasull’applicazione dei filtri armonici circolari

pag. 24

In copertina: ISS (International Space Station).

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Ricerca

Valutazione della riduzione del livellodi vulnerabilità sismica di un edificio esistentein c.a. tramite disaccoppiamento dei pannellimuraripag. 35

Storia

Palazzo Penne:storia e riqualificazionedi un monumento storicopag. 51

Riqualificazione

San Giovanni a Teduccio tra preesistenzestoriche e realtà industriali dismesseRecupero e riqualificazione integrata del Forte di Viglienae dello Stabilimento Iannonepag. 55

Sicurezza

Dissesti idrogeologici: colate rapideSeminario tecnicopag. 62

Recensione

I Sistemi di Homeland Security:scenario, tecnologie e applicazionipag. 64

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3numero 2

marzo-luglio 2010

PER UN GOVERNOPUBBLICO DELL’ACQUA

Il decreto Ronchi, tra pubblico e privato

“Si auspica che tutte leforze politiche e sociali

capiscano l’importanza dimantenere la campagna

referendaria prossimaunicamente legata al tema

altamente simbolicodell’acqua

Il 18 novembre 2009, alla Cameradei deputati si approvava, con ricor-so alla fiducia, il decreto Ronchi, cheall’art. 15 avviava un processo di pri-vatizzazione dei servizi pubblici lo-cali, di dismissione della proprietàpubblica e delle relative infrastruttu-re. A rendere ancor più grave, nelmerito e nel metodo, l’approvazionedel decreto Ronchi, vi è il fatto che es-so sia stato approvato ignorando ilconsenso popolare che soltanto dueanni fa si era raccolto intorno allalegge d’iniziativa popolare per l’ac-qua pubblica (raccolte oltre 400.000firme), elaborata e promossa dal Fo-rum italiano dei movimenti per l’ac-qua pubblica ed oggi in discussionein Parlamento. Nel frattempo cinqueregioni hanno impugnato il decretoRonchi di fronte alla Corte costituzio-nale, lamentando la violazione diproprie competenze costituzionaliesclusive.Il decreto Ronchi, convertito in l. n.166 del 2009, colloca tutti i servizipubblici essenziali locali (non solo

l’acqua) sul mercato, sottoponendolialle regole della concorrenza e delprofitto, espropriando il soggettopubblico e quindi i cittadini dei pro-pri beni faticosamente realizzati ne-gli anni sulla base della fiscalità ge-nerale. Un testo che non sembra considerarecome negli ultimi anni la gestione pri-vatistica dell’acqua abbia determi-nato significativi aumenti delle bollet-te e una riduzione drastica degli in-vestimenti per la modernizzazionedegli acquedotti, della rete fognaria,degli impianti di depurazione1. Ciònonostante, la nuova legislazione,imponendo la svendita forzata delpatrimonio pubblico e l’ingresso so-stanzialmente obbligatorio dei priva-ti nella gestione dei servizi pubblici,renderà obbligatoria, anche per l’ac-qua, la privatizzazione, alimentandosacche di malaffare e fenomeni ma-lavitosi. La malavita già da tempo ha com-preso il grande business dei sevizipubblici locali, si pensi alla gestione

Edoardo BenassaiIngegnere

1 Le diverse esperienze privatistiche di gestione dell’acqua degli ultimi anni hanno dimo-strato come esse siano incompatibili con la gestione del bene comune, poiché la finalità ri-conosciuta alle società commerciali è incompatibile con la gestione del bene. Infatti il con-seguimento del profitto si basa sulla contrazione dei costi e sull’aumento dei ricavi, e inol-tre sull’imputazione degli investimenti sulla tariffa. Questo comporta da un lato l’aumento del-le tariffe, dall’altro tagli ai costi del lavoro, con relativa precarizzazione, e della gestione,con conseguente peggioramento della qualità dei servizi. A questo va aggiunta l’interru-zione del servizio per gli utenti che non sono in grado di pagare e ai quali non è garantitaneanche la quantità minima giornaliera per i bisogni primari.

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dei rifiuti, e la grande possibilità digestirli in regime di monopolio. Per chi conquisterà fette di mercato,l’affare è garantito. Infatti, trattando-si di monopoli naturali, l’esito dellalegge sarà quello di passare da mo-nopoli-oligopoli pubblici a monopoli-oligopoli privati, assoggettando il ser-vizio non più alle clausole di certez-za dei servizi delineati dall’UnioneEuropea, ma alla copertura dei costied al raggiungimento del massimodei profitti nel minor tempo possibile.Insomma il decreto Ronchi, rappre-senta un danno per l’ambiente, lasalute e non da ultimo per l’occupa-zione.Di tutto ciò non sembrano rendersiconto le posizioni espresse dall’at-tuale presidente del Co.N.Vi.R.I.(Commissione Nazionale di Vigilan-za sulle Risorse Idriche) secondo lequali (Sole 24 ore di giovedì 19 no-vembre) poca conta se il gestore siauna S.p.A. controllata dal pubblicoo dal privato, conta che tutte le leg-gi confermino da anni l’acqua comebene pubblico, che gli impianti idri-ci siano tutti di proprietà pubblica,che l’organismo di controllo sia pub-blico e che la formazione delle tarif-fe sia in mano pubbliche. Ma nonsembrano neppure rendersene con-to le ingenue affermazioni contenutenel forum aperto sulla voce.info, sitodi natura economico-finanziaria,laddove si sostengono le ragioni deldecreto Ronchi in nome del fattoche: a) non viene privatizzato il be-ne ma il servizio di fornitura idrica;b) tale processo è efficiente conside-rato che l’innalzamento del capitaleprivato nella gestione dei condottiidrici porterà ad investimenti tali daridurre gli sprechi legati alla disper-sione dell’acqua lungo la rete idricain ragione della migliore posizionein cui si trova il privato per bilancia-

re costi e benefici nello sfruttamentodel bene.Le cose non stanno così. È noto che,soprattutto in beni come l’acqua a va-lore aggiunto assai basso, tra pro-prietà formale del bene e delle infra-strutture e gestione effettiva del servi-zio vi è una tale asimmetria d’infor-mazioni, al punto da far parlare diproprietà formale e proprietà sostan-ziale, ovvero il proprietario reale ècolui che gestisce il bene ed eroga ilservizio.È nota inoltre la debolezza dei con-trolli e la loro pressoché totale inca-pacità di incidere sulla governancedella società. Ma soprattutto è notoche il governo e il controllo pubblicodiventino pressoché nulli nel momen-to in cui ci si trova dinanzi a formegiuridiche di diritto privato, regolatedal diritto societario. In questo senso,è opportuno ricordare l’esperienzafrancese dove in piena gestione pri-vata del servizio idrico a Parigi (Lyon-naise des eaux e Veolia Eau) laChambre régionale des comptes etl’inspection générale de la ville deParis denunziava nel 2000 e nel2001 l’opacità dell’organizzazionee del funzionamento del servizio del-l’acqua e la difficoltà di esercitarecontrolli sul gestore privato2. I grandi principi ispiratori della no-stra Carta costituzionale, che aveva-no negli anni posto le basi e legitti-mato il governo pubblico e democra-tico dell’economia, secondo una lo-gica ed una prospettiva di tutela ef-fettiva dei diritti fondamentali, fini-scono mortificati. Purtroppo una mag-gioranza trasversale proclama prin-cipi liberisti ma introduce al contrarioposizioni di rendita privata che sa-ranno poi impossibili da sradicare.Certo con una maggioranza più at-tenta all’interesse pubblico, si po-trebbe ripartire da una riforma au-

2 A. Le Strat, Le choix de la gestion publique de l’eau à Paris, relazione presentata a Torinoal Convegno: Acqua bene comune: il diritto al futuro, 15 febbraio 2010.

IngegneriNapoli

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5normativa

tentica fondata sulla legge di iniziati-va popolare del Forum dei movimen-ti per l’acqua e sul testo della leggedelega di riforma dei beni pubblici(commissione Rodotà). Entrambe que-ste proposte organiche hanno comeobiettivo il governo dei beni pubblicie dei beni comuni nell’interesse deidiritti fondamentali della persona, tra-mite gestioni di diritto pubblico e nelrispetto dei principi costituzionali.Purtroppo queste riforme non sonoverosimili e l’arma del referendumabrogativo ex art. 75 Costituzioneè la sola utilizzabile in chiave rifor-mista. Ovviamente, le possibilità di succes-so di una tale via sono legate a mol-te variabili, incluso l’atteggiamentodella Corte Costituzionale e la capa-cità dei promotori di far comprende-re ai cittadini l’importanza della po-sta in gioco al fine di ottenere il quo-rum necessario previsto dalla legge.Idealmente entrambe queste difficol-tà sarebbero più agevolmente supe-rabili con un quesito unico secco echiaro. Tuttavia ciò non risulta tecni-camente fattibile perché il regime del-l’acqua risulta connesso con quellodegli altri servizi di pubblica utilità.In virtù di queste difficoltà tecniche e

del mandato ricevuto di presentare aicittadini un progetto referendario ca-pace di ripubblicizzare l’acqua, sisono esplicitati tre quesiti. Si auspicache tutte le forze politiche e socialicapiscano l’importanza di mantene-re la campagna referendaria prossi-ma unicamente legata al tema alta-mente simbolico dell’acqua. I quesiti sono:1. abrogazione dell’art. 23 bis (12

commi) della l. n. 133 del 2008relativo alla privatizzazione deiservizi pubblici di rilevanza eco-nomica, così come modificato dal-l’art. 15 della legge di conversio-ne n. 166 del 2009.

2. abrogazione dell’art. 150 (quattrocommi) del d. lgs. n. 152 del2006 (c.d. codice dell’ambiente),relativo alla scelta della forma digestione e procedure di affida-mento, segnatamente al servizioidrico integrato;

3. abrogazione dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, limitata-mente a quella parte del comma 1che dispone che la tariffa costitui-sce corrispettivo del servizio idricointegrato ed è determinata tenen-do conto dell’adeguata remunera-zione del capitale investito.

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“La CommissioneAmbiente ha raccolto variadocumentazione nazionaleed internazionale sul temadella sostenibilitàambientale, che confluirànella redazione di lineeguida affidate a due gruppidi lavoro: rifiuti e risorseidriche

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IngegneriNapoli

COMMISSIONE AMBIENTEE SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

A cura dellaCommissione AmbienteOrdine Ingegneri Napoli

La Commissione Ambiente dell’Ordi-ne degli Ingegneri della provincia diNapoli, sotto la guida del coordina-tore prof. ing. Mario Pasquino e delproject manager dott. ing. PaolaMorgese, affronta quest’anno il temadella sostenibilità ambientale.Dal mese di gennaio 2010, in cui hainiziato il suo operato, ad oggi, haraccolto il consenso, la partecipazio-ne e la collaborazione di molti colle-ghi, che dedicano ad essa volonta-riamente il loro tempo, la loro pro-fessionalità ed il loro entusiasmo.La commissione, seguendo quanto siè prefissata ad inizio lavori nel suoprogramma, svolge le sue attività conuna tabella di marcia fitta di appun-tamenti. Organizza due incontri almese, uno presso gli uffici dell’Ordi-ne stesso ed un altro in team virtuale.Durante gli incontri “dal vivo” acco-glie degli ospiti per delle conversa-zioni informali. Le conversazioni for-mative, mirate ad affinare le capaci-tà di collaborazione e di comunica-zione tra i componenti della com-missione stessa, hanno visto la par-tecipazione degli ospiti di seguito ri-portati.Daniela Cenciotti, attrice e regista,moglie dell’attore e doppiatore CarloCroccolo, con la sua socia PaolaEsposito: ha fornito dei suggerimentiper parlare in pubblico e dei cenni didizione. Giovanna Scafuro, project managercertificato PMP (Project ManagementProfessional), direttore aggiunto delPMI-SIC (Project Management Institu-

te Southern Italy Chapter) e coordi-natrice della commissione program-ma ed eventi dello stesso: ha dato deiconsigli sulla gestione delle commis-sioni e dei gruppi di lavoro.Francesco Violi, ingegnere e docen-te di project management pressol’Ordine stesso dai primi corsi orga-nizzati nel 2005: ha fornito una in-troduzione al project management.Le conversazioni informative, miratead accrescere le conoscenze su temitecnici, hanno accolto gli ospiti di se-guito riportati.Paola Morgese, ingegnere e projectmanager certificato PMP: ha illustratoil compostaggio domestico vegetaleed il modello C2C (Cradle to cradle)del prof. Dr. Michael Braungart.Paolo Bidello, ingegnere: ha illustratoil capitolo 6 “Criteri per l’individua-zione delle destinazioni potenziali ot-timali” del Programma 2010-2013 digestione integrata dei rifiuti specialidella Regione Campania.Ciro Tortora, dottore in chimica conmaster in ingegneria sanitaria edambientale: ha illustrato un prodot-to, alla cui formulazione ha contri-buito personalmente, per il controllodegli odori molesti nella gestione deirifiuti.La commissione ambiente, nel corsodi questi suoi primi mesi di attività, haraccolto varia documentazione na-zionale ed internazionale sul temadella sostenibilità ambientale, checonfluirà nella redazione di linee gui-da affidate a due gruppi di lavoro: ri-fiuti e risorse idriche.

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TECNOLOGIA VOICE OVER IP:SCENARI DI CONVERGENZA

Attuali tendenze del mercato, nuoveopportunità di business, scenari futuri

“Si assisterà ad unaspinta sempre maggiore

verso la convergenza fisso-mobile e ad un successo

sempre maggiore delleofferte quadruple

play

1. Introduzione

La progressiva diffusione di reti acommutazione di pacchetto ha in-dotto ricercatori ed aziende adesplorare la possibilità di utilizzaretali reti anche per l’erogazione diservizi vocali. Si è, pertanto, assi-stito ad un susseguirsi di sviluppi ditecnologie per la trasmissione voca-le su reti packet switched: Voiceover X.25 (VoX.25), Voice over Fra-me Relay (VoFR), Voice over Asyn-chronous Transfer Mode (VoATM),Voice over Multiprotocol Label Swit-ching (MPLS), Voice over Wi-Fi (Vo-Wi-Fi) e Voice over IP (VoIP). Tra tut-te queste, la tecnologia VoIP è quel-la che ha riscosso maggiore suc-cesso, anche in virtù della capillarediffusione del protocollo IP, correla-ta al crescente successo della reteInternet. Per “Tecnologia Voice over Packet-based networks (VoP)” si intendel’insieme di protocolli, tecnologie einfrastrutture di rete che include lacommutazione di pacchetto utilizza-te per la fornitura di un servizio dicomunicazione vocale, anche inte-grato con dati, suoni e immagini,servizi a valore aggiunto, servizi dicondivisione in tempo reale di risor-se e informazioni, e che possonoconsentire l’interoperabilità con retitelefoniche tradizionali. La tecnolo-gia VoP, pertanto, nasce come natu-rale contraltare alla tradizionale tec-nologia per la fornitura di servizi vo-cali, storicamente erogati attraverso

l’utilizzo di reti a commutazione dicircuito. Sono numerose le opportunità chederivano dalle applicazioni VoP ed inparticolare VoIP e tra queste: – possibilità di nuove applicazioni e

relative opportunità di commercia-lizzazione: servizi nomadici, mes-saggistica istantanea integrata edin generale convergenza tra servi-zi voce e servizi dati;

– utilizzo di un unico cablaggio perla rete fonia e per la rete dati incontesti aziendali e maggiore fles-sibilità per l’implementazione e lagestione di reti e centralini privati;

– risparmio nelle comunicazioni alunga distanza;

– possibilità, grazie ai nuovi dispo-sitivi mobili evoluti (ad es. smart -phone) di nuovi servizi in mobili-tà, prescindendo dalla termina-zione delle chiamate su reti cellu-lari tradizionali, con l’opportunitàdi nuove offerte convergenti fisso-mobile.

In questo articolo ci soffermeremo,principalmente, sulla tecnologia VoIP,analizzandone il ruolo nella conver-genza, con particolare riferimento al-la convergenza fisso-mobile, nonchésulle attuali tendenze del mercato inmerito al Voice over IP, sulle nuoveopportunità di business derivanti dal-la convergenza e sugli scenari futurilegati alla crescente diffusione di que-sta tecnologia, sia dal punto di vistadegli utenti, sia dei fornitori di servi-zi di comunicazione.

Sergio PalumboIngegnere

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8Ingegneri

Napoli

2. Aspetti tecnologici

Il termine VoIP si riferisce ad una fa-miglia di tecnologie e protocolli enon ad uno specifico standard.Perdefinire i contorni di una specificaapplicazione VoIP occorre fissare al-cune scelte implementative che han-no notevole impatto sulla complessitàdella soluzione, sulle caratteristichequalitative e sull’occupazione di ban-da per singola conversazione. Lescelte da operare sono essenzial-mente le seguenti: – tecnica di codifica vocale; – protocollo di segnalazione; – protocollo di trasporto.

Dal punto di vista dell’utente, invece,l’applicazione VoIP può prevedere unapposito dispositivo (telefono VoIP,wired o cordless) oppure può esserefruita attraverso un software (cosid-detto softphone) da installare su spe-cifici sistemi operativi. Esistono soft-ware VoIP sia per i sistemi operativi ti-pici dei personal computer, ivi com-presi notebook e netbook (MicrosoftWindows, Linux, Apple McIntosh),sia per i sistemi operativi dei moder-ni palmari e smartphone (Symbian,Windows Mobile, Android, iPhone,etc.). Di seguito si passano brevemente inrassegna le principali soluzioni di-sponibili per la codifica vocale ed iprotocolli di segnalazione e di tra-sporto.

2.1 Tecniche di codifica vocale Le tecniche di codifica vocale posso-no essere suddivise, in prima analisi,in due macrocategorie:

– codificatori waveform: effettuanouna codifica della forma d’ondadel segnale vocale, attraverso ope-razioni di campionamento, quan-tizzazione e codifica;

– Vocoder: analizzano il segnale vo-cale per ricavarne i parametri dadare in input ad un modello del-l’apparato di produzione del suo-no (sistema corde vocali-tratto vo-cale), in modo da trasmettere i so-li parametri del modello.

Il più semplice codificatore wave-form, intensivamente utilizzato in pas-sato e tuttora protagonista di granparte delle installazioni nei backbo-ne delle reti fisse, è il PCM (Pulse Co-de Modulation). Un codificatore PCM si basa, essen-zialmente, sull’applicazione del teo-rema di Nyquist. Considerato che ilsegnale vocale ha una banda nettadi circa 3100 Hz (nella finestra 300Hz – 3400 Hz), si procede a cam-pionare il segnale vocale con una fre-quenza pari al doppio di una bandalorda di 4000 Hz, pertanto a 8 kHz.Ciascun campione viene quantizzato1 con 256 livelli, in modo che pos-sa essere codificato tramite l’utilizzodi 8 bit. Ne discende un segnale nu-merico con un bitrate di 64 kbps2. Per ridurre l’occupazione di banda,senza perdere molto in termini di qua-lità, sono state introdotte due variantialla codifica PCM: le tecniche PCMadattative (APCM) e le tecniche PCMadattative differenziali (ADPCM). Le tecniche adattative riducono il nu-mero di livelli di quantizzazione uti-lizzati, a seconda della variabilitàdel contenuto informativo del segna-

1 La quantizzazione può essere uniforme o logaritmica. Si è verificato che la quantizzazio-ne logaritmica, per la natura del segnale vocale, è in grado di ridurre il rumore di quantiz-zazione. Esistono due apposite “leggi” per la definizione del metodo di quantizzazione lo-garitmica, utilizzate negli Stati Uniti d’America (legge “mu”) ed in Europa (legge “A”). Perapprofondimenti: G.E. Pelton, Voice Processing, McGraw-Hill, 1993.2 È da osservare come le tecniche di multiplexing a divisione di tempo utilizzate nelle reti fis-se si basino su un canale vocale base esattamente di 64 kbps: si tratta proprio di un cana-le adatto al trasporto di una comunicazione vocale codificata con la tecnica PCM.

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le vocale istante per istante. È cosìpossibile utilizzare, ad esempio, 4 bit(quindi 16 livelli), incrementandoliquando necessario. Alla base delle tecniche differenzialic’è l’idea di trasmettere, istante peristante, invece dell’ampiezza del se-gnale vocale in sé, il suo scostamen-to da un valore predetto. La predi-zione, basata sui campioni prece-denti, viene effettuata sia in trasmis-sione che in ricezione, pertanto èpossibile trasmettere il solo scosta-mento. La predizione è particolar-mente efficace in caso di segnali nontroppo velocemente variabili. Si puòcosì arrivare a riduzioni notevoli del-la banda necessaria alla trasmissio-ne del segnale codificato: anche finoa 32 kbps, ossia la metà della bandanecessaria per un canale fonico concodifica PCM. Seppur un bitrate di 32 kbps possasembrare adeguatamente basso, apartire dagli anni ‘90 sono stati fattidiversi sforzi per ridurlo ulteriormen-te. Difatti, in quegli anni si sono veri-ficati due eventi: da un lato, la rapi-da diffusione della telefonia cellulareha reso necessaria un’ottimizzazionedella risorsa scarsa costituita dallospettro radio, in modo da garantire,a parità di occupazione di banda, unmaggior numero di comunicazionicontemporanee; dall’altro, le innova-zioni tecnologiche dei microproces-sori e dei chip ad altissima integra-zione (VLSI3) hanno reso disponibili,a costi accettabili, potenze di calcoloprima insperate. Sono stati, pertanto,condotti nuovi studi per algoritmi fi-nalizzati alla trasmissione del segna-le vocale con un bitrate più basso ri-spetto ai codificatori waveform, macomunque con un accettabile livelloqualitativo. Risultato di tali ricerchesono stati i cosiddetti vocoders (dallacontrazione di voice e coders, ossiacodificatori vocali), anche noti come

codificatori model based, in quantobasati su un modello dell’apparato diproduzione vocale. La differenza sostanziale tra un codi-ficatore waveform ed un vocoderconsiste nel fatto che un vocoder, in-vece di trasmettere la codifica deicampioni del segnale vocale nel do-minio del tempo, trasmette delle in-formazioni derivanti da un’analisi delsegnale vocale, ricostruito con unasintesi in ricezione. Il segnale vocaleviene analizzato per trame di unalunghezza dipendente dallo specifi-co algoritmo (in genere con una du-rata compresa tra i 2 ed i 50 millise-condi). L’analisi avviene sia nel do-minio del tempo che nel dominio del-la frequenza. È palese, pertanto, chela codifica con un vocoder implichiintrinsecamente una latenza nella tra-smissione. A partire dal segnale vo-cale in ingresso, nella specifica fine-stra temporale, vengono calcolati al-cuni parametri che descrivono un mo-dello dell’apparato di produzioneche vengono trasmessi e utilizzati inricezione per pilotare il modello e ri-produrre un segnale che viene per-cepito dall’orecchio come simile aquello originale, anche se non esistealcuna garanzia di uguaglianza o fi-nanche di somiglianza tra la formad’onda trasmessa e quella ricevuta. Iparametri possono essere, ad esem-pio: coefficienti che descrivono le ca-ratteristiche di risonanza del tratto vo-cale, flag indicante se il segnale inquella finestra temporale contiene onon contiene parlato, frequenza dipitch, etc. Al fine di migliorare l’occupazione dibanda, una tecnica spesso utilizzatacongiuntamente alle predette è quel-la di soppressione dei silenzi: da stu-di condotti sui canali fonici con codi-fica PCM si è visto che in media ad-dirittura il 60% dei bit trasmessi sonodi “silenzio”4. Le virgolette sono d’ob-

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3 Very Large Scale Integration.4 Cfr. W. Goralski e M.C. Kolon, IP Telephony, McGraw-Hill, 1999.

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Algoritmo Tecnologia Bit Rate (Kbps) Complessità (MIPS9) Ritardo di compressione (ms) Dimensione trama (ms) MOSG.711 PCM 64 .34 0.75 0.125 4.1G.726 ADPCM 32 13 1 0.125 3.85G.728 LD-CELP10 16 33 3–5 0.625 3.61G.729 CS-ACELP11 8 20 10 10 3.92G.729a CS-ACELP 8 10.5 10 10 3.9G.723.1 MPMLQ12 6.3 16 30 30 3.9G.723.1 ACELP13 5.3 16 30 30 3.8

bligo, poiché è sempre presente unrumore di fondo. Proprio a causa diquesto rumore di fondo, non è del tut-to banale riconoscere il parlato dalsilenzio ed il preciso istante in cui ini-zia il parlato e, a tal fine, si utilizza-no apposite tecniche di Voice Activa-tion Detection5. Grazie ai vocoder e all’uso di tecni-che predittive e/o di codebook6 è

possibile trasmettere segnali vocalicon discreta o buona qualità anchecon bitrate abbastanza bassi. NellaTabella17 sono riportati gli algoritmidi codifica più comuni e, per ciascu-no di essi, la banda occupata dal se-gnale codificato con quello specificoalgoritmo ed una misura di qualitàbasata sul Mean Opinion Score(MOS)8.

5 Si noti, tra l’altro, che chi conversa al telefono si aspetta, comunque, un certo rumore difondo, altrimenti potrebbe non distinguere un silenzio dall’altro lato della linea da un’even-tuale caduta della comunicazione e si troverebbe a chiedere continuamente all’interlocuto-re se lo stesso sia ancora in linea, inficiando la conversazione. Per evitare tali inconvenien-ti, si usano tecniche per l’introduzione ad hoc di un rumore di fondo (comfortable noise), tal-volta registrando e riproponendo i rumori di fondo reali percepiti dall’altro lato della linea.6 Un codebook è un “catalogo di segnali”, dove vengono raccolte tutte le possibili eccita-zioni del filtro che modella il tratto vocale. In tal modo, è possibile trasmettere il solo indicedel catalogo che produce la migliore qualità (minimizzazione dell’errore quadratico) più untermine di guadagno relativo.7 D. Minoli, Voice Over IPv6: Architectures for Next Generation VoIP Networks, Elsevier,2006.8 Con Mean Opinion Score (MOS) si intende un insieme di metodi di misura della qualitàdella voce di tipo soggettivo, basato su prove di ascolto. La misurazione avviene attraversocampagne di prova mirate, che prevedono la sottomissione, ad un campione numericamenteconsistente di persone, di un certo numero di frasi sulle quali devono esprimere dei giudiziin termini numerici, da 1 (qualtià molto bassa) a 5 (qualità eccellente). I restanti livelli sono:4 (qualità buona), 3 (qualità abbastanza buona), 2 (qualità bassa). Per approfondimenti, cfr.Raccomandazione ITU-T P.800.9 Million Instructions Per Second.10 Low Delay-Code Excited Linear Prediction.11 Conjugate Structure Algebraic Code-Excited Linear Prediction.12 Muulti Pulse-Maximum Likelihood Quantization.13 Algebraic Code Excited Linear Prediction.

Tabella 1

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2.2 Procolli VoIP Dal punto di vista protocollare, il VoIPrichiede la coesistenza di un proto-collo per il trasporto dei dati multi-mediali ed uno per il signalling. Per il trasporto delle informazioni vo-cali (e multimediali in genere), seb-bene sia possibile utilizzare i proto-colli che tradizionalmente si appog-giano sullo strato IP nelle reti Internet,ossia UDP e TCP, è preferibile utiliz-zare un altro tipo di protocollo, ossiaRTP14 (Real Time Protocol). Il limite delprotocollo UDP consiste nel fatto che,trattandosi di un protocollo connec-tionless, in nessun modo è possibilegarantire che l’arrivo dei pacchetti adestinazione rispecchi l’ordine di par-tenza, né è possibile ricostruire l’ori-ginario ordine dei pacchetti in fase diricezione, poiché nessuna informa-zione relativa all’ordinamento vieneinviata nell’header di tale protocollo.Di converso, il protocollo TCP, con-nection oriented, risulta troppo pe-sante per le esigenze del VoIP, poi-ché, se da un lato garantisce la rice-zione ordinata dei pacchetti, dall’al-tro offre caratteristiche di ritrasmis-sione degli stessi in caso di mancatao errata ricezione, che possono es-sere superflue se non dannose per lostreaming di dati multimediali. Difatti,una volta che un pacchetto è arrivatocon un delay superiore al tempo dibuffering, questo va in ogni casoscartato e non è possibile attendere isingoli pacchetti, poiché si perdereb-be la fluidità della riproduzione a val-le. Il compromesso ideale è proprio ilprotocollo RTP, che garantisce il cor-retto ordinamento dei pacchetti rice-vuti, senza però la ritrasmissione deipacchetti errati o mancanti. Peraltro,è da notare che un singolo pacchettorappresenta qualche decina di milli-secondi di segnale vocale, pertantouna simile perdita, se sporadica edisolata, non inficia assolutamente lacomprensibilità del segnale in fase di

ricezione. Esiste, inoltre, una versio-ne “sicura” del protocollo RTP, il Se-cure RTP15 (SRTP), che garantisce an-che la crittazione delle informazionitrasmesse. Oltre al trasporto delle informazionimultimediali, è necessario un proto-collo per la segnalazione, ossia perle operazioni di instaurazione di unachiamata, per la sua terminazione,per la selezione del destinatario, etc.Per la segnalazione esistono sia pro-tocolli proprietari (ad esempio IAX,Skype, SCCP) sia standardizzati (SIP,Session Initiation Protocol, propostoda IETF e H.323, proposto da ITU-T). Tra i protocolli standardizzati, il pri-mo ad essere utilizzato è statol’H.323, largamente diffuso già neisistemi di videoconferenza su reteISDN e, proprio per la sua maturità,adottato anche dalla comunità VoIP.Ciò nonostante, il SIP si è fatto sem-pre più strada e si prevede che in fu-turo la faccia da padrone. Il protocollo SIP (Session Initiation Pro-tocol) è un protocollo applicativo ba-sato su IP che offre meccanismi perinstaurare, modificare e terminare (ri-lasciare) una sessione di comunica-zione multimediale (voce, video, da-ti) su rete IP. SIP favorisce un’architet-tura modulare e scalabile, ovvero ca-pace di crescere con il numero degliutilizzatori del servizio. Queste po-tenzialità hanno fatto sì che il SIP sia,oggi, il protocollo VoIP più diffuso nelmercato residenziale e business, pre-ferito ad altri protocolli, tra i qualiH.323.La comunicazione con il protocolloSIP può essere peer-to-peer oppurepassare attraverso un proxy server,che si occupa di instradare corretta-mente le comunicazioni verso i desti-natari, oltre che dell’autenticazione.Gli utenti si possono registrare ai re-gistrar server per comunicare le pro-prie informazioni di localizzazione,che vengono inoltrate al location ser-

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14 Definito da IETF (RFC 3550).15 Definito da IETF (RFC 3771).

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ver. Molto utile ai fini del nomadismosono le funzioni di redirezione, cuisovraintende il redirect server, graziealle quali il chiamante ottiene le in-formazioni utili per riuscire a contat-tare un dato destinatario. In sintesi, lefunzionalità di base messe a disposi-zione da SIP sono:– presence: la possibilità di pubbli-

care e notificare il proprio stato didisponibilità oppure di conoscerequello degli altri utenti;

– registrazione: l’utente, in fase di at-tivazione, notifica alla rete le in-formazioni necessarie a raggiun-gerlo;

– identificativo unico: ogni utente ècaratterizzato da un identificativologico detto SIP URI (Uniform Re-source Identifier);

– mobilità utente: grazie alle infor-mazioni inviate dall’utente in fasedi registrazione, la rete riesce adinstradare dinamicamente le chia-mate verso il terminale da cuil’utente ha effettuato la registra-zione, ovunque esso sia;

– forking: nel caso in cui un utente siregistri su più terminali contempo-raneamente, i server in rete posso-no instradare le chiamate su tutti iterminali secondo un ordine pre-stabilito.

Utilizzando queste funzionalità è pos-sibile realizzare numerosi servizi con-vergenti che integrano le comunica-zioni vocali e multimediali ed i dati.Nuove applicazioni si rendono, così,disponibili sia per l’utente consumer(messaggistica unificata, telefonia IP,nomadismo, etc.) sia per l’utente bu-siness (IP-PBX, IP-Centrex, Web CallCenter, telelavoro, teledidattica, etc.).I fattori che hanno decretato la fattivaaffermazione del protocollo SIP sono:l’integrazione con i restanti protocol-li Internet, la scalabilità, la semplicità,il supporto alla mobilità ed alla co-municazione collaborativa e unificata

e la semplicità di sviluppo delle ap-plicazioni che adottano questo pro-tocollo. Proprio per queste caratteri-stiche, è opinione di molti che SIP co-stituisca, per le comunicazioni real-ti-me ciò che il protocollo HTML è stato,in passato, per la navigazioneweb16.

2.3 Problematiche di qualità delservizio Oltre alla problematica dell’occupa-zione di banda e della qualità del se-gnale vocale derivante dalla codificascelta, vi sono altri fattori che influen-zano la buona riuscita di una con-versazione vocale su una rete a com-mutazione di pacchetto. Prima di tut-to, un aspetto da considerare riguar-da il ritardo di trasmissione (delay).Il delay è dato dalla risultante di trecomponenti: il tempo di trama (ne-cessaria per la codifica), il tempo dielaborazione (in codifica e in deco-difica) ed il tempo di trasporto deipacchetti. I primi due tempi sonopressoché deterministici, mentre iltempo di trasporto è variabile. Primadi tutto, il tempo di trasporto è la som-ma dei tempi di impacchettamento amonte e di ricostruzione a valle, deltempo di propagazione del segnale(particolarmente sentito nelle reti mo-bili) e del tempo di attraversamentodella rete. Quest’ultimo, in particola-re, presenta la variabilità intrinsecadelle reti a commutazione di pac-chetto, non essendo stato stabilito amonte un circuito. Difatti, a differenzadelle reti a commutazione di circuito,non è garantito che i pacchetti se-guano sempre lo stesso percorso dal-l’origine alla destinazione e, soprat-tutto in caso di congestione, i pac-chetti potrebbero subire ritardi varia-bili (jitter). Al fine di ridurre i disagi inricezione, si procede, pertanto, aduna bufferizzazione del segnale, in-troducendo una nuova componentedi ritardo. Diventa, allora, fonda-

16 Nortel White Paper, SIP: Enabling real-time communications effectiveness for today’s vir-tual enterprise, 2004.

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mentale trovare il giusto compromes-so tra le varie componenti in gioco,ossia complessità di calcolo dell’al-goritmo di compressione, banda oc-cupata, qualità della voce, numero dipacchetti scartati (perché ricevutitroppo tardi rispetto al tempo di buf-ferizzazione) e massimo ritardo endto end accettabile. Per quanto riguarda il ritardo end toend, secondo la raccomandazioneITU G.114, esso dovrebbe essere in-feriore ai 150 ms e comunque nonsuperiore ai 400 ms, limite oltre ilquale il segnale vocale non è piùcomprensibile da chi lo riceve. Unalatenza end to end compresa tra i150 ed i 400 ms può causare feno-meni di eco, per i quali si rende ne-cessario adottare appositi meccani-smi di cancellazione dell’eco. Perquanto riguarda il jitter, invece, se-condo il 3GPP17, lo stesso deve esse-re inferiore ad 1 ms, mentre la per-centuale di pacchetti errati o scartatiper eccessivo ritardo deve essere in-feriore al 3%18. Alla base di molti dei problemi diqualità dei servizi VoIP c’è la naturatipicamente best effort della rete In-ternet, nonché delle reti locali (adesempio Ethernet o Wi-Fi). Per le retilocali, l’IEEE ha definito lo standard802.1p, che aggiunge informazionia livello data-link per la definizionedi otto livelli di priorità del traffico.Per le reti geografiche, invece, in at-tesa della migrazione verso IPv6, cheoffre meccanismi più evoluti per lagestione della qualità del servizio, èpossibile, già con IPv4, utilizzare ilcampo Type of Service dell’intesta-zione del pacchetto IP al fine di defi-nire 64 classi di priorità su ogni sin-

golo pacchetto. Questa tecnica è co-nosciuta come DiffServ (DifferentiatedServices) e risulta particolarmentescalabile, motivo per cui è stata pre-ferita a protocolli come RSVP (Re-source reSerVation Protocol), che con-sente di riservare le risorse di rete percomunicazioni per le quali è neces-saria una maggiore qualità.Per le reti mobili le caratteristiche ri-chieste per la buona riuscita di unaconversazione VoIP possono esseretalvolta difficili da raggiungere, so-prattutto in condizioni di frequentihandover e di non eccellente ricezio-ne del segnale. Proprio questa è unadelle motivazioni per le quali alcunioperatori mobili potrebbero optareper l’introduzione di limitazioni mira-te all’utilizzo di applicazioni VoIP sul-le proprie reti: la difficoltà nel garan-tire una buona qualità del servizio.Peraltro, lo sviluppo delle reti mobilidi terza generazione e la diffusionesempre maggiore di dispositivi ad al-te velocità su protocolli come HSDPA,consentono di ottenere buoni se nonottimi livelli qualitativi anche per ilVoIP su rete mobile ed in futuro assi-steremo a miglioramenti sempre mag-giori, con le reti di quarta genera-zione, le cosiddette reti Long TermEvolution (LTE). All’interno di edificicon una ricezione non eccellente,poi, si potrà optare o per lo sfrutta-mento di reti wireless (sono state de-finite apposite procedure di seamlesshandover perché ciò avvenga in mo-do pressoché trasparente per l’uten-te) oppure l’utilizzo diffuso della tec-nologia a femtocelle19, che, se diffu-sa, potrebbe risolversi anche in un di-screto risparmio, in termini di bac-khauling20, per il gestore mobile.

17 Il Third Generation Partnership Project (3GPP) è un accordo di collaborazione fra enti chesi occupano di standardizzare sistemi di telecomunicazione in diverse parti del mondo.18 Cfr.: 3GPP TS 26.071, AMR speech codec: general description.19 Una femtocella è una stazione radio base “in piccolo” che, connessa tramite connessio-ne broadband (ad es. ADSL) si connette alla rete dell’operatore mobile, fungendo da ripe-titore nella zona circostante (in genere per coprire una casa o un piccolo ufficio).20 In una rete mobile, il backhaul è il tratto di rete che collega la stazione radio base alladorsale.

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3. Il VoIP come fattore abilitante nellaconvergenza fisso-mobile

Diversi operatori hanno già adottatoil VoIP per arricchire le proprie offer-te (sia business che residenziali) nel-l’ottica di fornire una rosa di servizi“convergenti” su reti IP. È il caso, adesempio, delle recenti offerte “tripleplay”, con telefonia fissa, Internet eTV proposte da diversi operatori direte fissa. In prospettiva, sempre ilVoIP potrà essere protagonista dellefuture offerte “quadruple play”, cheprevedono, in aggiunta al “tripleplay” anche la convergenza fisso-mo-bile (FMC). La convergenza fisso-mobile è un’esi-genza sempre più sentita dagli uten-ti, oltre ad essere un potenziale vola-no per la creazione di nuove oppor-tunità di business, sia per gli opera-tori già presenti sul mercato, sia pernuovi player che potrebbero entraresul mercato in modo altamente com-petitivo. Fino ad ora, le offerte commercializ-zate e vendute come “convergenti”sono state soluzioni ibride basate sul-le reti cellulari, attribuendo all’utenteuna numerazione geografica ag-giuntiva, la quale viene deviata suun’utenza cellulare se la stessa è atti-va in una specifica cella. In tal modo,la sensazione dell’utente è quella diavere un unico dispositivo in gradodi ricevere sia telefonate cellulari,sia, in una zona ristretta nell’intornodella propria abitazione o del pro-prio ufficio, telefonate di rete fissa. Si prevede che in futuro, oltre alle re-ti di telefonia cellulare, i dispositivipossano utilizzare anche le reti Wi-Fidomestiche o aziendali (e quindi an-che le reti fisse), le reti WiMAX in cor-so di implementazione ed i tanti hot-spots Wi-Fi che si vanno via via dif-fondendo. Difatti, sempre più, glismartphone di nuova generazione of-frono la possibilità di fruire di reti2G, 3G e di reti wireless (terminalimultimodali). Il VoIP può costituire ilmodo migliore per unificare, sottoun’unica numerazione di un unico ge-store, in modo convergente e traspa-

rente per l’utente, le comunicazionivocali (ma non solo) originate attra-verso questa molteplicità di puntid’accesso alla rete Internet. In tal mo-do, si possono ottenere risparmi nonindifferenti per gli utenti e si possonoconfigurare nuove opportunità di bu-siness per gli operatori, sia di rete fis-sa, sia di rete mobile. Anche per gli operatori la FMC otte-nuta per mezzo del VoIP può costi-tuire un importante risparmio, con lapossibilità di erogare servizi sia fissiche mobili attraverso un unico siste-ma centralizzato: il cosiddetto IMS(IP Multimedia System), al quale èdelegata l’attività di convogliamentodelle comunicazioni su un’unica re-te. In tal modo, si otterrebbe unamaggiore flessibilità nella gestionedelle reti e la riduzione di duplica-zioni, una remotizzazione semprepiù spinta delle attività di monitorag-gio e manutenzione della rete, conconseguente riduzione dei costi. Sulversante corporate e SOHO (SmallOffice Home Office), è possibile ot-tenere significativi vantaggi, ancheeconomici, dalla possibilità di offrireservizi IP-PBX e IP-Centrex, rendendopiù flessibili o addirittura virtualiz-zando i centralini telefonici. In que-sto modo, quella che normalmenteera una dotazione infrastrutturaledelle aziende, può a tutti gli effetti di-venire un servizio, con un vantaggioper i fornitori di servizio ed un ri-sparmio per le aziende, che posso-no evitare investimenti infrastrutturalie costi manuntentivi e logistici, po-tendosi maggiormente concentraresul proprio business, secondo il pa-radigma Infrastructure as a Service.Infine, sempre in ambito corporate,grazie alla comunicazione in mobili-tà integrata, si possono ottenere si-gnificativi e veloci ritorni d’investi-mento associati, oltre che ai rispar-mi, anche al migliore supporto allaproduttività. Anche scenari di remo-tizzazione delle postazioni lavorati-ve e di telelavoro possono trovarenel VoIP e nella convergenza fisso-mobile il fattore abilitante che in pas-sato mancava.

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4. Scenari futuri

Come previsto da molti analisti, assi-steremo, negli anni, ad uno sposta-mento delle comunicazioni vocali dal-le reti a circuito sempre più verso lereti a commutazione di pacchetto. Ilsuccesso del VoIP si configurerà co-me una sfida per gli operatori giàpresenti sul mercato ed apparirannonuovi fornitori di servizi di comunica-zione vocale su rete IP. Inoltre, è opi-nione diffusa tra gli analisti che si as-sisterà ad una spinta sempre mag-giore verso la convergenza fisso-mo-bile e ad un successo sempre mag-giore delle offerte quadruple play.Per quanto riguarda il mercato euro-peo, dalla relazione annuale del2009 dell’Agcom si evince come nel2008 sia proseguito il processo di so-stituzione dei servizi voce tradizionalisu rete fissa con il VoIP. Per quanto siaancora complicato misurare i volumedi traffico VoIP, soprattutto per le chia-mate “PC to PC”, secondo i dati Ag-com le chiamate originate su proto-collo IP rappresenterebbero, in me-dia, l’8% del traffico di telefonia fissain Europa, seppure con alcune rile-vanti differenze. Francia e Olanda,difatti registrano la più alta percen-tuale di utenti di tale servizio: l’Olan-da mantiene posizioni di leadershipcon il 32% delle chiamate VoIP sul to-tale chiamate fisse, cui segue la Fran-cia con il 27%. Secondo l’Agcom,dietro l’uso ancora limitato di tale ser-vizio in altri paesi europei emerge siala scarsa consapevolezza dei consu-matori dei vantaggi economici delVoIP, sia il limitato incentivo ad usar-lo, connesso con la bassa diffusionedelle reti a larga e larghissima ban-da.La penetrazione del VoIP in Europa ècomunque particolarmente alta nelle

aziende: secondo IDC21, infatti, nel2009 quasi la metà delle aziende eu-ropee (il 45%) hanno adottato il VoIPper le loro comunicazioni.Secondo Gartner22 entro il 2019,grazie allo sviluppo delle reti di quar-ta generazione (WiMAX e LTE), il50% delle comunicazioni vocali mo-bili saranno effettuate attraverso tec-nologia VoIP e gli analisti consiglia-no agli operatori mobili di iniziare apensare a come affrontare questatransizione e alle forme di coopera-zione o di partnership con fornitori dialtri tipi di servizi. Anche i giganti diInternet, come Google o Yahoo, maanche i social network, come Face-book e Myspace, dovrebbero inizia-re a pensare di fornire anche servizivocali, utilizzando le reti degli ope-ratori mobili e le reti Wi-Fi. Gli attuali operatori, ed in particola-re gli operatori di rete mobile, han-no, attualmente, una posizione privi-legiata sul mercato, ma la spinta sem-pre più forte verso il VoIP tende a ren-dere sempre più forte la competizio-ne in un mercato dove, prima, chinon aveva a disposizione l’infrastrut-tura per il trasporto delle comunica-zioni vocali doveva accontentarsi diuna nicchia. Andando sempre piùverso una rete di trasporto completa-mente IP, la voce diventa semplice-mente una delle applicazioni che do-vrà interagire e, spesso, competere,con le restanti (dati, video, etc.) sullastessa rete. La tendenza mostrata da-gli utenti, difatti, è quella di muoversirapidamente verso una comunicazio-ne multicanale e sempre più asimme-trica: la voce è stata via via affian-cata, e talvolta surclassata, da nuoveforme di comunicazione (SMS, chat,e-mail, instant messaging, social net-working ma anche videochiamate evideconferenze). La rapida diffusione

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21 R. Cornelissen, C. Barnard, European WAN Manager Survey 2009: European Attitudesto VoIP Services, IDC, 2010.22 T. J. Hart, A.K. Sharma, Emerging Technology Analysis: Mobile Portal VoIP, Global Con-sumer Communications Services, Gartner, 2009.

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di dispositivi always on-always con-nected, ossia sempre connessi alla re-te Internet, congiuntamente al suc-cesso delle diverse opzioni e promo-zioni commercializzate dagli opera-tori mobili sono la testimonianza tan-gibile di questa tendenza ad una vi-sione unificata della comunicazione,dove assume una sempre maggioreimportanza il concetto di presence,ossia l’essere connessi e notificarlo aipropri contatti (o ad una parte di es-si). La diffusione sempre più larga disoftware per dispositivi mobili comeFring o Nimbuzz, che integrano l’ac-cesso a siti di social networking, ser-vizi di instant messaging e serviziVoIP su protocollo SIP, è un chiaroesempio dell’orientamento degli uten-ti in tal senso. Gli operatori già presenti sul merca-to, per essere davvero competitivi nellungo termine, dovrebbero evitare dicedere alla tentazione di snaturarela neutralità della rete introducendofiltri per date tipologie di traffico oprivilegiandone altre; dovrebbero,piuttosto, iniziare a pensare alle co-municazioni in modo più olistico, for-nendo soluzioni sempre più integrateai propri clienti. In questo, i fornitoridi servizi VoIP dovrebbero essere vi-sti come preziosi partner, anziché co-me competitor, arricchendo l’offertaanche grazie a nuove virtuose alle-anze. Peraltro, una simile tendenzaa stabilire alleanze per arricchirel’offerta mobile con servizi semprepiù integrati di messaggistica istan-

tanea (ad es. MSN Messenger) e disocial networking (ad es. Facebook,Myspace, etc.) è stata già sperimen-tata con successo, con la predisposi-zione di bundle comprendenti quotedi messaggi IM o accesso a condi-zioni economiche facilitate a siti disocial network in offerte co-brandingo anche branded23. Secondo Idate24,gli utenti di servizi di social networ-king da rete mobile, nel 2012, sa-ranno un bilione. Sul fronte dei nuovi player, invece, èplausibile che si assista sempre piùad una penetrazione degli operatoriconcessionari di frequenze WiMAX,che potranno incalzare gli operatorimobili 3G sul fronte della conve-nienza in termini economici, dellalotta al digital divide e, soprattutto,della convergenza. Grazie al Voiceover Wi-Fi, difatti, potranno bypas-sare del tutto le reti mobili dei tradi-zionali operatori o, in ogni caso, ten-dere ad instaurare partnership conoperatori mobili virtuali (MVNO) odiventarlo essi stessi, offrendo ai pro-pri clienti nuovi servizi integrati econvergenti, costituendo così una mi-naccia per gli attuali operatori mo-bili. Per evitare una simile eventuali-tà, invece di limitare il traffico VoIP,gli operatori dovrebbero sfruttarequesta tecnologia per arricchire lapropria offerta, stabilendo opportu-ne partnership con i fornitori di ser-vizi VoIP, così come già fatto per iservizi di social networking e di in-stant messaging.

23 Alcuni operatori mobili hanno optato, in passato, per la creazione di community alterna-tive con il proprio marchio, ma con scarso successo.24 P. Carbonne, S. Nakajima, The future of mobile communications. New communicationmethods to preserve revenue growth, Idate, 2009.

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IRENE:LA POSTINA DELLE STELLE

Studio di una piccola capsula di rientro in grado diriportare sulla Terra carichi utili limitati da orbita LEO

“IRENE rappresentaun sistema riutilizzabile, abasso costo e sviluppabile

in breve tempo per svolgerediverse tipologie di

missioni

Il programma IRENE (Italian Re-EntryNacellE) ha lo scopo di studiare unapiccola capsula di rientro in grado diriportare sulla Terra carichi utili limi-tati, in termini di massa e volume, daorbita LEO (Low Earth Orbit). Tale sfida tecnologica è oggi diven-tata concreta con l’avvio di uno stu-dio per conto dell’ASI (Agenzia Spa-ziale Italiana), da parte di un foltogruppo di aziende Campane (riuniteall’interno consorzio ALI). Sin dallanascita dell’iniziativa è stato eviden-te come tutte le competenze necessa-rie al buon esito del progetto fosseroreperibili nella nostra regione. Ciò di-mostra come il settore aerospazialesia un campo in cui la Campaniapossa vantare realtà di eccellenza, ingrado di competere a livello interna-zionale. La compagine progettuale èmolto eterogenea e si avvale delKnow-How di piccole realtà localispecializzate in settori di nicchia adelevata tecnologia (Euro.Soft, Foxbit,TES), della forza della grande impre-sa (Telespazio e ITS) e della supervi-sione scientifica di istituti di ricercasia pubblici che privati (con la parte-cipazione del CIRA e del Diparti-mento di Ingegneria Aerospazialedella Federico II).Il progetto si inquadra in un contestopiù ampio, relativo ai sistemi di rien-tro che in breve, a causa della finedel programma Space Shuttle, reste-rà appannaggio delle sole capsulerusse Soyuz TMA. In tale contesto,IRENE rappresenta un sistema riuti-lizzabile, a basso costo e sviluppabi-

le in breve tempo per svolgere diver-se tipologie di missioni.L’intenzione alla base del progetto èquella di verificare la fattibilità e rea-lizzare un sistema di rientro di picco-le dimensioni e massa limitata basa-to sulle più moderne tecnologie aero-spaziali. Le principali caratteristiche della cap-sula saranno:– La riutilizzabilità del sistema. Il mo-

dulo che rientrerà in atmosfera po-trà essere riutilizzato per una suc-cessiva missione, previo un oppor-tuna sostituzione delle parti gon-fiabili od umbrella like e/o refur-bishment delle parti danneggiatedurante il rientro e l’impatto. Si no-ti come l’economicità del sistemaentri in gioco qualora l’analisi de-gli aspetti ricorrenti possa essereconfrontabile con quelli non-ricor-renti a fronte di uno scenario di uti-lizzo di più missioni.

– La capacità di riportare a terra ca-richi utili. Si pensi alle possibili ap-plicazioni anche in altri ambitiquale il rientro da LEO ad uso Spa-ce Station, applicazione attual-mente (e raramente) impiegata at-traverso la capsula Raduga mon-tata sopra veicoli Progress oppor-tunamente modificati.

– Struttura di protezione termica gon-fiabile umbrella-like. Le protezionied il controllo termico rappresen-tano un aspetto cruciale per il pro-getto in quanto applicazione ditecnologie e metodologie note e/oin sviluppo (sistemi di protezione a

Renato AurigemmaIngegnere

Coordinatore Commissione AerospazialeOrdine Ingegneri Napoli

Nicola CimminielloIngegnere

numero 2marzo-luglio 2010

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18Ingegneri

Napoli

ombrello gonfiabili) in scenariavanzati quali i sistemi di rientro.

– Strutture composite. Utilizzo di ma-teriali innovativi come elementi por-tanti del veicolo in tali applicazioni.

Lo studio preliminare si propone didelineare la fattibilità dell’intero pro-getto e di ottenere come prodotto undimostratore ingegneristico, soprat-tutto per la parte relativa al sistema

di protezione termica. Il dimostratoresviluppato consentirà di effettuareprove nella Galleria del Vento iper-sonica al Plasma Scirocco presso ilCentro Italiano Ricerche Aerospazia-li (CIRA), atte a validare sul campo irisultati teorici ottenuti dallo studio.Irene potrebbe essere impiegata inmissioni di Earth-Observation, pereseguire test, o missioni limitate neltempo.

Ipotesi di layout della capsula IRENE

ISS

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Contesto programmaticoe applicativo

Sin dalla nascita del programma ISS(International Space Station) si è po-sta in evidenza la dicotomia tra laquantità, di payload trasportabile abordo della stazione (upload) (consvariati mezzi), rispetto alla quantitàtrasportabile dalla stazione a terra(download). I mezzi disponibili perl’upload sono:– Space Shuttle (con o senza MPLM)

Soyuz TMA (versione attuale dellacapsula russa a tre posti);

– Progress M (versione da trasporto,a perdere, della Soyuz);

– ATV (veicolo logistico europeo aperdere);

– HTV (veicolo logistico giapponesea perdere).

Finora il massimo possibile, in termi-ni di payload, per il download è ot-tenibile dallo Space Shuttle il qualesarà ritirato dal servizio nel 2012.Considerando che sia la Progress Mche l’ATV non sono stati progettatiper rientrare nell’atmosfera l’unicomodo possibile per far tornare a terradel carico scientifico dalla ISS è affi-dato al modulo di rientro russo dellaSoyuz TMA, il quale può allocare almassimo qualche decina di kg.Questa scenario lascia un “buco”causato dalla uscita di scena delloShuttle, fino all’avvento della prossi-ma generazione di veicoli spazialiabitati americani (Orion) ed europei

(ATV Manned) di almeno cinque an-ni per quel che concerne la possibili-tà di poter far rientrare a terra cari-chi significativi, in termini di peso,dalla Stazione Spaziale Internazio-nale.In tal senso una capsula IRENE po-trebbe esercitare un ruolo molto utile,potendo essere utilizzata come “po-stino” dalla ISS grazie alla sua ca-pacità di consentire il recupero di pic-coli payload in sezione pressurizzatae grazie anche alla sua relativa eco-nomicità (rispetto a sistemi grandi ecomplessi come quelli “manned”).Un possibile schema di missione ve-drebbe la capsule IRENE arrivare al-la ISS in configurazione “piggyback”(ossia trasportata con un “passag-gio” da un altro mezzo) ed in tal sen-so i candidati sarebbero tre:– Space Shuttle (con un GAS - Get

Away Special - ospitato nella Car-go Bay) sino al suo “pensiona-mento”;

– Progress M (agganciata all’estero);– ATV (agganciata all’estero).

Di qui la capsula potrebbe essere tra-sferita all’interno di uno dei due Air-lock (quello americano “Quest” oquello russo “Pirs”) per essere cari-cato con il payload.Una volta caricata del payload lacapsula IRENE ha due possibili modiper rientrare a terra:1. effettuare un rientro in piggyback

con la Progress M o l’ATV;2. effettuare un rientro autonomo.

numero 2marzo-luglio 2010 19tecnologia

Galleria del Vento Scirocco

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Nel primo caso si renderebbe neces-saria una EVA (Extra-Vehicular Activi-ty), o l’uso di un braccio robotico, perriagganciare la capsula IRENE al suovettore di rientro. Dopo che il vettoreha effettuato la sua accensione per ilde-orbiting la capsula IRENE si sepa-rerebbe da questi ed effettuerebbe unrientro autonomo mentre il vettore sidistruggerebbe negli strati alti del-l’atmosfera.Nel secondo caso la capsula IRENEdovrebbe essere equipaggiata conun proprio motore di deorbiting, si-stema di controllo dell’assetto e siste-ma di guida attiva.Il primo caso è vantaggioso perchéconsente di risparmiare il peso delmodulo di servizio nonché un com-plesso flyaround della ISS (comples-so e potenzialmente rischioso) ma po-ne dei limiti al rientro della capsulaIRENE in zone disabitate (general-mente ATV e Progress M vengono fat-ti deorbitare sopra l’Oceano Pacifi-co) rendendo così complesso e co-stosa l’operazione di recupero.Nel secondo caso si può ipotizzareun rientro pilotato e quindi diretto ver-so una zona “conveniente” dal puntodi vista del recupero, come potrebbe

essere il bacino del Mediterraneo,ma impone l’utilizzo di un modulo diservizio e l’effettuazione di una ma-novra di separazione e flyaround del-la ISS la quale deve essere attenta-mente studiata per evitare, al massi-mo, i rischi di collisione.In ogni caso, una volta rientrata nel-l’atmosfera, la capsula IRENE sareb-be recuperata dal team di terra e tra-sportata al centro di gestione del vei-colo per le operazioni di recuperodel payload. Il vantaggio di avere una capsula IRE-NE versione “space mail” sarebbequello di poter far scendere dei cari-chi utili scientifici e non in tutta sicu-rezza, non implicando l’utilizzo divettori manned, in tempi diversi daquelli imposti dalle operazioni conequipaggio umano e con una fre-quenza maggiore (considerandoquante Progress M ed ATV vengonolanciati all’anno).

Il programma IRENE

Lo studio preliminare assegnato adALI scarl ha lo scopo di investigaretutti gli aspetti configurativi, costrutti-

Profilo di missione IRENE-Space MailRientro Autonomo

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vi ed operativi del progetto IRENE pri-ma della loro effettiva progettazione.Lo studio di sistema serve a congela-re la configurazione, a delineare pe-si, dimensioni e prestazioni dellacapsula, ad analizzare i principalisottosistemi, a definire un profilo dimissione e a scegliere i vettori per illancio. La capsula dovrà avere le se-guenti caratteristiche di base:– massa al lancio dell’ordine di 100-

120 kg;– struttura portante realizzata in ma-

teriali compositi;– sistema di protezione termica (TPS)

che consenta la riutilizzabilità del-la capsula;

– vita operativa superiore a 3 anni;– tempi di produzione ricorrente non

superiori a 12 mesi;– lanciatori compatibili: Shtil-2, o al-

tri lanciatori commerciali (ad es.VEGA);

– orbite LEO, tutte le inclinazioni;– approccio modulare Capacità di

ripuntamento veloce (agility);– sistema di propulsione per control-

lo d’assetto ed orbitale;– stabilizzazione a 3 assi;– puntamento inerziale, stellare o

nadirale;– elevata autonomia di bordo.

Nello specifico lo studio di sistemaprevede di approfondire ed elabora-re le seguenti tematiche:1. analisi di missione;2. configurazione;3. aerodinamica e aero-termodinami -

co;4. struttura e controllo assetto;5. scudo di protezione termica;6. potenza, avionica ed elettronica di

bordo;7. studio impatto della capsula in fa-

se di atterraggio/ammaraggio.

Nell’ambito della progettazione deiveicoli spaziali, l’esigenza di un si-stema di protezione termica nasce intutte le applicazioni in cui un veicolospaziale rimane esposto, in certe fa-si della missione, ad un ambiente ae-rodinamico che lo sottopone a solle-citazioni termiche e meccaniche ten-

denti a compromettere l’integrità distrutture ed equipaggiamenti, dei ca-richi paganti e, nel caso di veicoliabitati, d’esseri umani. Per descriverela fenomenologia caratteristica di ta-li sollecitazioni è utile riferirsi alla fa-se di rientro atmosferico.Durante il rientro in atmosfera, il vei-colo perde energia cinetica; questa ètrasformata in energia termica e tra-sferita al gas che circonda il veicolo.Il fluido aerodinamico tende a riscal-dare mediante convezione, condu-zione e radiazione attraverso lo stra-to limite viscoso che circonda il vei-colo, dando luogo al cosiddetto “ri-scaldamento aerodinamico”.Di fronte al problema della scelta diuna protezione termica per un veico-lo di rientro si parte innanzi tutto dal-la tipologia dei materiali scelti e dal-la loro modalità operativa secondo iseguenti meccanismi:– l’assorbimento del calore incidente

sulla superficie del materiale attra-verso un innalzamento della suatemperatura;

– la reiezione del calore incidentemediante emissione radiativa dellasuperficie del materiale;

– passaggi di fase e/o reazioni chi-miche di degradazione che assor-bono gran parte del calore inci-dente e che, come ulteriore mec-canismo di reiezione del calore,possono rigettare calore mediantediffusione di massa fluida che ten-de ad agire come refrigerante.

Molto spesso la protezione termica ècaratterizzata da uno o più materialiprincipali che si oppongono all’inputtermico mediante uno dei meccani-smi appena citati, e da un materialesecondario che agisce da isolante trala superficie esterna della protezione,maggiormente sollecitata, e la strut-tura vera e propria del veicolo.Pertanto nello studio saranno appro-fonditi i sistemi di protezione termicada adottare sulla capsula con parti-colare attenzione al meccanismoablativo.Per il dimensionamento individuatoper la capsula, lo scudo termico farà

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22Ingegneri

Napoli

uso di materiali ablativi, combinaticon metodi alternativi per diminuire iflussi termici, quale ad esempio l’ot-tenimento di un elevato parametrobalistico (Area/massa) attraversol’uso combinato di tecnologie inno-vative quali appendici aerodinami-che dispiegabili e gonfiabili.

Strutture “inflatable” in campoaerospaziale

Una struttura spaziale gonfiabile è so-stanzialmente una sorta di enorme“camera d’aria” realizzata attraver-so una serie di strati di materiali com-positi, gomma e nylon il cui scopo èquello, una volta gonfiata, di garan-tire un grosso volume pressurizzato inmaniera tale da consentire a degli es-seri umani di abitarlo per periodi ditempo più o meno lunghi. Il lancio delsatellite Genesis 1 (luglio 2006), del-la società Bigelow Aerospace, inteso

come dimostratore tecnologico perstrutture spaziali pressurizzate gon-fiabili, ha riaperto l’interesse del-l’opinione pubblica per queste ultime. I vantaggi delle strutture pressurizza-te gonfiabili, rispetto a quelle tradi-zionali in alluminio, sono sostanzial-mente legati al basso peso, al grossovolume ottenibile e dalla loro econo-micità (ricordiamo che il costo di lan-cio in orbita terrestre attualmente siaggira intorno 20.000 euro/kg). Na-turalmente le strutture pressurizzategonfiabili sono, per contro, più fragi-li e delicate rispetto a quelle tradi-zionali ed offrono meno protezionerispetto alle radiazione ed ai micro-meteoriti.Se ci si chiede, al di là del successodel lancio del Genesis, se sia possi-bile realizzare ed utilizzare strutturepressurizzate gonfiabili, la risposta èche in passato sono già state realiz-zate e collaudate con successo piùvolte. Storicamente sono stati i russi

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ad inaugurare questa nuova tecnolo-gia, imbarcando a bordo della Vo-skhod 2 una speciale camera di de-compressione gonfiabile, dato che lacapsula Voskhod (derivata dalla Vo-stok) non poteva essere depressuriz-zata come le americane Gemini edApollo. Grazie a tale camera di de-compressione gonfiabile i russi effet-tuarono, il 18 marzo 1965, la primapasseggiata spaziale con AleksejLeonov che rimase nello spazio per12 minuti.Anche gli americani in quel periodostudiarono e collaudarono diversestrutture pressurizzate gonfiabili,grazie agli sforzi della GoodyearAerospace Corporation (GAC) chenel 1960 realizzò il prototipo di unhabitat gonfiabile, a forma toroida-le, di ben 24 piedi di diametro.Sempre la GAC propose alla NASAnel 1965, lo STEM, prototipo di unpiccolo ricovero gonfiabile da utiliz-zare sulla Luna. I due astronauti, sce-si sulla Luna con il LEM, avrebberopotuto utilizzare il rifugio (dotato diuna propria camera di decompres-sione) per un periodo che varia tragli 8 ed i 30 giorni, adeguatamenteprotetti sia dalle radiazioni sia dallemicrometeoriti, il progetto non furealizzato a causa della cancella-zione delle missioni Apollo a lungapermanenza.Agli inizi degli anni ‘80 il JohnsonSpace Center della NASA diede ilvia al Progetto Spacehab (da nonconfondersi con l’omonimo modulotrasportato all’interno della stiva del-lo Shuttle), che consisteva nel realiz-zare una grossa struttura pressuriz-zata gonfiabile modulare. La struttu-ra avrebbe avuto una forma “a zuc-ca” di 68 piedi di diametro e com-posta da otto “spicchi” ognuno deiquali dedicato ad una particolare

funzione. Questo progetto fu vittimadei tagli susseguenti all’incidente oc-corso allo Shuttle Challenger nel gen-naio del 1986.Più recentemente la SICSA, ente di ri-cerca del dipartimento di Architettu-ra della Università di Houston, in Te-xas, ha proposto una base lunarerealizzata in gonfiabile denominataLunarhab.Nel corso degli anni sono state pro-poste le più svariate applicazioni perle strutture spaziali pressurizzate gon-fiabili, le più verosimili sono quelleconnesse alla realizzazione di habi-tat interplanetari (sulla Luna o su Mar-te), oppure come estensioni (in termi-ni di volume) dello spazio pressuriz-zato dei futuri veicoli interplanetari,così come la stessa Bigelow Aero-space ha proposto alla NASA per ilMars Ferry. Naturalmente le strutturegonfiabili potrebbero trovare un’utileed immediata applicazione nell’au-mentare il volume pressurizzato di-sponibile a bordo della StazioneSpaziale Internazionale, così come ilgià proposto Transhab. Nel campo delle strutture gonfiabilinon pressurizzate, quindi non adatteall’uomo, sono stati proposti utilizziquali antenne, scudi protettivi anti-me-teoriti o come protezione per il rientronell’atmosfera.Anche il nostro paese è impegnatoda tempo nella ricerca sulle strutturepressurizzate gonfiabili, grazie alprogramma FLECS avviato dal-l’Agenzia Spaziale Italiana, la cuirealizzazione è stata affidata alla Al-catel Alenia Space Italia.In tale contesto scientifico si innestal’attività del programma IRENE, cheapplicherà tale innovativa tecnolo-gia ad una capsula di rientro riuti-lizzabile, con peso contenuto e bas-si costi.

numero 2marzo-luglio 2010 23tecnologia

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“La misura basata suifiltri armonici di Laguerre-Gauss presenta miglioriperformance rispetto alletecniche tradizionali

24Ingegneri

Napoli

ALGORITMI DI MESSA AFUOCO DI IMMAGINISATELLITARIProposta di un’innovativa tecnica di autofocus basatasull’applicazione dei filtri armonici circolari

Giovanni AmorosoRenato AurigemmaNicola CimminielloIngegneri

La messa a fuoco degli apparati otti-ci è un problema molto sentito in di-versi campi applicativi, quali la mi-croscopia, l’osservazione della Terrae dell’universo, la computer vision, lafotografia, ecc. Tale problema è,quindi, oggetto di studio da decenni.Le tecniche per la messa fuoco degliapparati ottici possono essere classi-ficati in due macrofamiglie: tecnicheattive, che utilizzano sensori in gra-do di misurare la distanza tra l’og-getto e la camera, e tecniche passive(che non richiedono la calibrazionedella camera stessa), ma si basanosull’analisi dell’immagine acquisita. Un autofocus si definisce attivo quan-do il dispositivo di acquisizione emet-te un segnale per riuscire a determi-nare la distanza del soggetto inqua-drato e, di conseguenza, a regolarela posizione delle lenti. In ambito fo-tografico tali sistemi sono basati sul-l’utilizzo di onde sonore o di raggi in-frarossi. Il dispositivo dopo averemesso il segnale si pone in ascoltodell’eco, cioè del segnale di ritornoche viene ricevuto dopo aver colpitoil target. Questo sistema riduce dra-sticamente i tempi di messa a fuoco.In altre parole il tempo di messa afuoco è sostanzialmente dipendentedalla meccanica mentre nelle tecni-che di messa a fuoco basate sul-l’analisi numerica di più campionidella scena, il tempo impiegato perla messa a fuoco dipende fortementedall’elaborazione. Uno svantaggioche hanno i sistemi di messa a fuocoattiva rispetto ai sistemi di messa a

fuoco passiva è dovuto alla possibili-tà di errori dovuti a effetti rifrattivi delmezzo costituente il campione osser-vato.L’autofocus di tipo passivo si basa sul-l’acquisizione di varie immagini del-lo stesso campione. Ad ognuna diqueste immagini è associato un indi-ce numerico che rappresenta la qua-lità della messa a fuoco. In altre pa-role, viene analizzata l’immagine at-traverso un algoritmo matematico cheha il compito di assegnare una valu-tazione all’immagine basata sul con-tenuto informativo.È noto, infatti, che le immagini non afuoco sono prive di dettaglio, inoltrela luminosità dell’immagine è omo-genea e il contrasto è basso, quindi èdifficile riconoscere gli oggetti pre-senti dallo sfondo. Intuitivamente,quindi, si può affermare che il pro-cesso del de-focusing abbia un com-portamento passa basso, che soppri-me le alte frequenze. Nel paragrafosuccessivo verrà data una spiegazio-ne formale di questo fenomeno.Se si costruisce un grafico in cui sulleascisse è riportata la distanza del-l’oggetto dalla lente e sulle ordinatel’indice calcolato sull’immagine, lacurva ottenuta ha generalmente unandamento a campana, il cui massi-mo corrisponde alla posizione dimessa a fuoco ottimale.È indispensabile che l’indice utilizza-to per la calibrazione passiva sia ro-busto rispetto al rumore introdottodall’ottica e dal sensore CCD, perevitare che ci siano dei falsi massimi

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nella curva del fuoco che possonoportare ad un comportamento ano-malo del sistema di messa a fuoco.In quest’articolo verrà sommariamen-te descritto il modello di “image de-focusing” derivato dall’ottica geome-trica e verranno introdotte le tecnichedi auto-focus passive che costituisco-no lo stato dell’arte in questo ambito.Nelle sezioni successive, inoltre, ver-rà proposta un’innovativa tecnica diautofocus basata sull’applicazionedei filtri armonici circolari, le cui per-formance verranno comparate con lostato dell’arte. Alla fine si dimostreràcome questa tecnica sia un’ottimacandidata per la calibrazione di pay-load ottici passivi per l’osservazionedella Terra.

1. Modello del processo di sfuocatura

Gaskill e altri negli anni ’70 propo-sero un modello del processo di de-focusing di un’immagine, derivatodall’ottica geometrica parassiale. InFigura 2 è mostrato il processo di for-mazione di un’immagine in un sem-

plice sistema ottico. Detto P un puntoappartenente al “piano oggetto” e P’il corrispettivo punto nel “piano im-magine” a fuoco, la relazione che le-ga P e P’ è detta “equazione dellalente sottile”:

(1)

dove u è la distanza tra il piano del-la lente e il piano oggetto e v è la di-stanza tra il piano della lente e il pia-no immagine. In Figura 2, ID è il sen-sore (il CCD), D è il diametro di aper-tura, e s la distanza tra il piano dellalente e il sensore. La distanza s, lalunghezza focale f e il diametro diapertura D, vengono detti i parametridella camera .Se P non è messo a fuoco, allora lasua immagine P’’ sul sensore saràuna macchia non nitida. Secondol’ottica geometrica, la macchia avràla forma dell’apertura della lente, mascalata nelle dimensioni. Se suppo-niamo che l’apertura sia di forma cir-colare, allora anche l’immagine di Psarà circolare, con un valore di lumi-nosità uniforme all’interno del cer-

numero 2marzo-luglio 2010 25tecnologia

Figura 1

Figura 2. Modello della lente sottile, cameranon a fuoco

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26Ingegneri

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chio. L’immagine sfuocata di P è la risposta della camera alla fonte di luce ap-plicata. Se la fonte di luce è unitaria, tale risposta è detta Point Spread Fun-ction (PSF) del sistema ottico. Detto R il raggio della macchia e q un fattore discala definito come q = 2R/D, considerando le proprietà dei triangoli simili siottiene:

(2)

Sostituendo dalla (1)

(3)

Quindi

(4)

Supponendo che il sistema ottico sia ideale (quindi senza perdite) e che lamacchia abbia luminosità uniforme nel cerchio di raggio R e nulla al di fuori,la PSF può essere scritta

(5)

Nella pratica se viene acquisita una serie di immagini gi(x,y) di una stessascena, con diversi parametri della camera ei, l’ingrandimento dell’immaginee la luminosità media possono variare, sebbene non sia cambiato nulla nellascena ripresa. Ad esempio, allontanando la lente dal sensore aumenterà l’in-grandimento e il cambiando il diametro dell’apertura cambierà la luminositàmedia. Supponiamo di poter normalizzare le immagini sia rispetto la luminosità cherispetto l’ingrandimento. Normalizzare rispetto l’ingrandimento può essere ef-fettuato interpolando e decimando l’immagine, in modo tale che tutte le im-magini della serie corrispondano allo stresso campo di vista. Comunque, nel-la maggior parte delle applicazioni pratiche, i cambi di ingrandimento sonoinferiori al 3% e possono essere trascurati. Senza perdere di generalità, sup-poniamo che sia la luminosità media che l’ingrandimento siano normalizzatiad 1. Dopo questa operazione di normalizzazione il raggio della macchiacircolare può essere espresso come funzione dei parametri della camera e edella distanza u

(6)

La Funzione di Trasferimento Ottico (OTF) corrispondente alla PSF (5) è

(7)

dove ω,ν sono le frequenze spaziali espresse in radianti/unità di distanza, J1è la funzione di Bessel di prima specie e ρ è la frequenza spaziale radiale. La(7) rappresenta esplicitamente la dipendenza della OTF dai parametri della ca-mera e e dalla distanza dell’oggetto u.Nella pratica, però, l’immagine di un punto non è una netta macchia circola-re di luminosità costante, come si ricava dall’ottica geometrica. A causa delladiffrazione, delle aberrazioni della lente, ecc. la luminosità della macchia de-cade gradualmente. In base a queste considerazioni, in letteratura sono pro-

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posti modelli alternativi della PSF; il più usato è una Gaussiana bidimensionaledefinita come

(8)

dove r è la deviazione standard della PSF. Si dimostra che r è legato a R daun fattore di proporzionalità costante c, pari approssimativamente a 1/√2. LaOTF corrispondente a una PSF gaussiana è

(9)

dove

(10)

Il processo di de-focusing di un’immagine ha, quindi un comportamento pas-sa-basso, cioè un’immagine non a fuoco non ha dettagli definiti e nitidi. Inconclusione, quindi, il processo di messa a fuoco di un’immagine può esseremodellato come una serie di filtraggi gaussiani, in cui il “grado di fuoco” è con-trollato dalla deviazione standard σ del filtro applicato.

2. Stato dell’arte degli algoritmi di autofocus

Molte tecniche di Autofocus sono state analizzate in letteratura; in queste tec-niche si definisce una misura che tiene conto di determinate caratteristiche del-l’immagine, si acquisiscono quindi un certo numero di immagini e si assumecome immagine a fuoco quella che presenta la misura più grande. In altre pa-role, quando la lente dell’obiettivo si sposta da un estremo all’altro, la misuradi Autofocus aumenta gradualmente, raggiunge un massimo in corrisponden-za della posizione di fuoco e quindi diminuisce (Figura 1). Il problema di tro-vare la posizione di messa a fuoco per la lente diventa pertanto un problemadi ricerca di un massimo. È essenziale quindi che, al fine di facilitare la fasedi ricerca, la misura deve essere:– monotona con la sfocatura (decrescente all’aumentare della sfocatura)– accurata (il massimo assoluto deve ricadere in corrispondenza dell’imma-

gine a fuoco)– unimodale (non devono esserci ulteriori punti di massimo locale oltre al pun-

to di massimo assoluto).

Queste tecniche prendono spunto dalle considerazioni fatte nella sezione pre-cedente riguardo della funzione di trasferimento ottica; in particolare, il pro-cesso di de-focusing di un’immagine ha un comportamento di tipo passa-bas-so, cioè tende a sopprimere le alte frequenze che in un’immagine corrispon-dono ai bordi, alle brusche transizioni, in generale ai dettagli. Le misure delgrado di messa a fuoco di un’immagine si basano quindi sull’anali del conte-nuto frequenziale dell’immagine stessa. Molti metodi sfruttano la trasformata di Fourier per l’ispezione del contenuto fre-quenziale dell’immagine, ma data la complessità di questo algoritmo, non lerendono misure papabili per applicazioni real-time e quindi non verranno pre-se in considerazione in tale lavoro.Gli operatori basati sulle derivate di un segnale si comportano come filtri pas-sa alto e hanno una complessità molto bassa. In letteratura è spesso suggeri-ta come misura del grado di messa a fuco l’energia del Laplaciano [1] del-l’immagine stessa. Tale misura va, quindi, ad analizzare il contenuto alle alte

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Napoli

frequenze dell’immagine. Purtroppo il Laplaciano è estremamente sensibile alrumore di cui inevitabilmente è affetta un’immagine acquisita con un sensoreCCD.Il metodo di Tenengrad [2], invece, nasce con il presupposto di migliorare ilcalcolo del gradiente nel contesto di immagini rumorose. La presenza di ru-more infatti rende molto critica la misura di Autofocus in quanto le componentispettrali in alta frequenza sono molto sensibili ai disturbi; d’altro canto l’ope-ratore gradiente è sintonizzato proprio sulle alte frequenze, per cui si intuiscecome sia necessaria una azione preventiva di soppressione del rumore. A talproposito si può risolvere il problema facendo precedere il calcolo delle deri-vate da uno smoothing dell’immagine, e un operatore differenziale basato suquesta filosofia è ad esempio il gradiente di Sobel.Altri algoritmi, invece, sfruttano le proprietà della trasformata wavelet [3] perl’ispezione del contenuto frequenziale dell’immagine. L’analisi wavelet diun’immagine prevede la sua scomposizione in diverse sottobande: supponen-do di scegliere un solo livello di decomposizione, si otterrà la banda LL, cherappresenta il contenuto dell’immagine in bassa risoluzione, e le bande LH, HLe HH, che sono le bande dei dettagli (corrispondenti alle alte frequenze); ai fi-ni di una misura di Autofocus saranno proprio queste a dare l’informazione sulgrado di messa a fuoco. Il vantaggio dell’analisi wavelet è che essa può es-sere implementata tramite un banco di filtri separabili, quindi presenta unacomplessità estremamente bassa.Un ultima tipologia di algoritmi analizzata nel presente lavoro utilizza i mo-menti dei polinomi discreti di Chebyshev [4]. L’ordine dei momenti è legato al-le frequenze spaziali; precisamente, momenti di ordine “basso” corrispondo-no alle basse frequenze dell’immagine, mentre momenti di ordine “alto” sonosintonizzati sulle alte frequenze. Partendo da tale proprietà, è possibile utiliz-zare i polinomi di Chebyshev per eseguire misure di messa a fuoco; infatti sesi considerano polinomi di ordine non troppo elevato si può analizzare il con-tenuto spettrale delle medie frequenze, le quali oltre che possedere informa-zioni sul grado di sfocatura sono anche più robuste al rumore.Nelle sezioni successive verrà presentata una nuova misura basata sull’analidell’immagine mediante filtri armonici circolari.

3. Armoniche Circolari

Un’immagine può essere sviluppata secondo una successione ortonormale co-stituita da invarianti per operatori di rotazione [5]. Se infatti si considera un’im-magine f appartenente allo spazio di funzioni sommabili in R2, essa può essererappresentata in coordinate polari come

(11)

dove ξ = (ξ1, ξ2) è il centro del sistema di coordinate polari (r, θ). Si definiscefunzione armonica circolare (CHF) di ordine n una funzione polarmente se-parabile della forma

(12)

Le armoniche circolari godono di due proprietà particolari [6]:1. Hanno una diversa risposta alle primitive dell’immagine in funzione dell’in-

dice n di modulazione angolare dell’armonica.In Figura 3.a è mostrato un pattern di riferimento, mentre in Figura 3.b è ri-portato (andando da sinistra a destra) il modulo dell’uscita di filtri armoni-

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ci circolari di ordine 1, 2, 3 e 4. In Figura 3.c sono poi evidenziati i picchidel modulo dell’uscita dei filtri: si noti come al variare dell’ordine del filtrol’energia del segnale venga concentrata in punti diversi. Le armoniche di or-dine uno sono sintonizzate sull’armonica fondamentale dei bordi (cioè inquelle zone dell’immagine dove si ha un’alternanza nel valore di luminan-za), le armoniche di ordine due sulle linee (due alternanze), le armonichedel terzo ordine, invece, sugli gli incroci di tre linee, le triadi, mentre le ar-moniche del quarto ordine sono sintonizzate sull’armonica fondamentaledegli incroci.

2. Dallo studio della trasformata di Hankel di queste funzioni si ricava una se-conda interessante proprietà: ogni CHF di ordine n può essere facilmenteruotata di un angolo ϕ semplicemente moltiplicando per un fattore com-plesso ejnϕ. Questa proprietà è nota in letteratura come self-steerability

(13)

La proprietà di self-steerability implica che solo la fase dell’uscita di un fil-tro armonico è modificata dalla rotazione dell’immagine, come si evincedall’esempio di Figura 4, dove uno stesso pattern di riferimento è stato ruo-tato di 30° e 60° (prima colonna di Figura 4): nella colonna centrale è ri-portato il modulo dei coefficienti dell’uscita di un filtro armonico circolare diordine uno, mentre nella colonna di destra la fase. Il valore del modulo del-l’uscita della decomposizione resta costante nei tre esempi di Figura 4, men-tre l’informazione sulla rotazione del pattern si trasferisce completamentealla fase.

numero 2marzo-luglio 2010 29tecnologia

Figura 3

Figura 4

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30Ingegneri

Napoli

Nella formulazione precedente il profilo radiale dipende dall’immagine. Unarappresentazione più generale può essere ottenuta espandendo il profilo ra-diale hn(r) in un set di funzioni ortogonali: una possibile base per questa espan-sione sono i polinomi di Laguerre generalizzati. Le funzioni armoniche circo-lari di Laguerre-Gauss sono definite come:

(14)

dove sono i polinomi di Laguerre generalizzati di indice n e ordine k.In Figura 5 è raffigurata la parte reale e quella immaginaria di queste funzio-ni: si noti come la parte immaginaria può essere ottenuta ruotando quella rea-le di 90°.

4. Misura di autofocus basata su armoniche circolari

Le armoniche circolari hanno in frequenza un comportamento passabanda equindi possono essere sfruttate per definire una misura del grado di autofocusche sia estremamente robusta al rumore:

(15)

dove f(x,y) è una generica immagine discreta. A questo punto è necessariodeterminare l’ordine n e k dei filtri da considerare. Nelle simulazioni effettua-te abbiamo verificato che:1. All’aumentare dell’ordine n e k dei filtri la misura risulta essere meno robu-

sta al rumore. Ciò è intuitivamente spiegabile dal fatto che, come visto nel-la sezione precedente, le armoniche circolari di ordine diverso sono sinto-nizzate su diverse features dell’immagine. All’aumentare dell’ordine i filtri so-no accordati su quelle features che vengono maggiormente corrotte dal ru-more (incroci, triadi, ecc.) e ciò comporta una minor robustezza della mi-sura. Questo fenomeno è indicativamente mostrato in Figura 6 e Figura 7.

2. All’aumentare del numero di filtri considerato aumenta il tempo necessarioper calcolare la metrica, senza un consistente miglioramento delle perfor-mances.

In base a queste due considerazioni la metrica è stata in ultimo definita come:

. (16)

Figura 5

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5. Risultati sperimentali

È stata condotta un’esaustiva campagna di test sulla misura proposta per con-frontarne le performance con lo stato dell’arte.Gli esperimenti sono stati condotti su di un database [7] di 38 immagini ae-ree digitalizzate messo a disposizione dall’USC-SIPI (University of SouthernCalifornia, dipartimento di Signal and Image Processing Institute) finalizzatoa sostenere la ricerca nell’elaborazione e l’analisi delle immagini e nella vi-sione industriale.Per effettuare un confronto oggettivo tra le varie misure si è utilizzato un indi-ce di merito, che permettesse di valutare le performance dei diversi algoritmi.In letteratura sono proposti molti metodi per valutare le prestazioni delle misu-re di messa a fuoco. Per simulare il processo di messa a fuoco, ad ogni immagine del database èstato applicato una serie di filtraggi gaussiani con deviazione standard cre-scente. Se si considera, per la singola immagine, la curva che si costruisce va-

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Figura 6. Immagine Lena con rumore gaussia-no con deviazione standard pari a 10 e suedecomposizioni nelle sottobande (n=1,k=0),(n=4,k=0) e (n=7,k=0) rispettivamente

Figura 7. Immagine Lena con rumore gaussia-no con deviazione standard pari a 10 e suedecomposizioni nelle sottobande (n=1,k=0),(n=4,k=0) e (n=7,k=0) rispettivamente

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32Ingegneri

Napoli

Figura 8. Esempio di immagini estratte daldatabase utilizzato

lutando la misura di Autofocus al crescere del grado di sfocatura, lo score è ilmetodo che tiene conto di vari fattori di merito, quali:– intervallo di unimodalità (range);– numero di falsi massimi (number of false maxima);– larghezza (width).

In particolare, l’intervallo di unimodalità è la distanza tra il minimo locale piùvicino alla condizione di fuoco; il numero di falsi massimi corrisponde al nu-mero di massimi locali che si presentano durante la fase di misura, mentre lalarghezza è definita come la distanza alla quale si trovano i punti la cui am-piezza è il 50% del valore massimo (Figura 9). Ciò premesso, lo score è da-to da

dove max .range è l’ampiezza dell’intervallo di analisi, corrispondente al nu-mero totale di posizioni che la lente può assumere nella pratica. Quindi piùbasso è il valore dello score, migliori sono le performance dell’algoritmo.In Figura 10 è riportato l’andamento della media dello score calcolato appli-cando un processo di sfuocatura sintetica a tutte le immagini del database, al-l’aumentare dell’intensità del rumore gaussiano applicato, per la misura pro-posta e per quelle allo stato dell’arte. In Figura 11 sono riportati i risultati del-lo stesso esperimento, in questo caso applicando rumore sale & pepe con den-sità crescente.Per bassi valori di rumore la misura proposta presenta mediamente un valoredello score più alto. Abbiamo verificato che tale comportamento è dovuto a unvalore di width più elevato e non alla presenza di falsi estremi. All’aumentaredel rumore (caso più vicino alle applicazioni reali) le performance del metodoproposto sono nettamente superiori. Nel caso di rumore sale & pepe (tipico deisensori CMOS) la tecnica proposta dimostra delle performance nettamente su-periori allo stato dell’arte.La metrica proposta si candida quindi, ad essere un algoritmo per la calibra-zione di payload ottici per l’osservazione della Terra.Un ultimo test è stato svolto su di un processo di messa a fuoco reale e non si-mulato: una serie di immagini di una stessa scena sono state catturate varian-do il fuoco di una fotocamera. Il sistema di acquisizione è costituito da una fo-tocamera Canon 450D montata su un treppiedi metallico, controllata da re-moto con un PC attraverso il software Remote Capture; le immagini sono sta-te acquisite con sensibilità ISO 800 in condizioni di bassa luminosità. Impo-stando la messa a fuoco manuale, e controllando quest’ultima attraverso il soft-ware di controllo in dotazione, sono state acquisite in totale 12 immagini a pie-na risoluzione (4272 × 2848) della stessa scena con vari gradi di sfocatura(Figura 12). Gli autori, ad una successiva ispezione visiva, hanno determina-to che l’immagine a fuoco fosse la decima della serie.

Figura 9

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In Figura 13 si riportano, pertanto, irisultati ottenuti post-processando leimmagini acquisite con gli algoritmidescritti in precedenza; sull’asse delleascisse è riportato il numero dell’im-magine della serie acquisita, mentresulle ordinate il valore della misura

calcolato per ogni immagine. Comesi evince dalla Tabella 1, la misurabasata sui filtri armonici di Laguerre-Gauss presenta migliori performancerispetto alle tecniche tradizionali; per-tanto si può concludere che tale tec-nica sia estremamente affidabile.

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Figura 10

Figura 11

Figura 12. Esempio delle 12 immaginiacquisite

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Napoli

Figura 13. Le misure sono state normalizzateal fine di un confronto visivo. Si noti che la me-trica basata sui polinomi di Chebishev (curvaazzurra), addirittura fallisce l’identificazionedell’immagine a fuoco

Tabella 1. Valori dello score calcolati perl’esperimento su immagini reali

6. Riferimenti

1. Subarrao, M., Choi, T., Nikzad, A.: Fo-cusing tecnique. Proc SPIE-Int. Soc. Opt.Eng (1992) 163-174.

2. Tenebaund, J.: Accomodation in Com-puter Vision. Ph.D. Dissertation (1970)Standford University.

3. Kautsky, J., Flusser, J., Zitov, B., Simbe-rov, S.: A new wavelet-based measure ofimage focus. Pattern Recognition Letters23 (2002) 1785-1794.

4. Yap, P., Raveendran, P.: Image focusmeasure based on chebyshev moments.IEEE Proc.-Vis. Image Signal Process 151(2004) 128-136.

5. Neri, A., Iacovitti, G.: Maximum likeli-hood localization of 2-d patterns in thegauss-laguerre transform domain: Theo-retic framework and preliminary results.IEEE Transaction on Image Processing 13(2004) 72-86.

6. Sorgi, L., Cimminiello, N., Neri, A.: Key-points selection in the gauss laguerretransformed domain. In Proc. Of the Bri-tish Machine Vision Conference (2006)Edimburgh, UK.

7. http://sipi.usc.edu/database/databa-se.cgi?volume=aerials.

Metrica ScoreLagurre-Gauss 6,00Tenengrad 7,00Laplaciano 12,04Wavelet 12,04Chebishev 12,53

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VALUTAZIONE DELLARIDUZIONE DEL LIVELLO DI

VULNERABILITÀ SISMICA DI UNEDIFICIO ESISTENTE IN C.A.

TRAMITE DISACCOPPIAMENTODEI PANNELLI MURARI

“È sembratoopportuno disaccoppiare i

pannelli murari dallastruttura intelaiata, inmodo che la struttura

risulti nuda senza quindialcuna interazionesignificativa con letamponature

1. Introduzione

L’Italia è un paese caratterizzato dauna pericolosità sismica, ovvero lafrequenza e l’intensità dei fenomenisismici, medio-alta, e da una vulne-rabilità delle costruzioni esistenti par-ticolarmente elevata. L’aspetto legatoalla vulnerabilità, è una conseguen-za diretta della qualità scadente del-le costruzioni, sia in termini di mate-riali e particolari costruttivi sia in ter-mini di concezione strutturale. Larga parte del territorio è a rischiosismico, ma solo una bassissima per-centuale di edifici ricadenti in taliaree, è stato progettato utilizzandocriteri antisismici. Inoltre, le costru-zioni più datate in zona sismica, so-no state progettate e realizzate conriferimento a norme ormai obsolete,non in grado di garantire una sicu-rezza paragonabile a quella che sipotrebbe assicurare applicando le at-tuali Norme Tecniche. Tali edifici an-drebbero necessariamente adeguatiper dare loro la possibilità di fron-teggiare le azioni derivanti dal terre-moto di progetto. In questo lavoro, si adotterà un ap-proccio agli spostamenti (DBA - Di-splacement Based Approach) per la

valutazione della resistenza e dellavulnerabilità sismica di un edificio inc.a., in vista di un suo adeguamentomediante tecniche tradizionali e/o in-novative. Tale metodologia è inseritanell’ottica di un approccio prestazio-nale (PBA – Performance Based Ap-proach) cui le attuali norme simichefanno riferimento. In particolare, il lavoro verterà sulladescrizione dettagliata del processodi valutazione, mediante analisi sta-tica non lineare, di un edificio situatoin una zona ad alta sismicità, qualela Sicilia sud-orientale, in provincia diSiracusa, progettato per soli carichigravitazionali, con lo scopo di valu-tarne l’inadeguatezza nei confrontidel sisma secondo le prescrizioni del-le attuali normative. Nella fase di va-lutazione della vulnerabilità sismica,è stato considerato l’effetto delle tam-ponature sulla struttura, modellandoin regime non lineare tutti quei pan-nelli murari ritenuti efficaci. Nel casoin esame, l’effetto della tamponaturaha determinato un peggioramentodel comportamento sismico dellastruttura esistente e qualora tali tam-ponature non fossero state conside-rate, come spesso accadde, illuden-dosi in un suo generalizzato effetto

D. Cancellara Dottorando in Ingegneria delle Costruzioni,Università degli Studi di Napoli Federico II

D. SiniscalcoLibero professionista

D. BuccafuscaLibero professionista

numero 2marzo-luglio 2010

Il presente lavoro rappresenta la sintesi di una prima fase di analisi teorico-spe-rimentale sulla mitigazione della vulnerabilità sismica di strutture esistenti, svol-ta dal gruppo di studio e ricerca coordinato e coadiuvato dal Prof. Ing. MarioPasquino, presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università degliStudi di Napoli Federico II.

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Napoli

benefico, avrebbe orientato la pro-gettazione su un intervento di ade-guamento completamente diverso enon rispondete alle reali esigenzedella struttura esistente. In altre paro-le, se le tamponature fossero state tra-scurate nella modellazione, non si sa-rebbero apprezzati meccanismi dicollasso fragili, come si vedrà am-piamente in seguito, e si sarebbe pro-gettato un intervento di adeguamentocome se la struttura di riferimento fos-se differente da quella che realmentesi vorrebbe adeguare.

2. Il caso di studio

Il fabbricato, oggetto del presente stu-dio, è situato in provincia di Siracusa(lat. 37.175, long. 14.991). Di se-guito si riporta la caratterizzazionedell’azione sismica, secondo le NTC2008, attraverso gli spettri di rispo-sta elastici in termini di accelerazionee spostamenti per gli Stati Limite con-siderati: SLC, SLV e SLD.L’edificio è costituito complessiva-mente da sette livelli adibiti a civileabitazione con copertura a falda pia-

Figura 1. Qualità scadente dei materiali da co-struzione e difetti di progettazione di struttureesistenti

Figura 2. Spettri elastici in accelerazione

Figura 3. Spettri elastici in spostamento

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na praticabile. La struttura portante èrealizzata da travi e pilastri a sezio-ne rettangolare in conglomerato ce-mentizio armato ed è costituita daquattro telai paralleli lungo l’asse X. Itelai trasversali lungo l’asse Y non so-no presenti ad eccezione di quelliesterni di chiusura del perimetro. Idue nuclei scala sono ubicati lungo ilati corti della pianta dell’edificio, al-le estremità opposte, in maniera sim-metrica. L’edificio, progettato per so-li carichi verticali, è caratterizzato dauna concezione “gravitazionale”, epresenta simmetria rispetto ad en-trambi gli assi di riferimento (X e Y).– Lunghezza totale lungo l’asse X

(Lx): 30.00 m– Lunghezza totale lungo l’asse Y

(Ly): 15.00 m– Numero di piani: 7– Luce campate direzione X: 5.00 m– Luce campate direzione Y: 5.00 m– H interpiano: 3.00 m– H totale: 21.00 m– Numero campate direzione X: 6– Numero campate direzione Y: 3– Solai orditi nella direzione trasver-

sale (lungo l’asse Y).

La valutazione è stata effettuata con-siderando gli impalcati infinitamenterigidi, credendo efficace la presenzadella soletta di ripartizione nel solaio.I pilastri si rastremano in elevazione,

mentre le sezioni delle travi, tutteemergenti, sono le stesse per ogni im-palcato e misurano 30x50 cm. Si ri-portano i prospetti architettonici, non-ché le pinte piano terra e piano tipo.Tali prospetti permettono di compren-dere le motivazioni che hanno porta-to a ritenere solo alcune tamponatureefficaci, nel modello di calcolo. Sulla base degli approfondimenti ef-fettuati nella fase conoscitiva, si indi-vidua il cosiddetto Livello di Cono-scenza e conseguentemente si defini-sce il parametro da adottare comecoefficiente parziale di sicurezza,che tiene conto delle carenze e/o in-certezze dei parametri del modello distruttura che si vuole costruire. Talecoefficiente è il Fattore di Confiden-za (FC).Questo particolare coefficiente par-ziale di sicurezza, dipende dalla“quantità” e “qualità” dei dati acqui-siti sul fabbricato esistente e sarà ap-plicato alle proprietà dei materialiper le verifiche di sicurezza. Inoltre ilLivello di Conoscenza determina an-che il metodo di analisi strutturale chesi può utilizzare. Per il caso in esame, la disponibilitàdi informazioni raggiunta con riferi-mento a geometria, dettagli costrutti-vi e proprietà dei materiali, consentedi definire un livello di conoscenzadell’edificio del tipo LC2, che defini-

numero 2marzo-luglio 2010 37ricerca

Figura 4. Pianta 1° piano; sezione trasversale

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sce un fattore di confidenza, da do-versi adoperare nelle verifiche di si-curezza, pari a FC=1.20. Tale FCconsente l’utilizzo di qualsiasi tipo dianalisi e pertanto, ai fini del presen-te lavoro, sarà possibile adottarel’analisi statica non lineare.I materiali utilizzati presentano le se-guenti caratteristiche, precisando chele valutazioni sono state effettuateconsiderando come resistenze di ri-ferimento, quelle medie: – calcestruzzo: fcm = 18 N/mm2

(MPa) (resistenza media cilindricaa compressione);

– acciaio: fym = 275 N/mm2 (MPa)(tensione di snervamento media).

Le tamponature sono realizzate inmattoni forati a doppia fodera concamera d’aria, per uno spessore del-le parti in laterizio di 12 + 8 cm, conposa a fori orizzontali; la percen-tuale di foratura dei laterizi è supe-riore al 55%. In seguito ad un esa-me diretto i corsi orizzontali e verti-cali di malta sono risultati di buonaqualità.Delle tamponature presenti, solo al-cune possono essere definite “effica-ci”, ossia tali da garantire una certarigidezza e resistenza alle azioniorizzontali nonostante le scarse ca-ratteristiche meccaniche dei materia-li con cui sono state realizzate.

È evidente l’irregolarità in elevazionedelle tamponature, causata da unadiversa disposizione al piano terra ri-spetto ai piani superiori. Al livello piùbasso sono stati collocati i garage,mentre la parte rimanente è portica-ta; ne consegue che, al primo livello,le tamponature si estendono solo par-zialmente.Analizzando la posizione dei pan-nelli ai piani superiori al primo, si no-ta che la maggior parte delle tampo-nature sono efficaci in direzione tra-sversale nei due telai di estremità esono disposti in modo pressoché con-tinuo su tutti i piani. Nella campatacentrale dei due telai di estremità, letamponature si estendono tra due pi-lastri con luce libera di inflessione di-mezzata rispetto alle altre due pila-strate, a causa della presenza dellatrave di interpiano e inoltre, non sonoefficaci per tutta l’altezza di interpia-no per la presenza di aperture. In direzione longitudinale le tampo-nature efficaci si collocano in corri-spondenza dei telai di estremità, so-lo al primo livello e sul lato longitudi-nale del vano scale.A causa della presenza del porticatoin direzione longitudinale, solo quat-tro maglie del telai esterni in direzio-ne longitudinale sono tamponate alprimo livello. Le tamponature efficaciposte in corrispondenza del vano

Figura 5. Prospetti architettonici

Figura 6. Pianta piano terra, piano tipo

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scale sono invece presenti su tutta l’al-tezza dell’edificio. Non si ritengono efficaci quelle tam-ponature arretrate che non sono quin-di inserite in alcuna maglia struttura-le. Rientrano in tale tipologia, tutti ipannelli murari in direzione longitu-dinale in corrispondenza dei livelli su-periori al primo.Si potrà osservare nelle immagini re-lative alla modellazione della struttu-ra, le tamponature considerate effi-caci nel modello di calcolo.

3. Metodo di analisi per lavalutazione della risposta sismica

I codici sismici consentono di utiliz-zare analisi elastiche lineari (statichee dinamiche) che pur con i relativi li-miti, risultano ancora procedure lar-gamente diffuse.Un’alternativa, già introdotta anchein normativa, è l’uso di procedure dianalisi non lineari (statiche e dinami-che) che consentono stime più reali-stiche ed affidabili della risposta strut-turale. In effetti, è sempre più fre-quente la loro applicazione sia nellaprogettazione che nella verifica strut-turale.Nel caso oggetto di studio, trattan-dosi di un edificio esistente, con nonpoche incertezze sulla proprietà geo-metriche e meccaniche della struttu-ra, si è preferito non scomodarel’analisi dinamica non lineare con lasua maggiore complessità rispetto al-l’analisi statica non lineare. L’utilizzodi uno strumento così complesso e so-fisticato, quale l’analisi dinamica nonlineare non sarebbe stato giustificatoa fronte delle incertezze strutturali dicui prima si è accennato. Pertanto, l’analisi adottata è stata lastatica non lineare che oltretutto con-serva la notevole semplicità d’uso edi interpretazione dei risultati.Questo tipo di analisi comprende es-senzialmente due aspetti:1. la determinazione di un legame

forza-spostamento (curva di capa-cità o curva pushover), rappresen-tativo del reale comportamento

monotono della struttura, la cui de-finizione richiede un’analisi dispinta;

2. la valutazione dello spostamentomassimo o punto prestazionale(performance point) raggiunto dal-la struttura a fronte di un evento si-smico definito tramite uno spettro dirisposta elastico in accelerazione.

L’analisi di spinta consente di descri-vere il comportamento della strutturatramite un semplice legame monodi-mensionale forza-spostamento, qualeappunto la curva di capacità dellastruttura. Tale curva è solitamente espressa, intermini di taglio alla base (Vb) e spo-stamento in sommità (Dt) (Figura 7)che rappresenta appunto la capacitàesibita dal sistema a fronteggiareuna certa azione esterna.Analizzando la risposta di strutturereali, è necessario semplificare il pro-blema, linearizzando a tratti la ri-sposta del sistema, e quindi la suacurva di capacità, adottando ap-prossimazioni bilineari come mostra-to a titolo di esempio in Figura 7.Sono disponibili numerosi criteri perbilinearizzare la curva di capacità.Al fine di verificare la capacità diuna struttura di sopportare un terre-moto mediante un confronto tra lasua capacità deformativa e gli spo-stamenti richiesti dal sisma, senza pe-rò incorrere nelle difficoltà operativeconnesse all’uso dell’analisi dinami-ca non lineare, sono state propostein letteratura varie metodologie “di-splacement based”: ad esempio ilmetodo dello spettro di capacità op-pure (CSM) o il metodo N2. I metodi statici non lineari oggi con-sentiti dalle normative per la valuta-zione della risposta sismica dellestrutture si basano sostanzialmentesul metodo N2. Le differenze che siriscontrano tra questi, sono essen-zialmente dovute al diverso modocon cui il legislatore ha voluto rende-re più agevole il loro impiego. Il me-todo statico non lineare proposto dal-l’O.P.C.M. 3431 e successivamentedalla NTC 2008 segue abbastanza

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Figura 7. Profilo di carico in un’analisi di spin-ta. Linearizzazioni bilineari della curva di ca-pacità

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fedelmente la formulazione origina-ria del metodo N2, proposta da Faj-far (1999).

4. Modellazione non lineare dellastruttura

Nella schematizzazione dell’edificiosono state introdotte alcune ipotesi,ossia:– trascurare gli elementi non struttu-

rali: vengono considerati comenon strutturali (e perciò non ven-gono modellati) le tramezzature in-terne, le tamponature esterne conun’alta percentuale di foratura equelle arretrate che non sono quin-di inserite in alcuna maglia struttu-rale;

– considerare ciascun impalcato co-me infinitamente rigido nel propriopiano;

– assumere uno schema costituito daun insieme spaziale di telai piani;questo implica che gli assi delleaste che si uniscono in un nodoconvergano in un punto;

– considerare la struttura incastrataal piede e trascurando le intera-zioni col terreno.

La modellazione dell’edificio è statacondotta a plasticità concentra, conl’utilizzo del programma agli ele-menti finiti SAP2000 v.10/14 che ha

permesso di definire ed assegnare inmodo opportuno le cerniere plasti-che. La struttura portante dell’edificioè costituita da pilastri, travi e tampo-nature resistenti; non sono presentipareti strutturali in grado di resisterea taglio. Il vano scale viene modella-to con una trave di interpiano sullaquale si va ad innestare la solettarampante, mentre i solai, pur essen-do elementi resistenti, vengono tenutiin conto mediante l’inserimento unvincolo mutuo di rigidità tra i nodi deltelaio spaziale che giacciono nel suostesso piano, riproducendo quindil’ipotesi di impalcato rigido. Gli ele-menti che compongono il telaio inc.a. vengono rappresentati con ele-menti frame, in grado di reagire allesollecitazioni assiali, flettenti e ta-glianti. Per quanto riguarda i pannelli di tam-ponatura, si è inserito un elementoframe, dotato unicamente di rigidez-za assiale, che collega i vertici op-posti della maglia strutturale in cui ilpannello è inserito. Tale elemento dia-gonale non connette esattamente ilpunto di incontro degli assi del telaio,ma si innesta sul pilastro ad una di-stanza pari ad un quindicesimo dellasua altezza. Nelle figure seguenti so-no riportate delle immagini dell’edifi-cio, dove in giallo sono rappresenta-ti gli elementi in c.a. e in blu le tam-ponature con il modello a puntone

Figura 8. Metodo N2 nel piano ADRS (Acce-leration Displacement Response Spectrum)

Figura 9. Valutazione della Domanda di sposta-mento per il sistema SDOF (sistema ad 1 g.d.l.)e per il sistema MDOF (sistema a più g.d.l. rap-presentate la struttura oggetto di studio)

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diagonale equivalente, nel caso di analisi monotona da sx verso dx.

4.1. Le tamponatureIl comportamento della tamponatura non può essere descritto andando a de-finire un legame sforzo-deformazione per il materiale che lo compone; infattia seconda dell’intensità del carico cambiano i meccanismi resistenti ed unaporzione di muratura può essere considerata “inattiva” (ossia non soggetta alflusso di sforzi di compressione) in base alla sua posizione rispetto alla dia-gonale principale.Si giunge quindi alla conclusione che per descrivere in modo appropriato ilcomportamento di una tamponatura si debba ricorrere ad una curva scheletro,ossia ad una relazione globale valida per l’elemento nel suo insieme e che de-finisce il legame tra la forza imposta e lo spostamento da esso subito.Per la modellazione numerica dei pannelli, viene proposto il modello di pun-tone equivalente di Panagiotakos e Fardis con l’associazione di un legame deltipo forza-spostamento per il pannello in muratura sottoposto a soli carichi la-terali.La curva scheletro che rappresenta tali relazioni, definisce tre rami che si rife-riscono ai meccanismi che governano il comportamento della tamponatura:una prima parte non fessurata in cui è preponderante la resistenza a taglio,poi un tratto post-fessurazione in cui prevalgono le compressioni, ed una par-te finale di softening in cui viene meno la resistenza del pannello; inoltre, vie-ne considerata nulla la resistenza a trazione dell’elemento.I parametri che, in base alle caratteristiche della muratura, definiscono i tre ra-mi della curva nella fase di compressione sono ben evidenziati nel modello.Si precisa che la larghezza efficace del puntone è stata valutata con la formuladi Mainstone valida per pannelli in laterizio di forma rettangolare:

dove:– hw è l’altezza del pannello;– dw è la lunghezza del puntone;– lw è la lunghezza del paramento murario;– tw è lo spessore del paramento murario;– θ è l’inclinazione del puntone rispetto l’orizzontale;– Ew è il modulo elastico a compressione assunto pari a 2500 MPa;– Ec è il modulo elastico del calcestruzzo;– Ip è l’inerzia effettiva dei pilastri adiacenti.

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Figura 10. Telaio esterno (a)

Figura 11. Telaio interno (b)

Figura 12. Telaio esterno (c)

Figura 13. Vista 3D con modellazione tampo-nature ritenute efficaci

rigidezza del tratto iniziale non fessurato:R1 = Gw ⋅ tw ⋅ lw/hwcarico di fessurazione:Fy = fws ⋅ tw ⋅ lwrigidezza del secondo tratto:R2 = Ew ⋅ tw ⋅ bw/dwcarico massimo:Fm = 1,3 ⋅ Fy rigidezza del tratto di softening:R3 = (0,01÷ 0,10) ⋅ R1 carico residuo dopo la rottura:Fu = 0,1 ⋅ Fy(Ew = 2500 MPa; Gw = 600 MPa; fws = 0,30 MPa)

Figura 14. Curva del legame definito da Pa-nagiotakos-Fardis.

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Le bielle equivalenti non vengono po-sizionate esattamente negli angolidella maglia, ma sono traslati verso ilbasso, a contatto col pilastro, in mo-do da tener conto del fatto che il con-tatto tra pannello e puntone equiva-lente non è puntiforme, ma si estendeper una lunghezza teorica z. È stata assegnata una cerniera as-siale, attraverso le hinge properties,posta in una generica posizione del-la diagonale, in cui il legame forza-spostamento adottato, differisce daquello presentato da Panagiotakos &Fardis soltanto per il terzo tratto, peril quale si trascura il comportamentodegradante. Tale scelta, comunqueconservativa, è dettata dal voler mi-gliorare la stabilità numerica del pro-gramma di calcolo e non avere pro-blemi di convergenza dei risultati. Inoltre, nel modello di calcolo, si sot-trae l’aliquota elastica, definendoquindi il solo campo plastico, tramiteun comportamento rigido-plastico. In-fatti, la risposta elastica, viene deter-minata automaticamente dal pro-gramma di calcolo, in base alle pro-prietà meccaniche del materiale e al-le caratteristiche geometriche del-l’elemento.

4.2. Travi e pilastri La modellazione a plasticità concen-trata prevede che tutti gli elementi co-stituenti la struttura rimangano sem-pre in campo elastico e che venganointrodotti, alle estremità di questi, ele-menti cerniera con comportamentoanelastico laddove si preveda la for-mazione di una cerniera plastica. Lanon linearità della struttura rimanequindi concentrata in zone prestabi-lite della struttura. La caratterizzazione meccanica del-la cerniera plastica è effettuata, as-sumendo come riferimento il compor-tamento non lineare della sezione diestremità dell’elemento attraverso illegame momento curvatura e della lu-ce di taglio.In generale, il comportamento non li-neare della sezione di estremità ditravi e pilastri, definito dal legamemomento-curvatura, può sintetica-

mente esprimersi mediante una leggequadrilineare definita da:1. una fase elastico-lineare fino alla

formazione della prima fessura(Φcr, Mcr);

2. una fase fessurata durante la qua-le si registra la formazione di ulte-riori fessure fino allo snervamento(Φy, My);

3. una fase post-elastica definita dauna notevole diminuzione di rigi-dezza con conseguente aumentodi deformabilità sino all’attingi-mento del valore massimo di resi-stenza flessionale (Φmax, Mmax);

4. una fase di degrado (softening)caratterizzata da una diminuzio-ne di resistenza e da una elevatacapacità deformativa sino al rag-giungimento della rotazione ulti-ma (Φu, Mu).

Per definire il diagramma momento –rotazione (M - θ ) di una cerniera pla-stica, sono stati valutati i seguentipunti caratteristici: rotazione di yiel-ding (θy); rotazione ultima (θu); mo-mento di cracking (Mcr); momento diyielding (My).La rotazione di snervamento θy è va-lutata come somma di tre aliquote:contributo flessionale; contributo ta-gliante; contributo per scorrimentodelle barre longitudinali, secondoquanto dettato dalle NTC 2008. Per quanto riguarda la rotazione ulti-ma, si utilizza l’espressione fornitadalle NTC 2008 relativa alla formu-lazione sperimentale. Si precisa che,si è trascurato il contributo del confi-namento, data l’incertezza circa ilcorretto posizionamento delle staffe el’incertezza sulla loro chiusura. È utile precisare che nella modella-zione al SAP2000, è stata sottrattal’aliquota elastica dalle rotazioni diyielding e dalla rotazione ultimapoiché tale valore viene automati-camente calcolato dal SAP2000 at-traverso la rotazione di estremitàdell’elemento frame cui sono appli-cate le due cerniere plastiche. Siprecisa inoltre che, il legame M - θè simmetrico per i pilastri, ma nonper le travi.

Figura 15. Legame momento-curvatura sezionein c.a.

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Per ogni pilastro sono state definite 4cerniere plastiche, mentre per ognitrave 2, per un totale di 1348 cer-niere plastiche per l’intera struttura in-telaiata. Particolare attenzione è stata adotta-ta per la definizione delle cerniereplastiche dei pilastri in corrisponden-za del vano scala e in particolarequei pilastri in corrispondenza dellatrave di interpiano. Per tali elementi,la luce da considerare sarà pari ad h(altezza d’interpiano) per la defini-zione delle cerniere plastiche secon-do la direzione X, mentre sarà h/2per la definizione delle cerniere pla-stiche secondo la direzione Y. In talmodo si riesce a considerare l’effettodel pilastro tozzo, in direzione Y, inseguito alla presenza della trave diinterpiano del vano scala.

5. Analisi dello stato di fatto

La capacità di una struttura di resi-stere ad un evento sismico, dipendefortemente dalla sua capacità defor-mativa in regime anelastico, ovverodalla sua duttilità. Tali aspetti è pos-sibile valutarli tramite l’analisi staticanon lineare adottata. Al modello della struttura vengonoapplicate due distribuzioni di forzeorizzontali definite come:– distribuzione delle forze di piano

proporzionale al prodotto dellemasse di piano per lo spostamen-to di piano relativo al I modo di vi-brare: questa distribuzione di for-ze è rappresentativa della rispostadinamica della struttura in campoelastico;

– distribuzione delle forze propor-zionale alla sola massa di ciascunpiano: tale distribuzione è rappre-sentativa del comportamento dina-mico della struttura in campo pla-stico.

La Domanda di sollecitazione e di de-formazione è rappresentata sulla cur-va di capacità in corrispondenza deivalori relativi alla massima domandain termini di spostamento della strut-

tura soggetta ai diversi terremoti diprogetto. Per eseguire questa opera-zione si adotta il metodo N2 nellaformulazione prevista dalleNTC2008. Tramite la curva di capa-cità si è in grado di valutare la do-manda della struttura sia in termini diresistenza sia in termini di deforma-bilità.La Capacità in termini di spostamen-to, viene valutata sulla curva di ca-pacità, ritenendo raggiunto lo SLDquando la rotazione in una genericacerniera plastica è tale che θ = θy; loSLV quando θ = 3/4θu; lo SLC quan-do θ = θu.Si riporta nel seguito i risultati relativialla struttura in presenza ed in as-senza di tamponatura.

5.1. Struttura Tamponata (ST) Le analisi statiche non lineari sonostate condotte indipendentemente, se-condo le due direzioni principali, im-ponendo all’edificio: – un set di forze agenti in direzione

longitudinale (E-O);– un set di forze agenti in direzione

trasversale (N-S).

In ciascuna direzione sono state con-siderate due possibili distribuzioni diforze orizzontali e quindi il numerodi analisi complessive eseguite è sta-to 4, essendo la struttura simmetricain entrambe le direzioni. Tali analisisono siglate: Mode X; Masse X; Mo-de Y; Masse Y.Per ciascuna di queste analisi, con ri-ferimento agli stati limite considerati,è stata valutata la Domanda di spo-stamento a valle di una procedurache ha previsto la determinazione diun sistema SDOF bilineare equiva-lente; la determinazione della rispo-sta massima in spostamento del siste-ma bilineare equivalente; la conver-sione del valore di spostamento rela-tivo al sistema SDOF equivalente, nel-lo spostamento del sistema MDOF(spostamento massimo effettivo sullastruttura analizzata). Una volta trova-to lo spostamento effettivo per lo SLconsiderato, si procede alla verificadi compatibilità degli spostamenti per

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elementi/meccanismi duttili e delle re-sistenze per gli elementi/meccanismifragili. Per saggiare il livello di vulnerabilitàdella struttura e quindi il livello di ina-deguatezza all’azione sismica previ-sta dalla norma, si calcola un Fattoredi Sicurezza (FS) come rapporto trala Capacità di spostamento e la Do-manda di spostamento per lo SL ri-chiesto. Si riportano per ovvi motivi di spazio,le sole analisi allo Stato Limite di Col-lasso con riferimento alla distribuzio-ne di forze orizzontali proporzionaleal prodotto delle masse di piano perlo spostamento di piano relativo al Imodo di vibrare che risulta essere ladistribuzione più penalizzante. Si evi-denzia la Domanda di spostamentoallo SLC e si sintetizza in Tabella 1 laproceduta adotta per giungere allavalutazione del Fattore di Sicurezza(FS). Si riporta inizialmente l’analisi in di-rezione X e successivamente l’analisiin direzione Y. In ultima battuta vienesintetizzata la valutazione sismicadella struttura, tabellando i valori FSsia allo Stato Limite di Collasso sia al-lo Stato Limite di salvaguardia dellaVita.

5.1.1. Analisi allo Stato Limite di Col-lasso (SLC) – direzione XA valle dell’analisi statica non linearesi ottiene la seguente curva di capa-cità, di cui si evidenziano i due steppiù significativi, indicati rispettiva-

mente con step A e step B. Si eviden-zia anche la domanda di sposta-mento allo SLC. Dall’analisi della curva pushover sinota che per uno spostamento di 7.8cm, corrispondente allo step A, si hala rottura dei pannelli di tamponaturaal secondo, al terzo e al quarto im-palcato come è chiaramente mostra-to nella Figura 18.Dalla Figura 19 si nota che a causadella crisi dei pannelli di tamponatu-ra, si crea un meccanismo di pianocon collasso della struttura (step B)per raggiungimento della rotazioneultima delle cerniere plastiche al-l’estremità dei pilastri, relativi al quar-to impalcato. Ai fini della sola bilinearizzare dellacurva pushover che presenta un dropin corrispondenza dello step A, si èscelta una curva di riferimento, a van-taggio di sicurezza, che non consi-dera i pannelli di tamponatura chehanno raggiunto la rottura, sin dal-l’inizio dell’analisi di spinta.Tutto ciò, è stato necessario per faci-litare la bilinearizzazione della cur-va e conseguentemente il calcolo del-la domanda di spostamento. Talesemplificazione, poiché considera unsistema SDOF equivalente più defor-mabile, comporta una stima più con-servativa della domanda di sposta-mento. Di seguito si riportano le caratteristi-che del sistema bilineare equivalen-te, relativo al sistema SDOF e la va-lutazione della domanda di sposta-

Figura 16. Curva pushover MODE X

Figura 17. Telai interessati dalla crisi delle tam-ponature

Figura 18. Rottura dei pannelli di tamponatu-ra (step A)

Figura 19. Meccanismo di piano del telaio contamponature in crisi (step B)

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mento secondo quanto prescritto dal-le NTC 2008.

5.1.2. Analisi allo Stato Limite di Col-lasso (SLC) – direzione YSi riportano i risultati dell’analisi pu-shover, nella direzione trasversaleche sappiamo essere quella più de-formabile e quindi di maggiore vul-nerabilità per l’intera struttura.Dall’analisi della curva pushover sinota che per uno spostamento di 7.5cm (step A), si ha la rottura di alcunipannelli di tamponatura al secondo

e al terzo impalcato come è chiara-mente mostrato nella Figura 22, men-tre per uno spostamento di 8.1 cm siha la rottura di ulteriori pannelli al se-condo impalcato.Dalla Figura 23 si nota che a causadella crisi dei pannelli di tamponatu-ra, si crea un meccanismo di pianoal terzo impalcato (step B).Di seguito si riportano le caratteristi-che del sistema bilineare equivalenterelativo al sistema SDOF e la valuta-zione del livello di vulnerabilità conil relativo valore del FS.

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Figura 20. Curva pushover del sistema MDOF,SDOF e bilinearizzazione

Figura 21. Curva pushover MODE Y

Tabella 1. Domanda e capacità di spostamento.Fattore di Sicurezza

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Si riporta una tabella riassuntiva deiFattori di Sicurezza delle analisi ef-fettuate, nelle due direzioni, per ledue distribuzioni di forze orizzonta-li e per i due Stati Limite Ultimi con-siderati. Si evita di riportare i risul-tati relativi allo SLD, solo perché de-cisamente meno penalizzanti rispet-to a quelli relativi allo Stato LimiteUltimo. Dall’analisi dei Fattori di Sicurezza,si osserva il considerevole livello di

vulnerabilità della struttura, maggior-mente accentuata nella direzione Ypoiché tale direzione risulta essere lapiù deformabile per la minore pre-senza di elementi sismo-resistenti.Lavoro analogo è stato svolto per lastruttura nuda cioè priva di tampona-ture. Per ovvi motivi di spazio, si ri-porta direttamente nel paragrafo se-guente, il confronto sia in termini dicurve di capacità sia in termini di Fat-tori di Sicurezza.

Figura 22. Rottura dei pannelli di tamponatu-ra (step A)

Figura 23. Meccanismo di piano del telaio contamponature in crisi (step B)

Figura 24. Telai interessato dalla crisi delletamponature

Figura 25. Curva pushover del sistema MDOF, SDOF e bilinearizzazione

Tabella 2. Domanda e capacità di spostamento–Fattore di Sicurezza

Tabella 3. Fattori di Sicurezzaper la struttura tamponata

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6. Analisi Struttura Nuda ecomparazione con StrutturaTamponata

Si riporta una sovrapposizione dellecurve di capacità relative alla Struttu-ra Tamponata (ST) e Struttura Nuda(SN), sia nella direzione X sia nelladirezione Y, per le due distribuzionidi forze orizzontali considerate (Mo-

de; Mass), per i due Stati Limite Ulti-mi considerati (SLV e SLC). Si riportaanche una tabella riassuntiva dei Fat-tori di Sicurezza (FS) valutati sia nelcaso di struttura ST sia nel caso distruttura SN. Anche in questo caso, sievita di riportare i risultati relativi al-lo SLD, solo perché decisamente me-no penalizzanti rispetto a quelli rela-tivi allo Stato Limite Ultimo.

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Figura 26. Curve di capacità per la StrutturaTamponata (ST) e per la Struttura Nuda (SN)allo SLC

Tabella 4. Fattori di Sicurezza per la strutturaST e SN

Figura 27. Curve di capacità per la StrutturaTamponata (ST) e per la Struttura Nuda (SN)allo SLV

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Dalle analisi sopra riportate si notacome l’effetto delle tamponature siadeleterio per il comportamento sismi-co della struttura analizzata, in quan-to determina un drastico cambia-mento del meccanismo di collasso,passando da un meccanismo duttiledi trave ad un meccanismo fragile dipiano.Tale risultato non deve meravigliarein quanto su strutture particolarmentedeformabili, come accade nel casoin esame lungo la direzione Y, le tam-ponature possono avere un’inciden-za negativa anche in presenza diuna loro disposizione regolare inpianta ed in elevazione. Tale aspetto evidenzia come il consi-derare o meno le tamponature non èuna variabile trascurabile, dato chequalora non venissero considerate sigiungerebbe a dei risultati errati nonrispondenti al reale comportamentodella struttura.Inoltre, in vista di un intervento diadeguamento sismico, partendo darisultati errati (nel caso in esame, benlontani dal poterli definire conserva-tivi), si seguirebbe ad una progetta-zione errata. In altre parole, si ade-guerebbe la struttura in modo ano-malo senza quindi essere certi che lastruttura stessa, risulti effettivamenteadeguata e quindi in grado di sod-disfare i livelli prestazionali previstidalla norma: SLD e SLV (o SLC).

6. Conclusioni e proposta didisaccoppiamento delle tamponature

La scelta di includere o meno i pan-nelli di muratura, nel modello di cal-colo di in una struttura intelaiata inc.a., è legata alla comprensione delcomportamento della struttura in pre-senza di azioni sismiche e quindi al-la valutazione dell’entità degli effettiindotti su travi e pilastri dalla presen-za dei tompagni. Se si considera perla tamponatura un semplice modellomeccanico, quale quello di asta in-cernierate nelle sue sezioni di estre-mità, si capisce facilmente che lacomponente verticale della forza as-

siale che esso assorbe, induce sforzonormale nei due pilastri adiacenti. Te-nendo poi presente che nella realtà,il pannello murario ha un contatto dif-fuso con le aste e non trasmette la for-za direttamente nel nodo, si com-prende che all’estremità dei pilastrinasce un taglio, che può cautelativa-mente essere considerato pari allacomponente orizzontale della forzanel pannello, ed un momento fletten-te, convenzionalmente valutato ipo-tizzando che la forza di taglio sia ap-plicata ad una distanza dal nodo pa-ri ad un quindicesimo dell’altezza delpilastro.Anche se i pannelli murari general-mente, assorbono un’aliquota del-l’azione sismica che in molti casi puòandare dal 10 al 50%, con una rela-tiva riduzione delle caratteristiche disollecitazione nelle aste della strutturaintelaiata, è pur vero che la presen-za dei pannelli murari comporta unirrigidimento dello schema strutturalee quindi una riduzione del suo perio-do proprio; condizionando la rispo-sta dinamica elastica e provocandoun aumento dell’azione sismica.Nel caso in esame, essendo la strut-tura nuda molto deformabile in dire-zione trasversale, l’aspetto dell’irrigi-dimento e dell’incremento dell’azio-ne sismica, da parte della tampona-tura, è sicuramente preponderantesul primo aspetto in cui si consideral’effetto collaborante nell’assorbirel’azione sismica.Si ricorda inoltre che la muratura haun comportamento fragile il che giu-stifica la presenza di “salti” sulle cur-ve di capacità che rappresentanoquindi, l’improvvisa perdita di resi-stenza della struttura. Ciò ha in-fluenza sulla risposta inelastica, per-ché al sopraggiungere della rotturadei pannelli, l’aliquota di azione si-smica da essi assorbita, si scaricaistantaneamente sulla struttura facili-tando il raggiungimento di un col-lasso fragile.Nel caso oggetto di studio, la distri-buzione dei pannelli non è del tuttoregolare, e quindi il comportamentostrutturale peggiora sensibilmente

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poiché i pilastri e le travi adiacenti al-le tamponature, vanno in crisi primadi quando avverrebbe nel caso distruttura nuda.Inizialmente, si poteva pensare chela disposizione delle tamponature,per la struttura esaminata, poichénon particolarmente irregolare, po-tesse apportare dei benefici sulla ri-sposta sismica dell’edificio, ma dal-l’approfondimento in regime non li-neare, tutto ciò è stato disatteso.In conclusione, la struttura presentaun collasso fragile, molto insidioso epericoloso, considerando l’effetto del-le tamponature.Dalle considerazioni fatte finora, pri-ma di passare alla fase di adegua-mento della struttura tramite tecnichetradizionali (ringrosso dei pilastri;controventi in acciaio; pareti) o inno-vative (controventi con dispositiviADAS, controventi ad instabilità im-pedita; controventi con dissipatori inserie), è sembrato opportuno disac-coppiare i pannelli murari (ovvia-mente solo quelli ritenuti “efficaci”)dalla struttura intelaiata, in modo chela struttura risulti nuda senza quindialcuna interazione significativa conle tamponature. Ciò è suggerito dal-l’evidente beneficio che la strutturaavrebbe se si evitasse che essa inte-ragisca con quei pannelli che abbia-mo evidenziato determinare un peg-gioramento del comportamento post-sisma dell’edificio. Tale disaccoppia-mento permette, in modo poco inva-sivo e con una ridotta incidenza suicosti finali, di minimizzare l’entità

dell’intervento di adeguamento equindi, di facilitare il raggiungimentodi valori del Fattore di Sicurezza >1,in corrispondenza degli SL conside-rati. Per fare ciò, sarebbe sufficiente man-tenere separato il pannello murariodai pilastri laterali lasciando un’in-tercapedine di dimensioni adeguate,da riempire con materiale caratteriz-zato da una notevole deformabilità.Per ridurre le azioni taglianti sul pan-nello murario, si crea una sconnes-sione anche con la trave sovrastante,come mostrato in Figura 28. La dimensione dell’intercapedine, trala tamponatura e i pilastri laterali, sicalcola in base allo spostamento diinterpiano valutato allo SLU conside-rato, con riferimento alla struttura pri-va di tamponature. Si precisa inoltre che una soluzionedi questo tipo, richiede un controllo aposteriori sulla resistenza della pan-nello murario in direzione trasversa-le, dal momento che la presenza del-la sconnessione, riduce il grado divincolo della tamponatura lungo ibordi.

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numero 2marzo-luglio 2010 49ricerca

Figura 28. Disaccoppiamento delle tampona-ture mediante tasselli di neoprene

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50Ingegneri

Napoli

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PALAZZO PENNE:STORIA E RIQUALIFICAZIONE

DI UN MONUMENTOSTORICO

“Le battaglie per lariqualificazione e la

sopravvivenza di questoMonumento sono state

molteplici e difficili, edopo questo primo

intervento di recupero nonfinirà l’interesse per la sua

rinascita

Di Palazzo Penne si è molto parlatonegli ultimi tempi, ma il risveglio del-l’interesse per la storia e le vicendeche lo riguardano è assai recente, edè legato all’intervento di un gruppodi intellettuali, della Fondazione Be-nedetto Croce e dell’Istituto Italianoper gli Studi Storici, i quali sono riu-sciti ad attirare l’attenzione sulla que-stione del degrado e dell’abbandonodello storico edificio.Palazzo Penne costituisce un signifi-cativo esempio non solo di architet-tura civile napoletana, ma anche diartigianato locale del sec. XV, osser-vabile nel portale monumentale do-ve ancora si conserva il portone diquercia.La sua fondazione risale al «Ventesi-mo anno del regno di re Ladislao»(1406), com’è ricordato dall'epigra-fe posta sul portale. L’edificio fu com-missionato da Antonio Penne, segre-tario del re Ladislao di Durazzo.Il creatore di tale progetto resta a noiancora ignoto, anche se Carlo Cela-no avanzò il nome di Antonio Ba-boccio da Piperno che risultava, altempo della realizzazione del palaz-zo, al servizio dei Penne per l’esecu-zione del monumento funebre di An-tonio.L’edificio sorge nella piazza oggi de-dicata a Teodoro Monticelli e si svi-luppa in pendio, lungo il “pennino diSanta Barbara”.Il Palazzo presenta due caratteristi-che fondamentali: una d’impostazio-ne gotica senese presente negli archidel cortile (analoghi a quelli di Castel

Nuovo e del palazzo Carafa, suc-cessivi di mezzo secolo), l’altra di sti-le elegante nel gotico fiorito della fac-ciata.La facciata di Palazzo Penne si com-pone di una lavorazione a bugnato,in piperno e trachite, dal cui centroemerge il bellissimo portale ad arcoribassato, in travertino di Bellona(marmo bianco) e Portanova rosato.Le bugne della parte superiore dellafacciata sono decorate a rilievo con isimboli della casata dei Penne (il sim-bolo araldico della piuma), e quellidella casata angioina-durazzesca (ilsimbolo araldico del giglio). L’interafacciata si caratterizza dall’alternan-za cromatica data dalle diverse tipo-logie delle pietre e dei marmi. Nella parte superiore dell’arco è pre-sente una lapide su cui è inciso l’an-no di fondazione del Palazzo sug-gellato da tre piccole penne (simbolodella casata del committente). La lapide forma un unico blocco conlo stemma della casa Angiò-Duraz-zo. Nello spazio tra l’estradosso del-l’arco e la cornice sono presenti altridue scudi in formato ridotto, con al-l’interno tre penne, mentre nel cen-tro dell’arco ritroviamo una figura-zione di non facile interpretazione,costituita da un gruppo di nuvole re-se in stilizzate forme di petali, attra-versate da raggi dai quali fuorie-scono due mani. Queste ultime reg-gono l’orlo di due nastri che scorro-no lungo tutto l’arco e sui quali vi so-no incisi dei versi del poeta Marzia-le: «qui ducis vultus nec aspicis ista

Gilda Mauriello

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52Ingegneri

Napoli

Facciata di Palazzo Penne

libenter» (sul nastro di sinistra), «om-nibus invideas invide nemo tibi» (sulnastro di destra, dove si osserva an-che il segno notarile di Antonio diPenne), «Tu che volti la faccia e nonguardi volentieri questo [palazzo] oinvidioso, invidia pure tutti, nessunoinvidia te».Il portone in quercia offre uno straor-dinario esempio della qualità dell’ar-tigianato di quel tempo. La composi-zione decorativa dell’ornato, che hale sue origini nel periodo centrale delgotico, si compone di due ordini (inprecedenza tre) di archetti gotici, iquali staccandosi dal fondo richia-mano la decorazione marmorea del-

le loggette dette “caminata”, e traquesti sono ancora presenti le bor-chie a conetto.Superato il portone ci si ritrova in unostretto andito da cui si nota la partecentrale della volta a crociera costo-lonata, mentre il resto della volta e isuoi piedritti sono ancora osservabilinei due ambienti chiusi ai lati del-l’entrata. La chiusura dell’ampio atrio risale alsec. XVIII, in occasione della costru-zione del piano sopraelevato. Ad una quota più bassa dell’ingres-so è presente il portico quattrocente-sco a cinque archi, che affaccia an-cora sull’antico giardino.Particolare della facciata

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Le parti risalenti al sec. XV sono i pri-mi tre archi a sezione esagonaledall’ampia corda poggianti su gros-si pilastri di piperno, che espongo-no un ornamento intagliato negli an-goli a colonnine fiorate, tipico dellacultura architettonica catalana moltodiffusa nell’area campana nel quat-trocento.All’interno del portico i primi due ar-chi sono, in parte, inglobati nella mu-ratura, da cui emerge la sagoma in-tonacata di un pilastro, mentre sul-l’antica muratura esterna, è indivi-duabile il profilo di questi, delineatidalla cornice in piperno aggettanteverso il giardino.

All’interno del portico è presente an-che una delle tre finestre quattrocen-tesche in piperno, ornate con colon-nine dal capitello fiorato, che ripren-de la decorazione dei pilastri del por-tico e quella dei piedritti della voltanell’atrio. Le altre due sono osserva-bili nel prospetto sui gradini di SantaBarbara, insieme ai resti del lungocornicione marcapiano. Le finestre sono realizzate secondo ilmodello a croce guelfa con giogo, ele quattro aperture, due quadrate inalto e due rettangolari in basso, so-no divise da cornici dalla rilevantemodanatura. Quelle prospicienti igradini di Santa Barbara mostrano

numero 2marzo-luglio 2010 53storia

Portale quattrocentesco

Cornici e pilastro in piperno che tracciano, sul-la parete esterna del portico, la sagoma degliarchi quattrocenteschi

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54Ingegneri

Napoli

ancora la cosiddetta “cornice a bi-lancia” (A. Venturi), che inquadra laparte alta delle finestre, ornata da fio-ri nei punti terminali.Dalla fine del Seicento hanno avutoinizio le trasformazioni sostanziali del-l’assetto originario dell’antico edificio.Tali modifiche erano legate all’acqui-sto del Palazzo da parte dell’ordinedei Padri Somaschi, i quali adattaro-no gli spazi originari alla quotidiani-tà del monastero.Con l’avvento dell’Ottocento, gli ordi-ni religiosi furono aboliti e il Palazzofu messo in vendita passando in pro-prietà dell’abate Teodoro Monticelli,un illustre vulcanologo appartenenteall’ordine dei frati Celestini di San Pie-tro a Majella. Teodoro Monticelli nel-la sua casa costituì un vero e propriomuseo di mineralogia ed una cospi-cua biblioteca. Alla morte dell’abate,alla fine della prima metà dell’Otto-cento, le collezioni, mineralogica e li-braria, furono vendute all’Università,dove un tempo aveva insegnato. Il pa-lazzo rimase proprietà della famigliaMonticelli per vari anni senza subirecambiamenti di grande rilievo.Per assistere ad una nuova opera diristrutturazione rilevante bisognagiungere ai nostri tempi. Il Palazzo dopo essere stato acqui-stato da una Società napoletana, èdivenuto oggetto di lavori, atti a tra-sformarlo in residence e bed and bre-akfast. Il programma non è stato por-tato a termine per opposizione dellaSoprintendenza competente che è in-tervenuta bloccando i lavori. Lo storico edificio, dopo questo ini-ziale abbandono, è stato acquistatodalla Regione Campania, e affidato

in seguito all’Università degli Studi diNapoli l’Orientale. Sin dall’affidamento all’Orientale, viera la volontà di destinarlo a biblio-teca, per accogliere nelle sue sale lecollezioni delle Biblioteche Pietro Pio-vani e Fabbrocino Tessitore. Tale destinazione sembra essere sta-ta confermata in una delle ultime riu-nioni svolte presso la sede della Giun-ta Regionale unitamente alla possibi-lità di designare anche degli spazipolivalenti alla promozione e diffu-sione culturale.Gli intenti sembrano preannunciareun ritorno di Palazzo Penne allosplendore di un passato ormai lonta-no. Le battaglie per la riqualificazio-ne e la sopravvivenza di questo Mo-numento, dimenticato dalla gente edal tempo, sono state molteplici e dif-ficili, e dopo questo primo interventodi recupero non finirà l’interesse perla sua rinascita.

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Scala settecentesca

Facciata settecentesca

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“Creazione di un polointegrato finalizzato alla

valorizzazione delpatrimonio storico e alla

promozione delle iniziativeculturali e turistiche

presenti sul territorio diSan Giovanni aTeduccio

Valentina Guariglia

numero 2marzo-luglio 2010

SAN GIOVANNI A TEDUCCIO TRA PREESISTENZE STORICHE

E REALTÀ INDUSTRIALIDISMESSE

Recupero e riqualificazione integratadel Forte di Vigliena e dello Stabilimento Iannone

Il primo passo del lavoro di tesi è sta-to quello della conoscenza del con-testo in cui sono inseriti i due edifici,ovvero il quartiere di San Giovanni a

Teduccio, collocato nella zona orien-tale della città di Napoli. A tal fine èstata svolta una attenta indagine sultessuto edilizio, che si caratterizza

Presentazione

Obiettivo della tesi di laurea in Ingegneria Edile-Architettura di Valentina Gua-riglia è stato quello di creare, attraverso il recupero di un edificio storico in to-tale abbandono e il riutilizzo di una struttura industriale dismessa, un polo in-tegrato finalizzato alla valorizzazione del patrimonio storico e alla promo-zione delle iniziative culturali e turistiche presenti sul territorio di San Giovan-ni a Teduccio.La scelta è stata dettata dalla circostanza che la zona, oltre a costituire uncomparto urbanistico con una consolidata edilizia storica e con un forte e se-colare rapporto con il mare, oggi è anche uno dei quartieri della città di Na-poli maggiormente interessato da grandi progetti di sviluppo: dalla realizza-zione del Porto turistico di Vigliena a quella delle Facoltà di Ingegneria e diGiurisprudenza. Si è così pensato ad un progetto integrato del Fortino di Vigliena e dello Sta-bilimento Iannone, inseriti in un unico parco urbano. Il Forte di Vigliena, simbolo della resistenza giacobina durante la rivoluzionenapoletana del 1799, è stato riconfigurato spazialmente dando vita al Museodella Rivoluzione Napoletana, un museo multimediale in cui si narrano le vi-cende della rivoluzione, del fortino e del contesto.Lo Stabilimento Iannone, opportunamente recuperato, è stato destinato a Cen-tro studi di supporto al Museo, per la consultazione e l’elaborazione di tuttoquanto riguarda la rivoluzione napoletana e la cultura vesuviana, in generale.In questo progetto di recupero Valentina Guariglia ha tenuto in debito conto imoderni criteri guida, quali la reversibilità degli interventi, il minimo interven-to, la distinguibilità degli interventi, la compatibilità fisico - chimica dei nuovimateriali con l’esistente.Il lavoro, sviluppato da Valentina Guariglia con la guida del prof. Alfredo Buc-caro e della sottoscritta, è stato particolarmente apprezzato dalla Commissio-ne di laurea consentendo alla candidata di laurearsi con lode.Per ovvi motivi di sintesi Valentina Guariglia si limita a presentare, in questoarticolo, soltanto l’intervento progettato per il Fortino di Vigliena.

Flavia Fascia

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IngegneriNapoli56

per la presenza sia di edifici storici,tra i quali emergono il Forte di Vi-gliena, la Dogana al Ponte dellaMaddalena e tredici ville vesuvianerisalenti al ‘700, sia di edifici di re-cente formazione, residenziali ed in-dustriali.Il territorio è stato studiato anche me-diante l’esame dell’evoluzione deglistrumenti urbanistici: dal 1939 al1970 si sono susseguiti vari Piani Re-golatori che hanno cercato di rego-lamentare la sorte dei casali inglobatinella periferia napoletana. Gli stru-menti attuali, il PIAU ed il PUA, han-no come obiettivo principale la ri-connessione tra quartiere e mare (og-gi impedita dalla barriera costituitadalla linea ferroviaria), la messa a si-stema degli spazi e delle attrezzaturepubbliche, la riconfigurazione urba-nistica di alcune aree nodali, gli in-dirizzi di dettaglio per gli interventiprivati nei tessuti edilizi abitativi eproduttivi. Tra gli interventi previsti so-no da ricordare la realizzazione del-la passeggiata da Vigliena a Pietrar-sa con il recupero del rapporto con ilmare, la realizzazione del parco ar-cheologico-urbano del Forte di Vi-gliena con sovrappassi per superarei binari, l’acquisizione dell’ex stabili-mento Cirio per l’attivazione di duepoli universitari (Facoltà di Ingegne-ria e di Giurisprudenza), la realizza-zione del porticciolo turistico di Vi-gliena.Completata l’analisi storica ed urba-nistica del contesto è stata affrontatal’analisi degli edifici in esame, siadal punto di vista storico che nellostato attuale.Il Forte di Vigliena, costruito tra il1703 e il 1705 per volere del VicerèJuan Manuel Fernandez Pacheco, du-ca di Escalona e marchese di Villena,rientrava in un piano militare che mi-rava alla fortificazione del litorale na-poletano, da Napoli a Castellamma-re, con la costruzione di cinque forti:a S. Giovanni a Teduccio, al Grana-tello, a Torre di Resina, a Scoglio diRovigliano ed a Castellammare. IlForte di Vigliena non sparò mai alcuncolpo fino alla Rivoluzione Napole-

tana del 1799, che vide da un lato igiacobini napoletani sostenuti dalletruppe francesi e dall’altro i popola-ni, guidati dal cardinale Ruffo, a fa-vore della monarchia. Il Fortino fu at-taccato sia da terra che da mare e idifensori combatterono valorosamen-te resistendo contro l’artiglieria nemi-ca che alla fine riuscì ad aprire unabreccia nelle mura. I difensori, pur dinon cadere nelle mani del nemico, fe-cero saltare in aria il forte incendian-do la polveriera. Il 13 giugno terminòla resistenza dei giacobini e la bat-taglia si concluse a favore della mo-narchia.Nella prima metà dell’Ottocento ilforte venne destinato a scuola di pra-tica di artiglieria e, fino all’Unitàd’Italia, fu oggetto di varie trasfor-mazioni.Nel Novecento il Fortino è sparitodalle carte ufficiali anche se, in real-tà, l’impianto era perfettamente leg-gibile come si evince dai rilievi aero-fotografici dell’Istituto Geografico Mi-litare. Il Fortino di Vigliena presenta una for-ma pentagonale simmetrica ed è cir-condato da un fossato a forma di stel-la, rimasto in gran parte inalterato.Attualmente un terrapieno consentedi scavalcare il fossato e immette al-l’interno della costruzione ad unaquota di circa 1 m dal calpestio ori-ginario, a causa dell’accumulo di ma-teriali avvenuto nel corso del tempo.All’interno la superficie è ricopertada vegetazione e piante.Della struttura originaria sono rimastii muri perimetrali, ben conservati dalpunto di vista statico al livello inferio-re, ma quasi inesistenti superiormen-te, a causa dello storico scoppio chene ha provocato il crollo. Dalla letturadei resti si comprendono facilmente latessitura muraria, le tracce delle aper-ture e degli elementi in piperno per ilrinforzo delle facciate. All’interno so-no ancora riconoscibili gli archi a tut-to sesto, tracce di quelle che un tempoerano le volte a botte su cui poggiavail camminamento di guardia superio-re, e spezzoni dei muri divisori dellevarie celle al livello inferiore.

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numero 2marzo-luglio 2010 57riqualificazione

Dei due livelli originari ne rimane so-lo il primo. Il piano di ronda, infatti,è completamente distrutto e restanosoltanto le tracce nei muri e le voltedi sostegno che coprivano gli acces-si ai bastioncini. Delle scalette, degliorizzontamenti e delle suddivisioni in-terne non è rimasta traccia ed ancheil rivellino in gran parte è coperto dalterreno e dai depositi accumulati nelcorso del tempo.Una seconda fase del lavoro di tesiha riguardato l’Analisi del degradodei materiali lapidei, che ha consen-tito di mettere in evidenza le diversepatologie di degrado che hanno ag-gredito il manufatto. L’indagine è sta-ta svolta, e rappresentata, secondo leindicazioni fornite dal DocumentoNormal 1/88, che fornisce una gui-da per il riconoscimento delle altera-zioni macroscopiche dei materiali la-pidei.

Nella maggior parte dei casi il tufo èrisultato affetto da erosione, mancan-za, deposito superficiale e dalla pre-senza di vegetazione infestante; ilpietrame, invece, da mancanza e pa-tina; il piperno, infine, da efflore-scenza, deposito superficiale, patinabiologica e da erosione. In relazionealla tipologia di degrado sono statiprevisti interventi di preconsolida-mento, pulitura, consolidamento, pro-tezione, tutti indipendenti dalla nuo-va destinazione d’uso.Nel merito degli interventi di ripristi-no strutturale, necessari per restitui-re la continuità e la solidità struttu-rale originali, è stato previsto la sti-latura dei giunti per tutte le muratu-re, scuci e cuci per eliminare le fes-sure passanti, iniezioni a base dicalce per le fessure non passanti, ri-costruzioni in sottosquadro dei pa-ramenti murari crollati; la ricostru-

Nella Tavola 18 è riportata la Sistemazionedel Parco di Vigliena

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zione della volta crollata del ba-stioncino.Il Fortino di Vigliena, simbolo delladifesa della Repubblica Napoletana,è stato riconfigurato spazialmenteper l’allestimento del Museo della Ri-voluzione Napoletana del 1799. L’in-tervento di recupero è stato condottonel rispetto degli orientamenti mo-derni del restauro, cercando di collo-care funzioni compatibili con la strut-tura preesistente, adeguandola, tut-tavia, alle esigenze attuali. Si trattadi un museo multimediale, ispirato alMuseo Archeologico Virtuale (MAV)di Ercolano, che narra le vicende del-la rivoluzione napoletana del 1799,del fortino e del contesto. Sarà pos-sibile ri-vivere le vicende storiche gra-zie alle ricostruzioni tridimensionali eall’approccio interattivo. Il Museo si sviluppa su una superficiedi 975 m2 e, dopo la biglietteria/in-

fo point, alla quale sono annessi am-bienti di servizio per il personale, siarticola attraverso una serie di saledi seguito illustrate.– Inizio mostra: è la zona filtro chia-

mata a separare nettamente laparte esterna dal percorso mu-seale.

– Corpi scomposti in luce: illustra-zione del concetto di intelligenzaconnettiva su cui si fonda il museo;i visitatori, una volta riconosciuti,sono circondati da cerchi luminosiproiettati su un pannello.

– Un salto nel tempo: attraverso pan-nelli interattivi il visitatore entra nelcontesto storico, culturale, econo-mico e politico dell’epoca.

– Nomi e volti dei protagonisti: gliologrammi dei protagonisti del-l’evento escono dallo schermo eraccontano chi sono, il loro ruolo,le loro gesta, le vicende di Vigliena.

Nella Tavola 6 è riportato il Rilievo matericodel complesso

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numero 2marzo-luglio 2010 59riqualificazione

– Proiezione della battaglia: in unapiccola sala viene proiettata la ri-costruzione della battaglia che vi-de come protagonista il Fortino diVigliena.

– Proiezione dello scoppio: in un’al-tra sala viene proiettata la rico-struzione dello scoppio che coin-volse il fortino e i suoi valorosi di-fensori. La proiezione viene sdop-piata perché in ogni sala il visita-tore deve sostare solo per pochiminuti, in modo da consentire losmaltimento veloce dei flussi.

– Gli oggetti bellici: pannelli interattivitouch screen, descrivono gli oggettibellici del tempo e, in particolare,quelli usati durante la battaglia.

– Ologrammi: proiezione degli og-getti bellici, utensili e attrezzi varisotto forma di ologrammi.

– Tavolo interattivo: su un tavolo in-terattivo è possibile selezionare

parole fluttuanti, in modo da atti-vare di volta in volta sequenze te-matiche differenti sempre inerential tema, per approfondirne i con-tenuti.

– Proiezione dei soldati di guardia:lungo le pareti della sala vengonoproiettate le immagini dei soldatidi guardia che camminano lungoil piano di ronda con il fucile inspalla.

– Viaggio nel fortino, livello inferio-re: ricostruzione tridimensionaledella struttura al livello inferiore eviaggio spaziale in tutti i suoi am-bienti.

– Viaggio nel fortino, livello superio-re: ricostruzione tridimensionaledella struttura al livello superiore eviaggio spaziale in tutti i suoi am-bienti.

– Giro in nave e vista del fortino dalmare: viaggio tridimensionale in

Nella Tavola 8 è riportata l’Analisi del degra-do e il progetto di conservazione delle super-fici murarie

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nave che consente di vedere il for-te dal mare, sia di notte che digiorno, per capire come apparivaai nemici che intendevano attac-carlo da quella direzione. Il viag-gio è reso ancor più realistico gra-zie alle poltrone motorizzate che,poggiate su un apposito supporto,simulano il movimento della navein mare.

– Leggio interattivo: su un leggio èpossibile sfogliare un libro imma-teriale contenente dipinti e raffigu-razioni del forte e dell’evento chelo coinvolse. Il visitatore può sfo-gliare le pagine del libro, leggernei contenuti, ingrandire i particolari,che vede proiettati sulla parete difronte.

– Mostra fotografica: mostra dellefotografie storiche raffiguranti ilfortino e il contesto.

– Teche ritrovamenti: teche di vetroin cui vengono esposti i ritrova-menti e gli oggetti vari a tema.

– Descrizione nuove tecnologie: de-scrizione delle nuove tecnologie,effetti speciali, programmi innova-tivi, strumenti usati per realizzare icontenuti del museo.

– Zona filtro / punto ristoro: fine delpercorso museale con punto ristoroe poltrone.

– Approfondimenti: per approfondi-re la conoscenza del forte e deicontenuti del museo sono stati pre-visti una mediateca, la sala letturae alcune postazioni internet.

– Shop: punto vendita di souvenir emateriale a tema.

All’interno della struttura, tra una salae l’altra sono previsti pannelli scuri iso-lanti per evitare la diffusione del suo-

IngegneriNapoli60

Nella Tavola 12 è riportato Progetto di recu-pero e rifunzionalizzazione del Forte di Vi-gliena

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no e della luce da una parte all’altra;lungo le pareti invece non è previstoalcun rivestimento, in modo da leg-gerne la tessitura muraria originaria.Per ciascuna sala è stata prevista unacontrosoffittatura alla quale aggan-ciare faretti, proiettori, o tutto ciò cheserve per restituire l’immagine che sivuole trasmettere al pubblico.Gli uffici, quali segreteria, ammini-strazione, direzione, sono stati inse-riti nel Centro studi allestito nello Sta-bilimento Iannone.Il fortino ospita anche una piccola sa-la proiezione, per cinquanta spetta-tori, completa di biglietteria/infopoint, locali per i dipendenti, deposi-ti. All’occorrenza la sala può essereusata anche per conferenze.Una terza funzione è quella previstaper la piazza d’armi che, su una su-perficie di 550 m2, può ospitare ma-nifestazioni all’aperto.Attraverso le scale laterali e la ram-pa in fondo alla piazza d’armi, si ac-cede al piano di ronda, l’antico cam-minamento dei soldati, realizzatocon orizzontamenti in acciaio e ve-tro. L’intero piano, scoperto, presentauna superficie di 975 m2 ed è desti-nato ad esposizioni temporanee.In conclusione, il fortino verrà tra-sformato in una struttura che, con unasuperficie complessiva di 2500 m2,vivrà ventiquattro ore al giorno:quando l’orario di visita al museo oalle esposizioni temporanee sarà ter-minato, il complesso sarà ancora frui-bile e animato grazie alla sala pro-iezione, la piazza per le manifesta-zioni all’aperto, la passeggiata al li-vello superiore.Dal punto di vista formale il forte diVigliena viene ricostruito, riprenden-do in linea generale le forme origi-

narie, ricostruendo e integrando lacinta muraria in tufo, con blocchisquadrati, regolari, di colore diversoe trattati diversamente e, aspetto mol-to importante, disposti sottosquadroper rendere subito leggibile l’integra-zione. Vengono ricreati, inoltre, il re-dondone ed i rinforzi angolari, nonpiù in piperno, perché impossibile dareperire, ma in pietra lavica. Le bu-cature danneggiate al livello inferiorenon vengono ridotte e rimodellate co-me quelle iniziali, in modo da legge-re i segni del tempo e le tracce la-sciate dalla storia, mentre quelle su-periori, in parte o completamentesventrate dall’esplosione storica, ven-gono ricostruite secondo le dimensio-ni iniziali insieme ai paramenti crol-lati, sempre con le stesse tecniche.Non viene invece riproposta la fasciabasamentale in piperno, perché si èdeciso di intervenire sulla muraturapreesistente solo con trattamenti su-perficiali per la pulitura e per il con-solidamento delle superfici ma noncon l’apposizione di nuovi elementi.All’interno il forte viene ricostruito inacciaio e vetro in modo da garantireun intervento completamente distin-guibile e reversibile. La struttura por-tante viene realizzata con travi e pi-lastri in acciaio, creando una magliasemplice e regolare, su cui poggianosolai in acciaio e vetro con i quali siriconfigura l’antico piano di ronda. Ilfronte interno viene riproposto in ve-tro, realizzando una vetrata conti-nua, composta da cristalli stratificatiagganciati ai pilastri o ai montanticon giunti a ragno, riproponendo,con il trattamento della satinatura delvetro, il disegno degli archi che co-ronavano le aperture dei vari am-bienti al livello inferiore.

numero 2marzo-luglio 2010 61riqualificazione

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62Ingegneri

Napoli

DISSESTI IDROGEOLOGICI:COLATE RAPIDESeminario tecnico

Sergio BurattiniIngegnereCoordinatore scientifico del seminario

Il giorno 9 aprile, presso la Facoltàdi Ingegneria Federico II di Napoli,nell’aula S. Bobbio gremita di tecnicie docenti universitari, si è tenuto il Se-minario Tecnico “Dissesti Idrogeolo-gici: Colate rapide coordinata dal-l’Ing. Sergio Burattini, con la colla-borazione dei Coordinatori delleCommissioni di Geotecnica, prof.ing.Vincenzo Caputo, Commissione Beniculturali e edilizia: ing. Salvatore Lan-dolfi, e Commissione Edilizia scola-stica. ing. Sergio Burattini, oltre allafattiva collaborazione degli ing. Vin-cenzo Landi, ing. Massimo Ramondi-ni e il geologo Dott. Rosario Santo-nastasio.I lavori sono stati aperti dal Presidedella Facoltà di Ingegneria Prof. ing.Edoardo Cosenza, cui ha fatto se-guito il saluto del Presidente dell’Or-dine ing. Luigi Vinci.L’introduzione al Seminario è statadel Prof. Vincenzo Caputo, che haposto l’accento sull’importante ruoloche la Geologia e la Geotecnica ri-coprono nella mitigazione del rischioda frana intesa in senso molto ampio.in particolare quest’ultima che in Ita-lia ha avuto la sua culla proprio nel-la Facoltà di Ingegneria di Napoli af-fermando progressivamente la suacapacità, tipicamente ingegneristica,di affrontare questi problemi in chia-ve quantitativa e oggettiva.Il Prof. ing. Giuseppe De Martino,nella qualità di moderatore ha intro-dotto il primo relatore della giornatail Prof. Geologo Domenico Calcater-ra, della sezione di Geologia appli-

cata della Facoltà di Ingegneria, egliha spiegato che la Campania è unaRegione particolarmente esposta alrischio da frane da flusso rapido interreni di origine vulcanica, poichéesistono due distretti vulcanici attivi, iCampi Flegrei e il Somma Vesuvio epertanto sono presenti due tipologiefondamentali di frane, le valanghe didetrito e gli scorrimenti-colate detrico-fangose, inoltre ha descritto i princi-pali scenari geologico-geomorfologi-ci della Campania più altamente in-teressati da frane da flusso rapido. L’ing. Anna Scotto di Santolo del Di-partimento di Ingegneria IdraulicaGeotecnica ed Ambientale ha parla-to dei metodi attualmente disponibiliper la previsione della propagazionedi una colata rapida, illustrando unasua applicazione nel caso di un ver-sante carbonatico ricoperto da unasuccessione insatura di depositi piro-clastici.Il Prof. Gianfranco Urciuoli, del Di-partimento di Ingegneria Idraulica,Geotecnica e Ambientale, ha trattatodegli interventi sostenibili, cioè quel-li di modesto impatto ambientale e dicosto contenuto, che possono esseremessi in atto da Amministrazioni lo-cali, quali i piccoli Comuni. Tali in-terventi risultano efficaci per la sal-vaguardia del territorio montano ecollinare ed in particolare del retico-lo di drenaggio, che in caso di franapotrebbe svolgere la funzione di col-lettore del materiale franato, recapi-tandolo sulle aree urbane della zonapedemontana.

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63numero 2

marzo-luglio 2010sicurezza

Il Prof. Ing, Pasquale Versace, del-l’Università degli Studi della Cala-bria, Presidente del Gruppo Italianodi Idraulica, ha illustrato, attraversole esperienze del Commissariato stra-ordinario per l’Emergenza Idrogeo-logica, istituito in Campania dopo itragici eventi del maggio 1998, checolpirono i comuni di Sarno, Quindi-ci, Siano, Bracigliano e S.Felice aCancello, il sistema di interventi rea-lizzati per la messa in sicurezza deiterritori di quei comuni a rischio dicolata rapida. Si trattava in quel ca-so di un complesso di opere assai ri-levanti, la cui realizzazione dovevaessere necessariamente demandataad un organismo sovra comunale incui fossero concentrate competenzetecniche e risorse non reperibili negliEnti territoriali.La giornata di lavori è stata chiusadagli interventi interessanti dei tecnici

degli sponsor della manifestazione ecioè la Borghi Azio S.p.A. di ReggioEmilia vale a dire dal Prof. Ing. Mau-rizio Ponte dell’Università della Cala-bria che ha parlato della stabilizza-zione di coltri instabili e della mitiga-zione del rischio idrogeologico me-diante l’utilizzo di trincee drenantiprefabbricate illustrandone le diversetipologie e i relativi metodi di calcoloper il dimensionamento e L’ing. Ro-mano Lamperti, amm.re Delegato del-la Sisgeo-Ingeo Srl che ha illustratocome si realizza il controllo preventi-vo di aree potenzialmente soggette adissesti veloci, attraverso una serie diattività e procedure che permettono diriconoscere, dimensionare, valutaregli effetti e definire le necessarie azio-ni da intraprendere al fine di garanti-re il necessario livello di sicurezza al-le persone e alle infrastrutture sogget-te all’incipiente pericolo.

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64Ingegneri

Napoli

I SISTEMI DI HOMELANDSECURITY: SCENARIO,TECNOLOGIE E APPLICAZIONIRecensione

Giorgio FranceschettiGiovanni Manco

Segnaliamo all’attenzione dei lettoriquesto prima pubblicazione dellaCollana Leonardo dell’Ordine degliIngegneri della Provincia di Napolisu una tematica innovativa dalle va-ste applicazione che è quella dellaHomeland Security (HS). Il lavoro cu-rato dal prof. Giorgio Franceschettidell’Università degli Studi Federico IIdi Napoli e dall’ing. Giovanni Man-co Consigliere dell’Ordine degli In-gegneri di Napoli, si avvale dei con-tributo di più autori espressione di unlargo numero di istituzioni coinvoltenello scenario della sicurezza del ter-ritorio: Mondo Accademico, ForzeArmate, Carabinieri, Protezione civi-le, Commissione Telecomunicazionidell’Ordine degli Ingegneri di Napo-li, Ansaldo STS, Autorità Portuale,Capitaneria di Porto.I testi e le esperienze raccolte sonocostruiti in modo da sollecitare le ini-ziative di ricerca e industriali e isti-tuzione per la definizione di nuovimetodi e strumenti per garantire lasicurezza del territorio: un condizio-ne indispensabile per lo sviluppo so-cio-economico di ogni paese mo-derno.Lo spettro delle problematiche tratta-te dal libro, che rappresenta la pri-ma pubblicazione organica sull’HSin Italia, è molto ampio, certamenteutile e di piacevole e interessante let-tura.

Il libro presenta una raccolta di temisulla sicurezza che spaziano dal-l’analisi del settore dell’HS al suo svi-luppo storico, arricchito inoltre da unautilissima guida ai simboli di gergo, fi-no alle realizzazioni di notevole por-tata sviluppate in regione Campana.Il lettore potrà trovare saggi di carat-tere teorico e l’impiego di essi comesupporto operativo su temi quali: i di-sastri naturali, le reti di calcolatori, iltraffico marittimo e metropolitano.È risaltato e analizzato il bisognoumano di sicurezza, causato dal pe-ricolo di perdita della riservatezza,autenticità e disponibilità delle infor-mazioni. Il libro presenta, infine, una lucidasintesi dei problemi associati alle rea-lizzazioni industriali dei prodotti HSpresenti in regione Campania ed as-sociati alla presenza di due stabili-menti Selex-Sistemi Integrati e un si-gnificativo indotto.Lo stile sobrio, il linguaggio semplicema non banale, la chiarezza e il ri-gore analitico delle soluzione propo-ste, caratteristiche peculiari degli au-tori, rendono il libro prezioso e indi-spensabile nella biblioteca dell’inge-gnere.

a cura diMattia SicilianoCommissone TelecomunicazioniOrdine Ingegneri Napoli

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