Indonesia: sei corridoi - Esteri...ri asiatici, un'economia ormai stabilizza-ta e scarsamente...

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ECONOMIA, NORMATIVE, OPPORTUNITÀ E OBIETTIVI ALL’ESTERO PER LE IMPRESE ITALIANE Sommario Anno 7° - 20 giugno 2012 n. 5 Realizzata dal Sole 24 Ore in collaborazione con la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese - Ufficio I - Promozione e coordinamento delle iniziative di internazionalizzazione del Sistema Paese - [email protected] INDONESIA Indonesia: sei corridoi per accelerare la crescita pag 2 Un Masterplan per il prossimo decennio pag 6 Nuovi spazi di mercato per le tecnologie made in Italy pag 13 Beni di consumo: la sfida della distribuzione pag 16 Gli investimenti per oltre 400 miliardi di dollari con l'obiettivo di sviluppare le risorse e le infrastrutture dei sei grandi corridoi di crescita del Paese a pagina 6 Un Masterplan per il prossimo decennio ECONOMIA Ministero degli Affari Esteri Indonesia: sei corridoi per accelerare la crescita Il Governo di Jakarta ha avviato un ambizioso piano di sviluppo che consentirà di valorizzare le immense risorse agricole, minerarie ed energetiche del Paese Bali - Risaie a terrazza

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E C O N O M I A , N O R M A T I V E , O P P O R T U N I T À E O B I E T T I V I A L L ’ E S T E R O P E R L E I M P R E S E I T A L I A N E

Sommario

Anno 7° - 20 giugno 2012

n. 5

Realizzata dal Sole 24 Ore in collaborazione con la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese - Ufficio I - Promozione e coordinamento

delle iniziative di internazionalizzazione del Sistema Paese - [email protected]

INDONESIA

Indonesia: sei corridoi per accelerare la crescita

pag 22

Un Masterplan per il prossimo decennio

pag 66

Nuovi spazi di mercato perle tecnologie made in Italy

pag 1133

Beni di consumo: la sfida della distribuzione

pag 1166

Gli investimenti per oltre 400 miliardi di dollari con l'obiettivo di sviluppare le risorse e leinfrastrutture dei sei grandi corridoi di crescita del Paese

a pagina 6

Un Masterplan per il prossimo decennioECONOMIA

Ministero degli Affari Esteri

Indonesia: sei corridoi per accelerare la crescitaIl Governo di Jakarta ha avviato un ambizioso piano di sviluppo che consentirà

di valorizzare le immense risorse agricole, minerarie ed energetiche del Paese

Bali - Risaie a terrazza

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ESIATra le grandi economie emergenti, l'In-

donesia, quarto Paese del mondo in ter-mini di popolazione, si presenta oggi particolarmente positivo. Non solo ha registrato nel 2011 un tasso di crescitapari al 6,5% ma prevede, nel 2012, difare anche di meglio (secondo le stimegovernative 6,7%, mentre l'ultima revi-sione del FMI ritocca in maniera conser-vativa il tasso al 6,3%). "L'Indonesiapuò!" è la parola d'ordine lanciata dalpresidente indonesiano, Susilo Bam-bang Yudhoyono, sulla scia di uno slo-gan che era già stato di Obama.Ma qual è l'obiettivo? In numeri, il tra-guardo viene indicato in un reddito me-dio annuo pari a 14mila dollari entro il2025 e far diventare l'Indonesia la deci-ma economia mondiale. Che, moltiplica-ti per il numero di abitanti danno una ci-fra superiore a 4mila miliardi di dollari. In termini di 'cose da fare' la sfida è dimettere il Paese nelle condizioni di trar-re pienamente profitto dall'immenso pa-trimonio di risorse di cui dispone: ener-

gie (carbone, gas naturale, petrolio,geotermia), minerali (ferro, oro e rame,nickel, alluminio, stagno), aree agricolee forestali (primo produttore ed esporta-tore di olio di palma e secondo di gom-ma naturale), risorse ittiche (oltre 50mi-la chilometri di coste). Il tutto condensa-to all'interno di un grande piano plurien-nale di sviluppo (MP3I: Masterplan forAcceleration and Expansion of Indone-sian Economic Development).

I vincoli del passato

Come mai tutto questo non è avvenutoprima? I due principali motivi risiedononella geografia del Paese e nella suastoria politica, particolarmente sofferta.L'Indonesia è un arcipelago compostoda diverse grandi isole e migliaia diisole minori (in tutto sono oltre 17mila),con Giava in posizione nettamente do-minante sotto il profilo economico e so-

Composto da circa 17 000 isole, l’Indonesia è il più grande Stato-arcipelago del mondo. Con una popolazione di 238 milioni di abitantinel 2010 è il quarto Paese più popoloso della Terra e il Paese più popoloso a maggioranza musulmana. Nell’immagine un’antica mappa

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ciale. Su un territorio pari a meno dellametà dell'Italia (136mila chilometri qua-drati) Giava ospita oggi una popolazio-ne di 135 milioni di abitanti. È quindi vi-sibilmente sovrappopolata e soffre per-ciò di tutti i problemi tipici delle grandiconcentrazioni urbane a iniziare dallacapitale, Jakarta. È seguita, per rilevanza economica daSumatra (45 milioni di abitanti su unasuperficie di 470mila chilometri quadra-ti), Kalimantan (Borneo sudoccidenta-le), Nuova Guinea (orientale) e Sulawe-si. Sono tutte isole dotate di grandi risor-se naturali che risultano però difficilmen-te accessibili (e quindi non sfruttate) perla mancanza di infrastrutture adeguate.

Il primo obiettivo è la connettività

Di qui la scelta del Governo indonesia-no di concentrare nel prossimo decen-nio gli sforzi di investimento del Paese

verso un obiettivo: la connettività. Chein concreto indica la costruzione di unimpressionante elenco di infrastrutture:porti, strade, ferrovie, centrali elettriche,reti di telecomunicazione che dovrannoconfluire in un numero limitato di poli disviluppo. Va rilevato che la connettività nel casodei trasporti, assume un rilievo strategi-co anche ai fini di consentire, a chi pro-duce nel Paese, di coprire l'insieme delmercato interno, con conseguenti van-taggi in termini di economie di scala e dispecializzazione produttiva.La buona notizia, in questo contesto, èche le disponibilità finanziarie oggi nondovrebbero mancare. Questo per diver-si motivi: uno Stato poco indebitato(26,5% il debito sul PIL a fine 2011), ilforte interesse per le risorse Indonesia-ne di un numero crescente di investito-ri asiatici, un'economia ormai stabilizza-ta e scarsamente dipendente dalla con-giuntura internazionale grazie al formi-dabile motore di crescita rappresentatodalla domanda interna, un clima politico

Il Borobudur, sicuramente il più noto tempio buddhista di Java, si trova nella parte centrale dell'isola a una quarantina di chilometri daYogyakarta. Risale all'800 d.C. circa ed è patrimonio mondiale dell'UNESCO

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ormai stabile e pacifico dopo la difficiletransizione dalla dittatura militare gene-rale Suharto a un sistema democratico.Una convergenza di fattori così favore-vole, probabilmente, non si era mai ve-rificata nel recente passato.

Capitali disponibili con regole trasparenti

Non a caso il titolo del Piano plurienna-le di sviluppo include il termine 'accele-razione'. Come ha più volte sottolinea-to lo stesso Presidente riferendosi allasua Amministrazione "Il nostro principa-le problema non è di trovare i capitali madi riuscire a implementare rapidamentequello che abbiano progettato. E questo

risultato possiamo raggiungerlo solo conun cambiamento di mentalità a tutti i li-velli". Il che significa: riduzione del pe-so della burocrazia, maggiore aperturadel mercato, lotta alla corruzione anco-ra molto diffusa a tutti i livelli, maggioretrasparenza nei comportamenti dell'Am-ministrazione pubblica e delle imprese.E qui entrano in gioco diversi fattori chefinora hanno contribuito a rallentare ilcambiamento. Sono il retaggio del pas-sato che aveva creato nella capitale unsistema di potere chiuso, concentratoattorno a un numero limitato di grandigruppi finanziari e una classe di alti fun-zionari e politici cresciuti all'ombra del-la dittatura. A cui si aggiungono un for-te decentramento di potere a livello lo-cale. E un sistema di partiti basato so-prattutto sulle affiliazioni personali (in-

Popolazione: 237,4 milioni di abitanti (2011)Pil: 847,4 miliardi di dollari (2011)Esportazioni: 203,5 miliardi di dollari (2011)Importazioni: 177,4 miliardi di dollari (2011)Saldo Commerciale: + 26,1 miliardi di dol-lari (2011)Riserve valutarie: 110,1 miliardi di dollari(2011)Carbone: secondo esportatore mondialedopo l'Australia (270 milioni di tonnellate an-no). Riserve* pari a 21 miliardi di tonnellateNickel: terzo esportatore mondiale, riservepari 585 milioni di tonnellate*Bauxite (alluminio): quarto esportatoremondiale. Riserve pari a 648 milioni di ton-nellate*Stagno: secondo produt-tore mondiale con riservepari a 622muila tonnellate*Gas Naturale: 3 miliardidi m3 di riserve*Petrolio: riserve accerta-te per 4 miliardi di barili*

(produzione in declino, ormai un importato-re netto, uscita dall'OPEC nel 2008)Rame: riserve pari a 41 milioni di tonnellate*Minerale di ferro: riserve di minerale pari 382milioni di tonnellate* più 1.585 milioni di ton-nellate di lateriti e sabbie ferroseMarmi e graniti: riserve pari a 154 milionidi tonnellate*Oro: riserve pari a 394 tonnellate*Energia Geotermica: 28mila Megawatt dipotenziale sfruttabile (1.400 MW operativi)Olio di palma: primo esportatore mondiale(22 milioni di tonnellate prodotte nel 2011,di cui 16 milioni esportate)Cacao: secondo produttore mondiale

(770mila tonnellate anno)Gomma naturale: secondoproduttore mondiale dopo laThailandia con una quotapari al 28% del totale mon-diale

* riserve accertate ed estraibili

Il Paese in cifre

Il Monumento Nazionale (Monas)

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cluse 'connessioni' con il potere econo-mico) dei diversi leader a livello locale enazionale. Ma ci sono anche fattori che premono indirezione opposta: sono la crescita di unceto medio di dimensioni rilevanti e diun'opinione pubblica informata. La Ban-ca Mondiale ha stimato che l'espansio-ne del ceto medio indonesiano è statapari al +61,73% nel periodo 2003-2010,passando da 81 milioni a 131 milioni. Eanche l'integrazione dell'economia In-donesiana al processo di crescita asia-tico. Ormai il 54% dell'interscambio delPaese avviene con i Paesi di quest'areadel mondo. Un aspetto questo, che apregrandi opportunità alle élite locali ma im-pone, come contropartita, un abbatti-mento delle protezioni economiche eamministrative. In particolare l'Indone-sia, grazie alle dimensioni del suo mer-

cato e alle risorse di cui dispone, puòpuntare a una posizione di leadershipall'interno dell'area di libero scambio deiPaesi dell'Asia Sudorientale (ASEAN)con oltre 600 milioni di consumatori cheinclude Paesi come Thailandia, Malay-sia, Vietnam, Filippine ecc. L'altra grande sfida che il Governo deveaffrontare, in parallelo con la "connetti-vità" è la riduzione delle grandi disparitàin termini di reddito e di accesso ai ser-vizi sociali iniziando da sanità e istruzio-ne. Oggi, solo la metà della popolazioneha completato il ciclo elementare e laquota in possesso di diploma di scuolasuperiore si riduce all'8 per cento. Ma l'accesso si deve estendere anchealle infrastrutture di supporto (energia,servizi idrici e di smaltimento) tenutoconto del fatto che ormai il 55% dellapopolazione vive in aree urbane.

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Jakarta - Una strada del centro

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Il concetto di "corridoio" è in realtà unafigura complessa che identifica altret-tante aree geografiche (gruppi di isole)individuando, per ognuna di esse, sia leinfrastrutture di collegamento interne edesterne (con il resto del Paese), sia iprincipali poli di sviluppo (le città chia-ve), sia la vocazione produttiva di cia-scuno (all'interno in una ventina di set-tori chiave) tenuto conto delle risorsenaturali disponibili in loco. Con l'indica-zione di quelle che dovranno essere svi-

luppate con un allungamento della ca-tena del valore. Un processo che do-vrebbe assumere dimensioni particolar-mente rilevanti per il settore metallurgi-co, la trasformazione agroalimentare,l'industria forestale, l'attività ittica e l'al-levamento. Per Giava e (in misura mino-re) per Sumatra il programma si esten-de anche alla mobilità interna delle areemetropolitane sovraffollate, al rafforza-mento dell' industria manifatturiera insenso più ampio con particolare riguar-

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Susilo Bambang Yudhoyono è l'attuale Presidente dell'Indonesia dall'ottobre 2004. Il 25 luglio 2009 è stato riconfermato alla caricasino al 2014 con il 60,8% dei voti al primo turno.

Un Masterplan per il prossimo decennio

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Il futuro dell'Indonesia tracciato dal Masterplan voluto da BambangYudhoyono, comporterà investimenti complessivi per oltre 400miliardi di dollari nel prossimo decennio e si articola in sei grandi"corridoi" di crescita

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do all'industria dell'auto e delle due ruo-te, alla filiera tessile, calzaturiera edelettronica nonché ai servizi avanzati(informatica). Da dove verranno i finan-ziamenti?Nelle previsioni del Governo, il contri-buto preponderante dovrebbe esserefornito dai capitali privati con un estesoricorso a diverse formule di Public Pri-vate Partnership. (Gli investimenti pre-visti sono pari a 4.012 trilioni di rupie(468 miliardi USD), di cui il 51% prove-nienti dal settore privato, il 18% dalle im-prese statali, il 10% dal Governo cen-trale e locale e il 21% attraverso lo sche-ma della "Public Private Partnership").Attraverso le stesse formule, lo Stato siassumerebbe l'onere di integrare gli ap-porti di capitale destinati a iniziative conelevato impatto sociale ma prive di unaredditività immediata capace di coprirneinteramente i costi. Non è un'ipotesi irrealistica. La maggiorparte degli interventi identificati dal pia-

no ha solide basi economiche. Il veroostacolo, più che nel reperimento dei ca-pitali, risiede in realtà nella necessità diattuare un'opera di snellimento e razio-nalizzazione di strutture e procedureamministrative e burocratiche che cor-rispondono a logiche di potere e di con-trollo ereditate dal passato. E che han-no contribuito, finora, a rallentare i pro-cessi autorizzativi di numerose iniziati-ve. Si aggiunge la necessità di trovaresoluzioni socialmente sostenibili per l'at-tuazione di interventi che possono ave-re un impatto negativo sull'assetto delterritorio e di chi vi abita. È il caso adesempio di molti progetti in campo mine-rario. In sostanza, efficienza e traspa-renza amministrativa da un lato, e soste-nibilità sociale dall'altro, sono i dueestremi di quella che si prospetta comeuna silenziosa rivoluzione culturale. Daitempi e modi con cui procederà questocambiamento, dipende l'assetto futurodel Paese.

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La Grasberg Mine è la più grande miniera d’oro e la terza più grande miniera di rame della Terra. Si trova nella provincia di Papua, vicinoal Puncak Jaya, la montagna più alta della regione, e ha 19.500 dipendenti

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Sumatra La seconda Isola più popolata del-l'Indonesia è uno dei serbatoi del Paese piùricchi di risorse naturali, con particolare ri-guardo alle piantagioni di palme da olio(70% della produzione indonesiana) e dicacao e alle miniere di carbone. Per quan-to riguarda l'olio di palma, le sfide da affron-tare sono l'aumento della produttività e ilmiglioramento delle infrastrutture di tra-sporto e stoccaggio. Importante anche riu-scire a intervenire con miglioramenti cul-turali (sementi, fertilizzanti, antiparassita-ri) negli appezzamenti dei piccoli proprie-tari (42% della superficie totale dedicata aquesta produzione). Si aggiunge la possi-bilità di un forte sviluppo dell'attività a val-le della raffinazione del prodotto, con laproduzione di detergenti, prodotti oleochi-mici in genere e biocarburanti. Considera-zioni analoghe valgono per la gomma, do-ve gli spazi per un aumento di produttività(e una razionalizzazione dei livelli di inter-mediazione commerciale) sono anche

maggiori. Da rilevare che in questo setto-re l'85% della produzione viene esportatasotto forma di gomma naturale mentre esi-ste lo spazio per una crescita dell'industriaa valle a iniziare dalla produzione di latti-ce concentrato per seguire con l'industriadei pneumatici e di altri prodotti in gomma(dai guanti ai materassi). Diversa la situa-zione nel settore carbonifero. A Sud di Su-matra sono localizzate riserve totali valu-tate in 52 miliardi di tonnellate, pari a unquarto del totale indonesiano. Ma la pro-duzione, pari a circa 20 milioni di tonnella-te anno, copre solo il 10% del totale nazio-nale. In parte il dato è imputabile al minorrendimento calorico rispetto al carbone delBorneo, in parte alla mancanza di adegua-te infrastrutture di trasporto. Ma un possi-bile e importante sbocco viene individua-to in un maggiore utilizzo in loco per la pro-duzione di energia. E questo è anche unodei capitoli più rilevanti, in termini di inve-stimenti previsti (quasi 15 miliardi di dolla-

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Sumatra è la sesta isola più estesa del pianeta, con una superficie di circa 470.000 km² ed è la terza isola più grande dell'arcipelagoindonesiano dopo Nuova Guinea e Borneo. Nell’immagine un’antica mappa francese

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ri) nei piani pluriennali del Governo di Gia-karta. Si aggiungono l'ampliamento e laconnessione delle reti stradali e ferrovia-rie interne all'isola con investimenti previ-sti per 17 miliardi di dollari. In fase di stu-dio avanzato anche un'opera particolar-mente ambiziosa che prevede la costruzio-ne di un ponte stradale e ferroviario in trediverse campate che attraverserà le isoledi Prajurit, Sangiang, e Ular sullo Strettodella Sonda collegando per la prima voltavia terra, Sumatra con Giava (15 miliardidi dollari). Sul piano industriale il programma preve-de lo sviluppo dell'attività siderurgica a val-le dei giacimenti di ferro localizzati nell'Iso-la, a Cilegon (5,7 miliardi di dollari). In par-ticolare Posco (Corea del Sud) in joint ven-ture con gruppo statale indonesiano Kra-katau Steel ha avviato la costruzione, perfasi successive di un polo siderurgico cheavrà a regime una capacità annua pari a 9milioni di tonnellate per un investimentosuperiore ai 6 miliardi di dollari. Nella stes-sa località dovrebbe sorgere anche un al-tro gruppo locale con un impianto da500mila tonnellate annue per la produzio-ne di billette. Rientra infine in un capitoloseparato lo sviluppo del megagiacimento

di gas naturale di Natuna al largo di Suma-tra (Isole Riau) con riserve pari a 6,3 mi-liardi di m3 di gas di cui solo una parte (cir-ca 1,3 miliardi) attualmente estraibili inquanto la parte restante presenta una ec-cessiva concentrazione di anidride carbo-nica. Il giacimento contiene anche 222 mi-lioni di tonnellate di petrolio.

Giava Per Giava, l'isola in cui è concentra-ta la maggior parte dell'attività manifattu-riera e di servizi del Paese, le ambizioni delGoverno sono elevate: l'obiettivo è di se-guire l'esempio di altre Nazioni asiatichecome la Malaysia o Singapore puntando suproduzioni a maggiore valore aggiunto,servizi evoluti e attività connesse a quellache oggi viene definita come "economiadella conoscenza". Resta però molto dafare. Non solo permangono forti disparitàtra le diverse Province dell'Isola, ma le in-frastrutture di collegamento interne in par-ticolare lungo la costa settentrionale, sonoinsufficienti. Mentre quelle interne allemaggiori aree metropolitane sono crudel-mente inadeguate rispetto al carico demo-grafico e di mobilità da cui sono gravate.Sono anche sottoposte a periodici allaga-menti provocati dalle piogge.

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Su un territorio pari a meno della metà dell'Italia (136mila chilometri quadrati) Giava ospita oggi una popolazione di 135 milioni di abitanti. Nell’immagine un’antica mappa olandese dell’isola

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Il problema investe in particolare, la co-siddetta Grande Jakarta (Jabodetabek)che copre tre Province con una popola-zione valutata in 12 milioni di persone eun reddito medio (oltre 5mila dollari an-nui) nettamente superiore a quello delresto del Paese. Il Piano pluriennale prevede, per l'interaarea, la realizzazione di un sistema dimetropolitane e treni suburbani, l'amplia-mento dell'aeroporto internazionale e ilsuo collegamento con la città tramite mo-norotaia, la costruzione di un nuovo por-to e l'ampliamento di quello esistente, lacostruzione di strade a scorrimento ve-loce con diversi tunnel e viadotti, il po-tenziamento del sistema di approvvigio-namento idrico e delle reti di depurazio-ne e smaltimento dei residui urbani, l'ar-ginamento dei fiumi che attraversanol'area e la costruzione o ampliamento didiversi poli logistico industriali, per un in-vestimento totale nell'ordine dei 35 mi-liardi di dollari. In parallelo dovrebbe pro-cedere il potenziamento della rete ferro-viaria e stradale esistenti.

Kalimantan All'Indonesia appartiene lamaggior parte dell'Isola del Borneo, chia-mata Kalimantan. È il territorio più ricco dirisorse minerarie e naturali del Paese. Inparticolare il 50% del Pil di Kalimantan de-riva dall'estrazione di petrolio e gas natu-rale (esportato sotto forma di gnl) per quan-titativi attorno agli 800mila barili al giorno.È però un dato in declino e il motivo risie-de nel forte rallentamento dell'attività diesplorazione nel corso del decennio pre-cedente a fronte del graduale declino deigiacimenti in produzione. Uno degli obiet-tivi strategici mai abbandonati quindi, è diriportare la produzione al di sopra del mi-lione di barili con il rilascio di nuove licen-ze per l'esplorazione di giacimenti in acqueprofonde e la valorizzazione delle impor-tanti riserve di bed coal methane, cioè ilgas naturale 'intrappolato’ in scisti carbo-niferi. In entrambi questi settori è attivol'ENI, sia direttamente che tramite il con-sorzio VICO (50% ENI, 50% BP). Nel Ka-limantan è localizzato anche il 50% delleriserve carbonifere del Paese. Ed è carbo-ne ad alto tenore calorico. Nel settore so-

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Il Borneo (in indonesiano Kalimantan) è un'isola di 743.107 km², la terza isola del mondo per superficie e la maggiore dell'arcipelagoindonesiano. Nell’immagine, una mappa olandese del 1660

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no presenti i maggiori operatori australia-ni e indiani del settore accanto ai gruppi lo-cali e alla BP. È da qui che ENEL si ap-provvigiona del 40% del suo fabbisognocomplessivo. La sfida è rappresentata dal-la costruzione di nuove infrastrutture, inparticolare ferrovie, per consentire lo sfrut-tamento dei giacimenti localizzati all'inter-no. Secondo valutazioni del Ministero del-le Risorse Minerarie e dell'Energia, unavolta realizzati, i progetti individuati (per unvalore che supera i 18 miliardi di dollari)consentirebbero di sestuplicare la produ-zione attuale che ammonta a 325 milionidi tonnellate, di cui 265 milioni esportati eil resto consumato in loco per la produzio-ne di energia e l'industria siderurgica. Unavolta avviati, i progetti di espansione del-l'industria mineraria richiederanno ancheil potenziamento dell'intera rete portuale. Altra risorsa strategica di Kalimantan so-no i giacimenti di minerali di ferro, che co-prono l'84% delle riserve del Paese. Losviluppo previsto è quello di un allunga-mento della catena del valore con la pri-ma trasformazione del minerale (pellet eferro pre-ridotto) e la costruzione di nuo-ve acciaieria a ciclo integrato con investi-menti pari a 3,7 miliardi di dollari. Va rile-vato che la capacità di produzione delPaese ammonta a poco più di 5 milioni ditonnellate anno, perciò il Paese, con con-sumi ancora bassi, ma comunque attor-no a 11 milioni di tonnellate annue, in co-

stante crescita (+ 10% annuo), è impor-tatore netto in questo settore. Di grande rilevanza anche le riserve el'estrazione di bauxite, il minerale di baseper la produzione di alluminio. Gli interven-ti programmati mirano a sviluppare l'inte-ro settore "downstream" con nuovi impian-ti per la produzione di allumina, alluminioprimario e semilavorati e investimenti pre-visti pari a 13 miliardi di dollari. Da rileva-re il forte interesse per il settore espressoda investitori indiani e dei Paesi del Golfo.Nel campo dell'olio di palma la situazioneè analoga a quella di Sumatra con la diffe-renza che i recuperi di produttività possi-bili con un miglioramento delle tecnichecolturali e delle infrastrutture di trasportodel prodotto, sono ancora superiori (attor-no al 47%). Infine le foreste: le aree coin-volte ammontano a 42 milioni di ettari di cuisolo 15 milioni sono sfruttate come forestecoltivate. Anche questo settore, monopo-lizzato, sotto il profilo commerciale da unnumero limitato di operatori, è aperto adampi spazi di razionalizzazione sia sotto ilprofilo delle politiche forestali, che degli in-terventi infrastrutturali per il trasporto deimateriali. Kalimantan, infatti, ancora più diSumatra per la sua stessa configurazionegeografica ha bisogno di nuove strade e diferrovie. Gli investimenti previsti in questidue settori sono considerevoli: ammonta-no complessivamente a quasi 6 miliardi didollari.

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Un camion attraversa una piantagione di palme da olio nella provincia del Kalimantan Centrale. Negli ultimi 10 anni, in Indonesia lasuperficie dedicata a questa tipologia di coltivazione è circa triplicata

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Sulawesi Conosciuta anche come Cele-bes l'Isola, con una superficie di 174mi-la m2 e 15 milioni di abitanti, è il mag-gior produttore di mais e cacao (63% deltotale nazionale) nonché la produzionedi riso. Su queste basi il programma delGoverno di Jakarta è di rafforzare que-sta vocazione trasformando l'Isola inuno dei maggiori 'granai’ dell'Asia sudo-rientale puntando non solo sul mercatointerno, ma anche sul crescente fabbi-sogno della Cina. In questa prospettivaresta ancora molto da fare per aumen-tare la produttività delle coltivazioni conuso di sementi migliori, fertilizzanti, an-tiparassitari ecc. Eccezionali anche lerisorse ittiche sia per quanto riguarda lapesca in mare che l'acquacultura (gam-beri). In questo caso gli investimenti pre-visti sono soprattutto nelle fasi di lavo-razione del prodotto e nei porti dedica-ti. L'isola copre anche il 60% della pro-duzione indonesiana di ferronickel cheviene prevalentemente esportato inquanto nel Paese non esistono industriedi raffinazione del prodotto. Una lacunaquesta che il Governo prevede di col-mare con investimenti, in grande preva-lenza privati, che, congiuntamente al-l'espansione dell'attività estrattiva, do-vrebbero raggiungere un valore com-plessivo di 10 miliardi di dollari.

Bali e Isole Nusa Tenggara È il corridoioche ha sviluppato nel tempo una forte at-trattività turistica del Paese con quasitre milioni di arrivi annui. E il turismo èanche il settore in cui il Governo di Ja-karta prevede di concentrare l'afflusso dicapitali nei prossimi anni accanto all'al-

levamento (soprattutto bovini) e alla pe-sca. Includendo anche le infrastrutture(strade, aeroporti e ferrovie) il valore ag-gregato degli investimenti identificati perlo sviluppo di questo corridoio ammon-ta a poco meno di 5 miliardi di dollari.

Irian Jaya (Papua) e Isole Molucche È all'In-donesia che appartiene la parte occiden-tale della Nuova Guinea e che gli Indone-siani chiamano Irian Jaya.Analogamente a Sulawesi, il territorio hauna forte vocazione agricola e nell'area diMerauke il Governo di Jakarta punta ora asviluppare un forte polo di produzioni inten-sive su scala industriale (con un modelloquindi diverso dalla piccola proprietà pre-valente in altre zone del Paese) su una su-perficie di 1,2 milioni di ettari. Le coltivazio-ni previste sono riso, mais, canna da zuc-chero, soya, topinambur in aggiunta all'al-levamento. A Papua sono localizzate an-che le maggiori risorse indonesiane di ra-me che peraltro sono reperibili anche in al-tre isole dell'arcipelago (Sumatra, Giava,Nusa Tenggara, Sulawesi). Attualmentenel Paese opera però solo un impianto in-tegrato per la raffinazione del minerale ela produzione di catodi, localizzato a Gia-va. Altri dovrebbero sorgere nei prossimianni a Sulawesi, Kalimantan e anche a Pa-pua a Timika. Nell'Isola ci sono anche im-portanti giacimenti di nickel. Molto elevatoil potenziale ittico delle Molucche ricche dispecie pregiate, incluse aragoste, valuta-to in 1,6 milioni di tonnellate annue che pe-rò è sfruttato solo in minima parte per man-canza di strutture adeguate. In fase inizia-le lo sfruttamento dei giacimenti di petro-lio e gas.

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Il Piano pluriennale di sviluppo indonesia-no, in concomitanza con i sei corridoi geo-grafici di sviluppo identifica anche le filie-re produttive che dovranno trainare la cre-scita del Paese. L'elenco include, eviden-temente, tutti settori cosiddetti "resourcebased" cioè basati sulla valorizzazionedelle risorse del Paese: quindi l'intera fi-liera agroalimentare, l'industria metallur-gica, la petrolchimica, la filiera del legnoe dell'arredamento nei quali la disponibi-lità di materie prime costituisce di per sé

un vantaggio competitivo. Si aggiungonole attività indotte dagli investimenti previ-sti, quindi l'industria delle costruzioni e deimateriali edilizi, l'impiantistica civile, lacantieristica navale e l'industria dei mez-zi di trasporto. E le filiere tradizionali del-l'export indonesiano (tessile/abbigliamen-to, calzature, elettronica). L'intero conte-sto ripropone quindi l'Indonesia come unmercato di grande potenzialità per l'insie-me della meccanica strumentale italiana.Non è un fatto interamente nuovo.

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Nuovi spazi di mercato per le tecnologie made in Italy

SBOCCHI E OPPORTUNITÀ

La partita con i macchinari "made in China" si gioca su affidabilitàe performance delle macchine italiane. E le aziende italianepresenti nel Paese dimostrano che la sfida si può vincere

Nei cataloghi i nomi sono quasi tutti italiani an-che se un po' storpiati: Donatelo (con una ellesola), Bronzo Fantastico, Giallo Siena senzatralasciare l'immancabile Bianco Carrara per fi-nire con il… Pelato Rosa. Sono le diverse qua-lità di marmo attualmente proposte dai produt-tori Indonesiani provenienti da decine di giaci-menti localizzati a Sulawesi. Un tempo (anni90) le macchine per l'estrazione in cava (quan-do non si usava la dinamite), il taglio dei bloc-chi e la successiva lavorazione erano in granparte Made in Italy. Se ne esportavano alme-no un'ottantina ogni anno. Non è più esatta-mente così: come in altri settori, crisi asiatica,numerosi fallimenti di aziende troppo audaci,sbarco dei produttori (copiatori) cinesi di mac-chinari e ricambi low cost hanno comportato uncambio di scenario. Oggi il mercato dei mate-riali edilizi è in netta ripresa, ma la mag-gior parte dell'import dimacchine per la lavorazio-ne lapidea (inclusi materia-li di consumo, come le se-ghe diamantate) provienedall'Asia: Taiwan, Cina. Eper alcune tipologie più

semplici (macchine da cava) sono anche pro-dotte localmente. Il "Made in Italy" è ancora lar-gamente presente sul mercato dell'usato (an-che perché a le macchine italiane resistono neltempo meglio di quelle Made in Taiwan) ma suquello del nuovo è confinato ad alcune nicchiea maggiore valore aggiunto: "Sono soprattut-to macchine a controllo numerico a 5 assi, tor-ni per la lavorazioni di colonne e così via", spie-ga Giuseppe Fardella, titolare di un'aziendache rappresenta in Indonesia diverse societàitaliane. E aggiunge: "Contrastare la suprema-zia cinese su questo mercato non è facile inmancanza di una forte presenza sul posto. Lemacchine italiane sono indubbiamente più af-fidabili, ma occorre tenere presente che buo-na parte del settore del marmo è in mano allecomunità cinese e che con la Cina esiste or-

mai un redditizio mercato perl'esportazione di blocchi checonsente ai produttori indo-nesiani di finanziare il rinno-vo del parco macchine conun'operazione di counter-trade sulla base di contratti pluriennali".

I produttori di marmo parlano ancora in italiano

Una cava di marmo a Maros, nel sud di Sulawesi

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Lezioni del passato

Già negli anni '90 i produttori italiani dimacchine tessili, per la lavorazione dellegno, del cuoio, del marmo e per indu-stria alimentare avevano avuto un facilemercato in quella che già allora si avvia-va a essere una "powerhouse" economi-ca. Erano tempi in cui assieme ai produt-tori tedeschi, giapponesi e sudcoreanidominavano il mercato. Da allora sonoaccadute molte cose: nel decennio suc-cessivo la crisi asiatica e la svalutazionedella rupia hanno messo in ginocchio laprima generazione di aziende indonesia-ne nei settori dell'abbigliamento e calza-ture, tessile, elettronica, materiali costru-zione, beni di largo consumo. Si sono ag-giunti, successivamente, lo sbarco inmassa di fornitori cinesi e taiwanesi conun'offerta di beni e macchinari a bassocosto e la concorrenza della stessa Cinanei settori trainanti dell'export indonesia-no (abbigliamento, calzature, apparec-chiature elettroniche ecc).Ora la bilancia, per molti aspetti si sta rie-quilibrando. La filiera dell'abbigliamentoindonesiana e quella calzaturiera sono infase di rilancio su più fronti: da un latomolte multinazionali asiatiche (giappone-si, sudcoreane ma anche ….cinesi) stan-no ritornando a investire nel Paese dove

ormai i costi e la reperibilità della mano-dopera sono nettamente inferiori a quel-li della Cina. Dall'altro, con un'economiain netta ripresa, lo stesso mercato indo-nesiano appare in forte crescita. C'è quin-di una conseguente ripresa degli investi-menti sia in queste che in altre filiere(elettronica, industria dell'auto e dellemoto e altro).

Segnali di disaffezione per il “made in China"

Questi cambiamenti offrono al SistemaItalia della meccanica strumentale nuo-ve opportunità, ma in un contesto diver-so, che richiede anche un riposiziona-mento dell'offerta, per recuperare unmercato che ora è tornato a crescere.Puntando su macchine di elevata affida-bilità e durata (punto debolissimo, alme-no per ora, del 'Made in Chinà) e in gra-do di effettuare lavorazioni specializzatee ad alto valore aggiunto. Accompagna-te da livelli adeguati di servizio pre e po-stvendita. È una partita ancora tutta dagiocare. Ma i segnali che provengono daipochi 'player' italiani che hanno continua-to a frequentare il Paese dicono che nevale la pena.

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IALa forza lavoro in Indonesia è mediamentepiù giovane (28 anni) rispetto alla Cina (35 an-ni), e anche il costo nettamente inferiore. Il sa-lario minimo legale varia a seconda delle lo-calità e va da 675 mila rupie nel centro di Gia-va (75 dollari) a 1.290.000 rupie a Jakarta(142 dollari) e quello effettivo non è molto su-periore (attorno al 10/15 per cento in più). Perpersonale esperto si può salire del 30% cir-ca. I contributi sociali obbligatori(Jamsostek) sono parial 7%. La settimana la-vorativa è di 40 ore e glistraordinari si pagano,

mediamente, il doppio. In caso di licenzia-mento il dipendente ha diritto a un'indennitàpari a un mese per ogni anno lavorato e in al-cuni casi (lavoratori più anziani) a una buo-nuscita supplementare. I compensi cresconorapidamente quando si risale la gerarchiaaziendale: per un manager senior bisognacalcolare almeno 3mila dollari al netto di be-

nefit diversi e ancheper un tecnico di fab-brica esperto difficil-mente si scende al di-sotto dei 1.300 dolla-ri.

Costo del lavoro: Indonesia in vantaggio sulla Cina

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È il caso ad esempio della Sacmi (mac-chine per la ceramica e per il packagingalimentare) che presidia l'intero ciclo del-l'industria della ceramica (dalla prepara-zione dei materiali al prodotto finito) e chein Indonesia ha aperto anche una picco-la fabbrica per la produzione di stampitamponi e materiali di consumo con 50operai (quest'anno festeggia il decimo an-niversario). Da un paio di anni Sacmi ri-leva una significativa ripresa degli investi-menti su quello che resta il primo merca-to di piastrelle e materiali da costruzionedell'intero sudest asiatico con una lungatradizione nel settore. "Certo, la concor-renza cinese si fra sentire e incide suimargini con cui operiamo e che non pos-sono essere più quelli del passato. Ma perinvestitori che puntano sulla qualità delprodotto, le nostre macchine sono anco-ra il punto di riferimento", spiega LucaFerraris, manager del gruppo che seguel'intero mercato del Sudest asiatico.Considerazioni analoghe valgono per lacremonese Ocrim, azienda leader a li-vello internazionale nella filiera degli im-pianti per molini, il cui sbarco in Indone-sia risale agli anni '70, che le ha consen-tito di stabilire rapporti consolidati di for-nitura con i maggiori gruppi industriali cheoperano nel Paese nel comparto agroa-limentare, da Salim (e la sua controllataBogasari). Le nuove opportunità, nel set-

tore delle produzioni alimentari nasconoda un duplice movimento: l'aumento deiredditi nel Paese e quindi della spesa ali-mentare della popolazione e la visibile in-sufficienza di un'adeguata offerta localedi prodotti: nei supermercati indonesianisi trovano acque minerali, succhi di frut-ta e prodotti al cioccolato importati (an-che dall'Italia). Ed è un paradosso in unPaese che non manca certo di fonti di ac-qua, produzioni frutticole e che è ancheil primo produttore mondiale di polvere dicacao. Paradosso che il Governo indone-siano ha peraltro identificato e che si pro-pone di superare con il Piano plurienna-le di sviluppo avviato nel 2011 in cui so-no identificate le aree dove concentrarelo sviluppo dell'industria alimentare, do-tandole delle necessarie infrastrutture:strade, centri di stoccaggio, industrie tra-sformatrici, porti e collegamenti per unrapido invio dei prodotti. Tradotto in ter-mini di potenzialità di mercato per leaziende italiane, l'intero scenario propo-ne un ampio spazio per la fornitura di ca-tene del freddo, macchine per imbottiglia-mento e packaging, impianti per panifica-zioni, prodotti da forno e paste alimenta-ri il cui consumo in Indonesia è in costan-te crescita con 'noodles' e altri formati abase di grano ma anche tapioca, riso ealtri cereali spesso in abbinamento conspezie che caratterizzano il prodotto.

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I classici intingoli indonesiani che vengono serviti con il riso

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Abitanti: 237,6 milioni. Ma quanti sono ipotenziali consumatori? La Nomuragiapponese due anni fa quantificava ildato in 50 milioni di appartenenti allamiddle class, cioè persone con redditoannuo pari ad almeno 3mila euro. Manel 2014 dovrebbero essere 150 milio-ni e oggi siamo a mezza strada. Come raggiungere queste persone? Di-pende evidentemente dai prodotti, maper quelli di fascia alta (abbigliamento,calzature, elettrodomestici, arredo) la

strada maestra è rappresentata dai cen-tri commerciali e da 160 hyper e 1080supermercati che coprono tutti i maggio-ri centri urbani. Diverso il discorso per i prodotti da ban-co: dalle creme e cosmetici, alle bibite,conserve, biscotti e prodotti da forno,dolciumi gelati (quando esistono i ban-chi refrigerati). Qui il campo si allargacon l'aggiunta dei cosiddetti minimarket,circa (più di 13 mila) punti vendita, mo-nopolizzati in gran parte da due grandi

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RETE COMMERCIALE

Beni di consumo: la sfida della distribuzionePer i prodotti di alta gamma il canale privilegiato è quello dellagrande distribuzione. Per il largo consumo occorre puntare suorganizzazioni agili in grado di coprire un territorio vasto e differenziato. L'esempio di Perfetti Van der Melle dimostra che la sfida si può vincere

Qualsiasi attività economica svolta in Indone-sia (inclusi uffici di rappresentanza) è sottopo-sta alla tassazione sui redditi societari. L'ali-quota è del 25% ma si riduce del 50% per i pro-fitti pertinenti alle quote di fatturato che supe-rano i 4,8 miliardi di rupie, del 30% per inve-stimenti effettuati in attività e/o aree il cui svi-luppo è promosso dal Governo e del 5% perle società quotate. I benefit per i dipendenti ingenere non sono detraibili. Le perdite posso-no essere riportate in bilancio fino a un mas-simo di 5 anni. Poco conveniente la co-stituzione di filiali di socie-tà estere, sottoposte a unaddizionale del 20% sui ri-cavi netti. L'IVA è pari inmedia al 10%, ma sonoesenti diverse categorie dibeni strumentali importati.Esenti anche numerosi ser-

vizi (leasing, attività mediche, di formazioneecc.). In cambio alcuni servizi (soprattuttocommerciali turistici) sono sottoposti a tassa-zione locale, in genere nell'ordine del 10%.Su alcuni beni di lusso (dai profumi alle autoe moto di grossa cilindrata) è prelevata unatassa sulle vendite che può variare dal 10 al75%. I redditi individuali, a partire da 15,8 mi-lioni di rupie annue (1.780 dollari) sono sotto-posti a tassazione progressiva che va da un

minimo del 5% a un mas-simo del 30% per la quo-ta di reddito che supera500milioni di rupie(54mila dollari). Il per-sonale espatriato cherisiede in Indonesiaper oltre 183 giorni al-l'anno è sottoposto atassazione locale.

Fiscalità favorevole per gli investitori esteri

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catene, Alfamart e Indomart a cui si ag-giunge un numero più ridotto di conve-nience store con un format sostanzial-mente analogo (orario prolungato, pro-dotti essenziali, superficie nell'ordine dei100/300 m2). Poi c'è l'immensa platea della cosiddet-ta distribuzione informale con 2,5 milio-ni di negozi di diverse dimensioni. Irraggiungibili? Non proprio. Chi si è at-trezzato molto bene, oltre alle solite Co-ca Cola, Unilever e Nestlé, è anchel'italiana Perfetti Van der Melle, leaderdi mercato per le gomme da masticaree collocata nel gruppo di testa anche conle caramelle. Il Gruppo opera nel Paese

con due stabilimenti a Jakarta. Ma nelPaese arriva dappertutto grazie a unarete di 300 rappresentanti di zona e di1.200 venditori che coprono il Paese inmotocicletta con un sistema analogo aquello che in Italia è conosciuto come'tentata vendita’. I numeri ci sono: oltre 100 milioni di eu-ro di fatturato in Indonesia senza conta-re le vendite su altri mercati Asean: Fi-lippine, Thailandia, Malaysia. Un esem-pio da imitare, con merendine, biscotti esoprattutto prodotti a base di cacao: gliIndonesiani sono golosissimi di ciocco-lato, con il consumo pro capite più altodell'Asia.

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Newsletter quindicinale Realizzata dal Sole 24 Ore in collaborazione con la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese Ufficio I - Promozione e coordinamento delle iniziative di internazionalizzazione del Sistema Paese – [email protected] www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Imprese

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Un minimarket della catena Alfamart

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