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La Città – La Squadra – Gli Eventi Copia gratuita distribuita in edicola con il “Roma” Numero 28 del 8 agosto 2020 INGABBIATE LA “PULCE”

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La Città – La Squadra – Gli Eventi

Copia gratuita distribuita in edicola con il “Roma”

Numero 28 del 8 agosto 2020

INGABBIATE LA “PULCE”

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arà emozionante comunque vada. Mancherà il pubblico, si giocherà una gara di ritorno a quasi cin-que mesi da quella dell’andata, gli allenatori saranno alla prese con

la condizione fisica dei propri uomini e con il caldo intenso di questo pe-riodo, in campo andranno giocatori che già sanno di non far parte del pro-getto per la prossima stagione ed altri lo faranno sapendo che sono in arrivo nuovi colleghi con i quali si dovranno giocare il posto. Ci saranno anche quelli che potrebbero pensare più al futuro che alla partita da giocare e sarebbe bene che a costo di qualunque sacrificio gli allenatori li ac-cantonassero. E poi ci sarà lui, Leo Messi, in arte “la pulce”, l’erede designato di Maradona che no-nostante i tanti gol, i palloni d’oro, i campionati vinti in Spagna e le coppe in Europa probabilmente chiuderà la carriera senza aver vinto un trofeo con la sua nazionale. Di finali il piccolo Leo ne ha giocate: ai mondiali, in Copa América, ma non ha mai vinto forse perché è un ottimo giocatore, forse perché è anche un fuoriclasse ma non ap-partiene alla categoria di quelli destinati ad essere ricordati per sempre. A noi piacerebbe vederlo a fine gara, che si giochi al Camp Nou o da un’altra parte, come nella foto che abbiamo inserito in questa pagina. Desolato, abbattuto, a capo chino quasi assente come dopo la gara del San Paolo, rimediata solo per una distra-zione azzurra, forse l’unica di una partita giocata dal Napoli ad un buon livello. Gli azzurri hanno obiettivamente un compito durissimo ma se saranno capaci di ri-

petere per inten-sità, per applica-zione la gara dell’andata hanno la possibilità di far approdare il Napoli per la prima volta ai quarti della Champions League. Occorrerà comunque in-gabbiarlo Messi. Sarà necessario che il centrocampo

lavori nelle due fasi di gioco con continuità, con attenzione. Poi ci vorranno le pre-stazioni del miglior Mertens e del miglior Insigne per violare la difesa avversaria. Forse il Napoli si troverà a poter schierare un’arma in più, ossia quella del campanilismo spagnolo. Callejon e Fabian Ruiz hanno fede ma-dridista e quindi potrebbero affrontare la partita quasi fosse il “clasico” tanto atteso ogni anno in Liga. Sono ovviamente tutte congetture, piccole speranze che alimentano la passione dell’intera città che sarebbe pronta a scattare alla fine della gara per gioire con i caroselli per le strade, rigorosamente in mascherina, che potreb-bero compensare la mancata ancorché attesa trasferta in terra catalana.

Una partita per la storia

3sabato 8 agosto 2020

FRAMMENTI D’AZZURRO

S

di Giovanni Gaudiano

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DOOA.it

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a stagione calcistica ancora non può dirsi conclusa. Sono terminati i campionati, è vero.

Le competizioni internazionali per club invece no. Ed è per questo che l’agosto calcistico sarà diverso da quello degli anni passati. Solitamente questo è il mese riser-vato ai primi test, alle amichevoli per plasmare i nuovi organici e per qual-che squadra ai preliminari per quali-ficarsi alle competizioni europee. Da qualche anno poi è anche il mese delle prime partite ufficiali dei vari cam-pionati nazionali prima della conclu-sione definitiva della sessione di cal-ciomercato. Quest’anno sarà abbastan - za insolito, per tutto quello che è ac-caduto e soprattutto perché tutto ci si sarebbe potuto immaginare fuorché assistere a delle gare di Champions ed Europa League dalle case al mare o in montagna. Fino al 23 agosto, data della finale di Champions, non ci saranno soltanto il

sole, le spiagge, il mare e la frescura degli alpeggi a far rilassare e divertire i tifosi ma anche partite di grande spessore e livello tecnico, dove l’at-tenzione e l’interesse di sicuro non mancheranno. Da qualche giorno è ripartita infatti l’Europa League, ieri invece la Cham-pions ed oggi sarà il turno del Napoli, chiamato contro il Barcellona a ten-tare la qualificazione partendo dal pa-reggio per 1 a 1 del San Paolo, di certo non il migliore dei risultati, ma consapevole di non essere battuto in partenza. Gli azzurri hanno il dovere di pro-varci, andare oltre i propri limiti, ali-mentare il sogno della tifoseria parte-nopea, scrivere la storia del club proseguendo nella competizione. An-che perché il cammino è stato già trac-ciato dal sorteggio. In caso di passaggio del turno la squa-dra di Gattuso si troverebbe di fronte la vincente tra Bayern e Chelsea, con

i tedeschi favoriti in virtù del successo di Londra per 3 a 0. In semifinale poi una tra Manchester City e Juventus, se gli inglesi riusciranno a proteg-gere il 2 a 1 del Bernabéu e i bianco-neri ribalteranno l’1 a 0 di Lione. Dall’altra parte del tabellone Ata-lanta-Psg e Lipsia-Atletico Madrid sono già quarti di finale e saranno partite sicuramente avvincenti. I ber-gamaschi, come i tedeschi, hanno grande voglia di stupire. I francesi, sempre eliminati negli ultimi anni, hanno finalmente l’occasione di an-dare oltre. Gli spagnoli, dopo aver eli-minato i campioni in carica del Liver-pool, con grande consapevolezza sono legittimamente candidati alla vitto-ria finale. Tutto si concluderà nella cornice di Lisbona, che ospiterà una Champions davvero sui generis destinata a rima-nere comunque nella storia. Anche se la tifoseria azzurra spera di ricordarla per qualcos’altro.

Un agosto da Champions

5sabato 8 agosto 2020

LA STRADA PER LISBONA

L

di Lorenzo Gaudiano

La squadra che Gat-tuso schierò al San

Paolo nella gara d’andata del 25 feb-braio terminata 1 a 1

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“Napoli” sarà nuovamente in edicola con il quotidiano “Roma” durante il ritiro precampionato della squadra azzurra a Castel di Sangro

Numero 28 del 08/08/2020 In copertina Il centrocampo del Napoli che sarà impe-gnato a fermare il fuoriclasse del Barcel-lona Leo Messi al Camp Nou

(ph Agenzia Mosca)

dries Mertens mentre calcia il pallone destinato a superare

Ter Stegen al San Paolo

n. 28 del 8 agosto 2020 Aut. Tribunale di Napoli n. 50 del 8/11/2018 RIVISTA A DISTRIBUZIONE GRATUITA CON IL QUOTIDIANO “ROMA” Direttore Responsabile Giovanni Gaudiano Coordinatore Editoriale Lorenzo Gaudiano

Redazione Marco Boscia Bruno Marchionibus Grafica e Impaginazione Mario de Filippis Le foto della sezione sportiva sono Dell’agenzia Mosca Sonia Mosca e Gianluca Mosca

Pubblicità, Marketing e Stampa a cura della Pubbli and Managment srl Via G. D’Annunzio 4 San Nicola La Strada (Ce) Tel. 0823 330633 Posta elettronica: [email protected] Consulenza Amministrativa Studio Marchionibus

Hanno collaborato a questo numero

Mimmo Carratelli Fabrizio Meglio Francesco Marchionibus Gianluca Mosca

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Rivista Napoli

La Squadra

09 Barcellona per noi è diego armando Maradona di Mimmo Carratelli

13 Forum Gli azzurri possono farcela di Lorenzo Gaudiano

21 al Camp Nou per centrare uno storico approdo ai quarti di Bruno Marchionibus

25 Barcellona La Napoli della Catalogna di Lorenzo Gaudiano

29 Luigi de Canio La semplicità della competenza di Giovanni Gaudiano

32 una qualificazione in bilico Storia fotografica di Gianluca Mosca

37 Luis Suarez Sarà battaglia in campo Che classe Fabian ruiz di Fabrizio Meglio

40 rivalità Mario rui vs Jordi alba di Marco Boscia

43 L’avversario antoine Griezmann di Lorenzo Gaudiano

46 L’approfondimento un record da sogno di Francesco Marchionibus

49 La storia della Champions La Grande Inter e il Celtic di Stein di Giovanni Gaudiano

54 Interrompo dal San Paolo Il calcio raccontato

da 20 signore di Lorenzo Gaudiano

63 L'uomo in più L'andaluso Fabian ruiz contro il maestro Setién di Giovanni Gaudiano

IN QUESTO NUMERO

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arcellona per noi è il passeggio lungo le ramblas, è l’incredibile casa di Gaudì sul Paseo de Gràcia, è Mirò con le sue linee colorate, è il Mirablau sulla

collina Tibidabo (un cocktail e una ragazza da sognare). Barcellona è la Sagrada Familia. È il gol di Nando Gan-dolfi dopo sei tempi supplementari che schiantò la Spagna di Estiarte nella piscina Bernat Picornell sul Montjuïc, so-spesa tra cielo e mare. È il Sarrià dei tre gol di Paolo Rossi al Brasile. È il Barcellona més que un club, il Barcellona da Johan Cruijff a Pep Guardiola, il tiqui-taca e il ballo del qua-qua. Da sedici anni il Barcellona è Lionel Messi, seicento e più gol in maglia blaugrana. Oggi è il Barcellona di Quique Se-tién, non ci sono più Xavi e Iniesta. Al San Paolo questo

Barcellona ci ha fatto il solletico, come ha detto improv-vidamente Gattuso, neanche un tiro in porta. Ma ora siamo al Camp Nou, questo stadio spaziale da centomila posti, la fossa del leone, “uscirne è impossibile per noi” can-terebbe Lucio Battisti, una immensa bocca pronta a in-ghiottirci anche se il pubblico mancherà. Ma Barcellona per noi è soprattutto Diego Armando Maradona. Qui ab-biamo sottratto ai catalani il più grande di tutti, Dieguito, il pibe de oro, il fantastico scugnizzo, l’artefice magico. Barcellona per noi è il mese di giugno di trentasei anni fa, il mese più lungo della storia azzurra. È il mese dei voli Napoli-Barcellona, trattative, passi avanti e passi indietro, intralci, furbate, promesse e ripensamenti, cifre, postille, ri-chieste, assicurazioni, contrarietà e ricuciture. Un dolce-

9sabato 8 agosto 2020

TESTIMONE DEL TEMPO

di Mimmo Carratelli

Barcellona per noi è Diego Armando Maradona Ritorno nella città dalla quale Ferlaino e Juliano portarono via il pibe de oro con una indimen-ticabile maratona di trattative e il trucco finale per convincere il presidente del club catalano

B

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amaro tormento. Un ballo di miliardi. Barcellona è Diego a 24 anni, ballerino di pelota di in-cantesimi, oggetto del nostro desiderio. È l’avventuroso calcolo di Ferlaino, è la tenacia di Totonno Juliano, è la gra-zia di Dino Celentano, è il presidente catalano Nunez che fa il duro e il vicepresidente Gaspart che fa il furbo per dare-avere Maradona. Pagamento in dollari, tredici mi-liardi in lire di quei tempi. Barcellona è Napoli che vuole Maradona, che al Barça non ci sta più bene. È la sfida del nostro orgoglio che vuole il più grande calciatore di tutti i tempi a dispetto dei più da-narosi club italiani che hanno sempre razziato i campioni, per avere sempre e solo loro i migliori. Barcellona è l’Hotel Princesa Sofia dove si sono sistemati Antonio Juliano e i consiglieri del Napoli Dino Celentano e Isaia. Barcellona è l‘aeroporto El Prat de Llobregat dove atterra, riparte e torna l’aerotaxi di Ferlaino pilotato dal comandante Plaga. Barcellona è il ristorante delle sette porte sul Paseo d’Isabel dove trascorriamo notti in-finite tra ostriche vere e notizie false. Barcellona è Maradona che viene, resta, vuole venire a Na-poli, viene trattenuto. È la furbata di Juliano che fa crol-lare le diffidenze e le indecisioni del Barça, Totonno che ha avuto una idea per scoprire le carte del club catalano. Barcellona è Juliano che improvvisamente tratta Hugo Sanchez con l’Atletico Madrid, Sanchez che interessa al Barcellona, e se il Napoli tratta Sanchez vuol dire che molla Maradona? Il Barcellona s’allarma: sfumano i 13 mi-liardi della cessione di Maradona e sfuma Sanchez che il Barcellona vuole? Sul bluff-Sanchez gioca Juliano. Barcellona è il fulmineo viaggio in taxi di Juliano verso la residenza di Gaspart. È la notte decisiva, la notte di Bar-cellona trapuntata di stelle e il Napoli che vuole la stella più bella. È la notte che Juliano telefona a Ferlaino: “Venga, ingegnere, è fatta”. Barcellona è il sabato 30 giugno 1984, è Ferlaino che ar-riva col suo aerotaxi, è l’Hotel Princesa Sofia, stanza 1715 con Ferlaino, Juliano, Celentano, Isaia, il ragionier Pinelli. È Totonno che dice: “È quasi fatta. Anzi, è fatta. Manca solo la sua firma, ingegnere”. L’Ingegnere ha il volto più tondo, il volto della felicità. Nell’albergo vanno e vengono Cyterszpiler e il mediatore argentino Minguella. Barcellona è Ferlaino che corre da Gaspart. C’è l’assenso del presidente Nunez alla cessione di Diego. “Abbiamo fatto di tutto per scoraggiarvi” dice Gaspart. Firme e controfirme, alle condizioni del Napoli. Ma sono pur sem-pre 13 miliardi, forse qualcosa in più col dollaro che sale. Totonno Juliano ha compiuto il miracolo, l’Ingegnere lo completa.

10 sabato 8 agosto 2020

Maradona al suo arrivo nel 1984 a Napoli con il presidente Ferlaino

antonio Juliano, l'artefice silenzioso della trattativa

Il compianto dino Celentano, dirigente e amico di diego

Il vice presidente del Barcellona Gaspart che tentò di far fallire la trattativa

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Barcellona è l’aerotaxi del comandante Plaga che decolla nella notte, destinazione Milano. È Ferlaino a bordo col contratto di Maradona da depositare in Lega, a mezza-notte scadono i termini. È la guardia giurata sul portone chiuso della Lega che segnala a Ferlaino un impiegato na-poletano alle poste milanesi che può favorire l’inoltro not-turno della raccomandata diretta alla Lega. È mezza-notte, quasi lo era, o era più della mezzanotte. Ferlaino si diverte a dire: “Non ricordo che ora fosse. Arrivai trafelato alle poste. Non ebbi il tempo di guardare l’orologio”. Albeggiava a Napoli il primo luglio 1984, domenica. I gior-nali preparano le edizioni straordinarie. Hanno saputo. L’hanno saputo tutti. Maradona è del Napoli. Barcellona non è più Barcellona il 5 luglio 1984. È Napoli in un giovedì di sole, e allo stadio sono in settantamila, un lungo pomeriggio di attesa e di canti. Il quartiere di Fuo-rigrotta è tutto un grande bazar. La città è un fuoco piro-tecnico di ingegnose trovate, è un commercio subitaneo, un darsi da fare, un passarsi la voce, una industria sotter-ranea che, in un baleno, dal cuore dei vicoli ha prodotto tutto quello che c’era da produrre per l’arrivo di Diego. Magliette, palloni, poster, trombe e trombette, striscioni,

bandiere, belle statuine, cassette musicali con i primi inni di gloria. Maradona è un affare. Stavamo annichiliti e ras-segnati, immobili, sotto un cielo bello e su una terra di uo-mini ingrati. Dimenticati da tutti. Napoli, povera perife-ria del benessere italiano. Due volte il terremoto ci ha fatto tremare. E ora soffia il vento della felicità. Barcellona è lontana. Napoli è il pittore salernitano di ma-donne stradali Alfredo De Leva, che le dipinge sui mar-ciapiedi: stavolta ha usato i suoi gessetti colorati per com-porre sull’asfalto di Fuorigrotta un gigantesco ritratto di Diego coi riccioli neri e la maglia azzurra. Nel San Paolo sonoro, festante, elettrico, sbuca dal sotto-passaggio Diego Armando Maradona, piccolo e magico, già uno scugnizzo per noi. E sono le 18.31 del 5 luglio 1984 quando Diego dice al microfono: “Buonasera, napo-litani”. Poi calcia col magico piede sinistro il suo primo pal-lone napoletano verso il cielo, un coriandolo, una stella fi-lante, un messaggio d’allegria. Barcellona è solo un ricordo. L’aerotaxi del comandante Plaga è negli hangar a Capodichino, i suoi voli sono finiti. A volare, ora, è la nostra fantasia. Il re è arrivato. La vita è bella.

11sabato 8 agosto 2020

Il numero speciale che Sport Sud e lo Sport dedicarono

all'arrivo di Maradona al Napoli

Maradona e Baresi con l'arbitro Pairetto

Lo splendido murales realizzato da Jorit a San Giovanni a Teduccio

Maradona allenatore della nazionale argentina con Leo Messi

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oche ore e i pronostici andranno in soffitta e le previsioni belle o

brutte saranno smentite o av-valorate da quanto decreterà il campo. Il calcio è un bel gioco. Una partita in campo dura novanta minuti più recuperi e poi come se ci fosse un se-condo tempo la discussione può durare da due/tre giorni ad una settimana. Il piccolo forum che abbiamo organiz-zato aveva lo scopo di far parlare di Barcellona – Napoli addetti ai lavori, uomini di cultura e imprenditori che avessero conoscenza della materia al di là della conclamata fede calcistica. Lo spaccato che vi proponiamo non è poi tanto variegato a dimostrazione che alla fine è possibile convergere su poche idee con il fine di inquadrare davvero la situazione. Nella media il lavoro di Gattuso è te-nuto in considerazione ma c’è chi ritiene sia giusto sospendere un giudizio aspet-

tando la sua squadra, quella dell’anno che verrà. Diversi sperano che il tecnico sappia far ripetere alla sua squadra una prestazione come quella vista in occasione della Coppa Italia. È anche abba-

stanza diffuso il pensiero che il capi-tano, Insigne, debba pensare alla squa-dra cercando di mettere da parte la sua foga ed evitando di metterla sul piano tecnico contro una squadra che fa di questa caratteristica il suo motivo prin-cipale. In particolar modo su Mertens e Zie-linski converge la convinzione che pos-sano rilevarsi determinanti senza tra-lasciare Allan e il duo spagnolo Callejon-Fabian Ruiz di fede madridi-sta. L’attesa è oramai agli sgoccioli, grazie agli amici, disposti in rigoroso ordine alfabetico, che hanno accettato di par-lare prima, rischiando. Il giorno dopo è sempre più facile per tutti. G.G.

Barcellona-Napoli Gli azzurri possono farcela

La squadra di Gattuso dovrà impostare una partita accorta in difesa ed a centrocampo e spregiudicata in attacco. È in sostanza il parere di chi ha risposto al nostro forum indicando in Mertens, Zielinski ed Allan gli uomini su cui puntare

13sabato 8 agosto 2020

FORUM

P

Servizi a cura di Lorenzo Gaudiano

• Che partita deve pen-

sare di impostare il Napoli contro il Bar-cellona per cercare di superare il turno?

• Potrebbe essere un vantaggio per il Na-poli giocare senza pubblico?

• Come valuta il lavoro svolto da Gattuso sino ad oggi?

• Quale azzurro po-trebbe essere deci-sivo?

Tutto nella serata in Catalogna ?Le domande rivolte ai nove

intervistati

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Sandro Abbondanza (Calciatore, allenatore ed opinionista)

Ripetere la finale di Coppa Italia con la Juventus

Rosario Bianco (Professore, editore e professionista)

Una partita garibaldina per battere il Barcellona

14 sabato 8 agosto 2020

• Mi aspetto dal Napoli una partita che incarni lo spirito di Gattuso.

Una partita molto sentita, di grande contenimento e ripartenza, per certi versi anche garibaldina, anche perché credo sia l’unico modo per battere il Barcellona.

• È un vantaggio, probabilmente con il sostegno del pubblico casa-

lingo i calciatori azzurri avrebbero

sentito maggiormente la pressione della gara e dell’ambiente.

• Finora ha fatto un buon la-voro. Oggi la squadra ha un in-

terlocutore che conosce bene il calcio, che da giocatore è sempre stato portato al sacrificio e che appare una persona vera. Stimo molto Gattuso sia come persona che come allenatore. Per i cal-ciatori credo sia importante avere un

• Il Napoli deve cercare di non lasciare campo alla squadra avversaria, fare una partita simile a quella

disputata con la Juve in finale di Coppa Italia. Quindi di contenimento e ripartenza. Poi dipende da come si met-terà la gara, in alcuni momenti della sfida potrà permet-tersi di giocare difenden-dosi corto e basso, in altri cercando di mettere pres-sione in avanti restando comunque corto con tutta la squadra. Limitando Messi si avrà senza dub-bio qualche problema in meno, anche se il Barcel-lona ha in organico tanti giocatori decisivi.

• Giocare senza pub-blico sarà sicura-

mente un vantaggio. Sarà importante capire come arriverà alla gara il Barcellona, che parte con il pareggio dell’andata a favore.

• Credo che il lavoro di Gattuso sia buono, a prescin-dere da quest’ultimo periodo, perché ha preso le redini

della squadra in un momento di grande difficoltà riu-

scendo a tirarla fuori. C’è stato un momento in cui il Na-poli era persino più vicino alla zona retrocessione, men-tre oggi ha concluso il campionato al settimo posto con la qualificazione alla prossima Europa League grazie alla vittoria in Coppa Italia. Nell’ultimo periodo le cose non sono andate bene, perché magari giocare ogni tre giorni senza particolari motivazioni può aver inciso negativa-mente sul rendimento. Oggi siamo anche preoccupati pen-sando al Barcellona ma rispetto alle ultime uscite assiste-remo in Champions ad un’altra partita.

• Questo compito spetta solitamente a quelli più bravi tecnicamente. Credo che decisivi potrebbero essere In-

signe, Callejon, Mertens e forse Zielinski, che con i suoi tiri da fuori può essere pericoloso. Dovrebbe però convincersi delle sue potenzialità, visto che è tra i pochi a saper gio-care indistintamente con i due piedi.

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Jarbas Faustino Cané (Calciatore, allenatore ed opinionista)

Insigne è un artista che può fare la differenza

15sabato 8 agosto 2020

punto di riferimento stabile.

• Sicuramente Mertens, perché è uno dei pochi che può risolvere a modo

suo la partita. Auspico che l’altro sia Zielinski, perché è in grande forma. Deve soltanto convincersi di essere un fuoriclasse, per la sua visione tecnica, la sua duttilità, il suo eccezionale cambio di passo. Sono convinto che segnerà da fuori area.

• Sarà sicuramente una partita diversa rispetto a quella del San Paolo per l’assenza del pubblico e la

preoccupazione in Spagna per la dif-fusione del virus. È sicuramente un impegno presti-gioso ma non de-cisivo.

• Può essere un van tag g io ,

anche se io ho la sensazione che il Napoli abbia co-minciato a pensare a questa partita subito dopo la vit-toria in Coppa Italia. Bisogna però essere consapevoli di come sia stato conquistato il trofeo, con grande merito ma anche un po’ di fortuna.

• È importante che Gattuso cominci a studiare per la prossima stagione. Il presidente De Laurentiis tra

l’altro nell’ultimo periodo ha aperto anche i rubinetti, an-che se certamente venderà qualche pezzo importante. Non credo Koulibaly, più Allan, Milik, Lozano, forse Hysaj che è da due anni sul piede di partenza mentre nelle ultime

partite è tornato titolare. Il tecnico calabrese dovrà stare molto attento a questi piccoli dettagli. Se potrà lavorare

con serenità riu-scirà e di questo sono molto con-vinto, anche se il presidente a mio parere è contento solo perché si è ac-corto di avere alle proprie dipen-denze un allena-tore bravo che co-sta poco. Gattuso non è una persona che bada molto a quello che gli di-cono gli altri. Se

potrà decidere da solo, come ha fatto al Milan, siamo a ca-vallo.

• Credo Insigne. L’ho visto crescere tra le mani di mio figlio nella categoria Allievi e Primavera del Napoli

e allora già faceva la differenza. Continuerà a farla, no-nostante i napoletani gli rimproverino i gol mancati. Lui non è un goleador ma un artista, quello che inventa la gio-cata. Non può fare il fenomeno in tutte le partite, di Ma-radona ce ne è uno solo.

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16 sabato 8 agosto 2020

Gianni Di Marzio (Calciatore, allenatore ed opinionista)

Va tenuto Messi lontano dall’area con raddoppi mirati

Maurizio de Giovanni (Scrittore, giornalista ed opinionista)

Provare a segnare nei primi minuti di gara• Credo che il Napoli di Gattuso non possa pensare di

imporre il proprio fraseggio contro il Barcellona. Contro una squadra nettamente superiore dal punto di vi-sta tecnico bisognerà preparare una gara di rimessa, an-che perché non prendere gol sarà molto difficile, per non dire impossibile. Una buona strategia potrebbe essere

• Un grande errore sarebbe quello di scendere in campo e provare a

giocarsela alla pari. Sarà una par-tita particolare per l’assenza del pub-blico, per il fatto che gli spagnoli hanno perso la Liga, per le squalifi-che di Busquets e Vidal. Suarez rap-presenterà un bel problema, Messi ol-tre ai gol quest’anno ha collezionato tanti assist per cui, anche se ingab-biato, sarà una grande minaccia. Giocare all’attacco sarebbe rischioso,

perché le squadre spagnole solita-mente praticano molto possesso palla e attaccarle con un pressing alto po-trebbe essere controproducente. Una partita difensiva invece richiede an-che un pizzico di fortuna. Ecco che invece sarebbe utile disputare una gara intelligente sulla trequarti, in-vitare tutti i giocatori a non fare fallo sull’avversario, a raddoppiare su Messi senza toccarlo e ad avere alle spalle massimo 30 metri.

• Senza il pubblico sugli spalti non è calcio, allenavo giocatori

che quando arrivava la domenica spesso si lasciavano intimorire dal-l’ambiente. Sicuramente sarà un van-taggio per il Napoli ma questo non deve assolutamente condizionare l’atteggiamento in campo degli az-zurri.

• Nell’ultimo periodo, per la sicu-rezza dei risultati ottenuti, la

squadra si è lasciata un po’ andare. Nonostante questo, Gattuso è stato

capace di subentrare in un momento molto difficile per il Napoli e ricom-pattare lo spogliatoio. Dal punto di vista tattico non ha voluto stravol-gere il lavoro dei predecessori e ciò ha consentito di vincere partite impor-tanti.

• Saranno decisive la vivacità e la velocità di Mertens. Spero inol-

tre che Insigne non cercherà di met-tersi alla pari dei calciatori blau-grana sul piano tecnico. Infine sarà importante il ruolo di Demme, che dovrà proteggere la linea del centro-campo.

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17sabato 8 agosto 2020

Giuseppe Ferraro (Professore di filosofia e scrittore)

Sorprendere gli avversari con un gioco spregiudicato

• Bisognerà giocare una partita spregiudicata, lan-ciandosi all’attacco e facendo del centrocampo la di-

fesa. Dovrà scendere in campo un Napoli che non ci aspettiamo, che eviti possibil-mente quel pericolosissimo pos-sesso palla nella propria area di rigore. Speriamo che gli azzurri riescano a contenere la grande qualità dei blaugrana e che so-prattutto non subiscano gol in-genuamente come è accaduto in diverse occasioni.

• Sicuramente, anche se in re-altà per uno sport come il

calcio scendere in campo senza la tifoseria sugli spalti non può considerarsi sempre un vantag-gio. Mancherebbero quegli sti-moli esterni, quell’incitamento che a volte trascina i calciatori durante la partita. Inoltre il Na-poli, ovunque si ritrovi a giocare, ha sempre una buona fetta di pubblico dalla propria parte.

• In questo momento può essere valutato soltanto per il suo lavoro sulle motivazioni, sull’entusiasmo. Lui

stesso dichiara spesso che sul piano del gioco sta ancora ap-prendendo qualcosa. Il Napoli non ha una fisionomia pre-cisa, c’è ancora qualcosa che non sta funzionando come do-

vrebbe. Poi ritengo che Gattuso, anche nelle vesti di allenatore, re-sterà sempre un calciatore e soli-tamente i migliori tecnici, a mio parere, sono quelli che si sono af-fermati senza essere stati dei grandi calciatori. Le dichiara-zioni di Younes qualche mese fa hanno fatto capire che la squadra vede Gattuso ancora come un cal-ciatore, una sorta di fratello mag-giore potremmo dire.

• Confido molto in Mer-tens e Callejon, che si

esaltano in queste circostanze. Il belga è il nostro idolo, lo spagnolo è un madrileno e quindi sentirà molto questa partita per la riva-

lità tra le due squadre e le due città spagnole. Anche la pre-stazione della difesa sarà importante. Messi e gli altri at-taccanti non daranno punti di riferimento per cui ci sarà molto lavoro per Koulibaly, così come per Maksimovic, Di Lorenzo e Mario Rui.

quella di provare a segnare nei primi minuti per mettere pressione al Barcellona e poi giocare di contropiede.

• Naturalmente la mancanza del pubblico potrebbe essere un gran vantaggio per il Napoli in questo mo-

mento. Sarebbe stato meglio però non giocare al Camp Nou, il campo più largo d’Europa a cui i blaugrana sono abituati. Le squadre più tecniche sono favorite, le mar-cature strette diventano più difficili.

• Sospenderei il giudizio, perché Gattuso ha preso una squadra non costruita da lui in un momento di

grande difficoltà ed è riuscito a ricompattare l’ambiente.

Hanno inciso sicuramente gli acquisti durante la sessione di riparazione, il rinnovo di Mertens in extremis e gli ot-timi risultati prima della diffusione del virus. A termi-nare il campionato è stata la squadra di Ancelotti ed è per questo che sarà importante il prossimo anno, dove ve-dremo Gattuso lavorare con una squadra da lui assem-blata.

• Fabian Ruiz. Per un giovane come lui la sfida con-tro il Barcellona può essere l’occasione di mettersi in

mostra nei confronti del calcio spagnolo. Ha le caratte-ristiche del fuoriclasse, come lo stesso Zielinski, ma lui in particolare credo che potrà essere decisivo.

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Vincenzo Montefusco (Calciatore, allenatore ed opinionista)

Il Camp Nou è largo, ci sarà superlavoro per la difesa

18 sabato 8 agosto 2020

Eraldo Pecci (Calciatore, scrittore ed opinionista)

Il pubblico non è determinante altrimenti vincerebbe sempre il sud• Il Napoli deve ripetere le presta-

zioni fatte contro l’Inter e la Ju-ventus in Coppa Italia, in cui è riuscito a giocare abbastanza stretto lasciando il gioco agli avversari per poi colpire in contropiede. Giocare a calcio è come

andare sul ring: tutti vorremmo pic-chiare ma giustamente se di fronte hai un avversario forte ti difendi, altri-menti attacchi. L’importante è fare il proprio meglio, poi bisogna vedere come si metteranno le cose. • Per quanto riguarda un gioca-

tore professionistico credo che il

• Quella che ha sempre fatto da quando è arrivato Gattuso.

Quindi difensiva per poi tentare l’assalto negli ultimi venti minuti nel caso il risultato restasse fermo sullo 0 a 0. Non credo che il Na-poli partirà subito all’attacco, an-che perché il Barcellona lo massa-crerebbe.

• Sicuramente. Sarebbe stato meglio non giocare al Camp

Nou perché, essendo quasi di 10

metri più largo rispetto agli altri campi, quasi sicuramente darà al-tri problemi alla difesa del Napoli che negli ultimi tempi non sta fa-cendo benissimo.

• È stato un campionato delu-dente ma Gattuso ha svolto un

ottimo lavoro. Il giudizio natural-mente sarà lo stesso a seconda del-l’esito della partita contro il Bar-cellona. Anche lui però deve capire che il Napoli deve lottare per il

vertice. La vera domanda appunto è questa: questa squadra può lottare per vincere?

• Credo che sarà decisivo il tri-dente offensivo azzurro. A

metà campo sarebbe un grande er-rore non far giocare Allan, perché è l’unico giocatore con le caratteri-stiche adatte a contrastare il Bar-cellona. Ho tanta fiducia nel pas-saggio del turno, anche se naturalmente sarà molto difficile.

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Rosario Rivellino (Calciatore, allenatore ed opinionista)

Mertens deve andare in campo anche

con una gamba sola

19sabato 8 agosto 2020

• La soluzione migliore sarebbe quella di giocare con maggiore aggressività per mettere loro pressione e

non farli giocare tranquillamente. Il Barcellona abitual-mente si schiera molto alto con la difesa a metà campo per cui sarà importante sfruttare il contropiede, creare occa-sioni e capitalizzare il più possibile.

• Al di là di questo credo che per il Napoli sarebbe stato meglio gio-

care in un altro stadio. Il Camp Nou è enorme e certamente renderà difficile alla squadra azzurra fare una partita di contenimento.

• Non voglio essere né cattivo né benevolo, preferisco sospendere il

giudizio. Gattuso finora ha fatto bene, è riuscito a risolvere diverse situazioni nello spogliatoio trasmettendo quella grinta e quelle motivazioni che l’hanno sempre contraddistinto anche da calciatore. In ge-nerale su queste due cose credo però che il contributo della

società sia fondamentale.

• Mertens, che deve giocare anche con una gamba sola. Penso che un giocatore come Allan dovrebbe stare in

campo in una partita battagliera, anche se ciò dipenderà dalla condizione fisica del giocatore. Una squadra inol-

tre deve essere costituita sempre da in-gegneri, geometri e portatori d’acqua. Il brasiliano è stato un po’ tutto per il Napoli in questi anni, oggi invece non è più una prima scelta. Zielinski invece è tra i più forti tecnicamente ma a Na-poli ancora fatica ad esplodere, non so se questo accada perché viene schierato in un ruolo sbagliato, perché non ha personalità, perché non è allenato nella maniera corretta. È uno dei pochi in Italia, se non l’unico, a vedere la porta di sinistro, destro, da fuori area ma certe volte commette degli errori dav-

vero puerili che un fuoriclasse come lui non può permet-tersi.

pubblico non faccia questa grande differenza. È chiaro che le condi-zioni ambientali possono condizio-nare una partita ma per un calcia-tore il pubblico non è un fattore determinante. Altrimenti vincereb-bero i campionati sempre le squadre del sud.

• È stato bravo, perché al Napoli si era creata una situazione

molto strana. Se è vero che si danno le colpe all’allenatore quando la

squadra va male, bisogna quindi at-tribuirgli i giusti meriti quando le cose vanno bene.

• Non ho poteri magici. È difficile prevedere una cosa del genere.

Sicuramente i giocatori più in forma faranno la differenza. Un mese fa ad esempio il Napoli era in una condi-zione fisica migliore rispetto a quella attuale ma credo che attualmente il Barcellona non sia al meglio. Gli az-zurri hanno una grande opportunità.

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Una gara tutta da giocare Un pareggio che, si fosse trattato di un incontro di pugilato, ai punti avrebbe senza dubbio visto premiare i colori azzurri. Questo l’esito del match di andata tra il Napoli di Rino Gattuso ed il Barça di Quique Setién, sceso in campo al San Paolo per im-porre il suo classico gioco fatto di scambi rapidi e supremazia territo-riale, ma capace nei fatti di produrre soltanto uno sterile possesso palla. Il tiqui-taca catalano, infatti, è stato perfettamente disinnescato, eccezion fatta per il gol di Griezmann, dal-l’organizzazione difensiva degli az-zurri, mostratisi in grado di ingab-biare Messi e il suo talento e di rendersi invece pericolosi dalle parti di Ter Stegen con improvvise sortite offensive. Se i blaugrana, di fatti, hanno calciato verso la porta di Ospina solamente in occasione del pareggio, i partenopei, oltre al bel-lissimo gol del momentaneo vantag-gio di Mertens, hanno avuto più di un’opportunità per trovare la rete della vittoria, in special modo con capitan Insigne e con Callejon, la-sciatosi ipnotizzare dal portierone tedesco. Novanta minuti, quelli di Fuorigrotta, che hanno dunque con-

segnato al Napoli la consapevolezza di potersela giocare alla pari con una delle squadre più forti del mondo, costretta tra l’altro a dover impu-gnare non solo il fioretto ma anche la sciabola, con i centrocampisti spa-gnoli protagonisti di interventi duri non sempre puniti a dovere dall’ar-bitro Brych. È proprio forte di tale consapevolezza che la squadra di Gattuso dovrà affrontare la gara di Barcellona, dove partirà sicuramente sfavorita, ma di certo non già battuta.

A Barcellona per centrare uno storico approdo ai quarti Si parte dall’1 a 1 del San Paolo. La ritrovata vena degli azzurri di Gattuso fa ben sperare. Servirà una partita molto attenta e impostata come all’andata per entrare di diritto nella storia

21sabato 8 agosto 2020

di Bruno Marchionibus

LA SFIDA DI CHAMPIONS

Mertens punta Piqué A sinistra Gattuso discute con il quarto uomo durante la gara del San Paolo

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Un folletto contro un piccolo diavolo Mertens contro Griezmann. Il fol-letto belga contro il piccolo diavolo francese. Volendo ridurre a due sin-goli il confronto di Napoli tra i due collettivi, sono stati senza dubbio “Ciro” ed Antoine i due principali protagonisti della serata di gala di Fuorigrotta. Griezmann, in via di integrazione nel sistema del Barça ma forte ancora del cinismo tipico del “cholismo” di Simeone, come detto ha violato la rete partenopea nell’unica chance capitatagli sui piedi. Dries, dal suo canto, ha gio-cato come al solito una partita da leader tecnico e morale, raggiun-gendo quota 121 gol in maglia az-zurra con un tiro a giro dei suoi e te-nendo in costante apprensione la retroguardia spagnola. Un con-fronto, quello tra il numero 14 na-poletano ed il 17 catalano, che pur-troppo ha dovuto interrompersi al 54esimo minuto, quando il belga ha abbandonato anzi tempo il campo a causa di un’entrata decisa di Bu-squets. Uscita, quella di Mertens, che ha sicuramente danneggiato il Napoli proprio nel momento in cui l’inerzia della gara sembrava es-sere favorevole ai padroni di casa, pure in considerazione del fatto che dopo appena tre minuti il Barcellona ha trovato il pareggio. Anche Arkadiusz Milik, suben-trato a Dries, si è mo-strato tuttavia in grado di creare qualche gratta-capo alla difesa del Barça, dialo-gando bene con i compagni d’at-tacco e dando fisicità al reparto offensivo azzurro. Al Camp Nou, dunque, il polacco potrà rap-presentare una freccia

in più nell’arco di Gattuso; all’alle-natore calabrese decidere se sca-gliarla dal primo minuto o a partita in corso. Assenze e recuperi per il Barça di Setién Come all’andata il tecnico blaugrana dovrà fare i conti con una rosa ri-dotta per infortuni ed anche per squalifiche. Non dovrebbero es-

sere a disposizione di Setién, perché infortunati, Umtiti

e Dembelè, mentre il tecnico cantabrico sa già

di sicuro che non potrà

contare sugli squali-ficati Busquets e Vidal. L’emergenza Covid però ha dato la possibilità al Barcel-lona di recuperare in difesa Jordi Alba e Sergi Roberto e soprattutto in attacco Sua-rez. In sostanza il Barcel-lona potrebbe avere solo

qualche problema a centro-campo dove Setién sarà co-

stretto a r i d i s e -gnare la

formazione. Guai, ad ogni modo, a credere che i problemi di formazione del Barcellona possano azzerare la differenza tecnica esistente tra le due compagini; basti pensare che, stando al famoso portale specializzato Tran-sfermarkt, il valore complessivo della rosa dei catalani si attesta appena sotto al miliardo di euro, con oltre 450 milioni di differenza rispetto a quello dell’organico azzurro. È evi-dente, dunque, che al netto degli in-

disponibili tra le fila degli spagnoli, al Napoli per prose-

guire il proprio cammino in

Champions serva in ogni caso

una vera e propria impresa, che sarà possibile realizzare solo se i

ragazzi di Gattuso riusciranno a mettere

in campo a Barcellona lo stesso spirito di squadra

e la stessa abnegazione visti nella gara d’andata del San

Paolo, uniti al giusto cinismo per sfruttare al meglio le occa-

sioni da gol che si presenteranno.

Callejon sfida Firpo ma durante la partita sbaglia un'occasione d'oro

22 sabato 8 agosto 2020

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iego Guida, noto editore napo-letano, a capo dell’omonima casa editrice e con un ruolo di

primissimo piano nell’organizzazione del prossimo Salone del Libro di Napoli, che è stato postergato ad ottobre, crede nelle possibilità degli azzurri di firmare l’impresa al Camp Nou, e si affida al ca-rattere di mister Gattuso ed alla classe di Dries Mertens. Diego, dopo l’1 a 1 dell’andata il Napoli giocherà al Camp Nou. A tuo parere i partenopei possono riuscire nell’impresa di superare il turno?

«Riuscire a qualificarci è la grande aspettativa di tutti noi. Il Napoli, tanto in campionato che nelle Coppe, nell’ultimo periodo sta finalmente di-mostrando un orgoglio che sembrava ormai sopito. Dobbiamo essere con-vinti di potercela fare perché bisogna sempre credere nelle proprie possibilità. Arrivare ai quarti di finale sarà dif-

ficile, anche perché dovremo per forza di cose trovare almeno un gol, ma cer-tamente non impossibile».

Se dovessi puntare su un giocatore in particolare, chi tra gli azzurri potrebbe fare la differenza?

«So che la mia risposta risulterà scon-tata, ma io sono innamorato di Dries Mertens, quindi non posso che indicare il numero 14 come potenziale uomo partita. E, a proposito del belga, sono

felicissimo che alla fine la telenovela sul rinnovo di contratto abbia avuto un esito positivo».

Che opinione ti sei fatto di Gat-tuso? Sei soddisfatto di questi mesi alla guida del Napoli?

«Sicuramente sì. Lo dico in maniera assolutamente positiva, il “ringhio” del mister è esattamente quello che ci serviva. Quando Ancelotti arrivò a Napoli, io dissi subito che non era quello di cui avevamo bisogno. Non per demeriti suoi ovviamente, il mister emiliano è un signore, ma perché la nostra è una squadra molto passio-nale e fatta però da “bravi ragazzi”, e come in ogni buona famiglia il bravo ragazzo va cresciuto con la carota ma anche con il bastone, così come sta fa-cendo Gattuso».

In conclusione, nonostante il rin-vio, puoi darci qualche notizia sul prossimo Salone del Libro?

«Al momento posso rivelare ben poco. Abbiamo spostato la conferenza stampa di presentazione del pro-gramma, che avrebbe dovuto avere luogo il 13 marzo a Palazzo Zeval-los, a causa della chiusura degli spazi pubblici per manifestazioni dovuta al-l’epidemia di Covid-19. In quella data era prevista la presenza dello scrittore cileno, naturalizzato fran-cese, Luis Sepulveda che poi nel mese di aprile è venuto a mancare proprio per il virus che ancora circola in tutto il mondo. Lo ricorderemo sicuramente quando presenteremo la manifesta-zione». B.M

Diego Guida Gattuso si affidi a Mertens!

MERET

TER STEGENJORDI ALBA

UMTITI

PIQUÉ SUAREZ

GRIEZMANN

MESSI

INSIGNE

DE JONG

MERTENS

PUIG

RAKITIC ROBERTO

CALLEJON

ALLENATORE QUIQUE SETIÉN

ALLENATORE GENNARO GATTUSO

Napoli 4-3-3

Barcellona 4-3-1-2

Barcellona – Camp Nou – sabato 8 agosto 2020 ore 21.00

FABIAN RUIZ

ZIELINSKI

DEMME MAKSIMOVIC

MARIO RUI

KOULIBALY

DI LORENZO

23sabato 8 agosto 2020

D

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cco Barcellona. Al Camp Nou il Napoli riuscirà ad incantare come il suggestivo spettacolo della Font màgica de Montjuïc? Perché lascia davvero a

bocca aperta il gioco di acqua, luci e musica di questa fon-tana, costruita dall’architetto spagnolo Carles Buïgas in oc-casione dell’Esposizione Universale del 1929 ai piedi del promontorio del Montjuïc, insieme alla connessa Plaça d'Espanya. Nel mese di marzo quando la partita era pro-grammata si sarebbe potuto assistere a questa caleido-scopica visione. Sarà per la prossima volta visto che i tifosi hanno dovuto annullare la trasferta, anche se sperano che

il Napoli per la prima volta nella sua storia possa comun-que raggiungere i quarti di finale di Champions.

La Napoli della Catalogna

Una città magnifica dove arte, musica, bellezze naturali e calcio si fondono grazie anche alla diffusa presenza di Gaudì e Mirò

25sabato 8 agosto 2020

di Lorenzo Gaudiano

LE CITTÀ DELLA CHAMPIONS

La Font Magica de Montjuïc e sullo sfondo il Palau Nacional. In basso Plaça d'Espanya

E

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La Rambla come i Quartieri Spagnoli

Uno sguardo anche al Palau Nacional, nel 1929 sede principale dell’Esposizione Universale che invece oggi ospita il Museo nazionale d’arte della Catalogna, e il viaggio alla scoperta di Barcellona può partire. Tutto questo fa parte della zona più “recente” della città, dove risalta agli occhi il trionfo della modernità. È nella Ciutat Vella però che si può cogliere la sua vera natura, passeggiare per le vie di quella che un tempo fu colo-nia romana (Barcino), visitare i monumenti che hanno reso famosa in tutto il mondo la capitale della Catalo-gna, che qualche anno fa si è dichiarata indipendente dalla Spagna, senza ottenere il riconoscimento dell’in-dipendenza da parte del governo spagnolo. Si parte da La Rambla, il lungo viale alberato che collega Plaça de Catalunya al porto, dove balza agli occhi un monu-mento alto 60 metri dedicato a Cristoforo Colombo con una statua del navigatore genovese in cima ad indicare il mare: secondo alcuni l’indice sarebbe puntato verso l’America da lui scoperta, secondo altri invece verso Pa-los da cui salparono le tre caravelle oppure verso Ge-nova. Una grande folla presente a tutte le ore del giorno, le bancarelle, gli artisti di strada e i numerosi caffè lungo il viale, i vicoli tortuosi, i palazzi vicini tra di loro e all’apparenza fatiscenti che all’interno si aprono in ampi spazi e che si rivelano nella loro stra-

ordinaria bellezza fanno pensare per un attimo di essere a Napoli, che nella sua storia è stata dominata dagli spa-gnoli e che quindi ne ha assunto a tratti la cultura mantenendola nel corso dei secoli.

26 sabato 8 agosto 2020

La rambla

Il monumento dedicato a Cristoforo Colombo

Barcellona, un oriz-zonte così incante-vole, Barcellona come un gioiello al sole. Per te sarò un gabbiano che vola sopra il tuo bel mare

(Freddie Mercury)

“Il lavoro non può su-perare quello divino, quindi la Sagrada Famìlia sarà alta 170 metri, tre metri meno dell’altezza della collina di Mon-tjuïc

(Antoni Gaudí)

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La città di Gaudì e Mirò

La familiarità della città da un lato, la meraviglia delle opere di Antoni Gaudì dall’altro. L’archi-tetto catalano ha dato molto a Barcellona gra-zie agli edifici incante-voli e maestosi da lui progettati che garanti-scono alla capitale della Catalogna una grande affluenza turistica. Per averne un’idea basta pensare all’immensità di Parc Güell, inaugurato nel 1926 come parco pubblico da cui è possibile avere una visione panoramica di tutta

la città, e alla Sagrada Famìlia, una basilica maestosa che dà la sensazione di trovarsi davanti ad un grande castello di sabbia e che all’interno ammalia i visitatori con un gioco caleidoscopico di colori determinato dalla luce solare, il cui completamento è previsto per il 2026

grazie agli incassi dei biglietti e alle donazioni. Poi Casa Battlò con i suoi balconi a forma di maschera e i colori che richiamano il mare e infine La Pedrera, più sobria rispetto alla precedente come se si trattasse di una montagna rocciosa emersa tra i palazzi, per ammirare il genio di Gaudì e il suo ideale archi-tettonico ispirato dalla fantasia della Natura. Proprio a Barcellona invece è nato il surrealista Joan Mirò, a cui si deve la locandina del Mondiale ’82 tenutosi in Spa-gna e, guarda caso, vinto proprio dall’Italia di Enzo Be-arzot. Le sue opere, a partire dai primi schizzi fino agli

ultimi lavori prima della morte, sono custodite presso la Fundaciò Joan Mirò che si trova al Parc de Montjuïc, dove si chiude il cerchio di questa splendida meta turi-stica che senza dubbio me-rita di essere visitata, anche se ad un napoletano, più che aver intrapreso un viaggio all’estero, sembrerà quasi certamente di essere a casa.

27sabato 8 agosto 2020

antoni Gaudí

La Sagrada Famìlia di Gaudì

Casa Battlò

Joan Mirò

Il manifesto di Spagna 82 ideato da Mirò

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equilibrio e il misurato dire accoppiati ad una competenza indiscutibile, ad una visione

del calcio moderna ma allo stesso tempo antica, alla conoscenza della tattica, delle dinamiche di spogliatoio, delle modalità imposte da una giusta preparazione atletica e dell’indole umana che sono alla base del lavoro di un allenatore di calcio. Stiamo parlando di Gigi De Canio, 62 anni anche se sembra appena un uomo maturo. Nato a Matera e lo si capisce da quell’indole fiera e dalla serietà propria nelle persone prove-nienti da quella terra, ma conoscitore di Napoli e di tutto quello che il cal-cio in città rappresenta. Da quando si dedica anche all’attività di opinionista molti hanno imparato a conoscerlo. Lascia parlare, ascolta, non alza mai la voce e poi quando interviene lo fa con calma, con autorevolezza sviluppando pensieri chiari, comprensibili a tutti,

che fanno parte naturalmente del suo bagaglio culturale. Con il sorriso sulle labbra è proprio lui a dire che non è stato un grande giocatore, giostrava da difensore, ma la sua lunga carriera di allenatore ha mostrato ovunque sia stato la sua competenza, la sua capacità anche quando improvvisamente ha deciso

Luigi De Canio La semplicità

della competenza Chiarezza e calma espositiva per un tecnico tra i più preparati in Italia. Per De Canio il Napoli non deve dimenticare qualche brutto scivolone ma a Barcellona se la può giocare grazie alla rosa composta da giocatori di alto livello tecnico

29sabato 8 agosto 2020

di Giovanni Gaudiano

AGORÀ – DIALOGO RAGIONATO SUL CALCIO

“Oggi gli allenatori dei settori giova-nili, che dovrebbero essere degli

istruttori, molto spesso parlano ai ragazzini della tattica, della linea del fuorigioco, della difesa alta perché

tutti utilizzano questo linguaggio ac-quisito a Coverciano e si fa sfoggio di questi argomenti pensando di di-

mostrare competenza

“L’

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di fare un salto in Inghilterra, a Lon-dra, per allenare il Queens Park Ran-gers. Se le chiedo come è cambiato lo sport più bello del mondo, cosa mi risponde quasi istintivamente senza pensarci troppo?

«Il calcio è cambiato, come è cambiata la vita di tutti i giorni in tutti i suoi aspetti. Basta pensare all’evoluzione nel campo dei materiali. Le scarpette ed i palloni per esempio oggi sono pro-dotti con materiali diversi da quelli di una volta. È stata un’evoluzione na-turale, progressiva che non poteva escludere lo sport in generale ed il cal-cio in particolare».

Proseguendo su questo filone, lei oggi è un apprezzato opinionista ma, quando da spettatore guarda una partita in televisione, che idea si è fatto di questo sensazionalismo presente nelle telecronache?

«Si usano molto, quando si parla di calcio, aggettivi come grande, incre-dibile (sorride, ndr.) in tutte le circo-stanze. Nel mio caso rimango con la mia idea, il mio pensiero di cosa sia grande e di cosa non lo sia. Spero che questo esercizio lo facciano un po’ tutti. Non sono un nostalgico del pas-sato, tendo però a tenere in giusta considerazione la storia che ci dice che sul passato si costruisce il presente e sul presente il futuro, quindi è im-portante ricordare ciò che è stato ma è altrettanto importante vivere il pre-sente».

Lei, quando giocava, lo faceva nel ruolo di difensore…

«Mi facevano giocare da difensore perché non avevo trovato un allenatore bravo come me. Ero un giocatore fu-nambolico (ride e rincara la dose, ndr.) e non mi permettevano di esprimere questa mia dote, questa mia fantasia e

quindi, pur di giocare, ero ligio alle ri-chieste del mio allenatore che mi chie-deva di giocare in quel ruolo».

…a cosa attribuisce la carenza di forti individualità nei ruoli della difesa a cui negli ultimi tempi as-sistiamo in Italia?

«A parte le storie personali, come di-cevo bisogna rifarsi alla storia del cal-cio italiano. Da un certo momento in avanti c’è stato un cambiamento epo-cale. È anche vero che il nostro calcio fino ad un certo punto della sua storia era un po’ indietro rispetto agli altri sport su alcuni aspetti, per esempio

sull’atletismo, sulla medicina sportiva, sulla preparazione di una gara. Man-cava un modello di allenamento vero e proprio, che si sta acquisendo in que-sti ultimi anni perché noi allenatori siamo andati alla riscoperta di una specificità nell’allenamento del calcia-tore».

Quindi grandi cambiamenti, tra-sformazioni con tutte le conse-guenze del caso…

«È evidente che, per inseguire questo atletismo, questo rimettersi al passo più o meno con le altre discipline e fare quindi del calciatore un atleta, si siano persi di vista gli aspetti tecnici, dimenticando che il giocatore di calcio, prima di tutto, è un artista dove il gesto tecnico sublima la giocata che de-termina la passione e il ricordo del ti-foso. Poi ci sono stati gli aspetti tattici che hanno preso il sopravvento sulla scuola tecnica vera e propria, tant’è che oggi gli allenatori dei settori giovanili, che dovrebbero essere degli istruttori, molto spesso parlano ai ragazzini della tattica, della linea del fuorigioco, della difesa alta perché tutti utiliz-zano questo linguaggio acquisito a Coverciano e si fa sfoggio di questi

30 sabato 8 agosto 2020

“Su Meret mi sono già espresso, l’ho conosciuto ad Udine, era un giova-

nissimo con grandissime potenzialità che mi sembra abbia già mostrato a

Napoli. Ora se Gattuso preferisce Ospina avrà le sue ragioni, conside-rando che si tratta di un portiere al-

trettanto bravo

“ Gigi de Canio con il presidente Naldi

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argomenti pensando di dimostrare competenza».

Restando nell’ambito delle scuole calcio, perché i portieri italiani in serie A oggi sono meno ricercati?

«Non possiamo pensare che nel calcio si poteva rimanere immuni da quello che è l’andamento generale. La globa-lizzazione ha comportato la libera circolazione di qualsiasi lavoratore in Europa, nel mondo. D’altronde, quando abbiamo abbandonato la no-stra scuola, quasi con disgusto, che ci aveva portato anche ad ottenere risul-tati molto importanti, abbiamo perso alcune delle nostre caratteristiche ed anche quelle proprie di quella scuola».

Ospina o Meret, e poi quel sistema di gioco che prevede di far partire l’azione, rischiando, dall’area di ri-gore. Condividi questo tipo di scelta?

«Io non la condivido. È evidente che ognuno lavori secondo una propria logica ed ogni cosa che fa prevede una strategia, un fine. Quando si adotta un tipo di strategia ben precisa, questo comporta dei rischi, è inevitabile. Su Meret mi sono già espresso, l’ho cono-sciuto ad Udine, era un giovanissimo con grandissime potenzialità che mi sembra abbia già mostrato a Napoli.

Ora se Gattuso preferisce Ospina avrà le sue ragioni, considerando che si tratta di un portiere altrettanto bravo».

Di recente lei ha detto: “Il Napoli è una squadra che non palleggia e

non domina più come prima, ma è più corta, i reparti sono meno sfi-lacciati”. 

«È una riflessione conseguente alle scelte effettuate da Gattuso che, avendo trovato una situazione difficile, ha pensato che la soluzione per uscirne fosse quella. Visti i recenti risultati, sembra la strada giusta. Poi magari ai grandi esteti la soluzione non pia-cerà».

Le recenti buone prestazioni del Napoli al San Paolo contro grandi avversarie potrebbero aver dimo-strato che la squadra è uscita dal tunnel…

«Non va dimenticata la partita con il Lecce. Il Napoli anche in precedenza riusciva a proporre delle buone pre-stazioni con grandi avversari, vista la qualità della rosa. La squadra sapeva trovare le giuste motivazioni ed alzare il livello di attenzione. Poi però ha perso tanti punti contro squadre che possiamo definire alla portata. L’an-damento è rimasto questo anche con Gattuso».

Parlando delle sconfitte subite proprio al San Paolo, pensa ci possa essere una naturale abitu-dine ad esporsi al contropiede o forse c’è un’incapacità di interagire tra i reparti?

«Il calcio è fatto anche di momenti. C’è casualità, ripenso alla partita persa in casa con l’Inter con la scivolata di Di Lorenzo. Poi ci sono stati tanti

errori individuali, gli errori arbitrali e quelli presunti tali che possono de-terminare una condizione psicologica particolare. In campo ci vanno dei giovani uomini che vivono emozioni e capita che possano commettere errori dovuti anche all’ansia della presta-zione».

Alla luce di queste considerazioni, che tipo di gara dovrebbe impo-stare il Napoli a Barcellona per tentare l’impresa e quale tra gli uo-mini a disposizione di Gattuso po-trebbe rivelarsi risolutivo?

«Il Napoli è una squadra composta da giocatori di alto livello tecnico. Il ren-dimento sino ad ora è stato molto con-dizionato dai tanti aspetti negativi che ne hanno contraddistinto la prima parte del campionato. Si è persa quella brillantezza, quel modo di giocare li-neare con una certa allegria e sempli-cità. Ora la squadra sembra aver ri-trovato almeno una concretezza che le consentirà di giocare come al San Paolo, perché ritengo non possa cam-biare la strategia. Mi auguro solo che la squadra mostri un po’ più di co-raggio così come si è visto nel secondo tempo di Napoli. La partita e la qua-lificazione non sono scontate, non c’è nulla di deciso, bisogna pensare a quanto fatto a Liverpool, a Sali-sburgo. Per quanto riguarda gli uo-mini, ci sono diversi giocatori che po-trebbero rivelarsi risolutivi oltre a Mertens: penso a Insigne, a Callejon ed anche a Milik ed allo stesso Politano».

31sabato 8 agosto 2020

“In campo ci vanno dei giovani uo-mini che vivono emozioni e capita che possano commettere errori do-

vuti anche all’ansia della prestazione

Sulla panchina del Napoli

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embra lontano un secolo il 25 febbraio quando il Napoli ha ospitato il Barcellona per la gara

d’andata di un ottavo di prestigio della Champions League 2019-20. In quel momento, nonostante i primi casi di Coronavirus nel Nord Italia fossero conclamati, nessuno si sarebbe aspet-tato che la situazione degenerasse al punto che prima un previsto cambio di data riguardo alla partita di ritorno e poi le decisioni di fermare tutto fos-sero varate per arginare il contagio che aveva aggredito l’intera Europa. I due tecnici, Gattuso e Setien, che avevano fatto il loro esordio in pan-china in Champions proprio al San Paolo nella serata che al di là del pa-reggio era apparsa come una spe-ranza che tutto potesse ritornare sotto controllo, visto lo stadio pieno in ogni ordine di posti, mai avrebbero potuto immaginare che la sfida di ri-torno si dovesse giocare addirittura in agosto e senza pubblico. Dal punto di vista delle prestazioni delle proprie squadre inoltre Setien non si aspettava di certo la stagione “fallimentare” in Liga con la sua co-razzata Barcellona mentre dal suo canto Gattuso non pensava di alzare il suo primo trofeo, la Coppa Italia, proprio con il Napoli. Per tornare sulla gara dell’andata al San Paolo ci fu molta attesa per ve-dere giocare Leo Messi nello stadio dove seppe offrire il meglio del suo re-pertorio Diego Armando Maradona. Sin dall’ingresso in campo l’argen-

LA GARA D’ANDATA

Una qualificazione La gara d’andata rivisitata attraverso un breve rac-conto e molte immagini. Al San Paolo il Napoli me-ritava di più ma la qualificazione comunque non è impossibile. L’espulsione di Vidal e l’ammonizione di Busquets che non saranno disponibili perché squa-lificati. Setien ha però recuperato Suarez dal lungo infortunio e Griezmann che si era fermato di recente

S

di Gianluca Mosca

32 sabato 8 agosto 2020

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tino fu accolto dalla tifoseria azzurra con il classico coro: “C’è solo un Ma-radona”. In attacco Gattuso decise di schierare l’ormai collaudato tridente composto da Callejon, Mertens e In-signe, mentre in difesa al posto del-l’infortunato Koulibaly la scelta cadde su Maksimovic schierato al fianco de-stro di Manolas. La partita dell’andata ai punti sarebbe stata vinta sicuramente dal Napoli che seppe portarsi in vantaggio me-ritatamente soffrendo, coprendosi e giocando al meglio nella fase d’at-tacco, punito poi dall’unica sbavatura difensiva che difesa e centrocampo non seppero evitare come in altre oc-casioni. Dall’altra parte il Barcellona pur non entusiasmando ottenne un ri-sultato utile grazie alla classica forza delle squadre di rango pareggiando con l’unico vero tiro in porta scagliato verso Ospina da Griezmann. La cro-naca della gara vide il Napoli partire coperto in difesa per poi uscire con ficcanti azioni d’attacco con Dries Mertens capace di mettere a segno una rete di pregevole fattura al ter-mine di un veloce capovolgimento di fronte. Il folletto belga dal limite dell'area con un tiro chirurgico di destro seppe trafiggere Ter Stegen. Mertens con questo gol raggiunse Marek Hamsik nella classifica mar-catori della storia del Napoli. L’esul-tanza messa in mostra dopo la rete era un chiaro omaggio al famoso ballo di Tommaso Starace, storico magaz-ziniere del Calcio Napoli. Nella ri-presa oltre al pareggio di Antoine Griezmann altre occasioni per en-trambe le squadre e poi l’espulsione di Vidal e l’ammonizione di Busquets che diffidato salterà, come il cileno, la gara di ritorno anche se Setien potrà contare sul recupero di Suarez ripre-sosi dal grave incidente dello scorso anno.

in bilico

33sabato 8 agosto 2020

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i siamo, è il momento della verità. Napoli sogna l’im-presa dopo l’1-1 dell’andata,

l’obiettivo è uscire dal Camp Nou con un risultato che possa condurre gli azzurri di Gattuso verso i quarti di fi-nale di Champions League. Visto il nome dell’avversario servirebbe un’impresa, per farcela il Napoli avrà bisogno della partita perfetta e so-prattutto di entusiasmo. Energia po-

sitiva che arriva, addirittura, da chi ha scritto pagine indelebili della storia del calcio blaugrana: lo spagnolo Lui-sito Suarez. «Non è impossibile, il Napoli può farcela». E se lo dice lui c’è da fidarsi. Luis Suarez Miramontes, classe 1935, con la maglia del Barcel-lona ha vissuto ben otto stagioni dal 1953 al 1961 segnando 114 gol in 216 partite, vincendo due Liga, due Coppe di Spagna e due Coppe delle

Fiere, senza dimenticare il Pallone d’Oro conquistato nel 1960. Un vero e proprio pezzo di storia del Barcel-lona, anche perché grazie ai soldi della sua cessione all’Inter nel 1961, il club catalano costruì un nuovo anello al Camp Nou. Con la maglia blaugrana non riuscì a vincere sol-tanto la Coppa dei Campioni, scon-fitto in finale dal Benfica prima del passaggio ai nerazzurri allenati dal

Luisito Suarez “Il Napoli può farcela

che classe Fabian Ruiz”

37sabato 8 agosto 2020

di Fabrizio Meglio

IL PARERE

Un pezzo di storia del Barcellona, Pallone d’Oro nel 1960 e mente della Grande Inter del mago Herrera lancia il Napoli: “La squadra di Gattuso è in ripresa e la qualificazione non è impossibile. Messi o Maradona? I tifosi del Napoli hanno ragione… quello di Diego era un altro calcio, fare magie era molto più difficile. Tra gli azzurri mi piace molto lo spagnolo, può diventare un grandissimo giocatore”

C

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suo maestro Helenio Herrera, con i quali si riscattò vincendone due con altrettanti successi in Coppa Inter-continentale. Insomma, un mito del calcio mondiale che dice: «Il Napoli può crederci». Parola di Luisito Sua-rez. Il Napoli vola in Spagna per gio-carsi l’approdo ai quarti di Cham-pions League. Quali sono le diffe-renze tra questo Barcellona e quello dei suoi tempi?

«Sicuramente sono passati tanti anni dal mio Barcellona a questo qui, sono cambiate un bel po’ di cose, parliamo di due tipologie e di epoche di calcio completamente diverse. Pensando a questo Barcellona, mi viene da dire che non stanno tanto bene, di sicuro non è la squadra che ha incantato l’Europa nelle ultime tre o quattro stagioni. Al-terna cose buone con altre meno buone ed è per questo che, vedendo un Napoli in netta ripresa nell’ultimo periodo, potrebbe approfittarne e metterli in seria difficoltà».

L’ambiente blaugrana sta vivendo un momento di nervosismo con i continui battibecchi tra giocatori e società. Di chi la colpa secondo lei?

«Quando una squadra comincia a

scricchiolare e perdere alcune certezze, quando tutto non funziona più a me-raviglia come accadeva prima, succe-dono sempre cose del genere. Questo accade, però, quando nessuno vuole prendersi le proprie responsabilità e di questo la squadra ne risente, perché per avere risultati positivi c’è sempre bisogno di tranquillità. Questo è un anno molto delicato per il Barcellona e dalla prossima partita contro il Na-

poli, a seconda che vada bene o male, potrebbe venir fuori il destino futuro del club».

Qualche malumore anche per Messi, lei crede che la storia tra l’argentino e il Barcellona possa concludersi da qui a breve?

«Parliamo di un giocatore di altis-simo livello, ma a volte guardando le partite lo vedo triste in campo. La sua espressione è chiara. È come se volesse dire che qualsiasi cosa faccia non sia sufficiente. Credo sia presto per dire che sia finito il suo ciclo con il Barcellona, ma molto dipenderà da cosa accadrà contro il Napoli».

La sfida tra Barcellona e Napoli non può che portare alla mente un confronto tra Messi e Maradona. Napoli naturalmente vota tutta per Diego. Suarez chi preferisce?

«Sono due grandi giocatori ma di epoche calcistiche completamente dif-ferenti. Giusto che Napoli dica Ma-radona… è logico, non sbagliano i tifosi partenopei. Un paragone però non credo si possa fare, visto che ai tempi di Diego c’era molta più diffi-coltà con le marcature individuali. Per i giocatori di oggi, marcati a zona, è tutto molto più semplice. Prima per fare una giocata dovevi superare molte difficoltà e uomini che ti marcavano stretto, adesso magari ti ritrovi dieci metri liberi e allora l’80% del lavoro è già fatto».

Veniamo al Napoli, quante possi-bilità ha la squadra di Gattuso di poter passare il turno?

«La squadra è in netta ripresa ri-spetto a qualche momento buio che ha vissuto all’inizio della stagione. Mi piacerebbe dire che gli azzurri sono spacciati (ride, ricordando la sua fede blaugrana, ndr) ma non è assoluta-mente così. Il Napoli deve crederci e può farcela, parliamo di una partita da dentro o fuori. Quindi tutto è pos-sibile, soprattutto pensando al mo-mento buono che gli azzurri stanno vivendo».

Un’ultima battuta, c’è un calcia-tore del Napoli che le piace più di tutti?

«Il Napoli è un’ottima squadra for-mata da grandi calciatori, ma se devo segnalarne uno in particolare dico Fabian Ruiz. Ha una grande classe e può diventare davvero un grandis-simo giocatore».

38 sabato 8 agosto 2020

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ue calciatori mancini e dello stesso ruolo ma provenienti da scuole calcistiche differenti. Ma-rio Rui, nato in Portogallo, è l’attuale terzino si-

nistro del Napoli. Cresciuto con il mito di Cristiano Ro-naldo, di cui è poi diventato compagno di nazionale, ha iniziato a muovere i primi passi in patria, dove ha ap-preso tutti i fondamentali del calcio portoghese. Stile di gioco che di europeo ha ben poco e che ricorda invece quello brasiliano: tecnica e giro palla veloce in attesa di un’invenzione o di una giocata di fino per le soluzioni offensive. Jordi Alba, nato invece in Spagna, è un prodotto della cantera blaugrana. È diventato, dopo aver cercato per anni la giusta collo-cazione tattica, il terzino sinistro tito-lare del Barcellona e della nazionale spagnola. Cresciuto quindi nella stessa squadra del suo idolo Messi, fin da piccolo ha po-tuto osservare e studiare i mo-vimenti di un calcio basato sulla coralità e su un pos-sesso palla asfissiante che porta ad offendere con più uomini la porta avversaria. Palla sempre a terra e lentezza nella costruzione del gioco hanno quindi dato vita ad uno stile di calcio definito “tiqui-taca”. Dal Fatima al Napoli Mario Rui Silva Duarte nasce nel 1991 a Sines, città portoghese nella provincia di Setubal. Dopo aver gio-cato nelle selezioni giovanili di importanti club come Sporting Lisbona, Valencia e Benfica, ha debuttato fra i professionisti nel 2010 con il Fatima nella Segunda Liga portoghese. L’anno successivo viene ingaggiato dal Parma, che dopo i prestiti al Gubbio ed allo Spezia,

40 sabato 8 agosto 2020

RIVALITÀ

Mario Rui su Sarri “È stato lui a portarmi a Napoli. Mi conosceva e sapeva quello

che potevo portare nel suo stile di gioco. Era a cono-scenza della mia situazione a Roma. Avevo perso confi-denza con il campo e lui aveva capito benissimo che do-vevo solo riacquistarla giocando. Mi disse: “Vieni a Napoli, ritroverai il piacere di giocare qui, il tuo stile si

sposa perfettamente con il mio modo di pensare. Sarai felice a Napoli”. Questo mi è bastato per

convincermi ad accettare”

Gattuso e la sfida alla Juve

“Gattuso somiglia molto a Sarri. Entrambi chiedono uscita palla al piede dalla propria area. Poi ognuno ci mette del suo in alcuni aspetti del

campo. L’accoglienza del San Paolo per Sarri? Dovrebbe essere buona, me lo auguro. Per tutto quello che ha fatto a Napoli, io lo rin-grazierò sempre”

Ronaldo il migliore, se non gioca contro il Napoli

“Il migliore al mondo e uno dei migliori di sempre. Gli au-

guro tutto il bene del mondo. Tranne quando affronta il Napoli”

Due scuole della penisola iberica a confronto. Due terzini che stasera dovrebbero ritrovarsi contro nella sfida Champions League di ritorno fra Barcellona e Napoli e che si sono gua-dagnati sul campo la titolarità nelle rispettive squadre

di Marco Boscia

Mario Rui Jordi Alba

vs

Rui - Sarri e Gattuso, due tecnici che si somigliano molto

D

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lo cede in compartecipazione all’Empoli nel 2013. Nel 2014 i toscani ne acquistano l’intero cartellino. È qui che il calciatore debutta in Serie A e, con Maurizio Sarri a guidarlo dalla panchina, si afferma come un impor-

tante terzino sinistro del nostro campionato. Nel 2016 viene acquistato dalla Roma ma la sua avventura in giallorosso è condizionata da un grave infortunio patito nel ritiro americano di Boston. Un anno più tardi sarà Sarri, alla guida adesso del Napoli, a portarlo alle pen-dici del Vesuvio e a credere in lui. In azzurro gli inizi non sono facili ma con il terribile doppio infortunio di Ghoulam diventa poi imprescindibile per i partenopei. Da “scarto” a terzino del Barca Jordi Alba Ramos nasce nel 1989 a l’Hospitalet de Llo-bregat, città spagnola a sud di Barcellona. A soli 7 anni inizia la sua avventura con la Catalogna Hospitalense, di cui diventa capitano nonostante fosse il più piccolo. Figurando fra i migliori giovani atleti, viene mandato nel 1998 all’accademia La Masia, struttura di forma-

zione del vivaio del Barcellona situata vicino al Camp Nou. Jordi stupì gli addetti ai lavori nel ruolo di ala

sinistra mostrando una rapidità fuori dal co-mune che gli valse il soprannome di “moto”,

ma fu limitato dalla sua piccola statura per la quale l’allora dirigente delle giovanili lo

scartò. Stimolato dalla famiglia però il giovane spagnolo proseguì la carriera e fu ingaggiato dalla squadra del suo quartiere, il Cornellà. Formatosi fisi-camente, fu il Valencia a scommettere su

di lui e, dopo un anno nelle giovanili ed il successivo prestito al Gimnastic di Tarragona, fece il suo esordio in prima squadra. È però l’incontro con Unai Emery che lo trasforma in giocatore polivalente in grado di giocare sia da terzino sinistro che da ala of-fensiva. Nel 2012 il ritorno al Barcellona che, con le do-vute scuse, lo riacquista per 14 milioni di euro. In que-sti anni è diventato una pedina fondamentale della squadra spagnola, ha vinto numerosi trofei e conqui-stato, fra gli altri, il prestigioso triplete nel 2015.

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Emery e il cambio di ruolo a Valencia “Ho sempre cercato di restare paziente in attesa del mio mo-mento. Il fatto che Emery abbia cambiato il mio ruolo è stato sicuramente positivo. Adesso gioco in difesa e sono stato chiamato in nazionale per quel ruolo, in pochi se lo potevano aspet-tare. I segreti sono stati pazienza e duro lavoro”

I piccoli segreti di Jordi “Adoro giocare a scacchi e continuo a farlo con mio padre. Amo dormire e posso farlo anche per 12/13 ore consecutive: di notte dormo al-meno 9 ore e poi di giorno rie-sco quasi sempre a fare un pi-solino fra le 2 e le 4 ore. L’insalata mi fa impazzire, la mangio sia a pranzo che a cena e bevo circa 3 litri d’acqua al giorno”    

Parlando di Lionel Messi “Messi mi ha reso un giocatore migliore. Il mio rapporto con lui è molto buono e non è mai cambiato. Leo è ancora più forte di prima, nonostante possa sembrare impossi-bile perché era già il migliore del mondo. È di gran lunga supe-riore rispetto a tutti gli altri calciatori” 

sabato 8 agosto 2020

Alba - Dal ritorno al Barcellona all’amicizia con Lionel Messi

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l ragazzo è bravino, però è troppo basso”. La famiglia Griezmann si sente ripe-

tere sempre questa frase ogni volta che il piccolo Antoine si muove sul terreno di gioco. Le magie con il pallone tra i piedi non bastano, gli osservatori per prima cosa guar-dano al fisico e l’altezza del futuro “Le Petit Diable” non offre partico-lari garanzie. Anche il Lione, la sua squadra del cuore, non è molto con-vinto che quel bambino farà grandi cose nel calcio, commettendo il più grande degli errori. Ha soltanto sette anni e il sogno di un ragazzo di diventare un grande calciatore come i suoi idoli Zidane ed Henry sembra già impossibile da realiz-

zare a causa di uno stupido pregiu-dizio. La natura lo ha generato così, cosa poteva farci? Una famiglia unita e felice Si torna a casa, a Macon, distante 65 km da Lione, come se nulla fosse successo. Papà Alain è consigliere comunale nella sua città, una per-sona in vista e benestante quindi, per cui convince il Maconnais a far giocare suo figlio. Mamma Isabelle invece fa le pulizie in un ospedale, nonostante il benessere economico garantito dal marito non ha mai voluto rinunciare a lavorare per una propria indipendenza econo-mica e soprattutto per dimostrare ai propri figli che nella vita per ot-

43sabato 8 agosto 2020

di Lorenzo Gaudiano

L’AVVERSARIO

Una carriera segnata da un pregiudizio sul suo fisico che si è tra-sformato in punto di forza. Oggi il calciatore francese è diven-tato un riferimento offensivo per il Barcellona e la sua nazionale

L’altezza non è tutto

un giovane antoine con

la maglia della real Sociedad

“I

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“Antoine non è un ra-gazzo cattivo. Sempli-cemente quando va avanti non si guarda mai indietro, dimenti-candosi di chi gli sta accanto. Su questo hanno inciso i pregiu-dizi che ha dovuto af-frontare, ma che al tempo stesso hanno plasmato il grande campione che è”

Eric Olhats, talent scout che lo portò

alla Real Sociedad “Credo che al Barcel-lona sia meno decisivo che nelle altre squadre in cui ha giocato e in nazionale per una que-stione di posizione e utilizzo. È molto sotto-valutato in Francia, ciò accade a tutti i gioca-tori che vanno a gio-care all’estero”

Didier Deschamps, ct della Francia

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tenere qualcosa bisogna guada-gnarsela con sudore e fatica. An-toine e il fratellino Theo passano tutta la giornata insieme a giocare a calcio, la sorellina Maude li guarda appassionata e qualche volta si presta anche lei a qualche tiro di-vertendosi con loro. Una famiglia serena e felice quindi, che fortuna-tamente può permettersi tutto senza rinunciare ai valori impor-tanti della vita, che sono l’impegno e il sacrificio. La voce fuori dal coro Il piccolo Griezmann ha quindici anni quando il papà riceve una tele-fonata. Un suo amico è riuscito a convincere il Montpellier a far par-tecipare Antoine all’amichevole contro il Paris Saint-Germain, per la quale è prevista una grande af-fluenza di osservatori all’evento. È un’occasione da non perdere, anche se a 370 km di distanza. Si va in macchina, tutti insieme, per pro-vare ad inseguire un sogno, cogliere una grande opportunità e sperare che questa volta il portone non si

chiuda. Alla futura stella in campo inizialmente tremano un po’ le gambe, poi finalmente comincia lo spettacolo. La maggior parte dei presenti ripete la solita frase ma questa volta c’è una voce fuori dal coro, Erik Olhats, osservatore della Real Sociedad, che rimane estasiato dalle giocate del giovane francese.

Si avvicina alla famiglia per rice-vere informazioni su Antoine, vuole portarlo con sé in Spagna perché vede in lui un grandissimo poten-ziale tecnico, anche se sul fisico c’è ancora molto da fare. Antoine è fe-licissimo, la famiglia un po’ meno. I genitori sono sul punto di rifiutare perché San Sebastiàn è lontana 850 km, ma il sorriso e la gioia del figlio li convince ad accettare. Del resto,

sin dal momento in cui erano saliti in macchina l’obiettivo era proprio quello di trovare una squadra dove l’avventura di Antoine potesse avere finalmente inizio. La lonta-nanza è dura da sopportare, ma per la propria creatura la famiglia è di-sposta a qualunque sacrificio. La scalata verso il successo Antoine studia e si allena sotto la supervisione del settore giovanile della Real Sociedad. Dopo quattro anni, è il 2009, con la prima squadra disputa l’intero campionato in Se-gunda Divisiòn contribuendo alla promozione in Liga e guadagnan-dosi la fiducia del club che gli offre il primo contratto da professionista. Dopo qualche anno l’Atletico Ma-drid se ne assicura le prestazioni, pagando la clausola rescissoria di 30 milioni. Arrivano i primi trofei, a cui si aggiunge il Mondiale con la Francia nel 2018, e successivamente il passaggio al Barcellona. Al di là di ogni pregiudizio nei suoi riguardi alla fine Griezmann ce l’ha fatta a realizzare il suo sogno, ad aprirsi quei portoni che tutti in giovanis-sima età gli avevano chiuso senza pietà. Non tutti hanno simile for-tuna ma questa storia ci insegna, sembra la morale di una favola del poeta greco Esopo, che la fortuna bisogna sapersela anche andare a cercare, senza perdere mai la spe-ranza.

45sabato 8 agosto 2020

“Mi rende fiero essere qui, mi rende fe-lice calcare il prato del Camp Nou. Per me è una missione portata a termine

“Griezmann nel 2018 quando giocava con l'atletico Madrid

“Sono stato rifiutato da una decina di squadre quando ero agli inizi.

Ok, dicevano fossi basso per non dire scarso, ma era

sempre la stessa scusa

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i siamo. Questa sera il Napoli si gioca l’ac-cesso ai quarti di Champions League contro il Barcellona nel prestigioso scenario del Camp

Nou. Gli uomini di Gattuso non partono certo con i favori del pronostico ma l’impresa, per quanto difficilissima, non è impossibile. E allora proviamo a sognare, e immaginiamo che gli azzurri riescano a raggiungere per la prima volta nella loro storia i quarti di Champions: il passaggio del turno avrebbe per i partenopei una importanza storica ed enormi effetti positivi. Innanzitutto il grande risultato sportivo: approdare tra le prime otto d’Europa attraverso l’eliminazione di un “top team” del calibro del Barcellona regalerebbe a tifosi, squadra e società una delle maggiori soddi-sfazioni della storia azzurra e accrescerebbe in ma-

niera smisurata il prestigio e la visibilità internazio-nale della società partenopea. La qualificazione ai danni del Barça avrebbe poi l’ef-fetto di far aumentare il valore di mercato della rosa del Napoli, che con 535 milioni di euro è sicuramente già elevato ma che negli ultimi mesi ha visto le quotazioni di diversi giocatori ridursi a causa delle vicissitudini di carattere tecnico e disciplinare oltre che la vicenda contagio che hanno influito sulla valutazione com-plessiva della rosa. È evidente che tutto ciò renderebbe ancora più “appe-tibile” il brand Napoli, il cui valore è già molto cre-sciuto nell’ultimo decennio, e potrebbe avere interes-santi ricadute economiche, sia in termini di introiti per sponsorizzazioni e merchandising dei prodotti a mar-chio Napoli che in termini di maggiori compensi per la partecipazione a tornei e partite amichevoli di livello. Ma c’è un altro risultato economico, più immediato, che la società otterrebbe con il passaggio ai quarti: un ul-

Un record da sognoIl passaggio del turno per il Napoli sarebbe un record ed un sogno rea-lizzato senza dimenticare il suo valore economico, il prestigio interna-zionale, la crescita della rosa e la possibilità di scalare ancora il ranking

46 sabato 8 agosto 2020

di Francesco Marchionibus

L’APPROFONDIMENTO

Il tecnico del Barcellona quique Setién

demme cerca di fermare Messi

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teriore bonus di 10,5 milioni di euro da aggiungere a quanto già ricavato sinora. Il Napoli fino ad oggi grazie alla partecipazione alla Champions ha già incamerato circa 60 milioni di euro (15,25 a titolo di premio di partecipazione, 15,5 come premio per il Coefficiente Storico Uefa, 7,5 come prima parte del Market Pool televisivo, 10,8 per i risultati ot-tenuti nel girone e 9,5 a titolo di bonus per il rag-giungimento degli ottavi), a cui si aggiungerà la se-conda parte del Market Pool, che però potrà essere calcolata solo al termine della competizione in base ai risultati ottenuti anche dalle altre squadre italiane. Questo senza considerare gli incassi al botteghino, che fino ad ora hanno portato 7,3 milioni di euro (4 solo per la sfida di andata ai blaugrana). In pratica, senza quarti di finale, la società azzurra chiuderebbe comunque la Champions con un ammon-tare complessivo di ricavi tra i 65 e i 70 milioni, ma in caso di passaggio del turno potrebbe arrivare ad in-cassare intorno agli 85 milioni. Una cifra importantissima, tanto più significativa se

rapportata ai conti del Napoli: rappresenterebbe infatti il 28,3% del fatturato (circa 300 milioni) esposto nel-l’ultimo bilancio della società azzurra. La qualificazione insomma consentirebbe al Napoli di accrescere e consolidare prestigio, risorse finanziarie e capacità futura di generare maggiori ricavi, tutti stru-menti necessari a mantenere la squadra azzurra ai vertici del calcio nazionale e in una posizione di rilievo a livello internazionale. In questo senso passare il turno sarebbe importantis-simo anche per il mantenimento della posizione nel ranking UEFA (attualmente il Napoli è sedicesimo) e per consentire ai partenopei di attaccare la quindice-sima posizione della Roma. Mantenere un buon ranking consentirebbe agli az-

zurri di affrontare le prossime competizioni europee (e segnatamente l’Europa League, la cui qualificazione alla fase a gironi è già nel cassetto dopo la vittoria in Coppa Italia) con la certezza di incontrare nella fase iniziale avversari alla portata, e quindi con maggiori possibilità di compiere anche il prossimo anno un lungo cammino europeo. Il “progetto Napoli”, dopo anni di crescita continua, si trova ad attraversare una fase di transizione: presu-mibilmente (salvo eventi clamorosi ed imprevedibili) nella prossima stagione si dovrà rinunciare ai pro-venti Champions e ci si dovrà confrontare già in Italia con società sempre più competitive gestite da grandi gruppi internazionali, che renderanno più difficile rag-giungere quei risultati che nelle ultime stagioni per il Napoli erano divenuti abituali. Ecco perché la qualificazione ai quarti, oltre ad essere un sogno da cui lasciarsi cullare, rappresenta per il fu-turo della società azzurra un’opportunità di fonda-mentale importanza.

47sabato 8 agosto 2020

La gara d'andata è finita. Insigne e Messi si scambiano le maglie

La gioia per la rete di Mertens

quique Setién e rino Gattuso

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C.C. CAMPC.C. AUCH

PUNTI VEPPAANIA – MARCIANISEHAN GIUGLIANO – GIUGLIAN

NDITA DELLA CAMPANIA:

NO

C.C.C.

A.C. I SANNITI – BENEVENTO.C. LE COTONIERE - FRATTTE.C. LE GINESTRE – VOLLAC C UC

C.C. LA CAC.C. VULCC.C. AUCHC.C. LA BIC.C. NEAPC.C. QUARC.C. MAXC.C. LE POC.C. JAMB T

G UG OARTIERA – POMPEI

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el 1964, grazie a Nereo Rocco ed Helenio Herrera, Milano conquistò un primato assoluto che dura an-

cora oggi: fu, infatti, la prima città ad avere due squadre capaci di vincere la Coppa dei Campioni nelle due edizioni consecutive del 1962-63 (Milan) e 1963-64 (Inter). Nella serata del Prater di Vienna, quella che regalò ad Angelo Moratti una grandissima gioia, l’Inter vinse la prima Coppa dei Cam-pioni alla sua prima partecipazione. Lampi nerazzurri a Vienna Il 27 maggio il Real Madrid di Miguel Munoz si trovò di fronte al Prater di Vienna una squadra forte, orga-

nizzata e soprattutto motivata dal suo istrio-nico allenatore. Le storie legate a quella par-tita sono tante. Si può partire parlando della rivincita consumata da Herrera e Luis Suarez, i due ex del Barcellona. È noto come tra le due città sia sempre esistita un’acerrima rivalità. Il “mago” con Suarez al Barcellona aveva vinto due campionati, una coppa di Spagna ed una Coppa delle Fiere senza riuscire a ben figurare nella Coppa dei Campioni, monopolizzata dalle “merengues”. Suarez in varie interviste

ha confermato che quella sera per loro due si trattò di una sorta di resa dei conti. Il tecnico aveva preparato la gara con attenzione e mi-nuziosamente. Nella settimana precedente aveva deciso

La Grande Inter Il ritorno del Real

Il Celtic di Stein

49sabato 8 agosto 2020

di Giovanni Gaudiano

LA STORIA DELLA CHAMPIONS

Il mago Helenio Herrera con la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale

Il presidente angelo Moratti e l'avvocato Prisco con da sinistra Facchetti, Picchi, Mazzola ed in basso Guarneri e Suarez nel 1964

Luisito Suarez

N

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che Tagnin avrebbe giocato in marcatura a tutto campo su Di Stefano e che Mazzola avrebbe avuto libertà di agire sulla fascia sinistra, in attacco, per sfruttare la sua velocità che avrebbe creato difficoltà in quel settore alla difesa madrilena. È noto che, per motivare opportuna-mente i suoi giocatori, Herrera avesse l’abitudine durante le passeggiate nei boschi di chiamare e parlare con quelli che aveva individuato fossero gli uomini determinanti per l’impegno successivo. Tagnin fu talmente condizionato che chiese ai compagni negli spogliatoi, prima della finale, di vincere perché sapeva che non avrebbe avuto un'altra possibilità di giocare una partita a quel livello. Mazzola invece, come ha raccontato Suarez, all’entrata in campo sembrava in trance e fu proprio Luisito a dargli la scossa che poi ne determinò una prestazione di alto livello. Sandrino ha raccontato che a fine partita avrebbe voluto la maglia di Di Stefano, che era il suo idolo, ma che nella calca generale non fu capace di raggiungerlo. Gli si av-vicinò, però, il grande Ferenc Puskàs, il quale gli disse: “Guarda, io ho giocato con tuo padre, sei degno di lui, questa è la mia maglia”. Mazzola quella sera al Prater mise a segno due dei tre gol (Milani fu l’altro marcatore) con il quale l’Inter mandò a casa il Real Madrid. Si trattò di due reti di ec-cellente fattura come ce ne sono state tante nella carriera di quello che Nicolò Carosio chia-mava affettuosamente nelle sue te-lecronache “mazzolino”. L’Inter concede il bis A distanza di un anno preciso, la fi-nale dell’edizione 1964-65 si giocò di nuovo il 27 maggio proprio a San Siro, l’Inter concesse il suo personale bis battendo in finale il Benfica di Eusébio e Coluna grazie ad una rete del funambolico Jair. I portoghesi erano arrivati a gio-carsi la finale mettendo a segno la bellezza di 27 gol in otto partite, tanto che alla fine del torneo la classifica dei capocannonieri pre-sentò Eusébio e Torres in vetta con 9 reti a testa. La for-mazione lusitana, alla cui guida in quella stagione figu-rava il tecnico rumeno Elek Schwartz, si aggiudicò il campionato e nel percorso per giungere alla finale della Coppa dei Campioni eliminò ai quarti il Real Madrid su-perandolo all’andata all’Estàdio da Luz di Lisbona con un sonoro 5 a 1, doppietta del solito Eusébio, e perdendo al

Bernabéu davanti a 100.000 spettatori per 2 a 1 con Eu-sébio ancora in rete. Il percorso dell’Inter ha regalato alla storia del calcio una di quelle rimonte ricordevoli. In semifinale la squadra di Herrera viene sorteggiata con il Liverpool. L’andata ad Anfield è una partita di sofferenza per i nerazzurri che vengono attaccati dagli inglesi con un ritmo sostenuto, tanto che la difesa dell’Inter, punto di forza da sempre della formazione milanese, viene messa in grande diffi-coltà. Il risultato finale di 3 a 1 sembra difficile da ribal-tare ma sarà proprio quella rete messa a segno da Maz-zola con un classico contropiede condotto da Peirò a

consentire il superamento del turno. Nella gara di ritorno le forti motivazioni della squadra di Herrera, l’estro di Mariolino Corso, sua la prima rete con una delle sue classiche punizioni (la famosa foglia morta), la genialità di Peirò che raddoppiò rubando la palla al portiere Lawrence che stava palleggiando in area ed uno dei gol più importanti nella car-riera di Giacinto Facchetti ribal-tarono il risultato. La finale, come detto, si giocò a San Siro davanti a 77.000 spetta-tori su un terreno che Suarez ha più volte definito impraticabile e

Mazzola lo ha paragonato ad una piscina. Il Benfica, squadra di palleggiatori, chiese all’Uefa di rinviare la par-tita ma trattandosi della finale la richiesta non fu presa in considerazione. La partita risentì delle condizioni del terreno di gioco. La squadra nerazzurra giocò male forse per il campo allentato, per l’emozione presente in molti giocatori visto che si giocava in casa, per la forza del Ben-

50 sabato 8 agosto 2020

Facchetti batte il portiere del Liverpool Lawrence e l'Inter vola in finale

Jair da Costa

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fica e per una tattica basata soprattutto sul punto di forza rappresentato dalla difesa. La partita fu orientata anche in qualche modo dal portiere portoghese Costa Pe-reira, che prima sulla rete di Jair commise un errore fa-cendosi sfuggire la palla, sia pur molto viscida, dalle

mani e poi s’infortunò e fu sostituito in porta dal difen-sore Germano visto che a quell’epoca non erano previ-ste le sostituzioni. Mazzola, parlando di quella gara, ha detto: “Vedere pian-gere a fine partita Eusébio, Coluna e Simoes per la finale che gli era appena sfuggita ci fece capire in quel momento cosa vo-lesse dire vincere una finale di Coppa dei Campioni ma anche cosa volesse dire perderla come purtroppo imparammo due anni dopo”. Gualtiero Zanetti su La Gazzetta dello Sport, elogiando la squadra nerazzurra, parlerà di una partita drammatica disputata in condizioni ambientali e clima-tiche davvero difficili. Il ritorno delle “merengues” L’Inter nella stagione successiva non riuscì ad arrivare alla sua terza finale consecutiva per mano di un rinno-vato Real Madrid. La squadra spagnola, che aveva in rosa ancora Puskàs che non giocò la finale ma in quella Coppa dei Campioni mise a segno comunque 5 reti, eli-minò i nerazzurri in semifinale. L’allenatore Munoz aveva attinto dal vivaio inserendo ben cinque giocatori e si trovò di fronte in finale la sorpresa rappresentata dal Partizan di Belgrado capace di superare in semifinale il Manchester United, nel quale giocavano Charlton, Best, Law e Stiles, che sir Matt Busby stava ricostruendo dopo la tragedia di Monaco. I serbi in quel mo-mento rappresenta-vano la punta di dia-mante del calcio slavo, una scuola calcistica capace di offrire alla storia del calcio grandi campioni ma allo stesso tempo in-capace di vincere nelle grandi manifestazioni come accadde proprio a Bruxelles in quel 1966. Dal suo canto l’allenatore del Real aveva affidato la fascia di capitano a Francisco Gento, l’unico superstite della grande forma-zione della seconda metà degli anni 50 che riuscì nel-l’impresa di vincere 6 finali sulle 8 giocate. Il Real soffrì la superiorità a centrocampo del Partizan che andò in vantaggio con una rete di Vasovic, ma continuando a gio-care alla sua maniera con rapidi contropiede il Real ri-baltò in soli 5’ l’esito della gara grazie alle reti di Aman-

51sabato 8 agosto 2020

Il real Madrid e la sua sesta Coppa dei Campioni

L'allenatore del Celtic Jock Stein

Le formazioni di Inter e Celtic disposto da Stein con un evi-dente 4-2-4

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cio e Serena. Sesta Coppa in bacheca per Santiago Ber-nabéu e la sua squadra. Il capolavoro di Jock Stein La storia dell’allenatore scozzese si potrebbe intitolare: “Dalla miniera al tetto d’Europa”. John, detto Jock, Stein però è sicuramente anche il simbolo di quel calcio bri-tannico fatto di agonismo, di sacrificio, di passione e so-prattutto di senso della sportività. Andava in miniera e giocava da dilettante, poi il calcio lo prende e arriva con fatica ed in ritardo al Celtic passando dalla seconda squa-dra alla fascia di capitano in poco tempo. Quel Celtic con lui in campo si riprende il campionato scozzese battendo i rivali e cugini storici rappresentati dai Rangers. Poi la rottura della caviglia e la sua carriera da giocatore si chiude. Inizia la carriera da allenatore come secondo proprio ai “the bhoys”. Qualche divergenza con la diri-genza e va via, ma lo richiamano nel 1965, la squadra è in fondo alla classifica. Stein arriva, ringiovanisce la squadra attingendo a piene mani dal settore giovanile e inizia la favola di quelle magliette bianche e verdi senza

numero, presente invece sul pantaloncino perché poco vi-sibile. Vince il campionato nella stagione 65-66, lo ri-vincerà per altre nove volte ma soprattutto acquisisce il diritto a disputare la Coppa dei Campioni del 1966-67, anno nel quale realizzerà per primo nella storia del cal-cio europeo il triplete. Inizia la stagione, il Celtic incontra lo Zurigo ai sedice-simi rifilandogli 5 reti nei due incontri. Poi tocca ai fran-cesi del Nantes eliminati con un doppio 3 a 1. Qualche difficoltà con i serbi del Vojvodina, ma i ragazzi di Stein con un netto 2 a 0 risolvono la pratica tra le mura di casa. Si ripetono in semifinale prevalendo al Parkhead di Gla-sgow sui cecoslovacchi del Dukla di Praga per 3 a 1 e pa-reggiando in trasferta a reti bianche. I giovani scozzesi sono a sorpresa in finale. Nasce così la favola dei “Lisbon

Lions”, l’undici scozzese formato da tutti ragazzi nati a Glasgow e nei dintorni, in prevalenza cattolici, che si im-porrà sull’Inter allo stadio Nacional di Lisbona, quello fatto costruire dal dittatore Salazar, tra i boschi nella valle dello Jamor, per dare vita ad una vera e propria città dello sport. Stein batterà Herrera e la sua Inter in una finale com-battuta ed in rimonta e si porterà a casa la nuova Coppa dei Campioni voluta dall’Uefa e ideata dallo svizzero Hans Stadelmann, che verrà soprannominata la “coppa dalle grandi orecchie”. I nerazzurri erano andati in van-taggio nel primo tempo con un rigore realizzato da Maz-zola, ma nella ripresa subirono gli attacchi continui di un Celtic deciso a recuperare la partita. Nonostante il pro-digarsi del portiere Giuliano Sarti, gli scozzesi prima pa-reggiarono con Gemmell e poi a 5’ dalla fine fu Chal-mers ad infilare il portiere con un tiro in un’affollata area nerazzurra. L’Inter era arri-vata a quella par-tita, come si dice, sulle gambe visto che la settimana dopo, battuta a Mantova, perderà anche lo scudetto. Quel giorno si chiude, forse in an-ticipo, l’epoca vincente e straordinaria del “mago” Her-rera e della sua “Grande Inter” mentre Stein scrive una pagina di storia per il calcio britannico, che non lo ha mai dimenticato.

(6 – continua)

52 sabato 8 agosto 2020

La squadra scozzese all'entrata in campo per la finale del 1966-67

Stein e alex Ferguson suo secondo in nazionale

La statua voluta dal Celtic all'ingresso dello stadio per ricordare Jock Stein

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54 sabato 8 agosto 2020

a genesi del libro, le scelte fatte con una scrittura tutta al femminile richiedono

qualche spiegazione ed allora chi meglio del curatore Pietro Nardiello può aiutarci nell’approccio a questo interessante lavoro. Che tipo di raccolta è “Inter-rompo dal San Paolo”? Vale per questo libro il motto “E pluribus unum”?

«Se lo slogan latino fa riferimento alla qualità del libro, allora dico che si tratta di una locuzione appro-priata. “Interrompo dal San Paolo” è soprattutto un libro di narrativa dove il calcio appare come una delle tante componenti della vita».

Una raccolta da leggere Venti autrici, un libro, un’unica passione: il Napoli. Racconti che uniscono il tifo per la maglia azzurra alla quotidianità, a realtà tutte diverse tra di loro ma non molto lontane dal vissuto, con mille sfu-mature che vanno dalla gioia, alla tristezza, alla malinconia, al di-vertimento, alla rabbia e così via. Storie che nonostante risalgano a qualche anno fa mantengono ancora oggi una certa attualità. Te-stimonianze, naturalmente addobbate con il giusto apporto di fan-

tasia, che tramandano periodi storici in cui si viveva in modo diverso, ed anche il calcio era diverso. Un calcio più senti-mento che industria, un calcio non vincolato esclusivamente al risultato finale, un calcio che fa-ceva ardere le tifoserie di pas-sione, anche quando si dispu-tava un campionato di categoria inferiore. Era un calcio che non affollava la televisione come oggi, che at-tirava come il canto di una si-rena il pubblico sugli spalti, e la domenica volava via tra lo spet-

tacolo sul rettangolo verde, la compagnia e il buon cibo. Chi invece non andava allo stadio accendeva la radio, si sintonizzava sulle fre-quenze di “Tutto il calcio minuto per minuto”, seguiva la propria squadra del cuore attraverso le voci ed il racconto dei radiocroni-sti e lasciava soprattutto lavorare l’immaginazione per una giocata, un gol, una parata. “Interrompo dal San Paolo” lo avranno sentito certamente in molti durante i collegamenti da Napoli, quella frase oggi è il titolo di un libro, edito da Giammarino Editore, un lavoro corale dove ricordi, occhi e mani diverse danno vita ad un connubio di storia e fanta-sia destinato a raccontare ed intrattenere il lettore che ha vissuto le gesta di certi giocatori oppure no. Il curatore è Pietro Nardiello, che ha seguito la produzione dei vari racconti coordinando con maestria venti autrici e giornaliste na-poletane, proponendo al pubblico un lavoro non comune finalizzato anche ad abbattere quel pregiudizio legato alla presunta incapacità delle donne di parlare di calcio. Ed allora prendiamo questo libro (il prezzo di copertina è di soli 13,50 euro). Sono solo 179 pagine con i crediti e passiamo delle pia-cevoli ore nel leggere le varie storie proposte da queste signore dello sport. Hanno uno sviluppo cronologico ma si può scegliere di leggerle come uno meglio crede.

Servizi a cura di Lorenzo Gaudiano

Interrompo dal San Paolo di Pietro Nardiello con Emma Di Lorenzo, Adriana De Maio, Maria Teresa Baldi, Argia Di Donato, Ga-briella Galbiati, Titti Improta, Daniela Vol-pecina, Iolanda Stella Corradino, Francesca Flavio, Ilaria Mennozzo, Serena Li Calzi, Renata Scielzo, Alessia Bartiromo, Taisia Raio, Melina Di Marino, Sabrina Uccello, Sonia Sodano, Gabriella Calabrese, Nunzia Marciano,Valeria Grasso Prefazione di Carlo Verna giammarinoeditore

L

SCAFFALE PARTENOPEO

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Come si costruisce un libro fatto da tante penne, tanti stili diversi e sicuramente tante idee ed impo-stazioni di scrittura diverse?

«Non esiste un segreto, una ricetta ma solamente l’idea comune di spo-sare, con determinazione, un progetto. Questo è quanto avvenuto. Le venti donne di quest’antologia credono fer-mamente che sia necessario dare spa-zio e valore alla fantasia, alla parola nonostante oggi la tecnologia non possa mancare sia nella quotidianità che nel lavoro. Però quando si trova il giusto equilibrio credo che ne venga fuori un cocktail spumeggiante».

La ricerca della pluralità su uno stesso argomento alla base di una raccolta serve ad arricchire il let-tore o può diventare alla fine della lettura un fattore di disorienta-mento?

«Il filo conduttore del libro è lo stesso, cioè il Napoli, la passione per la squa-dra di calcio. I racconti e le scritture diverse a mio avviso rappresentano un arricchimento per il lettore».

Cerchiamo di spiegare a questo punto perché venti donne alla macchina da scrivere o meglio al computer?

«Una provocazione alle convinzioni maschie, una provocazione nei con-fronti di chi pensa che l’analisi spor-

tiva sia una materia di esclusiva com-petenza maschile. Le donne hanno una sensibilità maggiore della no-stra, una visione del mondo diversa e quello che ne è venuto fuori da questi racconti lo dimostra».

La limitazione di pensiero che per anni e forse ancora oggi fa dire che il calcio non sia fatto per le donne c’entra con questa scelta di campo?

«A me non piacciono i talk show spor-tivi dove la donna è relegata a mettere in mostra tette e cosce per far aumen-tare l’audience. Vallette deluse, che non

sanno leggere nemmeno una classifica e che stanno lì solo perché sono bone. Siamo indietro di almeno cin-quant’anni, dobbiamo ancora rag-giungere la giusta emancipazione. A quanto mi riferiscono, io non lo sa-pevo, quest’antologia dovrebbe essere

la prima in Italia alla quale hanno partecipato solo donne. Professioniste brave, aggiungerei. Quindi un plauso alla Giammarino Editore che ha cre-duto in questo progetto».

Le venti scrittrici hanno avuto au-tonomia nell’elaborare il proprio testo o c’è stata una regia che ha tenuto conto anche delle diverse esperienze e delle differenti età?

«Sì, piena autonomia. Solo ad al-cune ho segnalato qualche calciatore che non poteva certamente mancare in un lavoro del genere».

Avete pensato, visto che questo li-bro credo che apra una nuova col-lana, a proporre più in avanti sto-rie del calcio di provincia, quello meno conosciuto, legate a quei territori che in molti casi possono forse essere meno note ma più af-fascinanti?

«Dopo “Interrompo dal San Paolo” in cantiere c’è l’idea di replicare l’ini-ziativa da altre piazze dalla forte identità. La collana Sport&Soul sarà dedicata ad una narrativa sportiva di qualità. Ci interesseremo anche di realtà più piccole, ma se fa riferi-mento a pubblicazioni classiche, dedi-cate alla storia di squadre, società sportive e altro ancora quello sarà un filone che affideremo ad una collana diversa».

55sabato 8 agosto 2020

Venti penne femminili coordinate da Pietro Nardiello per un libro mandato in tipografia da Gino Giammarino per rac-contare il Napoli, le storie di alcuni dei suoi campioni colle-gate alla passione, alla vita e alle vicende della gente comune

Interrompo dal San Paolo

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È un racconto pieno di pathos e poe-sia. Cosa l’ha spinta ad unire simbo-licamente la nascita di un figlio al gol dell’idolo prescelto in una squa-dra di campioni?

«Pathos e poesia sono un binomio da sempre legato al calcio nella mia vita. Avevo due anni quando mio padre per un carnevale decise di vestirmi tutta d’azzurro. Lui che, greco per parte di madre, aveva deciso di fare del Napoli la sua squadra del cuore. Mi viene da sorridere se penso alla formazione odierna che annovera al suo interno ben

più di un ellenico. L’aneddoto familiare non è una divagazione ma la consape-volezza che il calcio a Napoli si tra-manda di padre in figlio quasi come il patrimonio genetico e che molti dei cori da stadio parlano della squadra del cuore come della propria donna (penso a “La mia lei è del 1926” o al più fa-moso “Un giorno all’improvviso m’in-namorai di te”). Il Napoli – ma a ben vedere il calcio in generale – è donna, amante, figlio e padre. E così Alfredo, protagonista del mio racconto, inna-morato del calcio giocato da Bruno

Giordano, unisce la nascita del figlio alla gioia per la vittoria del Napoli ri-costruendo il bellissimo binomio ini-ziale grazie alla radiolina che con quel magico “Interrompo dal San Paolo” gli comunica il gol della sua squadra pro-prio mentre un infermiere annuncia la nascita del figlio».

56 sabato 8 agosto 2020

Che esperienza è stata scrivere un libro sul calcio a quaranta mani e tutte femminili?

«Un’esperienza unica per me e sicuramente indimentica-bile. L’universo femminile che si racconta nello sport e nel-l’avventura a quanto pare sembra essere una costante della mia vita. Nel 2004 infatti sono stata tra le prota-goniste del programma tv “Donnavventura” che ancora va in onda su Rete 4 ed anche in quel caso è nato un li-bro. Attraverso poi le colleghe della commissione Pari Op-portunità dell’ordine dei Giornalisti della Campania che presiedo, abbiamo messo in piedi progetti insieme alle altre 14 colleghe che stanno riscuotendo molta atten-zione, soprattutto nel mondo scolastico al quale ci siamo rivolte. Le donne hanno una sensibilità particolare e se re-stano unite, rappresentano una forza unica».

Il tuo racconto va al di là del fatto sportivo. Rac-chiude la liturgia domenicale dell’appassionato au-tentico di quegli anni indimenticabili. Come è cam-biato oggi l’approccio alla partita della città e quello del tifoso?

«Il tifo a Napoli è come la religione. Un credo ed una fede. Rispetto al mio racconto oggi i tifosi sono molto più cri-tici e forse anche stanchi di alcuni meccanismi del calcio. Il calcio è spettacolo e non può appassionare uno spetta-colo in cui vince sempre lo stesso attore. La competizione,

soprattutto se sana, è il sale nello sport e nella vita. Oggi il tifoso vorrebbe questo, invece è meno disincan-tato».

Sabato il Napoli squadra e la città giocheranno in Champions per la storia. Quale sentimento presente nella tua storia ti accompagnerà guardando la partita?

«Anche se una giornalista sportiva non dovrebbe dirlo, non posso nascondere la mia fede calcistica per il Napoli. Nello stesso tempo posso affermare che per le mie sfuma-ture caratteriali riesco ad essere distaccata nella cronaca e nella critica sportiva. In occasione di Barcellona-Na-poli lavorerò ed ovviamente farò il tifo per la squadra che spero possa regalare un’emozione alla sua gente che ri-marrebbe nella storia di questo club. E magari chissà che in futuro non si possa raccontarla in un altro libro».

Non è facile e non è comodo, proviamo a fare un pronostico...

«Confido in Mertens ed Insigne e nella loro capacità nel trascinare la squadra».

Iolanda Stella Corradino

Il calcio e la tradizione familiare

Titti Improta

Nostra signora delle telecamere

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Dalle pagine esce fuori un altro spunto di quel periodo da definire tipicamente partenopeo: l’amicizia che nasce e si coltiva nel tempo su-gli spalti dello stadio. È ancora così?

«Il calcio è ancora oggi strumento ag-gregante e posso asserirlo con forza. Basti pensare al nostro progetto edito-riale che ha unito ben 20 donne con storie diverse legate, appunto, dal calcio. E tanti dei miei amici di oggi sono i colleghi con cui sedevo in tribuna stampa per Radio Crc diversi anni fa: Ferruccio Fiorito, Silver Mele, Ro-berta Savarese e Gianni Simioli (per ci-tarne alcuni). La passione per la pro-pria squadra non può che essere un

collante che unisce, con la speranza che non si senta parlar più di discrimina-zioni legate a questo splendido ed emo-zionante gioco».

Cosa passerà nella mente di quei ti-fosi che seguono il Napoli ovunque e non potranno questa volta farlo perdendo l’occasione di tornare al Camp Nou?

«Il calcio ai tempi del Covid-19 è alie-nante per certi versi. I tifosi sono da sempre il dodicesimo uomo in campo e anche per i calciatori non poter godere del loro sostegno fino al novantesimo è brutto, quasi come quanto lo è per chi non può più seguire la propria squadra

dal vivo ma deve limitarsi a guardarla attraverso uno schermo. Ma la passione non si ferma di certo e i ragazzi della squadra la percepiscono, fosse anche solo quando girano per le strade della città».

Non è facile e non è comodo, pro-viamo a fare un pronostico...

«I pronostici sono difficili sempre da fare. Dopo la vittoria in Coppa Italia la squadra ha perso smalto ma mister Gattuso è un grande motivatore e ha subito chiesto grinta e forza. Io ci credo. E spero che la carica di Mertens in questi giorni gli porti la gioia di se-gnare e di giocare una partita bella come quella dell’andata».

I sogni non hanno nazionalità. Il tuo racconto non ha un lieto fine per il risultato finale della partita ma è l’esal-tazione del tifo, quello fatto di piccole cose. Perché hai scelto di rappresentare il calcio così?

«Ho scelto questa rappresentazione del calcio perché, nei ricordi e negli anni, ciò che resta sono le emozioni, i momenti che esal-tano, che legano indissolubilmente un calciatore a una squadra, a un episodio. Quel Napoli era il Napoli della rinascita, ap-pena stava crescendo fino a diventare grandissimo e ci si ac-contentava del grande gol piuttosto che della grande vittoria. La giocata del singolo, la sua magia riuscivano a mettere a nudo le debolezze del temibile avversario. In quell’occasione La-vezzi lasciò tutti a bocca aperta. Impossibile non applaudir-gli. Allora il gesto tecnico resta, come l’amore per una squadra, al di là di ogni risultato. I risultati sono utili negli annali, i bei momenti lo sono per i ricordi».

Si parla sempre di una vicinanza tra napoletani e ar-gentini, qual è secondo te il punto di contatto più evi-dente?

«L’energia. Sono popoli di discendenza continua grazie al-l’influenza spagnola che entrambi hanno e ai tanti scambi cul-turali che ci sono stati negli anni. Napoletani e argentini con-dividono la vitalità e la convivialità, un modo ancora molto sentimentale di affrontare il rapporto con l’altro, la vita quo-tidiana e l’amore, quindi il calcio».

Proviamo ad immagi-nare quello che pense-ranno tutti i lavoratori napoletani, se magari ognuno ripercorrerà la sua storia, sabato guardando la partita... «Immagino che tutta la fa-tica sarà immediatamente resettata perché il match re-

gala adrenalina e un sogno, e allora varrà la pena che sia già cominciato il “mese delle vacanze” e invece saremo davanti al televisore sebbene sia sabato sera. Un appuntamento imperdi-bile».

Non è facile e non è comodo, proviamo a fare un pro-nostico...

«Il Barcellona continua ad avere le maggiori chance perché la sua rosa è fatta di calciatori abituati a disputare e vincere la competizione, e avranno goduto di una settimana di vacanze. Tuttavia, la loro stagione è stata complicata rispetto agli stan-dard dentro e fuori dal campo. Inoltre, mancherà l’appoggio di uno stadio che conta in ogni occasione simile il sold out di circa 100 mila persone. Il vuoto avrà un impatto forte. Prima del lockdown, avrei detto 20% di possibilità per il Napoli, ora in-vece mi spingo al 50%: tutto è possibile».

57sabato 8 agosto 2020

Sabrina Uccello

L’energia che unisce napoletani ed argentini

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Il tuo racconto è bellissimo perché è una storia di vita vissuta. La passione per il calcio delle donne di cui Susy è la portavoce fuoriesce prepotentemente. Ci spieghi se esiste un sentimento diverso con il quale una donna guarda il calcio?

«Beh, innanzitutto sono felice che ti sia piaciuto il mio rac-conto. Ci tenevo che venisse fuori la personalità di Susy come donna. La sua forza, la sua indipendenza che non fanno assolutamente a cazzotti con la femminilità. Co-raggiosa, senza tempo, libera, autonoma, indipendente che con fatica si fa strada in un mondo in cui la donna è troppo spesso vittima dei pregiudizi. Tutto quello che Susy ha se l’è guadagnato. E la sua pas-sione per il calcio, così innovativa per i suoi tempi, non la sminuisce ma anzi la arricchisce. Una donna guarda il calcio per gli stessi identici motivi per cui lo guarda un uomo. Per passione, campa-nilismo nella maggior parte dei casi. Per il gusto della competizione e perché molto spesso ci si identifica nella propria squadra del cuore, so-prattutto quando la vittoria arriva dopo una sfida diffi-cile, contro una squadra più forte. Tutto questo può essere da esempio e da stimolo nella quotidianità».

Il calcio, il gol, la vittoria che funzione sociale arri-vano ad avere nella vita di quelle persone che lo amano?

«Il calcio dovrebbe avere il giusto ruolo, senza esagera-zioni. Lo sport e la passione, soprattutto per il calcio, non dovrebbero occupare un ruolo predominante nella vita di nessuno. Ovviamente non sempre è così, anzi. C’è bisogno del giusto equilibrio, come in tutte le cose. Il calcio è uno sport bellissimo. Il gol, quello che ti fa vincere una partita difficilissima, la vittoria, soprattutto quella contro un av-

versario più forte, possono rappresentare quasi una libe-razione, una sorta di riscatto contro le difficoltà quotidiane che la vita ci mette di fronte. Ed ecco che quel gol diventa il nostro gol e quella vittoria la nostra vittoria».

Il fascino del calcio raccontato dalla radio forse si ri-propone con forza vista l’assenza dei tifosi allo sta-dio. Come immagini il Napoli a Barcellona nel si-lenzio di quello stadio enorme?

«Certo! La radio, con tutto il suo fascino, con la sua capacità narrativa lascia spazio all’immaginazione così come può fare un buon libro. In questo periodo, alla tristezza di uno stadio visto in tv senza tifosi, la sua parte pulsante, forse, ascoltando la radio possiamo ancora vedere nella nostra mente tribune e curve piene. La partita a Barcel-lona non sarà la stessa cosa in uno stadio vuoto, sterile, freddo. E soprattutto ad en-trambe le squadre mancherà quella spinta che solo i tifosi sanno dare con il loro sup-

porto. Un peccato. Noi tifosi però cercheremo comunque di far arrivare il nostro calore anche attraverso l’etere».

Non è facile e non è comodo, proviamo a fare un pronostico...

«No dai! Perché mi fai questa domanda? Odio i prono-stici (ride ndr.) ... In realtà è che non mi piace perdere. Se proprio devo sbilanciarmi ti dico che secondo me ce la pos-siamo fare. Dipende da come scenderemo in campo (visto? Parlo in prima persona, come se in campo dovessimo an-darci anche noi insieme a loro. È così che ragiona un ti-foso vero). Occorre forse più testa che gambe, l’aspetto psi-cologico sarà fondamentale. Dico che vinciamo e non provate a smentirmi... Ah comunque ForzaNapoliSem-pre!».

59sabato 8 agosto 2020

Melina di Marino

Le donne guardano il calcio come gli uomini

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La radio, il racconto dello spea-ker che arriva a tutti. È solo per-ché attiva l’immaginazione di quelli che ascoltano o forse ha un valore diverso?

«Il racconto radiofonico di una par-tita di calcio ha tante valenze: il ri-mando ad un calcio romantico, di altri tempi, in cui non sono le pay tv a dettar legge. Un calcio che non vedi, ma senti: ha un’attrattiva di-versa, più focalizzata sulla parola che trasuda emozioni».

Il protagonista del racconto è un disabile. Credi che siano state fi-nalmente superate negli stadi le barriere che per anni hanno im-pedito l’accesso a queste per-sone?

«Ho avuto modo di vivere la partita con i diversamente abili, facendo mio il loro modus vivendi: calcio come divertimento, da vivere sempre

con il sorriso. Per ciò che concerne le barriere architettoniche, invece, credo che i grandi stadi d’Europa si siano già attrezzati al meglio men-tre nelle infrastrutture di provincia ci sia eccome da lavorare, per con-sentire l’accesso a tutti».

A Barcellona non ci sarà il pub-blico sugli spalti. È difficile im-maginare una partita così impor-tante giocata nel silenzio. Che calcio è quello senza i tifosi sugli spalti?

«Il calcio senza tifosi sugli spalti non è calcio. Sono sempre stata con-traria alla ripresa post Covid: i cal-ciatori hanno perso motivazioni, le loro gesta tecniche non sono sottoli-neate dalla passione sugli spalti. È un calcio che aumenta le distanze, silenzioso, grigio ed identico in ogni parte del mondo. Barcellona-Na-poli è l’evento per eccellenza, come

ogni partita di cartello in Cham-pions League. Un match da vivere respirando l’atmosfera del Camp Nou, che avrebbe meritato un clima diverso intorno ai 22 in campo».

Non è facile e non è comodo, pro-viamo a fare un pronostico...

«Dico 1-1 (e quindi rigori) perché entrambe le squadre non sono in una fase ascendente del proprio percorso calcistico in questa stagione agoni-stica. Il Barcellona, stando ai ru-mors, ha qualche problemino all’in-terno dello spogliatoio mentre il Napoli deve ritrovare mentalità ed enfasi che servono per notti come quella in Catalogna».

60 sabato 8 agosto 2020

Come è nata l’idea di allestire una raccolta di scritti che avessero un unico comune denominatore, affi-dandoli poi solo a scrittrici femminili?

«Dalla monotonia, perfino negli aggettivi - come dimostra l'abuso insopportabile di “importante” - con la quale viene raccontato il calcio di oggi. Parlandone con Pietro Nar-diello, vecchio amico e poi curatore di quest'opera così ori-ginale, gli ricordai di quando l'indimenticabile Sandro Ciotti, con la sua voce roca, per criticare con modo e mestiere uno scandaloso arbitraggio di Concetto Lo Bello all'Olim-pico che favorì indirettamente la Juve ai danni del Cagliari,

concluse la sua radiocronaca, tra garbo ed ironia, chio-sando: “Ha arbitrato Concetto Lo Bello da Siracusa, davanti a 70000 testimoni”. Probabilmente l'idea, via via arric-chitasi di altre variabili, nasce da questa nostalgia per la fantasia e l'immaginazione con cui si raccontava il calcio di allora, unitamente alla noia per un campionato mediocre ed asservito ai poteri forti».

Alla luce di quest’esperienza si può dire esista una dif-ferenza tra come vedono il calcio le donne rispetto agli uomini?

«Certamente, sì. Soprattutto se con questo vogliamo sottin-tendere che “esse” lo vedono in maniera più approfondita, grazie a quella sensibilità – tutta femminile – che consente loro di guardare sempre le cose con un'analisi che non si ferma, sic et sempliciter, alla semplice narrazione di quanto è sotto gli occhi di tutti, sforzandosi di chiudere il cerchio

Gino Giammarino

Un libro per uno scossone ad un campionato mediocre

Francesca Flavio

Il calcio senza i tifosi è un altro sport

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Perché tra i tanti giocatori del Napoli hai deciso di costruire il tuo racconto sul personaggio di Sivori? Che tra l’altro è anche un calciatore associato soprattutto alla Juventus?

«Omar Sivori è un personaggio con genio e sregolatezza, una vera e propria figura da romanzo. Poi la rissa durante Napoli – Juventus con Omar in maglia azzurra, l’inter-vento televisivo a Canzonissima per salutare tutti gli italiani, l’onestà intellettuale di riconoscere alcuni suoi errori senza svendere, però, se stesso. Gli ingredienti c’erano tutti».

La storia si diceva parla di Sivori, l’idolo al centro dell’interesse dei protagonisti del racconto. Attua-lizzando quale raffronto è possi-bile fare con gli addii di Marek Hamsik e con quello che pare certo di Callejon?

«Nessun raffronto è possibile. Tempi diversi, potrei dire per apparirle po-liticamente corretta. Io, invece, ri-lancio. Sivori resta una figura unica, quasi mitologica con una per-sonalità unica».

Il bar ricorda i tempi in cui il caffè rappresentava un’occasione di confronto tra i tifosi. Ancora si parla molto di calcio in tutti i ri-trovi però oggi ci sono i social network che hanno annullato le distanze, anche se troppo spesso inaspriscono le rivalità ed ali-mentano i conflitti con tutte le conseguenze del caso. A che cam-biamento stiamo assistendo?

«Il bar negli anni ’60 del secolo scorso rappresentava anche un luogo di aggregazione per ritrovarsi in-torno al piccolo schermo tv. Erano in pochi quelli che potevano permet-tersi l’acquisto della scatola televi-

siva. Adesso i piccoli schermi si sono moltiplicati, impedendoci di far co-munità intorno ad uno solo di essi».

Non è facile e non è comodo, pro-viamo a fare un pronostico sulla partita con il Barcellona...

«Scendere in campo con la forza d’animo che ci avrebbe messo Omar Sivori, poi al 90esimo minuto si ve-drà».

61sabato 8 agosto 2020

completo sui fatti da raccontare». È stato annunciato che con questo libro parte per la sua casa editrice una nuova collana: “Sport&Soul”. Cosa devono aspettarsi i lettori dopo questo avvio di grande aplomb?

«Quello che ha caratterizzato da sempre la nostra linea edi-toriale, e che da oggi assume un nome che ne semplifica l'identificazione. Ricordo ai lettori che già nel 2014 demmo alle stampe “2004- 2014 / Napoli 10 e lode”, antologia che – sotto la direzione della penna indimenticabile di Vittorio Raio, assieme ad una squadra di giovani giornalisti, rac-contava in maniera maniacale i dieci anni del Napoli del Presidente Aurelio De Laurentiis, dall'inferno del Tribunale ai paradisi della Champions, seguito da “Pittat” di Riccardo Giammarino, uno di quei valentissimi e promettenti giovani formatisi giornalisticamente sotto la scuola di Raio, che me-

scolando calcio, identità e messaggi della comunicazione espressi dalle mura di Napoli per mano e fantasia dei tifosi azzurri, ha raccon-tato questo sport con amore e fantasia. Un libro premiato da una ristampa a pochissimi mesi dalla sua prima uscita. Oggi, nella lista delle giornaliste che hanno dato vita a “In-terrompo dal San Paolo”, troviamo – tra l'altro – anche la figlia di Vittorio, Taisia, che col suo racconto che ruota at-torno ad Hamsik chiude un cerchio ideale nella narrazione di un calcio diverso. Ecco, dunque, che la collana “Sport&Soul” non chiude un cerchio, bensì lo apre nel solco della continuità perseguita da chi nel calcio, come in tutti gli sport, continua un viaggio alla ricerca dei valori più auten-tici e veri, contro chi cerca di sotterrarli e sostituirli con la lo-gica del denaro e del potere».

Maria Teresa Baldi (Ghostwriter)

Ci vorrebbe la forza d’animo di Omar Sivori

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e debbo cercare un uomo, un calciatore, un interprete del suo ruolo al meglio

che al Camp Nou potrebbe fare davvero la differenza, il pensiero va direttamente a Fabian Ruiz. Qualcuno ha detto che è facile pensare a Mertens, che con la sua classe e la sua visione di gioco è indiscutibilmente un uomo su cui Gattuso deve fare pieno affidamento. Dal mio canto ritengo Mertens insostituibile e gli affianco proprio lo spagnolo. Il profilo, il fisico, la classe, la visione di gioco, la “garra” come dicono gli spagnoli del giovane Fabian, nato in un piccolo paese andaluso dal nome che sembra un indirizzo, Los Palacios y Villafranca, non troppo lontano da Siviglia sono qualità non comuni. A Napoli Fabian è arrivato grazie a Davide Ancelotti che lo aveva seguito nel Betis. Si è detto che il Napoli abbia dovuto pagare la clausola rescissoria

di 30 milioni di euro, probabilmente non sarà andata proprio così, ma in ogni caso oggi lo spagnolo che ha compiuto 24 anni ad aprile ne vale almeno 50. Proprio il Barcellona, prossimo avversario degli azzurri, lo vorrebbe

insieme al Real Madrid, destinazione che il giovane Fabian preferirebbe. Ed ora pare che anche la Juventus abbia sguinzagliato i suoi cani da caccia, quelle orribili bestiacce che poco hanno a che vedere con i nobili beagle,

per cercare di portare a Torino un calciatore che gli farebbe molto comodo. Fabian Ruiz è un giocatore da non mollare e tanto meno da cedere in ogni caso in Italia. Se la società saprà sostituire Callejon con un esterno capace di garantire la doppia fase, lo spagnolo in coppia con Zielinski, altro uomo da tenere in grande considerazione, potrà costituire una parte fondamentale nella costruzione del nuovo centrocampo del Napoli. C’è una caratteristica di Fabian Ruiz che quasi mai viene messa in evidenza: l’eleganza. Lo spagnolo però prima in Spagna ed ora in questo biennio al Napoli ha mostrato una serie di qualità che sono abbastanza rare da trovare. Si diceva l’eleganza, ma parliamo della visione di gioco, dell’incidere a testa alta, del puntare quasi sempre l’avversario di turno, della rapidità nonostante la sua altezza, 1,89 cm,

Fabian Ruiz L’eleganza e la grintaBreve storia di un giovane dalle grandi qualità calcistiche nato con la voglia di giocare al calcio. Tecnica, fisico, applicazione e grinta alla spagnola per donare un sorriso ai tifosi partenopei

63sabato 8 agosto 2020

L’UOMO IN PIÙ

Sdi Giovanni Gaudiano

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Fabian si racconta Mia madre è tutto per me. È stata lei a crescere i suoi tre figli, nonostante le difficoltà. Ed è stata lei a fare in modo che potessi giocare a calcio ogni pomeriggio. È stata fondamentale per me Ho imparato che, nonostante le difficoltà, devo volere la palla in qualsiasi momento. La cosa più importante era che mi sentivo soddisfatto di quello che stavo facendo, che non mi importava del risultato. Il Betis mi ha insegnato ad amare il pallone. La cosa principale per un giocatore di calcio è la fiducia. Avevo bisogno che si fidassero di me, che mi dessero un’opportunità, e i biancoverdi me l’hanno senz'altro data Quanto sono cresciuto con il Napoli di Ancelotti? Sono cresciuto molto, mi ha dato molta fiducia. È stato una persona molto importante per me, mi ha fatto crescere e giocare in molte competizioni

Il giudizio di Quique Setièn Sarà fondamentale che capisca che quando arriverà il momento di fare il salto non dovrà modificare il suo atteggiamento in campo con la nuova squadra. La sua crescita deve continuare anche con altri stili di gioco, allora potrà diventare davvero bravo. L’anno scorso è stato nell’Elche, in seconda divisione, senza emergere troppo. Ora con il nostro stile e con quello che ha imparato sta facendo benissimo

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della capacità di giocare con entrambi i piedi e poi del sinistro con il quale riesce a disegnare traiettorie beffarde e imprendibili, basta pensare alle recenti reti contro l’Inter e contro la Lazio. Gli inizi e il Betis L’infanzia di Fabian somiglia a quelle di tanti ragazzini che in tutto il mondo giocano al calcio appena possono, in qualunque condizione, con campi da gioco e porte delimitate da pietre e lo fanno in ogni caso fregandosene delle condizioni meteorologiche. Il ragazzo va a scuola, la sua famiglia fa sacrifici per andare avanti ma cerca di non fargli mancare nulla, torna a casa, mangia in fretta e furia e poi insieme con il fratello più grande di sei anni va a giocare a pallone. Sì perché Fabian ama giocare con quelli più grandi di lui. La madre, come per Zielinski, ha svolto un ruolo importante. Ha tre figli da mandare avanti, non capisce di calcio ma vede negli occhi del figlio quella luce che ancora oggi Fabian mostra agli avversari in campo, quasi li volesse fulminare. Al Betis offrono un lavoro alla madre di Fabian perché intravedono nel ragazzo qualità e numeri e quindi cercano di migliorare da subito il suo

tenore di vita. Una volta a Napoli c’era una società retta da un segretario, Costantino Garofalo, che si preoccupava dell’alimentazione dei giovani calciatori al punto da procurare la classica fettina di carne per migliorare la costituzione di quei ragazzi. Erano gli anni ’60 e quell’uomo, quell’organizzazione erano avanti di almeno vent’anni. In Spagna non è raro trovare ancora oggi questo modo di fare non solo nei

confronti di quei ragazzi che si palesano come promesse del calcio. Tornando a Fabian va detto che un anno, quando giocava nella categoria dei pulcini, mise a segno ben 107 reti frutto del suo andare sempre in avanti perché aveva nel suo dna il gioco moderno, quello che verticalizza la manovra, quello che non ama cincischiare con inutili e pericolosi passaggi laterali, quello che pensa che la partita si vince segnando una rete più degli avversari. Il Napoli e la sfida al Barça La trafila nelle giovanili del Betis e poi l’esordio in prima squadra, l’affermazione, la nazionale under

21 con la vittoria nel Campionato Europeo di categoria ed il Napoli, la squadra nella quale ha giocato il grande Diego Armando Maradona. In Italia Fabian ha dimostrato di poter giocare in più ruoli. Ha messo in mostra un passo, una falcata, una capacità di dribblare rara per un interno di centrocampo. In Spagna questa sua capacità fu misurata in un parallelo con Modric ed il giovane andaluso prevalse sul fuoriclasse croato. Nella partita che il Napoli dovrà giocare con il Barcellona è impensabile che Gattuso lo tenga fuori dall’undici titolare, anzi è augurabile che il tecnico lo utilizzi a ridosso di Mertens per sfruttarne il tiro dalla distanza magari fornendogli un’adeguata copertura con l’arretramento di Callejon. Il giovane Fabian si troverà a giocare contro uno dei suoi maestri, proprio quel Quique Setién, che oggi siede in panca a Barcellona, che fu il suo allenatore nell’ultimo anno al Betis prima del passaggio al Napoli. Fabian Ruiz siamo certi che lo saluterà prima e dopo la partita ma durante il tempo di gioco farà di tutto per dargli un dispiacere, portando il Napoli ai quarti di finale.

66 sabato 8 agosto 2020

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C.C. CAMPC.C. AUCH

PUNTI VEPPAANIA – MARCIANISEHAN GIUGLIANO – GIUGLIAN

NDITA DELLA CAMPANIA:

NO

C.C.C.

A.C. I SANNITI – BENEVENTO.C. LE COTONIERE - FRATTTE.C. LE GINESTRE – VOLLAC C UC

C.C. LA CAC.C. VULCC.C. AUCHC.C. LA BIC.C. NEAPC.C. QUARC.C. MAXC.C. LE POC.C. JAMB T

G UG OARTIERA – POMPEI

CANO BUONO – NOLAHAN MUGNANO – MUGNANRRERIA - NAPOLI

POLIS – NAPOLIRTO NUOVO – QUARTOIMALL – PONTECAGNANO F

ORTE DI NAPOLI – AFRAGOLBO – TRENTOLA DUCENTAA

ATT

O

FAIANOA

C C G SC.C. PEGASO – PAGANIC.C. IL CARRO – PASSO DI MIR

CORSO ITAALIA N.149 - PIANO VIA GIUDICI N.74 - ANGRI (SA)

VIA TESTAA 13/15 - AVVELLINOVIALE LEONARO DA VINCI

A

N.VIA EPOMEO N.205 – NAPOLVIA ROMA 66/68 - AVVERSAVIA DOMITIANA - MONDRAG

RABELLA

DI SORRENTO )

.25/27 – PORTICII

ONE