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1 INDICE DEGLI ARGOMENTI IL DIALOGO NEI RACCONTI GIALLI LA SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA IL LINGUAGGIO DELL AMODA NELLA SCRITTURA CARATTERISTICHE DEL GENERE ROSA LA TIPOLOGIA DEI VISI NELLA DESCRIZIONE NARRATIVA LE VARIE SFACCETTAURE DEL ROMANZO FANTASTICO IL ROMANZO STORICOERRORI COMUNI DA EVITARE NELLA SCRITTURA COME SUPERARE LA PROVA SCRITTA DI UN CONCORSO COME SCRIVERE UNA TESI COMPILATIVA COM’ E’ NATA LA GRAMMATICA ITALIANA

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INDICE DEGLI ARGOMENTI

IL DIALOGO NEI RACCONTI GIALLI

LA SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA

IL LINGUAGGIO DELL AMODA NELLA SCRITTURA

CARATTERISTICHE DEL GENERE ROSA

LA TIPOLOGIA DEI VISI NELLA DESCRIZIONE NARRATIVA

LE VARIE SFACCETTAURE DEL ROMANZO FANTASTICO

IL ROMANZO STORICOERRORI COMUNI DA EVITARE NELLA SCRITTURA

COME SUPERARE LA PROVA SCRITTA DI UN CONCORSO

COME SCRIVERE UNA TESI COMPILATIVA

COM’ E’ NATA LA GRAMMATICA ITALIANA

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LESSICO GIALLO

Ecco alcuni termini che possono definirsi i protagonisti del genere giallo:

ASSASSINO: è un termine di origine araba. Deriva, infatti, da hassasin che significa fumatori di ashish, nome

dei seguaci del Veglio della Montagna, capo politico religioso della setta musulmana degli Assassini sorta in

Persia nel XII e XIII sec. I membri di tale setta erano noti per crudeltà delle loro azioni terroristiche compiute

sotto l’effetto della droga, dell’hashish (sostanza stupefacente che si ricava dalla canapa indiana e che può

essere fumata o masticata).

ALIBI: è un termine di origine latina. deriva, infatti, da alibi che significa “in altro luogo ” altrove. Di qui il

significato italiano di “prova della propria estraneità a un reato, consistente nel dimostrare che al momento

in cui veniva commesso ci si trovava altrove.

DETECTIVE: è termine inglese, riduzione di detective policeman, poliziotto che scopre, che deriva dal latino

detergere che significa scoprire. Secondo il Dizionario Etimologico Italiano (DEI) il termine dective è venuto

di moda con i romanzi polizieschi, ma più probabilmente è diffuso (già dalla fine dell’Ottocento quando i

romanzi polizieschi non erano di moda in Italia) attraverso la cronaca nera dei giornali. L’equivalente di

dective, in italiano, è investigatore termine che deriva dal latino investigare che significa seguire le orme, le

tracce.

IL DIALOGO NEI RACCONTI GIALLI

Il dialogo nei racconti gialli , è fondamentale e frequente. Spesso si tratta di un dialogo breve. Come evitare allora di ripetere sempre la parola “disse?” ecco alcune variazioni. Aggiunse, annuì, annunciò, ammise, alluse, ansimò, argomentò. Balbettò, borbottò. Concluse, comunicò, chiese, commentò, confessò, Dichiarò, domandò, dedusse Esplose, esordì, esclamò Gridò Interruppe, intervenne, insorse,intimò, ironizzò, insistette insinuò, illustrò Mormorò, mentì, mugugnò. Negò Obiettò, ordinò. Piagnucolò, pregò, protestò, precisò. Rispose, replicò, ribadì, ribatté, rimproverò. Sussurrò, sibilò, sollecitò, sbottò, spiegò. Troncò, tuonò, tentenno Urlò. (da L. Calcerano e G. Fiori, Uno studio in giallo, La Nuova Italia, Firenze, 1989)

LA SUSPENSE

In alcuni tipi di narrazione come l’avventura, l’horror, la fantascienza, il giallo , è importante creare situazioni in cui il lettore rimanga con il fiato sospeso, in cui la sua curiosità di sapere come procede la storia si trasformi via via in ansiosa incertezza, tensione, quasi paura. A questo punto gli autori ricorrono alla suspense utilizzando tecniche diverse. A volte la situazione normale di una storia viene interrotta da un colpo di scena a cui si susseguono dettagli inquietanti, ritmi incalzanti bruscamente interrotti da pause descrittive che ‘dilatano’ il tempo e aumentano l’attesa e l’angoscia, esclamazioni concitate. Quando la carica emotiva creata dalla suspense raggiunge il climax, il suo culmine, la suspense viene interrotta per dare al lettore la possibilità di riprendere fiato. Dopodiché la vicenda può concludersi, ristabilendo un equilibrio narrativo o ripartire con una nuova situazione

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di suspense. La narrazione procede sempre per segmenti, per creare una buona situazione di suspense occorre saper gestire bene le sequenze narrative, avere ben presente il quadro completo della scena e l’importanza che le si attribuisce. Soffermiamo inoltre la nostra attenzione sul concetto di ‘compensazione informativa’: alla formulazione di una domanda iniziale capace di incentivare una lettura emozionale e di cui non si dà risposta, interviene, per compensazione, l’introduzione di una risorsa informativa che serva a distrarre dall’attesa e creare un’apparente gratificazione. Tutto questo deposito informativo deve disseminarsi su una struttura temporale che permetta, da una parte, il configurarsi di un ‘tempo dell’imminenza’ per cui l’azione principale sembri sempre sul punto di risolversi, e dall’altra, creare un effetto di dilatazione temporale capace di prolungare la conclusione e frantumare il tempo narrativo in una serie crescente di ‘tempi di tensione’ che allontanino costantemente lo scioglimento finale della situazione.

un ottimo esercizio per riuscire a creare suspense è quello di leggere brani narrativi dei generi citati (che preferibilmente utilizzano questa tecnica narrativa, ma non è loro prerogativa esclusiva) e cercare di individuare la suspense, isolando le sequenze narrative che rompono un equilibrio narrativo. Suggerisco a tal fine di prestare attenzione ai pensieri concitati dei protagonisti, alla dilatazione del tempo narrativo, alla descrizione dettagliata, alla tendenza ad isolare alcune parole con la tecnica dell “a capo”.

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SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA

A volte capita in età adulta di sentire il bisogno di parlare di sé in maniera più dettagliata, di raccontare la storia della propria vita. Questa è prima di tutto un’ esigenza personale che nasce dal desiderio di fare un po’ d’ordine dentro di sé e per cercare di capirsi meglio, capire il presente che si vive perché è il risultato di quello che siamo stati, di chi abbiamo amato, di quello che abbiamo fatto e vissuto e incontrato, sofferto. Nasce il pensiero autobiografico che si trasforma in scrittura autobiografica: nell’esaltante passione di lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto. Esso richiede metodo, coraggio, impegno ma procura al contempo un grande benessere. Nel momento in cui questo pensiero assume i caratteri di un progetto narrativo, quando intende essere un diario retrospettivo, storia di vita e suo romanzo, ridà senso alla vita stessa, la passione avvertita per il proprio passato si trasforma in passione di vita ulteriore, poiché la vita passata a cui guardiamo assume contemporaneamente la forma di una lontananza- rappresentiamo noi stessi come un personaggio, un altro da noi- e un ricongiungimento, una riappacificazione, un’accettazione col passato. In maniera molto semplice suggerisco una serie di procedimenti pratici a cui si può fare riferimento per cominciare a costruire la ‘sintassi’ della nostra vita passata, avendo presente la chiarezza architettonica dell’impianto. Prima di tutto stilate la pagina dei ricordi che sarà il canovaccio di base da cui partire per il loro ampliamento. - La pagina dei personaggi-chiave della mia vita - la pagina degli oggetti (giochi, abiti, collezioni ecc) - la pagina degli ‘interni’ fondamentali -luoghi chiusi- (case, stanze, cortili, androni, ecc) -la pagina dei paesaggi aperti (mare, campagna, montagna ecc) -la pagina delle sensazioni più antiche (suoni, odori, sapori ecc) - la pagina delle scene ( i quadri viventi, i gruppi di famiglia) -la pagina dei compagni di gioco o di scuola - la pagina degli amori Ovviamente l’elenco delle pagine può continuare a piacere perché il pensiero autobiografico non solo riordina i contenuti, ma costruisce i contenitori, li costruisce a seconda anche della propria sensibilità ed esigenza, a seconda della propria esperienza di vita, ad esempio si può continuare con la pagina dei viaggi, dei dolori più forti, delle esperienze di lavoro, ecc. Ovviamente questo elenco di cose saranno ricaricate dai nessi, dai motori dei sentimenti che le hanno collegate, animate, che le hanno rese importanti per noi, altrimenti sarebbe un elenco muto ed inerte. Questo è il primo passo da compiere per organizzare la propria sintassi narrativa, sarà quindi il caso di procedere poi all’organizzazione temporale di questi contenuti. Nel caso di un’autobiografia il tempo che pare logico rispettare è quello diacronico, sebbene alcuni episodi e momenti della vita siano più significativi di altri e quindi anche nella narrazione assumono una rilevanza diversa. Si può elaborare quindi una tabella in cui da una parte si elencano i nomi dei ‘ contenitori’ scelti ad esempio: pagina degli oggetti, dei luoghi ecc, dall’altra si inseriscono le macrosequenze temporali diacroniche della propria vita ad esempio: prima infanzia, adolescenza, giovinezza ecc. Alcune regole essenziali nella scrittura dell’autobiografia per non contravvenire al genere sono queste: il testo scritto deve presentarsi come un racconto, la visione della vita deve essere introspettiva e retrospettiva, il protagonista del racconto è una vita individuale nella sua evoluzione, nelle sue connessioni con eventi sociali, storici e pubblici. Il racconto dovrà essere in prima persona e si giustifica per l’assetto evolutivo della storia personale: dovrà esserci un prima e un dopo un antefatto e un finale inframmezzati da vicende, vicessitudini, peregrinazioni; la visione dovrà esprimersi attraverso ricordi, note psicologiche, evocazioni. Si possono utilizzare una serie di procedure narrative scelte a piacimento: anticipazioni, flashback, periodi riassuntivi, salti cronologici ecc. Il personaggio chiave resta sempre e comunque colui che scrive che si confronta con le domande essenziali “chi sono?”, “chi sono stato?”.

Nell’autobiografia si distinguono la fabula e i complementi narrativi, la prima si riferisce alla descrizione essenziale degli eventi della storia nel loro naturale ordine di avvenimento, alla caratterizzazione di base dei personaggi e dei loro ruoli, i secondi si riferiscono a tutte quelle tecniche che l’autore usa per presentare la

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storia e tutti gli artifici retorici da lui impiegati per realizzare i propri scopi narrativi. Una prima base per l’elaborazione dell’architettura può essere così ripartita:

Incipit:(la mia vita ha inizio, nacqui, ecc)

Ruit: (la mia vita ha avuto un corso e prosegue attraversando)

la mia famiglia educazione ricevuta amici amori fughe, passioni, abbandoni, speranze, sogni, desideri, giochi, incontri

Exit: (la mia vita si conclude a questo punto almeno per ora) risultati raggiunti risultati non conseguiti capacità scopi ulteriori

Questa scansione permette di sceneggiare la nostra autobiografia, inizialmente si lascerà libero spazio ai ricordi, di modo che siano annotati liberamente e prendano corpo man mano che li si richiama in vita. Il riordino avverrà dopo, nel tentativo di connettere in senso diacronico o sincronico i contenuti delle pagine con le tensioni esistenziali indicative dei periodi più significative della nostra vita.

Naturalmente per avere un’idea chiarificatrice di quanto abbiamo detto sin’ora nulla vale maggiormente degli esempi concreti tratti da altre autobiografie. Riporto di seguito alcuni incipit da cui si può prendere spunto.

Incipit di autobiografie famose Da Malcolm X “Autobiografia” – Capitolo primo – Incubo Quando mia madre era incinta di me, come mi disse in seguito, un gruppo di cavalieri incappucciati del Ku Klux Klan arrivò al galoppo, di notte, davanti alla nostra casa a Omalia nel Nebraska. Dopo aver circondato l’edificio, essi urlarono a mio padre di uscire: erano tutti armati di fucili e carabine. Mia madre andò alla porta principale e l’apri. Stando in piedi, in una posizione tale che potessero vedere che era incinta, disse loro che era sola con i suoi tre bambini e che mio padre era lontano, a predicare a Milwaukee. Gli uomini del clan urlarono minacciosi ammonendola che avremmo fatto bene a lasciare la città perché “i buoni cristiani bianchi” non erano disposti a sopportare che mio padre “facesse opera sediziosa” tra i “buoni” negri di Omaha con quelle idee di “ tornare in Africa “ predicate da Marcus Garvey. Mio padre, il reverendo Earl Little, era un pastore battista e uno zelante organizzatore dell’Associazione di Marcus Aurelius Garvey, l’UNIA’. Con l’aiuto di discepoli come mio padre, Garvey, dal suo quartier generale di Harlem a New York, alzava la bandiera della purezza negra esortando le masse a tornare alla loro patria ancestrale in Africa,causa questa che aveva fatto di lui il negro più amato e insieme più criticato di tutto il mondo. Urlando ancora le loro minacce, gli uomini del Klan spronarono alla fine i cavalli e galoppando intorno alla casa mandarono in pezzi tutti i vetri delle finestre con le canne dei fucili, Poi si allontanarono nella notte con le torce accese, rapidi com’erano venuti. Quando ritornò, mio padre andò su tutte le furie. Decise di aspettare che io nascessi – cosa che era imminente – e poi di trasferire altrove la famiglia. Non so bene perché egli prese questa decisione: non era un negro che si lasciasse facilmente spaventare come allora erano quasi tutti e come molti sono ancora oggi. Mio padre era un uomo grosso, alto quasi un metro e novanta e aveva la pelle scurissima. Era orbo e

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io non ho mai saputo come avesse perduto l’occhio. Era nato a Reynolds, nella Georgia, dove aveva frequentato la terza o forse la quarta elementare. Come Marcus Garvey, era convinto che i negri non potessero mai conquistarsi in America nè la libertà né l’indipendenza nè il rispetto di sé e che perciò dovessero lasciare l’America ai bianchi e ritornarsene in Africa alla loro terra di origine. Tra le ragioni per cui mio padre aveva deciso di correre tutti questi rischi e di dedicare la propria vita alla propagazione di questa filosofia tra la sua gente c’era il fatto che aveva visto quattro dei suoi fratelli morire di morte violenta: tre di essi erano stati uccisi dai bianchi, uno dei quali linciato. Allora mio padre non poteva sapere che dei tre fratelli rimasti, lui compreso, solo uno, lo zio Jim, sarebbe morto nel suo letto per cause naturali. Più tardi, infatti, la polizia bianca del Nord avrebbe ucciso a revolverate mio zio Oscar e, infine, mio padre sarebbe morto per mano dell’uomo bianco Ho sempre avuto la convinzione che anch’io morirò di morte violenta ed ho fatto tutto quanto era in mio potere per prepararmi a tale evenienza…………..

Da Pablo Neruda: “Confesso che ho vissuto”- INFANZIA E POESIA Comincerò col dire, dei giorni e degli anni della mia infanzia, che il mio unico personaggio indimenticabile fu la pioggia. La grande pioggia australe che cade come una cateratta dal Polo, dai cieli di Capo de Hornos fino alla frontiera. In questa frontiera o Far West della mia patria, nacqui alla vita, alla terra, alla poesia e alla pioggia. Per quanto abbia camminato, mi sembra che sia andata perduta quell’arte di piovere che si esercitava come un potere sottile e terribile nella mia Araucania natale. Pioveva mesi interi, anni interi. La pioggia cadeva in fili come lunghi aghi di vetro che si rompevano sui tetti o arrivavano in onde trasparenti come le finestre, e ogni casa era una nave che difficilmente giungeva in porto in quell’oceano di inverno. Questa pioggia fredda del sud dell’America non ha le raffiche impulsive della pioggia calda che cade come una frusta e passa lasciando il cielo azzurro. Al contrario la pioggia australe ha pazienza e continua, senza fine a cadere dal cielo grigio. Di fronte a casa mia, la strada si è trasformata in un immenso mare dì fango. Attraverso la pioggia vedo dalla finestra che un barroccio si è impantanato in mezzo alla strada. Un contadino, con un pesante mantello di lana nera, bastona i buoi che fra la pioggia e il fango non ne possono più. Per i sentieri, posando il piede da una pietra all’altra, contro freddo e pioggia andavamo al collegio. Gli ombrelli se li portava via il vento. Gli impermeabili erano cari, i guanti non mi piacevano le scarpe si inzuppavano. Ricorderò sempre i calzini bagnati accanto al braciere e una fila di scarpe che sbuffavano vapore, come piccole locomotive. Poi venivano le inondazioni, che si portavano via le baracche dove viveva la gente più povera, vicino al fiume. Anche la terra, tremante, si scuoteva. Altre volte sulla cordigliera spuntava un pennacchio di luce terribile: il vulcano Llaima si svegliava. Temuco è una città pioniera, una di quelle città senza passato, ma con botteghe di ferramenta. Gli indios non sanno leggere e così le botteghe di ferramenta ostentano nelle strade i loro notevoli emblemi: un immenso saracco, una pentola gigantesca, un lucchetto ciclopico un cucchiaio antartico. Più in là, le calzolerie, uno stivale colossale. Se Temuco era la avanzata della vita cilena nei territori del sud del Cile, ciò significava una lunga storia di sangue. Sotto la spinta dei conquistatori spagnoli, dopo trecento anni di lotta, gli araucani ripiegarono in quelle regioni fredde. Ma i cileni continuarono quella che venne chiamata «la pacificazione dell’Araucania », la continuazione cioè di una guerra a ferro e fuoco, per spo-gliare i nostri compatrioti delle loro terre. Contro gli indios, tutte le armi furono usate generosamente: il colpo di fucile, l’incendio delle capanne, e poi, più paternamente, la legge e l’alcool. L’avvocato divenne anche uno specialista di saccheggio dei loro campi, il giudice li condannò quando protestarono, il prete li minacciò col fuoco eterno. E alla fine, l’acquavite consumò l’annientamento di una razza superba le cui gesta, il cui valore e la cui bellezza Don Alonso de Ercilla lasciò incise in strofe di ferro e di diaspro nel suo “Araucana”. I miei genitori erano arrivati da Parral, la città in cui nacqui. Lì, nel centro del Cile, crescono le vigne e il vino abbonda. Senza che me lo ricordi, senza sapere di averla guardata con i miei occhi, mia madre, donna Rosa Basoalto, morì. Io nacqui il 12 luglio 1904 e un mese dopo, in agosto, sfinita dalla tubercolosi, mia madre non c’era più. La vita era dura per i piccoli agricoltori del centro paese. Mio nonno, don José Angei Reyes, aveva terra e molti figli. I nomi dei miei zii mi parvero di principi di regni lontani. Si chiamavano Amòsm Oseas, Joel,

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Abadias. Mio padre si chiamava semplicemente José del Carmen. Se ne andò giovanissimo dalle terre paterne e lavorò come operaio nei bacini di drenaggio del porto di Talhuano per finire ferroviere a Temuco. Era conducente dì un treno della ghiaia. Pochi sanno cos’è un treno della ghiaia. Nella regione australe, dai grandi uragani, le acque porterebbero via le rotaie se non si stendesse un letto di sassi fra le traversine. Bisogna andare a prendere con dei cesti la ghiaia dalle cave e caricare il pietrisco sui carri merce. Quaranta anni fa l’equipaggio di un treno di questo tipo doveva essere formidabile. Venivano dai campi, dai sobborghi,dalle carceri. Erano braccianti giganteschi e muscolosi. I salari dell’impresa erano miserabili e non si chiedevano precedenti a chi voleva lavorare sui treni della ghiaia.. Mio padre era conducente del treno. Si era abituato a comandare e ad obbedire. Qualche volta mi portava con sé. Caricavamo pietra a Boroa, cuore silvestre della frontiera, teatro delle terribili lotte fra spagnoli ed araucani. La natura, lì, mi dava una specie di ebbrezza. Mi attiravano gli uccelli, gli scarabei, le uova di pernice. Era miracoloso scoprirle nelle fessure, brunite, scure e lucenti, di un colore simile a quello della canna di un fucile. Ero sbalordito dalla perfezione degli insetti. Raccoglievo le « madri della serpe». Con questo nome stravagante veniva chiamato il più grande coleottero nero brunito e forte, il titano degli insetti del Cile.

Da R.Dahl: “Boy“- Papà e mamma

Mio padre, Harald Dahl, era un norvegese che veniva da Sarpsborg, una cittadina vicina a Oslo. Suo padre, mio nonno, era un commerciante abbastanza facoltoso che aveva a Sarpsborg un negozio in cui si vendeva di tutto, dal formaggio alle reti metalliche per pollai. Sto scrivendo questo nel 1984, ma quel mio nonno era nato, pensate, nel 1820, poco dopo che Wellington aveva sconfitto Napoleone a Waterloo. Se mio nonno fosse vivo oggi, avrebbe centosessantaquattro anni. Mio padre ne avrebbe centoventuno. Sia mio padre che mio nonno ebbero figli molto tardi.

Caterina di Russia Sono nata il 21 aprile 1729, cioè quarantadue anni fa, a Stettino in Pomerania. Sembra che tutti aspettassero un maschio e che non fossero per nulla contenti ch’io nascessi per prima, ma mio padre dimostrò più soddisfazione di quanti lo circondavano.

Elias Canetti Il mio più lontano ricordo è intinto di rosso. In braccio ad una ragazza esco da una porta, davanti a me il pavimento è rosso e sulla sinistra scende una scala pure rossa.

Emmanuel Carnevali Ricordo una stanza bianca, con bianca luce di sole che filtra da altre finestre: in essa mia madre e una vecchia signora tutta bianca stanno chine su di me. Potevo avere dai due ai tre anni

Da GiuseppeGaribaldi: “Memorie”- I miei primi anni Nacqui il 4 luglio 1807 in Nizza Marittima, verso il fondo del porto Olimpio, in una casa sulla sponda del mare. Io ho passato il periodo dell’infanzia, come tanti fanciulli, tra i trastulli, le allegrezze ed il pianto, più amico del divertimento che dello studio. Non approfittai il dovuto delle cure e delle spese in cui s’impegnarono i miei genitori per educarmi. Nulla di strano nella mia giovinezza. Io ebbi buon cuore, ed i fatti seguenti, benché di poca entità, lo provano. Raccolto un giorno al di fuori un grillo, e portatolo in casa, ruppi al poveretto una gamba nel maneggiarlo: me ne addolorai talmente, che, rinchiusomi nella mia stanza, io piansi amaramente per più ore. Un’altra volta, accompagnando un mio cugino a caccia nel Varo, io m’era fermato sull’orlo d’un fosso profondo, ove costumasi d’immergervi la canapa, ed ove trovavasi una povera donna lavando panni. Non so perché, quella donna cadette nell’acqua a testa prima , e pericolava la vita. Io, benché piccolino ed imbarazzato con un carniere, mi precipitai, e valsi a trarla in salvo. Ogni qual volta poi trattossi della vita d’un mio simile, io non fui restio giammai, anche a rischio della mia.

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I primi miei maestri furon due preti; e credo l’inferiorità fisica e morale della razza italica provenga massime da tale nociva costumanza. Del signor Arena, terzo mio maestro d’italiano, calligrafia e matematica, conservo cara rimembranza. Se avessi avuto più discernimento ed avessi potuto indovinare le future mie relazioni cogli Inglesi, io avrei potuto studiare più accuratamente la loro lingua, ciò che potevo fare col mio secondo maestro, il padre Giaume, prete spregiudicato e versatissimo nella bella lingua di Byron . Io ebbi sempre un rimorso di non aver studiato dovutamente l’inglese, quando lo potevo, rimorso rinato in ogni circostanza della mia vita in cui mi son trovato cogli Inglesi. Al terzo laico istitutore, il signor Arena, io devo il poco che so, e sempre conserverò di lui cara rimembranza, sopratutto per avermi iniziato nella lingua patria e nella storia romana.

Il difetto di non esser istruiti seriamente nelle cose e nella storia patria è generale in Italia, ma in particolare a Nizza, città limitrofa, e sventuratamente tante volte sotto la dominazione francese Io devo dunque, in parte, a quella prima lettura della nostra storia, ed all’incitamento di mio fratello maggiore Angelo, che dall’America mi raccomandava lo studio della mia, e più bella tra le lingue, quel poco che sono pervenuto ad acquistarne. Io terminerò questo primo periodo della mia vita colla laconica narrazione d’un fatto, primo saggio dell’avventure avvenire. Stanco della scuola, ed insofferente d’un’esistenza stanziaria io propongo un giorno a certi coetanei compagni miei di fuggire a Genova, senza progetto determinato, ma in sostanza per tentare fortuna. Detto, fatto: prendiamo un battello, imbarchiamo alcuni viveri, attrezzi da pesca; e voga verso levante. Già erimo all’altura di Monaco , quando un corsaro , mandato dal mio buon padre, ci raggiunse, e ci ricondusse a casa, mortificatissimi……………

Come si può notare dall’analisi di questi incipit lo spunto di inizio può essere di vario tipo: sensoriale che si apre soffermandosi appunto sulla registrazione di dati sensoriali da cui prende origine il ricordo oppure figurativo e scenico in cui si raffigurano precisamente scene o quadri di vita che a volte hanno anche preceduto la vita stessa del soggetto. La variabilità degli incipit è quindi del tutto soggettiva ed affidata interamente alla volontà dell’autore che deve avere bene in mente quale sia l’incipit ovvero quel ricordo, quell’immagine da cui far scaturire il seguito della sua storia.

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IL LINGUAGGIO DELLA MODA NELLA SCRITTURA

In uno stile narrativo ammetto di amare la descrizione, quella giusta che dona le sfumature e rende d’effetto i risultati dell’insieme. Si sa che non bisogna esagerare, ma io amo la lingua, il suo articolarsi in tanti rivoli di termini, amo la precisione della lingua e quindi posso dare consigli che seguono questa direzione. Ebbene nella descrizione di un personaggio oltre agli aspetti fisici e caratteriali potrebbe capitarvi di voler mettere in evidenza il loro abbigliamento. Naturalmente non vi soffermerete in dettagli esagerati ma potrete all’occasione saper utilizzare il termine giusto che racchiude l’idea generale che intendete rappresentare. Fornisco di seguito alcuni esempi di stile di abbigliamento riferibili agli ultimi decenni del secolo scorso prendendo in prestito il linguaggio della moda.

Stile grunge:

Il grunge è uno stile giovanile americano degli anni ’80, diventato internazionale, che è stato consacrato dalla moda agli inizi degli anni ’90. I “Nirvana” sono il gruppo musicale di riferimento. Abbigliamento: eskimo indossato su pantaloni classici, maglie effetto vintage slabbrate e consunte, pull oversize dai bordi scuciti, pantaloni stretti in grossi anfibi in pelle. Il tutto per uno stile per uno stile apparentemente impreciso ed improvvisato si è imposto come nuovo canone di vera eleganza e, paradossalmente, ricercatezza.

Stile hip hop:

Lo stile hip hop è nato agli inizi degli anni ’8O sulla scia del successo del genere musicale americano. Ha preso il via dai sobborghi newyorkesi ed è strutturato da: colori forti, pantaloni esageratamente larghi (perfetti per la breakdance e lo skate), scarpe da ginnastica, cappellini e vistose catene come accessori. Portabandiera di questo nuovo stile sono stati i cantanti rapper.

Stile hippy:

Lo stile hippy prende il nome dal movimento giovanile degli anni ’60. Così come il movimento beat che lo precedette e quello punk che venne subito dopo, i simboli e l’iconografia hippy mostravano un basso status sociale, coerentemente con ideali di povertà e semplicità, con un vestiario che rifletteva uno stile di vita disordinato e spesso vagabondo.

Sia i maschi che le donne hippie portavano i jeans e i capelli lunghi, ed entrambi portavano sandali o andavano scalzi. I maschi spesso portavano la barba. Sceglievano vestiti con colori brillanti e di taglio insolito, come pantaloni a zampa d’elefante, gilè, indumenti tie-dyed (t-shirt con disegni e colori psichedelici, spesso in cotone), dashiki (mezzi mantelli africani); molto popolari erano anche indumenti di taglio non occidentale e con motivi ispirati ai modelli dei nativi americani, degli africani e dei latino americani. Gran parte di questi indumenti era autoprodotta per contrastare la cultura delle aziende, e gli hippie spesso acquistavano i propri abiti nei mercatini delle pulci o dell’usato. Gli accessori preferiti, consistevano in oggetti della cultura indiana, copricapi, bandane e lunghe collane a grani.

Stile militare:

Lo stile militare si ispira appunto alle divise militari nei colori e nelle forme: divise, verde militare, bottoni dorati, stivali da ussaro. Lo stile militare ha avuto nella storia della moda i suoi alti e bassi; popolarissimo soprattutto nei primissimi anni settanta, ritorna ora sostenuto da nomi di prestigio come Prada, Dior

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Homme e Burberry. L’uomo Burberry ama il fascino da cadetto. Al via giacche da parate, da aviatore, camicie da ufficiale o dal taglio squadrato, maglie a coste, sempre in stile militare, da abbinare a pantaloni ultra slim. Immancabile il trench, ma reso più semplice e quindi svuotato di dettagli, e la new entry è il montone: il nuovo capospalla dell’inverno del futuro.

Stile gotico:

Lo stile gotico o moda goth, spesso in Italia impropriamente definita moda dark, stanno ad indicare vari tipi di abbigliamento e di stili estetici che caratterizzano le diverse categorie del movimento gotico. La stile comune è la tendenza ad usare il colore nero. La tipica moda gotica include dettagli come lo smalto nero, i vestiti neri, borchie, croci, trucco e capelli neri, piercing e catene. In alcune categorie di moda gotica, buone quantità di accessori sono ispirati alla moda vittoriana.

Lo stile gothic-post punk viene ulteriormente rinvigorito dalle influenze del glam rock che introduce elementi legati all’androginia: trucco e le gonne per gli uomini. Per l’uomo, ci sono tre prototipi rilevanti nell’ambito di questa scena gothic: elegant goth, goth metal e vampire goth.

Il primo è quello dandy, corretto e rivisto in chiave goth: cappotti e mantelli, magrissimo, viso pallido e occhi truccati con matita nera, camicia come con dei drappelli come quelle vestite da Lord Byron.

Per gli accessori si ha un uso della plastica, unita al metallo, usata in una sorta di magliette-corazze e accessori. Il colore di sfondo è, come da tradizione, il nero ma sono comuni colori fluorescenti, che vengono usati soprattutto nei dettagli.

Anche i capelli possono avere colori cangianti e/o fluorescenti, così come numerosi accessori, come i lightstick sottoforma di collane o bracciali, che al buio contribuiscono a creare coreografie d’impatto. Un altro materiale usato è il vinile, sia per gli abiti che per extension per i capelli, con cui talvolta vengono creati dreadlocks multicolore.

Stile punk:

L’abbigliamento punk è la moda tipica della subcultura punk. Nell’idea iniziale dei suoi precursori, lo stile doveva caratterizzarsi come un rifiuto dei canoni della moda stessa e delle regole, ma nei fatti l’abbigliamento punk si è diviso in moltissimi sottostili con caratteristiche peculiari. Inizialmente l’abbigliamento era costituito da vestiti strappati, pantaloni laceri, catene al collo, tatuaggi e piercing a orecchie, guance e sopracciglia (volutamente ostentati per disprezzo verso la società). Altri elementi dell’abbigliamento erano giacche di pelle, talvolta decorate da scritte spray, spille e vestiti da bondage. La stilista inglese Zandra Rhodes nel 1977 inserì elementi dell’abbigliamento punk nelle sue collezioni, edulcorandone tuttavia gli aspetti più estremi e creando vestiti più eleganti e dal colore acceso.

Gli anni ’90 non presentarono modifiche sostanziali alla moda punk: tuttora molti punk vestono pantaloni stracciati, giacche di pelle e utilizzano lo stile Mohicano per quanto riguarda i capelli, mentre altri vestono in modo completamente fai da te.

Stile bohèmien:

L’uomo bohèmien veste completi di velluto, con pantaloni leggermente scampanati, camicie con fantasie paisley, lunghe sciarpe ethnic-inspired, cappelli, stringate o stilvaletti in tono. I colori sono, per l’appunto, autunnali e decisamente anni 70: bordeaux, ametista, blu di Prussia, verde petrolio. E tutta la panoplia dei marroni, con alcuni cenni di arancione.

Stile sporty:

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Ed infine trattiamo lo stile Sporty, molto in voga recentemente, in cui le proposte vedono un perfetto connubio tra il mondo del fashion e quello dello sport. E’ proprio così che il maschio metropolitano, che ama la palestra tanto quanto il suo lavoro, può mixare capi d’abbigliamento una volta considerati ai poli opposti. Per esempio: classici blazer in denim abbinati a pantaloni di tuta, in felpa, con inserti in materiale tecnico, oppure l’eccentrica opzione giacca smanicata/cravatta e calzoni con risvolto. Anche il guardaroba per l’ufficio si fa meno formale, più rilassato e più comodo. Così, l’uomo continua ad indossare camicia, cravatta e pantaloni eleganti, ma opta per il giubbotto in nylon o per il piumino waterproof. Il genere rosa nasce in Italia intorno agli anni 30 del Novecento (il primo libro di Liala, Signorsì, è stampato da Mondadori nel 1931) in seguito allo sviluppo di un’editoria moderna che individua precisi settori di mercato a cui corrisponde una determinata categoria di lettori, attuando collane specializzate per ogni genere di romanzo di intrattenimento (ovviamente il pubblico a cui era destinato il romanzo Rosa erano le donne.). I più importanti esponenti di questo genere sono: Liala (Liana Cambiasi Negretti Odescalchi), i francesi fratelli Delly e l’inglese Barbara Cartland. Attualmente questo genere ha avuto una diffusione seriale attraverso i romanzetti anglosassoni che hanno raggiunto un buon successo grazie all’azione pubblicitaria del nome della collana Harmony, Blue Moon, ecc.

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LE CARATTERISTICHE DEL GENERE ROSA

Il genere rosa, come tutti gli altri generi letterari, presenta nel suo sistema una serie di caratteristiche che rendono inscrivibili al suo interno determinate tipologie di romanzi che ad alcune di esse rispondono. Ovviamente si deve tenere conto delle dovute distinzioni dei sottogeneri e della periodizzazione in cui le opere si collocano. In generale possiamo affermare che una componente essenziale delle trame di questi romanzi è il confronto polemico tra l’uomo e la donna. Anche se questo motivo si accentua dagli anni 70 in poi. Lo scontro tra uomo e donna è di carattere psicologico, di natura conflittuale, dal momento che la donna adotta una strategia di ribellione più o meno aperta nei confronti del partner. Il conflitto si risolve in un matrimonio e la vicenda si conclude quindi con il lieto fine della fiabe, reso possibile dal fatto che la donna diventa meno ribelle e l’uomo impara ad essere più cortese. Un’altra caratteristica è incentrata sull’erotismo più o meno accentuato a seconda dei sottogeneri e dei periodi. L’erotismo, nel romanzo rosa ha una valenza positiva, contrariamente a quanto avveniva nel romanzo popolare. Nel rosa, l’erotismo femminile ha perso ogni connotazione negativa: vengono meno le figure della vergine prostituta, della maliarda seduttrice, della avvenente donna attempata, l’eroina è una donna vergine e sensuale, vittima dell’uomo ma capace anche di tenergli testa e perseguitarlo a sua volta. Un’altra caratteristica del genere è la rarefazione della trama, lo scontro tra uomo e donna sembra quasi un gioco rituale che serve solo a precedere l’accoppiamento, i conflitti sono deboli, a volte poco credibili e non tendono ad accentuarsi ma piuttosto a risolversi. A fare da sfondo a queste trame i luoghi e le epoche sono indeterminati fino quasi ad assomigliare a dei paesaggi favolistici. La scelta dei personaggi corrisponde a caratteristiche precise: l’uomo eroe della virilità, duro, irraggiungibile, la donna bellissima a momenti fragile, una preda perfetta molto agile nella corsa che all’occorrenza sfodera meravigliosi artigli. A queste caratteristiche si unisce “un’iperbolica espressiva” centrata soprattutto sulla descrizione fisica dell’immagine e in particolare delle sensazioni fisiche della donna. In questo modo leggere diventa toccare, odorare, udire e contemporaneamente permette alla lettrice di sentire l’attesa. Questo genere non si è limitato nel tempo a raccontare l’amore e il sesso ma ha anche trasmesso un messaggio sociale ad un livello più profondo: l’invito all’amore e al sesso. Uno degli obiettivi fondamentali che si deve porre uno scrittore è quello della competenza lessicale, scrivere bene non può prescindere da questa capacità, che si acquisisce prima di tutto leggendo molto. Competenza lessicale significa non solo usare le parole in modo appropriato, ma anche conoscere una grande varietà di parole che permettono di allargare i confini rappresentativi dell’immaginazione, il linguaggio diventa fondatore della realtà, una realtà non nominata non esiste o quasi.

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TIPOLOGIE DEI VISI

Di seguito propongo alcuni spunti riflessivi riguardo ai diversi modi in cui si può descrivere un volto umano, queste tipologie di viso sono prese in prestito dal campo lessicale dei parrucchieri e dei truccatori ma possono tornare utili allo scrittore che voglia descrivere un volto umano. Ovviamente i termini tecnici da soli non bastano a creare una descrizione narrativa del volto di un personaggio, ma possono rappresentare una base molto utile per allenarsi a descrivere. Pertanto dopo aver letto le descrizione propongo un esercizio molto interessante: provate a descrivere i volti di alcune persone, dapprima in maniera oggettiva poi aggiungendo considerazioni personali.

Viso Rotondo

Il viso rotondo è più lungo rispetto all’ampiezza, la fronte è leggermente più ampia rispetto al mento. Il viso ovale è di solito leggermente più ampio all'altezza degli zigomi rispetto alla linea dell'attaccatura dei capelli e rispetto alla linea mandibolare

Forma a Pera

Presenta una fronte ampia e mento piccolo

Forma Quadrata

Fronte bassa, mascella e linea del mento ampi, linea mascellare larga e pronunciata.

Forma triangolare

questa forma è caratterizzata da una mascella e attaccatura dei capelli quadrate su un viso largo.

Forma a Diamante

Questa forma è caratterizzata da fronte bassa, mandibole ampie e mento piccolo.

Un’altra caratterizzazione del viso è data dal profilo. ll profilo si può definire tracciando un ideale linea dritta di fronte al viso, se naso e mento non sporgono in avanti tendendo verso di essa si ha un profilo dritto, vale a dire lineare, se invece tendono a sporgere in avanti si ha un profilo convesso, nel caso contrario si ha un profilo concavo

i profili angolari sono quelli che hanno mento incassato e fronte pronunciata.

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LE VARIE SFACCETATURE DEL ROMANZO FANTASTICO

Nel genere del romanzo fantastico si possono inserire opere molto diverse per contenuti, scrittura stile. Ciò che accomuna tutti i differenti tipi è che tendono ad oltrepassare la visione consueta della realtà, quella che si presume 'oggettiva' , di senso comune, condivisa. I romanzi di fantascienza- per esempio quelli di Asimov costituiscono storie e mondi inverosimili o impossibili rispetto alle conoscenza scientifiche del nostro tempo. Nel suo caso oltrepassare la realtà significa un gioco esplicito più o meno libero dello scrittore, gioco compreso e condiviso dal lettore.

La narrativa fantastica può tendere a insinuare il mistero e l'inspiegabile nel tessuto della realtà quotidiana; le vicende narrate prendono a un certo punto una piega che fa entrare elementi stranianti, perturbanti, qualcosa che può disorientare il lettore e scompaginare la visione abituale delle cose. In Kafka questi elementi assumono l'aspetto angoscioso di un incubo da cui i protagonisti non riescono ad uscire.

Nell'opera di Garcia Marquez il fantastico assume altre sfaccettature, Nella storia della famiglia Buendia, in Cent'anni di solitudine, rimane ciò che è stato definito l'oltrepassamento della realtà ma reso con vicende e toni da parabola favolosa, come una sorta di mito genealogico poetico e fiabesco.

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IL ROMANZO STORICO

Il romanzo storico ricostruisce in maniera più o meno documentata, un periodo del passato o di particolari vicende storiche che fanno da sfondo alle vicende dei personaggi. I personaggi possono essere inventati e la loro verosimiglianza consiste nel loro adattamento all'ambiente, alla mentalità e agli stili di vita del tempo oppure figure storiche realmente esistite o entrambi i tipi di personaggi. Nel romanzo storico, quindi, non è fondamentale la verità delle azioni svolte dai personaggi, quanto l'attendibilità della ricostruzione storica degli eventi e delle ambientazioni. La commistione tra storia e invenzione letteraria e le proporzioni variabile, dell'una e dell'altra, rappresentano quindi un aspetto fondamentale di questo genere. La storia non deve prevalere troppo, altrimenti l'opera tende alla forma cronachistica o documentaria piuttosto che al romanzo, l'invenzione letteraria deve essere verosimile.

Fu Walter Scott a inaugurare il romanzo storico vero e proprio per inserire narrazioni avventurose o di invenzione in un contesto credibile ( famoso il suo romanzo Ivanhoe che trasfigura il conflitto anglo-scozzese nel conflitto normanno-sassone all’epoca di Riccardo Cuor di Leone). Manzoni si ispirò al modello di Scott e lo rinnovò: i Promessi sposi ricostruiscono con rigore il contesto storico e, per la prima volta, i personaggi della vicenda sono umili.

Dopo essere stato un genere principe del XIX secolo, il romanzo storico cambiò rispetto ai modelli ottocenteschi. Perse la dimensione del passato storico e venne scritto in prima persona come nel caso di Addio alle armi di Hemingway oppure continuò a riferirsi a un'epoca passata e a rispettare il canone del narratore esterno, in terza persona, ma l'analisi psicologica acquistò molta più importanza, come nel Gattopardo di Lampedusa.

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ERRORI COMUNI DA EVITARE NELLA SCRITTURA

Dall’esperienza ho constatato che uno degli aspetti più comuni commesso da chi scrive qualunque tipo di testo è quello di dare per sottointese alcune informazioni, e dove si trovano queste informazioni? Dove si sono fermate? Si sono fermate nella mente dello scrivente. Scrivere è diverso dalla conversazione orale che si svolge tra due persone. Sia nella comunicazione orale sia nella comunicazione scritta, ci si rivolge a qualcuno, ma, mentre nel primo caso chi ascolta può chiedere spiegazioni a chi parla, chiarimenti su concetti poco chiari , nella comunicazione scritta il lettore si trova da solo a decifrare il messaggio dello scrivente, per questo si deve essere molto precisi. Certo, nel caso di un testo narrativo la chiarezza non può trasformarsi in trasparenza, in quanto la natura della scrittura narrativa è opaca, densa di molteplici significati, ma non si deve commettere l’errore di omettere informazioni fondamentali per la comprensione del testo stesso. In altre parole, quando si scrive, si deve sempre essere consapevoli di ciò che si omette volontariamente , poiché si sta utilizzando una particolare tecnica narrativa e ciò che si omette per dimenticanza o perché si crede di averlo detto. Scrivere presuppone un grado di consapevolezza molto elevata, nessuna parola è affidata al caso, ma si lega al contesto, alle altre parole a seconda dei vari piani di analisi. Facciamo un esempio tratto proprio da questo testo, soffermiamo l’attenzione sull’ultima espressione dell’ultimo periodo: vari piani dunque, se non specificassi a quali piani mi riferisco quando parlo, il lettore non comprenderebbe pienamente il senso della frase. Ebbene per correggermi dovrei scrivere: a seconda dei vari piani di analisi ossia morfologico, sintattico, etimologico, di significato ecc. Un altro errore ricorrente è quello di cambiare il punto di vista della narrazione. Dominare il punto di vista non è così semplice come può sembrare in apparenza, poiché spesso si crea discrepanza tra la volontà onnisciente dell’autore, che in taluni casi si trasforma in narratore, e quella del personaggio. In altre parole bisogna stabilire fin dall’inizio e fino a che punto i personaggi conoscono della vicenda che gli vede coinvolti. Quello che bisogna chiedersi è, almeno per i personaggi principali, il personaggio sa già ciò che accadrà perché sta raccontando un’esperienza già vissuta oppure non sa quello che accadrà perché racconta le cose man mano che avvengono? Già questa è una prima differenza fondamentale. Tali aspetti in narratologia sono analizzati sotto la voce: punto di vista e voce narrante (La differenza fondamentale tra punto di vista e voce narrante consiste nel fatto che per punto di vista si intende l'orientamento ideologico o il luogo fisico o la situazione rispetto alla quale si pongono in relazione gli eventi narrativi, mentre la voce narrante si riferisce al discorso o ad altri mezzi espliciti tramite i quali gli eventi vengono comunicati al lettore. ). Per approfondirli suggerisco di consultare le mie dispense: http://pamelaserafino.altervista.org/blog/manuale-di-scrittura-creativa/ o qualunque manuale di scrittura creativa.

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COME SUPERARE LA PROVA SCRITTA DI UN CONCORSO

L'esperienza insegna che superare la prova scritta di un concorso è molto più difficile che superare la prova orale che seguirà. Una volta superato lo scritto, si può dire che il difficile è fatto. Prossimo affermare che questa regola vale per qualunque tipo di prova scritta sia un quiz o lo svolgimento di un tema. In questa sede ci occuperemo della prova scritta di un tema e forniremo alcuni semplici suggerimenti accompagnati da esempi concreti.

Prima di tutto definiamo che cosa si intende per tema. Il tema è un tipo di testo argomentativo, pertanto, nel suo svolgimento esso deve attenersi alle regole tipiche di questo genere. Prima ancora, quindi, del contenuto in esso espresso, sia di carattere giuridico, scientifico, letterario o filosofico occorre individuare le regole generali che soggiacciono ad esso. Una volta che avremo conosciuto queste regole avremmo risparmiato una gran quantità di tempo nell'elaborazione del testo e con un'adeguata preparazione, saremmo in grado di scrivere correttamente intorno a qualunque argomento.

Per lo svolgimento dei seguenti punti della trattazione useremo degli esempi pratici tratti dalle tracce reali di alcuni concorsi.

PUNTO I: ANALISI DEL TITOLO

esempio a

TEMA DI ORDINE GENERALE (tema esame di stato 2011)

La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo approvata il 10 dicembre 1948 dalle Nazioni Unite proclama solennemente il valore e la dignità della persona umana e sancisce al tempo stesso la inalienabilità degli universali diritti etico-civile. La storia dell'ultimo cinquantennio è tuttavia segnata da non poche violazioni di questi principi rimaste impunite. Quali a tuo avviso le ragioni? Affronta criticamente l'argomento soffermandoti anche sulla recente creazione del primo tribunale internazionale dei crimini contro l'umanità ed esprimendo la tua opinione sulla possibilità che questo neonato organismo internazionale possa rappresentare una nuova garanzia in favore di un mondo più giusto".

Una volta di fronte alla traccia, si procede a riscriverla nella zona centrale di un foglio, in modo da disporre di spazio intorno ad essa e si cerca di enucleare dal testo scritto i concetti che ci sembrano portanti. Dalla traccia menzionata abbiamo enucleato una serie di concetti che dovrebbero costituire l0ssatura della traccia: 1) la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo 2) la storia dell'umanità dell'ultimo cinquantennio le violazioni alla dichiarazione 3)le cause di queste violazioni 4)la creazione del tribunale contro i crimini sull'umanità 5)il tuo parere a proposito della creazione di questo tribunale.

Evidenziare questi concetti è importante per almeno due ragioni: 1) non dimenticare di trattare qualche argomento richiesto dalla traccia 2) elaborare la costruzione del discorso attenendosi a questa scaletta.

Questa traccia, in verità, è molto semplice da interpretare, non lascia margini a dubbi. E' importante evidenziare che essa richiede per ben due volte di dare un parere personale riguardo ad alcune questioni, precisamente, la causa della violazione dei diritti, la possibilità che l'istituzione del tribunale migliori la situazione.

L'introduzione del parere personale è un argomento delicato, infatti, esso non è casuale, non si deve cadere nell'errore di poter liberamente dire ciò che si vuole, il parere deve essere ben argomentato e sostenuto anche diverse fonti.

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A questo proposito forniremo alcuni sintagmi di introduzione ai pareri: mi sembra che, questa è una critica che rivolgo...,credo che, ritengo che, sembra probabile, potremmo auspicare ecc. Nelle citazioni di altre fonti si ricordino le espressioni del tipo: come afferma, confrontandoci con quanto affermato da ecc.

ESEMPIO B

Con questa traccia cambiamo completamente ambito, ma come vedremo il meccanismo di analisi della traccia resta uguale.

ESAME AVVOCATO 2011 - PARERE DI DIRITTO CIVILE - TRACCIA 2

Caio che abita in un condominio, viene richiesto dalla ditta gamma che fornisce il combustibile utilizzato nell'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato del pagamento dell'intera fornitura di gasolio. Il candidato assunta la veste di legale di Caio rediga parere, illustrando gli istituti sottese alla fattispecie, e soffermandosi sulla solidarietà fra condomini delle obbligazioni contratte dal condominio.

1)le obbligazione interne ed esterne del condominio (sarà necessario analizzare la natura delle obbligazioni esterne al condominio, e la differenza rispetto alle cd obbligazioni interne al condominio); 2) esprimere un parere rispetto al caso partendo dalle analisi fatte 3)esprimere le tesi che sostengono la soluzione con riferimenti normativi.

Ecco alcuni sintagmi introduttivi a sostegno delle tesi: la tesi prevalente riguardo al caso è che, nell’accogliere la soluzione esposta non si è mancato di, la tesi tradizionale ritiene che, il substrato normativo della tesi in parola lo si ritrova nell'art.

Queste formule di collegamento tra le diverse tesi, in questo tipo di testo diventano fondamentali e non devono essere tralasciate, in altre parole non basta dare la soluzione, occorre argomentarla. Questo errore spesso è commesso dai candidati.

Per chi desidera approfondimenti riguardo a questi aspetti si veda, la voce riferita ai miei corsi o mi contatti per e- mail.

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COME SCRIVERE UNA TESI COMPILATIVA

La tesi compilativa è una raccolta di riflessioni teoriche su un tema prescelto, oppure l'esposizione dei risultati di una ricerca empirica in tutto o in parte condotta dal laureando. Solitamente la tesi compilativa si usa per le lauree triennali, nonostante la relativa semplicità rispetto alle tesi sperimentali, se scritta bene, è comunque un lavoro di tutto rispetto.

Come si procede alla sua elaborazione?

Il primo passo da fare è la scelta dell'argomento, ma non è secondario neppure considerare la scelta del docente, infatti, se l'argomento che preferite viene trattato da un docente con cui non entrate in sintonia, il lavoro ne risente, sia per l'allungamento dei tempi che per lo scoraggiamento che ne deriva.

La stesura, infatti, procede meglio se siete ben guidati ed emotivamente sereni.

Ritorniamo alla scelta dell'argomento, un altro aspetto che si deve tenere in considerazione è la reperibilità del materiale, se non avete molto tempo a disposizione vi conviene scegliere un argomento ricco di fonti facilmente reperibili. Il punto di partenza è rappresentato dalla bibliografia (per avere un'idea di come si redige una bibliografia guardate quella presente nei libri specialistici) la bibliografia permette di delineare l'argomento e definire l'ossatura dell'argomento. I libri, le riviste o le fonti in genere che consulterete, infatti, rappresentano la materia della vostra tesi, ossia ciò di cui scriverete.

Come fare a scegliere tra tanti libri? Quali scegliere? Oggi consultare i cataloghi delle biblioteche è molto semplice grazie al sistema informatizzato che permette di accedere ai cataloghi online. Un primo passo per orientarsi è rappresentato dalle date, se state scrivendo la vostra tesi nel 2012 non è opportuno presentare una bibliografia il cui libro più recente si ferma ad esempio al 1980, ( a meno che da quella data non è stato più scritto nulla sull'argomento), la bibliografia deve essere attuale senza tuttavia tralasciare le fonti autorevoli dell'argomento. E' consigliabile verificare che il professore che segue la vostra tesi abbia scritto qualcosa sull'argomento e, nel caso, citarlo in bibliografia.

In una prima fase del lavoro bibliografico cercate di ottenere una gran quantità di materiale, a meno che il vostro professore non vi abbia già dato delle indicazioni precise al riguardo, la selezione avviene in un secondo momento.

Come si consultano i libri che avete selezionato in un primo momento? Ovviamente non dovete leggerli tutti dalla prima all'ultima pagina, di un libro può darsi che vi servirà solo un capitolo, un paragrafo, o solo una citazione, per prima cosa, quindi, occorre controllare l'indice. Non tralasciate poi di leggere la bibliografia, se un libro sull'argomento è autorevole, infatti, non mancherà di essere citato in più bibliografia e voi non commetterete certo l'errore di tralasciarlo.

Una volta selezionato e ottenuto tutto il vostro materiale- non esitate a ricorrere anche al prestito interuniversitario e usate i vostri contatti su social network, potrebbero tornarvi utili , come anche il motore di ricerca google scholar procedete alla stesura di una scaletta sul modo in cui organizzerete l'esposizione dell'argomento della vostra tesi. Dapprima pensate alle macroaree, vale a dire ai capitoli, poi pensate a come suddividere ciascun capitolo titolando i paragrafi. Non dimenticate che, pur essendo un tesi compilativa, è richiesto un vostro punto di vista, quindi, fate attenzione a non rendere la tesi una sorta di riassunto acritico, ma argomentate le questioni poste. L'argomentazione, infatti, non deve essere affidata solo alla parte iniziale ossia l'introduzione o alla parte finale: la conclusione, ma dovete cercare di inserire

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delle tracce che indicano la direzione del lavoro, ossia l'obiettivo che vi siete posto nella trattazione dell'argomento. a proposito dell'introduzione, è bene sapere che questa va scritta quando si è concluso il lavoro, perché essa delinea tutto il percorso della trattazione, che non potete conoscere prima di averlo elaborato. La conclusione, infine, deve riprendere la dimostrazione del raggiungimento dell'obiettivo e, in linea di massima, deve essere più breve dell'introduzione.

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COM’ E’ NATA LA GRAMMATICA ITALIANA

A tutti capita di porsi domande sul corretto modo di scrivere o di parlare, sorgono dei dubbi a volte davvero angoscianti, soprattutto se ci troviamo in ambienti istituzionali in cui sbagliare non è lecito. E forse, proprio in questi momenti ci saremo chiesti come è nata la grammatica italiana, chi l'ha inventato tutte queste regole normative. Quindi la prima domanda a cui dobbiamo rispondere è quando è nata la grammatica?

"la grammatica non nasce prima delle lingue e prima che le lingue stesse non abbiano espresso una tradizione letteraria. I grammatici, anzi, non fanno altro che formalizzare e rendere ufficiale quanto in genere si è affermato per altra via" (Marazzini, 2002). Quindi, in Italia la nascita della grammatica è indissolubilmente legata alla letteratura e, in particolare, all'opera letteraria dei tre grandi autori: Dante, Petrarca e Boccaccio che diedero al volgare dignità letteraria. Con questa affermazione si avvertì parimente l'esigenza di fissare le nuove regole sulle quali la nuova lingua si reggeva e questo fu il compito dei grammatici.

Possiamo distinguere almeno due grandi tipi di grammatiche: le grammatiche storiche e le grammatiche descrittive e/o normative. Le prime che sono anche definite grammatiche diacroniche, descrivono l'evoluzione della lingua nel tempo. Le seconde, dette anche sincroniche, descrivono lo stato della lingua in un determinato periodo storico.

Tra le prime grammatiche storiche dell'italiano (tutte scritte da studiosi stranieri), la più importante è quella del tedesco Gerardh Rohlfs, che si è occupato sia della lingua letteraria a base toscana, sia dei dialetti parlati in Italia. L'attenzione degli studiosi italiani verso questo tipo di studi si manifesta gli ultimi anni del XX secolo con la pubblicazione di alcuni lavori come quelli di Arrigo Castellani, e una grammatica storica più sintetica rispetto alla prima realizzata da Paolo D'Achille.

Le grammatiche sincroniche (descrittive o normative sono quelle che si usano soprattutto per risolvere un dubbio di natura grammaticale. Le più diffuse sono quelle scolastiche, ma esistono anche quelle che offrono informazioni più complesse e dettagliate come la Grammatica di Luca Serianni e Alberto Castelvecchi.

Le grammatiche sincroniche possono essere descrittive, se si limitano a descrivere le strutture e le caratteristiche di una lingua senza esprimere giudizi sulla loro correttezza, o normative, se invece, intendono presentare un modello di lingua, che segnali i comportamenti linguistici da seguire e quelli da evitare, perché ritenuti scorretti.

Tra le grammatiche va ricordata anche La grande grammatica italiana di consultazione diretta da Lorenzo Renzi, uno strumento rivolto agli specialisti, che studia la grammatica dal punto di vista della moderna linguistica.

Per quanto riguarda le risorse online presenti in rete riguardo a queste tematiche, segnalo il sito dell'Accademia della Crusca, http://www.accademiadellacrusca.it/in cui tra le tante sezioni viene dato ampio spazio all'interazione con l'utente: la sezione "Lingua in rete" propone un servizio in cui una redazione di esperti esamina i problemi e le curiosità linguistiche di chi frequenta il sito, pubblicando le risposte mediante articoli, schede.

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