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1 INDICE L’acquisto di beni e servizi da parte degli Enti Territoriali diversi dallo Stato Avv. Giancarlo ASTEGIANO – Consigliere – Sezione Giurisdizionale Corte dei Conti Regione Piemonte Pag. 2 Un’impostazione giuridica dei Servizi Sociali Prof. Franco GABOARDI – Docente Diritto Amministrativo dei Servizi Sociali – Università di Torino Pag. 14 La riscossione delle Entrate e dei Tributi Comunali – Il ricorso alle Società di Recupero Crediti – Aspetti di illegittimità Avv. Giovanni MONTACCINI – Dott. Roberto DEL FIACCO – Comitato Scientifico CSA Pag.22 Gli affidamenti a trattativa privata – Le spese in economia – Le convenzioni CONSIP ed i Servizi Pubblici Locali Segretario Provinciale Edoardo SORTINO – Provincia di Torino Pag. 52 La chiusura delle buste nelle gare di appalto: sigillatura, controfirma e timbratura Dott. Umberto BERTOLI – Ufficio Appalti – Provincia di Alessandria Pag.75 Lavori pubblici e ditte extracomunitarie Dott. Sergio BOSCHERO – S.C. Tecnico – Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle Cuneo Pag.77 Analisi dei reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale alla luce della Direttiva 2004/18/CE Avv. Graziella SALOMONE – Ufficio Legale – Comune di Collegno –TO Dott.ssa Donata RANCATI – Settore LL.PP. Responsabile Procedure Amministrative – Comune di Collegno Dott.ssa Laura SORTINO – Responsabile Entrate Tributarie – Comune di Collegno Dott.ssa Maria Assunta Petrozzino – Diorigente Settore Finanziario – Comune di Collegno Pag.81 Affidamento incarichi di consulenza da parte della P.A. – Ambito di applicazione ed esclusioni alla luce della L. 30.12.2004, n.311 (Finanziaria 2005) Dott.ssa Claudia LOMORO – Posizione Organizzativa del Settore Forniture Beni del Comune di Torino Pag.102 Il divieto di rinnovo dei contratti delle Pubbliche Amministrazioni per acquisti e forniture di beni e servizi Dott.ssa Marcella CUSIMANO – Area Patrimonio – Sezione Appalti – Università di Torino Pag.106 Legge 22 febbraio 2001, n.36 Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici Pag.110 DPCM 8 luglio 2003 – Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti. Pag.123 Legge Regione Piemonte 3 agosto 2004, n.19 Nuova disciplina regionale sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici Pag.130 Deliberazione Giunta Regione Piemonte 5 settembre 2005 n.16-757 e relativa “Direttiva Tecnica in materia diu localizzazione degli impianti radioelettrici, spese per le attività istruttorie e di controllo, redazione del regolamento comunale, programmi localizzativi, procedure per il rilascio delle autorizzazioni e del parere tecnico” Pag.138 Ministero delle Telecomunicazioni – Decreto 11 novembre 2005 Regole tecniche relative agli impianti condominiali centralizzati d’antenna riceventi del servizio di radiodiffusione. Pubblicazione bilanci Enti Pag.150 Pag. 152 Iniziative e comunicazioni CSA Pag. 158

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INDICE

L’acquisto di beni e servizi da parte degli Enti Territoriali diversi dallo StatoAvv. Giancarlo ASTEGIANO – Consigliere – Sezione Giurisdizionale Corte dei Conti RegionePiemonte

Pag. 2

Un’impostazione giuridica dei Servizi SocialiProf. Franco GABOARDI – Docente Diritto Amministrativo dei Servizi Sociali – Università di Torino Pag. 14

La riscossione delle Entrate e dei Tributi Comunali – Il ricorso alle Società di Recupero Crediti –Aspetti di illegittimitàAvv. Giovanni MONTACCINI – Dott. Roberto DEL FIACCO – Comitato Scientifico CSA Pag.22

Gli affidamenti a trattativa privata – Le spese in economia – Le convenzioni CONSIP ed i ServiziPubblici LocaliSegretario Provinciale Edoardo SORTINO – Provincia di Torino Pag. 52

La chiusura delle buste nelle gare di appalto: sigillatura, controfirma e timbraturaDott. Umberto BERTOLI – Ufficio Appalti – Provincia di Alessandria Pag.75

Lavori pubblici e ditte extracomunitarieDott. Sergio BOSCHERO – S.C. Tecnico – Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle Cuneo Pag.77

Analisi dei reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale alla luce della Direttiva2004/18/CEAvv. Graziella SALOMONE – Ufficio Legale – Comune di Collegno –TODott.ssa Donata RANCATI – Settore LL.PP. Responsabile Procedure Amministrative – Comune diCollegnoDott.ssa Laura SORTINO – Responsabile Entrate Tributarie – Comune di CollegnoDott.ssa Maria Assunta Petrozzino – Diorigente Settore Finanziario – Comune di Collegno

Pag.81

Affidamento incarichi di consulenza da parte della P.A. – Ambito di applicazione ed esclusioni allaluce della L. 30.12.2004, n.311 (Finanziaria 2005)Dott.ssa Claudia LOMORO – Posizione Organizzativa del Settore Forniture Beni del Comune diTorino

Pag.102

Il divieto di rinnovo dei contratti delle Pubbliche Amministrazioni per acquisti e forniture di beni eserviziDott.ssa Marcella CUSIMANO – Area Patrimonio – Sezione Appalti – Università di Torino

Pag.106Legge 22 febbraio 2001, n.36 Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici,magnetici ed elettromagnetici Pag.110

DPCM 8 luglio 2003 – Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi diqualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici allafrequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti. Pag.123

Legge Regione Piemonte 3 agosto 2004, n.19 Nuova disciplina regionale sulla protezione dalleesposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici Pag.130

Deliberazione Giunta Regione Piemonte 5 settembre 2005 n.16-757 e relativa “Direttiva Tecnica inmateria diu localizzazione degli impianti radioelettrici, spese per le attività istruttorie e di controllo,redazione del regolamento comunale, programmi localizzativi, procedure per il rilascio delleautorizzazioni e del parere tecnico” Pag.138

Ministero delle Telecomunicazioni – Decreto 11 novembre 2005 Regole tecniche relative agli impianticondominiali centralizzati d’antenna riceventi del servizio di radiodiffusione.

Pubblicazione bilanci Enti

Pag.150

Pag. 152

Iniziative e comunicazioni CSA Pag. 158

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L’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI DA PARTE DEGLI ENTI TERRITORIALI DIVERSI DALLO STATO*

Avv. Giancarlo Astegiano

Consigliere – Sezione Giurisdizionale Corte dei Conti Regione Piemonte

1) Introduzione

2) L’acquisto di beni e servizi: dal Regolamento di contabilità alla normativa europea

3) Acquisto di beni e servizi e finanza pubblica: l’intervento dello Stato

4) (segue): questioni applicative rispetto agli enti territoriali

5) (segue): l’e-procurement

6) La riforma del titolo V, parte II della Costituzione e i poteri di organizzazione degli enti territoriali

7) Acquisti degli enti territoriali e regime della responsabilità

1) Introduzione

Tradizionalmente, l’acquisto di beni e servizi1 da parte dello Stato e degli altri enti territoriali è stato

disciplinato e studiato all’interno della contabilità pubblica, tant’è che per molto tempo la fonte primaria è stata la

legge di contabilità di Stato e nel regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale

dello Stato2.

Il processo di riforma della pubblica amministrazione che, a partire dall’inizio degli anni novanta del secolo

appena terminato, ha ampliato la sfera dell’azione amministrativa disciplinata da istituti che si ispirano al diritto

privato, da un lato, e l’influsso che ha esercitato la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, dall’altro,

hanno profondamente mutato il quadro di riferimento.

Riguardo all’attività contrattuale degli enti locali da ultimo, l’art. 192 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo

unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) disciplina le modalità e le attività che devono precedere la

conclusione del contratto stabilendo che il responsabile del procedimento di spesa debba adottare apposita

“determinazione” che precisi quale sia il fine che il contratto intende perseguire, l’oggetto del contratto e

l’indicazione delle clausole ritenute essenziali e “le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni

vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base”3.

Risulta, quindi, che anche nell’organizzazione degli enti pubblici territoriali4, ogni potere in ordine alla

conclusione dei contratti, ivi compresi quelli diretti all’acquisto di beni e servizi, spetta al funzionario responsabile

del procedimento e non agli organi elettivi i quali potranno, ed anzi dovranno, preliminarmente, approvare gli

indirizzi ed i programmi.

L’altro aspetto, di fondamentale importanza, riguarda l’influsso esercitato dalla normativa comunitaria che, nel

settore degli appalti in generale, è stato ed è tuttora estremamente rilevante.

1 In generale sui contratti pubblici: MASSERA, I contratti, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese,vol. II, II ed., Milano, 2003, 1547.In merito ai contratti degli enti territoriali: STADERINI, FRANCO, ZAMBARDI, I contratti degli enti locali, Padova,2000.2 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e R.D. 23 maggio 1924, n. 8273 Per un commento analitico riguardo al contenuto della norma in questione: CARINGELLA, GIUNCATO, ROMANO,L’ordinamento degli enti locali nel testo unico, Milano, 2001, 855 e s.4 In particolare, il principio della separazione delle funzioni amministrative da quelle politiche risulta introdotto dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.Riguardo agli enti locali, l’art. 107 co. 3 del d. lgs. n. 267 del 2000 specifica che ai dirigenti amministrativi spetta “laresponsabilità delle procedure di appalto”.

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A questo proposito val la pena richiamare, in via riassuntiva ed esemplificativa, la direttiva unificatrice,

recentemente emanata dal Consiglio dei Ministri dell’Unione, che nelle premesse esplicita che la materia degli

appalti all’interno dell’Unione è retta, sia che si tratti di procedure gestite dagli Stati che dagli Enti territoriali o da

altri organismi di diritto pubblico, dai principi posti dal Trattato e, in particolare, dal rispetto dei principi di libera

circolazione delle merci, di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi, di parità di trattamento, di non

discriminazione riconoscimento reciproco, di proporzionalità e trasparenza, sia che si tratti di appalti di ammontare

superiore alla soglia di rilievo comunitario indicata nelle singole direttive, che di ammontare inferiore5.

Rispetto agli appalti di valore superiore alla soglia indicata dalle norme comunitarie gli enti pubblici debbono

rispettare in modo vincolante le procedure stabilite a livello europeo, rispetto a quelli di valore inferiore la libertà

dei singoli Stati ed Enti territoriali di stabilire procedure e modalità di scelta del contraente è limitata dalla necessità

che ogni procedimento non violi i principi ricavabili dalla citata normativa.

La stessa direttiva ha fornito una definizione compiuta ed unitaria della materia specificando che sono appalti

pubblici i “”contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più

amministrazioni aggiudicatici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di

servizi” (art. 1, co1).

2) L’acquisto di beni e servizi: dal Regolamento di contabilità alla normativa europea

La materia dei contratti degli enti locali e, in particolare, degli acquisti di beni e servizi ha seguito l’evoluzione

che ha caratterizzato la struttura degli enti stessi e la crescente autonomia che, nel corso degli anni, è stata

raggiunta, sino alla recente riorganizzazione dello Stato operata dalla recente legge costituzionale n. 3 del 2001.

I poteri di organizzazione che sono stati progressivamente attribuiti alle Regioni ed agli Enti territoriali,

tuttavia, nella materia in questione sono stati limitati, prima, dalla normativa nazionale di contabilità pubblica, poi,

da quella comunitaria e, infine, dalla recente normativa diretta a contenere la spesa pubblica.

In questo modo, alle leggi regionali ed ai regolamenti degli altri enti territoriali risultano applicabili i principi

stabiliti dalle direttive comunitarie e le definizioni contenute nelle stesse ed è ormai diventata nozione di uso

comune che le “le pubbliche forniture sono contratti a titolo oneroso aventi per oggetto l’acquisto, la locazione

finanziaria, la locazione, l’acquisto a riscatto con o senza opzioni per l’acquisto, conclusi per iscritto tra un

fornitore e una delle amministrazion6” e che “gli appalti pubblici di servizi sono contratti a titolo oneroso, conclusi

per iscritto tra un prestatore di servizi e un’amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la prestazione dei

servizi elencati …”7.

Val la pena sottolineare che se anche la materia dei contratti delle pubbliche amministrazioni è una di quelle

maggiormente trattate e regolamentate a livello comunitario, non vi è alcuna disposizione specifica nei trattati

istitutivi della Comunità e dell’Unione, cosicché il fondamento giuridico delle numerose direttive emanate in

materia è stato, di volta in volta, rinvenuto nelle disposizioni del Trattato che vietano le discriminazioni in base al

criterio della nazionalità, che consentono il diritto di stabilimento, la libera prestazione di servizi, il divieto di

misure restrittive della concorrenza.

L’unica norma relativa alla materia in argomento, è contenuta nell’art. 163 (ex 130 F) del Trattato, introdotta

dall’Atto unico Europeo del 17 febbraio 1986, che menziona gli “appalti pubblici nazionali”, anche se al solo fine

5 Direttiva del Consiglio dell’Unione n. 04/186 Art. 2 del d.lgs n. 358 del 1992, che riprende le espressioni contenute nelle direttive n. 88/295 e 93/36.7 Art. 3 del d.lgs n. 157 del 1995, che riprende le espressioni contenute nella direttiva n. 92/50

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“di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria della Comunità e di favorire lo sviluppo della sua

competitività internazionale”.

La ragione che giustifica l’ampia regolamentazione comunitaria, anche in assenza di specifiche disposizione

contenute nel Trattato, è da rinvenire, secondo un’autorevole dottrina, nella circostanza che “il valore della

domanda pubblica si colloca intorno all’undici per cento del prodotto interno lordo della Unione europea”8.

L’’entità e la rilevanza della domanda pubblica ha sicuramente imposto l’intervento del legislatore

comunitario, anche al fine di favorire l’apertura dei mercati nazionali quale presupposto per la realizzazione di un

unico mercato interno in una economia caratterizzata dalla libera concorrenza e circolazione di persone e beni,

quale vuole essere quella europea.

Il fatto che gli scopi della normativa siano quelli sopraevidenziati spiega la posizione della giurisprudenza

comunitaria secondo la quale i principi generali del diritto comunitario e, in particolare, quelli di non

discriminazione, parità di trattamento, concorrenza e trasparenza si applicano anche ai contratti pubblici

“sottosoglia”, vale a dire a quelli il cui importo è inferiore a quello previsto dalle singole direttive per

l’applicazione delle disposizioni contenute in ciascuna di esse9.

In questo modo i principi posti dalla normativa comunitaria debbono essere osservati anche per gli acquisti di

minore entità, cosicché, in particolare, le Regioni e gli altri Enti territoriali non possono dotarsi di norme legislative

o regolamentari che si pongano in contrasto con tali principi e vedono limitato il loro ambito di operatività, non

potendo, da un lato, utilizzare la leva degli acquisti di beni e servizi per fornire sostegno all’economia dei territori

di riferimento e, dall’altro, ricorrere agli ordinari strumenti contrattuali del diritto privato al fine di snellire le

procedure di acquisto.

Conseguentemente per la fornitura di beni il cui importo risulti pari o superiore alla soglia comunitaria gli enti

territoriali debbono applicare le norme contenute nel d. lgs. 24 luglio 1992, n. 358, modificato ed integrato dal d.

lgs. 20 ottobre 1998, n. 402, mentre per gli acquisti di importo inferiore la disciplina è dettata dal d.p.r. 18 aprile

1994, n. 573 e dai regolamenti interni che riprendono tale normativa.

Analogamente, in materia di servizi se l’importo è pari o superiore alla soglia comunitaria debbono essere

applicate le norme contenute nel d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157, modificato dal successivo d. lgs. 25 febbraio 2000,

n. 65. Se l’importo è inferiore alla soglia comunitaria, gli enti possono disciplinare con normativa autonoma le

procedure, fermo restando quanto previsto nel citato Regolamento sull’amministrazione del patrimonio la

contabilità di Stato ed i principi inderogabili stabiliti dalla normativa comunitaria.

A questo proposito, soprattutto riguardo all’attività contrattuale degli Enti territoriali una particolare menzione

merita la questione relativa all’acquisizione di beni e servizi in economia.

Si tratta di un sistema di acquisto che si pone in alternativa alle normali procedure di appalto da utilizzare per

gli acquisti di piccola entità e che, sin dalla legge di contabilità dello Stato del 1923, può essere utilizzato solo

eccezionalmente e nei casi espressamente previsti10.

8 Massera, I contratti, cit., 15619 Corte Giust. CE, 7 dicembre 2000, in causa 324/98, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, in Riv. it. Dir. pubb.Comunit., 2000, 1419.La pronuncia è stata ripresa dalla circolare 6 giugno 2002, n. 8756 del Dipartimento per le Politiche comunitarie, pressola Presidenza del Consiglio.10 Al riguardo si rinvia a MONTELLA, Gli appalti di forniture e servizi alla luce dell’art. 24 della legge 27 dicembre2002 n. 289 (legge finanziaria per il 2003), in Giustamm.it

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La fonte che, da ultimo, ha regolamentato, in generale, la materia è rinvenibile nel d.p.r. 20 agosto 2001, n.

384 che contiene un’analitica disciplina diretta alle amministrazioni statali, consentendo le acquisizioni in

economia fino al limite di importo di 130.000 Euro.

Ciascun Ente territoriale è dotato di un proprio regolamento che, nel rispetto della normativa di contabilità

pubblica e dei parametri stabiliti a livello di coordinamento della finanza pubblica dalla normativa posta dallo

Stato, disciplina l’istituto, generalmente consentendo gli acquisti utilizzando procedure in economia sino

all’importo massimo di 130.000 Euro.

Secondo la disciplina citata l’acquisizione di beni avviene per il tramite di appositi contratti conclusi in forma

semplificata con il fornitore individuato, a seconda degli importi del contratto da concludere, con gara semplificata

o previa semplice ricerca di mercato diretta ad individuare l’offerta più conveniente.

A questo proposito occorre ricordare che per tutti i contratti passivi della pubblica amministrazione vige il

principio della concorsualità, con la conseguenza che il ricorso alle procedure in economia a trattativa diretta

dovrebbe essere estremamente limitato ai soli casi di eccezionalità, urgenza e in relazione a beni e servizi di scarso

valore.

Con la conseguenza che ciascuna amministrazione pubblica dovrebbe, di anno in anno, stimare il valore

qualitativo e quantitativo di beni e servizi di cui abbisogna e adoperarsi per procedere, tramite gara, a quanto

necessario, ricorrendo alle procedure in economia solo ove non sia possibile procedere in altro modo.

3) Acquisto di beni e servizi e finanza pubblica: l’intervento dello Stato

Negli ultimi anni il legislatore statale è intervenuto in più occasioni innovando la materia dell’acquisto di beni

e servizi da parte dell’Amministrazione statale, degli altri Enti pubblici ed anche degli Enti pubblici territoriali,

spinto da esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

Considerate le finalità cui erano dirette, le principali innovazioni sono state introdotte, e più volte modificate,

nel corso delle annuali sessioni dedicate all’approvazione del bilancio dello Stato e della legge finanziaria ed hanno

inciso sia sulla potestà di organizzazione degli enti che sulle procedure di acquisto adottate da questi ultimi.

Ciò, a partire dalla legge finanziaria per il 200011 che all’art. 26, modificato l’anno successivo sempre

utilizzando il veicolo della legge finanziaria12, ha stabilito la possibilità per il Ministro dell’Economia e delle

Finanze di stipulare apposite convenzioni, fondate su analisi di mercato, con imprese prescelte nel rispetto della

normativa in materia di acquisti pubblici, che si impegnassero ad accettare, sino alla concorrenza di una quantità

massima predeterminata ed ai prezzi indicati nella convenzione, ordinativi di fornitura deliberati da ciascuna

amministrazione.

E’ stato delineato, così, un nuovo sistema di individuazione delle imprese fornitrici di beni e servizi, tramite

una nuova e particolare forma di evidenza pubblica diretta a centralizzare le procedure di acquisto al fine di

ottenere risparmi di spesa, fondata sul presupposto che forniture di maggiore entità potessero garantire un maggiore

potere contrattuale allo Stato ed agli altri enti pubblici.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha dato attuazione alla previsione normativa deliberando di

avvalersi, per la realizzazione del sistema delle convenzioni, di una società per azioni denominata Concessionaria

servizi informatici pubblici – Consip S.p.A., interamente posseduta dallo Stato13 e, questa società ha, di fatto

11 Legge 23 dicembre 1999, n. 48812 Art. 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.13 D.M. 24 febbraio 2000

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assunto il ruolo di amministrazione aggiudicatrice per lo Stato e gli altri Enti pubblici, sostituendo, di fatto, il

Provveditorato Generale dello Stato, anche se con compiti parzialmente diversi14.

A seguire, negli anni successivi si sono succeduti diversi interventi che hanno, di volta in volta, specificato e

modificato le attribuzioni della Consip, con conseguenti ricadute sugli obblighi degli enti pubblici e, in particolare,

di quelli territoriali.

Infatti, la disciplina originaria prevedeva l’obbligo di adesione alle convenzioni Consip per le sole

amministrazioni statali, restando nella libera disponibilità delle altre (e, in particolare, di quelle locali) di aderire o

meno.

In una seconda fase, con l’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2002, la situazione degli enti

territoriali è mutata poiché, ferma restando la facoltà rimessa a ciascun ente di aderire o meno, “per procedere ad

acquisti in maniera autonoma … (gli enti territoriali) adottano i prezzi delle convenzioni … come base d’asta al

ribasso”15.

In questo modo il margine di manovra degli enti territoriali è stato drasticamente ridimensionato e, di fatto, si è

tornati ad una situazione di controllo dello Stato sugli acquisti di beni e servizi.

4) (segue): questioni applicative rispetto agli enti territoriali

A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 24 della legge finanziaria per il 2003 che ha ulteriormente modificato

la disciplina si sono posti alcuni ulteriori delicati problemi16.

Infatti, il legislatore ha modificato in modo ampio la disciplina degli acquisti di beni e servizi, abbassando

l’ammontare della soglia al di sopra della quale le amministrazioni devono applicare la disciplina nazionale di

recepimento delle norme comunitarie, estendendo l’obbligo di ricorso agli strumenti centralizzati ed informatici di

acquisto, prevedendo un sistema di monitoraggio degli acquisti effettuato tramite procedure che prevedano la

trattativa privata, da comunicarsi alla Corte dei conti, stabilendo la nullità dei contratti conclusi in violazione della

normativa comunitaria o delle convenzioni Consip e una specifica responsabilità in capo ai funzionari responsabili

dei procedimenti17.

In particolare si sono poste alcune questioni interpretative in ordine alla sopravvivenza o meno della

possibilità, per lo Stato e, per quanto maggiormente interessa in questa sede, per gli enti pubblici territoriali, di

ricorrere alle procedure in economia.

Stabilisce, infatti, la norma in questione che le amministrazioni pubbliche debbono ricorrere alle gare

disciplinate dal diritto comunitario ogniqualvolta l’importo della fornitura o del servizio sia pari o superiore ai

50.000 Euro, con ciò escludendo la possibilità di ricorrere a procedure in economia per importi superiori a tale

importo, nonostante il dpr n. 384 del 2001 stabilisse la possibilità di utilizzare tale modalità per acquisti di

ammontare sino a 130.000 Euro, con una disposizione non vincolante per gli enti locali, ma recepita in numerosi

regolamenti di contabilità.

L’interpretazione più autorevole ha evidenziato che la norma posta dalla legge finanziaria non ha abrogato le

precedenti procedure, compresa quella relativa agli acquisti in economia, ma ha solo modificato i tetti di operatività

14 In argomento si vedano i d.m. 24 febbraio 2000 e 2 maggio 2001, applicativi delle citate disposizioni di legge.In relazione alla Consip ed ai suoi compiti: NICOSIA, “Modello consip” tra Stato e mercato (lineamenti e prospettiveevolutive), in Riv. It. Dir. pubbl. comunit., 2002, 711.

15 Art. 24, l. 28 dicembre 2001, n. 448.16 Legge 27 dicembre 2002, n. 28917 In proposito: PAGANO, L’acquisto di beni e servizi nella finanziaria 2003, in Urbanistica e Appalti, 2003, 273

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individuando in via generale una soglia (50.000 Euro) oltre la quale risulta sempre applicabile la normativa

comunitaria18.

Come risulta esplicitamente stabilito dal citato art. 24 fra i destinatari della norma vi sono le Regioni e gli Enti

pubblici territoriali che sono liberi di aderire o meno alle procedure di acquisto ivi disciplinate, fatto salvo, in caso

di mancata adesione, l’obbligo di adottare i prezzi stabiliti nelle convenzioni come base di gara.

Con la conseguenza che il funzionario competente a contrattare per conto del singolo ente, deve

preliminarmente verificare se il bene o servizio di interesse faccia parte di una convenzione Consip e, in caso

positivo, decidere se aderire alla stessa ovvero estrapolare il prezzo che dovrà fungere da base d’asta (tutte le

operazioni devono essere fatte consultando il sito www.acquistinretepa.it che contiene tutte le convenzioni Consip).

Qualora il bene o il servizio non risultasse fra quelli per i quali è operante una convenzione, il responsabile del

procedimento può agire attivando le procedure previste dalla normativa comunitaria e di contabilità.

Vengono in tale modo unificate, abbassandole, tutte le soglie previste per l’applicazione della disciplina

comunitaria, con conseguente possibile appesantimento delle attività amministrative che gli enti debbono porre in

essere e, di fatto, con necessità che gli stessi procedano ad oculate politiche di programmazione degli acquisti.

Tuttavia, le esigenze di tutela dell’autonomia degli enti territoriali e, anche, la volontà di agevolare la imprese

medie e piccole che operavano a livello locale e che, di fatto, non potevano concorrere nelle gare nazionali, anche

per le loro dimensioni, ha indotto il legislatore ad intervenire nuovamente.

Dapprima nel corso dell’anno 2003 e, successivamente con la legge finanziaria per l’anno 2004 è stato

nuovamente modificato il ruolo e la stessa natura della Consip, trasformandola in una sorta di ente deputato alla

consulenza ed al monitoraggio della spesa della pubblica amministrazione per l’acquisto di beni e servizi19.

Le nuove disposizioni, modificando il ruolo della centrale pubblica degli acquisti, prevedono che il ricorso alle

convenzioni Consip sia facoltativo per tutte le amministrazioni e, quindi, anche per quelle territoriali e, addirittura,

la facoltà di recedere dalle convenzioni in atto20.

Alla Consip viene, principalmente, attribuito un nuovo ruolo di “ente” di monitoraggio e consulenza agli enti

pubblici per l’acquisto di beni e servizi, tant’è che viene previsto che la società pubblica costituisca articolazioni

territoriali per fornire consulenza, ove richiesta, agli enti locali per la definizione delle loro strategie di acquisto

Da ultimo, al fine di correggere gli squilibri della finanza pubblica che si sono verificati nel corso dell’anno

2004, il Governo è nuovamente intervenuto con un decreto legge, con il quale, in palese controtendenza con quanto

stabilito alcuni mesi prima in sede di legge finanziaria, ha cercato di dare nuovo impulso al sistema di acquisti di

beni e servizi per il tramite della Consip prevedendo (nuovamente) che le amministrazioni pubbliche per l’acquisto

di beni e servizi debbano ricorrere alle convenzioni Consip ovvero utilizzare i “parametri di prezzo-qualità come

limiti massimi”, che la stipula di contratti che non rispettino tali limiti è causa di responsabilità amministrativa e

che “ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle

convenzioni e quello indicato nel contratto”.

La disposizione in questione è stata individuata come cogente per tutte le amministrazioni rientranti nel settore

pubblico, ivi compresi gli enti territoriali, ad eccezione dei Comuni che abbiano meno di 1000 abitanti e delle

Comunità montane che nel loro territorio comprendano meno di 5000 abitanti21.

18 Corte dei conti, sez. riun., 27 febbraio 2003, n. 719 Art. 5 della legge 1° agosto 2003, n. 212 e art. 3, commi 166 - 172 della legge 24 dicembre 2003, n. 350)20 Comma 171 del citato art. 3 della legge n. 350 del 200321 Art. 1, comma 4, lett. c) del decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito in legge 30 luglio 2004, n. 191

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Da ultimo, la finanziaria per l’anno 2005 ha dettato numerose disposizioni dirette a contenere la spesa pubblica

limitando in misura percentuale l’acquisto di beni e servizi da parte degli enti territoriali, senza, però modificare le

disposizioni introdotte dal citato decreto legge n. 168 del 200422.

L’esame delle norme in questione sembra evidenziare l’assenza di un disegno unitario da parte del legislatore

poiché la disciplina è stata cambiata ogni anno, non soltanto per modificare la procedura, ma in modo sostanziale,

passando da un costante ampliamento dell’ambito di operatività della Consip23 ad un ampio ridimensionamento

operato con la legge finanziaria per l’anno 200424, ad una sorta di “rivitalizzazione” effettuata nel 2004, in corso

d’anno a mezzo di decretazione d’urgenza giustificata dall’esigenza di procedere ad un ulteriore immediato

contenimento della spesa pubblica25.

L’introduzione dell’art. 26 della legge finanziaria del 2000 e le successive modifiche hanno mutato

profondamente, secondo autorevole dottrina, il ruolo e la funzione della normativa di contabilità pubblica che

disciplinava l’acquisto dei beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, facendo venire meno le garanzie

di correttezza ed economicità insite nella precedente disciplina26.

L’osservazione pare condivisibile se solo si pensa al fatto che la normativa sulla contabilità generale dello

Stato è risale agli anni Venti del secolo scorso ed ancora resiste, nel suo nucleo centrale, mentre la disciplina diretta

a incidere sugli acquisti di beni e servizi manifesta tutta la sua incertezza nei continui cambiamenti e

ridimensionamenti che sono stati operati, privando di certezze e garanzie non solo gli enti territoriali ma anche gli

operatori economici.

5) (segue): l’e-procurement

Ma l’intervento statale non si è limitato a disciplinare gli acquisti di beni e servizi per il tramite, diretto o indiretto,

di una centrale di acquisto, quale in fondo può essere considerata la Consip, ma è giunto sino a disciplinare in modo

organico i criteri e le modalità per l’espletamento da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle

locali, di procedure telematiche per l’approvvigionamento di beni e servizi (dpr 4 aprile 2002, n. 101).

L’innovazione è stata introdotta nell’ambito del più generale processo di riorganizzazione e incentivo dell’utilizzo

nell’ambito delle attività amministrative delle tecnologie informatiche (processo di e-government), anche in relazione

alle indicazioni provenienti dall’Unione europea (processo di e-procurement).

L’obiettivo dell’adozione di procedure informatiche nell’acquisto di beni e servizi era quello di consentire

ampliamenti di economie di scala, trasparenza negli acquisti, velocizzazione delle procedure, riduzione dei costi di

transazione anche in relazione all’aggregazione della domanda27.

In particolare, in relazione agli enti territoriali le norme in questione hanno stabilito che ciascun ente possa, con

propria autonoma decisione, affiancare alle procedure contrattuali ordinarie quelle telematiche per la scelta

automatizzata del contraente, secondo condizioni di parità dei partecipanti abilitati, per forniture di beni e servizi anche

di importo inferiore alla soglia comunitaria (art. 9 e 10), nonché procedure di mercato elettronico per l’acquisto di beni

22 Legge 30 dicembre 2004, n. 311.23 Ampliamento delle competenze sino alla 289 del 2002.24 Al riguardo la disciplina disegnata dall’ art. 3, commi da 166 a 172 dell’art. 3 della legge finanziaria per il 2004.25 Decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito in legge 30 luglio 2004, n. 191.26 Giacchetti, La finanziaria 2000 apre la caccia ai contratti pubblici, in Cons. Stato, 2000, II.27 In relazione a tali innovazioni: FIORENTINO, La riforma delle procedure d’acquisto della pubblica amministrazione,in Giorn. Dir. A.mm., 2001, 80; BESTINI, Gli strumenti del modello italiano di e-procurement della p.a., in Arannewsletter, 2001, n. 4, 18; VALERO – SCIAJNO, E-procurement nella P.A.: prime osservazioni sul regolamento per gliacquisti on-line, in Giust. it., 2002, n. 3.

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e servizi per importi inferiori alla soglia di rilievo comunitario che prevedano l’utilizzo diretto dei cataloghi predisposti

dagli utenti abilitati, ovvero sulla base di ulteriori offerte richieste on-line a detti utenti (art. 11)28.

In relazione agli acquisti degli enti territoriali, a decisione di avvalersi di tali procedure telematiche non è assunta

dal legislatore statale in modo omogeneo per tutti gli enti, ma è rimessa all’autonomia di ciascuno di essi che dovrà

decidere se utilizzare o meno le procedure e, in caso di scelta affermativa, seguire, però, le indicazioni legislative statali

in ordine alla procedura di abilitazione dei soggetti contraenti ed alle regole generali da seguire.

6) La riforma del Titolo V, parte Seconda della Costituzione e i poteri di organizzazione degli enti

territoriali

L’8 novembre 2001 è entrata in vigore la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 che ha ampiamente

riformato il Titolo V, parte II della Costituzione dedicato a “Le Regioni, le Province, i Comuni” .

La legge costituzionale ha modificato profondamente la struttura dello Stato stabilendo che la Repubblica è

costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (art. 114, nuovo testo),

attribuendo una generale competenza legislativa alle Regioni (art. 117, comma 1 e 4) e stabilendo che le funzioni

amministrative siano primariamente esercitate dai Comuni ai quali è riconosciuta un’ampia potestà normativa e

finanziaria (artt. 118 e 119).

Ora senza entrare nel dibattito se la modifica costituzionale abbia disegnato uno stato “federale” o,

quantomeno, si indirizzi in tale direzione, è indubbio che le modifiche introdotte hanno profondamente inciso

sull’organizzazione dello Stato e degli altri enti territoriali e sulle rispettive competenze.

Spetta, infatti, alle Regioni nelle materie di loro competenza attuare ed eseguire gli atti dell’Unione Europea e

la competenza legislativa in ogni materia in cui non sia espressamente prevista la competenza esclusiva o

concorrente dello Stato.

Per quanto interessa in questa sede, fra le materie riservate alla competenza legislativa esclusiva o concorrente

dello Stato non è esplicitamente previsto che vi sia quella degli appalti pubblici o dell’acquisto di beni e servizi,

sicchè le stesse sembrano ricadere nella competenza legislativa esclusiva delle Regioni, che dovranno, altresì,

recepire le (future) direttive che l’Unione europea emanerà in materia di appalti relativi ai contratti di acquisto di

beni e servizi.

Gli enti territoriali diversi dallo Stato che costituiscono la Repubblica sembrano aver acquisito, quindi, un

ampio spazio di autonomia, sia legislativo (le Regioni) che regolamentare (Le Province i Comuni e le Città

Metropolitane), considerata l’autonomia finanziaria, nella disciplina delle proprie procedure di acquisto dei beni e

dei servizi.

Ovviamente nel rispetto del diritto comunitario, posto che la stessa costituzione riformata precisa che la potestà

legislativa deve essere esercitata (anche dalle Regioni) “nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti

dall’ordinamento comunitario” (art. 117, comma 1) .

In questa situazione diventa legittimo porsi l’interrogativo di quale grado di conformità al dettato

costituzionale abbiano gli interventi legislativi statali, quali quelli illustrati al precedente paragrafo 4), in materia di

acquisto di beni e servizi.

A questo proposito occorre porre in luce che, nell’ambito del contenzioso fra Stato e Regioni in merito

all’interpretazione ed applicazione delle disposizioni del riformato Titolo V della Costituzione, la Corte

costituzionale si è già pronunciata sulla conformità o meno al testo riformato della Costituzione delle previsioni

28 L’art. 11 del citato dpr stabilisce.

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legislative che impongono, fra gli altri, agli enti territoriali di utilizzare, in vario modo, le convenzioni stipulate

dalla Consip per conto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Con una prima pronuncia, il giudice delle leggi ha ritenuto legittima la previsione contenuta negli articoli 24,

commi 2, 3 e 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 poiché “non è contestabile il potere del legislatore statale di

imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati

anche dagli obblighi comunitari” vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono inevitabilmente, in

limitazioni indirette all’autonomia degli enti”29.

La Corte costituzionale ha, quindi, ritenuto che le ragioni di contenimento della spesa pubblica rientrassero

nella tutela dell’unitarietà della finanza pubblica, materia di competenza legislativa dello Stato, e che, pertanto, le

ragioni di autonomia rivendicate dalle Regioni ricorrenti nella materia dei contratti pubblici non meritassero

accoglimento.

Da ultimo, il giudice delle leggi, in seguito ad un ricorso proposto in via principale da numerose Regioni

contro la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 27 dicembre 2002) ha ritenuto legittimi gli obblighi

contenuti nell’art. 24 fondando la decisione su un diverso argomento30.

Ha ritenuto, infatti, che la disciplina limitativa dell’autonomia degli enti territoriali nella materia dei contratti

pubblici introdotta dal citato art. 24 della legge e, secondo la Corte costituzionale, ripresa dal decreto legge n. 168

del 2004 dovesse essere considerata legittima poiché rientra nella potestà legislativa dello Stato imporre il principio

di concorsualità, considerato che la disposizione dell’art. 117, secondo comma, lett. e) dell’art. 117 della

Costituzione prevede la competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza.

La Corte costituzionale sembra interpretare le norme poste dal legislatore per motivi di contenimento della

spesa pubblica in una chiave diversa, di tutela della concorrenza.

Le argomentazioni, anche se parzialmente diverse, contenute nelle due sentenze della Corte costituzionale

evidenziano, anche nella materia degli acquisti di beni e servizi da parte degli enti territoriali, la difficile

applicazione delle disposizioni contenute nel novellato Titolo V della Costituzione.

A questo proposito non è inutile sottolineare che in alcune materie, ed in particolare in quella degli acquisti di

beni e servizi, l’interesse di ogni ente a disporre di una propria normativa non sembra rispondente ad alcuna

esigenza degna di tutela.

Nel settore economico è opportuno dare prevalenza ad una situazione di uniformità di regole che permettano

agli operatori di agire su di un unico mercato, con conseguenti risparmi sia per le imprese che per la collettività e,

quindi, gli interventi legislativi dello Stato non paiono censurabili, se non per la loro frammentarietà.

7) Acquisti degli enti territoriali e regime della responsabilità

I funzionari preposti alle procedure di acquisto i beni e servizi per conto degli enti territoriali sono responsabili

nei confronti dell’amministrazione di appartenenza, ove agendo con dolo o colpa grave cagionino un danno

all’ente, come ogni altro dipendente o amministratore pubblico.

Tuttavia, l’articolo 24 della legge finanziaria per il 2003 ha introdotto una norma che stabilisce in modo

esplicito una responsabilità specifica, prevedendo che la mancata applicazione delle convenzioni Consip o dei

prezzi nelle stesse indicate costituisca ipotesi di responsabilità amministrativa.

29 Corte cost. 26 gennaio 2004, n. 3630 Corte costituzionale 15 novembre 2004, n. 345

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La previsione normativa è stata ribadita nell’art. 1, comma 4 del decreto legge n. 168 del 2004 che ha

ulteriormente previsto che ai fini della quantificazione del danno si debba tenere “anche” conto della differenza tra

prezzo stabilito nella convenzione Consip e prezzo al quale è stato concluso il contratto.

I problemi posti dalle disposizioni in commento sono molteplici e di non agevole soluzione.

Infatti, considerato che l’illecito che configura responsabilità amministrativa è a fattispecie “libera” e che la

responsabilità presuppone una condotta illecita, un danno, il nesso di causalità fra condotta e danno e l’esistenza

dell’elemento soggettivo, caratterizzato da dolo o colpa grave, l’introduzione di una previsione normativa che

sembra ricollegare alla (semplice) violazione di una norma una fattispecie di responsabilità comporta alcune

difficoltà applicative.

Se infatti, l’interprete nell’applicazione della norma deve comunque verificare che sussistano tutti gli elementi

che caratterizzano l’esistenza della responsabilità amministrativa, la previsione normativa sembra inutile.

Se, al contrario, la semplice violazione della disposizione normativa comporta responsabilità amministrativa,

indipendentemente dall’accertamento, in concreto, degli elementi che caratterizzano tale tipo di responsabilità, si

rischia di ricadere in una violazione formale e come tale di dubbia legittimità costituzionale.

Il legislatore sembra essersi reso conto della contraddizione laddove nell’ultimo intervento legislativo (decreto

legge n. 168 del 2004) si è posto il problema della determinazione del danno specificando che ai fini della

quantificazione occorresse “anche” prendere in considerazione la differenza fra il prezzo indicato nella

convenzione e quello nel contratto.

La necessità che debba essere individuato un danno, evidenziata dallo stesso legislatore, e la conformazione

della responsabilità amministrativa che, soprattutto a partire dalla riforma operata nel 199431, ha assunto una

fisionomia sostanziale specifica e definita, sembra rendere superflua la previsione normativa in questione.

31 Decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, converto in legge 19 gennaio 1994, n. 19 e coeva legge n. 20.Riguardo alla individuazione delle caratteristiche della responsabilità amministrativa si rinvia a:

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UN ’IMPOSTAZIONE GIURIDICA DEI SERVIZI SOCIALIProf. Franco Gaboardi – Docente Diritto Amministrativo dei Servizi Sociali – Università di Torino

UNA COSTRUZIONE GIURIDICA DEL SERVIZIO SOCIALE

Come ci insegna la scienza politica, in qualunque forma di Stato o di governo il complesso deiservizi pubblici subisce fenomeni di sviluppo che, nelle fasi di espansione dell’economia nazionale,tendono ad attuare i canoni di welfare state. Gratuità, accessibilità generale, dislocazione delle varieprestazioni di pubblico servizio lungo tutto l’arco delle attività dell’uomo che l’ordinamento generaleconsideri rilevanti nella prospettiva sociale, tensione verso un minimo comune denominatore di ogniprestazione amministrativa resa al cittadino, diffusione omogenea dei servizi sul territorio nazionalesono tutte caratteristiche tipiche dell'attività fondativa ed organizzativa del pubblico servizio, quella piùspecificamente propria del c.d. Stato sociale.

Questo, a sua volta, mostra i tratti più riconoscibili nelle Costituzioni democratiche deldopoguerra e nn consente dubbi intorno all’irrinunciabilità di alcune situazioni, socialmente assairilevanti, elevate al rango di diritti soggettivi fondamentali e per questo motivo non comprimibili daparte dell’Amministrazione pubblica; si pensi al diritto alla tutela della vita, alla tutela della salute, allalibertà personale, alla dignità, alla retribuzione minima del lavoro. Non è lecito nutrire dubbi sulla forzadi questi diritti sui pubblici poteri.

La maturazione di queste linee di pensiero non è stata tuttavia né agevole né di breve durata.E’ l’Inghilterra del ‘600 che inaugura con una normativa generale di aiuto pubblico alla povertà

( nota come Poor Law, 1600, e sostituita dal National Assistence Act nel 1948 ) l’era dello Stato sociale.Nella Francia rivoluzionaria del Settecento nasce l’elenco dei poveri, il medico e la levatrice condotti;ma l’intervento pubblico nel sociale, come è stato dimostrato dagli studi condotti in Italia sullarivoluzione francese, non fa che portare a compimento un programma accelerato di socializzazionedello Stato che l’Ancien régime nei suoi ultimi decenni aveva tentato di realizzare per recuperarel’affectio dei suoi sudditi (1). Alla base di queste strutture organizzative dei pubblici poteri v’è laconvinzione teorica ( espressa nella sintesi del costituzionalista dell’Ottocento francese Burdeau )secondo cui è la garanzia di un ambito concreto di libertà per tutti i cittadini, più che la motivazionesolidaristica di diretta derivazione morale e religiosa, il vero fine ultimo dello stato. Ed appariva benchiaro sin d’allora come libero non potesse dirsi colui che quotidianamente è costretto ad impegnarsinella lotta per la sopravvivenza.

Nella seconda metà dell’Ottocento, in particolare, si affaccia l’idea di un sia pur circoscrittointervento statale nel campo dell’assistenza agli indigenti , soprattutto se bisognosi di cure sanitarie; ma,data la forte radice individualistica dell’ordinamento, tutto ciò che è pubblico deve vertere al benecomune, cioè a vantaggio dei titolari di diritti soggettivi.

Ne consegue che assistenza è sicurezza e polizia sociale; è, invece, carità e slancio umanonelle organizzazioni ecclesiali e laiche private. Muovendo, infatti, dalla premessa (del resto comune alladottrina giusnaturalistica) dell’esistenza nell’uomo di diritti inerenti alla sua persona e perciò intangibili,si perveniva ad indirizzare il finalismo statale, sia precludendo allo stato ogni iniziativa suscettibile ditradursi in un pregiudizio di posizioni soggettive, sia imponendogli il dovere giuridico positivo difacilitare l’esistenza e lo sviluppo dei diritti individuali.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------- (1)Cfr. su ciò lo studio e gli appunti raccolti a cura di N. Bianchina su Angiuli , Assistenza pubblica esussidi, in Gli stati generali di Francia: l’iniziativa legislativa. Studi per il bicentenario dellarivoluzione francese, pubblicazione della Scuola superiore della p.a., Roma, 1989.--------------------------------------------------------------------------------------------------------

Si vede bene, dunque, che il passaggio dal dovere sociale dello stato alle prime configurazionidi un diritto individuale all’assistenza ha richiesto una lunga evoluzione. Soltanto le moderneCostituzioni occidentali elevano le prestazioni nelle quali si concreta l’attività sociale dello Stato alrango di “diritti sociali”, segnando concretamente il passaggio dalla “democrazia politica” a quella“sociale”.

Anche l’ordinamento italiano segue l’evoluzione generale europea verso l’assistenza pubblica;con un certo ritardo perché in tutti gli stati preunitari agivano da tempo, con efficacia non trascurabile,organizzazioni religiose della Chiesa cattolica e talora anche laiche in materia di assistenza ebeneficenza. Basta riferirsi alla l. 3 agosto 1862, n. 753, e, trent’anni dopo, alla fondamentale l.1 luglio1890, n. 6972, che, invertendo il criterio della prima, attribuisce natura pubblicistica alle istituzionibenefiche, al t.u. com. prov. 1915 che individua nel Comune il livello organizzativo della pubblicabeneficenza ed alla l. 3 giugno 1937, n. 847, che istituisce gli Enti comunali di assistenza dissolvenza inessi le vecchie congregazioni di carità.

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Se lo Stato che fonda, organizza e fa funzionare servizi di sostegno per i bisogni di tutti icittadini si caratterizza come Stato sociale, il panorama dei servizi sociali è, tuttavia, variegato nel suocomplesso e merita una definizione preliminare. Essa è ormai possibile, anche nell’epoca più recente,caratterizzata dal declino dello Stato sociale per ragioni prevalentemente legate alle crisi strutturali dellosviluppo economico e dall’affievolirsi progressivo della spinta all’istituzione di “nuovi diritti collettivi esociali”.

LE GARANZIE COSTITUZIONALI A TUTELA DELLE CONDIZIONI PERSONALI

Il benessere fisico e psichico della persona sono garantiti sempre nella Costituzionerepubblicana; l’attività svolta dagli esercenti di determinati servizi pubblici si identifica, infatti, in unaprestazione che può definirsi amministrativa per via del soggetto che la rende e sociale inconsiderazione della finalizzazione specifica che; come si è visto, le è propria (2).

E’ noto che la Repubblica vede delineato, all’art. 3 cost., il compito di rimuovere le situazioniche di fatto ostacolano l’eguaglianza sostanziale tra i cittadini; e, all’art. 2 Cost., quello di creare lecondizioni e di tutelare lo sviluppo in concreto della persona umana nella sua realizzazione esistenzialecome singolo ed allo stesso titolo all’interno delle formazioni sociali che costituiscono (per natura,come nel caso della famiglia, o per libera scelta di ciascuno, come nel caso di un sindacato o diun’associazione religiosa, culturale, sportiva, ecc.) il teatro dell’esperienza comune per la persona nelloStato democratico.

Ora, creare le condizioni è possibile anche non ostacolando o limitandosi a “favorire”(mediante, ad es., incentivi economici) le forze dinamiche sociali ed economiche per creare o rafforzareorganizzazioni private tendenti alla realizzazione di quella finalità di eguaglianza sostanziale e di tuteladella persona umana.

Si pensi soltanto alle associazioni di volontariato ed al peso da esse assunto nella Costituzionemateriale relativamente a taluni servizi, soprattutto assistenziali; non v’è dubbio che la creazione di unarete giuridica protettiva, che le aiuti a restare fedeli alle loro finalità sociali e ad operare concretamentesenza altri fini, non costituisce un compito di scarso rilievi per l’Amministrazione pubblica (è questa la“lettura” che dovrebbe darsi alla l. 11 agosto 1992, n. 266, legge quadro sul volontariato) .

Partendo da questi elementi si può compiere una riflessione ulteriore.Se la Costituzione considera tra i principi fondamentali gli enunciati normativi che si leggono

negli artt. 2 e 3 e, soprattutto, se espressamente essa individua dei compiti per “la Repubblica”, non ècorretto sostenere che la portata del principio fondamentale si riduca poi ad una funzione meramente diarbitrato di iniziative altrui per la perequazione sociale e per il sostegno dello sviluppo della personalità.E’, dunque, evidente che quello del solidarismo sociale è un vero e proprio compito di tutta lacollettività (rappresentata nella definizione di Repubblica) e che, sul piano dell’azione, esso non puònon tradursi in uno dei fini primari dello Stato. Questo deve entrare nella società con tutti i sui poteri, edanzitutto con l’opera dell’amministrazione pubblica, caratterizzata, come si è già detto, da doverosità,allorchè sia in gioco uno dei valori (l’eguaglianza sostanziale) ed una qualsiasi delle specificazioni nellequali si articola il valore costituzionale della solidarietà sociale.

Non si può certo negare che la Costituzione italiana contenga una disciplina dei rapporti etico-sociali particolareggiata anche oltre la “dose” che potrebbe dirsi consueta nelle Costituzioni “lunghe”.

Si pensi alla tutela della famiglia, per la cui formazione e per l’adempimento dei cui doveri laRepubblica, oltre ad agevolazioni economiche, garantisce nell’attività di servizio pubblico una svariatagamma di “altre provvidenze” (art. 31, comma 1); alla maternità, all’infanzia e alla gioventù (asili nido,formazione elementare, sport scolastico, organizzazioni pubbliche del tempo libero e delle vacanze per igiovani, assistenza scolastica), che ottengono una più genuina “protezione” mediante il favorcostituzionale verso gli “istituti necessari a tale scopo” (comma 2). Si pensi al marcato giudizio divalore (fondamentale) attribuito al diritto alla tutela della salute dall’art. 32 Cost., diritto personale cui siaggiunge l’interesse convergente della collettività; alla garanzia delle cure agli indigenti, che rendeobbligatoria la gratuità delle prestazioni sanitarie in caso di reddito minimo. Si pensi all’assistenza(extra-sanitaria) sociale, per la quale i comuni sono direttamente impegnati in sollievo delle persone piùbisognose (a cominciare dai tossicodipendenti e dagli anziani), a quella post-carceraria ed allaprevidenza, il cui servizio è ormai accentrato presso un apposito istituto, l’INPS, dal bilancio tuttora eancora troppo in deficit.

E poi ai servizi di protezione ambientale, di tutela del lavoro, ai servizi dell’istruzione e delbenessere culturale, morale e spirituale.

Dall’osservazione di questa realtà così complessa, nella quale, tra l’altro, è ormai fortel’influenza dello Stato sociale realizzato altrove, emerge l’impegno da parte dell’amministrazionepubblica, nei compiti di “cura” di ogni persona e nei costi delle prestazioni.

Può risultare ora più preciso il concetto di servizio sociale che segni la sua specificità rispettoal servizio pubblico generale e la distanza dalle forme d’intervento finanziario dei pubblici poteri a

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scopo di sostegno dell’economia. In proposito, merita senz’altro attenzione la “definizione formale”proposta in dottrina di “prestazioni sociali, la cui previsione legislativa risponde agli obiettivi di fondovoluti dalla Costituzione in tema di promozione del benessere fisico e psichico della persona”(3).

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(2)Ad individuare il fine specifico del complesso di servizi sociali funzionanti in unordinamento politico dato non può giovare l’applicazione del già accennato criterio pragmatico, fondatosull’analisi dello specifico regime giuridico riservato dall’ordinamento al singolo servizio: se, infatti,esso consente di distinguere a posteriori tra i tipi di servizio pubblico, nulla può, invece, dirci sullaragione ultima in forza della quale lo Stato, pur nell’ambito della sua attività generale, istituisce servizidefinibili in termini di socialità speciale e specifica.

(3)Cfr. E. Ferrari , I servizi sociali, Milano, 1986, 273 .

Ma questa definizione può valere ad individuare, piuttosto che un concetto, un parametro. Conquesto riferimento potrebbe, peraltro, rivelarsi arbitrario ricercare una categoria precisa di servizipubblici, quelli, appunto, sociali. Se non tutti, molti dei servizi pubblici possono rivelare (e rivelanoattualmente) nella loro organizzazione e nella loro erogazione concreta momenti di “socialità”, cioè dipromozione (del benessere di base) della persona.

Sembra doversi riconoscere, ad esempio, un servizio sociale nell’istruzione e nella formazioneprofessionale ed artigiana, che, oltre a giovare all’individuo per la sua preparazione culturale, loconsidera nelle sue potenzialità umane di lavoratore, avviandolo direttamente all’inserimento nel settoreproduttivo più opportuno e proponendogli studi e metodi d’apprendimento orientati anch’essi alla stessaopportunità.

In accordo con l’opinione di una parte autorevole della dottrina, può osservarsi che l’ediliziaeconomica e popolare risponde ad esigenze sociali e tende a garantire al cittadino indigente ilgodimento di un bene che direttamente influisce su ogni singolo aspetto della vita, sua e, quel cheancora più rileva, della sua famiglia, vista come formazione sociale. Tuttavia, se si guarda alle forme diincentivo e di intervento economico dei pubblici poteri per favorire “l’accesso del risparmio popolarealla proprietà dell’abitazione” (art. 47 Cost.), la confluenza di valori e interessi come quelli dellaproprietà privata, dell’impresa e dell’uso del territorio non consentono più di considerare come sociale ilservizio-casa fuori dall’edilizia interamente sovvenzionata.

Potrebbero, allora, considerarsi sociali (ed in conseguenza di ciò concettualmente essenzialinella costruzione ideale della società-ordinamento giuridico), e soggetti a principi e a norme generali incui il personalismo comunitario ed il solidarismo sono i due valori portanti dell’organizzazione, queiservizi pubblici che per la loro caratteristica o per volontà di coloro che ne sono responsabilimanifestano la propensione a rimuovere le condizioni di svantaggio e di abbandono delle persone menofavorite, realizzando la personalità di ciascuno.

Infine, va considerato che, essendo intervenuta con il d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, una vera epropria codificazione dei servizi sociali nell’ordinamento regionale, sulla loro qualificazione non sipossono avere dubbi, perché l’indicazione del legislatore mira ad una finalità sociale anche laddove essanon appare netta, ma va tenuta in considerazione.

Quanto al difficile rapporto tra servizi sociali e finanza pubblica (vedere cap. III) è sufficienteriferirsi alle grandi risorse pubbliche annualmente assorbite dai servizi di previdenza sociale, diassistenza sanitaria e di istruzione pubblica, per avvertire subito una dimensione fondamentaledell’organizzazione dei servizi sociali, quella economico-finanziaria. Un buon organizzatore e gestoredi servizio pubblico non deve necessariamente essere anche un finanziere; ciò nonostante, la stessastruttura organizzativa di base di ciascun servizio pubblico implica immediate ripercussioni sullafinanza pubblica e, subito dopo, sull’economia nazionale. In effetti, la gestione dei servizi pubblici nelnostro ordinamento non ha mai ricevuto, “anzitutto in diritto positivo”, una regola organizzatoria di tipoaziendalistico, cioè orientata verso l’adozione piena del principio economico.

Nel servizio pubblico, visto dalla parte dell’organizzazione che lo fornisce, l’attività è senzadubbio rilevante in sé, in quanto essa costituisce l’oggetto stesso, il termine immediato del compitoamministrativo di pubblico interesse. Per comprendere meglio questo concetto, che è di grandeimportanza per rappresentare lo Stato sociale, è opportuno istituire una comparazione con un altroistituto tipico statale, quello dell’ impresa pubblica. La finalità giuridicamente rilevante di questa è,infatti, nel suo risultato ultimo; poiché soltanto la produzione di ricchezza rileva nell’ordine pubblicodei rapporti e degli interessi che la circondano, mentre gli atti di esercizio dell’impresa restanoindifferenti rispetto all’interesse che la sorregge.

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La distinzione spiega una differenza pratica ben chiara, e del resto nota, tra la gestioneeconomica dell’impresa (pubblica o privata) e la gestione efficiente del servizio. La prima deveprodurre gli utili (di gestione appunto), ricostruendo costantemente i presupposti necessari perl’esercizio dell’impresa (cioè le dotazioni di risorse finanziarie); mentre la seconda deve soltantosvolgersi nel rispetto dei principi di efficienza, di efficacia, di economicità e di produttività(4) , cioè conil tendere al massimo risultato possibile mediante l’impiego delle risorse a disposizione.

LA CONCESSIONE DI SERVIZIO SOCIALE

Si deve in larga misura alla dottrina del diritto amministrativo l’individuazione e la spiegazionein termini sistematici del passaggio dai precetti costituzionali, che garantiscono in via di principioposizioni giuridiche delle persone (anzitutto i diritti di libertà) anche nel loro rapporto con i poteripubblici (diritti c.d. sociali), alle concrete realizzazioni dei principi a vantaggio delle persone (attività,prestazione di servizi sociali, comportamenti).

O nella veste degli obiettivi amministrativi ovvero in quella dei compiti in vista dei quali sisvolge la funzione amministrativa, i passaggi dalla teoria costituzionale alla prassi degli atti e deicomportamenti costituenti esercizio di quella funzione ed in particolare del servizio pubblico sono statitalora disciplinati dal legislatore ordinario, spesso realizzati direttamente da organi ed entiamministrativi.

La teoria dei compiti dello Stato può dirsi quasi parallela all’introduzione dei servizi socialinell’organizzazione e nelle attività dei pubblici poteri. Si tratta di quel movimento di pensierocapeggiato da V.E. Orlando, insigne giurista, che, nell’affermazione del metodo giuridico nello Statoamministrativo, tendeva all’inizio del secolo ad individuare (le norme di diritto positivo sui servizisociali mancavano quasi del tutto) una vera e propria espansione dell’azione istituzionale dei pubblicipoteri (fino a quel momento contenuta nell’ambito dei compiti d’ordine e di “somministrazione” deldiritto) finalizzata al benessere sociale.

Come la dottrina più recente non ha mancato di sottolineare, il carattere politico dell’oggettodella ricerca contrastava apertamente con le premesse metodologiche (rigidamente positivistiche) dallequali prendeva l’avvio l’applicazione del metodo giuridico; tuttavia, la ricerca sui compiti dello Statoconsentiva di ricondurre nell’area di attività latu sensu definibili in termini di controllo giuridico unfenomeno squisitamente politico in piena crescita.

Ciò si otteneva, in particolare, distinguendo la “ratio” della creazione dell’attività o dell’istitutosocialmente rilevante (ad es. il controllo statale sulle istituzioni assistenziali e di beneficenza, laprevidenza sociale antinfortunistica, ecc.), che restava politica, dai mezzi per la sua attuazione inconcreto. Questa, sostanziando un pubblico servizio da rendere in condizioni paritarie a garanzia dirispetto delle sfere d’interesse coinvolte nell’attività (espresse, dopo la Costituzione repubblicana, nelpersonalismo comunitario), acquistava una posizione giuridica sempre più rilevante.

L’espansione dei servizi sociali si deve, ovviamente, a singole iniziative legislative succedutesinel tempo; esse portano con sé, mediante la scomposizione analitica del sistema dei mezzi del servizio(ammissioni dei destinatari, concessioni di esercizio del servizio, contratti di fornitura ,contribuzioni), ilsostegno giuridico di un settore sociale caratterizzato, sin dalla sua nascita, da elementi politici eideologici (5).

Si pensi anzitutto, alla fase di instaurazione del servizio (previsione legislativa, insediamentodegli organi, dotazione delle sedi, dotazione dei mezzi economici e beni mobili necessari per losvolgimento del servizio, del personale, ecc.), dominata da un sistema di competenze per la titolarità ela responsabilità nell’esercizio del servizio pubblico. Essa è seguita dalla fase di ammissione di coloroche usufruiscono dell’attività connessa, per legge, alla struttura amministrativa e da essa realizzata.

Inoltre, la prestazione del servizio comporta la regulation delle sue fasi essenziali per ragioni digaranzia, di liceità e produttività della spesa pubblica; è raro che possa verificarsi un allontanamentodagli schemi formali e dal dominio dell’atto amministrativo per tutte quelle fasi della prestazionepubblica che devono tradursi in vantaggi per i destinatari.

Resta da ricordare che la legge 8 giugno 1990, n. 142, “Ordinamento delle autonomie locali”,ha introdotto (artt. 22 e 23) proprio per la gestione dei servizi sociali un’apposita figura organizzativa,quella dell’istituzione.

A differenza dell’azienda speciale, l’istituzione non è dotata di personalità giuridica, ma diautonomia gestionale. Da un lato, è gravata dall’obbligo di pareggio del bilancio; dall’altro, gode dellacopertura degli eventuali costi locali da parte del comune, che la controlla politicamente e, secondo lostatuto, anche sugli atti fondamentali. La gestione è verificata dal medesimo collegio dei revisori cheinterviene su quella del comune.

Il regime giuridico dell’ammissione è quello che più ha impegnato la dottrina nella suaricostruzione per casi, tanto sul versante dell’atto vincolato, quanto su quello della discrezionalità. La

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socialità del servizio presuppone la regola generale della sua accessibilità (e persino della sua gratuità –come accade nel caso dei beni demaniali aperti all’uso pubblico – almeno sostanziale) paritaria, libera,contestuale; essa sovverte la consueta posizione di potere dell’ente pubblico, che, nella veste diorganizzatore del servizio e di suo erogatore, deve giustificare (ad esempio, adducendo concreti ostacolifinanziari) le eventuali limitazioni per i richiedenti.

Si tratta di una conformazione tendenzialmente vincolata dell’atto di ammissione (un meroatto, privo di contenuto provvedimentale, solo per garantire l’ esecuzione della legge, come osservanonella maggior parte dei casi gli autori).

Può dirsi, quindi, che il regime dell’ammissione a fruire del servizio sociale tragga con sé unparticolare rilievo economico-sociale, poiché essa si colloca sul confine tra il momento politico e quellogiuridico dell’ordinamento, finendo per qualificare, in definitiva, la rilevanza sociale di tuttal’organizzazione pubblica.

(5) Sulle concessioni tra pubblico e privato si veda l’importante lavoro di E. Casetta, Pubblicoe privato nelle concessioni e nei contratti della pubblica amministrazione, in Dir. Economia, 1992, 275.

Altri non meno forti legami tra politica e diritto nel servizio sociale si avvertono nel regimeconcessorio, che le regole fondative del servizio possono prevedere (individuando esse stesse il“concessionario”, come nel caso dell’ INPS per il servizio pensionistico, o conferendo all’autoritàamministrativa il potere discrezionale di concedere l’esercizio e di individuare il concessionariomediante procedure predeterminate nelle norme di dettaglio o di principio).

Mentre si registra una tendenza nella dottrina allora dominante, anzitutto in quella del metodogiuridico, a coprire con norme ogni spazio della discrezionalità amministrativa, così “da escluderequalunque arbitrio e da assicurare quindi con le disposizioni più minute e più indefettibili ordine,uguaglianza ed equità” (6), dall’altra parte si intravede il rilievo del regime della concessione, checostituisce, come è noto, un rilevante strumento d’intervento statale nell’economia e segna unapropensione del diritto verso un’espansione economica non solo congiunturale.

Sulle concessioni di pubblico servizio si aprirà da allora in poi una vera e propria brancadell’attività amministrativa e di studi giuridici su di essa. Ma in quel momento, la natura sociale delservizio non costituirà più un elemento decifrabile e distinto di un settore particolare dell’attivitàamministrativa, restando assorbita nei più ampi problemi e nella più tradizionale nozione di serviziopubblico (e conservando soltanto il tratto distintivo della finalità, unicamente “sociale”, del servizio)(7).

Ulteriori aspetti giuridici del settore si sono poi sviluppati con riferimento alle regole dettateper il mercato del servizio.

In primo luogo nel senso dell’influenza del servizio sociale in mano pubblica sui possibilifornitori privati di un servizio di analoga natura ed oggetto; ciò comporta una serie di domande sullaliceità o sull’opportunità del monopolio ed in alternativa sulle regole proprie della convivenza (e dellaconcorrenza) tra i due tipi di organizzazione, pubblica e privata (anzitutto volontariato), di attività diservizio sociale.

In secondo luogo, inoltre, nel senso degli interessi propri delle persone, fortemente coinvoltinelle scelte del servizio, sotto il profilo della bontà della prestazione (qualità e quantità) ed anche perl’aspetto della sua gratuità od onerosità, in relazione alle c.d. fasce di reddito (così per il serviziosanitario nazionale, legge n.833/78 e succ.modif.).

Infine vi è anche il servizio della specialità del rapporto contrattuale, mediante il quale ilsoggetto pubblico si dota degli strumenti collaborativi o degli approvvigionamenti necessari per laconcreta erogazione dei beni o delle utilità oggetto del servizio sociale (appalto per la gestione delservizio o per la fornitura dei beni o utilità che esso comporta). E’ in questo contesto garantista che deveessere collocata anche la recente istituzione dell’autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l.14 novembre 1995, n . 481); dalla sua attività dovrebbe scaturire efficienza anche a vantaggio deifruitori di servizi sociali.

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(6) Cfr. Cammeo, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, I, Milano, s.d. (ma1911), p. 73; Cammeo, Le concessioni per l’illuminazione pubblica, nota a Corte cass. Firenze, 22dicembre, in Giur. It., 1903, I,1, 473.

(7) Sull’argomento si veda l’interessante lavoro di R. Cavallo Perin, I principi come disciplinagiuridica del pubblico servizio tra ordinamento interno e ordinamento europeo, in dir. Amm., VIII,2000, 41-80; e ancora a completamento delle tesi rilevanti in materia G Pericu, A. Romano, V.Spagnolo Vigorita (eds.), La concessione di un pubblico servizio, Giuffrè, Milano, 1995, 3; S. Cassese,La trasformazione dei servizi pubblici in Italia, in Econ. Pubbl., XXVI, 1996, 26, 5-23; G. Corso,Servizi pubblici e Costituzione, in G. Marongiu; G. C. De Martin (eds.), in Democrazia eamministrazione, 1992, 223-30; F. Merusi, Servizi pubblici instabili, Il Mulino, Bologna, 1990, 206; G.Pastori, Diritti e servizi oltre la crisi dello Stato sociale, in Studi Ottaviano, II, Giuffrè, Milano, 1992,1081-93.

Tutti quelli analizzati vi sono, dunque, gli aspetti che, nell’evoluzione dell’esperienza giuridicasino ad ora intervenuta nel nostro ordinamento, collegano la materia dei servizi sociali agli istituti deldiritto amministrativo (e, marginalmente, del diritto civile).

Si può, forse, concludere che, a seguito dell’analisi sui singoli aspetti di ciascuno dei servizisociali, sia stato ormai superato lo stadio nel quale questi presentavano all’attenzione della dottrinaspecifici problemi giuridici; e si sia ormai da tempo passati alla considerazione dei servizi sociali comeproblema giuridico complessivo. Sta di fatto che il d.p.r. n. 616/1977 dedica proprio ai servizi sociali ilsuo titolo III, ivi disegnando la disciplina di alcuni di essi, come dei servizi di polizia urbana e rurale(capo II), di beneficenza pubblica (capo III), dell’assistenza sanitaria e ospedaliera (capo IV),dell’istruzione artigiana e professionale (capo V), dell’assistenza scolastica e universitaria (capo VI) edell’attività connessa all’uso dei beni culturali (capo VII). Questo d.p.r. costituirà il vero punto dipartenza per tutte le riflessioni della dottrina dedicate all’evoluzione del sistema integrato dei servizisociali, sistema rimodulato in base ad un suo inquadramento giuridico-istituzionale(8).

(8) Un’attenta analisi, di taglio economico, sui singoli aspetti dei servizi sociali è quella di F. Cavazzuti , G.Moglia ,Regolazione, controllo e privatizzazione nei servizi di pubblica utilità in Italia, in Econ. Ital. , XVI, 1997, n. 1, 9-30 .

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La riscossione delle Entrate e dei Tributi ComunaliIl ricorso alle Società di Recupero Crediti

Aspetti di illegittimità

Avv. Dott. Giovanni Montaccini e Dott. Roberto del Fiacco – Comitato Scientifico CSA

Sempre più spesso i Comuni e i loro Organi ausiliari (società di gestione dei tributi, a qualsiasi titolo costituite opartecipate) affidano od intendono affidare a Società specializzate nel recupero stragiudiziale dei crediti privati, lariscossione di Tributi ed Entrate proprie dell’Ente Locale.

Questo, evidentemente, nell’errata convinzione di potere agire alla stregua di operatori economici qualsiasi e non diEnti Pubblici.

In realtà l’utilizzo di soggetti esterni all’Amministrazione per la gestione dei crediti delle Amministrazioni Locali èrigidamente regolato dall’Art. 52, D.Lgs. 446/97.

Sembra strano che, dopo tanti anni dalla approvazione di questa norma fondamentale (che, peraltro, tutti i Comunihanno utilizzato per regolare i propri tributi ed entrate – alle volte anche a sproposito), si debba riaffermarne lacentralità ed importanza, ma evidentemente taluno ritiene o ha ritenuto che la Norma sia caduta in desuetudine e quindisi possa disapplicare impunemente.

Ricapitoliamo, prima di tutto a ns/ uso, quali sono i contenuti dell’Art. 52, D.Lgs. 446/97.

L’articolo in commento, dispone che i Comuni e le Province possono regolamentare i tributi e le altre entrate con alcunilimiti.

Non possono essere sottoposti a regolamentazione l’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, deisoggetti passivi, della aliquota massima dei tributi.

Con successive pronunce della Corte Costituzionale è stato ulteriormente limitato il campo di azione dei Comuni, chenon possono istituire tributi diversi da quelli derivanti dalla Legge (in ossequio al principio costituzionale di legalità deltributo, Art. 23, Cost.).

Sempre in ossequio a principi costituzionali il Comune non può con il proprio regolamento, modificare il sistemasanzionatorio (salvo introdurre riduzioni specifiche delle sanzioni, come riconosciuto dall’Art. 50, L. 449/97) ovveromodificare il sistema contenzioso (Art. 25, Cost.).

Inoltre, i regolamenti, sono informati a specifici criteri (che costituiscono veri e propri limiti alla potestà), inparticolare in materia di accertamento e riscossione delle entrate, che sinteticamente, sono:- le funzioni pubbliche di accertamento e riscossione possono essere svolte in forma diretta dall’Ente, anche

attraverso le forme associative previste dall’Ordinamento degli Enti Locali;

- se viene deliberato di affidare a soggetti esterni l’Accertamento e riscossione, questa può essere affidata:o alle aziende speciali del Comune affidante;o alle società di diritto privato controllate o partecipate dall’Ente Locale affidante, in cui l’eventuale partner

privato sia scelto con procedura di evidenza pubblica, tra gli iscritti nell’apposito Albo di cui al successivoArt. 53, D.Lgs. 446/97;

o previo esperimento delle idonee procedure di evidenza pubblica ai Concessionari del Servizio Nazionaledi Riscossione Tributi, anche a prescindere dall’ambito territoriale, ovvero ai soggetti abilitati ed iscrittinell’Albo del richiamato Art. 53, od alle medesime società miste di altri Comuni, se comunque iscrittenell’Albo.

- La riscossione coattiva può essere svolta o tramite il ruolo (se è affidata al Concessionario Riscossione Tributi)ovvero tramite ingiunzione (se svolta dagli altri soggetti);

- In ogni caso, l’affidamento a terzi della riscossione non può comportare oneri aggiuntivi a carico deicontribuenti.

Come si vede, la riscossione dei tributi e delle entrate comunali è rigidamente regolata e tutte le forme diverse diriscossione non contemplate dalla Legge debbono considerarsi illegittime in quanto l’Ordinamento della Contabilitàpubblica è espressamente riservato alla Legge (Art. 117 Cost.).

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Di conseguenza tutti gli affidamenti di riscossione delle entrate (Tributarie o meno) che vedano intervenire soggettidiversi da quelli previsti dalla Legge debbono considerarsi illegittimi.

Tale illegittimità ha diverse e pesanti conseguenze che debbono essere chiare.

L’affidamento a tali soggetti potrebbe integrare il reato di Abuso d’Ufficio (Art. 323 C.P. – “…salvo che il fatto noncostituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, nello svolgimento dellefunzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, intenzionalmente procura a sé o ad altri uningiusto profitto patrimoniale, ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a treanni).

La riscossione avviene fuori dalle Norme che la regolano, quindi ogni eventuale decadenza o prescrizione che dovessederivare dall’affidamento a soggetti non abilitati contribuisce a creare il presupposto per l’insorgenza del danno erariale.

Del pari costituisce danno erariale il pagamento a soggetti non abilitati di somme per compensi di riscossione nongiustificati dalle norme di Legge se tali compensi vengono messi a carico del Bilancio Comunale (e non potrebbe esserediversamente) ovvero ritenuti dalle riscossioni effettuate.

D’altro canto nessuna somma può essere richiesta al contribuente (in virtù del divieto espresso contenuto nel più voltecitato Art. 52), per lo svolgimento di attività di recupero illegittime (e se fosse richiesta potrebbe comportare laviolazione dell’Art. 629 C.P. – estorsione).

Infine, dal lato del soggetto affidatario non abilitato, egli non ha alcun potere, i suoi atti, di qualsiasi natura, non sonosolo nulli ma inesistenti, compresa la quietanza rilasciata al contribuente che avesse a pagare quanto richiesto(naturalmente, questo non abilita il Comune a chiedere il pagamento diretto del tributo già riscosso dall’esattore, invirtù del principio di tutela della buona fede del contribuente).

L’esercizio abusivo di pubbliche funzioni (che tale appare prima facie la riscossione di entrate pubbliche al di fuori diNorme di Legge che lo consentono) comporta il reato previsto dall’Art. 347 C.P. (usurpazione di pubbliche funzioni).

La comunicazione a terzi (la Società di recupero crediti) dei nominativi e degli altri dati dei contribuenti insolventiappare, inoltre, in contrasto con la Normativa in materia di trattamento dei dati personali (Art. 13, c. 5, lett. a, ed Art.li18, 19 e 24, D.Lgs. 196/03) dato che nessuna Norma di Legge ne consente il trattamento da parte del privato nonabilitato alla riscossione.

Anche questo può comportare conseguenze sul piano civilistico e penale a carico sia dell’affidante sia dell’affidatario.

Quando poi, l’affidante fosse, come ci è capitato di verificare, uno dei soggetti abilitati alla riscossione, cui il Comuneha affidato il servizio, si avrebbe una ulteriore conseguenza in quanto verrebbe violato anche il principio secondo cuidelegato delegare non potest.

Che poi, il sistema di creare dal nulla la riscossione stragiudiziale dei tributi e delle entrate comunali sia più efficienterispetto ai sistemi legittimi è tutto da dimostrare.

Se gli atti posti in essere dall’esattore sono inesistenti, è giocoforza ritenere che per coloro che pagherannospontaneamente sarebbe bastato un sollecito da parte dell’Ente.

Se invece la Società di recupero crediti dovesse mettere in opera, del tutto illegittimamente, se non illecitamente, atti diriscossione coercitiva, ci troveremmo, nella migliore delle ipotesi, di fronte al rifiuto da parte dei contribuenti adadempiere ad una obbligazione illegittima.

L’efficacia e l’efficienza del sistema appaiono ancora più incerte se l’affidamento avvenisse da parte di un Organoausiliario del Comune (Azienda Speciale, Società mista, Soggetto privato abilitato).

Se tale soggetto ausiliario è stato scelto per lo svolgimento della riscossione è (dovrebbe essere) perché è in grado disvolgere autonomamente il servizio. Se ha necessità di rivolgersi a terzi la scelta del Comune è stata fatta male, inquanto il soggetto affidatario prescelto non è evidentemente in grado di prestare il servizio.

Del resto, pure se è noto che né la riscossione tramite ruolo, né la riscossione tramite ingiunzione, costituisconol’optimum dei sistemi di riscossione, questi e solo questi sono i sistemi consentiti dalla Legge.

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Ad onor del vero e per completezza di trattazione dobbiamo osservare come sul punto sia intervenuta una Ordinanza delTAR Lombardia, Sez. staccata di Brescia (reperibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it), la quale nel respingere larichiesta di sospensiva avanzata dal ricorrente giudica, sommariamente, legittimo l’operato di un Comune che avevaaggiudicato ad una società di recupero crediti la riscossione (non in conformità alle norme dell’Art. 52) delle Sanzionidel Codice della Strada (Ord. n. 1768/2004).

Pur nel dovuto rispetto per le pronunce degli organi giurisdizionali, riteniamo che l’ordinanza non possa considerarsi unprecedente significativo, per due motivi fondamentali:- Il primo riguarda il carattere dell’ordinanza medesima, che ha ovviamente carattere provvisorio in quanto adottata

in materia cautelare.- Il secondo motivo, sostanziale, riguarda la pronuncia medesima.

Il TAR, infatti, prima equipara alla riscossione spontanea la “riscossione stragiudiziale” effettuata dall’Agenzia direcupero crediti, quindi, conclude che per la riscossione spontanea non occorre esercitare poteri o funzioni pubbliche,sicché, tale forma di riscossione non ricadrebbe sotto l’usbergo del richiamato Art. 52, D.Lgs. 446/97 per l’Organogiudicante.

Secondo il TAR l’Art. 52, riguarderebbe solo la riscossione coattiva.

La conclusione del TAR non appare condivisibile, in quanto l’Art. 52, non compie alcuna distinzione tra la riscossionec.d. spontanea e coattiva, regolandole entrambe nella stessa maniera e prescrivendo per entrambe precise idoneità,abilitazioni e caratteristiche per i soggetti esterni all’Amministrazione che possono provvedere alla riscossione.

In altre parole, non importa se il contribuente versa spontaneamente il tributo oppure se il tributo viene riscosso con ilpignoramento. Per incassare denaro pubblico si deve essere o un Organo strumentale dell’Ente medesimo (AziendaSpeciale o Società mista) ovvero essere Concessionari del Servizio Nazionale Riscossione Tributi, od ancora Societàiscritte nell’Albo ex Art. 53, medesimo D.Lgs.

È, poi, dubbio che la riscossione stragiudiziale possa inserirsi nel quadro della riscossione spontanea che è caratterizzatadal versamento spontaneo delle somme dovute nei termini previsti dalle singole Norme che regolano le entrate.

Di contro, la riscossione affidata alle società di recupero crediti avviene quando è già spirato il termine di adempimentoe quindi non può che rientrare nella fase della riscossione coattiva, con l’applicazione delle sanzioni previste, degliinteressi, ecc.

Tralasciamo di esaminare le altre considerazioni espresse nell’Ordinanza in merito alla mancanza di “un preminenteinteresse pubblico, che per le considerazioni appena svolte non sembra sussistere nel caso del servizio di recuperocrediti a favore dell’Amministrazione” e del fatto che “i requisiti di affidabilità necessari in un soggetto che ha ilmaneggio e la custodia di denaro pubblico sembrano sufficientemente garantiti dalla licenza per recupero crediti. Irequisiti minimi di professionalità e idoneità finanziaria e tecnico – organizzativa sono fissati da ciascun comune inrelazione al valore del credito da riscuotere”.

Comunque, non appare in alcun modo sostenibile la conclusione provvisoria cui è giunto il TAR Lombardia, secondocui la riscossione spontanea “non comportano esercizio di poteri pubblicistici”, in quanto il carattere pubblicisticoderiva direttamente dalla natura dell’Entrata (che o è pubblica – tributo, canone, ecc.– ovvero non lo è) e non dal tipodi riscossione che viene utilizzato.

Un ulteriore inquadramento della Entrata pubblica, del resto, è già stato risolto e consolidato dalla Giurisprudenzanazionale e comunitaria in materia di applicazione dell’IVA, l’orientamento è noto in riferimento all’Entrata pubblica.

Altre considerazioni potrebbero essere svolte in merito al fatto che ai soggetti abilitati alla riscossione dei tributi e delleentrate comunali è richiesta una particolare solidità patrimoniale (capitale sociale non inferiore a 2.582.000 Euro) esono sottoposti ad una istruttoria di affidabilità e moralità particolare per essere iscritti nello speciale Albo ex Art. 53,D.Lgs. 446/97, mentre alle Società di recupero crediti per operare è sufficiente una semplice licenza della Questura (Art.115, R.D. 773/31), come ad una agenzia di certificati, ma quanto sin qui detto dovrebbe essere sufficiente a dirimere laquestione.

Ci si consenta di rammentare che tutte le Leggi si concludono con la dizione “… è fatto obbligo a chiunque spetti diosservarla e di farla osservare… ”, quindi se proprio chi è tenuto ad applicarla è il primo a violare la Norma, ci vienespontaneo chiedere perché il semplice cittadino dovrebbe osservarla e contribuire con le imposte, tasse, ecc. alle spesecollettive.

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Si va instaurando l’abitudine concettuale di considerare quasi tutte le attività degli Enti Locali al pari di attivitàimprenditoriali, ma il presidio della legalità nell’attività della Pubblica Amministrazione non può essere subordinato alogiche imprenditoriali, estranee alle finalità dell’Ente, ed in particolare equiparare le attività di riscossione di Entratepubbliche a quelle poste in essere dal privato, snatura il rapporto contribuente / Ente impositore, sottraendolo al vincolodi legalità voluto dalla Costituzione.

Appendice Normativa:D.Lgs. 446/97:Art. 52. Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni.1. Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quantoattiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima deisingoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto nonregolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.2. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione delbilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entratetributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entrotrenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Condecreto dei Ministeri delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per latrasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale deiregolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delletariffe di tributi.3. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statutoe delle relative norme di attuazione.4. Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organidi giustizia amministrativa.5. I regolamenti, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati aiseguenti criteri:

a) l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negliarticoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e lariscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, le relative attività sono affidate: 1) mediante convenzione alleaziende speciali di cui all'articolo 22, comma 3, lettera c), della legge 8 giugno 1990, n. 142, è, nel rispettodelle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società perazioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale previste dall'articolo 22, comma 3,lettera e), della citata legge n. 142 del 1990, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all'albo di cuiall'articolo 53 oppure siano già costituite prima della data di entrata in vigore del decreto, concernente l'albodei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, di cui alcomma 3 del medesimo articolo 53; 2) nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento dellagestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la gestione presso altri comuni, ai concessionari dicui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, a prescindere dagli àmbiti territoriali per i quali sono titolari dellaconcessione del servizio nazionale di riscossione, ai soggetti iscritti nell'albo di cui al predetto articolo 53, fattasalva la facoltà del rinnovo dei contratti fino alla revisione del sistema delle concessioni di cui al decretolegislativo 13 aprile 1999, n. 112, previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblicointeresse;c) l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;d) il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dalfunzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

6. La riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con laprocedura di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di riscossione di cui alD.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in propriodall'ente locale o affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4.7. [Con decreto del Ministro delle finanze, da emanare secondo le procedure di cui all'articolo 53, sono stabilitedisposizioni generali in ordine ai criteri di affidamento e di svolgimento dei servizi in questione al fine di assicurare lanecessaria trasparenza e funzionalità, nonché la misura dei compensi, tenuto anche conto delle effettive riscossioni].

Art. 53. Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali.1. Presso il Ministero delle finanze è istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e diaccertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.2. L'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e ladecadenza della gestione sono effettuate da una apposita commissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanzadell'ANCI e dell'UPI.

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3. Con decreti del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400, tenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela del pubblico interesse, sentita la conferenza Stato-città, sonodefiniti le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione nell'albo, al fine di assicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici efinanziari, la sussistenza di sufficienti requisiti morali e l'assenza di cause di incompatibilità da parte degli iscritti, edemanate disposizioni in ordine alla composizione, al funzionamento e alla durata in carica dei componenti dellacommissione di cui al comma 2, alla tenuta dell'albo, alle modalità per l'iscrizione e la verifica dei presupposti per lasospensione e la cancellazione dall'albo nonché ai casi di revoca e decadenza della gestione. Per i soggetti affidatari diservizi di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e altre entrate degli enti locali, che svolgano i predettiservizi almeno dal 1° gennaio 1997, può essere stabilito un periodo transitorio, non superiore a due anni, perl'adeguamento alle condizioni e ai requisiti per l'iscrizione nell'albo suddetto.4. Sono abrogati gli articoli da 25 a 34 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, concernenti la gestione del servizio diaccertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità.

Legge delegaLegge 15 dicembre 2004, n. 308(Supplemento ordinario n. 187 alla Gazzetta ufficiale 27 dicembre 2004 n. 302)Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materiaambientale e misure di diretta applicazioneArt. 1, c. 9. I decreti legislativi di cui al comma 1 devono essere informati agli obiettivi di massima economicità erazionalità, anche utilizzando tecniche di raccolta, gestione ed elaborazione elettronica di dati e, se necessario, mediantericorso ad interventi sostitutivi, sulla base dei seguenti principi e criteri specifici:

a) assicurare un'efficace azione per l'ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione dei rifiuti,finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità; semplificare, anche mediante l'emanazione diregolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e razionalizzare leprocedure di gestione dei rifiuti speciali, anche al fine di renderne più efficace il controllo durante l'intero ciclodi vita e di contrastare l'elusione e la violazione degli obblighi di smaltimento; promuovere il riciclo e il riusodei rifiuti, anche utilizzando le migliori tecniche di differenziazione e di selezione degli stessi, nonché ilrecupero di energia, garantendo il pieno recepimento della direttiva 2000/76/Ce del Parlamento europeo e delConsiglio, del 4 dicembre 2000, relativa all'incenerimento dei rifiuti, ed innovando le norme previste daldecreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzettaufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e successive modificazioni, con particolare riguardo agli scarti delleproduzioni agricole; prevedere i necessari interventi per garantire la piena operatività delle attività diriciclaggio anche attraverso l'eventuale transizione dal regime di obbligatorietà al regime di volontarietà perl'adesione a tutti i consorzi costituiti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; razionalizzare ilsistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mediante la definizione di ambiti territoriali diadeguate dimensioni all'interno dei quali siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativocompetente, il graduale passaggio allo smaltimento secondo forme diverse dalla discarica e la gestioneaffidata tramite procedure di evidenza pubblica; prevedere l'attribuzione al presidente della Giunta regionaledei poteri sostitutivi nei confronti del soggetto competente che non abbia provveduto ad espletare le gare entrosei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, tramite la nomina dicommissari ad acta e di poteri sostitutivi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio senza altriobblighi nel casti in cui il presidente della Giunta regionale non provveda entro quarantacinque giorni;prevedere possibili deroghe, rispetto al modello di definizione degli ambiti ottimali, laddove la Regionepredisponga un piano regionale dei rifiuti che dimostri l'adeguatezza di un differente modello per ilraggiungimento degli obiettivi strategici previsti; assicurare tempi certi per il ricorso a procedureconcorrenziali come previste dalle normative comunitarie e nazionali e definire termini certi per la duratadei contratti di affidamento delle attività di gestione dei rifiuti urbani; assicurare una maggiore certezzadella riscossione della tariffa sui rifiuti urbani, anche mediante una più razionale definizionedell'istituto;

ART. 7 - DEFINIZIONI1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentoresi disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, fermo restando che non costituisce rifiuto ciò che ildetentore intenda utilizzare o destinare all’utilizzo nell’ambito di un processo produttivo secondo le modalitàstabilite ai sensi dell’art. 5, commi 6 e 7;b) produttore: la persona la cui attività ha materialmente prodotto rifiuti e la persona che ha effettuatooperazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione deirifiuti;c) detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di questeoperazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura;e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita e di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;

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f) raccolta differenziata: la raccolta idonea, secondo i criteri di economicità, efficacia, trasparenza edefficienza, a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta e/o almomento della lavorazione compresa la frazione organica umida, destinate al recupero.g) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una sostanza, un materiale o un oggettodal circuito economico e/o di raccolta, in particolare, le operazioni previste nell'allegato B;h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili,attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e in particolare, le operazionipreviste nell'allegato C;i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loroall'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti;l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui alpunto D15 dell'allegato B, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva dimateriali di cui al punto R13 dell'allegato C;m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sonoprodotti alle seguenti condizioni:

m 1 - i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani,

policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 ppm né policlorobifenile, policlorotrifenili in quantità superiore a

25 ppm;

m 2 - i rifiuti pericolosi debbono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo due

diverse modalità alternative fra loro, a scelta del produttore:

a) con cadenza almeno bimestrale dalla data di registrazione sul registro di cui all'articolo 12 del presentedecreto, indipendentemente dalle quantità in deposito;b) ovvero quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge 10 metri cubi. In ogni caso, allorchéil quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l'anno il deposito temporaneo non può avere durata superioread un anno; lo stesso termine di durata massima si applica indipendentemente dalle quantità, al depositotemporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

m 3 - i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo

due diverse modalità alternative fra loro, a scelta del produttore:

a) con cadenza almeno trimestrale dalla data di registrazione sul registro di cui all'articolo 12 del presentedecreto, indipendentemente dalle quantità in deposito;b) ovvero quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi. In ogni casoallorché il quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere duratasuperiore ad un anno; lo stesso termine di durata massima si applica; indipendentemente dalle quantità aldeposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

m 4 - il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi omogenei e nel rispetto delle relative norme tecniche,

nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi

contenute;

m 5 - devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi;

n) sottoprodotto: i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendone l’oggetto dell’attivitàprincipale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad unulteriore impiego o al consumo. Non sono soggetti alle disposizioni del presente decreto i sottoprodotti di cuil’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodottiimpiegati direttamente dall’impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoliper l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego, senza la necessità di operare trasformazionipreliminari in un successivo processo produttivo. L’utilizzazione del sottoprodotto deve essere certa e noneventuale;o) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidità, proveniente da raccolta differenziatao selezione/trattamento dei rifiuti urbani;p) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilità, a basso tenore di umidità proveniente da raccolta differenziata oselezione/trattamento dei rifiuti urbani, avente un rilevante contenuto energetico;q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell’articolo 5, commi6 e 7, del presente decreto;r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 esuccessive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità normale, che sia recuperato, nel rispetto dellagerarchia dei trattamenti possibili, dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati agarantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controllare:

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a) il rischio ambientale e sanitario;b)la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidità;c) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione;

s) combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q): il combustibile classificabile, sulla base delle normetecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità elevata, ai sensidell’articolo 1, comma 29, della legge 15 dicembre 2004, n. 308.t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispettodi apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale esanitaria, e in particolare a definirne i gradi di qualità.u) materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche:

a) rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef, Uni,

Euro o ad altre. Specifiche nazionali e internazionali, individuate entro 180 giorni dall’entrata in vigore del presente

decreto, con decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle

Attività Produttive, non avente natura regolamentare;

b) i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la

raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle specifiche sopra

menzionate. I fornitori e produttori di materia prima secondaria per attività siderurgiche appartenenti a Paesi esteri,

presentano domanda di iscrizione all'Albo Nazionale delle Imprese esercenti servizio di smaltimento rifiuti, così

come previsto dall'articolo 36 comma 12 del presente decreto, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore

del decreto ministeriale sopra citato;

v) organizzatore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti: l'impresa che effettua il servizio digestione dei rifiuti, prodotti anche da terzi, e di bonifica dei siti inquinati ricorrendo, coordinandole, anche adaltre imprese, in possesso dei requisiti di legge, per lo svolgimento di singole parti del servizio medesimo.L'impresa che intende svolgere l'attività di organizzazione della gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti deveessere iscritta nelle categorie di intermediazione dei rifiuti e bonifica dei siti dell'Albo previsto dall'articolo 36del presente decreto nonché nella categoria delle opere generali di bonifica e protezione ambientale stabilitedall'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n.34;x) emissioni: masse gassose provenienti da trattamenti termici convogliate direttamente dal luogo diproduzione in atmosfera attraverso appositi camini;y) scarichi idrici: masse, a base acquosa, convogliate direttamente dal luogo di produzione in fognatura o aidepuratori attraverso apposite canalizzazioni.

ART. 8 - CLASSIFICAZIONE1. Ai fini dell'attuazione del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiutispeciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a),assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, lettera g);c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed areeprivate comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiterialediversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

3. Sono rifiuti speciali:a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalleattività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 10 del presente decreto;c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, lettera i);d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;e) i rifiuti da attività commerciali;f) i rifiuti da attività di servizio;g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione eda altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;

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l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;m) il combustibile derivato da rifiuti.

4. Con decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle AttivitàProduttive si provvede ad istituire l’elenco dei rifiuti –conformemente all'articolo 1, comma 1, lettera a), della Direttiva75/442/CE e successive modifiche e integrazioni ed all'articolo 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CE - di cui allaDecisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Sino all’emanazione del presente decreto continuano adapplicarsi le disposizioni di cui alla Direttiva del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 9 aprile 2002.5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici espressamente indicati come tali nell'elenco di cui all'allegato D del presentedecreto, sulla base degli allegati G, H e I.

Commentoin merito alla definizione di rifiuti urbani e rifiuti speciali (commi 2 e 3 dello schema) il testo non reca variazionirispetto alla Normativa attuale (Art. 7, D.Lgs. 22/97).ART. 12 - ONERI DEI PRODUTTORI E DEI DETENTORI1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitoreautorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell'allegato B al presente decreto, e dei precedentidetentori o del produttore dei rifiuti.2. Il produttore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità:

a) autosmaltimento dei rifiuti;b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con iquali sia stata stipulata apposita convenzione;d) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 18 del presente decreto.

3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, acondizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 17 controfirmato e datato in arrivo daldestinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza delpredetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla Provincia della mancata ricezione del formulario.Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione deve essereeffettuata alla Regione.

4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento edeposito preliminare di rifiuti, indicate rispettivamente ai punti D 13, D 14, D 15 dell'allegato B, la responsabilità deiproduttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto,di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impiantoche effettua le operazioni di cui ai punti da D 1 a D 12 del citato allegato B. Le relative modalità di attuazione sonodefinite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che dovrà anche determinare le responsabilitàda attribuire all'intermediario dei rifiuti.

CommentoGli obblighi dei produttori non sono variati rispetta a quanto previsto dalla attuale formulazione dell’Art. 12, D.Lgs.22/97.

ART. 22 - COMPETENZE DEI COMUNI1. I Comuni concorrono nell’ambito delle attività degli ambiti territoriali ottimali, di cui all’articolo 24 e con le modalitàivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario dellagara ad evidenza pubblica indetta dall’Autorità d’ambito ai sensi dell’articolo 26 del presente decreto, i Comunicontinuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelleforme di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.2. I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi ditrasparenza, efficienza, di efficacia, di economicità e di coordinamento con le funzioni delle Autorità d’ambito di cuiall’articolo 25, stabiliscono in particolare:

a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al finedi garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti daesumazione ed estumulazione di cui all'articolo 8, comma 2, lettera f);e) le disposizioni necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari diimballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;

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g) l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, derivanti daenti e imprese esercitate su aree con superficie non superiore ai 150 metri quadri nei comuni conpopolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie non superiore a 250 metri quadri neicomuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti ai fini della raccolta e dello smaltimentosulla base dei criteri fissati ai sensi dell'articolo 19, comma 2, lettera e). Non possono essere di normaassimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree industriali compresi i magazzini di materieprime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici e nelle mense. Sono comunque consideratirifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallospazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed areepubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime elacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;h) il parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle Autoritàd’ambito.

3. I Comuni sono tenuti a fornire alla Regione, alla Provincia ed alle Autorità d’ambito tutte le informazioni sullagestione dei rifiuti urbani.

CommentoVengono drasticamente ridotte le competenze dei Comuni in merito alla gestione dei rifiuti urbani.

Si deve segnalare la “stranezza” dell’impostazione dello schema di Norma in commento.

I Comuni vengono pressoché bypassati dalle Autorità d’Ambito (Art.li 24 e 25 dello schema) in tutti gli aspetti dellagestione dei rifiuti, però l’organizzazione della gestione dei rifiuti urbani deve essere disciplinata con regolamentodel Comune.

Il risultato più immediato e quasi certo è che all’interno dello stesso ambito ottimale saranno in vigore differentimodalità di servizio, certo non può ritenersi una gestione “razionale” (nonostante la chiarezza della delega conferita alGoverno).

Attenzione: si tratta di un aspetto molto importante, infatti il regolamento dovrà disciplinare le modalità diconferimento, raccolta e trasporto, la raccolta differenziata, ecc.

Di conseguenza si potrà registrare una pluralità di modelli di gestione, con diverse tipologie di differenziazione deirifiuti, il tutto con una grande disomogeneità.

A proposito di “assimilazione”, stando alla lettera dello schema, il potere di assimilazione viene limitato alle “aree”,che è nozione diversa dai locali. Dobbiamo ritenere che tale dizione sia inserita quale sinonimo di superficie e quindi siriferisca alla classica dizione “locali ed aree” ed in tal senso è tratto il successivo commento.

Infine si deve osservare che il limite di assimilazione posto a 150 o 250 metri comporterà pesanti conseguenze sulgettito e sulle modalità di servizio.

In primo luogo, viene del tutto eliminata qualsiasi partecipazione delle attività economiche alle spese fisse del servizio.

Nel Decreto Ronchi, invece, era espressamente previsto che almeno la parte della tariffa legata alle spese fisse, fossepagata anche dalle attività economiche.

In secondo luogo, cosa impedirà alle attività economiche di utilizzare comunque il Servizio Pubblico per quella parte dirifiuti che sono prodotti dagli uffici, dai negozi, dalle mense aziendali e che attualmente vengono avviati al ServizioPubblico.

Dato l’attuale schema organizzativo del servizio (raccolta con cassonetti stradali) è pressoché impossibile controllareche i rifiuti ivi conferiti siano solo quelli delle utenze domestiche.

Quindi avremo aziende che continueranno a conferire al servizio pubblico i propri rifiuti non pericolosi senza versarealcunché, dato che saranno esclusi dalla tassazione (in quanto esclusi da assimilazione ai sensi del combinato dispostodell’Art. 8 e del presente articolo).

L’unico sistema per porvi rimedio sarà il passaggio immediato generalizzato alla raccolta domiciliare con rimozionetotale dei cassonetti stradali.

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In questa maniera la raccolta domiciliare viene fatta solo alle abitazioni e solo a quelle attività economiche di cui si èprovveduto ad assimilare i rifiuti. Gli altri saranno costretti a fare convenzioni con soggetti autorizzati o con lo stessogestore del servizio pubblico.

I Comuni che stanno attuando la transizione dalla raccolta stradale a quella domiciliare si stanno scontrando condifficoltà notevoli ed un aumento dei costi considerevole.

Si tenga conto che si tratta di Comuni di taglia media, ovvero di zone centrali di Comuni di grandi dimensioni.

L’adozione generalizzata della raccolta domiciliare in Comuni di grandi dimensioni non sembra fattibilenell’immediato.

Tanto per concretizzare osserviamo che in un Comune di circa 23.000 abitanti, situato nel nord del paese, con una fortepresenza commerciale e discreta presenza produttiva (artigiani e industrie) il gettito a ruolo è attualmente cosìsuddiviso:

numero articoli di ruolo superficie gettito Tarsu (D.Lgs.507/93)

Abitazioni e superfici accessorie 15.509 1.053.703 1.919.834Attività superficie inferiore o uguale a 250mq. 1.061 82.106 442.528Attività superficie superiore a 250mq. 223 203.416 693.003Totale 16.793 1.339.225 3.055.370,45

Dato che non è prevedibile una diminuzione dei costi, costituiti per la gran parte da costi fissi non comprimibili,avremo quindi che le utenze domestiche e quelle commerciali inferiori a 250 mq. subiranno un aumento pari al29,34% derivante solo ed esclusivamente dalla diminuzione delle utenze tassabili.

Di converso sarà difficile registrare una diminuzione dei costi per i motivi già esposti, tenendo conto anche del fatto chela quantità di rifiuti conferiti incide (sul complesso dei costi del servizio) solo per la quota relativa allo smaltimento veroe proprio (costo unitario di discarica) o del riciclo e recupero (costo unitario del riciclo).

Nella ns/ esperienza di redazione di Piani Finanziari, il costo di trattamento finale dei rifiuti (smaltimento o riciclo)influisce per meno del 30% sul costo totale del servizio.

Registreremo, quindi, una diminuzione che sarà pari al solo costo di smaltimento dei rifiuti che attualmente sonoconferiti dalle Aziende e che in futuro non lo saranno più (150/250 mq.). Ma tale riduzione sarà quantificabile in unmassimo del 10% del costo di smaltimento e quindi il 3% dei costi complessivi.

I costi di raccolta e trasporto sono in larga parte indipendenti dalla quantità di rifiuti conferiti e sono legati più allasituazione urbanistica ed alla distribuzione delle utenze che ai rifiuti stessi.

Si tenga conto che i costi (quantificati sul tempo necessario) sono gli stessi sia se il contenitore stradale è pieno sia se èmezzo vuoto.

Del resto, l’organizzazione del servizio è già misurata su uno standard preciso di raccolta e la sua diminuzionequantitativa non porterà vantaggi in termini economici, mentre deprimerà il corrispettivo.

Infine, si deve osservare, nel testo in commento, come il fatto che i produttori siano costretti a gestire i rifiuti in manieraautonoma li esime totalmente dal tributo, anche per quella parte di esso strettamente legata all’igiene ambientale dellacittà.

Non possiamo pensare, per esempio, che la presenza di grandi centri commerciali in un Comune non comporti unamaggiore necessità di pulizia stradale (data l’affluenza di clienti che ciò comporta), ma questo maggiore onere andràspalmato su tutti i contribuenti tranne che sul centro commerciale, la cui attività lo ha di fatto generato.

ART. 24 - ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEL SERVIZIO INTEGRATO DI GESTIONE DEIRIFIUTI1. La gestione dei rifiuti è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito denominati ATO, delimitati dalpiano regionale di cui all’articolo 23, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 19, comma 1, lettere m), n) ed o)del presente decreto e secondo i seguenti criteri:

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a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio integrato di gestione dei rifiuti;b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici esulla base delle ripartizioni politico-amministrative;c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasportiall’interno dell’ATO;d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base dimotivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

2. Le Regioni, sentite le Province ed i Comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e dipianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto,provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 19,comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.3. Le Regioni interessate, d’intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o piùRegioni.4. Le Regioni, sentite le Province, disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione deirifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relativeautorizzazioni.5. Le città o gli agglomerati di Comuni, di dimensioni maggiori alle dimensioni medie di un singolo ambito, vengonosuddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.6. I singoli Comuni entro 30 giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentaterichieste di modifica all’assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territorialediverso, limitrofo a quello di assegnazione.7. Le Regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddovepredispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previstidalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato aisensi del precedente articolo 19.

CommentoQuesto articolo cambia la forma degli Ambiti territoriali ottimali previsti dall’Art. 23, D.Lgs. 22/97.

Nel testo attualmente in vigore, gli ATO coincidono di norma con le Province, che direttamente assicurano la gestioneunitaria dei rifiuti urbani e predispongono i piani provinciali.

Eccezionalmente (anche se molti piani rifiuti lo hanno previsto) era possibile la costituzione di ATO sub provinciali.

All’interno dell’ATO i Comuni dovevano assicurare la gestione dei rifiuti, attraverso le forme di associazione previstadalla L. 142/1990.

Ora viene disposto inequivocabilmente che gli ATO sono sub provinciali.

Viene istituita una forma di consorzio obbligatorio che diventa l’autorità d’ambito dotata di vaste competenze (vediarticolo 25 e 62).

Però, strano a dirsi, proprio le competenze più importanti per la gestione dei rifiuti, quelle relative all’organizzazionesul territorio, sono lasciate ai Comuni (vedi pag. 26).

In tal modo diventa difficile che possa essere assicurata la “gestione unitaria” perché ciascun Consiglio Comunale saràautonomo e sovrano nelle scelte di organizzazione.

Inoltre appare bizzarro che si possano definire più ATO all’interno del medesimo Comune o Città (comma 5).

Questo perché al successivo Articolo 25, l’autorità di ambito viene definita come “struttura consortile” obbligatoria tragli Enti Locali del medesimo ATO.

Ma se l’ATO è sub comunale (come previsto dal comma 5) tra chi viene costituito il consorzio, tra le circoscrizioni, icomitati di quartiere, i condomini, i comitati di scala?……

Inoltre, nel medesimo Art. 25 comma 5, viene previsto che gli ATO dovranno raggiungere l’autosufficienza dismaltimento, quindi avere almeno un impianto a tecnologia complessa (inceneritore, o meglio, termovalorizzatore?) edi una discarica di servizio…

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Infine, l’ATO, visto tutto l’articolato a seguire ed i compiti interni ed esterni assegnatigli, dovrà avere una strutturaorganizzativa, amministrativa non indifferente con un carico di costi elevatissimo specie in unità di lavoro, conripercussione solo ed esclusivamente sulla tassa, e viste le norme sull’assimilazione, a carico delle abitazioni.

ART. 25 - DISCIPLINA DEL SERVIZIO INTEGRATO DI GESTIONE DEI RIFIUTI1. Al fine dell’erogazione del servizio integrato di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 2 le Regioni e le Provinceautonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale,prevedendo che gli stessi costituiscano Autorità d’ambito, cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e ilcontrollo della gestione del servizio integrato di gestione dei rifiuti.2. L’Autorità d’ambito è una struttura consortile (32) dotata di personalità giuridica di diritto pubblico costituita inciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipanoobbligatoriamente, e alla quale è affidato l’esercizio delle loro competenze.3. L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondocriteri di efficienza, di efficacia e di economicità; l’Autorità d’ambito, nel rispetto della disciplina regionale, organizzaforme e modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, anche conriferimento alla riscossione della tassa sui rifiuti solidi urbani, secondo criteri di efficienza, efficacia edeconomicità.4. La gestione ed erogazione del servizio integrato, per il perseguimento degli obiettivi determinati dall’Autoritàd’ambito, sono affidate nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica. Tali attivitàcomprendono la realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio, comprensivo delle attività di gestione erealizzazione degli impianti, raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione, recupero e smaltimento completo ditutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’ATO.5. Ogni Autorità d’ambito deve raggiungere nell’arco di 5 anni dalla sua costituzione l’ autosufficienza di smaltimento,anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati; deve esseredotato di almeno un impianto a tecnologia complessa e di una discarica di servizio. La possibilità di gestire e realizzarediscariche controllate rientra nella pianificazione di ambito.6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, comunque non inferiore a 15 anni, è disciplinata dalleRegioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.CommentoIn parte questo Articolo è stato già commentato nelle pagine precedenti, data la stretta connessione con l’Art. 24.

Si deve però ribadire la difficoltà di agire unitariamente quando la competenza dell’organizzazione è suddivisa trasoggetti diversi, tutti sovrani sul loro territorio (i Comuni).

Come già detto, gli ATO debbono raggiungere l’autosufficienza di smaltimento (comma 5) entro cinque anni dallacostituzione.

Prima, quindi, costituisco l’ATO poi individuo i siti per “l’impianto a tecnologia complessa” e per la “discarica diservizio”.

Ma se nel territorio non ci sono siti adatti? 32 D.Lgs. 18-8-2000 n. 267, Articolo 31 Consorzi.1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire unconsorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorziopossono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensidell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio.3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente aquanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione,agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinarel'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivirappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti deglienti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quotadi partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio.7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori perl'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali.

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Faccio un accordo con altri soggetti come mi dice lo schema di Decreto.E se non trovo altri soggetti disposti a “cooperare”?Forse sarebbe opportuno prevedere che gli ATO possano essere istituiti solo se sul loro territorio sono presenti sitiadatti allo smaltimento, facendo in modo che l’assetto territoriale consortile dipenda dall’esistenza di siti adeguati enon astrattamente predeterminato.Che significa poi, “organizzare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali anche con riferimento allariscossione della tassa sui rifiuti solidi urbani”?

L’Art. 62 dello schema ci dice chiaramente che la Tassa è di competenza dell’ATO e del Soggetto privato Gestoreunico. Che c’entrano gli Enti Locali? (la “cooperazione” a cosa si riferisce?).

La Tariffa è determinata dall’ATO e la riscossione, sotto le linee guida dell’ATO e di Legge, è organizzata secondo lecapacità imprenditoriali del gestore.

Quali sono infine le competenze dei Comuni che sono esercitate dall’ATO (comma 2)? Ai Comuni sono rimaste solo lecompetenze dell’Art. 22 o forse anche queste verranno attribuite all’ATO.

In tal caso era meglio attribuire direttamente all’Autorità anche i poteri in merito alla determinazione tecnica delservizio, alla assimilazione ed alle modalità di svolgimento, che sarebbe stato più coerente con l’impostazione delloschema di decreto.

Anche questa dizione appare quantomeno imprecisa.

ART. 26 - AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO1. L’Autorità d’ambito aggiudica la gestione del servizio di gestione dei rifiuti integrato mediante gara disciplinata daiprincipi e dalle disposizioni comunitarie, secondo i criteri di cui all’articolo 113(33), comma 7 del decreto legislativo 18agosto 2000, n. 267 nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto dellegaranzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti. Il Ministro dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio, con apposito decreti emanati ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, definisceuna griglia di valutazione per la comparazione delle diverse offerte.2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa proposte dimiglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali,proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamentedefiniti.3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull’utente sia in terminieconomici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.4. Gli impianti già esistenti al momento dell’assegnazione del servizio vengono conferiti in comodato ai soggettiaffidatari del servizio integrato.5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio integrato o direttamente, ai sensi dell’articolo113, comma 5 ter (34), del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dallanormativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge n. 109 dell’11 febbraio 1994, ovvero secondo loschema della finanza di progetto di cui agli articoli 37 bis e seguenti della predetta legge n. 109 dell’11 febbraio 1994. 33 D.Lgs. 267/2000, Art. 113, c. 7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi,quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o,in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e dellecondizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento dellereti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devonoconsiderarsi integrative delle discipline di settore34 D.Lgs. 267/2000, Art. 113, c. 5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione deiservizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedonoall'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o diconcessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti dicui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidentedella Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione deiservizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi allagestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggettosia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto adoggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con leprocedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente

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CommentoMa siamo proprio sicuri che il Servizio dei rifiuti urbani sia un servizio a carattere industriale, come definito dall’Art.113, D.Lgs. 267/2000?

Secondo costante interpretazione e giurisprudenza comunitaria sono servizi di carattere industriale quelli che l’Entepubblico non svolge in quanto tale, cioè quelli che derivano non dalla sua potestà amministrativa od autoritativa maquelli che l’Ente svolge quale operatore economico.

Il Servizio rifiuti urbani non ci sembra che possa definirsi come un servizio industriale, in base alla sempliceconsiderazione che nessun cittadino può sottrarvisi, e che continua ad essere in vigore il principio della privativa.

ART. 27 - SCHEMA TIPO DI CONTRATTO DI SERVIZIO1. I rapporti tra le Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, daallegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle Regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzidi cui all’articolo 19, comma 1, lettera m), n), o).2. Lo schema tipo prevede, in particolare:a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a 15 anni;d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed alcorrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle struttureorganizzative all’uopo preposte;g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile,diversificate a seconda della tipologia di controllo;i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzionedegli impianti;l) la facoltà di riscatto secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidentedella Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi, previsti dalla normativa vigente,oggetto dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;o) le penali e le sanzioni in caso di inadempimento, ferme restando le ipotesi di risoluzione secondo i princìpi del codicecivile;p) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche conriferimento alle diverse categorie di utenze.3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d’ambito operano laricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla Regione i relativi dati. Le Autorità d’ambito inoltre, aimedesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettiviprevisti dal presente decreto, ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un programmadegli interventi necessari accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo.Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire nonché i proventi derivantidall’applicazione della tassa sui rifiuti per il periodo considerato.

CommentoA parte le lettere h) ed o) che sembrano dire la medesima cosa, e se si riferiscono a cose diverse si doveva scriveremeglio, particolarmente interessante appare la lettera p).

Qui si dice che il contratto di Servizio descrive anche le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli entilocali. Ma i Comuni, non hanno alcun potere di determinazione delle tariffe (Art. 22), tant’è che il successivo art. 62,dice che le tariffe sono determinate dall’autorità d’ambito.

Infine il comma 3, ci dice che il Piano Finanziario è redatto dall’Autorità d’ambito, ma non era il soggetto privatogestore che deve assicurare (articolo 26) l’equilibrio finanziario?ART. 28 - GESTIONI ESISTENTI1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuanoa gestirlo fino alla organizzazione del servizio integrato di gestione dei rifiuti.

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2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis (35)dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto2000, n. 267, l’Autorità d’ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto del presente decreto, entro i sessanta giorniantecedenti tale scadenza.3. Qualora l’Autorità d’ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi precedenti nei termini ivi stabiliti, laRegione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e all’Autorità divigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario ad acta che avvia entro 30giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora ilcommissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, suproposta del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, i poteri sostitutivi preordinati al completamento dellaprocedura di affidamento.4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle impresegià concessionarie sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e nelle forme di legge, se nondiversamente disposto dalla convenzione.

CommentoCome si coordina il comma 1 dell’articolo (che sembra prevedere la risoluzione ex lege delle concessioni odaffidamenti in corso) con il testo dell’Art. 113, c. 15 bis (pure richiamato dal comma 2 del medesimo articolo)?

Ci riferiamo in particolare, ai casi di società miste ed a società a capitale interamente pubblico.Per queste il termine del 1 gennaio 2006, non opera.Se si vuole che tutte gli attuali contratti finiscano, si deve fare un chiaro riferimento anche a queste situazioni.Il comma 4 del presente articolo, non ci sembra comprensibile e condivisibile.Gli impianti passano di proprietà agli Enti Locali concedenti.Che ci fanno poi gli enti locali, li conferiscono all’ATO ai sensi dell’Art. 26, c. 4?Inoltre, di solito, i contratti possono prevedere due cose:1) gli impianti a termine gestione passano di proprietà all’Ente (ed allora il comma 4 è inutile)2) gli impianti restano di proprietà dell’affidatario (ed anche qui il comma 4 è inutile).

Infine, in ogni caso, se avviene una risoluzione anticipata “ope legis”, il soggetto affidatario dovrà essere ricompensatoper la perdita del capitale investito.

Chi pagherà questo compenso? Con quali fondi? Va detto.ART. 45 - OBBLIGHI DEI PRODUTTORI E DEGLI UTILIZZATORI1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti diimballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.2. Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 29 e 44 e del Programma di cui all’articolo 49, i produttori e gliutilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma di cui all’articolo48, comma 5 del presente decreto, adempiono all’obbligo della raccolta dei rifiuti di imballaggio primari o comunqueconferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessarioraccordo con l’attività di raccolta differenziata effettuata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicatenell’articolo 48, i produttori e gli utilizzatori devono partecipare al Consorzio Nazionale Imballaggi, salvo che sianoparte di uno dei sistemi di cui all’articolo 45 comma 3, lettere a) e c).3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati edella raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro,

35 D.Lgs. 267/2000, Art. 113, 15-bis: Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano uncongruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessionirilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidatea società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenzapubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonchéquelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale socialeesercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte piùimportante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione leconcessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamentepartecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente acapitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitaleattraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allospirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito diprocedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successivaqualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore

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su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all’articolo 48, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal serviziopubblico, i produttori possono alternativamente:

a) organizzare autonomamente la raccolta, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio su tuttoil territorio nazionale;b) aderire ad uno dei Consorzi di cui all’articolo 47;c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi,mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalitàdi cui ai commi 5 e 6.

4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari, i rifiuti diimballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gliutilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limitiderivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lettera e). Fino all’adozione delle normeregolamentari di cui all'articolo 19, comma 2, lettera e). l’assimilazione è ammessa in relazione a superfici privatenon superiori a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, ovvero a 250metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.5. I produttori che non aderiscono al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all’articolo 47 devonorichiedere all’Autorità di cui all’articolo 31, previa idonea ed esaustiva documentazione, il riconoscimento del sistemaadottato ai sensi del precedente comma 3, lettere a) o c), entro novanta giorni dall’assunzione della qualifica diproduttore ai sensi dell’articolo 42, comma 1, lettera r) o dal recesso anche solo da uno dei suddetti Consorzi; a tal finedevono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema èeffettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gliobiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all’articolo 44. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gliutenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Autorità, dopo aver acquisito inecessari elementi divalutazione da parte del Consorzio nazionale degli imballaggi, si esprime entro 90 giorni dalla richiesta. In caso dimancata risposta nei termini sopra indicati i Ministeri competenti possono esercitare il potere sostitutivo di cuiall'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. L’Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale disintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgentenormativa.6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all’articolo 48 unproprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l’elaborazione del programma generale di cuiall’articolo 49.7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all’Autorità e al Consorzio nazionaledegli imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nelprogramma generale di prevenzione e gestione.8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all’Autorità sui rifiutiprevisto dall’articolo 31 ed al Consorzio nazionale degli imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno solareprecedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema dicui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti diimballaggio, nella quale possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e leeventuali proposte di adeguamento della normativa.9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall’Autorità, previo avvisoall'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 44 ovverosiano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l’obbligo di partecipare ai Consorzidi cui all’articolo 47 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al Consorzio previsto dall’articolo48. I provvedimenti dell’Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio Nazionale Imballaggi.L’adesione obbligatoria ai Consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini dellacorresponsione del contributo ambientale previsto dall’articolo 41, comma 2, lettera h) e dei relativi interessi di mora.Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’Autorità, nonprovvedano ad aderire ai Consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previstedall’articolo 54.10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per:

a) il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;b) gli oneri aggiuntivi relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per iquali l’Autorità d’ambito richiede al CONAI o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;c) il riutilizzo degli imballaggi usati;d) il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;e) lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.

11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccoltadifferenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.

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CommentoValgono le medesime considerazioni già fatte a proposito del potere di assimilazione (commento ad Art. 22, pag. 26).Si deve però osservare come il testo sia leggermente ma sostanzialmente differente.Lì si dice: “rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, derivanti da enti e imprese esercitate su aree con superficienon superiore ai 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie nonsuperiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti” e ciò sembrerebbeescludere in blocco tutte le attività che siano realizzate in aree superiori a 150/250 mq.Qui si dice: “l’assimilazione è ammessa in relazione a superfici private non superiori a 150 metri quadri nei comunicon popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, ovvero a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residentesuperiore ai 10.000 abitanti” il che sembrerebbe socchiudere la porta alla possibilità di far pagare almeno 150/250metri quadri anche alle attività che nel complesso superano tale superficie.Sarebbe il caso di armonizzare il testo, per evitare ogni possibile equivoco.

ART. 46 - RACCOLTA DIFFERENZIATA E OBBLIGHI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE1. La Pubblica Amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere alconsumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi dirifiuti di imballaggi. In particolare:

a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito ottimale, tenuto conto del contestogeografico;b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegiano l'efficacia,l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.

2. Nel caso in cui l'Autorità, di cui all’articolo 31, accerti che le Pubbliche Amministrazioni non abbiano attivatosistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio,anche per il raggiungimento degli obiettivi di cuiall’articolo 29, ed in particolare a quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 44, può richiedere al CONAI, disostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dalCONAI medesimo, per un periodo di avvio del sistema non superiore a 24 mesi, sempre che ciò avvenga all'interno diambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente.Qualora CONAI decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per laraccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivodovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il CONAI non dichiari diprovvedere entro 15 giorni dalla comunicazione, l'Autorità individua, nei successivi 15 giorni, un soggetto cui conferirei rifiuti di imballaggio.3. Ai fini della razionalizzazione della raccolta differenziata e di altre, frazioni merceologiche omogenee, quali rifiutielettrici ed elettronici, ingombranti ecc., la Pubblica Amministrazione, tenuto conto della possibilità di migliorvalorizzazione dei materiali raccolti, può richiedere al CONAI di farsi carico, tramite i soggetti di cui agli articoli 45comma 3 lettere a) e c) e 47, del ritiro e dell'avvio al riciclo di tali frazioni. A tal fine può stipulare specifici accordivolontari con il CONAI, volti a raggiungere gli obiettivi sopra citati.4. Le Pubbliche Amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti diimballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.5. Il Ministro dell'ambiente e della Tutela del territorio e il Ministro delle Attività Produttive curano la pubblicazionedelle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 48, comma 3, lettera g).6. Il Ministro dell'ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle Attività Produttive cura lapubblicazione dei numeri di riferimento delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo50, comma 3, e comunica alla Commissione dell'Unione Europea le norme nazionali di cui al medesimo articolo,comma 3, considerate conformi alle predette norme armonizzate.ART. 62 - ISTITUZIONE DELLA TASSA1. Chiunque possegga e detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio opertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiutiurbani,è tenuto al pagamento di una tassa. La tariffa di cui all’art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22/97, èsoppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo. La tassa costituisce il corrispettivo per lo svolgimentodel servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ivi inclusi i costi indicati dall'articolo 15 deldecreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (36) (37)

36 D.Lgs. 13-1-2003 n. 36, Art. 15. Costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.1. Il prezzo corrispettivo per lo smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto,i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestionesuccessiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato dall'art. 10 comma 1, lettera i).37 D.Lgs. 30-12-1992 n. 504, Art. 19. Istituzione e disciplina del tributo. “1. Salvo le successive disposizioni di raccordocon la disciplina concernente, anche ai fini di tutela ambientale, le tariffe in materia di tassa per lo smaltimento deirifiuti solidi urbani, a fronte dell'esercizio delle funzioni amministrative di interesse provinciale, riguardantil'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti, il rilevamento, la disciplina ed il controllo degli scarichi e delle emissioni

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2. La tassa per la gestione dei rifiuti è commisurata sulla base delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodottiper unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri determinati con ilRegolamento di cui al comma 6, che tenga conto di fasce di utenza e territoriali.3. La tassa è determinata dalle Autorità d’ambito e applicata dai soggetti affidatari del servizio integrato sulla base deicriteri fissati dal Regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tassa può essere prevista la coperturaanche dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienzagiacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico mediante la tassa sui rifiuti. Qualora detti costivengano coperti con la tassa ciò deve essere evidenziato nelle cartelle esattoriali, nei piani finanziari e nei bilancicomunali dei soggetti affidatari del servizio integrato.4. La tassa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite inparticolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuticonferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costidi investimento e di esercizio.5. Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 26 del presente decreto il pianofinanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario di cui all’articolo 8, del decreto del Presidente dellaRepubblica 27 aprile 1999, n. 158. Entro quattro anni dall’entrata in vigore del Regolamento di cui al comma 6, inmaniera graduale, dovrà essere assicurata l’integrale copertura dei costi.6. Il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministro delle Attività Produttive, sentita laConferenza Stato Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, diconcerto con il Ministro delle Attività Produttive disciplina i criteri generali sulla base dei quali vengono definite lecomponenti dei costi e viene determinata la tassa.7. Nella determinazione della tassa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche. In questo caso, a finidella integrale copertura dei costi, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per introdurre leagevolazioni e assicurato il reperimento tramite la fiscalità locale.8. Il Regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualitàdel servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.9. L’eventuale modulazione della tassa, tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni che risultino utili ai finidell’organizzazione del servizio.10. Sulla tassa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttoredimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero deirifiuti stessi.11. Sino alla emanazione del Regolamento di cui al comma 6 del presente articolo ed al compimento degli adempimentiper l'applicazione della tassa da parte delle Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 23 si continuano ad applicarele discipline regolamentari previgenti.

e la tutela, difesa e valorizzazione del suolo, è istituito, a decorrere dal 1° gennaio 1993, un tributo annuale a favoredelle province.2. Il tributo è commisurato alla superficie degli immobili assoggettata dai comuni alla tassa per lo smaltimento deirifiuti solidi urbani ed è dovuto dagli stessi soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti, sono tenuti al pagamentodella predetta tassa.3. Con delibera della giunta provinciale, da adottare entro il mese di ottobre di ciascun anno per l'anno successivo, iltributo è determinato in misura non inferiore all'1 per cento né superiore al 5 per cento delle tariffe per unità disuperficie stabilite ai fini della tassa di cui al comma 2; qualora la deliberazione non sia adottata entro la predetta data lamisura del tributo si applica anche per l'anno successivo.4. In prima applicazione il termine per l'adozione della delibera prevista dal comma 3 è fissato al 15 gennaio 1993 ed ilrelativo provvedimento, dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 47 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (18), è trasmesso incopia entro cinque giorni ai comuni. Se la delibera non è adottata nel predetto termine il tributo si applica nella misuraminima.5. Il tributo è liquidato e iscritto a ruolo dai comuni contestualmente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidiurbani e con l'osservanza delle relative norme per l'accertamento, il contenzioso, la riscossione e le sanzioni. I ruoliprincipali per il 1993 della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani deliberati nei termini di cui agli artt. 286 e290 del T.U.F.L., approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 (19) e successive modificazioni, sono integrati conapposita delibera comunale di iscrizione a ruolo del tributo provinciale per il 1993, da adottare entro il 31 gennaio delmedesimo anno, e posti in riscossione a decorrere dalla rata di aprile. Al comune spetta una commissione, posta a caricodella provincia impositrice, nella misura dello 0,30 per cento delle somme riscosse, senza importi minimi e massimi.6. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'ambiente, sono stabilite lemodalità per l'interscambio tra comuni e province di dati e notizie ai fini dell'applicazione del tributo.7. L'ammontare del tributo, riscosso in uno alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previa deduzione dellacorrispondente quota del compenso della riscossione, è versato dal concessionario direttamente alla tesoreria dellaprovincia nei termini e secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43.

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CommentoCon questo articolo viene abbandonata la Tariffa disciplinata dal Decreto Ronchi e dal DPR 158/99.Si torna ad una definizione univoca del corrispettivo come Tassa.Viene inoltre determinato che la Tassa si applica solo per i locali e le aree che producano rifiuti urbani (dobbiamoritenere che si intenda urbani ed assimilati agli urbani?).Viene determinato che la Tassa è commisurata alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per metroquadro.Ora, la delega conferita al governo, con la Legge 308/2004, Art. 1, c. 9, lett. a), recita:

“… assicurare una maggiore certezza della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani, anchemediante una più razionale definizione dell'istituto”.

Molti commentatori hanno ritenuto che la reintroduzione della Tassa, in luogo della tariffa, abbia ecceduto i limitidella delega.Non siamo del tutto convinti di questa tesi.La delega prevede che possa essere data alla Tariffa una più razionale definizione, al fine di renderne più certa lariscossione.Va necessariamente, premesso che la stessa Tariffa Ronchi, deriva da un chiaro eccesso nell’esercizio della delega asuo tempo conferita al Governo con la Legge 146/94, quindi chi è senza peccato scagli la prima pietra.

La Tariffa medesima ha un forte connotato tributario, non fosse altro per l’universalità dell’obbligo dipagamento prevista dall’attuale testo dell’Art. 49, D.Lgs. 22/97.

Ora, se la delega attuale fosse stata esercitata qualificando la Tariffa Ronchi come tassa, non si sarebbe potuto parlare dieccesso di delega (in quanto si sarebbe ricorsi ad una nuova definizione dell’entrata, al fine di renderne più certa lariscossione)In realtà, a ns/ parere, l’eccesso di delega si rinviene sotto un altro aspetto.L’Art. 62 muta radicalmente non solo la natura dell’entrata (che già ora deve definirsi come tributo, come del resto siè orientata la giurisprudenza di merito) ma tutti gli organi e gli istituti che la riguardano.Infatti, la nuova tassa viene determinata dall’ATO ed è applicata inequivocabilmente dal soggetto gestore.L’estromissione sic et simpliciter dei Comuni dalla tassa non rientrava, a ns/ parere nella delega ricevuta dal Governo,così come l’attribuzione di tali vasti poteri agli ATO.In realtà, poi, come vedremo nell’analisi puntuale del testo, non vi è traccia di una “maggiore certezza nellariscossione” che, anzi, viene lasciata in una sorta di “limbo”.Proseguiamo l’analisi comma per comma dello schema proposto.

Nel comma 3, viene detto che:a) la tassa è determinata dalle Autorità di ambitob) la tassa è applicata dal soggetto privato che gestisce il servizio;c) la tassa può coprire i costi derivanti dalla rimozione dei rifiuti nelle aree pubbliche (nel comma c’è una

ripetizione che speriamo sarà corretta)a) La tassa è determinata dalle autorità d’ambito.

L’autorità d’ambito appare investita di un inedito potere normativo, che non trova riscontro in altre situazioni consimili(applicazione di tributi e non pagamento di corrispettivi per servizi individuali od a rete).Questo comporta un primo problema, quello della rappresentatività della autorità stessa.Abbiamo visto come l’autorità sia un Organismo consortile, dotato di capacità giuridica.Non vi è quindi nessun organismo rappresentativo che possa esercitare i compiti tipici di un Consiglio eletto daicittadini.Esiste, nelle strutture consortili, un consiglio dei Sindaci, ma questo non può dirsi rappresentativo della cittadinanzaamministrata dall’ATO.Questo appare violare un principio di rappresentatività da sempre ritenuto vincolante negli ordinamenti democratici “notaxation without representation”.E’ da dire che questo principio, da farsi risalire alla rivoluzione americana, non trova nel ns/ Ordinamento unadefinizione positiva (se non nell’Art. 23 della Carta Costituzionale) però è stato ritenuto applicabile, in sedeinterpretativa, dal Consiglio di Stato prima (Sez. V^, Sent. del 30/4/1997, n. 424) e dalla S.C. di Cassazione poi (Sez. V^,Sent. del 11/11/2003, n. 16870), nonché da diversi TAR (ex plurimis TAR Lazio, II^ Sez. n. 309/93).L’Autorità d’ambito, poi, non può essere definita come un Ente Locale né come una somma di Enti Locali (come sonoi Consorzi tra Comuni) in quanto esercita poteri che sono stati sottratti ope legis ai Comuni stessi ed affidati all’ATO(i consorzi nascono per svolgere insieme funzioni che il singolo comune non riesce a svolgere, ma queste sono, appuntofunzioni originariamente del Comune e comunque gli atti fondamentali sono di norma sottoposti al controllo degliOrgani elettivi degli EE.LL.).

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Ci troviamo, quindi, di fronte ad un organismo sostanzialmente privo di controllo popolare, che però svolge funzioniimportantissime tipiche dei Consigli.

b) La tassa è applicata dal soggetto privato che svolge il servizioOra il privato è titolato non solo a riscuotere il corrispettivo ma anche ad applicarlo.Questo significa che dovrà svolgere tutte le funzioni tipiche dell’Accertamento, Liquidazione e Riscossione della Tassa.Manca però nello schema qualsiasi cenno a:

- poteri di accertamento:o quali sono questi poteri?o Il soggetto privato può accedere agli immobili previo avviso (come nel vecchio D.Lgs. 507/93)?o Quali sono gli obblighi del contribuente?o Quali sono i termini per le denunce e per gli accertamenti?

Si richiama l’attenzione sul fatto che la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno più volteaffermato che il contribuente non può essere sottoposto in eterno al potere di accertamento della P.A.e la carenza di termini potrebbe determinare l’incostituzionalità della Norma.La specifica di queste caratteristiche fondamentali non possono essere lasciate ad un Regolamento, invirtù del principio di legalità dell’obbligazione tributaria prevista dal citato Art. 23 Cost.;

- Tempi e metodo di riscossione:o Tranne un accenno nell’ultimo periodo del comma in esame, non sappiamo qual è il metodo prescritto

per la riscossione; dato che il testo fa cenno alle cartelle esattoriali, dobbiamo ritenere che il metodoprescelto sia quello della riscossione tramite ruolo, sarebbe però il caso di esplicitarlo;

o Quello che più preoccupa è la carenza di qualsiasi termine per l’iscrizione a ruolo della tassa; ancorauna volta si deve richiamare l’insegnamento della Corte Costituzionale in merito alla necessità ditermini certi nella applicazione dei tributi, quindi anche nella loro riscossione;

o Manca ogni riferimento ai rimborsi delle somme versate in più.

Strettamente correlato a quanto appena detto sorge il problema delle Sanzioni.Poiché non sono definiti per legge gli adempimenti cui è tenuto il contribuente, è evidente (principio di legalità dellasanzione) che non può applicarsi al contribuente medesimo alcuna sanzione.In altre parole è evidente che si è voluto dare un impianto tributario alla Tassa, senza però essere in grado di costruire ilsistema dei diritti e dei doveri del contribuente e dell’Amministrazione che la applica.

c) La tassa può coprire i costi derivanti dalla rimozione dei rifiuti nelle aree pubblicheQui registriamo un ritorno al passato.Mentre, infatti, la Tariffa Ronchi prevede esplicitamente che lo spazzamento strade (inteso in senso lato di rimozionedi rifiuti giacenti sulle strade) veniva inserita nel Piano Finanziario, oggi questa è una facoltà lasciata all’Autoritàd’ambito.Ma chi coprirebbe i costi del servizio di spazzamento se questi non vengono coperti con la tassa.Resta una sola possibilità che tali costi siano coperti dai Comuni.Abbiamo quindi il caso bizzarro del Comune che è sottoposto, nelle sue prerogative (le decisioni in merito ai propribilanci), alla volontà di un organismo non elettivo, senza possibilità di scegliere un contraente privato che assicuriprezzi migliori e senza alcuna possibilità di effettivo controllo sull’attività che viene pagata con i fondi pubblici dellafiscalità locale.Si potrebbero fare altre considerazioni sullo scopo della Tariffa Ronchi in merito alla “educazione sociale” del cittadinoche abbandona i rifiuti ma esulerebbero dall’ambito di analisi di questo contributo.Passiamo al comma 4 che è assolutamente identico al comma 4 dell’Art. 49, D.Lgs. 22/97.Anche la Tassa quindi ha, nelle intenzioni di chi ha redatto lo schema, una natura binomia e si articolerà in manieraprobabilmente simile a quella attualmente in vigore.Il comma 5, introduce la vera novità, cioè la sostituzione integrale dei Comuni da parte dell’Autorità d’ambito.Il testo in commento è introdotto da una frase incomprensibile.Cosa significa “Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 26 … ”.A quale altra autorità si fa riferimento, nell’art. 26 dello schema viene regolato l’affidamento dello svolgimento delservizio e non vi è traccia di una “ulteriore” Autorità di controllo.

Probabilmente si riferisce all’Autorità di vigilanza sui rifiuti prevista dall’Art. 31 dello schema, Autorità che sostituiscel’attuale Osservatorio Nazionale sui Rifiuti.In ogni caso appare chiaro, nella volontà del legislatore delegato, che l’Autorità d’ambito approva il Piano Finanziario ela relazione accompagnatrice.Il Piano Finanziario, nella attuale formulazione e, supponiamo, anche nella futura, riveste una grandissimaimportanza.Da questo derivano i livelli tariffari supportati dai contribuenti.Quindi, anche qui, si registra il difetto di rappresentatività di cui abbiamo già trattato.

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Nulla quaestio che il Piano Finanziario sia predisposto dal Soggetto Gestore o dall’ATO, ma questo deve comunquepassare sotto il controllo di un Organo elettivo, si tratta di una tassa applicata universalmente e non di uncorrispettivo per un servizio di cui si può scegliere di non servirsi.Inoltre il fatto che è prescritta la copertura integrale dei costi, ma non è prescritto il divieto di superamento di talesoglia, appare in contrasto con l’Art. 23 della Costituzione.In altre parole, se la Norma nazionale non pone un limite all’aliquota massima (la copertura integrale dei costi) non vi èdubbio che il cittadino viene sottoposto ad una tassazione che sfugge integralmente al suo controllo e, cosa ancor piùgrave, al controllo della giurisdizione preordinata a conoscere delle controversie in materia.Rammentiamo che, negli anni 60, la Corte Costituzionale giudicò legittimo il TUFL 1175/31, nella parte in cui regolavala Tassa Rifiuti, proprio a causa della completezza delle norme che regolavano il tributo e, soprattutto, per l’esistenzadel vincolo massimo di copertura integrale che, in qualche maniera, surrogava la mancanza di una aliquota massima perla Tassa.A proposito, manca un riferimento alle procedure contenziose, dato che l’ATO non è un ente locale, né la Regione, nélo Stato, quindi non vale per questo “nuovo tributo” la riserva di giurisdizione a favore delle Commissioni Tributarie,prevista dall’Art. 2, D.Lgs. 546/92.

Il 6° comma riserva, come è già previsto nella Norma attuale, al Ministero dell’Ambiente l’elaborazione di unadisciplina di dettaglio.Ma tale disciplina (da adottarsi si presume con uno strumento regolamentare), anche ove creasse ex novo il limitesuperiore di tassazione, non risponderebbe alle disposizioni della Costituzione che riserva alla Legge i criterifondamentali dei tributi (vi è da dire che questa pecca è rinvenibile anche nell’attuale Art. 49, D.Lgs. 22/97, se e nellamisura in cui la Tariffa và definita come tributo).

Il comma 7, prevede come possibili le agevolazioni alle utenze domestiche, che ora diventano facoltative, mentre nelcomma 10 dell’attuale Art. 49 queste agevolazioni erano obbligatorie.Viene detto chiaramente che il costo di tali agevolazioni deve essere sostenuto con la fiscalità locale.Si tratta di un intento lodevole e condivisibile ma solo se la Tassa restasse di competenza del Comune.Infatti, anche in questo caso (come nel caso dello spazzamento strade), i Comuni facenti parte dell’ATO sarannochiamati a finanziare scelte di un Organo (l’ATO) che è sostanzialmente svincolato dal controllo del singoloComune.

Riteniamo che tale norma sarà fonte di notevoli problemi applicativi e di conflittualità costante tra Comuni e Autoritàd’ambito.Di converso dal testo attuale dello “schema” sparisce ogni accenno alle incentivazioni alla raccolta differenziata,incentivazioni previste come possibili dall’Art. 49, D.Lgs. 22/97, e che potevano svolgere una qualche funzioneeducativa dell’utenza.Infine, giova osservare come dal testo in commento sia sparito ogni accenno al Tributo ambientale in favore delleProvince (Art. 19, D.Lgs. 504/92) che era espressamente preservato dall’Art. 49, D.Lgs. 22/97.Si dirà che quel tributo si riferisce espressamente alla Tassa Rifiuti, quindi essendo tornata tale, non vi è alcun bisognodi citarla.Questo non è del tutto condivisibile.Infatti l’Art. 19, D.Lgs. 504/92, prescrive espressamente che il tributo sia liquidato ed applicato dai comuni, insiemealla Tassa.Ma, come visto, dato che cambia il soggetto impositore, non saremmo del tutto sicuri che il tributo resti ancorariscuotibile senza aggiustamenti.

L’Art. 21 dello schema riserva alle Province diversi compiti in materia di rifiuti, quindi permane l’esigenza difinanziarli con il Tributo ambientale, ma nei poteri della Provincia non è compreso quello di fissare l’aliquota deltributo ambientale ex Art. 19, D.Lgs. 504/92.Dato che lo schema intende regolare compiutamente la materia dei rifiuti, questo significa che l’Art. 19 medesimo deveintendersi tacitamente abrogato per incompatibilità?In conclusione, si è voluto sostituire uno strumento, la Tariffa Rifiuti, tutt’altro che perfetto (anzi con gravi problemi edifetti congeniti, anche nelle Norme applicative) con uno strumento del tutto innovativo ma che presenta gli stessidifetti e ne aggiunge di nuovi, mancando di tutte le norme necessarie per una corretta determinazione ed applicazione diuna Tassa.Con molta umiltà, però con una più che consistente esperienza applicativa, noi avremmo esercitato la delega così:

proposta di articolatoGli articoli citati nei testi che seguono, si riferiscono alle rubriche dello “schema di decreto”.

= in grigio le proposte di innovazione= in chiaro il testo attuale

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In merito alla assimilabilità dei rifiuti (Art.li 22 e 45):g) l'assimilazione, per qualità e quantità, ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’Art. 8, c. 3, lett.a), c), d), e), f), secondo i criteri stabiliti dallo Stato con i poteri previsti dall’Art. 19; Non possono prodursi rifiutiassimilabili, e se prodotti sono considerati comunque non assimilati, nei locali di produzione degli insediamentiindustriali e delle attività artigianali di produzione di beni; Tali rifiuti dovranno comunque essere smaltiti a cura delproduttore senza essere immessi nel circuito dei rifiuti urbani; Possono essere assimilati i rifiuti prodotti negli altrilocali degli insediamenti industriali ed artigianali, compresi i magazzini dei prodotti finiti; In ogni caso sono esclusidall’assimilazione i rifiuti che possano risultare contaminati da rifiuti pericolosi o non assimilati; Sono comunqueconsiderati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallospazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sullestrade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsid'acqua;

(nota: naturalmente sino all’emanazione dei criteri tecnici di assimilazione, restano in vigore gli attuali criteri chesono quelli dettati dalla Circolare Interministeriale del 27/7/84, come è del resto previsto dall’Art. 89 comma 1 delloschema di decreto).

In merito alla Tassa (Art. 62)

1. I costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati agli urbani e dei rifiuti di qualunquenatura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperti dai Comunimediante l'istituzione di una tassa. La Tassa è disciplinata, fatte salve le norme del presente Decreto e delRegolamento di cui al successivo comma 5, con Regolamento Comunale adottato ai sensi dell’Art. 52, D.Lgs. 15dicembre 1997, n. 446.

2. La tassa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad usoprivato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone delterritorio comunale.

3. La tassa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio,riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata allequantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata lacopertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. In ogni caso il gettito complessivo della tassa non puòsuperare il costo del servizio come previsto dal piano finanziario di cui al successivo comma 4. Sono esclusi dalcomputo del gettito annuale i proventi derivanti dagli Accertamenti, di cui al successivo comma 10, che sonodestinati a coprire i costi di accertamento ed a potenziare l’azione di controllo fiscale ed ambientale, insieme aiproventi delle sanzioni. Eventuali eccedenze di gettito serviranno a finanziare i Piani Finanziari degli annisuccessivi o le agevolazioni concesse dal Comune.

4. I comuni sono tenuti ad approvare e a presentare all'Autorità di vigilanza di cui all’Art. 31 il piano finanziarioe la relazione di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, entro il mese digiugno dell’anno cui si riferisce. Il Piano Finanziario è predisposto dall’Autorità d’ambito, se costituita, o daisingoli Comuni, in maniera da garantire la copertura dei costi del servizio come definiti dal citato DPR 158/99. IlPiano Finanziario è approvato dal Comune nei termini previsti dall’Art. 54, c. 1(38), D.Lgs. 446/97. Primadell’approvazione il Comune può proporre all’Autorità d’ambito osservazioni e modifiche motivate. In caso dimancata approvazione in termini il Comune provvederà comunque alla copertura dei costi relativi attraverso fondipropri di bilancio ove non sia possibile coprirli integralmente con i proventi della Tassa. Alla tassa si applicano ledisposizioni di cui all’Art. 54, c. 1-bis(39) del D.Lgs. 446/1997.

5. Il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro delle Finanze ed il Ministro dell'Industria del Commercioe dell'Artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome diTrento e Bolzano elabora un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare le tariffe diriferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato edella tassa ed il graduale raggiungimento dell'integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbanida parte dei comuni.

38 D.Lgs. 446/97, Art. 54. Approvazione delle tariffe e dei prezzi pubblici: “1. Le province e i comuni approvano letariffe e i prezzi pubblici ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione39 D.Lgs. 446/97, Art. 54. Approvazione delle tariffe e dei prezzi pubblici: “1-bis. Le tariffe ed i prezzi pubblici possonocomunque essere modificati, in presenza di rilevanti”incrementi nei costi relativi ai servizi stessi, nel corso dell'esercizio finanziario. L'incremento delletariffe non ha effetto retroattivo

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6. Le tariffe di riferimento sono articolate per fasce di utenza e territoriali.7. Le tariffe di riferimento costituiscono la base per la determinazione della tassa nonché per orientare e graduare

nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione del presente decreto. Le tariffe di riferimento siapplicano alle superfici dei locali dove, anche potenzialmente, si producono rifiuti urbani ed assimilati agli urbaniai sensi dell’Art. 8.

8. La tassa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi alservizio. Ove il Comune non intenda raggiungere la copertura integrale dei costi del Servizio potrà coprirli confondi propri di bilancio, senza ricorrere ad indebitamento. In ogni caso, il mancato raggiungimento della coperturaintegrale dovrà essere distribuito su tutte le tipologie di utenze e non potrà essere utilizzato discrezionalmente.

9. I contribuenti debbono denunciare l’inizio della conduzione dei locali e delle aree entro sessanta giornidall’inizio. Per le abitazioni di residenza la denuncia iniziale è presentata congiuntamente alla richiesta diresidenza. Nelle denunce, redatte su moduli predisposti dal Comune, debbono essere indicati tutti i locali e le areescoperte, distintamente descritte e divise, ai sensi del precedente comma 7, tra tassabili e non tassabili, conl’indicazione in quest’ultimo caso delle attività produttive svolte e dei rifiuti prodotti.

10. 11. Il Comune può controllare in ogni tempo le denunce dei contribuenti e può procedere ad accertamenti

d’ufficio, in caso di omessa denuncia ed accertamenti in rettifica, in caso di denunzia infedele. Gli Avvisi diaccertamento debbono essere notificati entro il 31 dicembre di ciascun anno e possono riguardare fino a tre anniantecedenti quello di notifica. I poteri di controllo del Comune si estendono alla possibilità di utilizzare documentireperibili presso i propri uffici, richiedere atti ed inviare questionari motivati ai contribuenti, procedere, previocongruo avviso scritto, a rilievo diretto delle superfici e delle destinazioni d’uso dei locali e delle aree tassabili. Incaso di diniego al rilievo il Comune potrà procedere anche sulla base di presunzioni semplici ai sensi dell’Art. 2729CC.

12. Gli avvisi di accertamento devono contenere gli elementi identificativi del contribuente, dei locali e delle areee loro destinazioni, dei periodi e degli imponibili o maggiori imponibili accertati, della tariffa applicata e relativadelibera, nonché la motivazione dell'eventuale diniego della riduzione o agevolazione richiesta, l'indicazione dellamaggior somma dovuta distintamente per tributo, addizionali ed accessori, soprattassa ed altre penalità. Gli avvisidi accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hannodeterminati, nonché alle eventuali presunzioni semplici cui si è ricorso in sede di rilievo delle superfici. Se lamotivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegatoall'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Devono altresì contenerel'indicazione dell'organo presso cui può essere prodotto ricorso ed il relativo termine di decadenza.

13. Per l’omessa denuncia si applica la sanzione dal 100 al 200% della tassa evasa per tutti gli anni oggetto diaccertamento, con un minimo di Euro 51,00. Per la denuncia infedele si applica la sanzione dal 50 al 100% dellatassa risultata evasa per tutti gli anni oggetto di accertamento. Le sanzioni, sono ridotte ad un quarto se, entro iltermine per ricorrere alle commissioni tributarie, interviene adesione del contribuente all'avviso di accertamentoovvero in caso di riscossione diretta, avviene il pagamento di quanto indicato in avviso. Sulla tassa evasa siapplicano gli interessi nella misura fissata dall’Art. 17, L. 8/5/1998, n. 146 per ogni semestre solare compiuto sinoalla notifica dell’accertamento. Per la mancata esibizione di atti o documenti e la mancata restituzione deiquestionari di cui al comma 10, entro il termine di 60 giorni dalla richiesta, si applica una sanzione da 51 a 258Euro.

14. I contribuenti possono richiede il rimborso della tassa versata e non dovuta, entro il 31 dicembre del terzo annosuccessivo a quello in cui è avvenuto il versamento. Ai rimborsi si applicano gli interessi nella misura di cui alcomma 11, dal momento in cui è stato effettato il versamento.

15. Le attività di Accertamento, liquidazione e riscossione della Tassa, sono regolate dal Comune ai sensi dell’Art.52, D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446. In ogni caso, gli atti di riscossione della Tassa, Cartelle od Ingiunzioni,debbono essere notificati, a pena di decadenza, entro e non oltre il 31 dicembre del terzo anno successivo a quellocui si riferisce la Tassa ovvero a quello in cui gli accertamenti sono divenuti definitivi. È fatta salva la facoltà diinviare ai contribuenti inviti bonari di pagamento e solleciti per posta ordinaria, salvo il rispetto dei termini indicatinel presente comma.

16. Nella modulazione della tassa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccoltadifferenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti diimballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. È altresì assicurata la gradualità degli adeguamentiderivanti dalla applicazione del presente decreto. Il Comune può accordare a particolari categorie di utenzaagevolazioni di carattere sociale, nel rispetto dei criteri di imparzialità ed equità. I minori introiti derivantidall’applicazione delle agevolazioni previste dal presente comma dovranno essere finanziati con fondi propri dibilancio.

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17. Per le successive determinazioni della tassa si tiene conto degli obiettivi di miglioramento della produttività edella qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.

18. L'eventuale modulazione della tassa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni che risultino utili aifini dell'organizzazione del servizio.

19. Sulla tassa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che ilproduttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività direcupero dei rifiuti stessi.

20. È fatta salva l'applicazione del tributo ambientale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre1992, n. 504

Commento alla propostaQuanto al potere di assimilazione (Art.li 22 e 45)

L’assimilazione viene definita non in relazione alla superficie ma alla attività svolta, viene esclusa la possibilità diassimilazione per tutti i locali di produzione di beni (industriali e artigianali).Viene esclusa l’assimilazione dei rifiuti che potrebbero risultare contaminati da rifiuti non assimilabili.In questa maniera si risolve il problema di quelle attività artigianali di servizio presso cui si producono rifiuti nonassimilabili quali, ad esempio, le officine di riparazione autoveicoli.In ogni caso i Comuni avranno la facoltà di assimilare i rifiuti sia in ragione della loro qualità sia in ragione dellaquantità.Del resto appare del tutto irrazionale escludere dal Servizio Rifiuti quelle aree non di produzione che producono (comecostantemente ritenuto dalla Giurisprudenza di Cassazione) essenzialmente rifiuti in tutto analoghi a quellipropriamente urbani.Naturalmente il problema sarà compiutamente risolto solo se nel Regolamento che tratterà il metodo normalizzato (cheè poi il DPR 158/99 con le opportune variazioni), saranno introdotti correttivi ai coefficienti riguardanti queste attivitàche nelle tabelle 4.a e 4.b appaiono troppo alti in rapporto agli altri coefficienti.

Quanto alla struttura della Tassa (Art. 62)Abbiamo lavorato utilizzando l’attuale testo dell’Art. 49, D.Lgs 22/97, non per una scelta ideologica quanto perché piùvicino alle ns/ intenzioni e già dotato di una disciplina di dettaglio (il DPR 158/99) su cui abbiamo già operato diversesimulazioni e raffronti nella ns/ opera professionale.Nella “proposta” il tributo resta di competenza dei singoli Comuni.I Comuni sono però tenuti a coprire i costi previsti dal Piano Finanziario (anche con risorse proprie, non solo con laTassa).Resta la natura binomia della tassa, perché se qualche Comune riesce ad organizzare sistemi di pesatura, ben venga.Al comma 3, viene reintrodotto il tradizionale limite delle eccedenze di gettito (vedi quanto detto a proposito del limitedell’aliquota massima). Onde evitare i problemi riscontrati in passato, viene espressamente ribadito che i proventidell’azione di controllo (sanzioni e tassa degli anni passati) finanzino le funzioni del Comune e non vengono computatinel tasso di copertura. Onde evitare complicati calcoli di rimborso generalizzato, le eccedenze di gettito sarannoutilizzate per il finanziamento del servizio negli anni successivi.

Al comma 4, viene definita la metodologia di approvazione del Piano Finanziario, nonché le garanzie per gli Entiinteressati (Comune, ATO e soggetto gestore).

Al comma 5, viene introdotto il “concerto” con il Ministero delle Finanze (trattandosi di tassa).Al comma 7, viene introdotta una norma di coordinamento con il testo che riguarda l’assimilazione dei rifiuti,superando così il problema interpretativo registratosi con il D.Lgs. 22/97 che non prevedeva esclusioni di superfici.Al comma 8 è prevista una sostanziale novità, non è più prescritta come obbligatoria l’integrale copertura dei costi delservizio. Viene però determinato che il mancato raggiungimento della copertura integrale non potrà che esseredistribuito uniformemente su tutti i contribuenti. In questa maniera si farà comunque salva una delle principali finalitàdella tariffa, prima, e della tassa oggi, cioè la sua funzione di “educazione sociale” in ossequio al principio comunitario“chi inquina paga”.Ai successivi commi 9, 10, 11 e 12 viene introdotta la disciplina dell’accertamento e riscossione della Tassa.

In particolare, al comma 9, viene introdotto l’obbligo di denuncia a carico dei contribuenti.

Al comma 10 viene disciplinato il potere di accertamento. Trattandosi di un tributo in cui la denuncia si presenta unasola volta, abbiamo ritenuto di non seguire lo schema generale che si rinviene in altre norme di imposta, che lega i

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termini di accertamento alla denuncia, ma di semplificarne la struttura, legando i termini al momento in cui vieneeffettuato l’accertamento.

I poteri di accertamento sono quelli tradizionali già previsti a suo tempo dall’Art. 73, D.Lgs. 507/93, con qualchesemplificazione.

Il comma 11, riproduce sostanzialmente le norme in merito alla motivazione degli avvisi di accertamento come previstedallo Statuto del Contribuente.

Il comma 12, regola le sanzioni per omessa od infedele denuncia, ricalcando le attuali sanzioni in materia di tassarifiuti.

Il comma 13, regola i rimborsi. Non si è ritenuto di indicare un termine per il rimborso, in quanto può operare la normagenerale prevista dall’Art. 21, comma 2, D.Lgs. 546/92 sul contenzioso. Del pari non sono state indicate discipline didettaglio in materia di applicazione di sanzioni e di contenzioso, in quanto ininfluenti, data la generalità e cogenza dellerispettive normative nazionali in materia.

Il comma 14, rinvia per la disciplina dettagliata delle funzioni di accertamento, liquidazione e riscossione della Tassaall’Art. 52 del D.Lgs. 446/97 ed al potere regolamentare del Comune. Viene però inequivocabilmente fissato in tre anniil limite inderogabile di tempo per la riscossione della tassa. In questa maniera si supera il problema evidenziatosi nellagiurisprudenza di Suprema Corte e Costituzionale in materia di notificazione delle cartelle di pagamento. Anche se ilComune prevede l’invio di inviti bonari, questi non hanno alcuna influenza sui termini di riscossione che sonoinderogabili.

Al comma 15, viene specificato chiaramente che eventuali agevolazioni a particolari situazioni di disagio sociale, purese in facoltà del Comune, debbono essere finanziate con fondi propri di bilancio e non possono essere addebitate alPiano Finanziario della Tassa.

Gli altri commi riproducono sostanzialmente il contenuto del D.Lgs. 22/97, per come recepito anche nell’attualeschema di decreto legislativo.

Nell’impianto della “proposta” il DPR 158/99 resterebbe in vita, con alcuni aggiustamenti riguardanti:- revisione e chiarimento di almeno uno degli algoritmi che è errato e non consente, nel testo attuale, di coprire i

costi cui è destinato;- adeguamento alla natura di Tassa;- chiarimento e revisione delle norme che regolano i Piani Finanziari, elemento portante per la determinazione

finale di quanto richiesto ai cittadini.

GLI AFFIDAMENTI A TRATTATIVA PRIVATA, LE SPESE IN ECONOMIA, LE CONVENZIONICONSIP ED I SERVIZI PUBBLICI LOCALI.

INTERVENTO di Edoardo Sortino – segretario provinciale - su:

Gli operatori della Pubblica amministrazione sanno quante difficoltà debbono quotidianamente affrontare peroperare, a causa dell’eccessiva “temporaneità” delle leggi. E se difficoltà trovano gli addetti ai lavori, è facilmenteintuibile lo sconcerto che provano i cittadini, non addetti ai lavori..

Emblematica a tale proposito è la situazione degli acquisi.

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Ricordo che le disposizioni in materia, contenute nella legge Finanziaria 2003 (legge n. 289/2002), eranostate oggetto di numerosi ricorsi presentati dalle Regioni (compreso il Piemonte) alla Corte Costituzionale, perinvasione della potestà legislativa regionale e per l’incidenza di tali norme sulla potestà regolamentare, organizzativa efinanziaria di spesa degli enti regionali e locali.

Ma non basta. Lo stesso sistema degli acquisti a livello nazionale è stato giudicato severamente dalla Cortedei Conti (Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Delibera n. 26/2003/G ), per lepossibili conseguenze distorsive del mercato e per l’impossibilità di verificare oggettivamente i risparmi conseguitidalle amministrazioni.

Avevamo appena cominciato a “metabolizzare” le rilevanti innovazioni introdotte dall’art. 24 della“finanziaria 2003” (legge 27 dicembre 2002, n. 289) nella normativa per l’acquisizione di beni e servizi, che nuoveulteriori revoche e modifiche sono state introdotte alle innovazioni:

prima con il Decreto Legge 24 GIUGNO 2003, n. 143, convertito in legge 1 agosto 2003, n. 212“Disposizioni urgenti in tema di………e di gare indette dalla Consip S.p.a.”;

successivamente, con il Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni in Legge 24novembre 2003, n. 326 “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei contipubblici”.

Salvo poi, con la Legge 24 dicembre 2003, n. 350 – Finanziaria 2004 – decidere un’inversione di 360° checi fatto tornare alla normativa vigente nel 2002.

Ma non è finita: il Decreto Legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito con modificazioni in Legge 30 luglio2004, n. 191, “Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica” (c.d. TAGLIASPESE), mediante un’ulterioremodifica dell’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, ha parzialmente corretto la liberalizzazione degli acquisti,prevedendo che i provvedimenti d’acquisto in modo autonomo, siano trasmessi “alle strutture e agli uffici preposti alcontrollo di gestione, per l’esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo”;

Per meglio comprendere la portata delle innovazioni introdotte, e, soprattutto, gli effetti pratici che derivanoper gli operatori, è bene ricordare quanto il legislatore aveva precedentemente stabilito, cosa è stato abrogato e cosaè ancora vigente.

Questo “riepilogo” delle varie tappe è utile per comprendere tanto l’evoluzione della normativa CONSIPquanto le regole che presiedono all’utilizzo della trattativa privata.

Ricordiamo cosa prevedeva la finanziaria 2003 (NORME ORIGINARIE SUPERATE):

- il comma 1, del citato art. 24, (abrogato dall’art. 15 del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito conmodifiche in legge 24.11.2003, n. 326) aveva stabilito che nei contratti di valore superiore a 50.000 euro,l’aggiudicazione dell’appalto doveva avvenire mediante “procedura aperta” (asta pubblica) o “proceduraristretta” (licitazione privata o appalto concorso), con le modalità previste dalle disposizioni nazionali direcepimento della normativa comunitaria.

Lo stesso articolo, disponeva che, per gli appalti di forniture e di servizi di importo inferiore alla predettasoglia, se pur prevista dalla legge, la scelta del contraente a trattativa privata fosse ammessa solo in casi motivati edeccezionali e previa indagine di mercato (comma 5).

Di fatto, tali norme inibivano il ricorso alla trattativa privata e costringevano, anche per i contratti diimporto inferiore a 50.000 euro, ad usare le convenzioni CONSIP o il mercato elettronico della P.A., perché conl’abbassamento a 50.000 euro della soglia diveniva sempre obbligatorio il ricorso a procedure formali di gara adevidenza pubblica per gli acquisti di beni e servizi.

- tali norme dovevano essere applicate in tutti i campi di attività dell’Ente ed in caso di violazione dellestesse erano previste responsabilità per il dipendente che aveva sottoscritto il contratto.

➨ Come previsto dal programma i temi dei contratti in generale e della disciplinadei vari procedimenti di scelta del contraente, verranno trattati da altri relatori, mi è così possibileoccuparmi adesso dello specifico aspetto degli affidamenti a trattativa privata.

Il tema, a mio giudizio, merita un certo approfondimento perché, nonostante le modifiche all’art. 24, dellafinanziaria 2003, (che, come prima dicevo, rendeva molto problematico l’utilizzo di tale modalità di scelta delcontraente) risultano invariati i principi generali e le norme in vigore, in base ai quali la trattativa privata costituiscesistema negoziale di carattere eccezionale, da adottarsi solo ove ricorrano i presupposti tassativamente previstidalla legge e dai regolamenti, sulla base di idonea motivazione e (salve le ipotesi eccezionali) previa indagine dimercato.

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AFFIDAMENTI A TRATTATIVA PRIVATA

(procedura negoziata, artt. 30 e 31 direttiva 18/2004 CE)

Gli aspetti rilevanti sono contenuti nelle norme che di seguito vedremo ma, comunque, non mi stanco diribadire che tale metodo di scelta del contraente ha carattere eccezionale, come, costantemente, viene ribadito dallenorme in materia, che, di fatto, tendono a rendere molto difficile, se non impraticabile, il suo utilizzo.

Ma v’è di più. Infatti:

- con Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitariein data 6 giugno 2002, n. 8756, è stato richiamato l'obbligo di rispettare i principi del diritto comunitario (tra cui la nondiscriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza) anche negli appalti pubblici "sotto soglia"

- l’ordinamento vigente stabilisce condizioni puntuali e tassative per ricorrere alla “trattativaprivata”: essa costituisce una procedura di scelta del contraente semplificata ed “informale”, che prescinde dalleregole stabilite per i sistemi di gara ad “evidenza pubblica” e deve, pertanto, essere circoscritta a casi straordinari, neiquali sussistano “speciali ed eccezionali circostanze” - che devono risultare dall’atto che dispone l’acquisto – per iquali “non possano essere utilmente seguite” le procedure aperte o ristrette (art. 6 del R.D. 18 novembre 1923, n.2440);

- le “speciali ed eccezionali circostanze” cui si riferisce la legge prima citata erano già espressamenterichieste dall’art. 41 del Regolamento (R.D. 23 maggio 1924, n. 827), e limitate ai casi in cui non possono essereseguite le forme dell’asta pubblica o della licitazione privata.

E’ utile soffermarci sui presupposti per il ricorso alla trattativa privata, come individuati sin dall’originedall’art. 41 R.D. n. 827 del 1924, che sono:

- Aste e licitazioni deserte ed ove si abbiano fondate ragioni che se espletate andrebbero deserte;- Acquisto di beni in privativa industriale;- Affitto locali destinati a servizi istituzionali;- Motivi di urgenza tale da non consentire l’indugio degli incanti o della licitazione;- Ogni altro caso (norma di chiusura) in cui ricorrano speciali ed eccezionali circostanze.

LA TRATTATIVA PRIVATA NELLA DISCIPLINA COMUNITARIA(art.9 L n.358 del 92 e art. 7 L. n. 157 del 95; procedura negoziata, artt. 30 e 31 direttiva 18/2004CE)

E' la cd. “procedura negoziata” cioè la procedura in cui “le l'Amministrazioni aggiudicatrici consultanogli operatori da loro scelti e "negoziano" con uno o più di essi le condizioni dell’appalto.” (art. 1/11d – Diret.18/2004 CE)

La trattativa privata, è bene ricordarlo, è sempre una facoltà dell'Amministrazione. La norma la consente sericorrono i presupposti, l’Ente può utilizzare tale metodo, ma non ha alcun obbligo di farlo. Si è, così, in presenza diuna scelta discrezionale che nei casi di acquisti diretti (senza bando), impone minimi adempimenti formali, quasi "jureprivatorum"

IN VIGENZA del DPR 573/94 – ART.10

Norma di riferimento per la trattativa privata per le FORNITURE sottosoglia (euro 249.000 – ex 200.000DPS)

L’art. 10, prevede espressamente un DPR per determinare criteri omogenei e limiti per il ricorso all’acquisto di BENI ESERVIZI IN ECONOMIA da parte delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del TU Pubblico Impiego n.165/2001.

IN VIGENZA DEL DPR N. 384/2001

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La norma che regolamenta gli acquisti di tutte le amministrazioni statali, istituti, scuole, ecc.; E’ possibileestenderne l’ambito applicativo alle altre amministrazioni pubbliche…(compresi gli EE.LL) salvo che non aderiscano alsistema convenzionale di cui all’art. 26 della legge 23.12.1999, n. 488 (art. 12).

Dall’elaborazione giurisprudenziale ormai consolidata si ricava che:

- la trattativa privata è uno strumento negoziale di carattere eccezionale, da considerarsi derogatoriorispetto ai sistemi fondati sulla regola della gara pubblica e, come tale, è illegittima la prassi di un suo uso prevalentein via ordinaria; (Giurisprudenza costante: tra le altre, Consiglio di Stato, IV Sez., 30 marzo 1998, n. 504; Corte deiConti, sez. Controllo., 8 maggio 1997, n. 69);

- i requisiti di necessità ed urgenza vanno interpretati in modo oggettivo ed in tal senso motivati;

- in particolare, l’urgenza non deve essere determinata da ritardi imputabili alla stessaamministrazione, ma deve dipendere da esigenze contingenti ed eccezionali ed essere tale che il rinvio dell’interventoper il tempo necessario a svolgere la gara comprometterebbe la tempestività dell’intervento stesso;

- se l’evento che determina la necessità di rivolgersi all’esterno è prevedibile con un sufficientemargine di tempo, l’amministrazione ha l’obbligo di effettuare procedure di carattere concorsuale; (Giurisprudenzacostante: tra le altre, TAR Lazio, sez. I, 9 novembre 1988, n. 1503; Corte dei Conti, sez. Controllo, 2 febbraio 1993, n.7) .

- il ricorso alla trattativa privata è ammesso solo ove ricorrano “circostanze particolari puntualmenteenumerate e per le quali è necessaria un congrua e dettagliata motivazione”. (Cfr., da ultimo, TAR Piemonte, sez. II, 8febbraio 2001, n. 280).

Da tutto quanto precede deve essere tratta una regola comportamentale attuata in ogni Ente in base alla qualela trattativa va sempre preceduta da una “documentata indagine di mercato”: pertanto, quand’anche non si faccia luogo– per l’urgenza di provvedere o per le caratteristiche della fornitura o del servizio – ad una vera e propria “garaufficiosa”, non è consentito rivolgersi ad un unico offerente, ma occorre richiedere ed analizzare più proposte, primadi effettuare la scelta del miglior offerente.

In proposito, occorre rammentare che l'affidamento diretto, effettuato cioè in assenza di un procedimento discelta ad evidenza pubblica (ovvero ufficioso, nelle sole ipotesi previste dalla normativa), è consentito solo in casiassolutamente eccezionali, qualora circostanze oggettivamente riscontrabili, quali la particolare natura del servizio ocaratteristiche peculiari che deve avere l'appaltatore, impongano la scelta di un determinato soggetto; in altri termini,devono sussistere specifiche ragioni tecniche ed economiche che rendano impossibile, in termini di razionalità,l'individuazione di un soggetto diverso da quello prescelto, ovvero che evidenzino la non rilevanza dell'operazione sulpiano della concorrenza nel mercato.

Pertanto, la facoltà di contrattare direttamente con un solo fornitore è limitata ai casi (da indicareespressamente nella parte motiva del provvedimento) in cui :

- si tratta dell’unico soggetto in grado di effettuare la fornitura/ rendere il servizio, ovvero dell’unicodichiaratosi disponibile in tal senso;

- il soggetto detiene la “proprietà intellettuale” dell’idea-progetto per realizzare un’iniziativa e la proponeall’ Ente.

Un’ulteriore ipotesi di affidamento diretto è poi quella in cui la contrattazione avvenga con tutti i

soggetti che sarebbero in grado di realizzare l’iniziativa.

La normativa in materia di appalti (ed il relativo obbligo di gara ad evidenza pubblica) non si applica nelleipotesi di affidamento della gestione di servizio pubblico privo di rilevanza economica. (cfr. art. 113 - bis delT.U.E.L., introdotto dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come modificato dal D.L. 8.7.2002, n. 138,convertito in legge 8.8.2002, n. 178 e dal Decreto Legge 30.9.2003, n. 269, convertito con modifiche in legge 24novembre 2003, n. 326, - dichiarato incostituzionale con sentenza n. 272 del 13-27 luglio 2004) quando:

- il servizio viene affidato ad un soggetto gestore (istituzione; azienda speciale; consorzio, ecc.)costituito dall’ENTE (Comune o Provincia) o al quale lo stesso partecipa;

- nei casi espressamente previsti dalla legge (affidamento diretto dei servizi culturali e del tempolibero; affidamento della gestione degli impianti sportivi ex art. 90, comma 25 della ‘Finanziaria

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2003’) e nelle ipotesi di avvalimento di soggetti terzi applicando il principio di sussidiarietàorizzontale.

Non è più possibile l’affidamento “in house” a società dell’Ente, dopo la dichiarazione d’incostituzionalitàdell’art. 113-bis del T.U.

Infine, anche gli affidamenti di incarichi professionali di tipo fiduciario e/o consulenze (collaborazioni adalto contenuto di professionalità, di cui all’art. 110, comma 6 del T.U.E.L.) sono sottratti a questa disciplina – purchénon rientranti nell’ambito di applicazione delle disposizioni di recepimento della normativa comunitaria sui servizi - ;

tali incarichi sono, tuttavia, soggetti ai limiti o al divieto (per gli enti non virtuosi) previsti dall’art. 1, commi11 e 42 della “Finanziaria 2005”.

L’esistenza di norme che condizionano e limitano l’utilizzazione dell’istituto, correlato alle responsabilitàpreviste per gli operatori, rende evidente l’opportunità di utilizzare la massima cautela nel ricorso alla modalità discelta del contraente denominata “trattativa privata”.

Passiamo ora, ad analizzare le CARATTERISTICHE OPERATIVE delle procedure negoziate, che possonoavvenire, con pubblicazione del bando, ovvero senza pubblicazione del bando:

Affidamenti CON BANDO: (art. 30 direttiva 18/2004 CE)

Il I° requisito è la necessità che i concorrenti siano almeno tre (proprio per assicurare un minimo di“concorrenzialità “, sempre che sul mercato esistano tre potenziali concorrenti). Questo metodo (questa procedura) èmolto simile alla licitazione privata consta, infatti, di due fasi:

- Preselezione

- Gara-negoziazione

In questo caso non può aver luogo la c.d. “gara informale o esplorativa” in quanto la preselezionegarantisce una maggiore concorrenza tra i patecipanti. Con questa procedura gli operatori partecipanti alla trattativasono più tutelati non solo per ciò che concerne l'eventuale esclusione, ma anche per quello che riguarda eventualiirregolarità nella fase di preselezione (ad es. violazione dei criteri di selezione e/o delle modalità procedurali).

L'Amministrazione è obbligata a comunicare e motivare entro 15 giorni l'eventuale esclusione ai partecipanti.

Casi "tassativi" nei quali è possibile utilizzare questa procedura: quando, in una gara precedente, sono state presentatesolo offerte irregolari o inaccettabili (va da sé che, in tali casi, le condizione di gara NON sono modificabili). Se leofferte sono irregolari l'Amministrazione può decidere di NON pubblicare il bando di gara qualora inviti alla nuovaprocedura TUTTI gli offerenti che abbiano presentato "offerte rispondenti ai requisiti formali della procedura".

- quando la natura delle forniture o dei servizi o i rischi connessi non consentano di fissare un prezzo.- quando la natura dell'appalto non consente di stabilire specifiche tecniche dell'appalto per aggiudicarlo

con l'utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

CARATTERISTICHE OPERATIVE degli affidamenti SENZA BANDO:- CASI "TASSATIVI" (art. 31 direttiva 18/2004 CE)

a) Gara DESERTA: si ha, secondo quanto afferma la giurisprudenza amministrativa, nei casi di gara aperta oristretta, (quindi non l'appalto concorso), nelle quali non sia stata presentata alcuna offerta.

b) Quando la NATURA TECNICA O ARTISTICA o per la tutela di diritti esclusivi, la fornitura può essereeffettuata solo da un particolare operatore (cioè per situazioni oggettive).

c) Quando sia stato esperito un CONCORSO DI PROGETTAZIONE e l'appalto debba essere aggiudicato alvincitore, del concorso stesso.

d) Per motivi di estrema URGENZA non imputabili in nessun modo a ritardi dell'Amministrazione e nonpossano essere osservati i termini e le procedure normali od ordinarie. (E’ ovvio che l’urgenza non puòessere invocata e, quindi, NON è VALIDA GIUSTIFICAZIONE, per esempio, per l'approssimarsi di unascadenza di un finanziamento).

e) Per i beni (materie prime) quotati in borsa acquistati in borsa;

f) per prodotti offerti a prezzi molto vantaggiosi direttamente dagli operatori che cessano l’attivitàcommerciale, ovvero dal liquidatore o curatore del fallimento

g) SERVIZI E FORNITURE AGGIUNTIVE: per affidare forniture e servizi complementari non compresinel progetto iniziale o nell'appalto aggiudicato a condizione che:

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- i lavori ed i servizi non siano separabili tecnicamente o economicamente senza arrecare gravidanni all'Amministrazione o se separabili, siano necessari per il completamentodell'appalto principale;

- i lavori ed i servizi complementari non siano più del 50% dell'appalto principale.

- le forniture complementari (da parte dell’operatore originario) siano destinate al parzialerinnovo o al completamento di forniture o impianti esistenti. La possibilità viene menodopo tre anni dal primo affidamento.

h) SERVIZI e lavori RIPETITIVI: debbano, cioè, essere affidati servizi ad un soggetto già in precedenzaprestatore di servizi per quella Amministrazione a condizione che non siano trascorsi più di 3 annidall'aggiudicazione del 1° appalto, che lo stesso sia stato aggiudicato con gara ad evidenza pubblica e che,tale ipotesi, sia stata prevista nel bando originario.

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PROCEDURE IN ECONOMIA

Un ultimo, doveroso, cenno per quanto riguarda le cosiddette “procedure in economia”, che rappresentanoanch’esse una deroga alla regola del sistema della gara formale e, pertanto, uno strumento da utilizzare solo in casieccezionali (straordinari), qualora non sia oggettivamente possibile e/o conveniente seguire l’iter della procedura adevidenza pubblica, a causa dell’urgenza di provvedere, della modesta entità della spesa e della natura dell’intervento.

Attualmente, per gli enti locali, non esiste una puntuale disciplina per l’acquisizione, in economia di beni,servizi e forniture. L’art. 10 del D.P.R. n. 537/1994, prevedeva l’emanazione di un apposito regolamento per dettarecriteri omogenei e limiti per l’acquisto di detti beni.

Nonostante sia abbondantemente trascorso il termine (il 10 gennaio 1995) quel regolamento non ha visto laluce, né è più ipotizzabile un intervento governativo dato in nuovo contesto istituzionale che assegna maggioreautonomia normativa agli EE.LL.; in materia, però, per le amministrazioni statali è stato approvato, con il D.P.R. 20agosto 2001, n. 384, il regolamento che disciplina il sistema delle procedure di effettuazione delle spese perl’acquisizione in economia di beni e servizi.

Le procedure in economia sono caratterizzate dal fatto che l’Amministrazione mantiene in capo a sé - adifferenza dell’appalto - il rischio economico dell’esecuzione, operando attraverso un funzionario che agisce sotto lapropria responsabilità; in tali casi, l’Ente può agire con le seguenti modalità operative, anche combinate:

- provvede direttamente alla realizzazione dell’intervento, sostituendosi “in toto” all’appaltatore, esi rivolge all’esterno solo per assumere manodopera o acquisire materiali od attrezzature specifiche dicui non dispone (amministrazione diretta). Per i lavori pubblici, l’art. 143 del regolamento generalefissa il tetto di spesa in 50.000 euro.

- tratta con persone o ditte di fiducia, in grado di realizzare un’opera o eseguire una fornitura o unservizio (cottimo fiduciario). L’affidamento dell’incarico può essere regolato da scrittura privata oda lettera commerciale.

Ricordo che il “cottimo” è la forma di retribuzione commisurata al risultato che il prestatore d’operaconsegue con la sua attività, anziché al tempo. (Il cottimo, cioè, determina che l’attività per ottenere un certo risultato èscambiata con la retribuzione, mentre nel contratto di lavoro lo scambio avviene tra la retribuzione e l’attività che duraper un certo tempo.)

Proprio perché si tratta uno strumento tipizzato, il ricorso alle procedure in economia va disciplinato conidoneo atto regolamentare, che individui puntualmente i limiti di valore e le tipologie di intervento che ne consentonol’applicazione, nonché le modalità operative con cui procedere. (40)

Peraltro, anche siffatte procedure – seppure con modalità estremamente semplificate - costituiscono pursempre una forma di “negoziazione” che conduce alla conclusione di un accordo (scritto), anche se si prescinde dagliadempimenti formali richiesti per l’affidamento degli appalti (quali l’approvazione di un capitolato d’oneri e lastipulazione di un vero e proprio ‘contratto’).

40 Per le amministrazioni statali, si applica il D.P.R. 28 agosto 2001, n. 384 “Regolamento di semplificazione dei procedimenti di spese ineconomia”. Ai sensi dell’art. 12 del Regolamento, le disposizioni in esso contenute possono applicarsi anche alle amministrazioni pubbliche nonstatali “che così dispongano nell’ambito della propria autonomia, salvo che non aderiscano al sistema convenzionale” Consip.

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In questo senso, la giurisprudenza (41) e la dottrina ravvisano nelle procedura in economia una ‘specie’della trattativa privata, ammissibile solo in presenza degli specifici presupposti più volte ricordati (tra i quali, meritarimarcare l’assenza o la non convenienza del ricorso alle convenzioni Consip).

Alla luce di quanto sopra, anche per gli acquisti in economia si ribadisce l’opportunità - tenuto conto dellericordate esigenze di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa - di consentire in via generale, mediantenorma regolamentare, il ricorso all’affidamento diretto nei casi in cui l’entità degli interventi sia sufficientementemodesta da giustificare la deroga alle consuete formalità, fermi restando gli altri presupposti.

Se gli Enti decidono di dotarsi, com’è auspicabile, di un proprio regolamento più che mutuare le norme delDPR 384/2001, sarebbe meglio si rifacessero al regolamento per i lavori pubblici, approvato con D.P.R. 21 dicembre1999, n. 554, (previsto dall’art. 24 della legge Merloni) che all’art. 88, detta indirizzi per le stazioni appaltanti, inordine alla tipologia di lavori eseguibili in economia, anche se la specifica individuazione viene rimessa all’autonomianormativa, nell’ambito di categorie generali.

Meglio sarebbe che ciascun Ente si dotasse di un unico regolamento che disciplini tutte le categoriedell’economia (lavori, forniture e servizi): la preferenza nasce tanto dalla considerazione che le due normativepresentano numerosi punti di convergenza quanto dal fatto che il Consiglio di Stato pronunciandosi in merito,ha fornito idonei elementi di valutazione, così sintetizzabili:

in mancanza di una disciplina specifica nelle gare di appalto servizi, si applica quella relativa ai lavoripubblici (Consiglio di Stato – Sez. IV – 4 febbraio 2003, n. 560);

le disposizioni dettate in materia di lavori pubblici valgono quali norme di principio, in quanto complessodi norme più completo ed esaustivo, che consente di trarre elementi interpretativi da tale sistema, ancheper misurare il contenuto di disposizioni valide per servizi e forniture (Consiglio di Stato – Sez. V – 23agosto 2003, n. 4750).

Un siffatto regolamento dovrebbe, con tutta evidenza, essere graduato alle esigenze locali, essendopalmare l’improponibilità di assumere quale tetto di spesa il valore di 130.000 euro per l’acquisto di beni e servizi(D.P.R. n. 384/2001),

Gli opportuni adattamenti consentirebbero, inoltre, di individuare quali fattispecie possono rientrarenelle acquisizioni in economia, (in analogia alle norme statali) per i lavori, ad esempio, potrebbero essere inseritele seguenti categorie:

a) servizi di manutenzione di beni mobili ed immobili (qualora non sia prescritta l’applicazione dellanormativa lavori), se l’esigenza è dovuta ad eventi imprevedibili e non sia possibile realizzarli mediante appalti oconcessioni;

b) servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria di beni mobili ed immobili (qualora non siaprescritta l’applicazione della normativa lavori) per importi non superiori a 50.000 euro;

c) acquisizione di beni non programmabili in materia di sicurezza ed ordine pubblico;d) forniture e servizi che non possono essere differiti, dopo l’infruttuoso esperimento delle procedure

di gara;e) servizi necessari per la compilazione di progetti;f) completamento di forniture e servizi, a seguito di risoluzione contratto a danno dell'appaltatore,

quando vi è necessità ed urgenza di concludere il contratto.

Per tutti gli appalti in economia l'ente nomina un responsabile del procedimento, il che consentirebbe dievitare di assegnare ogni singolo procedimento ad un diverso responsabile, ne consegue che l’unico funzionariosarà dotato delle risorse finanziarie necessarie per procedere alle acquisizioni, con obbligo di rendiconto finale.

Il procedimento di cottimo è sempre preceduto da indagine di mercato fra almeno 5 imprese. Nel campodei lavori l’art. 144, comma 2, del regolamento generale, consente di procedere ad affidamento diretto e, quindi,con trattativa “personale”, quando i lavori siano di importo inferiore a 20.000 euro (anche l’art. 5 del D.P.R. n.384/2001 contiene analoga previsione).

Individuato il contraente, si deve procedere alla stipulazione dell’atto (scrittura privata), che devecontenere almeno i seguenti elementi:

a) l’elenco dei lavori o delle forniture o dei servizi;b) il prezzo da corrispondere;c) le condizioni di esecuzione;d) il termine di ultimazione dell’appalto;e) le modalità di pagamento;f) le penalità in caso di ritardo ed il diritto dell’ente di risolvere in danno il contratto.

41 Tra le altre, Cass. Civile., 20 novembre 1987, n. 8554; Corte dei Conti, sez. contr., 10 giugno 1992, n. 39.

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Anche nel cottimo vi è l’obbligo di prestare la cauzione e, nel caso di lavori, anche del deposito dellapolizza fidejussoria per responsabilità civile verso terzi e per possibili danni, in corso di esecuzione dei lavori, alpatrimonio dell’ente.

Gli interventi in economia possono essere giustificati, oltre che per le categorie previste dalregolamento, anche per l’urgenza, che deve essere accertata con apposito verbale, redatto dal responsabile diprocedimento, indicante anche le acquisizioni necessarie.

Concludo ricordando che nel regolare ed attivare gli istituti di cui si è trattato, gli operatori devono avere benpresente che agendo in regime “derogatorio” rispetto all’obbligo della gara (evidenza pubblica), si impone la massimaconoscenza delle regole per poter assumere le conseguenti responsabilità consapevolmente.

➨ Esaurito il tema delle spese in economia, passiamo ad un approfondimento inmateria di approvvigionamenti tramite CONSIP.

E-PROCUREMENT - normativa di riferimento –La legge finanziaria 2000 (art. 26, legge 23 dicembre 1999; n.488, come modificato dall’art. 3/166c. della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ”Finanziaria 2004”), attribuisce alMinistero del Tesoro la funzione di stipulare convezioni con ditte fornitrici prescelte con gare in ambito macroterritoriale per la fornitura di quantitativi complessivi predeterminati di beni e servizi a rilevanza nazionale. Leamministrazioni pubbliche possono avvalersi di tali convenzioni.

Anche nell’ordinamento comunitario è ormai codificato un sistema del genere, infatti nella direttiva17/2004/CE è prevista l’istituzioni delle “centrali di acquisto”.

Il Tesoro con decreto del 24.2.2000 ha deliberato di avvalersi della CONSIP per:– realizzare il sistema delle convenzioni;– organizzare la gestione delle procedure;– operare il controllo delle convenzioni;– verificarle con un monitoraggio permanente,

attuando, così, il progetto di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi nella Pubblica Amministrazione.

La legge finanziaria 2001, (art. 59, legge 23 dicembre 2000, n. 388, come modificato dall’art. 3/167c. dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, ”Finanziaria 2004”) ha previsto:

– che il Tesoro promuova aggregazioni omogenee di enti (enti locali, università, aziende sanitarieecc.), per l’acquisto di beni e servizi a rilevanza regionale;

– la pubblicizzazione su siti internet di convenzioni e prezzi delle singole categorie merceologiche;

Permane l’obbligo per gli enti che non aderiscono al sistema di motivare i provvedimenti d’acquisto aprezzi meno vantaggiosi di quelli stabiliti nelle convenzioni.

I soggetti interessati all’iniziativa sono:

- Tutte le PP.AA. individuate all’art. 1/2c., del D.Lgs. n. 165/2001.

Sono esclusi gli enti pubblici la cui attività abbia prevalentemente ad oggetto l’esercizio di impresa:

- enti pubblici economici (ad es. Aziende speciali, consorzi di bonifica);

- enti di natura privatistica (ad es. Associazioni, fondazioni, società);

In merito ai consorzi sorgono dei problemi, per cui occorre precisare che se la forma associativa è costituita:1) tra soggetti privati, regolati dal codice civile;2) tra soggetti pubblici, ma regolati dal codice civile;3) tra soggetti pubblici e privati, regolati dal codice civile;4) tra soggetti pubblici, regolati dal diritto pubblico – (art. 31 del TUEL n.267/2000);5) tra soggetti pubblici, regolati dal diritto pubblico o privato a seconda dell’attività esercitata.

•I consorzi sub 1), 2) e 3) non sono certamente da comprendere tra le PP.AA.•I consorzi sub 4) sono, invece, sicuramente da considerare enti pubblici.•I consorzi sub 5), anche detti consorzi misti, sono o meno PP.AA. in relazione all’attività o alla funzione

esercitata.

Comunque, per valutare la natura di ciascun Ente è necessario riferirsi allo Statuto e alla Convenzione.

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Le IPAB solo se di natura pubblica, quindi l’istituzione non dovrà essere: – a carattere associativo o volontario; – amministrate dai soci privati; – utilizzare prestazioni volontarie dei soci; – avere ispirazione o finalità religiose;

Gli Istituti che vogliono aderire alle convenzioni dovranno inviare alla Consip, Statuto e Convenzione.

Analogo ragionamento vale per i musei, che possono avere natura pubblica o privata e per gli istituti diistruzione, di documentazione, di cultura, di formazione professionale, di cura e le accademie.

Promozione new economy

Consapevolezza dell’importanza della “rete” per migliorare l’efficienza della P.A.

Riconoscimento della necessità di una “guida culturale” soprattutto per le realtà minori per introdurre la P.A.nel mondo della new economy.

La Semplificazione

L’obiettivo immediato, è generare risparmio nei conti dello Stato (in senso lato).

L’obiettivo mediato, è arrivare ad una sostanziale semplificazione dei procedimenti di approvvigionamentonella P.A.Il modello di funzionamento

Coinvolgimento delle Amministrazioni, dei fornitori e dell’organismo deputato al supporto degli acquisitidella P.A. (Consip - Concessionaria servizi informatici pubblici spa).

EVOLUZIONE: Ordinazione dei prodotti on line

Realizzazione di un vero e proprio “mercato elettronico” che consenta di partecipare a vere e proprie asteon line tra più fornitori per medesimi prodotti.

Digitalizzazione completa dei processi d’acquisto.

Per quanto riguarda il mercato elettronico della pubblica amministrazione, si rammenta che esso èdisciplinato dall’art. 11 del D.P.R. 4 aprile 2002, n. 101 (“Regolamento recante criteri e modalità per l’espletamento daparte delle amministrazioni pubbliche di procedure informatiche di acquisto per l’approvvigionamento di beni eservizi”).

Tale Regolamento non si applica direttamente agli enti locali, di modo che ciascun Ente, potràdecidere, nell’ambito della propria autonoma potestà regolamentare, se e come utilizzare le disposizioni ivi contenuteper adottare una disciplina analoga (art. 1/1c., lettera e) e art.1/4c. del citato Regolamento).

Ricordare, inoltre che la direttiva della C. Europea prevede che si possa procedere con:

a) sistema dinamico di acquisizione; (42)

b) asta elettronica 43

Il citato art. 24, comma 3, della “finanziaria 2003”, nel fare salve le disposizioni previgenti, ribadiva quantogià stabilito dalla Finanziaria 2002 (art. 24/6c. della legge 28 dicembre 2001, n. 448) , ovvero l’obbligo dell’utilizzodelle convenzioni CONSIP (Concessionaria servizi informatici pubblici spa) per gli Enti Pubblici e istituzionali,mentre per le Amministrazioni Locali era una facoltà.

Gli EE.LL., cioè, in base a tali norma, non erano “obbligati” ad utilizzare le predette convenzioni-quadro, maper procedere alla scelta del contraente (tramite procedura ad evidenza pubblica) in modo autonomo per l’acquisto dibeni e servizi compresi nelle convenzioni stesse, dovevano adottare i relativi prezzi, come base d’asta al ribasso. ! Dalla direttiva 2004/18 CE del 31 marzo 2004, Artt. 1, comma 6 ed art. 33, si ricava che “”il sistema dinamicodi acquisizione” è un processo di acquisizione interamente elettronico, per acquisti di uso corrente, le cuicaratteristiche generalmente disponibili sul mercato soddisfano le esigente dell’amministrazione aggiudicatrice, limitatonel tempo ed aperto per tutta la sua durata a qualsivoglia operatore economicocce soddisfi i criteri di selezione e cheabbia presentato un’offerta indicativa conforme al capitolato d’oneri.43 Dalla direttiva 2004/18 CE del 31 marzo 2004, Artt. 1, comma 7 ed art. 54, si ricava che “l’asta elettronica” <èun processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presentazioni di nuovi prezzi, modificati alribasso, e/o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completadelle offerte permettendo che la loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico. Diconseguenza appalti di servizi e di lavori che hanno per oggetto prestazioni intellettuali, come la progettazione deilavori, non possono essere oggetto di aste elettroniche.

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Particolarmente significative erano, in questo quadro, le norme della Finanziaria 2003 che avevanoimplementato il sistema dei controlli – interni ed esterni- sulla gestione dell’Ente, ribadendo obblighi già esistenti odintroducendone di nuovi, sia con riferimento al tema specifico delle spese per gli approvvigionamenti di beni e servizisia, più in generale, ai fini del monitoraggio sul rispetto del patto di stabilità.

Gli Organi di revisione contabile, dal 2003, dovevano così “controllare” la regolarità degli atti chedisponevano trattative private per acquisti senza fare ricorso alle convenzioni CONSIP. Atti che dovevano, altresì, sed’importo superiore a 50.000 euro, essere trasmessi anche alla sezione regionale della Corte dei Conti.

I revisori dei conti dovevano “controllare” gli atti suddetti anche ai fini dell’eventuale richiesta diinformazioni da parte del competente Ministero, ai sensi dell’art. 28, comma 2 della stessa legge Finanziaria 2003.

In caso di inosservanza dei suddetti obblighi, lo stesso art. 24/4c, prevedeva sanzioni, particolarmentesevere; la norma, infatti, stabiliva che: “i contratti stipulati in violazione del comma 1 […] sono nulli. Il dipendenteche ha sottoscritto il contratto risponde, a titolo personale, delle obbligazioni eventualmente derivanti dai predetticontratti”.

Lo stesso comma prevedeva che la stipula di tali contratti - oltre a determinare la responsabilità civiledell’agente nei confronti dell’appaltatore – “costituisce causa di responsabilità amministrativa” e che, ai fini delladeterminazione del danno erariale, si tiene conto anche della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni-quadrostipulate dalla Consip (Concessionaria servizi informatici pubblici spa), e quello indicato nel contratto.

A seguito di tali disposizioni – vigenti dal gennaio 2003 - molti Enti locali, avevano modificato le modalitàdi approvvigionamento dei beni e servizi, in quanto era divenuta indispensabile una gestione a livello centralizzato perrendere possibile programmare ed unificare i procedimenti di acquisto per non gravare le gare (ad evidenza pubblica)dei costi di pubblicità ed altre, notoriamente rilevanti.

Al fine di meglio comprendere il processo di revisione, ricordo le ulteriori

MODIFICHE INTERMEDIE (Decreto Legge 24 giugno 2003, n. 143, convertito con modificazioni inLegge 1° agosto 2003, n. 212)

Una prima revisione, è stata introdotta dall’art. 5 del Decreto Legge n. 143 del 2003, nel testo modificatodalla Legge di conversione n. 212 del 2003, che, per gli Enti Locali, aveva introdotto le seguenti novità:

- cessava l’obbligo di adottare a base d’asta i prezzi CONSIP, nel caso in cui si fosse deciso diprocedere in modo autonomo ad approvvigionamenti di beni e servizi ricompresi nelle convenzioni-quadro, che veniva

- sostituito dall’obbligo di utilizzare i parametri di qualità e di prezzo delle convenzioni stesse (art. 24,comma 3 della Legge n. 289/2002, come sostituito dall’art. 5 del D.L. 143/2003);

- si consentiva, in ogni caso, di procedere ad acquisti autonomi se il valore dei costi e delle prestazionidedotte in contratto fosse stato uguale od inferiore a quello delle convenzioni CONSIP; in tali ipotesi, il contratto eravalido e non costituiva fonte di responsabilità per il dipendente che l’avesse sottoscritto (art. 24, comma 4 bis dellaLegge n. 289/2002, introdotto dall’art. 5 del D.L. 143/2003);

- eliminato l’obbligo di trasmettere gli atti relativi agli acquisti di cui sopra ai revisori dei Conti (art.24, comma 3 della Legge n. 289/2002, nel testo sostituito dall’art. 5 del D.L. 143/2003).

-

DISPOSIZIONI VIGENTI da gennaio a luglio 2004. (per modifiche apportate dalla finanziaria 2004)

L’art. 24 della legge finanziaria 2003 è stato quasi interamente abrogato dagli articoli 15 del “Collegato”e dall’art. 3, comma 166, della “Finanziaria 2004”.

Per quanto può interessare gli Enti Locali, rimane in vita il comma 6-bis (introdotto dal DL 143), in base alquale la CONSIP è tenuta a rendere note annualmente (entro il mese di ottobre), sul proprio sito Internet, le categoriedi prodotti per i quali attiverà il marketplace nell'anno successivo.

Sono “sopravvissuti”, inoltre, l’ultimo periodo del comma 3 ed il comma 7, che riguardano l’utilizzo delleconvenzioni CONSIP da parte dei movimenti e partiti politici ed alcuni organismi statali (CESIS, SISMI, SISDE).

Non solo, i commi 166 e seguenti dell’art. 3 della “Finanziaria 2004” hanno soppresso anche le norme,contenute nelle leggi finanziarie degli anni precedenti, che prevedevano obblighi vari di adesione alle convenzioniCONSIP (per le amministrazioni statali) o di utilizzo dei parametri di prezzo e qualità (per gli enti locali).

Infine, il comma 171 dispone che gli enti possano decidere se continuare ad utilizzare le convenzioniCONSIP cui abbiano aderito, ovvero svincolarsene.

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In estrema sintesi, quindi, negli Enti Locali da ottobre 2003, tornavano ad applicarsi normalmente e per ivalori che prima indicavo, le disposizioni nazionali di recepimento della normativa comunitaria nella materia e nel casoin cui avessero deciso di procedere in modo autonomo ad approvvigionamenti di beni e servizi (compresi nelleconvenzioni-quadro), non erano più obbligati a porre a base d’asta i prezzi CONSIP, ma, secondo quanto previstodall’art. 26, comma 3, della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999), dovevano utilizzare i parametri di qualitàe di prezzo delle convenzioni.

Era, inoltre, previsto che la CONSIP, avrebbe dovuto pubblicare sul proprio sito internet, entro il mese diottobre di ciascun anno, le categorie di prodotti per i quali veniva attivato il marketplace nell’anno successivo.

➨ In sostanza, il sistema di acquisti legato alla CONSIP è stato “smantellato”, ed alla Società stessa èstato assegnato, almeno per quanto riguarda gli Enti Locali, un ruolo di mero “supporto e consulenza” (comma 172)

e quindi:

• scompare ogni “obbligo” per gli enti locali e, in generale, per le pubbliche amministrazioni; è ormai“facoltativo ricorrere alle convenzioni CONSIP, ovvero utilizzarne i parametri di prezzo - qualità per l'acquisto dibeni e servizi comparabili con quelli oggetto di convenzionamento, ma solo ove si tratti di beni e servizi a rilevanzanazionale.

• Viene meno, altresì, l’obbligo per gli enti locali di impartire direttive agli amministratori, da lorodesignati negli enti e nelle aziende, al fine di promuovere l'adesione alle convenzioni (Art. 24 della Legge 28 dicembre2001, n. 448 “legge finanziaria 2002”, come modificato dall’art. 3, comma 169 della legge n. 350 del 2003; art.26 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000), come modificato dall’art. 3, comma 166 della leggen. 350 del 2003)

• le “aggregazioni” di enti (anche locali), promosse dal Ministero dell’economia e delle finanze, aventiil “compito di elaborare strategie comuni di acquisto attraverso la standardizzazione degli ordini di acquisto per speciemerceologiche e la eventuale stipula di convenzioni valevoli su parte del territorio nazionale, a cui volontariamentepossono aderire tutti gli enti interessati” sono ora previste solo per gli acquisti di beni e servizi “ a rilevanza regionale”(Art. 59 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), come modificato dall’art. 3, comma 167della legge n. 350 del 2003).

• viene meno l’obbligo della comunicazione alla Corte dei Conti degli atti di acquisto (comma 5dell’art. 24 della legge n. 289 del 2002 “legge finanziaria 2003”, abrogato dall’art. 3, comma 166 della legge n. 350 del2003), che si aggiunge all’eliminazione dell’obbligo, già ricordato, della comunicazione al Collegio dei Revisori deiconti, ai fini del “controllo” di tutti gli atti di acquisto di beni e servizi effettuati in modo autonomo (comma 3).

• permane, dato che il comma 5 del citato art. 59 della legge n. 388/2000 non è stato modificato sulpunto, l’obbligo degli enti di “motivare i provvedimenti con cui procedono all'acquisto di beni e servizi a prezzi e acondizioni meno vantaggiosi di quelli stabiliti nelle convenzioni” (quelle “a rilevanza regionale”, stipulate dalle“aggregazioni” di enti, ovvero quelle “a rilevanza nazionale” stipulate dalla CONSIP).

A ben vedere, comunque, tale ultimo adempimento non fa che riaffermare il principio di carattere generaledell’obbligo di motivazione degli atti: la decisione di acquistare di un bene o un servizio a prezzo più alto o conmodalità meno favorevoli di quelle disponibili sul mercato (ottenibili esercitando la facoltà di adesione alleconvenzioni esistenti), ove non supportata da oggettive ed adeguate ragioni di interesse legate al caso specifico, sirisolverebbe in un danno per l’amministrazione, con conseguente responsabilità di chi ha disposto l’affidamento.

Peraltro, stante il deciso “ridimensionamento” del ruolo della CONSIP, è dato pensare che le tipologie di benie servizi, per i quali saranno in futuro attivate le convenzioni, siano destinate a ridursi ulteriormente.

Anche questa situazione era, però, destinata a durare poco. Per l’esattezza fino a luglio 2004.

Infatti il Governo, al fine di rispettare i parametri posti in sede di Unione economica e monetaria Europea,ed al fine di ricondurre l’andamento dei saldi di finanza pubblica entro gli obiettivi stabiliti, ha emanato il DecretoLegge 12 luglio 2004, n. 168, convertito con modificazioni in Legge 30 luglio 2004, n. 191 “Interventi urgenti per ilcontenimento della spesa pubblica”, per intervenire tanto sul versante delle riduzioni alla spesa pubblica quanto suquello dell’aumento delle entrate.

Le misure di riduzione della spesa si accompagnano alla previsione di un più intenso ricorso alleprocedure per l’acquisto di beni e servizi attraverso la CONSIP, che, nell’intento del legislatore, dovrebbero assicurarecondizioni più vantaggiose per le PA.

Tali disposizioni per gli acquisti di beni e servizi (attuate mediante una ulteriore modifica dell’art. 26 dellalegge 23 dicembre 1999, n. 488) si applicano anche agli Enti Locali, fatta eccezione solo per i comuni conpopolazione fino a 1000 abitanti e per i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti (art. 1, comma 4)

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Con l’art. 1/4c, sono ripristinati - anche per gli enti locali - alcuni obblighi concernenti il sistema diacquisti centralizzato a livello nazionale, gestito dalla Consip Spa (comma 4).

Il ricorso all’acquisto “autonomo”, anche se effettuato utilizzando le procedure telematiche di cui al DPR4 aprile 2002, n. 101, non subisce limitazioni solo nelle ipotesi in cui i beni o i servizi oggetto di acquisto non siano“comparabili” a quelli delle convenzioni CONSIP.

Quando l’oggetto dell’acquisto è comparabile con quello previsto in una convenzione CONSIP, restanodue alternative:

1) aderire alla convenzioneoppure

2) utilizzare i “parametri di prezzo – qualità” delle convenzioni Consip come limiti massimi(base di gara al ribasso)

È da ritenere che la scelta della seconda opzione, rimessa alla valutazione tecnica del Dirigente, vadacomunque motivata (in relazione, ad esempio, a condizioni di mercato locale più favorevoli; o ad altre condizioni delleconvenzioni non compatibili con le esigenze specifiche dell’Amministrazione).

SANZIONI E RESPONSABILITÀ

Si evidenzia che, non solo la stipulazione di un contratto in violazione degli obblighi sopra descrittidetermina responsabilità amministrativa (con determinazione del danno erariale anche tenendo conto della differenzafra il prezzo pattuito e quello CONSIP), ma che, in virtù del riferimento al testo Unico sulla documentazioneamministrativa (DPR 445 del 2000, citato), la mendace dichiarazione sulla sussistenza delle condizioni per l’acquistoautonomo espone chi l’ha resa a responsabilità penale (art. 76 del DPR citato)

Nei casi in cui si sia proceduto ad acquisti in modo autonomo, devono essere rispettate le seguentiprescrizioni:

- il provvedimento va trasmesso “alle strutture e agli uffici preposti al controllo di gestione, perl’esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo”;

- al contratto va allegata una dichiarazione del dipendente che lo ha sottoscritto, con la quale lo stessoattesti, ai sensi e per gli effetti degli articoli 47 e seguenti del DPR. N. 445 del 2000 (dichiarazionesostitutiva di atto di notorietà), il rispetto delle condizioni predette;

⇒ Al fine di consentire il rispetto delle norme, senza appesantire oltre misura leprocedure interne, si ritiene che la dichiarazione di cui sopra - completa di tutti gli elementirichiesti dalla normativa in materia di documentazione amministrativa - possa essere inseritanella determinazione dirigenziale con la quale si dispone l’acquisto (determina acontrattare).

Come si vede, il legislatore ha costruito un sistema per garantire il rispetto delle prescrizioni in argomento:

- da un lato, usa i controlli, interni (strutture ed uffici preposti al controllo di gestione ed organi direvisione);

- dall’altro, le stesse norme sanciscono espressamente che la violazione delle disposizioni, in essecontenute, costituisce illecito disciplinare ed integra gli estremi della responsabilità amministrativa.

I SERVIZI PUBBLICI LOCALI

(“Collegato” Art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni in Legge 24 novembre 2003,n. 326; art. 4, comma 234 della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 – Finanziaria 2004 )

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La prima, recente, riforma dei servizi pubblici, come si ricorderà, era stata operata dalla finanziaria 2002,(legge 28 dicembre 2001, n. 448) il cui art. 35 introduceva, appunto, una consistente riforma nella materia intrattazione.

Con la manovra finanziaria per il 2004, abbiamo dovuto registrare una nuova modifica (la terza in dueanni) della disciplina in materia di servizi pubblici locali (articoli 113 e 113 bis del TUEL), dettata, anche, dallanecessità di adeguare la legislazione nazionale alla normativa comunitaria.

Senza addentrarci in analisi profonde è, però, opportuno fare almeno un cenno alle ragioni che hannodeterminato nel 2001, con la prima riforma (a dieci anni dall’emanazione della “142”, che aveva, a sua volta,introdotto una normativa unitaria) la necessità, individuate dal legislatore, di mettere mano all’assetto normativo inmateria di servizi pubblici locali.

Scopo della legge di riforma dei servizi, ancora attuale, era di tendere a:

a) Demunicipalizzare "i monopoli" locali;

b) Introdurre, nei servizi locali, il principio della concorrenza;

c) Tipizzare, nella società di capitali, lo strumento esclusivo per la gestione dei servizi di rilevanzaindustriale;

d) Gestire i servizi locali con regole e criteri comuni al "privato": cioè in base ad diritto comune;

e) far cessare le gestioni "in economia" provvedendo all'aggregazione delle gestioni stesse in untempo massimo di dieci anni.

Era previsto che, a regime, la scelta del gestore (ex art. 113, comma 5 del T.U.) dovesse avvenire, conespletamento di gare con procedimento ad evidenza pubblica, a favore di società di capitali. Era, inoltre, prevista unafase transitoria (art. 35, commi 2 e 3), nella quale, sostanzialmente, tutti i gestori (affidatari o concessionari) eranoautorizzati a proseguire nelle gestioni.

In proposito, merita rammentare che l’articolo 35 non ha mai avuto compiuta applicazione (in particolare,non è stato emanato il regolamento attuativo), poiché le disposizioni ivi contenute sono state fin da subito oggetto diuna procedura di infrazione comunitaria, mirante a sanzionare sia la possibilità di “affidamento”, sia l’eccessivadurata del “periodo transitorio”, sia, infine, la previsione di ulteriori affidamenti senza gara, per i servizi privi dirilevanza industriale.

Le innovazioni per ultimo introdotte, pur continuando a prevedere per un certo periodo il mantenimento invita delle concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica (scadenza “automatica” al 31 dicembre2006, salvo puntuali eccezioni) e pur consentendo, ma solo a specifiche condizioni, l’“affidamento diretto”, sirivelano maggiormente aderenti ai principi della legislazione comunitaria, anche in base alle interpretazioni dellaCorte di Giustizia, e, pertanto, dovrebbero consentire il superamento delle obiezioni avanzate in sede di UnioneEuropea.

Queste disposizioni, inoltre, sono di immediata applicabilità, non necessitando di alcuna normaregolamentare attuativa, che difatti non è più prevista.

La materia dell’appalto dei servizi è, in certo senso, emblematica del titanico scontro, cui assistiamo daqualche tempo, tra chi è fautore di un sistema di regole “liberali” e chi, invece, auspica una totale “libertà dalleregole”; regole che, da questi ultimi, sono viste con fastidio e spesso non osservano.

Che la normativa sia altalenante e ricerchi ancora un suo equilibrio, lo possiamo riscontrare dagli auspici,frequanti e diffusi, di effettuare il maggior numero di “privatizzazioni” (44) per applicare le norme comunitarie,sempre più rigorose in materia di concorrenza, che tendono a liberalizzare il mercato, nel rispetto di principi e regoleprecise.

Non è male ricordare, a tale proposito, che la Commissione europea continua a richiamare gli Stati membri(cfr. comunicazioni interpretative 24 febbraio 1999 e 20 aprile 2000), al rispetto, in materia di appalti, dei quattroprincipi fondamentali desumibili dall’ordinamento comunitario:

44 L’art. 29 della legge n. 448 del 2001 “finanziaria 2002” che prevedeva l’esternalizzazione dei servizi, è statariconosciuta, con sentenza n. 17/2004, corretta dalla Corte Costituzionale

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1) Parità di trattamento: tutti i concorrenti devono poter conoscere gli intendimenti della stazioneappaltante, le regole che presiedono alle singole gare e, soprattutto, pretendere che tali regole abbianoapplicazione omogenea;

2) Trasparenza: ciascuna gara deve essere assistita da adeguate forme di pubblicità, rapportate all’entitàdell’appalto, come prescrivono le normative di settore, ma significa, soprattutto, correttezza neicomportamenti, con l’obiettivo di garantire la massima partecipazione alle gare, nella convinzione chesolo così è possibile coniugare assieme gli interessi della stazione appaltante con quelli delle imprese;

3) Proporzionalità: i requisiti di carattere tecnico e finanziario per l’ammissione alle gare debbono esseretarati sull’oggetto dell’appalto, sul suo ammontare, sulla sua durata, sulla peculiarità del servizio, etc.;

4) Non discriminazione o Mutuo riconoscimento: accettazione di specifiche tecniche, di controlli, dicertificati e di qualifiche stabiliti dagli altri Stati appartenenti alla Comunità.

Questa cornice di norme generali ha anche lo scopo di rimuovere progressivamente le barriere ingiustificateper arrivare entro pochi anni ad un vero mercato unico, anche in materia di servizi.

Nello specifico campo dei servizi, a fronte di una normativa in un primo tempo tutta orientata alla“privatizzazione”, sembra si ritorni ad un sistema più equilibrato che tenga anche conto delle opportunità offerte daiservizi pubblici gestiti “in house”.

Entrando nel merito della disciplina, segnalo le modifiche più rilevanti.

SERVIZI DI RILEVANZA ECONOMICA

(Art. 113 TUEL, modificato dagli articoli 14 del “Collegato” e 4, comma 234, della “Finanziaria 2004” modif.dall’art. 1, comma 48, legge 15 dic 2004, n. 308)

A) Disposizioni di carattere generale

Scompare la nozione di servizi “di rilevanza industriale”, sostituita con la definizione di servizi “dirilevanza economica”, e viene soppresso il rinvio al regolamento di attuazione.

La nuova classificazione appare coerente con la nozione comunitaria di “servizi di interesse economicogenerale”: si tratta, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, di quei servizi che:

riguardano la collettività (sono cioè volti a soddisfare bisogni generali dei cittadini o, comunque, degli utentio dei consumatori finali): devono essere di “interesse generale” ed avere “carattere economico”.

comportano l’offerta di beni e servizi su un dato mercato, verso il pagamento, da parte degli utenti, di unprezzo (o canone), che, di regola, serve a coprire i costi, oltre che a remunerare il capitale investito:“attività economica”/scopo di lucro.

Al contrario i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono quelli che hanno principalmentecarattere “solidaristico” e che non danno luogo alla realizzazione di profitti o che, comunque, non vengono svolti ascopo di lucro.

Le norme dell’art. 113, che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali “dirilevanza economica”, in quanto concernenti la tutela della concorrenza, sono “inderogabili ed integrative dellediscipline di settore”.

Restano esclusi (e, quindi, sono regolati solo dalla normativa che specificamente li riguarda) i settoriespressamente indicati (D. Lgs. n. 79 del 1999, relativo al mercato interno dell’energia elettrica e D. Lgs. n. 164 del2000, relativo al mercato interno del gas naturale).

Sono, altresì, stati esclusi i settori indicati nei commi 1-bis e 2-bis (aggiunti dall’art. 1/48c della legge15.12.2004, n. 308) del trasporto pubblico locale e degli impianti di trasporto a fune.

Per tutti gli altri settori aventi rilevanza economica (non esclusi), la disciplina specifica di riferimento va,come detto, “integrata” con le norme (ora modificate) dell’art. 113 TUEL e dell’art. 35 della legge n. 448/2001: adesempio, per quanto riguarda i servizi idrici e della gestione dei rifiuti, l’organizzazione del servizio per ambititerritoriali ottimali rimarrà regolata dalle leggi di settore (rispettivamente: legge 36/94 e D.Lgs. 22/1997 e leggiregionali), mentre per le modalità di affidamento del servizio dovranno essere applicate le disposizioni dell’art. 113TUEL .

L’esplicita indicazione della “tutela della concorrenza” (materia che l’art. 117, comma 2, lettera e) dellaCostituzione riserva alla potestà esclusiva dello Stato), vale a risolvere una questione di carattere costituzionale

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(numerose Regioni avevano, infatti, impugnato le disposizioni previgenti, sostenendo l’indebita invasione della propriasfera di competenza legislativa).

Ne deriva, che le Regioni potranno autonomamente disciplinare la materia dei servizi pubblici locali (ritenutadi competenza esclusiva regionale), per gli aspetti diversi da quelli inerenti le “modalità di gestione e gli affidamentidei servizi pubblici a rilevanza economica”, che rimangono riservati alla normazione nazionale, proprio in quanto voltia tutelare la “libera concorrenza”, che rappresenta una delle libertà fondamentali previste dal Trattato UE.

NORMATIVA PRECEDENTE

B) Affidamento dei servizi di rilevanza economica

Prima della riforma, introdotta dalla Finanziaria del 2002, per gli Enti Locali l’ordinamento (art. 22 legge8 giugno 1990, n. 142 – poi art. 113 del TUEL n. 267 del 2000), in base alla VECCHIA NORMATIVA, prevedeva seiforme "tipizzate" (cinque più una) che potevano essere utilizzate per la gestione dei servizi:

a) in economia: era la prima ad essere elencata, ma a ben vedere il sistema poteva esseredefinito residuale, essendo ipotizzabile tale forma di gestione solo quando, per servizi di "modestaentità", si reputava non conveniente avvalersi delle altre forme e l'Ente voleva evitare il ricorso a terzi;

b) in concessione: era la classica forma del servizio dato in "appalto" a terzi;c) a mezzo di azienda speciale: anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed

imprenditoriale;d) a mezzo di istituzioni: per i servizi sociali, non rientranti nella fattispecie c);e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale

costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione allanatura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati;

f) a mezzo di società per azioni senza vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a normadell'art. 116.

L’elencazione che precede non vuole essere un’esibizione di cultura “paleo-giuridica”, ma è utile a capire lemodifiche, che vedremo, introdotte per i servizi privi di rilevanza economica.

NORME VIGENTI NEL 2005

Il Titolo V° del TUEL n. 267 del 2000, modificato come prima si diceva, (e prima della pronuncia della CorteCostituzionale) prevedeva un diverso regime per l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali, distinguendo,secondo la natura, tra quelli aventi rilevanza economica e quelli che ne sono privi.2

Per l’erogazione dei servizi aventi rilevanza economica, OGGI, sono previste tre forme “tipizzate”:

1) in aggiunta al ricorso al mercato (affidamento a società di capitali scelta mediantegara ad evidenza pubblica), unica modalità prevista dalla riforma del 2002, sono ora previstealtre due possibilità di affidamento diretto:

2) a società a capitale misto pubblico-privato - a condizione che il socio privato siastato scelto con gara, nel rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza esecondo linee di indirizzo da emanarsi dalla competenti autorità - ; in particolare, quindi,dovranno essere osservati i principi concernenti: la parità di trattamento, la trasparenza, laproporzionalità e il mutuo riconoscimento;

E’ anche previsto che la cessione delle quote di partecipazione nelle società erogatrici di servizi detenute daglienti locali avvenga mediante procedure ad evidenza pubblica, da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento.Oppure

3) a società a capitale interamente pubblico - se ricorrono gli estremi del c.d.affidamento “in house”.

Le società a capitale interamente pubblico, possono ottenere l’affidamento diretto a condizione che: l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale esercitino sulla società un controllo analogo a quello

esercitato sui propri servizi;

la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che lacontrollano.

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La nozione “in house” è anch’essa di elaborazione comunitaria (cfr. sent. 18 novembre 1999, C-107/98,Teckal e sent. 8 maggio 2003, C-349/97, Spagna/Commissione), fa riferimento ai casi in cui gli enti pubblici, che sitrovano in presenza di società che risponde ai requisiti suddetti (capitale sociale pubblico, esercizio del controlloanalogo ed attività prevalente con gli enti), laddove, cioè, si riscontri l’esistenza del rapporto c.d. di delegazioneinterorganica, possono procedere agli affidamenti diretti di servizi (e di appalti) in quanto gli atti sono riconosciutipienamente conformi al diritto comunitario.

Va, ulteriormente, precisato che al fine di verificare la sussistenza di tale controllo analogo si deve creare tral’ente e la società, una situazione di dipendenza di quest’ultima, che permetta all’ente stesso di influenzare le decisioniche la società intende assumere, e non è sufficiente che il controllo si eserciti soltanto con l’approvazione del bilancio diesercizio (in assemblea) o attraverso la nomina (e revoca), degli organi (cfr. Corte Giust. 27 febb. 2003, C-373/00,Truley).

Allo scopo di superare situazioni di monopolio in settori specifici, la Finanziaria 2004 (modificando l’art.113/c.5bis TUEL) demanda alla normativa di settore la previsione di regole che “assicurino la concorrenzialità nellagestione dei servizi da esse disciplinati, prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri digradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio”.

Occorre, ancora, rammentare che le società che, in Italia o all’estero, gestiscono già servizipubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativirinnovi (ivi comprese le controllate o collegate e le società pubbliche che gestiscono le reti in forza di affidamenti “inhouse”) non possono partecipare alle gare per ottenere altri affidamenti di cui sopra. Il comma 15-quater dell’art. 113TUEL, introdotto dalla Finanziaria 2004, dispone in proposito che tale divieto si applica a partire dal 1º gennaio 2007,“salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle societàpartecipanti alla gara stessa” e demanda ad un regolamento governativo la definizione delle “condizioni perl'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del serviziosenza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio direciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati”.

Gestione separata delle reti – lavori connessi

La facoltà di affidamento “in house” a società a capitale interamente pubblico è anche prevista, inalternativa al ricorso al mercato, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, nei casi incui essa sia separata dall’erogazione dei servizi.

In proposito, la “Finanziaria 2004” (aggiungendo il comma 5 ter all’art. 113 TUEL) ha fissato alcunesignificative regole in merito all’esecuzione dei lavori connessi alla rete: il principio di carattere generale è che ilsoggetto che effettuerà i lavori va scelto con gara pubblica (appalto o concessione), salvo che il gestore della retepossa far luogo all’esecuzione in economia, nei limiti (di valore) previsti dalla normativa in materia.

Il soggetto gestore della rete, comunque, può effettuare direttamente i lavori solo se ricorrano tutte leseguenti condizioni:

- sia in possesso di idonea qualificazione;

- sia stato, a sua volta, scelto con procedura ad evidenza pubblica;

- nella gara fosse stata prevista anche l’esecuzione dei lavori.

Unica alternativa, per il gestore della rete scelto con affidamento diretto, è la facoltà di procedere ineconomia, ma solo per i lavori di importo minore (importi definiti all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, eall'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554).

D) Proprietà delle reti

Il conferimento della proprietà delle reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali può essere effettuato, neicasi in cui non sia vietato dalle normative di settore, a società a capitale interamente pubblico, non cedibile (inprecedenza, era richiesta solo la “maggioranza pubblica”).

E) Periodo transitorio e casi particolari

E’ soppresso il regime transitorio (previsto dall’art. 35 della legge n. 448 del 2001 – finanz. 2002-, inparticolare per la gestione del servizio idrico integrato), ed è fissato al 31 dicembre 2006 il termine ultimo di

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cessazione “automatica” delle gestioni affidate direttamente, salve le eccezioni (si tratta di fattispecie che rispettano lenuove modalità di affidamento) ed alcune possibilità di ulteriore proroga, previste in particolare dalla Finanziaria 2004(a determinate condizioni: società quotate in borsa; società che vengono privatizzate; casi particolari di imprese con ungrande bacino di utenza, previo accordo con la Commissione europea) .

SERVIZI PRIVI DI RILEVANZA ECONOMICA

IN MERITO A QUESTI SERVIZI, AL MOMENTO, siamo privi di norme specifiche, in quanto laCorte Costituzionale, con sentenza n. 272 del 13-27 luglio 2004, su ricorso della Regione Toscana, ha dichiaratol’incostituzionalità dell’art. 113-bis del T.U. n. 267 del 2000, nel testo introdotto dall’art. 35/15c, della legge 28dicembre 2001, n. 448, (poi modificato dall’art. 14/2c, del D.L. n. 269 del 2003, convertito con modifiche in legge n.326 del 2003).

Per i servizi pubblici privi di rilevanza economica (servizi di carattere precipuamente solidaristico, svoltisenza scopo di lucro), la legge, fino alla sentenza della Corte, prevedeva che gli Enti Locali potessero usare quattroforme "tipizzate" di gestione. Accanto alle modalità di gestione tramite: (1) istituzione, (2) azienda speciale ed (3)economia, era prevista la facoltà di affidamento diretto (in house) (4) a società interamente pubbliche.

Una possibilità ulteriore (5) era stata prevista nel 2001, il ricorso al mercato (affidamento a terzi con gara)che nel 2003, era stata soppressa.

A seguito dell’intervento della Corte Cost. che ha espunto dall’ordinamento l’art. 113-bis, prima facie,verrebbe da pensare che per i servizi privi di rilevanza economica, non vi sia più alcuna disciplina.

A ben vedere, invece, l’unica forma, tra quelle previste e prima indicate, per la gestione di tali servizi cheviene a mancare è solo quella dell’affidamento diretto (in house) a società interamente pubbliche, dato che gli entilocali possono continuare a costituire in applicazione di altre norme del T.U.:

- le istituzioni e le aziende speciali (ex art. 114 t.u.);

- servizi convenzionati (ex art. 30 t.u.);

- i consorzi (ex art. 31, in combinato disposto con l’art. 2/2c, del t.u.);

- le unioni di Comuni (ex art. 32 del t.u.).

Ma non basta. Grazie ad altre fonti normative (anche in assenza di una legge regionale che dia un assettocomplessivo alla materia) è, comunque, possibile affidare, tanto in appalto e/o concessione, quanto con modalitàdiverse dall’appalto, i servizi privi di rilevanza economica.

Quest’ultima possibilità è consentita dall’applicazione del principio di SUSSIDIARIETÀ.

Va evidenziata la portata innovativa che ha determinato l’applicazione di tale principio, nell’organizzazionedelle pubbliche funzioni.

Il T.U.E.L. del 2000, introduce formalmente nell’ordinamento locale, il principio di sussidiarietà - tipicodel diritto comunitario – e già previsto nel nostro ordinamento dalla legge n. 59 del 1997, che organizza la P.A.attribuendo i compiti di gestione alla struttura più vicina ai cittadini; alle strutture sovraordinate devono, così, essereconferiti (rectius: residuare) solo i compiti che non possono essere garantiti da un ambito locale limitato.

E’ bene ricordare che il principio di “sussidiarietà” è mutuato dal principio della DELEGA.

In forza di tale principio organizzatorio (la “delega”) ogni volta che si programma un’attività si devevalutare, (in maniera comparativa) se esiste un soggetto cui possa essere delegata la funzione, al fine di far svolgere“meglio” del titolare la funzione stessa; in tali casi si deve attivare la delega della competenza.

Da questo principio deriva che è inevitabile che lo Stato e le Regioni - al di là ed indipendentemente dalfederalismo - debbano comunque “delegare” anche le funzioni non trasferite; gli EE.LL., infatti, possono megliosvolgere tutte le funzioni gestionali, in quanto più coinvolti e vicini ai fruitori.

Il principio di “sussidiarietà” è, altresì, coerente alla logica dell’organizzazione dal “basso” e non dal“centro” e può trovare applicazione in due forme:

- VERTICALE: nuovo riparto di competenze e funzioni tra soggetti pubblici (Stato, Regioni,Province e Comuni).

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- ORIZZONTALE: Discende dagli artt. 8 del TUEL - e prevede il coinvolgimentonell’amministrazione della c.d. “società civile” organizzata in associazioni e/o altre formeassociative.

Sembrerà strano, ma questo “principio” era stato “inventato” nel ventennio con la “Carta del Lavoro”approvata il 21 aprile 1927, e la pratica del “coinvolgimento” era già stata attivata in quegli anni, per poi essereabbandonata dopo la Liberazione.

Ricordo che l’utilità di un siffatto coinvolgimento è accertata, tant’è che viene praticato in molti paesi ditradizione democratica, avendo constatato che si sostanzia in un generale miglioramento della qualità del serviziprestati all’utenza.

E’ anche per questo che con la riforma costituzionale (legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3) la titolarità ditutte le funzioni amministrative è attribuita ai Comuni ed alle Province. Va precisato, rispetto alle funzioni proprie(art. 118) riconosciute agli EE.LL. dal sistema costituzionale, che tali funzioni non sono attribuite e non sonoconferite ma originarie. Allo Stato ed alle Regioni sono assegnate la legislazione e la programmazione.

I servizi che non hanno rilevanza economica, o che si ritiene non debbano essere omologati a moduli distampo privatistico, possono avvalersi di forme di gestione che coinvolgano la società civile o che consentano di stabilireun rapporto diretto tra l'attività di gestione del servizio ed il bisogno sociale da soddisfare.

La Costituzione (cfr. artt. 2, 3 e 38) enuncia principi in ordine alla solidarietà sociale; la legislazione45 haconcretamente disciplinato alcune materie per dare agli operatori idonei strumenti attuativi.

L’associazionismo ed altre forme di volontariato, il c.d. ”terzo settore”, possono rappresentare un modoalternativo di gestire i servizi (alternativo alla gestione in economia e/o a mezzo dell’istituzione), qualora l’ente localeprovveda al loro coinvolgimento nella gestione delle “attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppoeconomico e civile delle comunità locali” (art. 112 t.u.).

La nozione di "sociale" ed i servizi relativi, non si esaurisce, però, nei campi dell'assistenza e beneficenza.

Le attività sociali abbracciano ogni aspetto che riguarda l'uomo nei rapporti con i suoi simili, tanto sulpiano individuale che collettivo.

Non è male ricordare che nelle attività e nei servizi di che trattasi, sono da includere le “attività rivolte arealizzare fini sociali”, che il Testo Unico 18 agosto 2000, n. 267, all'art. 112, individua tra quelle che gli enti localidevono svolgere a beneficio della popolazione e del territorio per “promuovere lo sviluppo economico e civile dellecomunità locali.”

Concludendo sul punto, grazie alle norme esistenti statali o regionali (pur senza una disciplina organicaregionale) ed alla normazione locale sarà, così, possibile gestire i diversi servizi privi di rilevanza economica,utilizzando la gestione indiretta (ricordiamo che la c.d. esternalizzazione, è considrata la forma prioritaria dascegliere) con il sistema dell’appalto e/o concessione, ovvero, avvalendosi del sistema di affidamento diretto, conforme di convenzionamento, cito ad esempio:

a) una previsione in linea con quanto detto, è contenuta nell’art. 29/1c, lett. b), della legge 28 dicembre 2001,n. 448, e nelle alttre discipline di settore, che autorizza, “anche in deroga alla disposizioni vigenti, acondizione di ottenere conseguenti economie di gestione, a costituire, soggetti di diritto privato ai qualiaffidare lo svolgimento dei servizi, svolti in precedenza in forma diretta”. I servizi di che trattasi possonoessere: i socio assistenziali di cui alla legge n. 328 del 2000; i beni culturali e del paesaggio di cui all’art.115 del codice approvato con D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 41.

b) il legislatore indica e favorisce, inoltre, tale scelta, che troviamo codificata nel nostro ordinamento (cfr. art.90/25c, legge 27 dicembre 2002, n. 289 “finanziaria 2003”), per la gestione degli impianti sportivi, la cuigestione è affidata, in via preferenziale, a società ed associazioni sportive. Tale scelta è funzionale, tral’altro, come dice la legge, a conseguire gli obiettivi del “patto di stabilità”.

c) l’affidamento dei servizi sociali può avvenire tramite una convenzione che regoli i rapporti tra l’ente localeed il terzo settore. La scelta del soggetto (ONLUS) cui affidare i servizi alla persona può, in tali casi esserepreceduta da una selezione per comparare la qualificazione, l’esperienza maturata dal personale ed altri

45. Legge 11 Agosto 1991, n. 266 sul "volontariato". Legge 8 Novembre 1991, n. 381,modif. dalla legge n. 52 del 1996, sulle "cooperative sociali". Legge 6 Febbraio 1992, n. 104 sui "portatori di handicap". D.Lgs. 7 dicembre 1997, n. 460 sulle“organizzazioni non lucrative di utilità sociale” Legge 8 novembre 2000, n. 328, sul “sistema integrato di interventi e servizi sociali”. Legge 7 dicembre2000, n. 383 sulle “associazioni di promozione sociale” Legge Regionale 8 gennaio 2004, n. 1 sul “sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali”

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elementi qualitativi, come previsto dall’art. 4 del DPCM 30 marzo 2000, che riafferma sostanzialmente lanormativa delle Onlus di cui al decreto n. 460 del 1997.

d) per tutti i servizi locali, inoltre, l’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che gli enti localipossano perseguire i propri compiti istituzionali tanto con atti autoritativi, quanto con strumenti partitetici,consistenti in accordi procedimentali.

e) infine, piace rammentare, che anche l’art. 119 del t.u., è utile a quanto in trattazione. Prevede, infatti, che alfine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, gli enti locali possono stipulare accordi dicollaborazione e convenzioni, con soggetti pubblici e privati, per fornire consulenze o servizi aggiuntivi.Siffatta previsione, grazie allo strumento convenzionale che è sicuramente tra i più flessibili chel’ordinamento consente, è ricolducibile a quella prima citata (ex art. 11 legge 241/2000) e potrebberiguardare l’ambito dei servizi sociali, culturali e ludiche tra l’ente e le associazioni no-profit

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MEMORIA e TESTI COORDINATI

Prima di concludere l’odierno incontro ed anche se quanto segue non rientra nello specifico tema affidatomi,voglio segnalarvi alcuni documenti, che grazie alla cortesia del Dr Boianelli, vi verranno distribuiti.

Come è facile constatare, il nostro legislatore continua ad essere posseduto da una sorta di frenesia che locostringe a modificare continuamente l’assetto normativo. Per sentirmi più tranquillo nel lavoro, ritengo di averindividuato un rimedio (non certo un’invenzione), che attenua il problema: disporre di pro-memoria e dei testicoordinati delle varie norme.

Ritenendo che tale sistema possa tornare utile anche a Voi, farò distribuire un fascicolo di documenti che hopredisposto e che costituiscono:

- una sintesi (riepilogo) per argomento delle norme contenute nella finanziaria 2005, comprese quelledi carattere specialistico e/o settoriale;

- il testo coordinato (aggiornato) delle norme in materia di acquisti di beni e servizi degli enti locali(CONSIP);

- il testo coordinato, degli articoli del T.U.E.L. sui servizi pubblici locali.

Inoltre, per aiutarvi ad ottimizzare il poco tempo di cui disponiamo, nel fascicolo ho inserito modelliaggiornati di provvedimenti (deliberazioni e determinazioni) attinenti acquisti ed incarichi, che normalmentepredispongo per il mio Ente.ù

Infine, se può interessare, di seguito sono riportate le principali norme in merito alla scelta del contraente.

--==oo=oo==--

MEMORIA SULLE NORME PER LA SCELTA DEL CONTRAENTE

Sul tema, ricordo che:

l’art. 1321 del Codice Civile, ci fornisce questa nozione:

“Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridicopatrimoniale”;

l’art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 “…amministrazione del patrimonio e sulla contabilitàgenerale dello Stato”, stabilisce che:

“I contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che perparticolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casida determinare con il regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi dinecessità alla trattativa privata.

I contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incantoo licitazione privata, a giudizio discrezionale dell'amministrazione.

Sono escluse dal fare offerte per tutti i contratti le persone o ditte che nell'eseguire altra impresa si siano resecolpevoli di negligenza o malafede. L'esclusione è dichiarata con atto insindacabile della competente amministrazionecentrale, la quale ne dà comunicazione alle altre amministrazioni.

il Regio Decreto 23 maggio 1924, n. 827 che approva il “Regolamento per l'amministrazione delpatrimonio e per la contabilità generale dello Stato”, rispettivamente agli artt. 36 e 37, recita:

“Art. 36: Si provvede con contratti a tutte le forniture, trasporti, acquisti, alienazioni, affitti o lavoririguardanti, le varie amministrazioni e i vari servizi dello Stato.”

“Art. 3: Tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubbliciincanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli.

Le forniture, i trasporti e i lavori sono dati in appalto separatamente secondo la natura del servizio e divisipossibilmente in lotti, quando ciò sia riconosciuto più vantaggioso per l'amministrazione.”

l’art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, [(c.d. Merloni), come modif. art. 6-bis D.L. n. 101/1995,conv modif. legge n. 216/1995; modif. artt. 3 e 9 legge n. 415/1998; art. 7, comma 1, lettera 1), leggen. 166/2002], recita:

“1. I contratti di appalto di lavori pubblici di cui alla presente legge sono contratti a titolo oneroso, conclusiin forma scritta tra un imprenditore e un soggetto di cui all'articolo 2, comma 2, aventi per oggetto:

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a) la sola esecuzione dei lavori pubblici di cui all'articolo 2, comma 1;b) la progettazione esecutiva di cui all'articolo 16, comma 5, e l'esecuzione dei lavori pubblici di cui all'articolo2, comma 1, qualora:

1) riguardino lavori di importo inferiore a 200.000 euro;2) riguardino lavori la cui componente impiantistica o tecnologica incida per più del [50] 60 percento del valore dell'opera;3) riguardino lavori di manutenzione, restauro e scavi archeologici;4) riguardino lavori di importo pari o superiore a 10 milioni di euro;(46)

1-bis. Per l'affidamento dei contratti di cui al comma 1, lettera b), la gara è indetta sulla base delprogetto definitivo di cui all'articolo 16, comma 4. (47)

omissis……1-ter………….1-quater………1-quinquies.2. Le concessioni di lavori pubblici sono contratti conclusi in forma scritta fra un imprenditore ed una

amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzionedei lavori pubblici, o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la lorogestione funzionale ed economica. La controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto digestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati.

omissis……2-bis. …………..2-ter. ……….2-quater……………………. 3.4. I contratti di appalto di cui alla presente legge sono stipulati a corpo ai sensi dell'articolo 326 della legge

20 marzo 1865, n. 2248 allegato F, (48) ovvero a corpo e a misura ai sensi dell'articolo 329 della citata legge n. 2248del 1865, allegato F; (49) salvo il caso di cui al comma 5 i contratti di cui al comma 1, lettera b), numeri 1), 2) e 4), delpresente articolo, sono stipulati a corpo. (50)

omissis……

l’art. 2 del D.Lgs. 24 luglio 1992, n. 358, mod. D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 402. “ appalti di pubblici diforniture”, recita:

“Le pubbliche forniture sono contratti a titolo oneroso aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, lalocazione, l’acquisto a riscatto con o senza opzioni per l’acquisto, conclusi per iscritto tra un fornitore e una delleamministrazioni o enti aggiudicatori definiti dall’art. 1.”

46 Comma dapprima sostituito dall’art. 6-bis del D.L. n. 101/1995, conv. modif. in legge n. 216/1995, poi modificatodall'articolo 3, commi 3 e 4 della legge n. 415/1998 e, successivamente, modificato dall’art. 7, comma 1, lettera l) dellalegge n. 166/2002, che ha così sostituito la lettera b).

47 Comma inserito dall'articolo 3, comma 5, della legge n. 415/1998.

48 L'articolo 326 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, “Legge sulle operepubbliche” recita:

“Art. 326. I contratti si fanno sempre per la esecuzione di un dato lavoro o di una dataprovvista, regolandone il prezzo od a corpo od a misura.

Per le opere o provviste a corpo, il prezzo convenuto è fisso ed invariabile, senza che possaessere invocata dalle parti contraenti alcuna verificazione sulla misura loro, o sul valoreattribuito alla qualità di dette opere o provviste.

Per le opere appaltate a misura, la somma prevista nel contratto può variare, tanto in piùquanto in meno, secondo la quantità effettiva di opere eseguite. Per la esecuzione loro sonofissati nel capitolato di appalto prezzi invariabili per unità di misura e per ogni specie dilavoro.”

49 L'articolo 329 della citata legge n. 2248 del 1865, allegato F, recita:

“Art. 329. In un medesimo contratto si possono comprendere opere da eseguirsi a corpo, amisura e ad economia.”

50 Comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lettera l) della legge n. 166/2002.

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l’art. 3 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157, “ appalti di pubblici servizi”, recita:

“1. Gli appalti pubblici di servizi sono contratti a titolo oneroso, conclusi per iscritto tra un prestatore di servizie un’amministrazione aggiudicatrice di cui all’art. 2, aventi ad oggetto la prestazione dei servizi elencati negli allegati1 e 2.”

omissis……

l’art. 7 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158, “ appalti nei settori esclusi”, recita:

“1. Ai fini del presente decreto si intendono per appalti:a) di lavori, gli appalti che hanno ad oggetto l'esecuzione, eventualmente congiunta alla progettazione,oppure la realizzazione, con qualsiasi mezzo, dei lavori di edilizia o di genio civile di cui all'allegato XI,comprese le forniture e i servizi necessari alla loro esecuzione;b) di forniture, gli appalti che hanno ad oggetto l'acquisto, il leasing operativo, la locazione, l'acquisto ariscatto, con o senza opzioni per l'acquisto di prodotti, comportanti, eventualmente, anche lavori di posa inopera ed installazione;c) di servizi, gli appalti che hanno ad oggetto le prestazioni elencate negli allegati XVI-A e XVI-B.

2. Gli appalti che includono servizi e forniture, fermo quanto previsto all'art. 9, comma 12, sono consideratiappalti di forniture quando il valore totale di queste è superiore al valore dei servizi compresi nell'appalto.3. Per gli appalti di servizi di cui all'allegato XVI-B e per quelli in cui tali servizi sono prevalenti rispetto a quelli di cuiall'allegato XVI-A, si applicano solo gli articoli 19 e 28”.

l’art. 192 del TUEL 18 agosto 2000, n. 267, “Determinazioni a contrattare e relative procedure”,(51) stabilisce che:

“1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile delprocedimento di spesa indicante:

a) il fine che con il contratto si intende perseguire;b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle

pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base.2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o

comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano.”

la DIRETTIVA della Comunità Europea 2004/18/CE del 31 marzo 2004 – pubblicato sulla GUCEdel 30 aprile 2004) – relativa al Coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, diforniture e di servizi, prevede agli artt. 1 e 2, rispettivamente:

“comma 2. a) Gli "appalti pubblici" sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatorieconomici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti ola prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva.”

Articolo 2, Principi di aggiudicazione degli appalti

“Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo nondiscriminatorio e agiscono con trasparenza.”

La chiusura delle buste nelle gare di appalto: sigillatura, controfirma e timbratura

Dr. Umberto BERTOLI – Settore Appalti - Provincia di Alessandria

Nel bando di gara, lex specialis, la stazione appaltante prescrive quali debbano essere le modalità di chiusura della

busta contenente l’offerta economica e del plico più grande che la contiene unitamente alla documentazione

amministrativa.

51 Già art. 56 legge 8 giugno 1990, n. 142 modif. art. 14 legge 3 agosto 1999, n. 265.

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Le modalità di chiusura delle buste sono importanti perché rispondono alla fondamentale esigenza di garantirel’integrità delle stesse al fine di evitare eventuali manomissioni ed, altresì, di certificare la provenienza dell’offerta (vediConsiglio di Stato, VI Sez., 10 giugno 1998, n. 937).

A proposito la legislazione consiste essenzialmente nell’art. 75 del R.D. n.827/1924 che prescrive la doverosachiusura delle buste con “sigillo speciale”. Si tratta di una norma che ha dato corso a numerosi pronunciamenti dellagiurisprudenza amministrativa e ordinaria.L’art. 75 del R.D. n.827/1924 parla di “sigillo speciale”; ne discende che non è sufficiente la semplice chiusura dellebuste ma occorre l’uso di un sigillo al fine di rendere visibili eventuali manipolazioni; evidentemente la semplicechiusura delle buste con colla o graffette non è sufficiente, neppure quando in aggiunta la busta sia controfirmata suilembi di chiusura.

A tal proposito il Consiglio di Stato ha statuito che “le formalità relative alla chiusura e sigillatura del plicocontenente l’offerta presentata in sede di gara pubblica sono inderogabili tutte le volte che riguardano la garanzia diintegrità e di certezza della busta” (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 giugno 1998, n.937).

La giurisprudenza amministrativa ha posto l’accento, in diverse pronunce, sul diverso significato delleprescrizioni riguardanti la “sigillatura” e la “controfirma”: “il sigillo non adempie alla funzione di garantire laprovenienza dell’offerta, in quanto tale scopo è assicurato dalla controfirma, mentre la diversa funzione di evitareabusive aperture delle buste ed eventuali sostituzioni del contenuto è soddisfatta dalla chiusura di esse con ceralacca,munita o meno di impronta di identificazione” (T.A.R. Sicilia, 14 luglio 2000, n.1613).

“La sigillatura”, pertanto, risponde all’esigenza fondamentale di assicurare il rispetto del principio di“trasparenza” ed “imparzialità”

L’apposizione di “controfirma” sui lembi di chiusura si ispira, invece, ad altro principio, e cioè alla necessità diattestare la “provenienza” delle operazioni di sigillatura, affinché l’offerta sia riconducibile esattamente edinequivocabilmente al reale soggetto offerente.

Infatti “la controfirma” apposta sui lembi di chiusura della busta non è atta a garantire un’eventualemanomissione del plico, in quanto è del tutto pacifico come sia possibile sollevare i lembi della stessa, pur se incollati econtrofirmati, e poi richiudere il plico senza lasciare traccia dell’avvenuta effrazione. Occorre cioè, come prescrivel’art.75 del R.D. n.827/1924, che per la chiusura del plico con “sigillo speciale”, venga usata ceralacca o altro materialeplastico, che aderisca ai lembi di chiusura, cosicché rimanga traccia visibile una volta che il plico venga aperto.

Tanto è vero che il Consiglio di Stato ha addirittura statuito che “la mancata apposizione della sottoscrizionesui lembi del plico non è causa di esclusione dalla gara, qualora il plico stesso risulti sigillato in modo da assicurare lasegretezza dell’offerta” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 ottobre 1986, n.765). Tuttavia per il T.A.R. Puglia , Sez. II, 18ottobre 2003, n.6948, sono legittime le disposizioni, di cui alla lettera di invito, che sanzionano con l’esclusione dallagara la mancata apposizione delle controfirme sui lembi di chiusura della busta contenente l’offerta, perché esserispondono alla fondamentale esigenza della stazione appaltante di rispettare la procedura dell’evidenza pubblica,fornendo maggiore garanzia nei confronti di eventuali frodi o indebite violazioni del segreto, senza per questo imporreai partecipanti alla gara di appalto oneri particolarmente gravosi.

Ed inoltre anche dal punto di vista formale le modalità di apposizione dei sigilli e della controfirma sidiversificano: i sigilli debbono essere applicati su tutti i punti di possibile apertura dei plichi, mentre la controfirma hala funzione di indicare in modo inequivocabile l’autore della sigillatura.

In riferimento ai rapporti tra chiusura, sigillatura e controfirma delle buste previste nel bando si veda leSentenze del T.A.R. Calabria, Sez. 1, 15 settembre 2005, n.1411, e del Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 febbraio 1997,n.105, secondo le quali le formalità della chiusura, sigillatura e controfirma delle buste previste nel bando di gara,assolvono le funzioni di garantire l’identità ed immodificabilità della documentazione, la segretezza ed immodificabilitàdell’offerta, la provenienza della documentazione dall’invitato a partecipare alla gara ed, infine, la provenienzadell’offerta dallo stesso invitato. Mentre la chiusura, la sigillatura e controfirma del plico esterno attengono a garantirele prime due esigenze, le medesime operazioni relative al plico interno, contenente l’offerta, concernono le ultime due.Pertanto alla luce di queste considerazioni deve escludersi che l’assolvimento di tutte le formalità relative allapresentazione del plico esterno possa surrogare tutte o alcune delle formalità previste per la busta interna contenentel’offerta.

Sul tema dell’apposizione dei sigilli unicamente nella busta interna contenente l’offerta oppure anche nellabusta o plico più grande ed esterno contenente la busta dell’offerta e la documentazione amministrativa, lagiurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2002, n.2299) ha precisato che se il bando prevedeva la sigillaturadel plico esterno con ceralacca tale prescrizione andava assolta. Infatti se appare inequivocabile che la busta contenentel’offerta debba essere sigillata, come prescritto nel caso con ceralacca, a tutela dell’integrità dell’offerta, dellasegretezza e della serietà della procedura, non minore importanza riveste la documentazione allegata alla busta esterna.Infatti la soppressione o l’alterazione di un documento può provocare l’esclusione dell’offerente, mentre la sostituzioneo l’integrazione delle certificazioni può conferire la validità ad un’offerta che sarebbe altrimenti da escludere.

Tornando al rapporto tra sigillatura e controfirma si rileva come in alcuni casi si era proceduto all’esclusionedell’offerente che non aveva posto la controfirma sui lembi di chiusura nel caso in cui era previsto nel bando di gara lasemplice e sola chiusura delle buste con ceralacca

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Nel caso contrario in cui è prescritta la chiusura con ceralacca con sigillo del concorrente, quest’ultimo assolvela funzione di rendere identificabile l’offerta e pertanto la sottoscrizione sui lembi può essere considerata una formalitàinutile. A questo proposito il Consiglio di Stato, Sez. V, n.4941 del 21.09.2005, ha considerato che seppurl’Amministrazione ha facoltà di richiedere il doppio sistema di garanzia basato sull’apposizione della ceralacca e dellacontrofirma, è pur vero che la mancata apposizione delle controfirme, specie se in assenza di una specificacomminatoria di esclusione, non è in grado di pregiudicare interessi pubblici essenziali e quindi da luogo ad unairregolarità innocua. Quest’ultimo è un esempio che discende dal principio di massima partecipazione alle gare diappalto, del resto sempre affermato dall’Unione Europea, principio che prevale sempre quando non sono pregiudicati iprincipi della “par condicio” e della “segretezza” delle offerte. Aggiungasi che occorre sempre rispettare il principio diragionevolezza nel disporre, nei bandi e nelle lettere di invito, le clausole di esclusione, le quali non devono esseretroppo “rigide” ed essere finalizzate al raggiungimento dei fini che la stazione appaltante si propone, evitando quindi diaggravare il procedimento ai sensi della Legge n.241/90.

Nel rapporto invece tra timbratura e controfirma, si pone in evidenza la giurisprudenza del Consiglio di Stato(Sez. V, 12 dicembre 2002, n.3272) che dispone: “risponde alla statuizione dell’art. 75 del R.D. 827/1924 l’apposizionedi un impronta su materia molle atta a garantire l’autenticità della provenienza del plico da quel determinato mittente”ed anche che l’uso del sigillo non è indispensabile purché sia garantita la non manomissione del plico, bastando a talfine anche solo che la controfirma del mittente sui lembi di chiusura.

Infine si evidenzia anche quella giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedi Sez. V, 3 marzo 2001, n. 1222) cheriscontra nell’apposizione di un sigillo di ceralacca timbrata l’assolvimento di tutte e due le funzioni precedentementeindicate, vale a dire la necessità di preservare l’integrità della busta e l’imputabilità dell’offerta. Infatti in questo modola busta viene chiusa con sigillo speciale (come impone il R.D. n. 827/1924) al fine di preservarne l’integrità ed inoltredi garantire la autenticità della provenienza della busta e del suo contenuto. Si deve, tuttavia, sottolineare come partedella giurisprudenza ritenga sussistere l’equivalenza tra il sigillo di ceralacca e qualsiasi materiale plastico, utilizzatoper chiudere i plichi, con apposizione su di esso di timbrature o controfirme ed atto a segnalare, in modo inequivocabile,l’eventuale effrazione procurata in caso di manomissione dei plichi.

Ritengo, pertanto, che, facendo per il momento astrazione da eventuali aste elettroniche (Direttiva/2004/18/CE)che sono caratterizzate da una diversa procedura ed hanno differenti problematiche relative alla segretezza, nellaformulazione dei bandi di gara debba essere soprattutto tenuta in considerazione quest’ultima Sentenza del Consiglio diStato, Sez. V, 3 marzo 2001, n.1222, che contempla entrambe le buste sigillate con ceralacca (o altro materiale plastico)timbrata. L’apposizione delle controfirme potrebbe anche essere richiesta ai fini di una massima certezza.

LAVORI PUBBLICI E DITTE EXTRACOMUNITARIESergio BoscheroS. C. Tecnico Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle Cuneo

I propositi dell’Unione Europea.

La politica dell'Unione Europea è sempre stata improntata all'apertura degli appalti alla concorrenza internazionale,contribuendo alla loro più ampia liberalizzazione con la firma del primo accordo GATT nel 1979 e, più recentemente,dell'Accordo sugli appalti pubblici (APP) dell'Organizzazione mondiale del commercio.Quest’ultimo, in vigore dal 1996, si estende agli appalti aggiudicati non solo dagli organismi centrali ma anche a quellidelle amministrazioni periferiche, come le provincie ed i comuni, nonché degli enti che operano in determinati settorispeciali (elettricità, trasporti urbani, acqua, porti ed aeroporti).Mentre l'accordo del 1979 si limitava alle forniture, il campo di applicazione dell'APP riguarda anche i lavori ed iservizi; la Commissione europea ha stimato che, globalmente, il nuovo accordo ha aperto alla concorrenzainternazionale appalti pubblici per un importo quasi dieci volte superiore al valore di quelli conseguenti al primoaccordo GATT.Benchè dal 1996 sono state soppresse numerose disposizioni discriminatorie dei paesi terzi, che escludevano le impresecomunitarie dalle gare pubbliche relative ad importi molto rilevanti, le restrizioni alle possibilità di presentare offertenon sono state eliminate del tutto; ne sussistono ancora di importanti tra i paesi firmatari dell'APP, il che ha indotto laComunità europea ad applicare il principio della reciprocità.Nel Libro verde sugli appalti la Commissione europea dedica il sesto capitolo agli appalti pubblici nei paesi terzi, inparticolare nei paesi dell’Europa Centrale ed Orientale i quali, ai fini della loro adesione alla Comunità europea, sonoobbligati ad adeguare alla normativa comunitaria la legislazione nazionale che disciplina il mercato interno.Si ricorda, infine, la Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31.03.2004 la quale, all’articolo5, ribadisce che in sede di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli stati membri devono applicare nelle loro relazionicondizioni favorevoli quanto quelle che concedono agli operatori economici dei paesi terzi in applicazione dell’accordodell’Uruguay Round.

La regolamentazione italiana - Il caso di una impresa svizzera.

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Per quanto riguarda il nostro Paese, le prime indicazioni in materia le troviamo nella sentenza n. 93 del 23.01.1998 delTAR Lombardia - Milano, Sezione 3.Una ditta concorrente in una gara di appalto concorso impugna l’ammissione di un raggruppamento, di cui fa parte unasocietà svizzera, vale a dire un’impresa non comunitaria.In particolare, viene dedotta la violazione del DPCM n. 55/91, del D. L.vo n. 406/91, della direttiva CEE n. 93/37, dellaLegge 109/94 poiché le predette norme, seppur in forma non espressa, sancirebbero la sostanziale esclusione delleimprese non comunitarie in sede di determinazione dei requisiti generali di qualificazione; esse sfuggirebbero allapossibilità di dimostrazione della propria capacità comprovata, invece, per le ditte comunitarie dalle iscrizioni ad albi oliste ufficiali del loro paese. Ammettere, poi, ditte extracomunitarie, senza espressa previsione contenuta nel bando, checomunque sarebbe “contra legem”, comporterebbe la violazione della “par condicio” tra i concorrenti che hannoricercato sul solo mercato interno le professionalità necessarie per la realizzazione dell’opera, senza rivolgersi almercato mondiale, ove tali professionalità sono presenti ed a possibili migliori condizioni.Il ricorso era stato proposto nelle more della procedura di gara che si era conclusa proprio con l’aggiudicazioneall’associazione temporanea comprendente la ditta non comunitaria.Il Collegio ha ritenuto infondate le doglianze in quanto: "non vi sono nella normativa vigente divieti espressi o implicitia detta partecipazione, quali si evincerebbero per la pratica impossibilità di verificare la sussistenza dei requisiti generalidi capacità e moralità risultanti per le imprese comunitarie, dall'iscrizione ad albi o elenchi".La normativa comunitaria risponde all’esigenza di fissare principi comuni e uniformemente cogenti nel territorio deipaesi membri, senza alcun riferimento a quelli che non fanno parte della C. E., le cui imprese, pertanto, possonoaccedere a gare che si svolgono nel mercato unico alla sola condizione di assoggettarsi alla relativa disciplina valevoleper quelle comunitarie.Conclude il Tar affermando che spetta alla singola pubblica amministrazione procedente considerare la gara aperta,oppure no, a soggetti extracomunitari e che, comunque, la partecipazione ad una gara pubblica di imprese noncomunitarie è legittima. Anzi l’ammissione di queste ultime è conforme ai principi europei che presuppongono lamassima partecipazione come rispetto della piena concorrenza vista come mezzo per il conseguimento dell’offertameglio rispondente all’interesse pubblico. La differenza sta nel fatto che i concorrenti stabiliti nei paesi dell’U.E. possono presentare certificato di iscrizione aglialbi del proprio paese, valido come presunzione di idoneità in relazione ad inesistenza di stato di fallimento o dicondanne, di assolvimento degli obblighi contributivi e così via.L’impresa extracomunitaria sconta, invece, la propria non appartenenza all’Unione europea unicamente nel non potersiavvalere del regime di certezza e pubblicità (albi, elenchi, ecc.) previsto per le imprese comunitarie, dovendo invecedimostrare il possesso dei requisiti generali a contrarre volta per volta, mediante la produzione documentale richiestadalla pubblica amministrazione, non certo nel divieto di partecipazione alle gare stesse.

Le indicazioni dell’Autorità di vigilanza.

Dopo l’entrata in vigore delle modifiche alla Legge 109/94 e dei regolamenti di cui ai decreti del Presidente dellaRepubblica n. 554/1999 e n. 34/2000, sull’argomento è intervenuta, in modo dettagliato, l’Autorità di vigilanza suilavori pubblici con la determinazione n. 47/2000 del 12 ottobre 2000 e, soprattutto, con il comunicato alle Soa n. 22 del18.01.2002 in cui, alla lettera d), ha specificato le modalità per procedere alla qualificazione delle impreseextracomunitarie.Le ditte extracomunitarie, per partecipare alle gare d’appalto e per l’affidamento dei subappalti devono possederel’attestazione di qualificazione rilasciata a norma del DPR 25.01.2000, n. 34.A tal fine le imprese possono assumere la residenza in Italia, trasferendo la sede dell’amministrazione o l’oggettoprincipale dell’attività.La legge 31.05.1995, n. 218, che disciplina l’efficacia degli atti stranieri, all’articolo 25 dispone che le società sonodisciplinate dalla legge dello stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione ma si applica,tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggettoprincipale di tali enti; oppure può essere istituita in Italia una sede secondaria con rappresentanza stabile ai sensidell’art. 2506 del codice civile ed essere così soggetta, per ciascuna sede, alla legge italiana.L’apertura di una semplice unità locale, non avente le caratteristiche della sede secondaria, non è ritenuta, al contrario,sufficiente in quanto in tale ultima circostanza, non vi è luogo all’iscrizione dell’impresa estera nel registro delleimprese, ma solo nel REA e, conseguentemente, non si attivano gli oneri di pubblicità legale degli atti sociali (tra i qualianche i bilanci) ancorché riferiti all’impresa estera nel suo complesso.La ditta deve poi avere gli amministratori muniti di potere di rappresentanza residenti in Italia; tale condizione deveriferirsi ai legali rappresentanti della società estera, qualora la stessa abbia in Italia la sede amministrativa o l’oggettoprincipale di attività ed alle persone che la rappresentano stabilmente nello Stato, qualora la società estera abbia in Italiauna o più sedi secondarie.Naturalmente la ditta deve essere costituita in uno Stato che concede il trattamento di reciprocità nei confronti deicittadini italiani con riferimento allo specifico settore d’interesse per gli appalti pubblici.Deve, infine, dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione con la produzione di documenti previsti per leimprese italiane.

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Per i requisiti riferiti alle persone fisiche, la documentazione riguarda coloro che hanno la rappresentanza stabile dellasede secondaria dell’impresa estera nel territorio dello Stato ex art. 2506 c.c., ovvero nel caso di impresa estera con sedeamministrativa o attività prevalente in Italia ex art. 25 della legge 218/95, detti requisiti devono riguardare i legalirappresentanti dell’impresa in quanto tale.Può dimostrare il possesso dei requisiti speciali con riferimento all’attività nel complesso e non con la sola attivitàsvolta in Italia o nell’Unione Europea. A tal fine assumono rilevanza i bilanci complessivi dell’impresa estera la cuipubblicità è assicurata dal deposito presso il registro delle imprese ove si trova la sede secondaria in Italia. Per i lavorieseguiti al di fuori dal territorio italiano, trova applicazione l’art. 23 del DPR 34/2000, relativo ai lavori all’estero diimprese con sede legale in Italia.

Riassumendo: il Legislatore ha previsto un sistema di qualificazione per le imprese nazionali, per quelle degli altri Statiappartenenti all'Unione europea, come pure per le imprese dei Paesi extracomunitari che concedono un trattamento direciprocità nei confronti degli imprenditori italiani, a condizione che abbiano una sede in Italia.Tuttavia, a prescindere dalla possibilità per le imprese aventi sede in altri paesi dell'Unione europea di richiederecomunque la qualificazione da parte delle S.O.A. operanti in Italia, è stato previsto che, per la partecipazione aiprocedimenti di aggiudicazione di lavori pubblici, le imprese dei Paesi dell'U.E. possono documentare la loroqualificazione professionale, secondo le normative vigenti nelle rispettive Nazioni.Tale trattamento di favore riservato alle imprese appartenenti agli Stati dell'Unione europea trova giustificazionenell'esistenza in tutti i Paesi comunitari di sistemi di qualificazione professionale affidabili al pari di quello italiano, inquanto ispirati al rispetto di standards certificativi omogenei ed uniformi definiti da Direttive comunitarie.Al contrario, per quanto riguarda le imprese extracomunitarie, la loro possibile partecipazione alle gare perl'affidamento di lavori pubblici è subordinata in primo luogo all'appartenenza delle stesse a Stati che concedano untrattamento di reciprocità nei confronti di imprenditori italiani ed alla contestuale esistenza di una loro sede operativanel territorio nazionale, nonché al possesso di apposita attestazione di qualificazione rilasciata da organismi dicertificazione (SOA) abilitati ad operare in Italia.Quanto finora descritto riguarda gli appalti superiori ai 150.000 Euro. Qualora, invece, si tratti di un appalto o di unsubappalto di importo inferiore a detta soglia di 150.000 Euro, la stazione appaltante dovrà verificare il possesso in capoall’impresa extracomunitaria di una professionalità qualificata ai sensi dell’articolo 28 del DPR n. 34/2000.

Il caso di una impresa della Repubblica di San Marino.

Dopo l’intervento chiarificatore dell’Autorità di vigilanza, si segnala ancora la vicenda di un’impresa con sede legalenella Repubblica di San Marino, protagonista della sentenza del TAR Marche n. 100 del 17.03.2003.Una ditta, in un primo tempo aggiudicataria provvisoria di un appalto di lavori, fa ricorso contro il provvedimento concui si aggiudica ad altra ditta, a seguito dell’esclusione di una società con sede in San Marino, ritenuta priva dei requisitispeciali per la partecipazione alla licitazione. Ciò ha comportato il ricalcolo delle medie dei valori delle offerte deiconcorrenti rimasti in gara e l’aggiudicazione dell’appalto ad una impresa diversa dalla ricorrente.Quest’ultima ha richiamato la Convenzione di amicizia e buon vicinato fra l'Italia e la Repubblica di San Marino resaesecutiva con legge 6 giugno 1939, n.320, che prevede l'ammissione dei cittadini di ciascuno dei due Stati nel territoriodell'altro, l'esercizio di qualsiasi industria, commercio, professione o arte, a parità di condizioni con i nazionali, con unapiena equiparazione degli imprenditori della Repubblica del Titano a quelli italiani, anche per quanto riguarda lapartecipazione agli appalti pubblici banditi dalle Amministrazioni italiane, con la conseguenza che le impresesanmarinesi, al pari delle italiane e di quelle dell’Unione europea, possono attestare il possesso dei requisiti tecnicieconomici richiesti in conformità alla normativa prevista nel paese di provenienza senza che sia necessario l'attestato diqualificazione Soa.Il tribunale marchigiano non ha condiviso tale tesi.Dal momento che l'accennata ammissione delle imprese della Repubblica di San Marino all'esercizio in Italia della loroattività industriale è stata riconosciuta dal richiamato Trattato internazionale a parità di condizioni con quelle italiane,ne consegue la possibilità per le stesse di potere accedere al procedimento di qualificazione professionale previsto pergli imprenditori italiani, in quanto esse, al pari di questi ultimi, per partecipare agli appalti di lavori pubblici devonodimostrare di possedere i requisiti di qualificazione professionale richiesti dall'ordinamento italiano.In secondo luogo, è impossibile equiparare le Imprese aventi sede legale nella Repubblica di San Marino a quelleoperanti nei Paesi dell'Unione europea, in quanto la Repubblica del Titano non fa parte dell'U.E., per cui il Tar ritienecorretto l'operato della stazione appaltante per quanto riguarda l’esclusione dal procedimento di scelta del contraentedella ditta sanmarinese, a causa della mancata produzione da parte della stessa di apposita certificazione SOA attestanteil possesso dei requisiti di qualificazione professionale richiesti dal bando di gara. Stante la mancata assimilazione ditale impresa operante nella Repubblica di San Marino a quelle dei paesi facenti parte dell'Unione europea, il possessodei requisiti professionali doveva essere attestato con idonea certificazione SOA, come previsto per le imprese italiane acui gli imprenditori sammarinesi sono equiparati a tutti gli effetti.Il Collegio ha ritenuto che la certificazione SOA richiesta dal bando non può essere sostituita con la sempliceattestazione di generica idoneità rilasciata dall'Associazione Nazionale dell'Industria Sammarinese, in quanto la stessanon è assolutamente equiparabile alla certificazione SOA, perché proveniente da un'Associazione di categoria

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astrattamente priva del requisito di terzietà, indipendenza e professionalità che caratterizza l'attività degli organismipubblici di qualificazione previsti dal Titolo II del D.P.R. n. 34 del 2000.

ANALISI DEI REATI CHE INCIDONO SULL'AFFIDABILITÀ MORALE E PROFESSIONALE ALLALUCE DELLA DIRETTIVA 2004/18/CE.

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a cura dei seguenti dipendenti del Comune di Collegno:- Dott.ssa Salomone Graziella, Avvocato- Dott.ssa Rancati Donata, Responsabile delle procedure amministrative del Settore Lavori Pubblici- Dott.ssa Sortino Laura, Responsabile Entrate tributarie.- Dott.ssa Petrozzino MariaAssunta, Dirigente Settore Finanze.

Sommario:- Premessa.1. Rapporto tra le fonti comunitarie e il diritto interno.2. I reati che incidono sulla moralità professionale quale causa di esclusione dalle gare di appalto.3. Analisi della vigente normativa in materia di servizi e forniture.4. Analisi della vigente normativa in materia di lavori pubblici: i requisiti “oggettivi” e “soggettivi” e le

annotazioni nel Casellario Informatico.5. Conclusioni.

Premessa

L’intento di questa trattazione è analizzare le cause di esclusione dalla partecipazione alle gare d’appalto previstenella direttiva europea 2004/18/CE, raffrontare gli aspetti innovativi ivi previsti con l’attuale legislazione nazionale,valutarne i futuri risvolti pratici nell’ipotesi in cui l’Italia non rispettasse i tempi del recepimento ed analizzare una seriedi casi concreti che possono dare contezza dell’interpretazione giurisprudenziale in merito alle cause di esclusionerelative a condanne che incidono sulla moralità professionale.

L’analisi deve necessariamente muovere brevi premesse sulle fonti del diritto e sui rapporti tra ordinamentocomunitario ed ordinamento interno.

L’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale individua quali fonti del diritto solo le leggi, i regolamenti e gliusi.

Tale previsione è sicuramente riduttiva rispetto all’attuale sistema delle fonti normative.Un’individuazione così ristretta del sistema delle fonti trova la sua ragion d’essere nel periodo di tempo in cui è

avvenuta. Invero, le disposizioni sulla legge in generale, nel cui contesto sono ricomprese le fonti del diritto, risalgonoal R.D. 16.3.1942 n. 262, epoca in cui non era neppure entrata in vigore la costituzione italiana.

La medesima peraltro, quale “legge delle leggi” rientra di diritto nel sistema delle fonti e, per sua tramite, altrefonti fanno ingresso nel sistema normativo italiano.

L’art. 117 della Costituzione, nel prevedere le materie in cui le regioni possono legiferare, indirettamentericonosce quali fonti giuridiche le leggi regionali, mentre gli articoli 10 ed 11 ammettono la presenza di fonti esterne nelnostro ordinamento, ossia di fonti prodotte a seguito di accordi tra gli stati (es. Trattati internazionali) ovvero emanatedall’Unione Europea.

L’art. 189 del trattato CEE individua quali fonti normative emanate dall’unione i regolamenti, le direttive,le decisioni, le raccomandazioni ed i pareri.

I regolamenti sono caratterizzati dall’immediata e diretta applicabilità nell’ordinamento interno ed hannoportata generale giacché sono indirizzati a tutti i soggetti giuridici comunitari.

Le decisioni sono vincolanti in tutti i loro elementi per coloro ai quali sono destinate. Esse non richiedonouna normativa di applicazione nazionale e possono essere indirizzate ad alcuni o a tutti gli stati membri, adimprese o a singoli individui.

Le raccomandazioni ed i pareri non sono vincolanti e non producono diritti ed obblighi giuridici per ildestinatario a cui sono diretti.

Le direttive invece hanno lo scopo di ravvicinare le legislazioni degli stati membri e, conseguentemente, fardiminuire gradualmente le differenze fra loro esistenti.

Le medesime sono volte al conseguimento di un determinato “risultato” da parte degli stati dell’unione, iquali sono quindi obbligati a conseguire quell’obiettivo, entro i termini indicati nella direttiva, sebbene con laforma e con i mezzi che ritengono più appropriati.

Tale soluzione consente di realizzare gli obiettivi comunitari nel rispetto delle peculiarità nazionali.In linea di principio non è prevista un’efficacia immediata delle direttive, anche se di fatto, quando i

contenuti della medesima sono sufficientemente chiari e precisi, tanto da non richiedere ulteriori atti per la loroesecuzione, non si può negare una loro applicazione immediata.

La Corte di Giustizia Europea è più volte intervenuta sul punto, precisando che si può dare immediataapplicazione ad una direttiva comunitaria nell’ipotesi in cui ricorrano i seguenti presupposti:

1. le disposizioni della direttiva sono chiare e precise nella determinazione dei diritti in capo ai soggetti;

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2. le disposizioni devono essere suscettibili di applicazione immediata, cioè la rivendicazione dei diritti daparte dei soggetti non deve essere vincolata ad obblighi o condizioni;

3. il legislatore nazionale non deve avere margini di manovra riguardo al contenuto;4. deve essere scaduto il termine di recepimento della direttiva.

La verifica della sussistenza dei presupposti di cui sopra è rimessa al giudice nazionale.Altre tipologie di direttive che, nonostante il loro carattere fisiologicamente incompleto, possono ritenersi

dotate di efficacia diretta nell’ambito dei singoli ordinamenti nazionali sono quelle direttive, o meglio quelle partidi direttiva, che prevedono un obbligo negativo in capo ai destinatari di non tener un dato comportamento ovveroquelle direttive che, prive di carattere innovativo, si limitano a confermare, chiarendone la portata, norme giàpreviste nel Trattato Istitutivo della Comunità europea.

L’efficacia diretta delle direttive dettagliate è tuttavia un’efficacia verticale, nel senso che le disposizioninon attuate possono essere fatte valere dai privati soltanto nei confronti dello Stato inadempiente (estensibilesecondo la sentenza 22.6.1989 della Corte di Giustizia, causa 103/88, anche agli enti non statali e agli entiterritoriali) , al fine di evitare che esso possa avvalersi della propria inadempienza per negare ai privati i diritti loroderivanti dalla direttiva inattuata. (Cass. 20.11.1997, n. 11571).

Questo tipo di efficacia assume quindi una chiara veste sanzionatoria per lo stato membro inadempiente e,trova il proprio fondamento giuridico nella circostanza che il Trattato attribuisce la capacità di dettare normeimmediatamente precettive per i rapporti interprivati ai soli regolamenti, i quali sono in grado di far sorgere dirittie doveri in capo agli individui, mentre le direttive fissano obblighi di risultato solo in capo agli Stati membri.

La giurisprudenza comunitaria ha escluso pertanto l’efficacia orizzontale della direttiva non attuata, sicchéil singolo non può azionare i diritti contemplati nella direttiva nei confronti di altri privati.

1. Rapporto tra le fonti comunitarie e il diritto interno.

Orbene, svolta questa premessa sulle fonti comunitarie occorre domandarsi quali siano i rapporti fra lecitate fonti ed il diritto interno.

Il dibattito sulla natura dei rapporti tra i due ordinamenti si riassume nell’antitesi tra la formula dellacompleta e reciproca integrazione e quella della separazione “coordinata”.

La prima impostazione riconosce che le norme comunitarie ad efficacia diretta sono vere e proprie fontiinterne, componenti un corpus unitario con quelle nazionali.

La seconda invece descrive le norme comunitarie come parte di un ordinamento esterno, al quale sicoordina quello nazionale, per effetto di un peculiare fenomeno di “ritrazione” della legge statale, in ottemperanzaagli obblighi internazionali salvaguardati dall’art 11 Cost.

Questa contrapposizione è dovuta alle differenti pronunce del giudice comunitario e di quello nazionale: laCorte di Giustizia CE si è più volte espressa a favore dell’integrazione tra gli ordinamenti, mentre la CorteCostituzionale a favore della loro separazione.

Il più recente orientamento del giudice delle leggi tuttavia sembra sconfessare quest’impostazionetradizionale al punto da far dubitare dell’attualità e correttezza di una così netta diversità di opinioni.

Al fine di poter meglio comprendere la portata innovativa di questo nuovo orientamento giurisprudenziale,è bene riepilogare, per sommi capi, i precedenti interventi della Consulta.

I primi contrasti tra ordinamento italiano e comunitario risalgono ai primi anni ’60.La sentenza n. 14 del 7.4.1964 (caso ENEL) affronta la questione di legittimità costituzionale, rigettandola,

della L. 1643/1962 per violazione di una serie di articoli del trattato CEE e, quindi, per contrasto con l’art. 11Cost.

La Corte rigetta la questione di legittimità costituzionale fondando il proprio ragionamento sulprocedimento di ratifica del Trattato CEE. Il medesimo infatti è ben vero che è stato recepito in applicazionedell’art 11 Cost, ma è altrettanto vero che il recepimento è avvenuto con una legge ordinaria, che non ha perquesto motivo una forza di legge superiore alla legge interna impugnata.

Quindi, applicando il principio generale della successione delle leggi nel tempo la Corte italiana affermal’efficacia della L. 1643/1962 e conclude sostenendo che, in caso di conflitto tra una norma interna ed una normacomunitaria, avendo entrambe forza di legge ordinaria, si attua il principio della successione cronologica delleleggi.

La Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi sullo stesso caso, afferma -al contrario- la preminenza deldiritto comunitario sul diritto nazionale, lasciando tuttavia trasparire alcuni cenni relativi ad una ripartizione dicompetenza tra i due ordinamenti.

Nel 1975 la Corte Costituzionale ritorna sull’argomento con la sentenza n. 232 del 30 ottobre (caso ICIC)ed afferma che sebbene i regolamenti comunitari abbiano una forza di legge superiore alle leggi ordinarie, il

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giudice italiano tuttavia non può disapplicare le leggi con essi contrastanti, ma deve sollevare la questione dellaloro legittimità costituzionale in base all’art. 11 Cost.

La Corte di Giustizia non si accontenta del parziale riconoscimento delle proprie tesi da parte della CorteCostituzionale nel caso ICIC, per cui due anni dopo, nel caso SIMMENTHAL -chiamata a pronunciarsi, aproposito dei diritti di controllo sanitario sulle partite di carne importate dalla Francia in relazione alla violazionedella libera circolazione delle merci sancito dal Trattato- afferma che le norme comunitarie sono fonte immediatadi diritti ed obblighi per tutti coloro cui esse fanno riferimento: Stati, cittadini, giudici.

Logico corollario di tale affermazione è che le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzionicomunitarie hanno l’effetto, nei loro rapporti con le norme interne degli stati membri, di rendere ipso jureinapplicabile qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche di impediresuccessivamente la formazione di atti legislativi nazionali incompatibili con le norme comunitarie.

Ne consegue che qualsiasi giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario edi tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti dellalegge interna, sia anteriore, sia successiva alla norma comunitaria.

In questa prospettiva il diritto comunitario e quello nazionale sono integrati in un solo sistema, ordinatoesclusivamente in termini di gerarchia fra norme comunitarie e norme interne.

Il naturale sbocco di questa pronuncia ha condotto la Corte di Giustizia, nel caso F.lli Costanzo ed Industriadolciaria Giampaoli, ad imporre anche alla P.A. la diretta applicabilità delle direttive incondizionate esufficientemente precise con la relativa disapplicazione delle norme nazionali contrastanti.

Successivamente, nel caso GRANITAL, con la sentenza n. 170 del 8.6.1984 la Consulta riconosce algiudice ordinario italiano il potere di disapplicare, senza ricorrere alla Corte Costituzionale, l’eventuale leggeordinaria contrastante con un regolamento comunitario precedente.

In tale sentenza la Corte Costituzionale, al fine di evitare una rinuncia alla sovranità nazionale, ricostruiscetuttavia i rapporti tra gli ordinamenti (interno e comunitario) sulla base del criterio della competenza e dellaequiordinazione, in modo da legittimare il potere di disapplicazione esistente in capo ai giudici ordinari.

Dieci anni dopo la stessa Corte italiana riprende il tema ed afferma che le norme derivanti dagli attinormativi delle istituzioni comunitarie appartengono ad un ordinamento distinto da quello interno, anche secoordinato, e pertanto non possono essere qualificate come atti aventi valore costituzionale, alla streguadell’ordinamento nazionale, né possono costituire parametro nei giudizi di competenza della Corte Costituzionale(Sentenza n. 117 del 1994). Si ribadisce tuttavia che le norme comunitarie, per effetto delle limitazioni allasovranità nazionale discendenti dal Trattato CEE, prevalgono su quelle nazionali, salvo il caso in cui si pongano incontrasto con i principi fondamentali della Costituzione o con i diritti inalienabili della persona umana.

Recentemente il dibattito giurisprudenziale si è arricchito di nuovi tasselli.Il primo è costituito dalla sentenza n. 383 del 27.11.1998 in cui il giudice delle leggi nell’affrontare la

questione di legittimità costituzionale della normativa statale che ha affidato al Ministro dell’università e dellaricerca scientifica il compito di stabilire i criteri generali, i presupposti ed i limiti per l’accesso ai corsi universitari,ha in realtà colto l’occasione per affrontare in un ottica diversa, rispetto alla tradizionale impostazione di“separazione coordinata”, il rapporto sistematico tra l’ordinamento comunitario e quello nazionale.

Invero, la Corte, dovendo esaminare se nel caso sottoposto al suo esame vi fosse una violazione dellariserva di legge posta dall’art 33 e 34 Cost. in materia di insegnamento e di diritto allo studio, ha osservato che laricerca di una fonte legislativa che stabilisca i limiti per l’esercizio del potere esecutivo, non deve arrestarsiall’esame del testo che prevede espressamente l’intervento ministeriale, ma deve riguardare “l’ordinamento nelsuo insieme”.

Ciò posto, la Corte compie un passo ulteriore ed ammette che vengano in rilievo, quale disciplina diprincipi, anche le direttive comunitarie: ad esse spetta il compito di delimitare, in questa materia, ladiscrezionalità ministeriale e di riempire di contenuto la riserva di legge ex art. 33 Cost.

In particolare si richiamano le direttive relative al reciproco riconoscimento negli Stati membri dei titoli distudio universitari sulla base di criteri uniformi, le quali presuppongono standards di formazione minimi a garanziadella completezza degli studi teorici e della connessa maturazione di esperienze pratiche.

Ne discende una completa interazione tra fonti interne e fonti comunitarie per cui “l’ordinamento nel suoinsieme” comprende anche queste ultime.

La sostanziale equivalenza tra legge statale e norma comunitaria è ribadito anche dalla sentenza n. 425 del10.11.1999 in tema di conflitto di attribuzioni sollevato da alcune regioni nei confronti di un regolamento statalerecante l’attuazione di alcune direttive CE.

In tal caso la Corte esplicitamente afferma che il regolamento statale, per potersi imporre alle Regioni eProvince autonome deve potersi basare “su fondamento legislativo che vincoli e diriga la scelta del Governo”,fondamento che viene individuato anche nelle direttive comunitarie.

Un’altra decisone della Corte Costituzionale che matura sul terreno, non già della equiparazione dellanorma comunitaria alla legge interna, bensì della consapevolezza dell’immediata incidenza delle fonti comunitariesugli istituti di diritto interno, si rinviene nella sentenza n. 41 del 7.2.2000.

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In detta pronuncia la corte ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di referendum abrogativo dellalegge n. 230 del 1962 in tema di contratto a termine. Secondo il giudice delle leggi, infatti, se si celebrasse consuccesso un referendum abrogativo della legge citata, lo Stato italiano risulterebbe automaticamente inadempienteagli obblighi assunti in sede comunitaria.

Ovviamente, se la Corte avesse seguito la tesi della totale separazione dei due ordinamenti sarebbe,probabilmente, giunta ad un risultato diverso: invero, l’estraneità della direttiva e l’azione parimenti esterna delsuo vincolo, avrebbero potuto condurre all’ammissibilità del referendum.

Le sentenze citate, in estrema sintesi, evidenziano quindi come il principio della preminenza del dirittocomunitario sul diritto interno venga ormai sancito in maniera inequivoca.

Alla luce delle considerazioni sin’ora svolte occorre ora analizzare la nuova direttiva europea n. 18/2004.

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2. I reati che incidono sulla moralità professionale quale causa di esclusione dalle gare di appalto.

Volendo limitare l’analisi della medesima alle sole cause di esclusione dalle gare di appalto, si osservache il “considerando” n. 43 costituisce la premessa del corpo normativo vero e proprio della direttiva,rappresentato per quel che riguarda il tema in esame, dall’art. 45 della direttiva stessa.

Nel “considerando” si evidenzia come l’intento del legislatore comunitario sia quello di evitarel’aggiudicazione a soggetti economici che hanno partecipato ad un’organizzazione criminale o che si siano resicolpevoli di corruzione, frode a danno di interessi finanziari della Ce o di riciclaggio dei proventi di attivitàillecite.

Si sottolinea, inoltre, che il mancato rispetto della normativa ambientale o di quella degli appalti pubblici inmateria di accordi illeciti, al pari del mancato rispetto della normativa in materia di parità di trattamento deilavoratori, possono essere considerati come reati che incidono sulla moralità professionale o come una colpagrave.

Quest’ultima parte del “considerando” n. 43 non trova riscontro nell’art. 45 della direttiva.

La gestione concreta degli appalti pubblici indurrà sicuramente le stazioni appaltanti ad interrogarsi suquesto aspetto: in particolare, occorrerà domandarsi se le ipotesi di reato espressamente contemplate nel“considerando” e non trasfuse nell’art. 45 possano rientrare nelle cause di esclusione previste nel secondo commadel medesimo articolo alla lettera c) giacché possono costituire reati che comunque incidono sulla moralitàprofessionale e quindi orientare la funzione dell’interprete.

Al di là di quella che sarà la valutazione che i giudici vorranno dare di tale discrepanza, quello che in questasede appare necessario sottolineare è l’assoluta novità rispetto alle previsioni normative precedenti per quel cheattiene le cause di esclusione relative ad ipotesi di corruzione e frode ai danni degli interessi finanziari dellaCe nonché le ipotesi di riciclaggio dei proventi di attività illecite.

Invero, previsioni così puntuali di reati che possano determinare l’esclusione dalle gare di appalto non sonomai state contemplate nella normativa italiana di recepimento: le citate fattispecie infatti non trovano riscontro nénell’art. 12 del D.Lgs. 157/1995 né nell’art. 11 del D.Lgs. 358/1992 e, tanto meno, nell’art. 75 del D.P.R.554/1999.

L’unica ipotesi specifica, prevista nel nostro ordinamento nazionale, che comporta l’esclusione automaticadalle gare d’appalto, eliminando quindi ogni discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione, è rappresentatadall’art. 32-quater c.p., il quale prevede quale pena accessoria -per una serie di reati commessi in danno o invantaggio di un’attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa- proprio l’incapacità di contrattare con laP.A.

3. Analisi della vigente normativa in materia di servizi e forniture.

Al fine di rendere agevole il raffronto fra la Direttiva 2004/18/Ce (Art. 45, comma 1), il suo precedente e lanormativa italiana di recepimento, qui di seguito si riportano gli schemi di confronto in materia di servizi eforniture.

SERVIZI: direttiva 92/50/CE (art. 29 lett. c), D.Lgs. 157/95 (art. 12 lett. b)

Art. 29 lett.c) Dir. 92/50/CE Art. 12 D.Lgs. 157/1995 Art. 45, comma 1, Dir 2004/18/CE

c) sia stato condannato per unreato relativo alla condottaprofessionale di prestatore diservizi, con sentenza passata ingiudicato;[…]

Quando l'amministrazione chiedeal prestatore di servizi la provache egli non si trova in nessunadelle situazioni di cui alle letterea), b), c), e) ovvero f), essa accetta

b) nei cui confronti sia stataemessa sentenza di condannapassata in giudicato, ovverosentenza di applicazione dellapena su richiesta ai sensidell'articolo 444 del codice diprocedura penale, per qualsiasireato che incide sulla loromoralità professionale o perdelitti finanziari;[…]

1. È escluso dalla partecipazione ad un appaltopubblico il candidato o l'offerente condannato,con sentenza definitiva di cui l'amministrazioneaggiudicatrice è a conoscenza; per una o più delleragioni elencate qui di seguito:a) partecipazione a un'organizzazione criminale,quale definita all'articolo 2, paragrafo 1,dell'azione comune 98/733/GAI del Consiglio;b) corruzione, quale definita rispettivamenteall'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio1997 ed all'articolo 3, paragrafo 1, dell'azionecomune 98/742/GAI del Consiglio;

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come prova sufficiente:- i casi di cui alle lettere a), b)ovvero c), la presentazione di unestratto dal "casellariogiudiziario" o, in difetto, di undocumento equivalente rilasciatoda una competente autoritàgiudiziaria o amministrativa delPaese d'origine o di provenienza,da cui risulti il soddisfacimentodella condizione di cui trattasi;- i casi di cui alle lettere e) ovverof) un certificato rilasciatodall'autorità competente delloStato membro interessato.Qualora lo Stato membrointeressato non rilasci siffattidocumenti o certificati, questipossono essere sostituiti da unadichiarazione giurata resa dallapersona interessata davanti adun'autorità giudiziaria odamministrativa, un notaio o uncompetente organismoprofessionale o commerciale nelPaese d'origine od in quello diprovenienza.Gli Stati membri designano, neltermine di cui all'articolo 44, leautorità e gli organismicompetenti per il rilascio deidocumenti e certificati inquestione e ne informanoimmediatamente gli altri Statimembri e la Commissione

2. A dimostrazione che ilconcorrente non si trova in unadelle situazioni di cui alle letterea), b), d) ed e) del comma 1 èsufficiente la produzione di uncertificato rilasciato dall'ufficiocompetente, nazionale o delloStato in cui è stabilito, o anche diuna dichiarazione rilasciata, con leforme e nei limiti di cui alla legge4 gennaio 1968, n. 15, e al decretodel Presidente della Repubblica20 ottobre 1998, n. 403, dalprestatore di servizi interessato,che attesti sotto la propriaresponsabilità di non trovarsi inuna delle predette situazioni.3. Se la legislazione dello Stato incui il concorrente è stabilito noncontempla il rilascio di uno o piùcertificati previsti dal comma 2,ovvero se tali documenti noncontengono tutti i dati richiesti,essi possono essere sostituiti dauna dichiarazione giurata; seneanche questa è ivi prevista, èsufficiente una dichiarazionesolenne che, al pari di quellagiurata, deve essere resa innanziad un'autorità giudiziaria oamministrativa, a un notaio o adun organismo professionalequalificato, autorizzati a riceverlain base alla legislazione delloStato stesso, che ne attestil'autenticità.4. Il Ministero della giustizia e lealtre amministrazioni competenti,nei tre mesi dalla data di entrata invigore del presente decreto,comunicano alla Presidenza delConsiglio dei Ministri -Dipartimento per ilcoordinamento delle politichecomunitarie, gli uffici e organicompetenti al rilascio deicertificati o altre attestazioni dicui al comma 2; con le stessemodalità le amministrazioniprovvedono a comunicare glieventuali successiviaggiornamenti. Nei trenta giornisuccessivi al loro ricevimento ilDipartimento per ilcoordinamento delle politichecomunitarie cura la trasmissionedei dati stessi alla Commissioneeuropea e agli altri Stati membri.5. Le persone giuridiche che, inbase alla legislazione dello Statomembro in cui sono stabilite, sonoautorizzate a svolgere la

c) frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzionerelativa alla tutela degli interessi finanziari delleComunità europee;d) riciclaggio dei proventi di attività illecite,quale definito all'articolo 1 della direttiva91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991relativa alla prevenzione dell'uso del sistemafinanziario a scopo di riciclaggio dei proventi diattività illecite.Gli Stati membri precisano, in conformità delrispettivo diritto nazionale e nel rispetto del dirittocomunitario, le condizioni di applicazione delpresente paragrafo.Essi possono prevedere una deroga all'obbligo dicui al primo comma per esigenze imperative diinteresse generale.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, leamministrazioni aggiudicatrici chiedono, se delcaso, ai candidati o agli offerenti di fornire idocumenti di cui al paragrafo 3 e, qualora abbianodubbi sulla situazione personale di talicandidati/offerenti, possono rivolgersi alleautorità competenti per ottenere le informazionirelative alla situazione personale dei candidati oofferenti che reputino necessarie. Se leinformazioni riguardano un candidato o unofferente stabilito in uno Stato membro diverso daquello dell'amministrazione aggiudicatrice,quest'ultima può richiedere la cooperazione delleautorità competenti. In funzione del dirittonazionale dello Stato membro in cui sono stabilitii candidati o gli offerenti, le richiesteriguarderanno le persone giuridiche e/o le personefisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delleimprese o qualsiasi persona che eserciti il poteredi rappresentanza, di decisione o di controllo delcandidato o dell'offerente.2. Può essere escluso dalla partecipazioneall'appalto ogni operatore economico:[…]c) nei cui confronti sia stata pronunciata unacondanna con sentenza passata in giudicatoconformemente alle disposizioni di legge delloStato, per un reato che incida sulla sua moralitàprofessionale;[…]Gli Stati membri precisano, conformemente alrispettivo diritto nazionale e nel rispetto del dirittocomunitario, le condizioni di applicazione delpresente paragrafo.3. Le amministrazioni aggiudicatrici accettanocome prova sufficiente che attesta che l'operatoreeconomico non si trova in nessuna delle situazionidi cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere a), b),c), e) e f) quanto segue:a) per i casi di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2,lettere a), b) e c), la presentazione di un estrattodel casellario giudiziale o, in mancanza di questo,di un documento equivalente rilasciato dallacompetente autorità giudiziaria o amministrativadel paese d'origine o di provenienza, da cui risultiche tali requisiti sono soddisfatti;

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prestazione del servizio di cui sitratta, non possono essere esclusedalle gare sulla base didisposizioni nazionali che nonconsentono l'esecuzione di taleprestazione da parte dellemedesime; tuttavia, ad esse puòessere richiesto di indicare,nell'offerta o nella domanda dipartecipazione, il nome e lequalificazioni professionali dellepersone che effettuano laprestazione del servizio stesso

[…]Qualora non siano rilasciati dal paese in questioneo non menzionino tutti i casi previsti al paragrafo1 e al paragrafo 2, lettere a), b) o c), i documenti oi certificati possono essere sostituiti da unadichiarazione giurata ovvero, negli Stati membriin cui non esiste siffatta dichiarazione, da unadichiarazione solenne resa dalla personainteressata innanzi a un'autorità giudiziaria oamministrativa competente, a un notaio o a unorganismo professionale qualificato del paesed'origine o di provenienza.4. Gli Stati membri designano le autorità e gliorganismi competenti per il rilascio deidocumenti, certificati o dichiarazioni di cui alparagrafo 3 e ne informano la Commissione. Lacomunicazione non pregiudica il dirittoapplicabile in materia di protezione dei dati.

FORNITURE: direttiva 93/36/CE (art. 20 lett. c); D.Lgs. 358/95 (art. 11 lett. b)

Art. 20 lett.c) Dir. 93/36/CE Art. 11 D.Lgs. 358/1992 Art. 45, comma 2, Dir 2004/18/CE

c) sia stato condannato per unreato relativo alla condottaprofessionale, con sentenzapassata in giudicato;[…]2. Quando chiede al fornitore laprova che egli non si trova innessuna delle situazioni di cui alparagrafo 1, lettere a), b), c), e) of), l'amministrazione accetta comeprova sufficiente:- per i casi di cui alle lettere a), b)ovvero c), la presentazione di unestratto dal casellario giudiziarioo, in difetto, di un documentoequivalente rilasciato da unacompetente autorità giudiziaria oamministrativa del Paese d'origineo di provenienza, da cui risulti ilsoddisfacimento della condizionedi cui trattasi;- per i casi di cui alle lettere e)ovvero f), un certificato rilasciatodall'autorità competente delloStato membro interessato.3. Qualora lo Stato membrointeressato non rilasci i documentio certificati di cui al paragrafo 2 oqualora essi non riguardino tutti icasi previsti al paragrafo 1, letterea), b) o c), questi possono esseresostituiti da una dichiarazionegiurata ovvero, negli Stati membriin cui non esiste siffattadichiarazione, mediante una

b) nei cui confronti sia statapronunciata una condanna, consentenza passata in giudicato, perqualsiasi reato che incida sullaloro moralità professionale oper delitti finanziari;[…]

2. A dimostrazione che il fornitorenon si trova in una delle situazionidi cui alle lettere a), b), d) ed e)del comma 1 è sufficiente laproduzione di un certificatorilasciato dall'ufficio competente,nazionale o del Paese in cui èstabilito, o anche di unadichiarazione rilasciata, con leforme di cui alla legge 4 gennaio1968, n. 15, e successivemodifiche e integrazioni, dalfornitore interessato, che attestisotto la propria responsabilità dinon trovarsi in una delle predettesituazioni.3. Qualora la legislazione delPaese in cui il concorrente èstabilito non contempli il rilasciodi uno o più certificati previsti dalcomma 2, ovvero se talidocumenti non contengono tutti idati richiesti, essi possono esseresostituiti da una dichiarazionegiurata; se neanche questa è iviprevista, è sufficiente unadichiarazione solenne che, al pari

1. È escluso dalla partecipazione ad un appaltopubblico il candidato o l'offerente condannato,con sentenza definitiva di cui l'amministrazioneaggiudicatrice è a conoscenza; per una o più delleragioni elencate qui di seguito:a) partecipazione a un'organizzazione criminale,quale definita all'articolo 2, paragrafo 1,dell'azione comune 98/733/GAI del Consiglio;b) corruzione, quale definita rispettivamenteall'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio1997 ed all'articolo 3, paragrafo 1, dell'azionecomune 98/742/GAI del Consiglio;c) frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzionerelativa alla tutela degli interessi finanziari delleComunità europee;d) riciclaggio dei proventi di attività illecite,quale definito all'articolo 1 della direttiva91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991relativa alla prevenzione dell'uso del sistemafinanziario a scopo di riciclaggio dei proventi diattività illecite.Gli Stati membri precisano, in conformità delrispettivo diritto nazionale e nel rispetto del dirittocomunitario, le condizioni di applicazione delpresente paragrafo.Essi possono prevedere una deroga all'obbligo dicui al primo comma per esigenze imperative diinteresse generale.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, leamministrazioni aggiudicatrici chiedono, se delcaso, ai candidati o agli offerenti di fornire idocumenti di cui al paragrafo 3 e, qualora abbianodubbi sulla situazione personale di talicandidati/offerenti, possono rivolgersi alleautorità competenti per ottenere le informazioni

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dichiarazione solenne resa dallapersona interessata dinanzi adun'autorità giudiziaria odamministrativa competente, unnotaio o un organismoprofessionale qualificato nel Paesed'origine o in quello diprovenienza.4. Gli Stati membri designano leautorità e gli organismicompetenti per il rilascio deidocumenti, certificati edichiarazioni di cui ai paragrafi 2e 3 e ne informanoimmediatamente gli altri Statimembri e la Commissione

di quella giurata, deve essere resainnanzi ad un'autorità giudiziariao amministrativa, a un notaio o adun organismo professionalequalificato, autorizzati a riceverlain base alla legislazione del Paesestesso, che ne attesti l'autenticità.4. Il Ministero di grazia e giustiziae le altre amministrazionicompetenti, nei tre mesi dalla datadi entrata in vigore del presentedecreto, comunicano allaPresidenza del Consiglio deiMinistri - Dipartimento per ilcoordinamento delle politichecomunitarie, gli uffici e organicompetenti al rilascio deicertificati o altre attestazioni dicui al comma 2; con le stessemodalità le amministrazioniprovvedono a comunicare glieventuali successiviaggiornamenti. Nei trenta giornisuccessivi al loro ricevimento ilDipartimento per ilcoordinamento delle politichecomunitarie cura la trasmissionedei dati stessi alla Commissionedelle Comunità europee e agli altriStati membri

relative alla situazione personale dei candidati oofferenti che reputino necessarie. Se leinformazioni riguardano un candidato o unofferente stabilito in uno Stato membro diverso daquello dell'amministrazione aggiudicatrice,quest'ultima può richiedere la cooperazione delleautorità competenti. In funzione del dirittonazionale dello Stato membro in cui sono stabilitii candidati o gli offerenti, le richiesteriguarderanno le persone giuridiche e/o le personefisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delleimprese o qualsiasi persona che eserciti il poteredi rappresentanza, di decisione o di controllo delcandidato o dell'offerente.2. Può essere escluso dalla partecipazioneall'appalto ogni operatore economico:[…]c) nei cui confronti sia stata pronunciata unacondanna con sentenza passata in giudicatoconformemente alle disposizioni di legge delloStato, per un reato che incida sulla sua moralitàprofessionale;[…]Gli Stati membri precisano, conformemente alrispettivo diritto nazionale e nel rispetto del dirittocomunitario, le condizioni di applicazione delpresente paragrafo.3. Le amministrazioni aggiudicatrici accettanocome prova sufficiente che attesta che l'operatoreeconomico non si trova in nessuna delle situazionidi cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere a), b),c), e) e f) quanto segue:a) per i casi di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2,lettere a), b) e c), la presentazione di un estrattodel casellario giudiziale o, in mancanza di questo,di un documento equivalente rilasciato dallacompetente autorità giudiziaria o amministrativadel paese d'origine o di provenienza, da cui risultiche tali requisiti sono soddisfatti;[…]Qualora non siano rilasciati dal paese in questioneo non menzionino tutti i casi previsti al paragrafo1 e al paragrafo 2, lettere a), b) o c), i documenti oi certificati possono essere sostituiti da unadichiarazione giurata ovvero, negli Stati membriin cui non esiste siffatta dichiarazione, da unadichiarazione solenne resa dalla personainteressata innanzi a un'autorità giudiziaria oamministrativa competente, a un notaio o a unorganismo professionale qualificato del paesed'origine o di provenienza.4. Gli Stati membri designano le autorità e gliorganismi competenti per il rilascio deidocumenti, certificati o dichiarazioni di cui alparagrafo 3 e ne informano la Commissione. Lacomunicazione non pregiudica il dirittoapplicabile in materia di protezione dei dati.

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Con riferimento al requisito della moralità professionale dei soggetti partecipanti agli appalti pubblici di servizi,occorre sottolineare la quasi perfetta sovrapponibilità degli articoli delle due direttive (92/50/CE e 93/36/CE), cui noncorrisponde un’analoga coincidenza dei due articoli dei decreti delegati.

In particolare, deve rilevarsi che il legislatore nazionale, nell’esercizio della legittima facoltà di sceltaaccordatagli dal legislatore comunitario, ha ritenuto di comminare l’esclusione dalle gare nei confronti dei concorrenti acarico dei quali sia stata emessa “sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codicedi procedura penale” solo nell’art. 12 comma 1, lett. b) del D. Lgs. 157/95: in entrambi gli articoli dei decreti delegatirisulta invece prevista la possibilità di esclusione dalle gare per sentenze passate in giudicato in materia di reatifinanziari.

Le norme succitate si presentano generiche nella parte in cui non indicano i soggetti che devono essere inpossesso dei requisiti di moralità professionale richiesti per poter partecipare alle gare pubbliche.

Peraltro, si deve ritenere che rientrano in questa categoria tutti i soggetti in grado di impegnare la società versoterzi, compresi coloro che, in occasione di gare pubbliche, hanno i poteri per gestire i rapporti con la Stazioneappaltante e non è richiesto un “rapporto di immedesimazione organica con la persona giuridica”, l’essere, cioè, una“figura istituzionale della società stessa” (Consiglio di Stato, sez. V, n. 3466 del 28/05/2004).

Deve inoltre rilevarsi che anche la verifica circa la sussistenza di una condanna per reati oggettivamente incidentisulla moralità professionale e, in ultima analisi, sull’affidabilità stessa del concorrente è di natura discrezionale.

L’espressione “reato che incide sulla moralità professionale” evidenzia però come si debbano considerareostativi solo quei reati che possano in qualche modo offuscare la condotta tenuta nello svolgimento di attivitàprofessionale.

Le valutazioni relative al parametro della moralità professionale non possono, quindi, cristallizzarsi in criteriastratti ed automatici, dovendosi invece considerare le peculiarità del caso concreto, riferite tanto alle caratteristichedell’appalto, quanto al tipo di condanna ed alle concrete modalità di commissione del reato (cfr. Consiglio di Stato, sez.V, 1 marzo 2003 n. 1145).

Poiché la ratio della normativa vigente è quella di prevedere come contraente della P.A. una società i cui soggettiagenti siano persone affidabili dal punto di vista della moralità professionale, a nulla rileva se le condanne penali sonostate subite dai soggetti prima di assumere le relative qualifiche. Pertanto, la società subisce le conseguenze negative dinon aver effettuato con la dovuta oculatezza la scelta della persona giusta cui affidare compiti.

4. Analisi della vigente normativa in materia di lavori pubblici: i requisiti “oggettivi” e “soggettivi” e leannotazioni nel Casellario Informatico.

Di seguito si riporta uno schema di confronto tra la normativa comunitaria, Dir 2004/18/CE (Art. 45,comma 2) e quella italiana in materia di lavori pubblici.

LAVORI: art. 75 D.P.R. 21.12.1999 n. 554

Art. 75 D.P.R. 21.12.1999 n. 554 Art. 45, comma 2, Dir 2004/18/CE

1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure diaffidamento degli appalti e delle concessioni e non possonostipulare i relativi contratti i soggetti:[…]c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza dicondanna passata in giudicato, oppure di applicazionedella pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codicedi procedura penale, per reati che incidonosull'affidabilità morale e professionale; il divieto opera sela sentenza è stata emessa nei confronti del titolare o deldirettore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socioo del direttore tecnico, se si tratta di società in nomecollettivo o in accomandita semplice; degli amministratorimuniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se sitratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso ildivieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dallacarica nel triennio antecedente la data di pubblicazione delbando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato

1. È escluso dalla partecipazione ad un appalto pubblico ilcandidato o l'offerente condannato, con sentenza definitiva dicui l'amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza; per unao più delle ragioni elencate qui di seguito:a) partecipazione a un'organizzazione criminale, qualedefinita all'articolo 2, paragrafo 1, dell'azione comune98/733/GAI del Consiglio;b) corruzione, quale definita rispettivamente all'articolo 3dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 ed all'articolo 3,paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio;c) frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzione relativa allatutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;d) riciclaggio dei proventi di attività illecite, quale definitoall'articolo 1 della direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10giugno 1991 relativa alla prevenzione dell'uso del sistemafinanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivitàillecite.Gli Stati membri precisano, in conformità del rispettivo

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atti o misure di completa dissociazione della condottapenalmente sanzionata. (Seguivano alcune parole nonammesse al "Visto" della Corte dei conti). Resta salva in ognicaso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale edell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale;[…]2. I concorrenti dichiarano ai sensi delle vigenti leggil'inesistenza delle situazioni di cui al comma 1, lettere a), d),e), f), g) e h) e dimostrano mediante la produzione dicertificato del casellario giudiziale o dei carichi pendenti chenon ricorrono le condizioni prescritte al medesimo comma 1,lettere b) e c).3. Se nessun documento o certificato tra quelli previsti dalcomma 2 è rilasciato da altro Stato dell'Unione europea,costituisce prova sufficiente una dichiarazione giuratarilasciata dall'interessato innanzi a un'autorità giudiziaria oamministrativa, a un notaio o a qualsiasi altro pubblicoufficiale autorizzato a riceverla in base alla legislazione delloStato stesso o, negli Stati dell'Unione europea in cui non èprevista la dichiarazione giurata, una dichiarazione solenne.

diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, lecondizioni di applicazione del presente paragrafo.Essi possono prevedere una deroga all'obbligo di cui alprimo comma per esigenze imperative di interesse generale.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, leamministrazioni aggiudicatrici chiedono, se del caso, aicandidati o agli offerenti di fornire i documenti di cui alparagrafo 3 e, qualora abbiano dubbi sulla situazionepersonale di tali candidati/offerenti, possono rivolgersi alleautorità competenti per ottenere le informazioni relative allasituazione personale dei candidati o offerenti che reputinonecessarie. Se le informazioni riguardano un candidato o unofferente stabilito in uno Stato membro diverso da quellodell'amministrazione aggiudicatrice, quest'ultima puòrichiedere la cooperazione delle autorità competenti. Infunzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sonostabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderannole persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se delcaso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che esercitiil potere di rappresentanza, di decisione o di controllo delcandidato o dell'offerente.2. Può essere escluso dalla partecipazione all'appalto ognioperatore economico:[…]c) nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna consentenza passata in giudicato conformemente alledisposizioni di legge dello Stato, per un reato che incidasulla sua moralità professionale;[…]Gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivodiritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, lecondizioni di applicazione del presente paragrafo.3. Le amministrazioni aggiudicatrici accettano come provasufficiente che attesta che l'operatore economico non si trovain nessuna delle situazioni di cui al paragrafo 1 e al paragrafo2, lettere a), b), c), e) e f) quanto segue:a) per i casi di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere a),b) e c), la presentazione di un estratto del casellario giudizialeo, in mancanza di questo, di un documento equivalenterilasciato dalla competente autorità giudiziaria oamministrativa del paese d'origine o di provenienza, da cuirisulti che tali requisiti sono soddisfatti;[…]Qualora non siano rilasciati dal paese in questione o nonmenzionino tutti i casi previsti al paragrafo 1 e al paragrafo 2,lettere a), b) o c), i documenti o i certificati possono esseresostituiti da una dichiarazione giurata ovvero, negli Statimembri in cui non esiste siffatta dichiarazione, da unadichiarazione solenne resa dalla persona interessata innanzi aun'autorità giudiziaria o amministrativa competente, a unnotaio o a un organismo professionale qualificato del paesed'origine o di provenienza.4. Gli Stati membri designano le autorità e gli organismicompetenti per il rilascio dei documenti, certificati odichiarazioni di cui al paragrafo 3 e ne informano laCommissione. La comunicazione non pregiudica il dirittoapplicabile in materia di protezione dei dati.

La normativa in materia di lavori pubblici è stata, a decorrere dal 1° gennaio 2000, del tutto peculiare, rispettoalla disciplina dei settori dei servizi e delle forniture.

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A differenza della formulazione iniziale della Legge 11.02.1994 n. 109 (c.d. Legge Merloni), che faceva espressaesclusione dei lavori ricadenti nell’ambito di applicazione della direttiva n. 92/50/CEE, recepita in buona sostanza con ilD.Lgs. 19.12.1991 n. 406, e gli appalti di valore superiore alla soglia comunitaria (all’epoca pari a 5.000.000 di ecu),oggi, a seguito delle modifiche alla Legge n. 109/94 dalla Legge 18.11.1998 n. 415 (c.d. Legge Merloni-ter), la predettaesclusione è stata eliminata ed è altresì stato abrogato il D.Lgs. 406/91 ad opera del D.P.R. 21.12.1999 n. 554(Regolamento di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici).

Deve quindi ritenersi che le disposizioni della Legge Merloni possono trovare applicazione a tutti gli appalti e leconcessioni di lavori pubblici, a prescindere dal loro valore economico, sia pure con la specificazione di alcunedistinzioni (quali, per esempio, la diversa modalità di valutazione delle offerte anomale) a seconda se ci si trovi sopra osotto la soglia comunitaria.

Per poter partecipare alle gare per affidamenti di appalti o concessioni di lavori pubblici le imprese devono essere“adeguatamente qualificate e moralmente affidabili” (Det. Aut. LL.PP. n. 1/2005 del 02.03.2005): cioè in possesso direquisiti “oggettivi” di tipo economico-finanziario e tecnico-organizzativi e “soggettivi” di affidabilità morale eprofessionale.

Mentre per la dimostrazione dei requisiti “oggettivi” in occasione delle singole gare – di importo superiore a150.000 euro – costituisce condizione necessaria e sufficiente la produzione dell’attestazione di qualificazione emessada soggetti terzi (SOA), che ha natura fidefaciente (art. 1 comma 3 D.P.R. 25.01.2000 n. 34), per la verifica dei requisiti“soggettivi” o “generali” non è sufficiente l’esistenza degli stessi al momento del conseguimento dell’attestazione diqualificazione, ma è necessaria la permanenza fino alla data della partecipazione alle gare e fino alla stipulazione deirelativi contratti (art. 75 comma 1 D.P.R. 21.12.1999 n. 554).

Si tratta infatti di requisiti dinamici, “suscettibili d’evoluzione nel tempo e per i quali non è, quindi, ipotizzabileun meccanismo statico di accertamento come avviene per quelli di tipo oggettivo “ (Det. Aut. LL.PP. 1/2005): è statopertanto previsto, nel rispetto della normativa sulla documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. n. 445/2000 es.m.i., l’obbligo di dichiarazione per le imprese concorrenti ed il correlativo obbligo per le stazioni appaltanti di verificadel relativo possesso prima dell’aggiudicazione definitiva.

In proposito occorre precisare che la presentazione del certificato del casellario giudiziale da parte del privatonon consente di verificare i reati per i quali sia stata disposta la non menzione delle relative condanne.

Tale situazione deve necessariamente essere riferita a quanto esposto circa l’onere probatorio relativo al possessodei requisiti richiesti dall’art. 75, comma 1, lett. c), del D.P.R. 554/99.

In caso di accertata falsità delle dichiarazioni dei requisiti soggettivi sono comminate non solo sanzioni penali,ma anche l’interdizione alla partecipazione a tutte le successive gare d’appalto e di concessione per la durata di un anno.

Tra i requisiti “soggettivi” si colloca il disposto di cui all’art. 75 lett. c) del D.P.R. 21.12.1999 n. 554.Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione della norma, occorre rilevare che lo stesso è

caratterizzato da tassatività e, al contempo, ampiezza.In considerazione del fatto che la responsabilità penale è personale, “tale requisito, il cui possesso è dalla norma

richiesto genericamente ai “concorrenti”, deve intendersi riferito, in via immediata e diretta, alla persona fisicatitolare dell’impresa personale e, nell’ipotesi di impresa in forma di persona giuridica, alla persona fisica che di questaha la rappresentanza legale” (Consiglio di Stato, sez. V, 28/05/2004 n. 3466).

Si deve, quindi, trattare di sentenze emesse nei confronti “del titolare o del direttore tecnico se si tratta diimpresa individuale, del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo o in accomanditasemplice, degli amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo disocietà o consorzio” (Det. Aut. LL.PP. 13/2003 del 15.07.2003).

Non rileva, pertanto, ai fini dell’ammissibilità della gara, la posizione giuridica di soggetti diversi da quelliindicati nella norma, quali il socio accomandante (Consiglio di Stato, sez. V, 28/06/2004 n. 4774)

Deve però essere evidenziato che, essendo la ratio della disposizione la “tutela del buon andamento dell’azioneamministrativa” mediante il divieto per l’Amministrazione di entrare in rapporto con soggetti, che, “per la commissionedi determinati reati, abbiano dato prova di scarsa affidabilità morale e professionale”, tale divieto si deve intendereesteso a tutti i soggetti “che, per i poteri loro conferiti, siano oggettivamente in grado, mediante l’adozione di attigiuridici di rilevanza esterna, di vincolare la società verso i terzi e, in particolare, con la Pubblica Amministrazione”(Cons. Stato, V, n. 3466/2004): tra i destinatari della norma devono quindi essere ricompresi anche i procuratori adnegozia (in senso analogo, cfr., ex plurimis, in materia di servizi, Consiglio di Stato, sez. V., 09/06/2003 n. 3169 e3241).

Il divieto, di cui trattasi, ha natura retroattiva e richiede una ricostruzione storica delle cariche sociali dell’ultimotriennio, in quanto costituisce causa di esclusione anche la condanna di soggetti che abbiano cessato dalla carica neltriennio antecedente alla data di pubblicazione del bando, eccetto che l’impresa dimostri di aver adottato atti o misure dicompleta dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Tale dissociazione non si può configurare in modo

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automatico con la semplice sostituzione del soggetto condannato (Consiglio di Stato, sez. V, 12/10/2002 n. 5523 e, insenso conforme, Det. Aut. LL.PP. 13/2003), ma richiede ulteriori atti, quali l’aver intentato un’azione di rivalsa neiconfronti dello stesso (Tar Lazio, sez. III, 20/04/2004 n. 3386).

E’ stato posto in luce che risulta altresì “irrilevante la circostanza che la condanna dell’amministratore o deldirettore tecnico sia intervenuta per fatti antecedenti alla data di assunzione nell’incarico, ovvero per fatti noncorrelati ad eventuale interesse o vantaggio dell’impresa” (Det. Aut. LL.PP. 13/2003), a differenza di quanto richiestoespressamente perché si configuri la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai sensi della vigentenormativa (D.Lgs. n. 231/2001).

Anche per quanto concerne la rilevanza del lasso di tempo trascorso dalla condanna rispetto al momento in cuiviene effettuata la gara è stato adottato in giurisprudenza un criterio estensivo: è stato precisato, in particolare, che ilperiodo di tempo di tre anni, preso espressamente in considerazione dal legislatore, ha rilevanza solo ai fini dellapresunzione della cessazione degli effetti perturbatori sull’organizzazione aziendale prodotti dal soggetto condannato,mentre, ai fini della valutazione circa la moralità professionale dell’impresa, può essere considerato anche un lasso ditempo notevolmente più lungo (Consiglio di Stato, sez. V, 16/06/2003 n. 3380).

L’ambito oggettivo di applicazione della norma presenta particolari complessità.Risulta ormai pacifica l’equiparazione della sentenza di applicazione della pena richiesta, emessa ai sensi dell’art.

444 c.p.p. (c.d. “patteggiamento”) alla sentenza di condanna vera e propria, con conseguente obbligo per le impreseconcorrenti di rendere alle Stazioni appaltanti la relativa necessaria dichiarazione (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato,sez, V, 29/03/2004 n. 1660).

Ad analoga interpretazione estensiva è giunta la giurisprudenza in materia di decreto penale di condanna (cfr.Consiglio di Stato, sez. V, 12/10/2002 n. 5523): come ribadito dall’Autorità per la vigilanza sui LL.PP., stante laformula generica adoperata dall’art. 75 del D.P.R. 554/99, è consentita all’Amministrazione “una lata valutazionediscrezionale del caso concreto per stabilire la rilevanza o meno di una condanna penale […], dal che conseguel’obbligo per il partecipante alle gare di dichiarare anche i decreti penali di condanna” (Det. 13/2003).

E’ necessario ovviamente che, nel caso in cui si valuti come incidente sulla moralità professionale una condannainflitta con il rito del decreto penale, si motivi l’esclusione dalla gara con particolare attenzione, in considerazione dellatenuità dei reati in oggetto.

Sia la circolare dell’allora Ministero dei LL.PP. del 01/03/2000 n. 182/400/93, sia l’Autorità per la vigilanza suiLL.PP. (Det. n. 56 del 13/12/2000 e 6 del 21/04/2004) hanno individuato tra i reati che “possono” incidere sullamoralità professionale:- i reati contro la Pubblica Amministrazione (libro II – tit. II – del codice penale)- i reati contro l’ordine pubblico (libro II – tit. V – del codice penale)- i reati contro la fede pubblica (libro II – tit. VI – del codice penale)- i reati contro il patrimonio (libro II – tit. XIII– del codice penale)- i reati relativi a fatti la cui natura e contenuto sono idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario

con la stazione appaltante per la inerenza alla natura delle specifiche obbligazioni dedotte in contratto.Non si tratta però di un’elencazione esaustiva o tale per cui l’astratta configurazione della fattispecie possa

portare, in modo automatico, all’esclusione dalle gare, in quanto “la mancanza [...] di parametri fissi e predeterminatie la genericità della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazioneappaltante” (Det. Aut. LL.PP. n. 13/2003) circa i reati la cui natura e contenuto siano idonei ad incidere negativamentesul rapporto fiduciario con la stessa.

E’ necessario, infatti, un accertamento “in concreto”, considerando di volta in volta “in relazione alla natura eall’entità dei lavori da aggiudicare, la gravità dei reati in base ad una pluralità di elementi, quali, ad esempio, lemodalità ed il tempo in cui sono stati commessi, nonché la natura e l’entità della pena inflitta”, cosicché “laconseguente decisione finale non può prescindere, soprattutto quando negativa per il soggetto interessato, da unaspecifica ed adeguata motivazione” (cfr., da ultimo, Tar Marche 04/02/2005 n. 114).

A questo “potere- dovere di valutare caso per caso” (Tar Sicilia Catania 19/05/2005 n. 850) fanno eccezione trespecifiche ipotesi: la ricorrenza della pena accessoria, di cui all’art. 32-quater c.p., e l’applicazione degli artt. 178 c.p. e445 c.p.p., concernenti, rispettivamente, la riabilitazione e l’estinzione del reato per decorso del tempo nel caso dellapena patteggiata.

L’art. 32-quater c.p. prevede: “Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis (Malversazione a dannodello Stato), 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (Concussione), 318 (Corruzione per unatto d'ufficio), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (Circostanze aggravanti), 320(Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (Pene per il corruttore), 322 (Istigazione allacorruzione), 322-bis (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delleComunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri), 353 (Turbata libertà degli incanti), 355

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(Inadempimento di contratti di pubbliche forniture), 356 (Frode nelle pubbliche forniture), 416 (Associazione perdelinquere), 416-bis (Associazione di tipo mafioso), 437 (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sullavoro), 501 (Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio), 501-bis(Manovre speculative su merci), 640, numero 1) del secondo comma (Truffa), 640-bis (Truffa aggravata per ilconseguimento di erogazioni pubbliche), 644 (Usura), commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale ocomunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.”

Si tratta di una pena accessoria che, nonostante sia stata inserita dalla legge 689/1981 nella parte generale delcodice penale, risulta in realtà applicabile, per espressa previsione della norma, ad una serie di casi tassativamenteindicati, scelti in base al tipo ed alla gravità del delitto (consumato o tentato): tutti i delitti considerati devono esserecommessi “a causa o in occasione dell’esercizio di un’attività imprenditoriale”.

Si è ritenuto che con tale espressione “oltre a ribadire che l’attività di impresa può essere stata la ragione decisivadel delitto, si intenderebbe sottolineare la sufficienza di un nesso di mera occasionalità, senza pertanto che si rendanecessario [...] un rapporto contenutistico di attinenza tra l’impresa ed il delitto commesso” (M. Romano, sub art. 32-quater, in Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1987).

L’art. 31 del D.Lgs. 30/12/1999 n. 507, per i casi di emissione di assegno senza autorizzazione o senza provvista,e l’art. 12 del D.Lgs. 10/03/2000 n. 74, in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, costituiscono ipotesiparticolari, non richiamate dall’art. 32-quater c.p., per le quali è altresì prevista la pena accessoria dell’incapacità dicontrattare con la P.A., senza che venga espressamente richiesta la commissione “a causa o in occasione dell’eserciziodi un’attività imprenditoriale”.

Ad analoghe considerazioni si deve pervenire con riferimento alle sanzioni interdittive emesse nei confronti dipersone giuridiche, ai sensi del D.Lgs. 08/06/2001 n. 231, per reati contro la P.A. o il patrimonio, commessinell’interesse o a vantaggio della persona giuridica medesima.

Sia la riabilitazione, di cui agli artt. 178 e ss. c.p., che estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penaledella condanna, sia l’estinzione del reato per decorso del tempo nel caso della pena patteggiata, di cui all’art. 445 c.p.p.,abbisognano dell’intervento ricognitivo del giudice dell’esecuzione, che è tenuto ad emettere il relativo provvedimento(per l’estinzione del reato, cfr. Cass. Pen., sez. IV, 27/02/2202 n. 11560).

In riferimento alle dichiarazioni concernenti l’art. 75 lett. c) del D.P.R. 554/99 sussiste un ulteriore problema,concernente un’altra delle cause di esclusione previste dal predetto art. 75 alla lett. h), che afferma: “Sono esclusi dallapartecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativicontratti i soggetti: […] che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso falsedichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti daidati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici”.

L’art. 27 comma 2 del D.P.R. 34/2000 prevede, infatti, l’inserimento nel “casellario informatico delle impresequalificate” degli “eventuali provvedimenti di esclusione dalle gare , ai sensi dell’art. 8 comma 7 della legge [L. 109/94e s.m.i.], adottati dalle stazioni appaltanti” e delle “eventuali falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e allecondizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, accertate in esito alle procedure di cui all’art. 10comma 1-quater della legge”: ne deriva per le stazioni appaltanti un obbligo di segnalazione, entro dieci giorni,all’Autorità di vigilanza di tutti i casi di non corrispondenza tra quanto dichiarato per i requisiti generali e speciali e lasuccessiva verifica degli stessi.

In merito, recentemente, l’Autorità per la vigilanza sui LL.PP. (Det. n. 1 del 02/03/2005) ha chiarito che l’annoda cui decorre il divieto di partecipazione alle gare e di stipulare i contratti va conteggiato dalla data di inserimentodell’informazione nel Casellario informatico delle imprese e ha ribadito che “i requisiti dalla cui accertata falsadichiarazione consegue l’effetto interdittivo, sono anche quelli generali di affidabilità morale e professionale delconcorrente, sempre che del provvedimento di esclusione dalla (precedente) gara sia stato fatto inserimento nelCasellario informatico delle imprese ai sensi della lett. r) dell’art. 27 D.P.R. n. 34/2000 e s.m.”

L’Autorità ha quindi ritenuto di propendere per la tesi secondo cui non spetta all’aspirante concorrente alcunaautonoma individuazione dei reati che incidono sulla sua moralità professionale, bensì alla stazione appaltante(conforme Tar Marche 04/02/2005 n. 114): ne consegue il divieto per il partecipante alla gara di “selezionare” i reati dadichiarare alla Pubblica Amministrazione, con conseguente configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 75 lett. h) delD.P.R. 554/99 nel caso di omissioni.

Ulteriori problematiche si ravvisano nel valore che devono assumere le annotazioni di esclusione, comunicatedalle stazioni appaltanti, contenute nel Casellario informatico, ed in particolare quelle relative a fattispecie oggetto dipossibili giudizi discrezionali (quali le condanne incidenti sulla moralità professionale, di cui alla lett. c) dell’art. 75 delD.P.R. 554/99).

La tesi restrittiva considera la valutazione delle segnalazioni da parte delle stazioni appaltanti riservata soloall’Autorità di vigilanza, che non è tenuta all’annotazione nel Casellario informatico esclusivamente “se vi è manifestamancanza dei presupposti di fatto o inconferenza della segnalazione ricevuta” (Det. 1/2005): l’annotazione a

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Casellario, dunque, “farebbe stato” nei confronti delle stazioni appaltanti che, quindi, non potrebbero disattenderla,“ferma restando ovviamente, la possibile reazione dell’impresa nei confronti dell’annotazione medesima” (M. Greco.L’annotazione a casellario fa stato per le stazioni appaltanti, nota a Consiglio di Stato, sez. IV, 07/09/2004 n. 5792).

Sul punto, tra l’altro, occorre rilevare l’ulteriore problematica concernente la tutela delle imprese nei confronti diannotazioni non corrette e l’individuazione del giudice competente (cfr., in proposito, F. Botteon, Casellario informaticodell’Autorità: annotazione, obbligatorietà, vincolatività per le p.a., (qualche dubbio sulla) giurisdizione, sul sito diAppalti e contratti).

Recentemente è stato però ritenuto che “l’esclusione da una gara, annotata nel casellario informatico noncomporta – ex se – automaticamente l’esclusione della ditta da altre procedure di gara”, ma che “tale effettoconsegue, invece, all’esito negativo della verifica dei chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante” (ConsiglioGiustizia Amm. Regione Siciliana, Sezione Giurisdizionale, 17/10/2005 n. 674).

Tra le innumerevoli segnalazioni inserite nel Casellario informatico, è stato precisato che devono essere oggettodi diversa valutazione le notizie “che non sono in grado di determinare una esclusione dalla gara d’appalto”, ed inparticolare, quelle che “si collocano in una “zona grigia” tra quelle che possono comportare l’esclusione dalla garad’appalto e quelle che non meritano di essere inserite sul Casellario Informatico per palese insussistenza del fatto o perin conferenza dell’oggetto della segnalazione rispetto ai compiti propri del casellario” (V. Miniero, Spunti di riflessionee discussione in merito al valore vincolante delle segnalazioni inviate dalla Amministrazioni all’Autorità di vigilanza eda questa inserite sul Casellario Informatico, sul sito di Appalti e contratti).

Tali tipologie di notizie possono svolgere “la funzione di semplice campanello d’allarme per le stazioniappaltanti che, dopo aver preso tutte le informazioni utili, devono autonomamente determinarsi per l’esclusionedell’impresa (in tal caso adeguatamente motivando la propria decisione) oppure per il suo diritto a partecipare alprosieguo della gara di appalto” (V. Miniero, ibidem).

5. Conclusioni.

Di seguito si riporta una tabella di raffronto del “considerando” n. 43 e dell’ art. 45 dir. 2004/18/CE con la normativaitaliana vigente:

Considerando n. 43 DIRETTIVA 2004/18/CE CODICE PENALE e normativaspeciale

Occorre evitare l'aggiudicazione diappalti pubblici a operatorieconomici che hanno partecipato aun'organizzazione criminale o che sisono resi colpevoli di corruzione o difrode a danno degli interessifinanziari delle Comunità europee odi riciclaggio dei proventi di attivitàillecite. Le amministrazioniaggiudicatrici dovrebbero richiedere,all'occorrenza, ai candidati/offerenti idocumenti appropriati e, in caso didubbi sulla loro situazione personale,potrebbero chiedere la cooperazionedelle autorità competenti dello Statomembro interessato. L'esclusione didetti operatori economici dovrebbeintervenire non appenal'amministrazione aggiudicatrice è aconoscenza di una sentenza relativa atali reati, emessa conformemente aldiritto nazionale e avente un caratteredefinitivo che le conferisce autoritàdi cosa giudicata. Se il dirittonazionale contiene disposizioni in talsenso, il mancato rispetto dellanormativa ambientale o di quella

Art. 45

Esclusione per chi ha partecipato adun organizzazione criminale qualedifinita all’art. 2, paragrafo 1,dell’azione comune 98/773/GAI delConsiglio

Art. 416 “Associazione per delinquere.

Quando tre o più persone si associano alloscopo di commettere più delitti, coloro chepromuovono o costituiscono odorganizzano l'associazione sono puniti, perciò solo, con la reclusione da tre a setteanni .Per il solo fatto di partecipareall'associazione, la pena è della reclusioneda uno a cinque anni.I capi soggiacciono alla stessa penastabilita per i promotori.Se gli associati scorrono in armi lecampagne o le pubbliche vie si applica lareclusione da cinque a quindici anni.La pena è aumentata se il numero degliassociati è di dieci o più. Se l'associazione è diretta a commetteretaluno dei delitti di cui agli articoli 600,601 e 602, si applica la reclusione dacinque a quindici anni nei casi previsti dalprimo comma e da quattro a nove anni neicasi previsti dal secondo comma.Art 416-bis Associazione di tipo

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degli appalti pubblici in materia diaccordi illeciti, che sia stato oggettodi una sentenza definitiva o di unadecisione avente effetti equivalenti,può essere considerato un reato cheincide sulla moralità professionaledell'operatore economico o come unacolpa grave. Il mancato rispetto delledisposizioni nazionali che attuano ledirettive 2000/78/CE e 76/207/CEEin materia di parità di trattamento deilavoratori, che sia stato oggetto diuna sentenza definitiva o di unadecisione avente effetti equivalenti,può essere considerato un reato cheincide sulla moralità professionaledell'operatore economico o come unacolpa grave

mafioso;

Art. 270 Associazioni sovversive;

Art. 271 Associazioni antinazionali

Art. 273 Illecita costituzione diassociazioni aventi carattereinternazionale;

Art. 274 Illecita partecipazione adassociazioni aventi carattereinternazionale

Esclusione per chi si è reso colpevoledel reato di corruzione quale definitarispettivamente all’art. 3 dell’atto delConsiglio del 26 maggio 1995

Esclusione per chi si è reso colpevoledel reato di corruzione quale definitarispettivamente all’art. 3, paragrafo 1,dell’azione comune 98/742/GAI delConsiglio

Art. 319 Corruzione per un attocontrario ai doveri d'ufficio.Il pubblico ufficiale che, per omettere oritardare o per aver omesso o ritardato unatto del suo ufficio, ovvero per compiere oper aver compiuto un atto contrario aidoveri di ufficio, riceve, per sé o per unterzo, denaro od altra utilità, o ne accettala promessa, è punito con la reclusione dadue a cinque anni ;Art. 320 Corruzione di personaincaricata di un pubblico servizio;Art. 322 Istigazione alla corruzioneArt. 322 bis. Peculato, concussione,corruzione e istigazione alla corruzionedi membri degli organi delle Comunitàeuropee e di funzionari delle Comunitàeuropee e di Stati esteri;

Non trova corrispondenza in alcunafattispecie criminosa del nostro codicepenale.

Esclusione per chi si è reso colpevoledel reato di frode ai sensi dell’art. 1della convenzione relativa alla tuteladegli interessi finanziari delleComunità europee

Art. 356 Frode nelle pubblicheforniture.Chiunque commette frode nell'esecuzionedei contratti di fornitura onell'adempimento degli altri obblighicontrattuali indicati nell'articoloprecedente, è punito con la reclusione dauno a cinque anni e con la multa noninferiore a lire due milioni.La pena è aumentata nei casi preveduti dalprimo capoverso dell'articolo precedente(non vi è perfetta coincidenza dellefattispecie)

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Esclusione per chi si è reso colpevoledel reato di riciclaggio dei proventi diattività illecite, quale definito all’art. 1della direttiva 91/308/CEE delConsiglio del 10 giugno 1991 relativaalla prevenzione dell’uso del sistemafinanziario a scopo di riciclaggio deiproventi di attività illecite.

Dir 91/308/CEE e s.m.i.

648 bis Riciclaggio.Fuori dei casi di concorso nel reato,chiunque sostituisce o trasferisce denaro,beni o altre utilità provenienti da delittonon colposo, ovvero compie in relazionead essi altre operazioni, in modo daostacolare l'identificazione della loroprovenienza delittuosa, è punito con lareclusione da quattro a dodici anni e con lamulta da lire due milioni a lire trentamilioni.La pena è aumentata quando il fatto ècommesso nell'esercizio di un'attivitàprofessionale.La pena è diminuita se il denaro, i beni ole altre utilità provengono da delitto per ilquale è stabilita le pena della reclusioneinferiore nel massimo a cinque anni. Siapplica l'ultimo comma dell'articolo 648

D. Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56 (cheprevede tuttavia sanzioni amministrative)

Si rende necessario verificare se le disposizioni contenute nell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE possano essereconsiderate self-executing per gli appalti e le concessioni di lavori, prestazioni di servizi e forniture, di importo pari osuperiore alle soglie determinate dall’art. 7 della predetta direttiva, come modificato dal Regolamento (CE) n.1874/2004 della Commissione del 28/10/2004 (rispettivamente 5.923.000 euro per i lavori, 236.000 euro per servizi eforniture).

In proposito si rende necessario distinguere la norma in questione in due parti, tra loro nettamente distinte.In primo luogo occorre analizzare il disposto di cui al paragrafo 1 che identifica quattro ipotesi che costituiscono

cause di esclusione automatica dalle gare per l’affidamento di appalti o concessioni: il configurarsi di tali fattispeciedovrebbe giustificare il provvedimento di esclusione del concorrente, senza comportare alcuna particolare motivazione,salvo la verifica circa la sussistenza dei presupposti, come precisato nel considerando 43, da cui l’articolo trae spunto(“l’esclusione di detti operatori economici dovrebbe intervenire non appena l’amministrazione aggiudicatrice è aconoscenza di una sentenza relativa a tali reati, emessa conformemente al diritto nazionale e avente un caratteredefinitivo che le conferisce autorità di cosa giudicata”).

Nello stesso paragrafo 1, viene però espressamente previsto che: “gli Stati membri precisano, in conformità delrispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo”.

Risulta quindi opportuna una disanima delle quattro tipologie di reati descritti per verificare se attualmentesussista una corrispondenza tra le stesse e la vigente normativa italiana e, in particolare, se si possano individuareelementi di sovrapposizione rispetto all’art. 32-quater c.p., che, come sopra rilevato, configura la pena accessoriadell’incapacità di contrattare con la P.A., che costituisce nel diritto interno l’unica ipotesi contemplata di esclusioneautomatica .

Per quanto concerne la “partecipazione a un'organizzazione criminale”, quale definita all'articolo 2, paragrafo1, dell'azione comune 98/733/GAI del Consiglio, si può sottolineare:

- la coincidenza con l’art. 32-quater c.p., che prevede espressamente tra i reati che comportano la penaaccessoria quelli previsti agli artt. 416 e 416-bis c.p., con la differenza che, rispetto al disposto di tale articolo, non èprevista obbligatoriamente la commissione dei predetti reati “a causa o in occasione dell’esercizio di un’attivitàimprenditoriale”

- un aspetto innovativo per la possibilità di ritenere ricompresi nella lettera a) dell’art. 45, anche i delitti di cuiagli artt. 270, 271, 273 e 274 c.p., che, pertanto, ove oggetto di una sentenza di condanna passata in giudicato,potrebbero portare dal 31/01/2006 ad un’esclusione automatica dalle gare.

Circa la “corruzione”, quale definita rispettivamente all'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 edall'articolo 3, paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio, si tratta:

- per la prima disposizione richiamata, di una fattispecie che potrebbe essere ricondotta ai delitti di cui agliartt. 319, 320 e 322-bis c.p., per i quali possono valere le considerazioni sopra evidenziate per gli artt. 416 e 416-bisc.p.

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- per la seconda disposizione richiamata (che, nel testo della direttiva pubblicato sulla GUCE è ancoraerroneamente indicata nell’azione comune 98/742/GAI del Consiglio, attualmente sostituita dalla decisione2003/568/GAI), di un reato identificato come “corruzione attiva e passiva nel settore privato”, che non pare avereun’immediata corrispondenza con alcuno dei reati previsti dall’ordinamento italiano e, pertanto, non può ritenersi self-executing.

Relativamente alla “frode” ai sensi dell'articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziaridelle Comunità europee (Convenzione 26/07/1995), è definito un reato che potrebbe essere identificabile con quelloprevisto all’art. 356 c.p., pur essendo la fattispecie delineata dal legislatore comunitario oggetto di una descrizionemolto puntuale e ricca di precisazioni: essendo anche l’art. 356 c.p. ricompreso nell’art. 32-quater c.p., si può parlare diinnovazione solo con riferimento alla possibilità che il reato non venga commesso “a causa o in occasionedell’esercizio di un’attività imprenditoriale”.

L’ultimo reato previsto in questa prima parte dell’articolo è il “riciclaggio dei proventi di attività illecite”,quale definito all'articolo 1 della direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991 relativa alla prevenzionedell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite: parrebbe che la fattispecie siariconducibile all’art. 648-bis c.p, e quindi ad un reato diverso da quelli richiamati dall’art. 32-quater c.p., che potrebbefondare una nuova ipotesi di esclusione automatica dalle gare.

La seconda parte dell’art. 45, ed in particolare il paragrafo 2 lett. c), ricalca le analoghe disposizioni delleabrogate direttive 92/50/CE (art. 29 lett. c) e 93/36/CE (art. 20 lett. c), per le quali si rinvia a quanto osservato supra.

Deve ancora essere rilevato che nell’art. 45, relativo alla “situazione personale del candidato e dell’offerente”,non sono state trasfuse tre indicazioni presenti nel considerando 43: il “mancato rispetto della normativa ambientale”, diquella degli “appalti pubblici in materia di accordi illeciti” e “delle disposizioni nazionali che attuano le direttive2000/78/CE e 78/207/CEE, in materia di parità di trattamento dei lavoratori”, se “oggetto di una sentenza definitiva, odi una decisione avente effetti equivalenti”, può essere considerato un reato che incide sulla moralità professionaledell’operatore economico o come una colpa grave.

In proposito, a prescindere dal valore normativo del considerando, che può anche solo agevolare l’interprete nellavalutazione della tipologia delle condanne passate in giudicato, è necessario distinguere le tre diverse fattispecienormative.

I c.d. “reati ambientali” sono caratterizzati nel nostro ordinamento da una molteplicità di previsioni, sanzionatenei modi più diversi e, pertanto, non può che condividersi quanto affermato in riferimento a reati contravvenzionali intema di rifiuti: “nella sua ampiezza ed elasticità il concetto di moralità professionale presuppone [...] la realizzazionedi un reato pienamente idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici dellaprofessione” poiché, diversamente opinando, vi sarebbero soggetti che “vedrebbero automaticamente e definitivamenteprecluso, a causa di una pregressa infrazione formale non particolarmente grave, l'esercizio di attività contrattuale conla Pubblica Amministrazione, con conseguente compromissione della libera esplicazione della propria iniziativaeconomica (cfr. TAR Basilicata, 1° dicembre 2004, n. 806)” (Consiglio di Stato, sez. V, 1 marzo 2003 n. 1145).

La normativa relativa agli accordi illeciti negli appalti pubblici potrebbe essere ricondotta, nell’ambito deldiritto interno, alle fattispecie di cui all’art. 353 c.p.(Turbata libertà degli incanti), che è ricompresa tra quelle per lequali, ai sensi dell’art. 32-quater c.p., deve essere comminata la pena accessoria del divieto di contrattare con lapubblica amministrazione, se il reato è commesso a causa o in occasione dell’esercizio di un’attività imprenditoriale.

Decisamente più problematica appare l’ultima previsione dell’art. 45, concernente le direttive 2000/78/CE e78/207/CEE, in materia di parità di trattamento dei lavoratori: non sembra, infatti, risultare configurata nessunafattispecie in materia penale in attuazione delle predette direttive.

A fronte delle considerazioni sovra esposte, è necessario rilevare che recentemente sia la giurisprudenza (cfr.Consiglio di Stato, sez. V, 02/09/2005 n. 5194) che il legislatore (regionale) risultano aver dato ingresso,rispettivamente, al principio di “avvalimento” dei requisiti, di cui all’art. 47 par. 2 e 3 della direttiva 18/2004/CE) negliappalti di lavori pubblici in modo automatico, e all’accordo-quadro e al dialogo competitivo con disegni di legge“fotocopia” della direttiva 18 (cfr. M.L. Beccarla, “Direttive Ue, per le Regioni recepimento-fotocopia: norme rinviateai regolamenti”, in Edilizia e Territorio n. 40).

Può pertanto, essere ritenuto ragionevole che le stazioni appaltanti, nella loro opera di interpretazione dellefattispecie penali rilevanti sulla moralità professionale, prestino particolare attenzione ai principi dettati in materia dicause di esclusione dalla gare d’appalto previste nella direttiva 2004/18 anche per gli appalti e le concessioni diimporto inferiore alle soglie comunitarie.

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Affidamento incarichi di consulenza da parte della P.A. Ambito di applicazione ed esclusioni alla luce dellaLegge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria 2005).

Dott.ssa Claudia LOMORO –Settore Fornitura Beni - Comune di Torino

L’art. 7 comma 6 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 prevede la possibilità, da parte delle Amministrazioni Pubbliche,comprese le Regioni, le Province ed i Comuni, di conferire incarichi individuali ad esperti di “provata competenza” per“esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio”.Al fine di assicurare il rispetto delle regole sull’affidamento degli incarichi, l’art. 53 commi 14,15 e16 del D.lgs.165/2001, impone alle Pubbliche Amministrazioni, che si avvalgono di “collaboratori esterni o che affidano incarichi diconsulenza” retribuiti, di pubblicare gli elenchi sui conferimenti, da inviare semestralmente al Dipartimento dellaFunzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri il quale, sulla base dei dati raccolti, è tenuto a formulareal Parlamento, in sede di presentazione della relazione annuale, proposte per il contenimento della spesa per gliincarichi e per la razionalizzazione dei relativi criteri di attribuzione.L’art. 110, comma 6 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 stabilisce infine che i Comuni, nell’ambito della autonomia lororiconosciuta, possono inserire nei propri regolamenti sull’ordinamento degli uffici e servizi, disposizioni che prevedano“per obiettivi determinati e con convenzioni a termine” il ricorso a collaborazioni esterne “ad alto contenuto diprofessionalità”. Pertanto gli enti locali, oltre al conferimento degli incarichi esterni ai sensi dell’art. 7, comma 6 del

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D.lgs. 165/2001, possono ricorrere a collaborazioni esterne, nei casi in cui sia necessario avvalersi di un contributo dialta professionalità, a condizione che tale facoltà sia prevista nei loro rispettivi regolamenti.Il Comune di Torino, infatti, conformemente alla disposizione normativa su citata, ha previsto nel “Regolamento diorganizzazione e ordinamento della Dirigenza” una tale clausola. In particolare, l’art. 28 comma 5recita:“l’Amministrazione può affidare incarichi di alto contenuto di professionalità per il perseguimento di obiettivipredeterminati e lo svolgimento di determinati compiti”. In tale ipotesi il provvedimento di incarico conferito dalSindaco, su proposta del Direttore Generale, sulla base del “curriculum” professionale, deve essere accompagnato dauna convenzione o contratto contenente una serie di elementi essenziali (obiettivi da conseguire, durata dellacollaborazione, compenso annuo lordo ecc.).

Alla luce delle disposizioni su indicate la giurisprudenza della Corte dei Conti subordina la legittimità degli incarichi edelle consulenze al rispetto dei seguenti criteri:

rispondenza dell’incarico agli obiettivi perseguiti dall’Amministrazione; inesistenza, nell’ambito della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento

dell’incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico; indicazione della durata del’incarico; proporzione tra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’Amministrazione.

L’art. 1 commi 9 e 11 del D.Lgs. 12 luglio 2004 n. 168 convertito nella Legge 30 luglio 2004 n. 191, nell’ottica dellarazionalizzazione della spesa pubblica, incrementata anche per il ricorso, frequente e ingiustificato, agli incarichiesterni, ha posto un limite alla spesa per gli incarichi per le Regioni, le Province ed i Comuni con popolazione superiorea 5.000 abitanti “a tutela dell’attività economica della Repubblica”.Nel contempo ha individuato tre categorie di incarichi (di studio, di ricerca e di consulenza) per le quali ha prescrittoun’adeguata motivazione e la possibilità di ricorrervi “solo nei casi previsti dalla legge o nell’ipotesi di eventistraordinari”, prevedendo inoltre la trasmissione degli stessi agli organi di controllo interni dell’ente.In assenza dei presupposti su indicati,“l’affidamento di incarichi costituisce illecito disciplinare e determinaresponsabilità erariale”.Le norme dei commi 9 e 11 della legge 191/2004 sono state sostituite a decorrere dal 1° gennaio 2005 , dall’art. 1,commi 11 e 42, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Legge Finanziaria 2005).I commi 11 e 42 confermano il limite dispesa per il conferimento degli incarichi esterni, determinandolo per tutte le amministrazioni pubbliche (Regioni,Province, Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti) escluse le Università e gli Enti di Ricerca, nell’importoerogato per lo stesso oggetto nel 2004. Gli atti di affidamento degli incarichi dovranno recare perciò una certificazionedell’Ufficio Centrale del Bilancio, per le Amministrazioni Centrali dello Stato, e dei competenti Servizi di Ragioneria,per gli Enti Pubblici Nazionali, le Regioni, le Province ed i Comuni, in merito al rispetto del limite di spesa stabilitodalla Legge 311/2004. Per gli Enti che adottano la contabilità economica la certificazione è rimessa all’organo cheesercita il controllo contabile.Le norme attualmente in vigore contemplano le tre categorie già individuate dal D.lgs. 168/2004: incarichi di studio, diricerca e di consulenza.Gli incarichi di studio si sostanziano nello svolgimento di un’attività nell’interesse dell’Amministrazione che deverisultare da relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte.Gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dellaAmministrazione.Le consulenze, infine, presuppongono la richiesta di pareri ad esperti.Il contenuto degli incarichi che si evince dai commi 11 e 42 della Legge Finanziaria 2005 coincide quindi con ilcontratto di prestazione d’opera intellettuale, disciplinato dagli artt. 2229-2238 del codice civile.Per valutare se un determinato incarico sia riconducibile nell’ambito della normativa su indicata, occorre considerare ilcontenuto dell’atto di conferimento, piuttosto che la qualificazione formale del medesimo (adunanza del 15 febbraio2005 delle Sezioni Riunite in sede di Controllo).Pertanto rientrano nella previsione normativa ad esempio le consulenze legali rese al di fuori della rappresentanzaprocessuale e del patrocinio dell’Amministrazione. Esulano invece gli incarichi conferiti per gli adempimentiobbligatori per legge, mancando, in tale ipotesi, qualsiasi facoltà discrezionale dell’Amministrazione ( si pensi allarappresentanza in giudizio) nonché i “rapporti di collaborazione coordinata e continuativa”. L’esclusione di questo tipodi prestazione si ricava dall’art. 116 della Legge 311/2004 che prevede la possibilità, da parte delle PubblicheAmministrazioni, di avvalersi per l’anno in corso di personale a tempo determinato ricorrendo a “contratti dicollaborazione coordinata e continuativa”. Da ciò si evince che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativasono finalizzati a soddisfare le ordinarie esigenze correlate al funzionamento delle strutture amministrative e “siconfigurano prevalentemente come prestazione di servizi, che richiedono azioni ripetitive nel tempo, funzionali adintegrare, qualificare o sviluppare le attività proprie della struttura responsabile della realizzazione di prodotti/serviziben definiti, sia nel risultato che nella modalità di attuazione”. (nota interpretativa Legge Finanziaria 2005 a curadell’UPI – Roma 31 gennaio 2005).

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Gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa,caratterizzati, quindi, da continuità della prestazione e da unpotere di direzione dell’Amministrazione devono essere distinti dalla categoria degli incarichi esterni, caratterizzatadalla temporaneità e dall’autonomia della prestazione. E’ pacifico, peraltro, che qualora un atto, pur se formalmenteindicato come collaborazione coordinata e continuativa sia, dal punto di vista contenutistico, riconducibile nellacategoria degli incarichi di studio, di ricerca o di consulenza, il medesimo sarà soggetto al limite di spesa, allamotivazione nonchè all’invio alla Corte dei Conti conformemente alle previsioni dei commi 11 e 42.Dopo aver definito il contenuto degli incarichi, si ritiene opportuno evidenziare le differenze tra il comma 11 ed ilcomma 42, relativamente ala motivazione prescritta.Il comma 11 applicabile alle pubbliche amministrazioni, comprese le Regioni, dispone che il conferimento dell’incaricodeve essere adeguatamente motivato ed è ammissibile “soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nelle ipotesi dieventi straordinari”. Le università, gli enti di ricerca, e gli organismi equiparati, pur non essendo soggetti al limite dispesa stabilito dal comma 11, sono assoggettati alle altre disposizioni dello stesso comma, per quanto concerne gliincarichi di studio, di ricerca, di consulenza, conferiti in materie e per oggetti rientranti nella competenza della strutturaburocratica dell’ente.Il comma 42, riguardante le province ed i comuni, con popolazione superiore ad una data soglia (5.000 abitanti),stabilisce che il conferimento degli incarichi “deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenzadi strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi”. Ne consegue chel’affidamento dell’incarico deve essere preceduto quindi da un accertamento reale, che coinvolge la responsabilità deldirigente competente, sull’assenza di servizi o di professionalità, interne all’ente, che siano in grado di adempierel’incarico.Il comma 42 dispone inoltre che l’atto di conferimento deve essere sottoposto al’esame del collegio dei revisori deiconti, che valuterà, conformemente al disposto dell’art. 239 lettera b) T.U. 267/2000, la regolarità contabile, finanziariaed economica dell’atto, in riferimento all’osservanza del limite di spesa posto dalla Legge 311/2004.I commi 11 e 42 stabiliscono infine la trasmissione alla Corte dei Conti degli atti di conferimento degli incarichi eprevedono che l’affidamento dei medesimi, in violazione delle prescrizioni di legge “costituisce illecito disciplinare edetermina responsabilità erariale”. In tal senso si richiama una sentenza giurisprudenziale secondo la quale il dannoerariale deriva “dall’inutilità ed improduttività di una spesa destinata a finanziare l’espletamento di compiti e mansioniche, pur se agevolmente riconducibili all’ordinario assetto organizzatorio in cui si articola l’attività amministrativadell’unità operativa considerata, siano invece stati oggetto di attribuzione all’esterno, così disattendendo i principio dicarattere generale secondo il quale la Pubblica Amministrazione ha il dovere di rinvenire all’interno della propriastruttura organizzata, ed attraverso la ottimale utilizzazione delle risorse umane e strumentali di cui è dotata per ilperseguimento dei fini istituzionali, i mezzi necessari alla realizzazione degli stessi.” Pertanto il conferimento diincarico professionale ad un professionista, “terzo” rispetto al’Amministrazione, è legittimo “purchè tale scelta,annoverabile tra quelle discrezionali, e quindi informata ai principi di economicità e razionalità che sono propri diquelle, si riveli come “sussidiaria” rispetto alla regola della prioritaria utilizzazione del personale appartenenteall’Amministrazione”. (Sentenza n. 229/2004 del 16 settembre 2004- Sezione Giurisdizionale della Basilicata).La legge impone l’invio degli atti alla Corte Conti, senza altra specificazione lasciando quindi aperto l’interrogativo sedebbano essere inviati alle Procure Regionali o alle Sezioni Centrali e Regionali di controllo. Le Sezioni Riunite in sededi controllo hanno riconosciuto la competenza di queste ultime.(deliberazione n. 6/2005 del 15 febbraio 2005). Ilriconoscimento di una competenza siffatta in capo alle sezioni di controllo si evince dalla ratio delle disposizioni di cui ai commi 11 e 42 volta al contenimento della spesa nel settore degliincarichi: infatti l’accertamento degli equilibri finanziari delle amministrazioni pubbliche e della corretta gestionefinanziaria degli enti locali, non può che spettare alla sede del controllo.Qualora le sezioni di controllo, dovessero venire a conoscenza di ipotesi di illecito contabile, provvederanno allasegnalazione alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti secondo le indicazioni della Corte Costituzionale.(sentenza n. 29 del 12-27 gennaio 2005).

Da ultimo il disegno di Legge Finanziaria per il 2006, agli artt. 3, comma 2 e 13, commi 5 e 6, contiene ulterioridisposizioni finalizzate alla limitazione della spesa relativa agli incarichi di consulenza, confermando nello stesso tempoquanto previsto dalla Legge Finanziaria 2005 ovvero:

- la necessità di rispettare le ragioni del ricorso a tale istituto;- l’obbligo di acquisire il parere dei Revisori dei Conti;- il vincolo della trasmissione alla Corte dei conti.

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Legge 22 febbraio 2001 n. 36 (Gazzetta Ufficiale (G.Uff. nr. 55 del 07/03/01)Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;Il Presidente della Repubblica

Promulgala seguente legge:

Articolo 1. (Finalità della legge)1. La presente legge ha lo scopo di dettare i princìpi fondamentali diretti a:a) assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell’esposizione adeterminati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 dellaCostituzione [1];b) promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela daadottare in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, comma 2, del trattato istitutivo dell’UnioneEuropea [2];c) assicurare la tutela dell’ambiente e del paesaggio e promuovere l’innovazione tecnologica e le azioni di risanamentovolte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici secondo le miglioritecnologie disponibili2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si adeguano ai princìpi della presentelegge nel rispetto degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.Articolo 2. (Ambito di applicazione)1. La presente legge ha per oggetto gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle forze dipolizia, che possano comportare l’esposizione dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione a campi elettrici,magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz. In particolare, la presente legge si applicaagli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti fissi perradiodiffusione.2. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei casi di esposizione intenzionale per scopi diagnostici oterapeutici. Agli apparecchi ed ai dispositivi di uso domestico, individuale e lavorativo si applicano esclusivamente ledisposizioni di cui agli articoli 10 e 12 della presente legge.3. Nei riguardi delle Forze armate e delle Forze di polizia le norme della presente legge sono applicate tenendo contodelle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuati con il decreto di cui all'articolo 4, comma 2, letteraa).4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti aiservizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresìper le aree riservate od operative e per quelle che presentano analoghe esigenze individuate con il decreto di cui alcomma 3.Articolo 3. (Definizioni)1. Ai fini dell’applicazione della presente legge si assumono le seguenti definizioni:a) esposizione: è la condizione di una persona soggetta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti dicontatto, di origine artificiale;b) limite di esposizione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore diimmissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione diesposizione della popolazione e dei lavoratori per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a);c) valore di attenzione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore diimmissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenzeprolungate per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettere b) e c). Esso costituisce misura di cautela ai fini dellaprotezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei termini e nei modi previsti dalla legge;d) obiettivo di qualità sono:1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologiedisponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall'articolo 8;2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all'articolo4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva minimizzazione dell'esposizione ai campi medesimi;e) elettrodotto: è l’insieme delle linee elettriche, delle sottostazioni e delle cabine di trasformazione;f) esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici: è ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che, per laloro specifica attività lavorativa, sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici;g) esposizione della popolazione: è ogni tipo di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, adeccezione dell’esposizione di cui alla lettera f) e di quella intenzionale per scopi diagnostici o terapeutici;

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h) stazioni e sistemi o impianti radioelettrici: sono uno o più trasmettitori, nonchè ricevitori, o un insieme ditrasmettitori e ricevitori, ivi comprese le apparecchiature accessorie, necessari in una data postazione ad assicurare unservizio di radiodiffusione, radiocomunicazione o radioastronomia;i) impianto per telefonia mobile: è la stazione radio di terra del servizio di telefonia mobile, destinata al collegamentoradio dei terminali mobili con la rete del servizio di telefonia mobile;l) impianto fisso per radiodiffusione: è la stazione di terra per il servizio di radiodiffusione televisiva o radiofonica.Articolo 4. (Funzioni dello Stato)1. Lo Stato esercita le funzioni relative:a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità in quanto valori dicampo come definiti dal numero 2 della lettera d) dell’articolo 3,, in considerazione del preminente interesse nazionalealla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all’articolo 1;b) alla promozione di attività di ricerca e di sperimentazione tecnico-scientifica, nonché al coordinamento dell’attivitàdi raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati, informando annualmente il Parlamento su tale attività; in particolareil Ministro della sanità promuove, avvalendosi di istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, aventi comprovataesperienza nel campo scientifico, un programma pluriennale di ricerca epidemiologica e di cancerogenesi sperimentale,al fine di approfondire i rischi connessi all’esposizione a campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza;c) all’istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici edelle zone territoriali interessate al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente;d) alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento di cui all’articolo 9, comma 2, con particolareriferimento alle priorità di intervento, ai tempi di attuazione ed alle modalità di coordinamento delle attività riguardantipiù regioni nonché alle migliori tecnologie disponibili per quanto attiene alle implicazioni di carattere economico edimpiantistico;e) all’individuazione delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico;f) alla realizzazione di accordi di programma con gli con i gestori di elettrodotti ovvero con i proprietari degli stessi odelle reti di trasmissione o con coloro che ne abbiano comunque la disponibilità nonché con gli esercenti di impianti peremittenza radiotelevisiva e telefonia mobile, al fine di promuovere tecnologie e tecniche di costruzione degli impiantiche consentano di minimizzare le emissioni nell’ambiente e di tutelare il paesaggio;g) alla definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV;h) alla determinazione dei parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti; all’interno di tali fasce dirispetto non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad uso checomporti una permanenza non inferiore a quattro ore.2. I limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, le tecniche di misurazione e rilevamentodell’inquinamento elettromagnetico e i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti, di cui alcomma 1, lettere a), e) e h), sono stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:a) per la popolazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, diconcerto con il Ministro della sanità, sentito il Comitato di cui all’articolo 6, sentite le competenti Commissioniparlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, di seguito denominata "Conferenza unificata";b) per i lavoratori e le lavoratrici, ferme restando le disposizioni previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dellasanità, sentiti i Ministri dell’ambiente e del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato di cui all’articolo 6,sentite le competenti Commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Il medesimo decretodisciplina, altresì, il regime di sorveglianza medica sulle lavoratrici e sui lavoratori professionalmente esposti.3. Qualora entro il termine previsto dal comma 2 non siano state raggiunte le intese in sede di Conferenza unificata, ilPresidente del Consiglio dei ministri entro i trenta giorni successivi adotta i decreti di cui al comma 2, lettere a) e b).4. Alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento, ai sensi del comma 1, lettera d), si provvede,entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio deiministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, previo parere del Comitato di cui all’articolo 6 e della Conferenzaunificata.5. Le regioni adeguano la propria legislazione ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione, limitatamenteall’accezione di cui al numero 2), lettera d), dell’articolo 3 della presente legge e agli obiettivi di qualità previsti daidecreti di cui al comma 2 del presente articolo.6. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di lire 8.000 milioni per ciascuno per ciascuno deglianni 2001, 2002 e 2003 per le attività di cui al comma 1, lettera b), di lire 2.000 milioni annue a decorrere dall'anno2001per le attività di cui al comma 1, lettera c), e di lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003per larealizzazione degli accordi di programma di cui al comma 1, lettera f), nonché per gli ulteriori accordi di programma dicui agli articoli 12 e 13.Articolo 5. (Misure di tutela dell’ambiente e del paesaggio. Procedimento di autorizzazione alla costruzione eall’esercizio di elettrodotti)1. Al fine di tutelare l’ambiente e il paesaggio, con apposito regolamento adottato, entro centoventi giorni dalla data dientrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, edell’articolo 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, su proposta dei Ministri dei lavori

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pubblici e per i beni e le attività culturali, previo parere del Comitato di cui all’articolo 6 e sentite le competentiCommissioni parlamentari, sono adottate misure specifiche relative alle caratteristiche tecniche degli impianti e allalocalizzazione dei tracciati per la progettazione, la costruzione e la modifica di elettrodotti e di impianti per telefoniamobile e radiodiffusione. Con lo stesso regolamento vengono indicate le particolari misure atte ad evitare danni aivalori ambientali e paesaggistici e possono essere adottate ulteriori misure specifiche per la progettazione, lacostruzione e la modifica di elettrodotti nelle aree soggette a vincoli imposti da leggi statali o regionali, nonché dastrumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, a tutela degli interessi storici, artistici, architettonici, archeologici,paesaggistici e ambientali, fermo restando quanto disposto dal testo unico delle disposizioni legislative in materia dibeni culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e fermo restando il rispetto deipredetti vincoli e strumenti di pianificazione.2. Con il medesimo regolamento di cui al comma 1 sono adottate misure di contenimento del rischio elettrico degliimpianti di cui allo stesso comma 1, ed in particolare del rischio di elettrolocuzione e di collisione dell’avifauna.3. Con il medesimo regolamento di cui al comma 1 é definita una nuova disciplina dei procedimenti di autorizzazionealla costruzione e all’esercizio degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, in modo da assicurare il rispetto deiprincìpi della presente legge, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale.Tale disciplina si conforma inoltre ai seguenti criteri e princìpi:a) semplificazione dei procedimenti amministrativi;b) individuazione delle tipologie di infrastrutture a minore impatto ambientale, paesaggistico e sulla salute dei cittadini;c) concertazione con le regioni e gli enti locali interessati nell’ambito dei procedimenti amministrativi di definizione deitracciati;d) individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica e controllo;e) riordino delle procedure relative alle servitù di elettrodotto e ai relativi indennizzi.f) valutazione preventiva dei campi elettromagnetici preesistenti.4. Le norme, anche di legge, che disciplinano i procedimenti indicati al comma 3, individuate dal regolamento di cui almedesimo comma, sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.Articolo 6. (Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico)1. È istituito il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico, diseguito denominato "Comitato".2. Il Comitato é presieduto dal Ministro dell’ambiente o dal Sottosegretario all’ambiente delegato, ed é composto altresìdai Ministri, o dai Sottosegretari delegati, della sanità, dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, del lavoroe della previdenza sociale, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dei lavori pubblici,dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per i beni e le attività culturali, dei trasporti e della navigazione, dellecomunicazioni, della difesa e dell’interno.3. Il Comitato svolge le attività di cui agli articoli 4, comma 1, lettere b) ed f) , 12, comma 2, e 13.4. Il Comitato esprime i pareri di cui agli articoli 4, comma 2, lettere a) e b), 4, comma 4, 5, comma 1, e 12, comma 1.5. Il Comitato svolge funzioni di monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla presente legge e predispone unarelazione annuale al Parlamento sulla sua attuazione.6. Il Comitato si avvale del contributo, che viene reso a titolo gratuito, di enti, agenzie, istituti ed organismi, aventinatura pubblica e competenze specifiche nelle diverse materie di interesse della presente legge.7. Per l’istituzione e il funzionamento del Comitato è autorizzata la spesa massima di lire 1.000 milioni annue adecorrere dall’anno 2001.Articolo 7. (Catasto nazionale)1. Il catasto nazionale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), é costituito, entro 120 giorni dalla data di entrata invigore della presente legge, dal Ministro dell’ambiente, sentiti il Ministro della sanità ed il Ministro dell’industria, delcommercio e dell’artigianato, nell’ambito del sistema informativo e di monitoraggio di cui all’articolo 8 del decreto delPresidente della Repubblica 4 giugno 1997, n. 335. Il catasto nazionale opera in coordinamento con i catasti regionali dicui all’articolo 8, comma 1, lettera d). Le modalità di inserimento dei dati sono definite dal Ministro dell’ambiente, diconcerto con il Ministro delle comunicazioni, per quanto riguarda l’inserimento dei dati relativi a sorgenti fisseconnesse ad impianti, sistemi ed apparecchiature radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni, con il Ministro deilavori pubblici e con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per quanto riguarda l’inserimento deidati relativi agli elettrodotti, con il Ministro dei trasporti e della navigazione, per quanto riguarda l’inserimento dei datirelativi agli impianti di trasporto, e con i Ministri della difesa e dell’interno, per quanto riguarda l’inserimento dei datirelativi a sorgenti fisse connesse ad impianti, sistemi ed apparecchiature per usi militari e delle forze di polizia.Articolo 8. (Competenze delle regioni, delle province e dei comuni)1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi diqualità nonchè dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autoritàindipendenti:a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile,degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispettodel decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), e dei princìpi stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 5;b) la definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV, con la previsione di fasce dirispetto secondo i parametri fissati ai sensi dell’articolo 4 e dell’obbligo di segnalarle;

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c) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di cui al presente articolo, inconformità a criteri di semplificazione amministrativa, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici e elettromagneticipreesistenti;d) la realizzazione e la gestione, in coordinamento con il catasto nazionale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), diun catasto delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, al fine di rilevare i livelli dei campistessi nel territorio regionale, con riferimento alle condizioni di esposizione della popolazione;e) l’individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al numero 1)della lettera d) dell’articolo 3;f) il concorso all’approfondimento delle conoscenze scientifiche relative agli effetti per la salute, in particolare quelli alungo termine, derivanti dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, lettere a) e c), le regioni si attengono ai princìpi relativi alla tuteladella salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio.3. In caso di inadempienza delle regioni, si applica l’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.4. Le regioni, nelle materie di cui al comma 1, definiscono le competenze che spettano alle province ed ai comuni, nelrispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.5. Le attività di cui al comma 1, riguardanti aree interessate da installazioni militari o appartenenti ad altri organi delloStato con funzioni attinenti all’ordine e alla sicurezza pubblica, sono definite mediante specifici accordi dai comitatimisti paritetici di cui all’articolo 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898, e successive modificazioni.6. I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degliimpianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.Articolo 9. (Piani di risanamento)1. Entro dodici mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), la regione adotta, suproposta dei soggetti gestori e sentiti i Comuni interessati, un piano di risanamento al fine di adeguare, in modograduale, e comunque entro il termine di ventiquattro mesi, gli impianti radioelettrici già esistenti ai limiti diesposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della presente legge. Trascorsidodici mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), in caso di inerzia oinadempienza dei gestori, il piano di risanamento è adottato dalle regioni d’intesa con i comuni e gli enti interessatientro i successivi tre mesi. Il piano, la cui realizzazione è controllata dalle regioni, può prevedere anche ladelocalizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia, e degli impianti didiversa tipologia in siti idonei. Il risanamento é effettuato con onere a carico dei titolari degli impianti.2. Entro dodici mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all’articolo 4, comma 4, i gestori degli elettrodottipresentano una proposta di piano di risanamento, al fine di assicurare la tutela della salute e dell’ambiente. Il piano deveprevedere i progetti che si intendono attuare allo scopo di rispettare i limiti di esposizione e i valori di attenzione eraggiungere gli obiettivi di qualità stabiliti dal decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a). I proprietari di porzionidella rete di trasmissione nazionale o coloro che comunque ne abbiano la disponibilità sono tenuti a forniretempestivamente al gestore della rete di trasmissione nazionale, entro sei mesi dall’emanazione del decreto di cui alcomma 2, lettera a),dell’articolo 4, le proposte degli interventi di risanamento delle linee di competenze, nonché tutte leinformazioni necessarie ai fini della presentazione della proposta di piano di risanamento. Esso deve indicare ilprogramma cronologico di attuazione, adeguandosi alle priorità stabilite dal citato decreto, considerando comunquecome prioritarie le situazioni sottoposte a più elevati livelli di inquinamento elettromagnetico, in prossimità didestinazioni residenziali, scolastiche, sanitarie, o comunque di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore,con particolare riferimento alla tutela della popolazione infantile. Trascorsi dodici mesi dalla data di emanazione deldecreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a, in caso di inerzia o inadempienza dei gestori, il piano di risanamento dicui al primo periodo del comma 3 è proposto dalla regione entro i successivi tre mesi.3. Per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, la proposta di piano di risanamento é presentata al Ministerodell’ambiente. Il piano è approvato, con eventuali modifiche, integrazioni e prescrizioni, entro sessanta giorni, dalMinistro dell’ambiente, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e dei lavori pubblici,sentiti il Ministro della sanità e le regioni ed i comuni interessati. Per gli elettrodotti con tensione non superiore a 150kV, la proposta di piano di risanamento é presentata alla regione, che approva il piano, con eventuali modifiche,integrazioni e prescrizioni, entro sessanta giorni, sentiti i comuni interessati. Trascorsi dodici mesi dalla data diemanazione del decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a, in caso di inerzia o inadempienza dei gestori, il piano dirisanamento per gli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV è adottato dalla regione, nei termini di cui al terzoperiodo del presente comma.4. Il risanamento degli elettrodotti deve essere completato entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della presentelegge. Entro il 31 dicembre 2004 ed entro il 31 dicembre 2008, deve essere comunque completato il risanamento deglielettrodotti che non risultano conformi, rispettivamente, ai limiti di cui all’articolo 4 ed alle condizioni di cui all’articolo5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6maggio 1992, al fine dell’adeguamento ai limiti di esposizione ed ai valori di attenzione stabiliti ai sensi dell’articolo 4,comma 2, lettera a), della presente legge. Il risanamento é effettuato con onere a carico dei proprietari degli elettrodotti,come definiti ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, ai sensidell’articolo 2, comma 12, della legge 14 novembre 1995, n. 481, determina, entro sessanta giorni dall’approvazione del

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piano di risanamento, la valutazione dei costi strettamente connessi all’attuazione degli interventi di risanamentononché i criteri, le modalità e le condizioni per il loro eventuale recupero.5. Ai fini della concessione di contributi alle regioni per l’elaborazione dei piani di risanamento, la realizzazione deicatasti regionali e l’esercizio delle attività di controllo e di monitoraggio, é autorizzata la spesa massima di lire 2.000milioni annue a decorrere dall’anno 2001. Le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 15,versate all’entrata del bilancio dello Stato, sono riassegnate nella misura del 100 per cento, con decreto del Ministro deltesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposite unità previsionali di base dello stato di previsionedel Ministero dell’ambiente; tali somme sono destinate, sulla base di criteri determinati dalla Conferenza unificata, allaconcessione di contributi alle regioni, ad integrazione delle risorse ad esse assegnate ai sensi del primo periodo delpresente comma, ai fini dell’elaborazione dei piani di risanamento, della realizzazione dei catasti regionali edell’esercizio delle attività di controllo e di monitoraggio.6. Il mancato risanamento degli elettrodotti, delle stazioni e dei sistemi radioelettrici, degli impianti fissi per telefoniamobile e degli impianti per radiodiffusione, secondo le prescrizioni del piano, dovuto ad inerzia o inadempienza deiproprietari degli elettrodotti o di coloro che ne abbiano comunque la disponibilità, fermo restando quanto previstodall’articolo 15, comporta il mancato riconoscimento da parte del gestore della rete di trasmissione nazionale del canonedi utilizzo relativo alla linea non risanata e la disattivazione dei suddetti impianti per un periodo fino a sei mesi,garantendo comunque i diritti degli utenti all’erogazione del servizio di pubblica utilità. La disattivazione è disposta:a) con provvedimento del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio edell’artigianato, sentiti il Ministro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale nonché le regioni interessate, perquanto riguarda gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV;b) con provvedimento del presidente della giunta regionale per quanto riguarda gli elettrodotti con tensione inferiore a150 kV ed i sistemi radioelettrici, con esclusione degli impianti per telefonia mobile e per radiodiffusione e degliimpianti fissi per telefonia fissa nonché delle stazioni radioelettriche per trasmissione di dati, la cui disattivazione édisposta con provvedimento del Ministro delle comunicazioni che assicura l’uniforme applicazione della disciplina sulterritorio nazionale.7. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su ciascuna struttura di cui alle lettere e),h) ed l) del comma 1 dell’articolo 3 deve essere applicata una etichetta informativa ben visibile, riportante la tensioneprodotta, i valori di esposizione rintracciabili nella documentazione autorizzativa, i limiti di esposizione ed i valori diattenzione prescritti dalle leggi nazionali e regionali e le distanze di rispetto.Articolo 10. (Educazione ambientale)1. Il Ministro dell’ambiente di concerto con il Ministero della sanità, dell’università per la ricerca scientifica etecnologica e della pubblica istruzione promuove lo svolgimento di campagne di informazione e di educazioneambientale ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349. A tale fine è autorizzata la spesa di lire 2.000 milioni annue adecorrere dall’anno 2001.Articolo 11. (Partecipazione al procedimento amministrativo)1. Ai procedimenti di definizione dei tracciati degli elettrodotti, di cui agli articoli 4 e 8, nonché ai procedimenti diadozione e approvazione dei piani di risanamento di cui all’articolo 9, comma 2, si applicano le disposizioni di cui alcapo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sulla partecipazione al procedimentoamministrativo.Articolo 12. (Apparecchiature di uso domestico, individuale o lavorativo)1. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, previo parere del Comitato di cuiall’articolo 6, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite, entro centoventi giorni dalla data dientrata in vigore della presente legge, tenendo conto anche degli orientamenti e degli atti dell’Unione europea inmateria di inquinamento elettromagnetico, tutela dei consumatori e istruzioni per l’uso dei prodotti, le informazioni chei fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campielettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante appositeetichettature o schede informative. Le informazioni devono riguardare, in particolare, i livelli di esposizione prodottidall’apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l’esposizione al campo elettrico,magnetico ed elettromagnetico e le principali prescrizioni di sicurezza. Con lo stesso decreto sono individuate letipologie di apparecchi e dispositivi per i quali non vi è emissione di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, oper i quali tali emissioni sono da ritenersi così basse da non richiedere alcuna precauzione.2. Il Comitato di cui all’articolo 6 promuove la realizzazione di intese ed accordi di programma con le impreseproduttrici di apparecchiature di uso domestico, individuale o lavorativo, che producono campi elettrici, magnetici edelettromagnetici, al fine di favorire e sviluppare tecnologie che consentano di minimizzare le emissioni.Articolo 13. (Accordi di programma per i servizi di trasporto pubblico)1. Il Ministro dell’ambiente, su proposta del Comitato di cui all’articolo 6, promuove la realizzazione di intese edaccordi di programma con i gestori di servizi di trasporto pubblico che producono campi elettrici, magnetici edelettromagnetici, al fine di favorire e sviluppare tecnologie che consentano di minimizzare le emissioni.Articolo 14. (Controlli)1. Le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria eambientale per l’attuazione della presente legge, utilizzano le strutture delle Agenzie regionali per la protezionedell’ambiente, di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio

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1994, n. 61. Restano ferme le competenze in materia di vigilanza nei luoghi di lavoro attribuite dalle disposizionivigenti.2. Nelle regioni in cui le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente non sono ancora operanti, ai fini di cui alcomma 1, le amministrazioni provinciali e comunali si avvalgono del supporto tecnico dell’Agenzia nazionale per laprotezione dell’ambiente, dei presidi multizonali di prevenzione (PMP), dell’Istituto superiore per la prevenzione e lasicurezza sul lavoro (ISPESL) e degli ispettori territoriali del Ministero delle comunicazioni, nel rispetto dellespecifiche competenze attribuite dalle disposizioni vigenti.3. Il controllo all’interno degli impianti fissi o mobili destinati alle attività istituzionali delle forze armate e delle forzedi polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco è disciplinato dalla specifica normativa di settore.4. Il personale incaricato dei controlli, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo, può accedere agliimpianti che costituiscono fonte di emissioni elettromagnetiche e richiedere, in conformità alle disposizioni della legge7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, i dati, le informazioni e i documenti necessari per l’espletamentodelle proprie funzioni. Tale personale è munito di documento di riconoscimento dell’ente di appartenenza. Resta fermo,in particolare, quanto previsto per le forze armate e di polizia dagli articoli 1, comma 2, e 23, comma 4, del decretolegislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.Articolo 15. (Sanzioni)1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente o di un impianto che generacampi elettrici, magnetici ed elettromagnetici superi i limiti di esposizione ed i valori di attenzione di cui ai decreti delPresidente del Consiglio dei ministri previsti dall’articolo 4, comma 2 e ai decreti previsti dall'articolo 16, è punito conla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2 milioni a lire 600 milioni. La predetta sanzione siapplica anche nei confronti di chi ha in corso di attuazione piani di risanamento, qualora non rispetti i limiti ed i tempiivi previsti.2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle misure di tutela di cui all’articolo 5, comma 1, è punita con lasanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2 milioni a lire 200 milioni. In caso di recidiva la sanzioneè raddoppiata.3. Salvo che il fatto costituisca reato, le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate dalle autorità competenti, sulla basedegli accertamenti effettuati dalle autorità abilitate ai controlli ai sensi dell’articolo 14. Le autorità competentiall’irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono individuate dai decreti di cui all’articolo 4, comma 2.4. In caso di inosservanza delle prescrizioni previste, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute, dall’autorizzazione,dalla concessione o dalla licenza per l’installazione e l’esercizio degli impianti disciplinati dalla presente legge, siapplica la sanzione della sospensione degli atti autorizzatori suddetti, da due a quattro mesi. In caso di nuova infrazionel’atto autorizzatorio è revocato.5. La sanzione di cui al comma 4 è applicata dall’autorità competente in base alle vigenti disposizioni a rilasciare l’attoautorizzatorio, sulla base degli accertamenti effettuati dalle autorità abilitate ai controlli.6. L’inosservanza del decreto di cui all’articolo 12 comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento diuna somma compresa fra lire 2 milioni e lire 600 milioni.7. In riferimento alle sanzioni previste nel presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cuiall’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.Articolo 16. (Regime transitorio)1. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 4, comma 2,lettera a), si applicano, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni del decreto del Presidente delConsiglio dei ministri 23 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 1992, e successivemodificazioni, le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 settembre 1995, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale n. 232 del 4 ottobre 1995, nonché le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 10 settembre1998, n. 381.Articolo 17. (Copertura finanziaria)1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, pari a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 2001, 2002e 2003 si provvede:a) quanto a lire 7.000 milioni a decorrere dall’anno 2001, mediante utilizzo delle proiezioni, per detti anni, dellostanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’ambito dell’unità previsionale di base di partecorrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazioneeconomica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente;b) quanto a lire 13.000 milioni per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003, mediante utilizzo delle proiezioni, per dettianni, dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’ambito dell’unità previsionale di base diconto capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazioneeconomica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente.2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti,le occorrenti variazioni di bilancio.La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi dellaRepubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.N O T E:

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Avvertenza:Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dell'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10,comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidentedella Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati ilvalore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.Note all'art. 1:

• L'art. 32 della Costituzione e' il seguente:"Art. 32. - La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita',e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitariose non per disposizione di legge. La legge non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto dellapersona umana".

• Il paragrafo 2 dell'art. 174 del trattato istitutivo dell'Unione europea e' il seguente:"2. La politica della Comunita' in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto delladiversita' delle situazioni nelle varie regioni della Comunita'. Essa e' fondata sui principi della precauzione edell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente,nonche' sul principio "chi inquina paga".In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano,nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motiviambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo".

Note all'art. 4:• L'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e' il seguente:

"Art. 8 (Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e Conferenza unificata). - 1. La Conferenza Stato-citta' edautonomie locali e' unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, deicomuni e delle comunita' montane, con la Conferenza Stato-regioni.2. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, persua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresi' il Ministro deltesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavoripubblici, il Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, ilpresidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed entimontani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provinciadesignati dall'UPI.

Note all'art. 5:• L'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e' il seguente:

"2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito ilConsiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta dilegge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta'regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongonol'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari".

• L'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e' il seguente:"2. Sono conservate, inoltre, allo Stato le funzioni amministrative concernenti:a)-f) (omissis);g) la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MWtermici, salvo quelli che producono energia da fonti rinnovabili di energia e da rifiuti ai sensi del decretolegislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonche' le reti per il trasporto con tensione superiore a 150 KV,l'emanazione di norme tecniche relative alla realizzazione di elettrodotti, il rilascio delle concessioni perl'esercizio delle attivita' elettriche, di competenza statale, le altre reti di interesse nazionale di oleodotti egasdotti".

• Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, reca:"Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'art. 1 dellalegge 8 ottobre 1997, n. 352".Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le citta' individuate dall'art. 17 della legge 8giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti diamministrazioni statali, locali o di enti pubblici.3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casiil presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI odell'UNCEM.4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e' convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri.Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affariregionali o, se tale incarico non e' conferito, dal Ministro dell'interno".

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• Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e'pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 1994.

Nota all'art. 7:• L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1997, n. 335, e' il seguente:

"Art. 8 (Sistema informativo e di monitoraggio ambientale). - 1. Le iniziative adottate in attuazione dell'art. 18,comma 1, lettera e), della legge 11 marzo 1988, n. 67, relative al sistema informativo e di monitoraggioambientale (SINA) e le relative dotazioni tecniche sono trasferite all'ANPA ai sensi dell'art. 1-bis, comma 4,del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.2. Per la ricognizione delle iniziative attuate, o in corso di attuazione, nell'ambito del sistema di cui al comma 1e delle relative dotazioni tecniche da trasferire all'ANPA, il Ministro dell'ambiente entro sessanta giorni dalladata di entrata in vigore del presente regolamento adotta un decreto che individui:a) le iniziative gia' realizzate dal Ministero dell'ambiente, con le relative dotazioni tecniche;b) le iniziative, con le relative dotazioni tecniche, comunque finalizzate al completamento, potenziamento oimplementazione del sistema informativo e di monitoraggio ambientale, ancora in corso di realizzazione operfezionamento in forza di contratti, convenzioni, accordi e provvedimenti stipulati od adottati dal Ministerodell'ambiente;c) le risorse finanziarie, finalizzate alla realizzazione, potenziamento, implementazione o gestione del SINA damettere a disposizione dell'ANPA;d) le iniziative delle regioni e province autonome per il completamento e potenziamento del sistemainformativo e di monitoraggio ambientale finanziate dal Ministero dell'ambiente, i cui fondi sono conservatisullo stato di previsione della spesa dello stesso Ministero in attesa del loro trasferimento ai soggetti titolaridegli interventi ai sensi della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 21dicembre 1993, e successive modificazioni ed integrazioni.3. Con il decreto di cui al comma 2 sono altresi' definite, previa verifica funzionale con l'ANPA, le modalita'tecnico-amministrative per il trasferimento e la ricollocazione logistica presso l'ANPA delle iniziative e delledotazioni tecniche di cui al comma 2, lettere a) e b), e dei finanziamenti di cui alla lettera c), al fine di garantireuna tempestiva ripresa della operativita' del sistema trasferito, che tenga conto della realta' informatica presentepresso la stessa Agenzia e delle esigenze funzionali proprie del Ministero dell'ambiente, nonche' le modalita' digestione per il periodo di transizione. Con lo stesso decreto sono definite, inoltre, le modalita' dicoordinamento delle iniziative di cui al comma 2, lettera d), necessarie a garantire il collegamento funzionalecon il SINA a livello nazionale, al fine di consentire il mantenimento coerente dei flussi informativi tra isoggetti titolari delle iniziative stesse e l'ANPA.4. Tale decreto e' sottoposto alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provinceautonome per gli aspetti attinenti ai sistemi informativi e di monitoraggio ambientale delle regioni e provinceautonome, promossi e coordinati nell'ambito del SINA e ai relativi finanziamenti.5. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche' gli enti pubblici, territoriali elocali e le societa' per azioni operanti in regime di concessione esclusiva, che comunque raccolgano dati nelsettore ambientale, li trasmettono all'ANPA, secondo le specifiche fornite dall'ANPA stessa in relazione al tipodi informazioni, nonche' alle modalita' ed alle frequenze con cui effettuare gli scambi.6. Le specifiche possono in particolare riguardare la struttura dei dati, la frequenza di trasmissione, il supportodi trasmissione, di norma tramite rete informatica.7. L'integrazione con i dati ambientali riguardanti il sistema delle imprese avviene secondo le modalita'stabilite nell'accordo di programma con l'Unioncamere di cui all'art. 1, comma 6, del decreto-legge 4 dicembre1993, n. 496, convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 1994, n. 61.8. Tali attivita' sono svolte in collaborazione con le agenzie regionali e delle province autonome, ancheattraverso gli strumenti previsti dall'art. 10, comma 4. Gli schemi delle specifiche tecniche, comprensive deilivelli di aggregazione e di elaborazione dei dati, sono approvati dal Ministro dell'ambiente, sentita laconferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.9. Sulla base del decreto di cui ai commi 2 e 3, l'ANPA provvede ad elaborare un programma di attivita' chetenga altresi' conto delle iniziative adottate a livello nazionale e locale relative a sistemi informativi di interesseambientale per lo sviluppo coordinato e l'evoluzione del sistema informativo ambientale. Tale programma e'inoltrato al Ministero dell'ambiente, perche' venga sottoposto all'esame della Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome per la relativa intesa".

Note all'art. 8:• La legge 31 luglio 1997, n. 249, recante:

"Istituzione dell'Autorita' per le garanzie nelle telecomunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni eradiotelevisivo" e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 1997.

• Si riporta il testo dell'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112:"Art. 5 (Poteri sostitutivi). - 1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali,

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in caso di accertata inattivita' che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza allaUnione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri,su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine perprovvedere.2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina uncommissario che provvede in via sostitutiva.3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri puo'adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concertocon il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed e'immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni ele province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni" e allaConferenza Stato-citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunita' montane, che ne possonochiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'art. 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente".

• L'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898, e' il seguente:"Art. 3. - In ciascuna regione e' costituito un comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l'esame,anche con proposte alternative della regione e dell'autorita' militare, dei problemi connessi all'armonizzazionetra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della regione e delle aree subregionali ed iprogrammi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni.Nel Trentino-Alto Adige il comitato regionale e' sostituito da due comitati provinciali, rispettivamente per laprovincia di Trento e per quella di Bolzano.Conseguentemente l'indicazione della regione, del consiglio regionale e del presidente della giunta regionale siintende, per il Trentino-Alto Adige, riferita alla provincia, al consiglio provinciale e al presidente della giuntaprovinciale.Qualora esigenze di segreto militare non consentano un approfondito esame, il presidente della giuntaregionale puo' chiedere al-l'autorita' competente di autorizzare la comunicazione delle notizie necessarie.Il comitato e' altresi consultato semestralmente su tutti i programmi delle esercitazioni a fuoco di reparto o diunita', per la definizione delle localita', degli spazi aerei e marittimi regionali, del tempo e delle modalita' disvolgimento, nonche' sull'impiego dei poligoni della regione. Qualora la maggioranza dei membri designatidalla regione si esprima in senso contrario, sui programmi di attivita' addestrative decide in via definitiva ilMinistro della difesa.Ciascun comitato, sentiti gli enti locali e gli altri organismi interessati, definisce le zone idonee allaconcentrazione delle esercitazioni di tiro a fuoco nella regione per la costituzione di poligoni, utilizzandoprioritariamente, ove possibile, aree demaniali.Una volta costituite tali aree militari, le esercitazioni di tiro a fuoco dovranno di massima svolgersi entro learee stesse. Per le aree addestrative, terrestri, marittime ed aeree, sia provvisorie che permanenti, si stipulanodisciplinari d'uso fra l'autorita' militare e la regione interessata. In caso di mancato accordo il progetto didisciplinare e' rimesso al Ministro della difesa che decide sentiti il presidente della giunta regionale e ilpresidente del comitato misto paritetico competenti.Il comitato e' formato da cinque rappresentanti del Ministero della difesa, da un rappresentante del Ministerodel tesoro, da un rappresentante del Ministero delle finanze, designati dai rispettivi Ministri e da setterappresentanti della regione nominati dal presidente della giunta regionale, su designazione, con voto limitato,del consiglio regionale.Per ogni membro e' nominato un supplente.Il comitato si riunisce a richiesta del comandante militare territoriale di regione o del comandante in capo didipartimento militare marittimo o del comandante di regione aerea o del presidente della regione; presiedel'ufficiale generale o ammiraglio piu' elevato in grado o piu' anziano; funge da segretario l'ufficiale menoelevato in grado o meno anziano.Delle riunioni del comitato e' redatto verbale che conterra' le eventuali proposte di membri discordantisull'insieme della questione trattata o su singoli punti di essa.Le definitive decisioni sui programmi di installazioni militari e relative limitazioni di cui al primo comma sonoriservate al Ministro per la difesa. La regione interessata puo' richiedere al Presidente del Consiglio deiMinistri, entro quindici giorni dalla pubblicazione o comunicazione della decisione ministeriale, che laquestione sia sottoposta a riesame da parte del consiglio dei Ministri.Il Presidente del Consiglio dei Ministri puo', in casi particolari, disporre che i provvedimenti di limitazionedella proprieta' siano sospesi sino alla decisione del Consiglio dei Ministri. Il consiglio dei Ministri sipronuncia sulle richieste di riesame entro novanta giorni.Alla riunione del Consiglio dei Ministri e' invitato il presidente della giunta regionale interessata".

Note all'art. 9:• L'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

n. 104 del 6 maggio 1992 e' il seguente:

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"Art. 4 (Limiti di esposizione e criteri di applicazione). - Sono definiti i seguenti limiti:5 kV/m e 0,1 mT, rispettivamente per l'intensita' di campo elettrico e di induzione magnetica, in aree oambienti in cui si possa ragionevolmente attendere che individui della popolazione trascorrano una partesignificativa della giornata;10 kV/m e 1 mT, rispettivamente per l'intensita' di campo elettrico e di induzione magnetica, nel caso in cuil'esposizione sia ragionevolmente limitata a poche ore al giorno.I valori di campo elettrico sono riferiti al campo elettrico imperturbato, intendendosi per tale un campoelettrico misurabile in un punto in assenza di persone, animali e cose non fisse".

• - Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 recante:"Attuazione della direttiva 96/1992/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'ernergia elettrica" e'pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 1999.

• L'art. 2, comma 12, delle legge 14 novembre 1995, n. 481, e' il seguente:"12. Ciascuna autorita' nel perseguire le finalita' di cui all'art. 1 svolge le seguenti funzioni:a) formula osservazioni e proposte da trasmettere al Governo e al Parlamento sui servizi da assoggettare aregime di concessione o di autorizzazione e sulle relative forme di mercato, nei limiti delle leggi esistenti,proponendo al Governo le modifiche normative e regolamentari necessarie in relazione alle dinamichetecnologiche, alle condizioni di mercato ed all'evoluzione delle normative comunitarie;b) propone i Ministri competenti gli schemi per il rinnovo nonche' per eventuali variazioni dei singoli atti diconcessione o di autorizzazione, delle convenzioni e dei contratti di programma;c) controlla che le condizioni e le modalita' di accesso per i soggetti esercenti i servizi, comunque stabilite,siano attuate nel rispetto dei principi della concorrenza e della trasparenza, anche in riferimento alle singolevoci di costo, anche al fine di prevedere l'obbligo di prestare il servizio in condizioni di eguaglianza, in modoche tutte le ragionevoli esigenze degli utenti siano soddisfatte, ivi comprese quelle degli anziani e dei disabili,garantendo altresi' il rispetto: dell'ambiente, la sicurezza degli impianti e la salute degli addetti;d) propone la modifica delle clausole delle concessioni e delle convenzioni, ivi comprese quelle relativeall'esercizio in esclusiva, delle autorizzazioni, dei contratti di programma in essere e delle condizioni disvolgimento dei servizi, ove cio' sia richiesto dall'andamento del mercato o dalle ragionevoli esigenze degliutenti, definendo altresi' le condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione alle reti, oveprevisti dalla normativa vigente;e) stabilisce e aggiorna, in relazione all'andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi diriferimento per determinare le tariffe di cui ai commi 17, 18 e 19, nonche' le modalita' per il recupero dei costieventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualita', l'efficienza del servizio el'adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonche' la realizzazione degli obiettivi generali dicarattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse di cui al comma 1 dell'art. 1, tenendoseparato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio; verifica la conformita' ai criteri di cui alla presentelettera delle proposte di aggiornamento delle tariffe annualmente presentate e si pronuncia, sentitieventualmente i soggetti esercenti il servizio, entro novanta giorni dal ricevimento della proposta; qualora lapronuncia non intervenga entro tale termine, le tariffe si intendono verificate positivamente;f) emana le direttive per la separazione contabile e amministrativa e verifica i costi delle singole prestazioni perassicurare, tra l'altro, la loro corretta disaggregazione e imputazione per funzione svolta, per area geografica eper categoria di utenza evidenziando separatamente gli oneri conseguenti alla fornitura del servizio universaledefinito dalla convenzione, provvedendo quindi al confronto tra essi e i costi analoghi in altri Paesi,assicurando la pubblicizzazione dei dati;g) controlla lo svolgimento dei servizi con poteri di ispezione, di accesso, di acquisizione delladocumentazione e delle notizie utili, determinando altresi' i casi di indennizzo automatico da parte del soggettoesercente il servizio nei confronti dell'utente ove il medesimo soggetto non rispetti le clausole contrattuali oeroghi il servizio con livelli qualitativi inferiori a quelli stabiliti nel regolamento di servizio di cui al comma37, nel contratto di programma ovvero ai sensi della lettera h);h) emana le direttive concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti iservizi medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualita' riferiti al complesso delle prestazioni e ilivelli specifici di qualita' riferiti alla singola prestazione da garantire all'utente, sentiti i soggetti esercenti ilservizio e i rappresentanti degli utenti e dei consumatori, eventualmente differenziandoli per settore e tipo diprestazione; tali determinazioni producono gli effetti di cui al comma 37;i) assicura la piu' ampia pubblicita' delle condizioni dei servizi; studia l'evoluzione del settore e dei singoliservizi, anche per modificare condizioni tecniche, giuridiche ed economiche relative allo svolgimento oall'erogazione dei medesimi; promuove iniziative volte a migliorare le modalita' di erogazione dei servizi;presenta annualmente al Parlamento e al Presidente del Consiglio del Ministri una relazione sullo stato deiservizi e sull'attivita' svolta;l) pubblicizza e diffonde la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi al fine di garantire lamassima trasparenza, la concorrenzialita' dell'offerta e la possibilita' di migliori scelte da parte degli utentiintermedi o finali;

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m) valuta reclami, istanze e segnalazioni presentate dagli utenti o dai consumatori, singoli o associati, in ordineal rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio nei confronti dei qualiinterviene imponendo, ove opportuno, modifiche alle modalita' di esercizio degli stessi ovvero procedendo allarevisione del regolamento di servizio di cui al comma 37;n) verifica la congruita' delle misure adottate dai soggetti esercenti il servizio al fine di assicurare la parita' ditrattamento tra gli utenti, garantire la continuita' della prestazione dei servizi, verificare periodicamente laqualita' e l'efficacia delle prestazioni all'uopo acquisendo anche la valutazione degli utenti, garantire ogniinformazione circa le modalita' di prestazione dei servizi e i relativi livelli qualitativi, consentire a utenti econsumatori il piu' agevole accesso agli uffici aperti al pubblico, ridurre il numero degli adempimenti richiestiagli utenti semplificando le procedure per l'erogazione del servizio, assicurare la sollecita risposta a reclami,istanze e segnalazioni nel rispetto dei livelli qualitativi e tariffari;o) propone al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione per i casi in cui taliprovvedimenti siano consentiti dall'ordinamento;p) controlla che ciascun soggetto esercente il servizio adotti, in base alla direttiva sui principi dell'erogazionedei servizi pubblici del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, pubblicata nella GazzettaUfficiale n. 43 del 22 febbraio 1994, una carta di servizio pubblico con indicazione di standards dei singoliservizi e ne verifica il rispetto".

Nota all'art: 11:• Il capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, reca:

"Partecipazione al procedimento amministrativo".Note all'art. 14:

• La legge 21 gennaio 1994, n. 61, recante:"Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'agenzia nazionale per laprotezione dell'ambiente" e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 1994.

• L'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e' il seguente:"2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito dellestrutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi concompiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di istruzione universitaria,degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei edelle aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasportoaerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenzeconnesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri dellavoro e della previdenza sociale, della sanita' e della funzione pubblica".

• L'art. 23, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e' il seguente:"4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizionivigenti agli uffici di sanita' aerea e marittima ed alle autorita' marittime, portuali ed aeroportuali, per quantoriguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed aiservizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di Polizia; i predetti servizi sono competentialtresi' per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, ancheper quel che riguarda le modalita' di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministridel lavoro e della previdenza sociale e della sanita'.L'amministrazione della giustizia puo' avvalersi dei servizi, istituiti per le Forze armate e di Polizia, anchemediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei, servizi istituiti con riferimento alle strutturepenitenziarie".

Nota all'art. 15:• Si riporta il testo dell'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale):

"Art. 16 (Pagamento in misura ridotta). - E' ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari allaterza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se piu' favorevole e qualora siastabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese delprocedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi e' stata,dalla notificazione degli estremi della violazione.Nei casi di violazione dei regolamenti comunali e provinciali continua ad applicarsi l'art. 107 del testo unicodelle leggi comunali e provinciali approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383.Il pagamento in misura ridotta e' ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore dellapresente legge non consentivano l'oblazione".