Indagine e proposta progettuale “Silver CoHousing”

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Indagine e proposta progettuale “Silver CoHousing” Condividere. Per affrontare positivamente crisi economica e mal di solitudine della terza età Ottobre 2012

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Indagine e proposta progettuale

“Silver CoHousing” Condividere. Per affrontare positivamente

crisi economica e mal di solitudine della terza età

Ottobre 2012

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Si ringraziano per il qualificato contributo

Vanella Imperatori

Luisa Bartorelli

Roberto Mostacci

Fernando Pietropaoli

Paola Scocco

Ideazione e direzione dello studio

Sandro Polci

Redazione

Federico Della Puppa

Sandro Polci

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Indice

4 | Sommario

7 | Introduzione

11 | 1. Anziani e famiglie in Italia

15 | 2. La condizione abitativa degli anziani

25 | 3. La condizione economica degli anziani

42 | 4. Silver cohousing: coabitare e condividere, le nuove prospettive del vivere urbano

47 | 5. Silver co housing: valutazione delle convenienze e degli impatti socioeconomici

63 | 6. Strumenti di intervento. Il silver co-housing, una nuova opportunità

64 | Appendice

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Sommario

La popolazione anziana italiana è in veloce aumento:

• nel 1961 le persone con 65 e più anni di età erano il 9,5% della popolazione, nel 2011 è diventata il 20,3%, passando da 4,8 milioni a 12,3 milioni;

• tra il 1961 e il 2011 la popolazione italiana è aumentata del 20%, la popolazione anziana

del 155%;

• tra il 2001 e il 2011 la popolazione italiana è aumentata del 6,4%, gli anziani del 15,6%;

• lo scenario per il futuro è un incremento fino al 33% per il 2050.

Di fronte a questo scenario l’UEha promosso il 2012 “Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni” orientando le politiche nazionali a rispondere alle nuove esigenze delle famiglie anziane. In Italia:

• il numero di famiglie unipersonali è pari a 7,2 milioni, pari al 30% del totale;

• le famiglie anziane unipersonali sono 3,5 milioni;

• le famiglie unipersonali over 75 anni sono 2,3 milioni.

La condizione abitativa degli anziani, e in particolare degli anziani che vivono soli, evidenzia che:

• il 32,70% degli anziani vive da solo e in case di proprietà;

• gli anziani che vivono soli nel 61,2% dei casi posseggono un’abitazione con un numero di

vani superiore a 4;

• le case dove vivono famiglie con almeno un anziano con più di 65 anni sono state costruite nel 48% dei casi prima del 1961 e circa il 27% prima del 1945;

• le case costruite prima del 1945 sono in condizioni mediocri o pessime nel 32,9% dei casi;

• nel 27% dei casi queste case non hanno un vero e proprio impianto di riscaldamento ma più spesso singoli apparecchi o fon5 di calore;

• nel 50% dei casi le abitazioni occupate da famiglie in cui l’intestatario del foglio di famiglia ha più di 65 anni non risultano essere state sottoposte ad interventi di manutenzione;

• nel 37% dei casi queste case sono prive di ascensore.

Su questo scenario pesa la crisi economica e la condizione sociale degli anziani, che è così

sintetizzabile:

• il 70,3% dei pensionati italiani ha oltre 64 anni di età, ma ben il il 45,9% percepisce una

pensione inferiore a 1000 euro al mese;

• sono complessivamente quasi 8 milioni i pensionati con una pensione inferiore a 1000

euro al mese, ma di questi le persone con 65 e più anni sono circa 5,3 milioni, ovvero

poco meno del 9% del totale della popolazione nazionale;

• il numero di anziani con pensioni inferiori a 500 euro al mese è di 1,35 milioni.

È del tu7o evidente che il progressivo aumento della popolazione anziana associato

all’incremento dell’età media delle persone costituisce un fattore determinante nella necessità

di individuare sistemi innovativi di supporto e sostegno all’invecchiamento attivo in condizioni

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di autosufficienza, sia dal punto di vista delle relazioni sociali, che soprattutto dal punto di vista

economico. L’aumento del numero di anziani, che continueranno a crescere anche nei prossimi anni, farà incrementare la domanda di assistenza sociale e sanitaria, in particolare sia per quanto

riguarda la “long term care”, sia per quanto riguarda le condizioni di residenzialità attiva.

L’80% del bilancio mensile di un pensionato è speso per tre voci: casa, bollette, spesa.

Significativa, in particolare, l’incidenza della spesa per la casa e per l’energia sul totale della

spesa, pari a quasi il 50% del totale. Sostanzialmente una persona anziana con pensione mensile di 575 euro (media delle pensioni al di sotto di 1.000 euro) mediamente dispone in un mese di:

• 275 euro per spese di affitto/mutuo, bollette energetiche e altre utenze, pari ad una spesa media giornaliera di 9,20 euro;

• 122 euro, per acquisto di generi alimentari e bevande, ovvero 4,1 euro al giorno;

• 41 euro per trasporti e comunicazione, ovvero 1,3 euro al giorno;

• 28 euro per servizi sanitari e spese sanitarie;

• 32 euro per spese legate alla casa, pari a poco più di 1 euro al giorno;

• 21 euro per il tempo libero e l’istruzione;

• 40 euro per altre spese.

Il co-housing è senza dubbio una delle esperienze più innovative nel campo della residenzialità e

dell’inclusione sociale, per l’approccio sistemico alle nuove forme di socialità, attraverso la

costruzione e realizzazione di comunità residenziali nelle quali i singoli soggetti collaborano,

coabitano, condividono e cooperano insieme con un obiettivo comune.

Lo studio evidenzia che per ogni nucleo di coabitazione e condivisione si può generare una “liberazione di risorse” pari a 352 euro al mese a nucleo per nuclei di 2 persone, fino a 1.028 euro al mese per un nucleo di 4 persone. Si tratta di risorse che, una volta liberate, possono consentire notevoli incrementi della qualità della vita. In particolare la possibilità che una tale somma possa essere destinata in parte all’attivazione di consumi per il proprio benessere e in parte generare risparmi e dunque alimentare la dotazione finanziaria personale.Inoltre il modello di cohousing permette la riduzione anche dell’ospedalizzazione non acuta degli anziani, che possono essere accuditi con maggior efficacia nella propria casa, con riduzioni significative dei costi dati dall’abbattimento delle giornate/anno di ospedalizzazione.

Cosa potrebbe significare adottare una politica di questo tipo:

• a livello nazionale:

• reimmettere nel mercato da 100mila (5% del target) a 200mila alloggi (10% del

target) oggi occupati da un anziano solo;

• reimmettere nel mercato da 60mila a 120mila alloggi di grande dimensione, che

potrebbero rappresentare un ottimo plafond per avviare politiche di social housing

diffuse su tutto il territorio nazionale;

• a livello di grandi città metropolitane:

• reimmettere nel mercato da 17mila (5% del target) a 34mila alloggi (10% del target)

oggi occupati da un anziano solo;

• reimmettere nel mercato da 10mila (5% del target) a 20mila alloggi (10% del target)

di grandi dimensioni oggi occupati da un anziano solo.

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Inoltre gli effetti di una politica di silver co-housing(così chiamata pensando a una bella capigliatura grigia) capace di coinvolgere dal 5% al 10% della popolazione anziana che vive sola permetterebbe di liberare risorse economiche in un range esteso, compreso tra un minimo di

422 milioni di euro fino ad un massimo di 2.466 milioni di euro.

La “liberazione delle risorse” garantirebbe, inoltre, un’economia positiva, i cui effetti andrebbero anche a interessare le entrate per lo Stato, ad esempio con le entrate da IVA sui consumi generati in un range che nel suo valore massimo potrebbe essere di ben 200 milioni di euro.

Il bilancio complessivo della proposta di silver cohousing in Italia evidenzia delle forti potenzialità, derivanti dalla presenza nelle aree metropolitane, e in particolare in alcune città, di notevoli quote di popolazione anziana che vive da sola, molta della quale in alloggi di medio-grande dimensione.

Una politica così costruita permetterebbe inoltre di reintervenire sul patrimonio edificato,

migliorandolo e riqualificandolo, adattandolo alle nuove esigenze anche del risparmio e

dell’efficientamento energetico, oltre che di trovare le migliori soluzioni alle problematiche

dell’abitare per gli anziani.

In sostanza il silver co-housing si presenta come un vero e proprio piano strategico per:

• alzare le pensioni minimo del 30%, dando dunque possibilità alle persone anziane di

poter disporre di quote significative di reddito per aumentare il proprio benessere;

• utilizzare al meglio il patrimonio immobiliare oggi male utilizzato e mal distribuito sul

territorio e nelle città in ragione delle effettive necessità degli utenti e dei proprietari o

degli affittuari, liberando alloggi e risorse in grado di poter essere riutilizzati al fine di

investimenti e riammodernamenti e successiva reimmissione degli alloggi liberati nel

circolo virtuoso dell’offerta di alloggi in social housing;

• liberare la popolazione anzianadai problemi della solitudine, dell’isolamento e

dell’esclusione sociale, superando i problemi di incuria e di mancata assistenza,

recuperando una migliore gestione anche delle situazioni critiche;

• superare le difficoltà legate alle cure sanitarie a favore di una assistenza domiciliare che

garantisca una residenzialità attiva e un invecchiamento sereno, nonché promuovendo

forme di assistenza domiciliare meglio organizzate e in grado di recuperare risorse al

sistema pubblico di gestione della sanità grazie ai risparmi generati dalle minori

ospedalizzazioni che il sistema consente.

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Introduzione

Il 2012 è “Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”.1L’unione europea (UE) con questa azione si è posta l’obiettivo di sensibilizzare i governi e tutti i soggetti interessati nella promozione di politiche in grado di contribuire a far sì che gli anziani rimangano più a lungo nel mercato del lavoro, conservino la loro salute e conducano una vita attiva il più a lungo possibile.

L'UE si trova infatti ad affrontare un rapido cambiamento della struttura demografica e deve affrontare le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione sulle finanze pubbliche e sulla protezione sociale. Le iniziative a favore dell'invecchiamento attivo dovrebbero contribuire ad affrontare tali sfide, anche in relazione alle attuali condizioni socioeconomiche, aggravate dalla lunga crisi.

Promuovere l'invecchiamento attivo e la solidarietà tra generazioni significa non solo affrontare i temi del rapido invecchiamento della popolazione e dellariduzione del tasso di natalità, ma anche accrescere le possibilità di impiego e migliorare le condizioni lavorative dei lavoratori anziani per tutelare la solidarietà tra le generazioni, per migliorare la loro inclusione nella società e favorire un invecchiamento sano.

A tal proposito l’UE incoraggia e promuove iniziative delle autorità pubbliche, incoraggiando al contempo le parti sociali, i soggetti della società civile e le imprese a condurre azioni a favore della solidarietà e della cooperazione tra le generazioni. Obiettivo di queste azioni è:

• sensibilizzare l'opinione pubblica sull’importanza della partecipazione degli anziani alla società e all'economia, attraverso la promozione dell'invecchiamento attivo;

• promuovere il dibattito, gli scambi di informazione e potenziare l'apprendimento reciproco tra i paesi dell'UE, al fine di promuovere buone pratiche e sostenere la cooperazione;

• fornire un quadro favorevole all'impegno e all’azione, al fine di sviluppare attività e soluzioni innovative, ma anche di fissare obiettivi politici a lungo termine;

• lottare contro le discriminazioni basate sull’età, in particolare nell’ambito dell’occupazione.

Ma cosa s'intende per invecchiamento attivo, secondo l’UE? Significa invecchiare in buona salute, partecipare appieno alla vita della collettività e sentirsi più realizzati nel lavoro, in poche parole vuol dire essere più autonomi nel quotidiano e più impegnati nella società, ovvero avere un ruolo attivo nella società e beneficiare di una migliore qualità di vita.

A questo fine, l'Anno europeo 2012 promuove l'invecchiamento attivo in tre settori: occupazione, partecipazione alla vita sociale e autonomia. In particolare quest’ultimo settore contiene le politiche e le azioni rivolte a garantire un ambiente più sereno alle persone anziane, in particolare quelle che soffrono di problemi di salute o di disabilità. Invecchiare attivamente vuol dire avere la possibilità di conservare un certo livello di qualità della vita, il più a lungo possibile. Significa pertanto promuovere politiche di inclusione sociale nelle quali la residenzialità attiva diviene un fattore determinante e indispensabile delle politiche comuni, europee, nazionali, locali.

1 Decisione n. 940/2011/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2011.

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Nelle questioni strettamente legate al quotidiano, e in particolare alla residenzialità, il tema dell’invecchiamento attivo si confronta oggi con un quadro economico e sociale di difficoltà crescenti, nelle quali si intersecano sia le condizioni socioeconomiche e finanziarie dei segmenti più deboli della popolazione (e gli anziani sono tra questi), sia le difficoltà di conciliare le esigenze abitative con le dotazioni patrimoniali e dimensionali, nonché localizzative e di vicinanza e disponibilità di servizi di inclusione sociale e di welfare. In questo contesto la situazione abitativa è uno dei fattori in grado di costruire le condizioni primarie per il vivere sociale, per la qualità della vita, in particolare per gli anziani che vivono soli.

La presente indagine ha l’obiettivo di stimolare la realizzazione di un programma sperimentale

che favorisca la condivisione di alloggi esistenti tra due o più inquilini consentendo la

razionalizzazione nell’uso del patrimonio immobiliare esistente, soprattutto da parte di anziani

(over 65) che vivono soli e sono numerosi e in costante aumento. Come in aumento sono le

condizioni di difficoltà economica delle fasce deboli della popolazione e degli anziani in

particolare.

L’individuazione di condizioni di razionalizzazione del patrimonio immobiliare abitato dagli

anzianiconsente di pensare anche ad una ottimizzazione delle risorse economiche legate alla

quotidianità. In particolare la condivisione abitativa, ovvero il co-housing, genera un risparmio

diretto nella gestione delle utenze, come delle altre spese comuni.

Quali sono i benefici del co-housing nel patrimonio eidilizio esistente? E come si può impostare

una politica di co-housing per la terza età, che chiameremo “silver co-housing”, pensando ad

una bella capigliatura grigia? Il co-housing è un modello di condivisione abitativa nato negli

anni ’70 del XX° secolo nel Nord Europa ed è oggi applicato in molti contesti urbani a livello

europeo e in alcuni contesti sperimentali a livello italiano.

Il co-housing per la terza età è innanzitutto un antidoto all'isolamento e alla solitudine, ma è

anche un modo per condividere le difficoltà e superarle grazie alle opportunità derivanti dalla

condivisione degli spazi abitativi, dei servizi e della gestione della quotidianità, dalle utenze alle

spese correnti.Con l'avanzare dell'età, inoltre, oltre ad una maggior fragilità e a una minore

mobilità, diventa molto importante avere dei vicini che si conoscono e su cui si può contare in

caso di bisogno.

Sono questi i motivi che hanno spinto ad indagare le opportunità del silver co-housing in Italia,

al fine di promuovere una riflessione su nuovi modi di vivere e abitare, in linea con le esigenze

degli anziani, sia dal punto di vista sociale che economico.

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1. Anziani e famiglie in Italia

Nel 1961 la popolazione anziana2 in Italia era costituita da 4,8 milioni di persone, pari al 9,5% del totale della popolazione censita. Esattamente cinquant’anni dopo, nel 2011, i dati anagrafici contano 12,3 milioni di over 65, un valore pari al 20,3% del totale della popolazione residente. Tra il 1961 e il 2011 la popolazione italiana è cresciuta del 20%, ma la popolazione con 65 e più anni di età è cresciuta del 155%. Si è pertanto verificato quanto previsto e stimato dall’Istat e riportato in una indagine del CER-Osservatorio della condizione abitativa, nel 1999, quando si scriveva che “sulla base della a�uali tendenze, nei prossimi dieci anni la popolazione anziana dovrebbe

raggiungere una dimensione di 12 milioni di unità”.3 Ecco, ci siamo.

La popolazione anziana in Italia

pop > 64 var. % pop tot var. % peso %

1951 3.895 47.516

1961 4.827 23,9% 50.624 6,5% 9,5%

1971 6.101 26,4% 54.137 6,9% 11,3%

1981 7.485 22,7% 56.557 4,5% 13,2%

1991 8.702 16,2% 56.778 0,4% 15,3%

2001 10.646 22,3% 56.996 0,4% 18,7%

2011 12.302 15,6% 60.626 6,4% 20,3%

Fonte: elaborazione su dati Istat

L’Italia invecchia dunque, e non è una novità. Ma lo fa in fretta, come evidenziano i valori di crescita: nell’ultimo decennio a fronte di un aumento del 6,4% della popolazione, gli anziani sono cresciuti del 15,6%. E continueranno a farlo per i prossimi anni.Le dinamiche previste dall’Istat sul futuro demografico del paese4 vedono per il 2065 (nello scenario centrale) una popolazione residente attesa pari a 61,3 milioni di abitanti, risultato congiunto di una dinamica naturale negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40 milioni di decessi) e di una dinamica migratoria positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite), con un aumento dell’età media dagli attuali 43,5 anni fino ad un massimo di 49,8 anni nel 2059 e con una crescita particolarmente accentuata del numero di anziani: “gli ultra 65enni, oggi pari al 20,3% del

totale, nello scenario centrale aumentano fino al 2043, anno in cui oltrepassano il 32%. Dopo tale

anno, tuttavia, la quota di ultra 65enni si consolida intorno al valore del 32-33%, con un massimo

del 33,2% nel 2056.” In sostanza nell’arco dei prossimi trent’anni la popolazione anziana aumenterà da un quinto del totale ad un terzo del totale. Un aumento che comporta notevoli conseguenze sul piano socioeconomico, in particolare non solo per le questioni legate ai servizi sociali, ma anche alla natura degli insediamenti e alle pratiche di residenzialità attiva da mettere in atto.

2 Per popolazione anziana si intende la popolazione con oltre 64 anni di età, ovvero 65 e più anni di età, secondo la

definizione Istat. 3 Ministero dei Lavori Pubblici - Segretariato del CER - Osservatorio della Condizione Abitativa, Indagine a supporto

dell'attuazione della legge n. 431/98, Roma, 1999. 4 Istat, Il futuro demografico del paese. Previsioni regionali della popolazione residente al 2065, Roma, dicembre 2011.

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Certo, questa situazione non è solo italiana, dato che in tutta Europa i trend sono simili. Entro il 2050nell'Unione Europea il numero delle persone oltre i 65 anni d’età crescerà del 70%, quello delle persone oltre gli 80 del 170%, come testimoniano le recenti analisi Eurostat e come ben evidenziano i grafici relativi alle piramidi della popolazione. E’ di tutta evidenza che queste dinamiche hanno implicazioni rilevanti per il futuro, visto che porteranno inevitabilmente a dover soddisfare una maggiore domanda di assistenza, adattando i sistemi sanitari, residenziali e insediativi (e i relativi servizi associati legati alla sicurezza e alla mobilità, ad esempio) alle esigenze di una popolazione che invecchia e allo stesso tempo far sì che rimangano sostenibili per società con una forza lavoro ridotta.

Le sfide sono molteplici, a partire dalla promozione delle politiche europee dell’invecchiamento sano e attivo dei cittadini, poiché un maggior numero di anni in buona salute significa migliore qualità della vita, maggiore indipendenza e la possibilità di rimanere attivi. Una popolazione che

invecchiain buona salute, peraltro, comporta anche minori oneria carico dei sistemi sanitari, con

un impatto positivo sui conti pubblici, un’esigenza strategica in tempi di “spendingreview”.

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A tal proposito l'Unione Europea sta promuovendopolitiche e azioni atte a migliorare le condizioni di vita degli anziani e con alcuni programmi è a fianco degli Stati membri per sviluppare politichee progetti di invecchiamento attivo in buona salute, mediante iniziative volte a migliorare la salute di anziani, lavoratori, bambini e giovani, nonché a prevenire le malattie lungo tutto l'arco della vita.5Ma anche promuovendo azioni innovative nel campo dell’abitare, attraverso varie politiche, comprese quelle di housing sociale.6

Il tema dell’invecchiamento attivo riguarda diverse aree di intervento, tra le quali si possono ricordare la salute, la residenzialità, il sostegno ai redditi e in generale i servizi di inclusione sociale. Tali queste questioni, tuttavia, sono oggi al centro dell’attenzione per l’aggravamento delle

condizioni di vita degli anziani, a causa della crisi economica e delle relative difficoltà per

mantenere livelli minimi di qualità della vita in funzione delle ristrettezze imposte dai bilanci

familiari in ragione delle difficoltà delle condizioni socioeconomiche generali, comprese le

riduzioni dei servizi (in particolare quelli locali) frutto delle politiche di controllo del bilancio

delle amministrazioni pubbliche, in particolare con la “spendingreview”.

L’invecchiamento della popolazione, infatti, è una delle questioni più rilevanti di cambiamento economico e sociale che attraversano e attraverseranno il futuro del nostro paese e di tutta l’Europa. E’ un tema che coinvolge la struttura stessa della principale componente sociale su cui

si fonda la società, ovvero la famiglia e il sistema dei nuclei familiari. I cambiamenti nella

struttura della composizione dei nuclei familiari, già emersa come fattore strutturale di forte

trasformazione nel precedente censimento Istat del 2001, con la rilevazione dell’ultimo censimento del 2011 non solo conferma ma vede ampliata la sua modifica profonda verso una progressiva e pressoché inevitabile atomizzazione.

Indicatori relativi alle famiglie

Popolazione var % Numero di

famiglie

var % Comp

medi

Famiglie

unipersonali

var % %

famunipers

1971 54.136 15.981 3,4 2.062 12,9%

1981 56.556 4,5% 18.632 16,6% 3,0 3.323 61,2% 17,8%

1991 56.778 0,4% 19.909 6,9% 2,9 4.100 23,4% 20,6%

2001 56.995 0,4% 21.810 9,6% 2,6 5.428 32,4% 24,9%

2011 60.626 6,4% 25.175 15,4% 2,4 7.221 33,0% 28,7%

Fonte: elaborazione su dati Istat

Al censimento del 2011 le famiglie in Italia erano quasi 25,2 milioni per un totale di oltre 60,6 milioni di residenti, pari ad un numero medio di componenti per famiglia di 2,4 persone.

5 Si veda a tal proposito il programma EuropeanInnovation Partnership on Active and HealthyAgeing (EIP on AHA).

6 Il 2012 è “Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”. L’UE attraverso vari

programmi ed eventi vuole sensibilizzare l'opinione pubblica al contributo che le persone anziane possono dare alla società.

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Confrontando i dati con la struttura delle famiglie presente ai censimenti precedenti, emerge che nell’arco degli ultimi quarant’anni la famiglia italiana ha perduto un componente. Erano infatti 3,4 i componenti medi per famiglia nel 1971, oggi sono 2,4.

Ma i dati più eclatanti, assieme a quello sulla dinamica relativa al numero di famiglie (con variazioni percentuali decennali estremamente rilevanti se confrontate con quelle della popolazione e direttamente correlate alla crescita della domanda abitativa soprattutto nei segmenti di piccola e medio-piccola dimensione, come emerge dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio), è quello relativo al numero assoluto di famiglie unipersonali, passate da poco più di 2 milioni nel 1971 a oltre 7,2 milioni del 2011, con un peso percentuale sul totale di quasi il 30%.

In sostanza tre famiglie su dieci oggi sono composte da una persona sola. Di queste, in base a stime elaborate dall’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia7, poco meno della metà, circa 3,5 milioni, sono composte da ultra 65enni, delle quali 2,3 milioni sono riferibili a ultra 75enni. Sono dati molto significativi che evidenziano come il fenomeno sia molto esteso.

Famiglie unipersonali formate da ultra65enni – Italia Stime al 1° gennaio 2010-2031

Fonte: stime Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, 2010

7 L’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia è istituito presso la Struttura Operativa del Comune di Bologna in

collaborazione e a supporto delle attività del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Questi dati sono confortati e confermati dalle indagini multiscopo sulle famiglie elaborate dall’Istat che evidenziano, oltre ad alcune particolari differenziazioni regionali (basate sul fa7o che le regioni se7entrionali hanno tassi di fecondità più bassi, una maggiore speranza di vita alla nascita ed una più alta percentuale di anziani), che nel 2010 le famiglie italiane con un anziano e più sono oltre un terzo del totale (36,5%), un valore più elevato di quelle con minori, che raggiungono “solo” il 28%. Le famiglie con almeno un anziano over 75 sono il 19,2%. Sono molte le famiglie composte solamente da persone anziane, ben il 23,1%, e da over 75, l’11,7%.

Considerando che un terzo delle famiglie italiane è composto da persone con 65 e più anni di età e che poco meno della metà di questa popolazione vive in nuclei unipersonali, emerge che circa il 14% delle famiglie italiane sono composte da anziani che vivono soli, per un totale di circa 3,5 milioni di abitanti, pari al 5,8% del totale della popolazione residente.

Famiglie con anziani nelle regioni (media 2008-2009) per 100 famiglie

Regioni Almeno un anziano

di 65 anni e più

Almeno un anziano

di 75 anni e più

Tutti anziani di 65

anni e più

Tutti anziani di 75

anni e più

Piemonte 37,3 19,2 26,0 12,2

Valle d’Aosta 33,3 15,4 23,4 10,9

Lombardia 34,5 17,1 22,3 10,8

Trentino Alto Adige 32,0 15,6 21,4 9,8

Veneto 35,2 18,4 21,0 10,5

Friuli Venezia Giulia 38,9 20,0 25,6 11,5

Liguria 41,9 23,6 30,5 15,6

Emilia Romagna 37,4 19,2 24,8 11,9

Toscana 40,4 23,2 24,5 13,0

Umbria 41,0 23,8 26,1 14,1

Marche 40,3 22,4 23,4 12,0

Lazio 35,4 17,8 22,9 11,4

Abruzzo 39,6 22,6 23,4 13,0

Molise 41,7 25,2 26,6 16,1

Campania 34,0 18,3 19,3 10,8

Puglia 35,6 18,7 23,1 12,2

Basilicata 38,9 21,5 24,8 14,4

Calabria 37,2 19,2 22,4 12,3

Sicilia 36,7 20,2 23,0 12,5

Sardegna 35,7 17,3 20,2 9,9

ITALIA 36,5 19,2 23,1 11,7

Fonte: Istat, indagine multiscopo “aspetti della vita quotidiana”- Media 2008-2009

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2. La condizione abitativa degli anziani

Per verificare le condizioni abitative degli anziani, non essendo disponibili i dati definitivi e disaggregati dell’ultimo censimento Istat, si deve far per forza riferimento sia al precedente censimento Istat del 2001, al fine di un generico inquadramento delle condizioni abitative degli anziani in Italia, sia a più recenti indagini multiscopo dell’Istat, basate su sistemi di valutazione campionaria e dunque utili ad aggiornare il quadro descrittivo e interpretativo.

Per quanto riguarda i dati sulla condizione abitativa degli anziani, una recente ricerca realizzata da AeA (Abitare e Anziani)8 basata sui dati del censimentoIstat del 2001ha evidenziato che:

• il 77,4% degli ultrasessantacinquenni abitano in case di proprietà;

• il 32,70% degli anziani vive solo in case di proprietà;

• gli anziani che vivono soli nel 61,2% dei casi posseggono un’abitazione con un numero di vani superiore a 4;

• le case abitate in proprietà da famiglie con almeno un anziano con più di 65 anni nel 73,1% dei casi hanno più di 4 stanze, ed in particolare più della metà di queste case grandi è costituita da 5 o più stanze;

• nelle case abitate inproprietà da famiglie con anziani, in oltre il 72% dei casi si tratta di famiglie con una persona o due conviventi (verosimilmente marito e moglie);

• le case dove vivono famiglie con almeno un anziano con più di 65 anni sono state costruite nel 48% dei casi prima del 1961 e circa il 27% prima del 1945;

• le case costruite prima del 1945 sono in condizioni mediocri o pessime nel 32,9% dei casi;

• nel 27% dei casi queste case non hanno un vero e proprio impianto di riscaldamento ma più spesso singoli apparecchi o fon5 di calore;

• nel 50% dei casi le abitazioni occupate da famiglie in cui l’intestatario del foglio di famiglia ha più di 65 anni non risultano essere state sottoposte ad interventi di manutenzione;

• nel 37% dei casi queste case sono prive di ascensore.

L’indagine svolta da AeAha analizzato anche altre e più recenti analisi Istat evidenziando che:

• le case sono più vecchie e peggio conservate tanto più piccoli sono i comuni;

• a parte le città con più di 500.000 abitanti, il numero delle case senza ascensore supera il 60%, fino a raggiungere la quasi totalità nelle ci7à con meno di 3000 abitanti;

• nelle ci7à metropolitane le abitazioni hanno dimensioni degli alloggi più rido7e di quelle delle altre ci7à (65,5% con più di 4 stanze contro valori intorno al 75%);

• le case abitate da uno o due persone sono sempre in gran numero (oltre il 70%, fino al 75,5% nei piccoli comuni);

• gli impianti centralizzati per il riscaldamento sono tanto più diffusi quanto più aumenta la dimensione della ci7à e, al contrario, l’uso di apparecchi singoli è maggiore nei piccoli centri.

Si riportano nelle pagine seguenti alcune schede di sintesi elaborate e partire dai dati riportati dall’indagine AeA.

8AeA, Le condizioni abitative degli anziani in Italia, Roma, aprile 2009.