INDAGINE AGCOM 1997

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1 INDAGINE CONOSCITIVA NEL SETTORE DEGLI ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI INDICE PARTE PRIMA: LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI PROFESSIONALI - ASPETTI GENERALI 1. Le professioni intellettuali protette - inquadramento giuridico 1.1 Le professioni e la legge a tutela della concorrenza 1.2 Le professioni protette 1.2.1 Definizione di professione protetta 1.2.2 Il rapporto Stato-professioni protette. Cenni alle origini storiche 1.3 Organizzazione delle professioni 1.3.1 La struttura degli ordini 1.3.2 Funzioni e poteri 1.4 I principali strumenti di regolamentazione 1.4.1 Le tariffe 1.4.2 Le esclusive di attività 2. La regolamentazione dei servizi professionali - analisi economica 2.1 Caratteristiche dei servizi professionali e motivazioni degli interventi di regolamentazione 2.1.1 Asimmetrie informative 2.1.2 Forme di selezione avversa 2.1.3 Effetti esterni ed efficienza 2.2 Forme di regolamentazione 2.2.1 Requisiti minimi di capitale umano 2.2.2 Standard relativi alla qualità della prestazione 2.2.3 I minimi tariffari 2.3 Autoregolamentazione: costi e benefici 2.4 Conclusioni

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INDAGINE CONOSCITIVA NEL SETTORE DEGLI ORDINI ECOLLEGI PROFESSIONALI

INDICE

PARTE PRIMA: LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI PROFESSIONALI - ASPETTI GENERALI

1. Le professioni intellettuali protette - inquadramento giuridico1.1 Le professioni e la legge a tutela della concorrenza

1.2 Le professioni protette1.2.1 Definizione di professione protetta1.2.2 Il rapporto Stato-professioni protette. Cenni alle origini storiche

1.3 Organizzazione delle professioni1.3.1 La struttura degli ordini1.3.2 Funzioni e poteri

1.4 I principali strumenti di regolamentazione1.4.1 Le tariffe1.4.2 Le esclusive di attività

2. La regolamentazione dei servizi professionali - analisi economica2.1 Caratteristiche dei servizi professionali e motivazioni degli

interventi di regolamentazione2.1.1 Asimmetrie informative2.1.2 Forme di selezione avversa2.1.3 Effetti esterni ed efficienza

2.2 Forme di regolamentazione2.2.1 Requisiti minimi di capitale umano2.2.2 Standard relativi alla qualità della prestazione2.2.3 I minimi tariffari

2.3 Autoregolamentazione: costi e benefici

2.4 Conclusioni

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PARTE PRIMA

LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI PROFESSIONALIASPETTI GENERALI

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CAPITOLO PRIMO: LE PROFESSIONI INTELLETTUALIPROTETTE-INQUADRAMENTO GIURIDICO

1.1 Le professioni e la legge a tutela della concorrenza

1. L’applicazione alle libere professioni della normativa posta a tuteladella concorrenza presuppone che l’esercizio della professione intellettuale siaassimilabile all’attività di “impresa”.

2. Contro siffatta assimilazione, e, più in generale, a favore dellasottrazione delle attività professionali all'applicazione delle regole dellaconcorrenza, viene tradizionalmente sostenuto che l'operare dei meccanismi dimercato nel settore delle professioni non garantirebbe la massimizzazione delbenessere sociale, il cui perseguimento giustificherebbe invece l’introduzione disvariati strumenti di regolamentazione concernenti tra l’altro l’accesso allaprofessione, le tariffe, la pubblicità.

3. Viene inoltre ricordato che tale impostazione è stata recepita dalcodice civile, che conferisce al professionista intellettuale protetto uno statusdiverso da quello dell'imprenditore, tenuto conto del fatto che il codice stessodisciplina le professioni intellettuali in un capo distinto e mediante normepeculiari (artt. 2229-2238 c.c.), e in particolare che, ai sensi dell'art. 2238 c.c.1,le attività professionali non sono legislativamente considerate quali attivitàimprenditoriali. Tale norma escluderebbe infatti che l'attività professionalecostituisca impresa e, conseguentemente, che ad essa siano applicabili le normesull'impresa, a meno che l'esercizio della professione rappresenti un elemento diun'attività organizzata in forma di impresa.

4. Giova innanzitutto osservare che l’assimilazione dell’attività svolta daiprofessionisti intellettuali all’attività di impresa rappresenta un principio ormaiconsolidato nel diritto comunitario della concorrenza. Al riguardo le ripetuteiniziative intraprese dalla Comunità, a livello normativo e giurisprudenziale,ispirate al principio dell'applicabilità delle norme antitrust anche al settore dellelibere professioni appaiono senz'altro costituire, in ambito nazionale, unimprescindibile punto di riferimento.

1 L’articolo stabilisce che “ se l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata informa di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II.In ogni caso se l’esercente una professione intellettuale impiega sostituti e ausiliari, si applicano ledisposizioni delle sezioni II, III, e IV del capo I del titolo II”.

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5. Come è noto, tali iniziative trovano il loro presupposto nell'ampianozione di impresa adottata a livello comunitario, secondo la quale, nelcontesto del diritto della concorrenza, si qualifica come impresa qualsiasi entitàche esercita un'attività economica a prescindere dal suo stato giuridico e dallesue modalità di finanziamento2. E’ dunque l’attività economica svolta a rilevaree ciò in relazione agli obiettivi che l’ordinamento comunitario persegue.Pertanto, ove si consideri che il diritto della concorrenza è diretto a regolarel’azione sul mercato di qualsiasi soggetto economico, in quanto esso è idoneoad alterare il funzionamento del mercato, trova giustificazioneun’interpretazione funzionale a tale obiettivo che conferisce rilevanza a tutte leentità che agiscono sul mercato, prescindendo dalla forma giuridica cherivestono. L’impresa assume, in tale ambito, carattere relativo e strumentale inordine all’applicazione delle regole della concorrenza.

La linea interpretativa seguita in sede comunitaria prescinde quindi dauna precisa categorizzazione giuridico formale del concetto e privilegial'aspetto funzionale dell'impresa dando rilevanza predominante, ai fini dellaqualificazione della fattispecie giuridica, all'esercizio dell'attività economica,ossia a quella attività consistente nell'offerta di beni e servizi. In altri termini,l’attività diventa economica e qualifica l’impresa quando è in grado di incideresul mercato e dunque quando lo stesso mercato è configurabile. Tale concettodi impresa risulta senz'altro idoneo a comprendere anche le attività degliesercenti le professioni intellettuali, incluse quelle protette, in quanto sisostanziano nell'erogazione di servizi a fronte di un corrispettivo3.

6. Peraltro, l'equiparazione delle libere professioni al trade or commerce,con conseguente soggezione delle prime alle norme antitrust, era già stataaffermata negli Stati Uniti4. Sicché può dirsi che la giurisprudenza comunitaria

2 Cfr. Corte Giust. 23 aprile 1991, Hofner, Elser/Macroton.3Cfr. L. Di Via, L’impresa, in Diritto Privato Europeo, Padova, 1997, il quale sottolinea che il Parlamentoeuropeo, come si deduce dalla XIX e XX Relazione sulla politica della concorrenza ha invitato laCommissione a promuovere la concorrenza nel settore delle libere professioni. Le prime decisioni formalidella Commissione in questo senso riguardano gli spedizionieri doganali italiani (decisione del 30 giugno1993, Consiglio Nazionale Spedizionieri Doganali) e gli agenti di brevetto spagnoli (decisione del 31gennaio 1995, Coapi). Con riferimento a quest’ultimo caso, la Commissione, proprio in relazione ad unafigura professionale, quella dei consulenti in proprietà industriale, prevista dalla legge spagnola, ha precisatoche "Gli API (agentes de la propietad industrial) prestano i loro servizi in modo stabile e retribuito. Il fattoche essi costituiscano una libera professione regolamentata (.....), che le prestazioni abbiano carattereintellettuale, tecnico o specializzato e siano fornite su base personale e diretta non cambia nulla alla naturadi attività economica".4 In U.S. Supreme Court no. 74-70, June 16, 1975, Lewis Goldfarb et ux. v. Virginia State Bar, si affermache la disposizione del § 1 dello Sherman Act non contiene eccezioni. In particolare, “lo Sherman Act èapplicabile nei confronti di ogni persona impegnata negli affari la cui attività potrebbe restringere omonopolizzare gli scambi economici tra gli Stati. Nel mondo moderno non si può negare che l’attività diavvocato gioca un ruolo importante negli scambi economici e che le pratiche anticoncorrenziali traavvocati possono costituire una restrizione al commercio”.

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si è fatta portatrice, in questa materia, di un modo di sentire che tende ageneralizzarsi nel mondo contemporaneo.

7. Va detto inoltre che alcuni Paesi membri dell’Unione stannoeliminando progressivamente i vincoli che la normativa poneva alla liberainiziativa economica in questo settore5.

8. Assume rilievo, a questo punto, il disposto di cui all'art. 1, comma 4,della legge n. 287/90, secondo il quale le norme di questa legge vannointerpretate in base ai principi dell'ordinamento delle comunità europee inmateria di disciplina della concorrenza. Il che comporta che al concettod'impresa non potrebbe esser dato, nell'interpretazione di detta legge, unsignificato diverso da quello accolto in ambito comunitario.

Ne deriva che, quale che sia il concetto di impresa già vigente nel dirittointerno e quale che sia in esso la condizione giuridica dei professionistiintellettuali protetti, questi ultimi vanno considerati quali imprese, agli specificieffetti della legge n. 287/19906. L’assimilazione della libera professione alconcetto di impresa appare infatti consona con la ratio che sottende la legge n.287/90, la quale essendo volta a garantire l’assetto concorrenziale del mercatoconcerne chiunque, a prescindere dal suo status giuridico, per il solo fatto diproporsi come fonte di soddisfacimento dei bisogni, vi operi attivamente econtribuisca alla definizione del suo equilibrio7.

5 Cfr. L. Di Via, cit., 278, il quale mette in luce che, nel Regno Unito, ad esempio, “già nel 1970 la Mergerand Monopolies Commission (MMC) ha affermato che la fissazione collettiva delle tariffe degli onorari, idivieti di pubblicità, il divieto di esercitare la professione nella forma della società a responsabilitàlimitata, il divieto di associarsi con altri professionisti costituiscono pratiche suscettibili di essere contrarieall’interesse pubblico (The Monopolies Commission, A report on the general effect on the public interest ofcertain restrictive practices so far as they prevail in relation to the supply of professional service, London,October, 1970)”. Dopo questo intervento alcune professioni, a volte volontariamente altre sollecitate, hannoiniziato a modificare le loro pratiche.Tra le iniziative più recenti è utile inoltre ricordare l’emanazione, in Spagna della legge 14 aprile 1997 n. 7,recante alcune importanti modifiche della regolamentazione dell’attività dei professionisti, in particolare intema di tariffe, volte a sottoporre tale attività alle norme a tutela della concorrenza.6 Cfr. F. Galgano, G. Schiano di Pepe, Parere per l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatointorno alle libere professioni intellettuali, 1996.7 A queste conclusioni l’Autorità era già giunta in altre occasioni. In particolare la Federazione Italiana Velaè stata qualificata come impresa dal punto di vista economico e assoggettata alla legge n. 287/90, in virtù delfatto che la sua attività non consiste solo nell’esercizio di poteri regolamentari ma comporta anchel’assunzione di scelte economiche relative al reperimento e alla distribuzione dei finanziamenti(Provvedimento del 18 novembre 1992, Aici-Fiv). L’Autorità inoltre ha già assoggettato alle regole dellaconcorrenza le professioni intellettuali, nel provvedimento del 14 dicembre 1994, Tariffe Amministratori diCondomini, nel quale sono stati considerati imprese gli amministratori di condomini, i quali esercitanoun’attività svolta anche dai geometri. Al riguardo il TAR del Lazio, con decisione del 25 ottobre 1995, nelrigettare il ricorso proposto contro la citata decisione dell’Autorità, ha condiviso la definizione di impresarisultante dal diritto comunitario e riferita a tutti i soggetti che svolgono attività economica e che, quindi,siano attivi su un determinato mercato.

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9. Atteso che l’assimilazione della professione intellettuale all’attivitàd’impresa appare perfettamente coerente con la nozione d’impresa adottata inambito comunitario, è importante sottolineare altresì che l’adozione di unanozione funzionale di impresa non solo non si pone in contrasto con il nostroordinamento, ma nemmeno rappresenta una novità nell’ambito dello stesso.Con riferimento alla nozione di impresa prevista dal nostro codice vaconsiderato innanzitutto che il legislatore del ‘42 “nel dettare la disciplinadell’impresa non si è preoccupato di riconoscere e regolare l’entità economicacome struttura giuridica autonomamente rilevante”, quanto “di individuarel’impresa nel suo profilo dinamico, come attività, al solo fine di risalire alsoggetto che la svolge, così da poter determinare la disciplina (....) cui questisoggiace”8.

Pertanto, anche in base al nostro ordinamento la ricostruzione dellanozione d’impresa in termini unitari non è agevole, dal momento che lalegislazione speciale non ha mancato di assumere spesso la nozione d’impresain un’accezione differente o comunque in base ad elementi che non coincidonocon quelli che concorrono a delineare la fattispecie codicistica9. Si tenga infattipresente che i requisiti posti dall’art. 2082 c.c. sono i requisiti rilevanti ai finidella nozione civilistica di imprenditore, ai fini cioè dell’applicazione dellenorme di diritto privato che fanno riferimento all’impresa e all’imprenditore o afigure qualificate. Pertanto, “le nozioni giuridiche di impresa e di imprenditoreelaborate in altri settori del diritto non coincidono puntualmente con quellafissata dall’art. 2082”10. Ciò è spiegato dal fatto che il legislatore, in funzionedegli interessi che nelle singole circostanze appaiono meritevoli di protezionepuò dare una ricostruzione diversa di uno stesso fenomeno che, tuttavia,continua ad essere designato con espressioni fondamentalmente identiche.“Non esiste quindi la nozione di impresa, ma esistono in diritto le nozioni diimpresa (civilistica, tributaria, comunitaria) dettate in funzione degli specificiassetti normativi regolati e degli specifici interessi cui si intende daresistemazione”11. Con questo non si intende rinnegare la validità della

8 Cfr. G. Guizzi, Il concetto di impresa tra diritto comunitario, legge antitrust e codice civile, in Riv. Dir.Comm., n. 3-4, 1993, 287.9 In questo senso si è espresso G.F. Campobasso, Diritto Commerciale: diritto dell’impresa, Torino 1986, 27il quale per spiegare i rapporti tra la definizione di impresa e quelle emergenti dalle leggi speciali appuntosottolinea che “i requisiti posti dall’art. 2082 sono i requisiti rilevanti ai fini della nozione civilistica ... edunque solo tendenzialmente coincidenti con quelli autonomamente fissati da altri settoridell’ordinamento” pervenendo dunque, alla luce di tali premesse alla conclusione che “non esiste unanozione giuridica d’impresa ...ma solo le nozioni giuridiche d’impresa”.10 Così G.F. Campobasso, cit., 27.11 Così G.F. Campobasso, cit., Torino, 27.Al riguardo non si è mancato di sottolineare come la necessità di far fronte alle nuove esigenze emergenti edi assicurarvi adeguata protezione abbia determinato il moltiplicarsi di leggi speciali che sempre più spessosi pongono non come “specificanti” ma piuttosto come leggi “decodificanti” che consentono legittimamente

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definizione del codice come definizione tendenzialmente generale della realtàgiuridica dell’impresa, ma riconoscere che gli elementi che la compongono nonsempre hanno il medesimo grado di significatività quale presupposto perl’applicazione delle diverse discipline e prendere atto che le istanze chegiustificano il ricorso ad una certa normativa possono essere meritevoli di tutelaper la sola presenza di alcuno di questi elementi. In sostanza, nell’applicazionedelle norme che concernono l’impresa appare necessario non limitarsi ad unaccertamento della mera rispondenza formale della realtà concreta con lafattispecie astratta, ma procedere ad una interpretazione teleologica.

10. Al riguardo pertanto, occorre considerare il fatto che la finalitàperseguita dalla legge n. 287/90 non si esaurisce nella tutela della concorrenzacome aspetto della libertà di iniziativa economica del singolo individuo, mariguarda la difesa di tale regime economico come il più idoneo a soddisfareesigenze della collettività. A tal fine, la normativa prende in considerazionenormalmente atti provenienti da imprese nel significato codicistico del termine,ma può riguardare anche atti economicamente rilevanti che, pur non realizzatida imprese quali risultano dalla definizione codicistica del termine, presentanoperò eguale capacità di alterazione dell’equilibrio del mercato.

In sostanza, si tratta di un processo di adattamento della fattispeciecompiuto dall’interprete in considerazione delle finalità della legge che siintende applicare e che consente di pervenire ad una definizione del fenomenoche permette di dare un’adeguata protezione agli interessi che il legislatore haritenuto meritevoli di tutela12.

Pertanto, poiché l’adozione di una nozione di impresa funzionale ad unospecifico interesse non è una novità nel nostro ordinamento giuridico, lanozione ampia di impresa adottata ai fini della tutela delle norme poste a tuteladella concorrenza non si pone assolutamente in contrasto con lo stesso.

11. Infine, a prescindere dalle considerazioni fino ad ora svolte, vacomunque osservato che l’assimilazione della professione intellettualeall’impresa non si pone necessariamente in contrasto con la generale nozioned’impresa dettata dal codice civile all’art. 208213, poiché quest’ultima è già diper sè idonea a comprendere l'attività dei professionisti intellettuali. La nozione

di ricostruire la fenomenologia giuridica secondo una logica eterodossa rispetto a quella del Codice. Cfr.N.Irti, Leggi speciali (dal mono sistema al poli sistema), in Riv Dir. Civ. 1979, 141 ss.; L’età delladecodificazione, Milano, 1979; e, da ultimo, La cultura del diritto civile, Torino, 1990.12 Così G. Guizzi, cit.13Secondo tale articolo "E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata alfine della produzione o dello scambio di beni o di servizi".

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di impresa in genere, desumibile da quella di imprenditore, risulta infattiestremamente ampia.

Al riguardo, l’art. 2082 c.c., che apre il capo I- concernente l’impresa ingenerale- del titolo II, definisce l’imprenditore come colui che esercitaprofessionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione odello scambio di beni o di servizi. A ben vedere nell’esercizio della professioneintellettuale sono presenti tutti i quattro requisiti in cui viene tradizionalmentescomposta la nozione civilistica per l’identificazione della figuradell’imprenditore e quindi, dell’impresa in genere: la professionalità, l’attivitàeconomica, l’organizzazione, il fine della produzione o dello scambio di beni oservizi.

L’esercizio di una attività intellettuale infatti può (ed anzi lo ènormalmente) essere svolto con professionalità, con tale intendendosil’esercizio abituale e non occasionale di una data attività; ha ad oggetto unaattività economica, ovvero una attività condotta con metodo economico,secondo modalità cioè che consentano la copertura dei costi con i ricavi; èattività organizzata, come tale intendendosi l’attività di programmazione e dicoordinamento della serie di atti in cui essa si sviluppa, ovvero l’impiegocoordinato di fattori produttivi (capitale e lavoro) propri e/o altrui14; è infineattività produttiva di servizi, potendo le opere e le prestazioni intellettualiessere annoverate tra i beni e i servizi ed essendo irrilevante ai fini dellaqualificazione di una attività come produttiva la natura dei beni o serviziprodotti o scambiati ed il tipo di bisogno che essi sono destinati a soddisfare.

Il vasto concetto di impresa contenuto nell’art. 2082 c.c. prescindequindi dallo status particolare del soggetto ed è suscettibile di ricomprendereanche l’esercizio delle professioni intellettuali, trattandosi di attivitàeconomiche esercitate professionalmente ed organizzate per la produzione e loscambio di servizi. Pertanto, l'adattamento del diritto interno al dirittocomunitario non comporta in questo caso una modificazione delle categorieordinanti del sistema codicistico.

12. Nè per escludere professionisti intellettuali dal novero degliimprenditori possono essere addotte le norme di cui all’art. 2232 c.c.

14 L’organizzazione imprenditoriale può essere anche organizzazione di soli capitali e del proprio lavorointellettuale e/o manuale. Parte della dottrina fa poi esplicito riferimento alla figura del piccolo imprenditore,delineata dall’art. 2083 cc. dove è considerato imprenditore colui che esercita un’attività organizzataprevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia, per affermare che è imprenditoreanche chi si limita ad organizzare il proprio lavoro senza impiegare nè lavoro altrui nè capitali. In questosenso, W. Bigiavi, La piccola impresa, Milano, 1947, F. Galgano, Diritto commerciale I, Bologna, 1982, M.Bione, L’impresa ausiliaria, Padova, 1971 e P.G. Jaeger, La nozione d’impresa dal codice allo statuto,Milano 1985.

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sull’esecuzione personale delle prestazioni del professionista o all’art. 2233 c.c.sulle caratteristiche forme e misure di compenso. Tali norme non attengono aicriteri di individuazione del soggetto rilevante per l’applicazione delladisciplina, ma alla particolare disciplina prevista per un determinato soggetto.Non è infatti in base alla forma di remunerazione di cui all’art. 2233 c.c. che sistabilisce se un soggetto è professionista o imprenditore, bensì si applica laforma di remunerazione di cui all’art. 2233 c.c. a chi sia professionistaintellettuale.

13. Da ultimo, c’è, ed è già stato ricordato, l’articolo 2238 c.c.. A benguardare, tuttavia, tale norma si limita ad escludere implicitamentel’applicazione di una disciplina, quella dello statuto dell’imprenditore, aiprofessionisti intellettuali, ma da ciò non si può inferire necessariamente anchela negazione della qualificazione giuridica della fattispecie di imprenditore. Alriguardo, la norma al primo comma dispone che “se l’esercizio dellaprofessione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa,si applicano anche le disposizioni del titolo II” (il richiamo dell’intero titolo IIrende applicabili anche le disposizioni del capo III, relative all’imprenditorecommerciale) e al secondo comma che “in ogni caso, se l’esercente unaprofessione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizionidelle sezioni II,III e IV del titolo II”, concernenti i rapporti di lavoro e iltirocinio (non è richiamata quindi la sezione I nella quale è compreso l’art.2082 c.c. che definisce l’imprenditore).

Da tale norma si è invece desunta altresì la negazione implicita dellaqualità di imprenditori ai liberi professionisti che diverrebbero imprenditori solose e in quanto la professione intellettuale sia esplicata nell’ambito di altraattività di per sè qualificabile come impresa rispetto alla quale l’esercizio dellaprofessione si ponga quale semplice “elemento”(primo comma), mentre ilprofessionista intellettuale che si limiti a svolgere la propria attività nondiverrebbe mai imprenditore, neanche nell’ipotesi in cui si avvalga di una vastaschiera di collaboratori e di un complesso apparato di mezzi materiali dandovita ad una organizzazione complessa di capitale e lavoro (secondo comma). Inquesto secondo caso infatti si applicano al professionista le norme chedisciplinano il lavoro nell’impresa ma non la restante disciplina dell’impresa.

Sulla scia di quanto autorevolmente sostenuto da F. Galgano15, è benpossibile opporre a tale interpretazione la considerazione che, se da tale normaappare scontata un’esclusione implicita dell’applicazione della disciplina

15 Cfr. F. Galgano, G. Schiano di Pepe, cit.

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dell’imprenditore ai professionisti intellettuali, non altrettanto scontata appareanche la negazione della loro qualità di imprenditori.

Anzi, se i professionisti intellettuali non potessero comunque rientrare intale fattispecie, in quanto carenti dei requisiti, non vi sarebbe alcuna necessitàdi negare implicitamente l’applicazione della disciplina dell’impresaall’esercizio della loro attività. La esenzione stabilita dall’art. 2238 c.c. hasenso proprio perché in sua assenza le caratteristiche della fattispecie avrebberopotuto comportare anche l’applicazione dello statuto dell’imprenditore aiprofessionisti intellettuali nell’esercizio della loro professione, circostanza cheil legislatore ha voluto evitare attribuendo, in virtù di considerazioni di caratterestorico e sociologico, ad un determinato ceto un particolare privilegio,consistente nell’immunità rispetto allo statuto dell’imprenditore e nellaprevisione di una disciplina ad hoc. Tale immunità deriverebbe dalla tradizione,che ha sempre differenziato l'esercente le professioni liberali dal commerciante,tenuto conto della condizione e della considerazione sociale dell'uno edell'altro, nonché dalla volontà del legislatore di sottrarre i professionistiintellettuali all’applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale16 17.

14. L’esenzione concessa ai professionisti intellettuali è del restocircoscritta al solo esercizio della professione intellettuale, proprio perché ladisciplina ad hoc prevista per tale esercizio è considerata dal legislatorenecessaria e sufficiente per tutelare gli interessi e i rapporti che esso mette ingioco. Quando invece l’oggetto dell’attività esercitata dal libero professionistava oltre le prestazioni intellettuali, la disciplina prevista per le professioniintellettuali è pur sempre necessaria con riguardo a tali prestazioni, ma non èpiù sufficiente con riguardo alle ulteriori attività che vengano esercitate. Questotuttavia non significa che la prima attività non abbia le caratteristiche elencatenell’art. 2082 c.c. e che le abbia invece la seconda, bensì che la prima attivitàusufruisce di un privilegio ed è esentata dall’applicazione della disciplinarelativa all’impresa e la seconda invece non ne è esentata.

Al riguardo deve essere ulteriormente osservato che la norma prevedeanche l’applicabilità delle disposizioni sull’impresa “se l’esercizio della

16 Sulla concessione di un privilegio concordano F. Farina, Esercizio di professione intellettuale edorganizzazione ad impresa, in Impresa e società. Scritti in memoria di A. Graziani, V, Napoli, 1968, V.Buonocore, Fallimento e Impresa, Napoli, 1969 e G.F. Campobasso, già citato. Nello stesso ordine di idee,T. Ascarelli, Corso di diritto commerciale. Introduzione e teoria dell’impresa, Milano 1962, F. GalganoDiritto commerciale, cit., e G. Cottino, Diritto commerciale, I, Padova, 1979.17 A ciò si aggiunga che il legislatore dell’epoca avvertiva come particolarmente importante la necessità disottrarre i professionisti a una disciplina dell’impresa incentrata su un particolare regime di responsabilitàdell’imprenditore verso lo Stato per l’osservanza della disciplina corporativa della produzione, che oggi nonha più ragion d’essere.

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professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa”e non “se l’attività del professionista è organizzato in forma di impresa”. Da ciòsi può desumere che la norma non vuole affatto significare che in questa ipotesila professione intellettuale si trasforma da non impresa a impresa, in quanto secosì fosse la formula adottata avrebbe fatto propendere per una sostituzionetout court della disciplina dell’impresa a quella prevista per l’esercizio dellaprofessione intellettuale. L’attività del professionista intellettuale rimane invecepur sempre distinta e disciplinata dalle norme relative alle professioniintellettuali, e non viene sostituita dalla disciplina dell’impresa, ma affiancataad essa. In altri termini l’attività professionale rimane pur sempre “esentata”dall’applicazione della disciplina sull’impresa e continua a beneficiare di per sèdi una disciplina ad hoc, mentre la disciplina sull’impresa si rende in questocaso applicabile congiuntamente perché il professionista intellettuale svolgeanche altre attività che non godono di tale beneficio18.

15. In conclusione, l’assoggettamento dei professionisti intellettuali allenorme poste a tutela della concorrenza in quanto esercitano un’attività che puòessere qualificata impresa trova un sicuro fondamento nel diritto comunitario, alquale quelle norme si devono informare, e non è contraddetta dal codice civile.

E tale conclusione non implica in nessun modo una scarsa considerazionedelle peculiarità dei mercati dei servizi professionali, quanto piuttosto ilriconoscimento che tali specificità, se pure hanno giustificato in passatol’esenzione del settore da alcune discipline, non costituiscono tuttavia fattori diautomatica e generale sottrazione alle stesse regole della concorrenza. Peraltro,proprio le distintive caratteristiche dei servizi professionali inducono adeffettuare una accurata verifica in relazione agli interessi pubblici e privati chel’attuale regolamentazione delle professioni intellettuali si propone di tutelareed in particolare inducono a valutare in che misura sia ancora giustificabile latutela di tali interessi, soprattutto di quelli esclusivamente di categoria,verificando a qual punto e in quali casi la difesa degli stessi è suscettibile dideterminare distorsioni concorrenziali e non consente di conseguire le finalità diinteresse generale sottese alla legge n. 287/90. Tali valutazioni si impongonoanche in considerazione della tendenza, da parte di un sempre maggior numerodi professioni emergenti, ad acquisire una regolamentazione pubblicistica, sullafalsariga di quella stabilita per le professioni protette.

18 E’ il caso del farmacista, al quale vengono applicate sia le norme sulla professione intellettuale in quantosvolgente tale attività, sia quelle sulla disciplina dell’impresa, in quanto svolgente anche un’attivitàcommerciale.

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I criteri di natura generale per effettuare tale valutazione verrannoesplicitati nel capitolo successivo, riguardante le caratteristiche dei serviziprofessionali e la possibile ratio degli strumenti di regolamentazione pubblica edi autoregolamentazione più frequentemente riscontrabili nel settore.

Prima di analizzare tali aspetti, tuttavia, appare opportuno accennarebrevemente all’evoluzione nel tempo del rapporto Stato-professioni, chiarendoin tal modo il processo attraverso il quale sono stati attribuiti poteri diautogoverno alle categorie professionali e si è giunti alla loro attualeregolamentazione.

1.2 Le professioni protette

1.2.1 Definizione di professione protetta

16. La presente indagine si riferisce in particolare alle professioniintellettuali il cui esercizio è subordinato all'iscrizione in albi o elenchi eall'appartenenza ad enti, denominati ordini o collegi professionali. Taliprofessioni vengono anche generalmente indicate con la locuzione "professioniprotette" e sono disciplinate dal legislatore nell’ambito del capo II, tit. III, libroV del Codice Civile, intitolato alle “professioni intellettuali”, che si riferisce aquell’attività autonoma tradizionalmente qualificata con l’espressione“professione liberale”. L’oggetto della disciplina dettata dal citato complesso dinorme è rappresentato da una attività umana qualificata per la presenza di duerequisiti, la professionalità, intesa sotto il profilo della continuità del suoesercizio, e l’intellettualità, intesa come espressione della produzioneintellettuale del soggetto che risulta preminente e determinante in tale attività19.

La previsione normativa rispetto a tali attività è aperta, nel senso chel’iscrizione all’albo non è imposta per tutte le professioni intellettuali, ma soloper alcune attività espressamente previste dalla legge.

1.2.2 Il rapporto Stato-professioni protette. Cenni alle origini storiche

17. Nel sistema italiano lo Stato si è posto come agente di legittimazionedelle professioni intellettuali attraverso le leggi di regolamentazioneprofessionale emanate a partire dal 1874. Infatti solo quelle riconosciute per

19 Sotto questo profilo appare agevole definire le linee di differenziazione della prestazione di operaintellettuale dalla prestazione consistente nel compimento di un opera o di un servizio dietro corrispettivo(art. 2222 c.c.) per il fatto che nella prima ipotesi l’elemento qualificante dell’opera deve essere ricercatonella sua natura di creazione intellettuale; nella seconda invece tale elemento va individuato nelconseguimento di un risultato materiale.

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legge e per le quali la legge indica i requisiti indispensabili all’esercizio(formazione, controllo dell’accesso, iscrizione all’albo) sono professioniconsiderate protette. Lo Stato inoltre ha esercitato i propri poteri percombattere l’abusivismo e per dare riconoscibilità sociale all’utilità eall’esclusività di quei professionisti provvisti delle credenziali richieste.

Inoltre, nel corso tempo, lo Stato ha contribuito a creare una gerarchiadelle libere professioni tramite processi selettivi e di esclusione che hannovalorizzato e privilegiato, a seconda del periodo storico, ora l’una ora l’altraprofessione, modificandone lo status e il rapporto con la società. Nel periodopostunitario la selezione privilegiò i professionisti del diritto che per quasiquarant’anni furono i soli ad avere una legge di inquadramento sul pianonazionale. Il fascismo dal canto suo, valorizzò i tecnici (ingegneri, architetti,commercialisti) affermando attraverso il loro riconoscimento giuridico la loroutilità sociale e valorizzando le loro credenziali attraverso la trasformazionedelle scuole superiori in istituti universitari.

18. Si può inoltre osservare che il rapporto Stato-professioni è statocaratterizzato da un lato dal potere di selezione esercitato dallo Stato, dall’altrodalle pressioni da parte dei gruppi professionali al fine di ottenerericonoscimenti e privilegi legislativi idonei ad incrementare la rilevanza delleprofessioni nel tessuto sociale. Se infatti la decisione di emanare la primanormativa professionale, quella forense, partì dallo Stato, è pur vero che lamaggior parte dei membri del Parlamento dell’epoca erano avvocati e che lesuccessive leggi furono emanate sotto la pressione dei gruppi professionali. Inotai riuscirono così nel 1913 ad ottenere l’obbligo della laurea e a garantirsi uncontrollo rigido dell’accesso e del mercato, gli ingegneri nel 1923 riuscironocon la loro azione a far varare la legge sulla difesa del titolo così come i medicisi batterono tra Otto e Novecento per ottenere la tutela del titolo di studio e ilmonopolio della cura. I commercialisti, come già avevano fatto i medici primadi ottenere nel 1910 il proprio ordine, istituirono ufficiosamente i primi ordiniprofessionali a livello provinciale nel 1911, ma solo nel 1929 la professionevenne riconosciuta e disciplinata sotto il profilo giuridico.

Il sistema italiano si è caratterizzato quindi non solo per una forteinfluenza dello Stato sulle professioni ma anche per una azione costante deigruppi professionali di condizionamento e di contrattazione al fine di otteneremaggiori riconoscimenti legali e, quindi, sociali. In questo senso l’ordine, ossiaquell’istituzione che caratterizza in modo peculiare il sistema delle moderneprofessioni italiane, ha mantenuto quella duplicità insita nel suo stesso nome,l’essere cioè corpo professionale e al tempo stesso ordinamento, punto diincontro tra due interessi, quelli pubblici e quelli privati del gruppo, i cui confininon sono però nettamente tracciati20.

20 Cfr. M. Malatesta, Professioni e professionisti, in Storia d’Italia, Torino, 1996.

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19. Al riguardo è opportuno considerare anche che la regolamentazionelegislativa delle professioni da parte dello Stato è stata la risposta ad esigenzeprovenienti dal mercato, essendo nata solo laddove la professione aveva unastretta connessione con il mercato. A ben vedere infatti esistono professioni chepur avendo un indubbio contenuto intellettuale e una rilevante utilità sociale,quali ad esempio i fisici e i matematici, non sono costituite in ordini. La ragioneè ravvisabile nel fatto che la necessità di dare una regolamentazione alleprofessioni è sentita unicamente dove l’esercizio della professione esplica isuoi effetti su un mercato e dove esiste un rapporto tra professionista e clienteconsistente nell’erogazione di un servizio a fronte di un corrispettivo. E laregolamentazione si prefigge per l’appunto di regolamentare tale rapportononché il mercato su cui esso incide.

L’intreccio tra Stato e mercato è stato poi determinante per le professionicontemporanee perché lo Stato stesso è diventato altresì, via via cheaumentavano i suoi spazi di intervento nell’economia e nella società, un agentedi sviluppo oltre che di regolazione del mercato delle libere professioni. A talfine sono risultati determinanti l’importanza della committenza pubblica per gliarchitetti e gli ingegneri, lo sviluppo dello stato sociale per i medici, e lacrescita dell’apparato statale per le professioni giuridiche e per icommercialisti21.

1.3 Organizzazione delle professioni

1.3.1 La struttura degli ordini

20. Per ogni professione protetta è costituito un ente professionale,ovvero un ordine o collegio organizzato, al quale è affidata la disciplina dellaprofessione22. La distinzione tra ordine e collegio, posta dall'art. 1 del r.d.l. 24gennaio 1924 n.103 ("Disposizioni per le classi professionali non regolate daprecedenti disposizioni legislative"), fa riferimento al diverso livello diformazione scolastica richiesto ai membri per l'esercizio della corrispondenteattività, nel senso che appartengono generalmente all'ordine coloro che

21 Per un più ampio quadro storico dell’evoluzione delle libere professioni, sulla scia di quanto esposto, siveda M. Malatesta, cit.22 Vi sono alcuni casi in cui non si può invece parlare propriamente di disciplina dell'esercizio dellaprofessione. Ciò si verifica quando la legge non prevede la costituzione di un ente pubblico ma soltantol'esistenza presso una pubblica amministrazione di un ruolo o di un albo previsti da leggi speciali per attivitàche non hanno carattere intellettuale. In tali casi l’iscrizione all’albo o al ruolo non vale a conferire lo statusdi professionisti intellettuali, in quanto a tali professioni manca il requisito dell’intellettualità e la funzione el’efficacia del ruolo sono limitate al settore economico. Inoltre, per il caso di prestazione fornita da soggettonon iscritto al ruolo non può generalmente farsi riferimento all’art. 2231 c.c., a meno che questo non siaesplicitamente richiamato dalla legge speciale, come nel caso del mediatore.

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svolgono professioni per le quali è necessario il possesso di una laurea o di undiploma presso università o istituti superiori e al collegio coloro che esercitanoattività per le quali è sufficiente un diploma di scuole medie23.

21. L’ente professionale, cioè la figura entificata del gruppoprofessionale localmente organizzato, ma sistematicamente diffuso su tutto ilterritorio nazionale, rappresenta il massimo riconoscimento giuridico attribuitodallo Stato a determinate attività24. Agli ordini e ai collegi dei professionisti èinfatti riservata la tutela del gruppo di appartenenza, della dignità della funzioneindividualmente esercitata dai singoli, del prestigio di cui essa e i suoi operatoridevono essere circondati nel contesto sociale, dal quale dipende l’affidamentodei terzi e la garanzia di corretto e adeguato esercizio del ministeroprofessionale implicante prestazioni che incidono su beni e su valori individualie collettivi.

A tal fine, l’ente professionale è dotato di particolare indipendenza e dipotestà amministrative autonome ben definite nei confronti di coloro cheobbligatoriamente vi appartengono. Gli ordini e i collegi hanno quindinell’attuale legislazione pieno “autogoverno”, nel senso che coesistonoautonomamente all’interno della struttura statale.

Gli ordini o collegi vengono qualificati, dal punto di vista sistematico,come enti pubblici di tipo associativo, contrassegnati da una organizzazione ditipo assembleare, la quale importa che tutti i soggetti facenti parte del gruppodeterminino una serie di decisioni fondamentali per la vita dell’ente. A tali enti,che agiscono sotto la vigilanza dell'amministrazione dello Stato, l'ordinamentostatale, dopo aver stabilito i requisiti di accesso dei membri, attribuisce ilcompito di accertarne il possesso da parte di coloro che chiedono l'iscrizione,nonché il governo degli iscritti in regime di autarchia e il controllo dei lorocomportamenti a garanzia degli interessi della categoria e del suo prestigio,nonché della collettività generale. Pertanto, l’entificazione del gruppoprofessionale, per effetto dell’interesse pubblico intimamente connessoall’esercizio della professione, implica la determinazione di una normativa disettore garantista dell’attività in sè considerata e obiettivamente limitativa dellaprivata autonomia dei singoli.

Su questa base l’organizzazione professionale appare costante nelle suelinee fondamentali per ogni professione, anche se la disciplina pubblicistica

23A tale principio fa eccezione, per esempio, il collegio dei notai, probabilmente per conservare un'anticadenominazione, l'appartenenza al quale presuppone la laurea in giurisprudenza.24 Cfr. C. Gessa, Ordini e Collegi professionali, in Enc. giuridica Treccani, Roma, 1990.

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adottata per ognuna di esse muta a seconda del tipo di professione e della suarilevanza sociale.

22. Gli enti professionali, dato che la partecipazione effettiva degliassociati all’ente si determina unicamente a livello di piccoli gruppi, ovvero inambito territoriale limitato, hanno generalmente una struttura federativa.

Generalmente le leggi prevedono un ordine o collegio per ogni provincia.Tuttavia se il numero dei professionisti residenti è esiguo si può disporre che unordine o collegio abbia per circoscrizione due o più provincie limitrofe,designandone la sede.

Per alcuni ordini, come quelli forensi, la circoscrizione coincide conquella del tribunale, mentre altri sono organizzati su base regionale, come glipsicologi o, ancora, nell’ambito di un unico organo nazionale, come i geologi.Le organizzazioni locali vengono coordinate da un ente unico, chegeneralmente è costituito per ciascuna categoria dal rispettivo consiglionazionale.

23. Gli ordini e i collegi professionali sono dotati di personalità giuridicae di organi collegiali. Essi sono l'Assemblea degli iscritti, convocata epresieduta dal presidente del consiglio dell'ordine o del collegio, alla qualespettano principalmente, oltre alla fondamentale funzione elettorale,l'approvazione dei bilanci e le decisioni programmatiche relative agli indirizzigenerali dell'attività dell'ente.

Il Consiglio è invece l'organo collegiale esterno rappresentativo diciascun ordine o collegio, al quale sono attribuite le funzioni gestorie propriedell'ente. Il Consiglio è costituito esclusivamente da componenti dell'ordineeletti dai colleghi. Ciascun Consiglio elegge nel proprio seno un Presidente,talvolta un Vicepresidente, un Segretario ed un Tesoriere.

Il Consiglio nazionale è invece l'organo comune di tutti i relativi ordini ocollegi locali, essendo costituito, a seconda dei casi, da un rappresentante diciascuna organizzazione locale ovvero di tutte le organizzazioni che fanno capoal medesimo distretto.

Generalmente gli ordini e collegi sono collocati sotto la vigilanza delMinistro di Grazia e Giustizia; per le professioni sanitarie sotto la vigilanza delMinistro per la Sanità e per i consulenti del lavoro del Ministro del Lavoro.

Ove vengano ravvisate gravi irregolarità o i consigli non siano in grado difunzionare, possono essere sciolti e il ministro può nominare un commissarioper un tempo determinato.

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1.3.2 Funzioni e poteri

24. La dottrina di diritto amministrativo, tradizionalmente, considera gliordini e i collegi come centri di potere amministrativo, ai quali lo Statoattribuisce la possibilità di perseguire, sulla base di scelte autonome ma non perquesto esenti da controlli, obiettivi di interesse della comunità oltre che dellaconsociazione. A questi obiettivi, di interesse generale, è riconosciutaparticolare rilevanza, e da tale riconoscimento deriva per i suddetti enti ladisponibilità di strumenti diversi da quelli di diritto comune e identici o affini aquelli tradizionalmente propri dello Stato25. Si pensi, ad esempio, ai poteriinerenti alla tenuta degli albi (iscrizioni, cancellazioni, revoche, revisioni) e alladisciplina degli iscritti.

Detti poteri, conferiti direttamente dalla legge, devono ricondursi quindialle ragioni che giustificano l'esistenza dei suddetti enti, attinenti innanzituttoalla tutela dell'affidamento della collettività destinataria dell'opera deiprofessionisti iscritti. Tali poteri, nel limitare l'autonomia degli iscritti, sonodiretti a garantire che le prestazioni vengano svolte da soggetti munitidell'abilitazione stabilita dalla legge e con competenza e moralità tali da nonpregiudicare gli interessi e i valori pubblici su cui incidono.

25. Peraltro dai compiti che la legge demanda agli ordini e ai collegi perla tutela di interessi pubblici vanno tenuti distinti quelli che gli stessi svolgononell'interesse della categoria professionale. Al riguardo, viene sottolineato che"la tenuta degli albi e i poteri disciplinari appartengono sicuramente al primoordine di compiti, siccome diretti a tutelare l'interesse dell'intera collettività ache la professione intellettuale sia esercitata da soggetti dotati dellanecessaria abilitazione ed in possesso dei requisiti richiesti. Ma altrettantonon può dirsi per ciò che attiene a compiti volti a proteggere il decoro dellaprofessione, che sono compiti attinenti ad interessi superindividuali, ma pursempre circoscritti all'interno della categoria professionale"26.

26. Sotto il profilo delle funzioni dirette a tutelare interessi collettivi, ènecessario menzionare lo strumento principale attraverso il quale l’ordinamentorealizza la sua finalità, cioè l’albo professionale che costituisce il fulcrodell’organizzazione.

L’albo svolge una duplice funzione: da un lato sottopone il professionistaalle norme deontologiche e alla vigilanza e al potere disciplinare dell’ordine (o

25 Cfr. per tutti A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1990.26 Cfr. F. Galgano, G. Schiano di Pepe, cit.

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collegio), dall’altro costituisce una forma di pubblicità per coloro i qualinecessitano dell’opera dei professionisti assicurando la tutela della pubblicafede.

La tenuta o conservazione dell’albo è al centro della ragion d’esseredell’ente professionale, in quanto ogni determinazione adottata si riflette ed hacome atto terminale un provvedimento che lo riguarda. I procedimentiamministrativi che la legge riserva all’ente riflettono sempre il potere didecisione circa l’appartenenza del singolo al gruppo e vanno dall’iscrizioneall’albo di soggetti che ne hanno i requisiti, alla radiazione dallo stesso dicoloro che risultano successivamente indegni di continuare a farne parte,passando attraverso procedimenti intermedi dei singoli e della categoria dicarattere sollecitatorio, istruttorio, sanzionatorio o più semplicementecertificativi.

L'art. 2229 c.c.27 ha reso l'iscrizione all'albo un fatto di legittimazione perlo svolgimento della professione. Il diritto di esercitare la libera professione,auto-organizzandosi, è la più importante situazione giuridica attiva che derivadall’iscrizione ma quest’ultima si configura anche come atto di ammissione colquale un soggetto entra a far parte di un gruppo sociale organizzato e neassume il relativo status dal quale derivano diritti, obblighi, poteri e facoltàattinenti all’attività disciplinata dalla legge. Quando tale iscrizione manca nonsolo non vi è azione per il pagamento della retribuzione (art. 2231 c.c.), maricorre anche il reato di abusivo esercizio della professione (art. 348 c.p.).

27. Un altro potere di notevole importanza è rappresentato dal poterenormativo. Le norme dell'ordine professionale assumono in parte valore dinorme giuridiche anche nell'ordinamento statale, in parte rimangono inveceinterne al gruppo stesso.

L'autonomia normativa pubblica così riconosciuta all'ente professionaleimplica quindi che le norme emanate dagli ordini professionali hanno, dinanziagli organi costituiti nell'interno degli stessi, valore di vere e proprie normegiuridiche ed hanno effetto normativo esterno anche senza trasformarsi innormazione statale28.

27 L’articolo dispone che “la legge determina le professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizionein appositi albi o elenchi”.28 La normazione professionale risulta costituita dalle seguenti fonti gerarchicamente ordinate:1) norme legislative costituzionali e ordinarie;2) norme regolamentari dell'ordinamento generale e dell'ordine e del collegio, ciascuno nell'ambito dellapropria competenza, secondo la sfera di autonomia riconosciuta all'ente professionale;3) regolamenti interni dell'ordine e del collegio;4) consuetudini aventi effetto, come prodotto spontaneo della comunità, nel solo ambito di essa.

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Il potere normativo è volto principalmente all’emanazione di norme diorganizzazione e funzionamento degli organi dell'ente e di norme di naturadeontologica, a tutela per l'appunto della correttezza professionale degli iscrittiall’albo.

28. Alla violazione delle regole deontologiche, in gran parte, è ricollegatol'esercizio del potere disciplinare che può dar luogo a procedimenti disciplinari,amministrativi e contenziosi, e all'eventuale irrogazione delle relative sanzioninei confronti dell'iscritto. Tali misure, nei casi più gravi di violazione dellenorme deontologiche, possono comportare l'espulsione del singolo dal gruppocon la conseguente cancellazione dall'albo e l'inibitoria all'esercizio dell'attività.In tale ipotesi, come anche contro il rifiuto di iscrizione è ammesso, ai sensidell'art. 2229, comma 3, c. c., ricorso in via giurisdizionale.

Il potere disciplinare che presidia il rispetto e l'aderenza deicomportamenti individuali all'osservanza delle norme deontologiche non hanatura giurisdizionale ma si esercita attraverso un procedimento amministrativocontenzioso. Per il suo tramite gli ordini e i collegi professionali difendono ilcomplesso dei valori connessi alla professione e tutelano gli interessi dellacategoria, assumendo oltre alla qualità di giudice interno anche quella di parte.Pertanto il potere disciplinare si esplica esclusivamente nei confronti deisoggetti appartenenti al gruppo e investe solo il comportamento delprofessionista inerente o influente sull'esercizio della professione. Il legislatorelascia la materia alla sfera di autonomia degli ordini e dei collegi. Infatti, ledisposizioni legislative individuano le fattispecie legittimanti le sanzionidisciplinari con formulazioni molto ampie (compromissione della reputazioneindividuale e della dignità della classe di appartenenza, violazione del decoro...)spesso prive di dettagliate specificazioni, mentre assicurano garanzieprocedimentali e il diritto di difesa dell'inquisito.

L'individuazione della norma concretamente applicabile al caso di specieè quindi funzione riservata dalla legge alle strutture dell'ordinamento di settore,le quali conferiscono caso per caso con le loro pronunce rilevanza giuridica alleregole di comportamento, all'atto stesso di applicarle effettivamente rendendolevincolanti per tutti gli appartenenti.

Talvolta il potere disciplinare può essere attivato in funzione dellaviolazione di norme deontologiche stabilite dagli ordini a tutela di interessi dellacategoria che non hanno specifica attinenza con l’affidamento dei terzi e lagaranzia di un corretto e adeguato esercizio del ministero professionale. Ciò siverifica quando l’esercizio della professione viene limitato al solo fine dievitare la concorrenza tra i professionisti, per salvaguardarne il decoro. In tal

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caso non solo non si tutela un interesse generale, essendo il decoro dellaprofessione un mero interesse della categoria, ma si può impedire allacollettività di acquisire i servizi professionali alle condizioni di mercato piùfavorevoli.

29. Tra i poteri esercitati al fine di tutelare interessi privati devemenzionarsi il potere tariffario.

La determinazione delle tariffe soltanto per alcune professioni è dicompetenza dei Consigli nazionali dei relativi ordini (avvocati, notai,commercialisti, ragionieri), come potere di stabilire con i propri regolamenti icriteri per la quantificazione degli onorari da approvarsi poi dal Ministero diGrazia e Giustizia, che svolge al riguardo un controllo di mera legittimità(avvocati e notai), o con un Decreto del Presidente della Repubblica suproposta del Ministro competente (ragionieri, commercialisti). Più ridotti sono ipoteri che hanno al riguardo i consigli nazionali degli ingegneri, degli architettie dei geometri, che si limitano ad una mera funzione propulsiva, ovveropropongono la tariffa e in cui l’approvazione del Ministro assume il caratteredel controllo di merito.

Vi sono poi professioni per le quali è previsto che i relativi consiglipartecipino alla determinazione della tariffa in termini soltanto consultivi, comeè stabilito per i medici.

30. I suddetti ordini e collegi svolgono, infine, una serie di funzioni dicarattere consultivo, designativo, culturale, che costituiscono prestazioni afavore della categoria. Ad esempio, con riferimento al potere consultivo, dettienti danno pareri sulla liquidazione degli onorari, quando richiesti, risolvendocontroversie tra professionisti e clienti. Ancora al fine di rappresentare gliinteressi comuni degli appartenenti alla categoria, gli ordini e i collegiintervengono per designare i soggetti ai quali attribuire compiti dirappresentanza della professione all'esterno.

1.4 I principali strumenti di regolamentazione

31. Tra gli strumenti di regolamentazione delle professioni protetteadottati dallo Stato, la cui necessità e proporzionalità rispetto alle esigenze diinteresse pubblico verrà valutata nei capitoli seguenti, ve ne sono due, le tariffee l’attribuzione di aree di esclusiva di attività, che meritano un breveinquadramento generale al fine di agevolare la comprensione di quantoillustrato al riguardo nella seconda parte dell’indagine.

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1.4.1 Le tariffe

32. La tariffa professionale è la fonte normativa che fissa le modalità perla determinazione del compenso dovuto al libero professionista per la suaattività, attraverso l'indicazione di criteri generali o della misura in concreto dapercepire per ogni singola prestazione. Tale fonte è dotata di efficacia diversain relazione al soggetto che la emana e alla forma con cui è stata emanata29.

La tariffa professionale è nata come atto interno dell’organorappresentativo delle diverse categorie professionali che intendeva tutelarel’interesse della categoria professionale sia evitando una eventuale concorrenzafra i singoli appartenenti ad essa sia garantendo loro dignità, prestigioprofessionale ed indipendenza economica.

33. Un consolidato orientamento giurisprudenziale, ritenendo che lafinalità dei minimi tariffari e soprattutto della loro inderogabilità consiste nellanecessità di evitare l’accaparramento della clientela, allo scopo di tutelare ildecoro e la dignità professionale, sottolinea che "tale finalità sicuramentetrascende l'interesse delle parti del rapporto d'opera professionale, essendoessa riferibile all'interesse della categoria professionale, ma che altrettantosicuramente non può considerarsi riferita ad un interesse generale, cioèdell'intera collettività"30.

29 Oltre alla legge, che è adottata solamente come fonte di determinazione dei criteri generali e dellaprocedura da seguire per l'emanazione della tariffa, le tariffe professionali sono fonti di varia natura:

a) tariffa professionale fissata con Decreto del Presidente della Repubblica, quale quella determinatadal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti;

b) tariffa professionale emanata con Decreto Ministeriale su proposta dell'ordine professionale, incui l'approvazione del ministro assume il carattere di un controllo di merito- tale natura hanno le tariffeprofessionali dei chimici, agronomi, periti agrari, ingegneri, architetti e geometri;

c) tariffa professionale deliberata dall'ordine professionale ed emanata con Decreto Ministeriale incui il Ministro con la sua firma attesta unicamente un controllo di legittimità, per cui l'atto risulta unregolamento dell'ordine professionale. E' l'ipotesi della tariffa dei notai e di quella degli avvocati eprocuratori: quest'ultima è deliberata ogni biennio dal Consiglio nazionale forense e poi approvata dalMinistro di Grazia e Giustizia;

d) tariffa professionale deliberata ed emanata dagli ordini professionali; tale tariffa risulta averenatura di regolamento amministrativo interno degli ordini professionali, avente finalità disciplinari,integrativo delle tariffe emanate nelle altre forme ed efficace solo qualora il suo contenuto non violi quellodelle tariffe ad efficacia nazionale.

Rispetto al contenuto le tariffe professionali si distinguono in tre tipi:1) tariffe aventi efficacia nazionale che contengono i criteri per la valutazione delle attività

professionali e la determinazione concreta del valore economico di singoli tipici atti professionali elencatisotto altrettante voci;

2) tariffe professionali elaborate dai consigli periferici, integrative di quelle nazionali, aventiefficacia nazionale o locale e che si riferiscono ad uno o ad alcuni particolari aspetti della professione;

3) tariffe con efficacia nazionale, c.d. adeguative, che aggiornano la misura del compenso secondo ilmutare del valore della lira.30 Cfr. Cass. 16 gennaio 1986 n. 224; Cass. 13 gennaio 1983 n. 260; Cass. 12 novembre 1982 n. 6034.

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Il principio deriva da una precisa volontà del legislatore di porre in unasituazione di privilegio e di salvaguardare l’attività del libero professionista enon il destinatario della prestazione. Ciò è confermato dal fatto che nellamaggioranza dei casi l’inderogabilità viene riferita solo ai minimi fissati nellatariffa e non ai massimi. Di contro, se la finalità della tariffa fosse quella ditutelare l’interesse del consumatore, l’inderogabilità verrebbe stabilita conriferimento ai massimi, soprattutto con riguardo a quelle prestazioni per le qualivige l’obbligatorietà del cliente di fruire dell’opera del professionista in quantoil solo giuridicamente legittimato a compiere determinate attività.

34. L’inderogabilità delle tariffe non costituisce comunque un principiogenerale degli ordini professionali. Da tutta la legislazione vigente in materia,infatti, emerge la prevalenza dell’autonomia nella contrattazione privata.

Con specifico riferimento all’art 2233 c.c., il quale al 1 comma disponeche il compenso del professionista "se non è convenuto dalle parti e non puòessere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentitoil parere delle associazione professionale a cui il professionista appartiene” e alsecondo comma che “in ogni caso la misura del compenso deve essereadeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”, lagiurisprudenza ha affermato che “il compenso spettante al professionista vadeterminato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo nelcaso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto la citata normapone una gerarchia di carattere preferenziale tra i vari criteri dideterminazione del compenso per prestazioni professionali, attribuendorilevanza in primo luogo, alla convenzione che sia intervenuta tra le parti epoi, in ordine successivo, e solo in mancanza di convenzione, alle tariffe e agliusi, ed infine ove questi manchino, alla determinazione del giudice”31.

35. Atteso che la norma di cui all’art. 2233 c.c. sancisce in linea diprincipio la prevalenza della determinazione negoziale sulle tariffe, che èdestinata ad operare solo in assenza di dirette pattuizioni tra le parti, l’unicolimite al valore primario dell’accordo è per alcune categorie la previsione

31 Cfr. Cass. 16 gennaio 1986 n. 224, la quale ha affermato che la violazione del precetto di cui al 3° commadell’art. 2 della legge 21 febbraio 1963 n. 244 che fa divieto di esercitare la professione sanitaria ad onorariinferiori a quelli stabiliti nella tariffa medesima, non importa la nullità ex art. 1418, 1 comma c.c., del pattoin deroga al minimo tariffario. Infatti, la Cassazione ha sottolineato che in mancanza di esplicita previsionedella nullità per contrasto con norma imperativa ai sensi della citata disposizione del Codice Civile,l’interprete deve vagliare se il precetto della norma violata sia dettato nell’interesse generale, e cioè se essosia dotato di quel carattere di imperatività che vale a rendere nulli negozi o patti ad esso contrari. La Cortenon ha ritenuto che l’interesse al decoro e alla dignità professionale potesse essere considerato un interessegenerale.

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legislativa che assegna valore inderogabile ai minimi di tale tariffa. Talelimitazione può avvenire, tuttavia, soltanto in virtù di un atto avente efficacia dilegge formale e pari vigore normativo della disposizione del codice civile chestabilisce il principio della libera pattuizione e giammai in forza di atti dinormazione secondaria (quali i regolamenti di esecuzione, o gli attiregolamentari soggetti ad approvazione ministeriale con cui vengono stabilite letariffe di alcuni ordini professionali)32.

36. Alla luce di tali principi sono inderogabili nei confronti dei terzisoltanto le tariffe dei diritti e degli onorari degli avvocati in materia giudizialecivile, in quanto solo per tale categoria e solo per tali prestazioni la leggestabilisce espressamente l’inderogabilità e la conseguente nullità di ognicontraria convenzione33.

Per altre professioni l’obbligatorietà della tariffa assume una rilevanzameramente interna alla categoria nel senso che comporta unicamentel’irrogazione di un provvedimento disciplinare a carico del professionista chenon la osserva, ma non può esigere ossequio sul piano esterno, nei rapporti conil cliente, trattandosi di statuizioni sprovviste del vigore di norma primaria epertanto inidonee a superare il principio emergente dall’art. 2233 c.c..

Da ultimo, secondo la Cassazione, il principio della inderogabilità deiminimi non vige nell'ipotesi di rinuncia totale o parziale alle competenzeprofessionali quando trova ispirazione in considerazioni socialmenteapprezzabili34.

Si è così ritenuto che il principio dell'inderogabilità non soffre violazioninel caso di rinuncia al compenso in qualsiasi forma realizzata (totale o parziale,preventiva o successiva) soltanto quando essa sia ispirata da motivi etici osociali35.

1.4.2 Le esclusive di attività

32 Sulla legittimità di tale previsione si è espressa la Corte di Cassazione che ha dichiarato l'illegittimità delprincipio dell'inderogabilità fissato da una fonte secondaria che, come tale, non può derogare alla legge. Cfr.Cass. 13 gennaio 1979, n.271; Cass. 24 aprile 1981, n 2454; Cass. 3 luglio 1971 n. 2073; Cass. 28 luglio1977 n.3359; Cass.15 ottobre 1975 n.3351; Cass. 29 ottobre 1975 n. 3660 e Cass. 4 gennaio 1977, n. 2.33 Cfr. art. 24 della legge 13 giugno 1942 n. 794, che dopo aver disposto che “gli onorari e i diritti stabilitiper le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sonoinderogabili” espressamente prevede che “ogni contraria pattuizione è nulla”.34Cfr. Cass. 22 luglio 1967, n.1923.35Per taluni, in ogni caso, l'inderogabilità dei minimi impedirebbe solo le rinunce preventive e non quellesuccessive: a prestazione avvenuta, infatti, dovrebbe valere il principio per cui ciascuno è libero di rinunciareanche parzialmente al proprio credito, non essendo possibile imporre coattivamente di esercitare un propriodiritto. Così C. Lega , in Temi, 1968, 158.

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37. Tra le professioni protette ve ne sono alcune all'interno delle quali èpossibile distinguere fra prestazioni esclusive o tipiche, riservate agli iscrittiall'apposito albo, e prestazioni non esclusive o atipiche, che sono di solitoeseguite da iscritti all'albo, ma che possono essere fornite da chiunque abbia iltitolo professionale, anche se non iscritto nell'albo professionale. Infatti, le leggiistitutive delle singole professioni e dei relativi albi, che identificano l'oggettodella professione attraverso l'individuazione delle attività che gli iscritti possonosvolgere, soltanto in alcuni casi prevedono esclusive a favore dei professionistiiscritti.

La previsione esplicita, contenuta nella legge istitutiva della professione,di una riserva di competenza esclusiva per lo svolgimento di determinateattività vale ad attribuire un "monopolio" alla corrispondente categoriaprofessionale per tali prestazioni. Al contrario, in difetto di specifica riserva,ponendosi sullo stesso piano l'iscritto e il non iscritto ad albi, nonché gli iscrittia differenti albi, non può essere esclusa una concorrente libera attività da partedi altri soggetti.

38. Possono quindi essere identificate tre categorie di professioniprotette: quelle a favore delle quali la legge prevede una completa riserva diattività36; le professioni che comprendono prestazioni esclusive e non37; e infinele professioni le cui prestazioni non presentano mai il carattere dell'esclusività38.

39. Al riguardo, giova aggiungere che le prestazioni rese dagli esercentiprofessioni intellettuali protette - siano esse prestazioni esclusive oppure nonesclusive - non possono formare oggetto se non del contratto d'operaintellettuale ed essere pertanto regolate dalla relativa, peculiare disciplinaprevista dal codice civile (art. 2229 c.c. e ss.). In particolare, la prestazionedeve essere eseguita personalmente, il compenso è determinato secondo il nonmercantile criterio dell'importanza dell'opera e del decoro della professione, ilrischio del lavoro incombe sul cliente. Per contro, altri soggetti in concorrenzacon i professionisti intellettuali protetti non devono necessariamente regolare illoro rapporto con il cliente secondo lo schema del contratto d'operaintellettuale: essi possono godere di una maggiore libertà contrattuale, possonoritenersi liberi di adottare altri schemi contrattuali, non importa se implicanti

36Si tratta delle professioni sanitarie, ad esempio, che sono protette in ogni loro manifestazione, essendo leprestazioni sanitarie tutte prestazioni esclusive.37E' il caso, ad esempio, della professione forense, essendo riservate agli iscritti agli albi degli avvocati eprocuratori solo le attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio, mentre sono libere per chiunquele attività di rappresentanza e assistenza stragiudiziale, l'attività di consulenza legale, la rappresentanza,l'assistenza e la difesa delle parti nei giudizi arbitrali.38Quale quella del dottore commercialista, come diffusamente rilevato nel capitolo quarto.

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una spersonalizzazione della prestazione e una retribuzione determinatasecondo criteri di mercato, liberi, in particolare, di assumere il rischio dellavoro e di conformare la propria obbligazione come obbligazione di risultato,ossia di scegliere le forme giuridiche del contratto di appalto39.

Da ciò si può agevolmente desumere che la protezione stabilita dallegislatore a favore dei professionisti intellettuali protetti finisce - specialmentenei casi in cui le attività non sono loro attribuite in esclusiva o lo sono soloparzialmente - per nuocere agli stessi professionisti protetti nell'offerta dellerelative prestazioni, nella misura in cui i vincoli posti all'esercizio dell'attivitàimpediscono di competere su base paritaria con gli altri operatori che offronoliberamente le stesse prestazioni secondo modalità maggiormente efficienti.Peraltro, anche nelle ipotesi in cui esista una riserva assoluta di attività a favoredei professionisti protetti, e quindi gli stessi non debbano confrontarsi in unaposizione di svantaggio con operatori non regolamentati, appare opportunovalutare, secondo le linee che verranno sviluppate nei capitoli successivi, se talivincoli non siano comunque idonei a ridurre il livello di efficienza nellosvolgimento della professione.

39 Cfr. F. Galgano, G. Schiano di Pepe, cit.

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CAPITOLO SECONDO: LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZIPROFESSIONALI-ANALISI ECONOMICA

1. Questo capitolo dell’indagine si propone di delineare un quadrogenerale per l’analisi dei mercati dei servizi professionali e di esaminare gliinterventi di regolamentazione di norma individuati per una strutturazioneefficiente di tali mercati.

Il quadro tracciato non offre il dettaglio delle singole attivitàprofessionali, anche se talvolta fa riferimento a contesti istituzionali specifici,privilegiando la trattazione di aspetti comuni a tutte le categorie professionali.

Il capitolo è strutturato come segue: la prima sezione (2.1) è dedicata adun'analisi positiva delle caratteristiche dei servizi professionali, e in particolaredella loro natura parzialmente pubblica e della frequente presenza di asimmetrieinformative nei rapporti tra professionisti e clienti. La seconda sezione (2.2)contiene una tassonomia delle principali forme di regolamentazione riscontrabilinel settore. La sezione successiva (2.3) analizza la forma di intervento piùfrequentemente adottata, l’autoregolamentazione, e le sue principaliimplicazioni in termini di benessere sociale. L’ultima sezione (2.4) delinea insintesi le principali conclusioni.

2.1 Caratteristiche dei servizi professionali e motivazioni degli interventidi regolamentazione

2.1.1 Asimmetrie informative2. Il rapporto tra professionista e cliente è frequentemente caratterizzato

da una situazione di asimmetria informativa: ciò significa che se da un lato ilprimo conosce il valore delle proprie prestazioni, dall'altro lato il consumatore èincapace di valutarne appieno l'adeguatezza rispetto alle proprie esigenze.

L'asimmetria informativa può operare ex-ante, quando il cliente nonriesce nemmeno a identificare con precisione il tipo di prestazione che puòcondurre alla soluzione del problema che lo spinge a rivolgersi alprofessionista. Si tratta di una situazione strettamente connessa alla naturaspecialistica delle competenze professionali richieste, la quale, peraltro, implicaanche la incapacità del consumatore di valutare la abilità del professionista adare una risposta al suo problema.

In alcuni casi poi, l'asimmetria informativa può operare anche ex-post,quando il cliente non è nemmeno in grado di valutare le caratteristiche dellaprestazione ottenuta e quindi la reale qualità del servizio ricevuto.

Esistono tuttavia circostanze in cui il consumatore, pur non essendo ingrado di valutare, sotto il profilo tecnico, l'operare del professionista, puòrealizzare una qualche forma di controllo ex-post, beneficiando nel giudicare ilservizio ricevuto di precedenti esperienze di consumo, comparando cioè la

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prestazione ottenuta con quelle ricevute in precedenti occasioni o da altriconsumatori.

3. Quando l'asimmetria informativa grava sia nella fase di specificazionedella domanda indirizzata al professionista, che successivamente nellavalutazione della sua performance, i servizi professionali possono essereclassificati tra i credence goods, il che implica che l'attività professionale puòessere considerata come una forma di assistenza fiduciaria, sostanzialmenteslegata da vincoli di obbligatorietà di risultato. Alternativamente, se esiste unaqualche forma di verifica ex-post della prestazione basata su precedentiesperienze, i servizi professionali possono essere più propriamente classificaticome experience goods.

Per entrambe le situazioni non si può escludere la possibilità, in un liberomercato, che il cliente riceva, quanto meno nel breve periodo, prestazioni diqualità inadeguata o, in altri termini, subisca una selezione avversa tra diversepossibili prestazioni caratterizzate da differenti livelli qualitativi. Tuttavia,mentre nel caso di experience goods i problemi di selezione avversa tendono asvanire nel medio periodo poichè in un contesto di ripetute esperienze diconsumo si rendono operativi meccanismi reputazionali, nel caso di credencegoods, l'operare di meccanismi di mercato può permanentemente risultareinsufficiente a produrre allocazioni efficienti.

4. E' utile precisare che, in ogni caso, problemi di selezione avversa sipongono soltanto quando ricorrano significative forme di asimmetriainformativa. Non si verificano pertanto in presenza di servizi caratterizzati daun certo grado di standardizzazione, offerti a soggetti che li richiedono con unacerta regolarità e in condizioni di dilazionabilità della domanda nel tempo. Intali circostanze, infatti, vengono meno per il consumatore le condizioni diincertezza ex-ante (nella specificazione delle proprie esigenze alprofessionista), ed ex-post, (nell'identificazione delle principali caratteristichedella prestazione ricevuta e nella loro valutazione). Informazioni sufficienti avalutare la qualità dei servizi diventano reperibili a costi accessibili, sia perchéintrinsecamente meno complesse, che perché più diffusamente disponibili, e nelconcreto, più agevolmente acquisibili in tempo utile. In tal caso, le prestazioniprofessionali possono essere configurate come search goods, cioè servizi perl'acquisizione dei quali il consumatore può avvalersi di informazioni ricercabilisul mercato.

5. In sintesi, pertanto, si possono distinguere tre diverse configurazioni diservizi professionali, così come schematizzato nella tabella seguente, inrapporto alla effettiva severità con cui si pone il problema della asimmetriainformativa tra professionista e cliente e, di conseguenza, alle proprietà diefficienza delle allocazioni di mercato:

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Tabella 1- classificazione dei servizi professionali in rapporto al grado di incertezzadella domandatipologia servizi incertezza ex ante incertezza ex post valutazione circa le proprietà

di efficienza del mercatosearch goods nulla o scarsa nulla o scarsa positivaexperience goods può essere elevata media positiva nel medio periodocredence goods elevata elevata negativa

2.1.2 Forme di selezione avversa6. In rapporto al grado di incertezza che grava sul consumatore di servizi

professionali, variano le forme di selezione avversa alle quali egli può essereesposto in un libero mercato. Quando l'incertezza è massima, riguardando lecompetenze dei professionisti e la identificazione da parte del cliente delservizio di cui abbisogna, nonché le caratteristiche delle prestazioni, inmancanza di adeguati correttivi, il consumatore potrebbe essere esposto siaall’imperizia di soggetti non adeguatamente qualificati, che a comportamentideliberatamente “opportunistici" da parte di operatori, pur qualificati, chetuttavia sfruttano a proprio vantaggio l’impraticabilità di controlli efficaci daparte della domanda.

7. Con riguardo all’incertezza sulle competenze dei professionisti, siconsideri l'ipotetico caso di un mercato di servizi professionali nel qualel'entrata non sia in alcun modo regolamentata e il consumatore abbia difficoltà apercepire le differenze qualitative esistenti tra gli operatori, i quali pertantosaranno tendenzialmente visti come perfetti sostituti. Ciò rende improbabilel’applicazione di prezzi differenziati, cioè l’adattamento della remunerazionedei diversi professionisti alle differenti “dotazioni di capitale umano” e portaciascun professionista a fissare prezzi corrispondenti alle caratteristichequalitative medie degli operatori sul mercato. E' evidente che in tal modorisultano disincentivati a permanere o entrare nel settore i soggetti piùqualificati, che possono presumibilmente accedere ad alternative d'impiegocapaci di rendere una remunerazione superiore a quella fissata secondo ilcriterio sopra indicato. La loro uscita dal mercato, tuttavia, determina unadiminuzione della qualità media che, traducendosi in un abbassamento delleremunerazioni, fornisce un ulteriore incentivo per altri professionisti a ridurre lapropria attività, secondo una progressione che conduce a situazioni di mercatoinefficienti, caratterizzate dalla presenza di operatori inadeguatamentequalificati, o nel caso limite, al venir meno dello stesso mercato.

8. Oltre agli effetti sulle caratteristiche dei professionisti, i problemi dinatura informativa che si sostanziano nella incapacità del cliente di specificarela prestazione di cui ha bisogno, lo espongono alla possibilità che, in assenza diadeguati correttivi, professionisti, pur in possesso della necessariaqualificazione, agiscano in modo cosiddetto "opportunistico", esercitando un

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ingiustificato stimolo alla domanda, fornendo cioè suggerimenti ai consumatoriper generare surrettiziamente una domanda di prestazioni non necessarie.

9. Infine, le asimmetrie informative ex-post, attinenti cioè all'incapacitàdel consumatore di valutare le caratteristiche della prestazione ricevuta,potrebbero consentire altre forme di comportamento opportunistico chericadono essenzialmente nelle seguenti categorie: - semplice negligenza, cioèinsufficiente attenzione nello svolgimento del servizio; - deliberatasottoproduzione del servizio, per risparmiare tempo e risorse. Nel primo caso,la prestazione verrebbe effettuata senza la dovuta diligenza, mentre nel secondocaso, essa verrebbe erogata solo in parte, sebbene il cliente ritenga che laprestazione sia stata completa.

2.1.3 Effetti esterni ed efficienza10. Alcune categorie professionali producono servizi fondamentali di

interesse pubblico, inerenti, ad esempio, la salute, l'amministrazione dellagiustizia, la trasparenza dei mercati. L'erogazione di tali servizi non esaurisce ipropri effetti allocativi fra i soggetti direttamente coinvolti nelle transazioni magenera anche "effetti esterni". L'attività dei medici, ad esempio, pur essendosvolta negli interessi del paziente che essi stanno curando, riguarda anchel'intera collettività, poiché concerne la salvaguardia di un bene quale la salute.Analogamente, gli avvocati non sono soltanto i difensori dei propri clienti, macontribuiscono al funzionamento del sistema giudiziario. Ancora, icommercialisti/revisori contabili hanno obbligazioni nei confronti di potenzialiazionisti dell'impresa di cui certificano il bilancio, e non soltanto nei confrontidi quelli esistenti. In tali casi, gli interessi del cliente cui la prestazione vienefornita a ricevere un servizio di qualità adeguata e della collettività che subiscegli effetti esterni positivi di quella prestazione coincidono e contribuisconoentrambi a determinare il valore sociale della prestazione professionale, chesupera pertanto il mero valore ad essa attribuibile da chi la riceve. Dati questipresupposti, è possibile argomentare che qualora la remunerazione delprofessionista fosse fissata secondo criteri di libero mercato, cioè in misura parial valore privato (per il singolo cliente) delle prestazioni, l’offerta di serviziprofessionali risulterebbe inferiore a quella ottimale. Un’efficiente allocazionedelle risorse richiederebbe invece un intervento di “correzione” dei meccanismidi mercato che consenta al corrispettivo professionale di eguagliare non già ilsolo beneficio ricevuto dal singolo acquirente di servizi, ma piuttosto il valoresociale della prestazione.

11. Tali considerazioni si intrecciano con quelle svolte ai puntiprecedenti in merito alle difficoltà per il consumatore di valutare la qualità deiservizi ed hanno implicazioni di rilievo per la eventuale ricerca di misurecorrettive dei meccanismi di mercato. Emerge in particolare la difficoltà di

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quantificare il valore sociale delle prestazioni professionali e quindi diipotizzare in questo settore interventi pubblici di regolamentazione analoghi aquelli suggeriti in altri mercati caratterizzati da esternalità positive, dove vienegeneralmente previsto di sussidiare opportunamente l’offerta affinché essa siespanda fino a raggiungere il livello ottimale per la collettività.

12. Occorre infine aggiungere che può esistere anche una seconda formadi esternalità, questa volta di segno negativo, nelle transazioni fra professionistae cliente, in presenza della quale la domanda di servizi professionali risultamaggiore di quella socialmente desiderabile. Ciò può avvenire quando apparatipubblici svolgono attività complementari a quelle professionali, il costo dellequali è finanziato dall'intera collettività attraverso prelievo fiscale non specifico.In tali circostanze, il consumo di servizi professionali può risultaresovradimensionato rispetto alle effettive necessità, poiché il consumatore, nonsopportando il costo complessivo della prestazione che riceve, avrà menoincentivi a non accogliere eventuali indicazioni del professionista relative aprestazioni non necessarie.

2.2 Forme di regolamentazione

13. Le asimmetrie informative tra cliente e professionista checaratterizzano l’erogazione di alcuni servizi professionali e il conseguenterischio per il consumatore di fenomeni di selezione avversa, nonché gli effettiesterni di alcune prestazioni professionali, costituiscono i presupposti perinterventi di regolamentazione, a tutela dei consumatori e dell’interessepubblico.

14. Al riguardo, occorre preliminarmente osservare che il verificarsi diinefficienze del meccanismo di mercato non rende di per sè inevitabili interventipubblici di regolamentazione. Quasi tutti i mercati nel loro operare generanoinefficienze del tipo più diverso (a causa della presenza di esternalità easimmetrie informative) a cui tuttavia non corrisponde una altrettanto estesaarea di intervento pubblico. Ogni attività di regolamentazione infatti ha dei costidiretti (connessi al costo delle persone e delle strutture ad essa dedicate), deicosti indiretti (connessi alla necessità per i soggetti regolati di adempiere ainuovi compiti da essa previsti) ed indotti (connessi alle modificazioni deicomportamenti di tutti i soggetti coinvolti nel funzionamento dei mercati).Interventi di regolamentazione sono pertanto desiderabili qualora si possaragionevolmente ritenere che in loro assenza si verificherebbe una significativaperdita di benessere e che i costi che essi comportano non superano i benefici.

15. Quando ricorrono questi presupposti, la letteratura economicasuggerisce l’impiego di due forme tipiche di intervento regolamentativo per

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contenere i fenomeni di selezione avversa a danno del consumatore: laregolamentazione delle caratteristiche dei professionisti e della qualità delleprestazioni, che verranno illustrate rispettivamente ai successivi paragrafi 2.2.1e 2.2.2.

Giova osservare tuttavia che nel settore dei servizi professionalil’impiego di strumenti regolamentativi tradizionali si accompagnafrequentemente a forme regolative atipiche, che si sostanziano nell’obbligo peril professionista di aderire a norme di condotta stabilite dall’ordine, laviolazione delle quali può portare nei casi più gravi all’estromissione dalmercato. Tali norme, contenute nei codici deontologici, seppur non estranee alperseguimento dell’interesse individuale, mirano tuttavia a contenere alcunicomportamenti più chiaramente opportunistici potenzialmente attuati daiprofessionisti.

Regolamentazione pubblica e codici di condotta vengono quindiconsiderati da alcuni come complementari poichè disegnerebbero un sistemache, da un lato sottrae le attività professionali ai meccanismi di mercato,attribuendo loro particolari benefici, dall’altro condiziona il mantenimento deglistessi alla adozione di comportamenti orientati al perseguimento degli interessidel cliente.

Pertanto, nella sezione seguente dedicata all’illustrazione di specificistrumenti di regolamentazione, gli stessi verranno considerati sia per il loroimpatto diretto sulla qualità dei servizi, che per la loro funzionalità rispettoall’obiettivo di motivare i professionisti all’assunzione di comportamentideontologici.

2.2.1 Requisiti minimi di capitale umano16. In presenza di asimmetrie informative, la tutela dei consumatori può

richiedere l’introduzione di meccanismi che disciplinino l’accesso al mercatodegli aspiranti professionisti, cioè forme di selezione che ne certifichino lapreparazione e la capacità tecnica.

La principale forma di selezione all'entrata è rappresentata dalladefinizione per legge dei requisiti minimi di capitale umano - livello diistruzione, periodo di apprendistato, superamento di un esame di abilitazione -necessari per lo svolgimento dell'attività professionale. Se si posseggono tutti irequisiti, lo Stato - o un autorità delegata - rilascia il titolo che autorizzaall'esercizio dell'attività.

Le ragioni dei requisiti minimi17. Facendo seguito a quanto osservato al precedente punto 7, si può

innanzitutto argomentare che la selezione all’entrata può fornire aiprofessionisti più qualificati un incentivo ad operare che altrimenti nonavrebbero, consentendo così al consumatore di accedere a servizi di qualitàsuperiore a quella altrimenti disponibile.

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In secondo luogo, se si assume, piuttosto realisticamente, che il capitaleumano e la qualità siano complementi, nel senso che l'investimento in capitaleumano riduce i costi della produzione di servizi di alta qualità, di nuovo siarriva alla conclusione che la selezione di professionisti maggiormentequalificati costituisce un presupposto per l’aumento della qualità media delleprestazioni offerte sul mercato.

Infine, considerando la questione dal lato della domanda, è anchepossibile sostenere che la selezione all’entrata riduce l’onere per il consumatoredi acquisizione delle informazioni necessarie a stimare la qualità dei servizi eper questa via rappresenta uno strumento per rendere più efficiente il processodi scelta.

In sintesi, l’introduzione di requisiti minimi di capitale umano èsuscettibile di: a) frenare l’eventuale uscita dal mercato dei professionisti piùqualificati, b) diminuire il costo di offerta di miglioramenti della qualità, c)diminuire il costo di ricerca per il consumatore.

Giova tuttavia aggiungere che il verificarsi di queste circostanze, purrappresentando in alcuni casi un presupposto necessario per un aumento dellaqualità dei servizi, non costituisce una condizione sufficiente a tal fine: laselezione all’entrata può proteggere il consumatore dall’imperizia, ma nonrappresenta di per sè una misura idonea a eliminare fenomeni di negligenza o disotto (sovra) produzione del servizio.

Gli effetti dell’introduzione di requisiti minimi18. In ogni caso, occorre considerare che vi sono dei costi specifici di

questa forma di regolamentazione (in aggiunta ai tradizionali costiamministrativi) che devono essere confrontati con i benefici in termini dimiglioramento della qualità di cui sopra. Ci si riferisce in particolareall’aumento dei costi per la produzione di servizi di qualità inferiore.

19. Al riguardo, giova preliminarmente osservare che l’attivitàprofessionale nei diversi campi prevede l’erogazione di servizi di diversacomplessità. Tuttavia è ragionevole sostenere che i requisiti di qualificazionenecessari per accedere al mercato saranno fissati dal regolamentatore, in chiavedi tutela del consumatore, avendo riguardo a prestazioni mediamentecomplesse. Ne deriva che la regolamentazione delle entrate fa aumentare i costirelativi alla produzione di servizi di qualità inferiore che potrebbero essereerogati anche da operatori meno qualificati di quelli selezionati. Una qualitàinferiore potrebbe essere valutata positivamente da alcuni consumatori, che nonrichiedono necessariamente la prestazione di un professionista sovra-qualificato.

In sostanza, questa forma di regolamentazione ha certamente un effettoredistributivo, con un aumento del benessere dei consumatori che valutanomolto la qualità e una riduzione del benessere di coloro che sarebberosoddisfatti anche in presenza di prestazioni di qualità inferiore.

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20. Il segno dell’effetto complessivo dipende quindi dal grado direstrittività della selezione all’entrata in rapporto alle effettive esigenze di tuteladei consumatori. E’ evidente tuttavia che all’aumentare del livello didifferenziazione dei servizi, cresce la difficoltà per il regolamentatore di fissarerequisiti di entrata che effettivamente comportino un aumento del benesserecollettivo. Tale difficoltà si acuisce poi in settori caratterizzati da una rapidaevoluzione delle prestazioni, (ad esempio nel senso di una crescentestandardizzazione di alcune di esse), a cui non fa seguito un altrettanto veloceadeguamento dei criteri di selezione o più in generale delle modalità di entratasul mercato.

21. Occorre tuttavia aggiungere che i costi indotti dalla selezione deineo-professionisti non sempre si esauriscono negli effetti negativi gravanti suiconsumatori di servizi professionali poco complessi, o sui clienti che valutanomeno la qualità dei servizi.

Non può infatti essere trascurato che difficilmente la regolamentazionedell’entrata potrà essere così accurata da produrre un livello di offerta(ponderato per la qualità) calibrato sulla domanda in modo ottimale. Alcontrario, è ragionevole supporre che le limitazioni all’accesso possano - in uncerto numero di casi - comportare l’entrata di un numero di operatori inferiore aquello che in media i consumatori avrebbero comunque desiderato, anchetenendo conto delle esigenze qualitative. In tal caso i prezzi dei servizisarebbero superiori a quelli che avrebbero garantito un’allocazione ottimaledelle risorse. Pertanto, anche per questa via si potranno verificare sensibiliperdite di benessere.

22. Ciò peraltro equivale a dire che la selezione all’entrata, in alcuni casi,può comportare una limitazione della concorrenza tra professionisti, laddovel’esiguità del numero di operatori ammessi ad esercitare rispetto alle esigenzedella domanda conferisce agli stessi potere di mercato e si traduce nelconseguimento di guadagni superiori a quelli che altrimenti sarebbero statiraggiunti.

Tale configurazione appare coerente con la visione secondo la quale lerestrizioni all’entrata non costituirebbero solamente uno strumento direttamentevolto a migliorare la qualità dei servizi, secondo le linee indicate al precedentepunto 17, ma anche una misura consapevolmente introdotta dal regolamentatoreper limitare la concorrenza tra professionisti al fine di aumentare il loro reddito,in tal modo “incentivandoli” ad assumere comportamenti deontologici.

23. Qualunque sia la finalità per la quale la regolamentazione all’entrataviene introdotta (sia quella di migliorare la qualità dei servizi direttamente, chedi conseguire il medesimo risultato indirettamente incentivando i professionistiin tal senso), appare possibile sostenere che requisiti particolarmente restrittivi

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nella selezione possono risultare controproducenti, soprattutto laddove iproblemi di asimmetria informativa non sono marcati, come nei mercati in cui èipotizzabile che il meccanismo reputazionale funzioni e sia efficace. In tal casoinfatti i benefici derivanti da un effettivo miglioramento della qualità dei serviziricevuti a seguito dell’introduzione di restrizioni all’entrata non appaiono tali dacompensare le perdite connesse all’aumento dei prezzi, particolarmente per iconsumatori meno esigenti.

24. In generale, pertanto, il livello delle restrizioni all’entrata vaattentamente commisurato:

- al grado di difficoltà nella valutazione sia ex-ante che ex-post dellaqualità della prestazione professionale, in rapporto anche ai costi di ricercadelle informazioni relative alla reputazione dei professionisti e al grado didilazionabilità della domanda,

- ai rischi derivanti da imperizia nell’erogazione delle prestazioniprofessionali.

In altre parole, utilizzando la classificazione schematizzata nella tabella1, l’introduzione di restrizioni all’entrata appare poter costituire una misuragiustificata soltanto per i servizi professionali configurabili come credencegoods. Quando invece ricorrono asimmetrie informative di modesta rilevanza(search goods) o comunque superabili nel medio periodo (experience goods),l’intervento pubblico sarebbe assai più desiderabile ove si limitasse a favorire ladiffusione di corrette informazioni sul rapporto qualità/prezzo delle prestazioniofferte.

25. In pratica, ciò significa che l’erogazione di servizi per i quali non siverificano importanti forme di asimmetria informativa tra cliente eprofessionista non dovrebbe presupporre il superamento di un esame diabilitazione e l’obbligatoria iscrizione ad un ordine. Chiunque dovrebbe poteroffrire tali servizi, benchè sia ragionevole ipotizzare che soltanto chi possiededeterminati requisiti possa continuare a fregiarsi del titolo ufficiale. In tal caso,l’iscrizione ad un ordine assumerebbe il valore di una certificazione dellaqualità del professionista, e svolgerebbe una funzione segnaletica per queiconsumatori che sono più disponibili a spendere per la qualità.

Si può naturalmente immaginare un quadro differenziato in cui siammette la possibilità di diversi livelli, più o meno elevati, di certificazione chegenerano una concorrenza intraprofessionale che si sviluppa sulle duecoordinate qualità-prezzo, segmentando il mercato a seconda delle diverseesigenze del consumatore di servizi professionali. In altri termini, unallargamento della certificazione ad altre forme associative all’interno delmercato dei servizi professionali potrebbe avere l’effetto di sviluppare forme diconcorrenza tra gruppi di professionisti che segnalano credibilmente la propria

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qualità40. Tale processo potrebbe condurre a nuovi trade-off traregolamentazione e concorrenza, che meglio soddisfano le esigenze di tuteladei consumatori attraverso un maggior ricorso ai meccanismi di mercato.

I requisiti richiesti dalla regolamentazione26. Rimangono a questo punto da svolgere alcune considerazioni di

carattere generale sui requisiti attualmente richiesti a coloro che intendonoesercitare professioni intellettuali protette, entrando a far parte dei relativiordini. Tali requisiti riguardano la formazione scolastica, di normal’effettuazione di un tirocinio e il superamento dell’esame di abilitazione.

27. Il tema dei curricola formativi necessari per raggiungere un livellominimo di conoscenze per le varie professioni non può essere trattato in modosufficientemente dettagliato in questa sede. Tuttavia, è comunque utile proporrealcune considerazioni di carattere generale.

In primo luogo, l’evoluzione di tutte le discipline è così rapida da nongarantire che un’adeguata preparazione possa realizzarsi nella frequenza di uncorso di studio all’inizio del percorso professionale, per quanto completo eimpegnativo. In secondo luogo, la crescente domanda di specializzazione tendea restringere sensibilmente il campo di attività dei singoli professionisti ad unnumero circoscritto di servizi all’interno della professione.

Entrambe queste motivazioni portano a escludere che periodi iniziali diformazione scolastica particolarmente lunghi possano esaurire una volta pertutte le esigenze di apprendimento di gran parte delle professioni.

Per questo motivo, iniziative volte ad aumentare gli anni previsti daipercorsi formativi obbligatori per i neoprofessionisti non necessariamentecostituiscono una risposta efficace all’esigenza di innalzarne il livello diqualificazione; gran parte del capitale umano accumulato durante corsiuniversitari di più lunga durata non sarà di maggiore utilità ai neoprofessionistirispetto alle conoscenze che essi potrebbero ottenere accumulando esperienza ofrequentando corsi di specializzazione nelle aree ritenute di volta in voltamaggiormente interessanti per la propria attività professionale.

40 Ciò, peraltro, appare coerente con l’orientamento comunitario così come espresso dalla direttiva89/48/CEE del Consiglio, riguardante un iniziale sistema generale di riconoscimento per i diplomiconseguiti a seguito di periodi di formazione della durata minima di 3 anni e dalla direttiva 92/51/CEE delConsiglio, che ha integrato la precedente considerando anche i gradi di formazione inferiore, non previstidal sistema generale iniziale. Entrambe le direttive prevedono che sia assimilata ad un’attività professionaleregolamentata l’attività professionale esercitata dai membri di un’associazione od organizzazione che, oltread avere segnatamente lo scopo di promuovere e di mantenere un livello elevato nel settore professionale inquestione, sia oggetto, per la realizzazione di tale obiettivo, di un riconoscimento specifico da parte di unoStato membro e: - rilasci ai suoi membri un titolo di formazione, - esiga da parte loro il rispetto di regole dicondotta professionale da essa prescritte e - conferisca ai medesimi il diritto di un titolo professionale." Inpratica, le professioni regolamentate, ai sensi delle direttive 89/48 e 92/51, possono essere esercitate o dacoloro che hanno seguito un certo percorso formativo direttamente riconosciuto dallo stato come requisitoindispensabile per l'esercizio della professione, o da coloro che appartengono ad associazioni riconosciutedallo stato, alle quali è delegata la funzione di certificazione dei soggetti idonei allo svolgimento di una certaattività sulla base del possesso di predeterminate caratteristiche professionali.

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28. Relativamente al periodo di praticantato da svolgereobbligatoriamente presso professionisti che hanno già maturato una certaanzianità, occorre osservare che la ratio sottostante a tale obbligatorietà apparedel tutto condivisibile, in quanto è indubbia l'utilità di un periodo durante ilquale l'aspirante professionista possa apprendere come mettere in pratica leproprie conoscenze. Naturalmente, tuttavia, tale misura comporta degli oneriper il consumatore, a causa dei maggiori prezzi richiesti da professionisti chedevono recuperare in un numero più limitato di anni di esercizio professionalegli elevati costi opportunità sostenuti per avere accesso alla professione stessa.

Nel concreto, poi, appare esistere un ampio margine di variabilità circa lemodalità di svolgimento del tirocinio, al punto che tale istituto potrebberappresentare in alcuni casi un modesto contributo alla formazione delpraticante.

Del resto, dato l'elevato valore dello sforzo di un professionista giàattivo, è abbastanza plausibile che all'attività di supervisione e guida delpraticante non vengano sempre dedicate le risorse necessarie. Due le possibiliconseguenze: in primo luogo, un aumento dei rischi di imperizia e la possibilitàdi danni per i clienti; in secondo luogo, poiché il professionista anticiperà talepossibilità e la conseguente perdita di reputazione per il proprio studio,attribuirà al praticante le incombenze tecnicamente meno complesse.

In questo contesto, le uniche conoscenze aggiuntive che l'aspiranteprofessionista acquisirebbe nel corso del tirocinio sarebbero quelle volte asoddisfare la fascia più bassa del mercato del servizio professionale. Un lungotirocinio potrebbe quindi, in definitiva, tradursi in una misura del tuttosproporzionata rispetto al fine originario di migliorare la qualità delleprestazioni del neo-professionista.

In sintesi, il praticantato, se non adeguatamente effettuato, rischia dicomportare soprattutto un aumento dei costi dei servizi di qualità inferiore chepotrebbero essere resi a prezzi più bassi e senza danni per i clienti da soggetticon minore pratica, se fosse per loro possibile accedere al mercato; ciòconsentirebbe una maggiore differenziazione dei servizi all'interno dellaprofessione a tutto vantaggio dei consumatori.

Sulla base di queste argomentazioni, se l'abolizione del praticantato puòapparire una soluzione eccessivamente drastica in quanto esso può svolgerealcune funzioni positive, del tutto inopportune appaiono comunque le propostedi aumento degli anni di tirocinio, in assenza di specifici incentivi chegarantiscano un’effettiva trasmissione di competenza professionale.

29. L'abilitazione all’esercizio delle professioni intellettuali protetteimplica il superamento di esami di Stato. Le prove sono finalizzate ad accertarel’organica preparazione di base del candidato e a saggiare la sua capacitàtecnica in vista dell’adeguato svolgimento delle attività professionali. L’esamedi abilitazione viene organizzato da organi dello Stato, ma vede un ampio

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coinvolgimento degli ordini. Per la maggior parte delle professioni i programmidegli esami sono determinati dal Ministero dell’Università e della RicercaScientifica e Tecnologica, sentiti gli ordini professionali nazionali; lecommissioni esaminatrici sono costituite con decreto del Ministro,prescegliendo i membri da terne di persone designate dai competenti ordini, eappartenenti a varie categorie, tra cui quella dei professionisti iscritti all’albo.Inoltre gli esami possono svolgersi nei capoluoghi di provincia e nelle città sedidi Università, che siano altresì sedi di ordini41.

L’attribuzione agli ordini di un ruolo rilevante nell’organizzazione esvolgimento dell’esame di abilitazione riflette la scelta di privilegiare forme diautoregolamentazione delle professioni, di cui si dirà successivamente nellasezione 2.3.

Il problema principale di questo meccanismo è il rischio concreto che gliordini siano fortemente interessati a selezionare i neoprofessionisti per eccessoin termini di qualità e per difetto in termini di quantità al fine di stabilizzare iredditi professionali nel territorio rilevante.

2.2.2 Standard relativi alla qualità della prestazione30. La regolamentazione della qualità dei servizi equivale all'introduzione

di uno standard minimo, per cui non può essere fornito un servizio di qualitàinferiore al livello fissato.

Al riguardo, al fine di meglio precisare il concetto stesso di qualità delservizio, giova preliminarmente distinguere varie fasi del processo attraverso ilquale il professionista arriva a rispondere alle esigenze del cliente.

In particolare, giova distinguere l’attività relativa all’analisi del problemaposto e alla identificazione della sua soluzione, da quella successiva,concernente la vera e propria prestazione tecnica, che si traduce nellaproduzione di pareri, perizie, progetti...

Ora, la regolamentazione della qualità di quest’ultima attività presupponeun intervento autoritativo di specificazione delle caratteristiche tecniche delleprestazioni che, nel concreto, appare difficilmente ipotizzabile, anche in ragionedella natura non standardizzata di numerosi servizi professionali. Risulta invecemeno complesso configurare l’introduzione di regole nella fase antecedente allavera e propria prestazione tecnica, concernenti la qualità dei rapporti traprofessionista e cliente.

Al riguardo, può essere utile osservare che tale tipo di intervento èadottato con crescente frequenza nel settore dei servizi pubblici, laddove viene

41 Cfr L. 8 dicembre 1956, n. 1378, Esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni, in G.U. 21dicembre 1956, n. 321; D.M. 9 settembre 1957, Approvazione del regolamento sugli esami di Stato diabilitazione all’esercizio delle professioni, in G.U. 2 novembre 1957, n. 271; L. 9 maggio 1989, n. 168,Istituzione del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica. Tali norme si applicano alle seguentiprofessioni: medico-chirurgo, veterinario, chimico, biologo, farmacista, psicologo, ingegnere, architetto,geometra, geologo, agronomo, perito agrario, perito forestale, perito industriale, dottore commercialista,ragioniere.

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prescritto alle imprese di rispettare, nel rapporto con l’utente, standardriguardanti ad esempio i tempi di erogazione del servizio, la sua disponibilitàsul territorio, la pubblicità e trasparenza delle condizioni contrattuali applicate.

Anche nel settore delle professioni intellettuali protette non mancanoesempi di regolamentazione pubblica in tal senso42. Tuttavia, la definizione diquesti standard di comportamento appare più facilmente riconducibile a formedi autoregolamentazione.

31. Indipendentemente dal fatto che gli standard di qualità siano fissatiall’esterno o all’interno della professione, quando il rispetto degli standardstessi richiede maggiori e/o più qualificate risorse, è ragionevole attendersi cheal miglioramento della qualità media si associ un aumento del prezzo deiservizi.

32. Pertanto, dal momento che il benessere del consumatore si valutasulle due coordinate qualità-prezzo, gli standard qualitativi minimi tendonotanto più a promuovere il benessere sociale:

a) quanto maggiore è la reattività dei consumatori a variazioni dellaqualità media della prestazione; se i consumatori valutano molto positivamenteun miglioramento della qualità media, l'introduzione di uno standard minimo èsuscettibile di incrementare sensibilmente il loro benessere. (O, in altri termini,quanto più bassa è la valutazione dell’erogazione di una prestazione di bassaqualità; se prestazioni qualitativamente scadenti sono valutate moltonegativamente, è naturale che una loro eliminazione comporti un significativomiglioramento di benessere);

b) quanto più bassi sono i costi aggiuntivi connessi al miglioramento diqualità e quindi i conseguenti aumenti dei prezzi.

Analogamente a quanto rilevato a proposito degli effetti della selezioneall’accesso alla professione, anche nel caso della fissazione di standard diqualità minima dei servizi, è possibile argomentare che la regolamentazioneproduce effetti redistributivi, a favore dei consumatori più disponibili aspendere per la qualità e a scapito degli altri consumatori. Pertanto, l’effettocomplessivo in termini di benessere non è noto a priori.

33. E' stato osservato in precedenza che può essere opportuna l'adozionedi forme regolative volte ad attribuire dei benefici ai professionisti che possanostimolare prestazioni slegate dall'interesse individuale. Sotto questo profilo,l'imposizione di uno standard minimo sulla qualità del servizio non rappresentauna misura efficace, anche se può generare conseguenze positive sul benesseredel consumatore, elevando la qualità media dei servizi. Ciò in quanto

42 Il notaio, ad esempio, “per assicurare il funzionamento regolare e continuo dell’ufficio, deve tenere nelcomune assegnatogli studio aperto (...) e deve assistere personalmente allo studio nei giorni della settimana econ l’orario che saranno fissati dal presidente della Corte d’appello, previo parere del Consiglio notarile” art26, legge 16 febbraio 1913, n. 89, Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.

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l’introduzione di standard non genera maggior profitto per i professionisti, equindi non funge da incentivo ad adottare autonomamente comportamentideontologici.

In realtà, la specificazione delle caratteristiche qualitative del servizio -che è naturalmente accompagnata da forme di controllo e dalla previsione disanzioni nei casi di non osservanza degli standard - punta a ridurre l’offerta diprestazioni di bassa qualità mediante la riduzione dei margini di autonomia delprofessionista da un lato, e l’introduzione di disincentivi a tenerecomportamenti opportunistici dall’altro. Tuttavia, se esistono imperfezioni nelmeccanismo di controllo, non è escluso che alcuni professionisti beneficinocomunque di guadagni altrimenti non conseguibili, senza però che ciò siaidoneo a generare incentivi ad operare secondo criteri estranei all'autointeresse.

In sintesi, sembra ragionevole ritenere che l’introduzione di standardrischia, in assenza di un controllo efficace sul loro effettivo rispetto, di generarerendite senza eliminare i comportamenti opportunistici.

2.2.3 I minimi tariffari34. Tra gli strumenti di regolamentazione dell'attività professionale è

frequentemente utilizzata anche l'imposizione di una soglia minima delle tariffeche, viene sostenuto, servirebbe per limitare la degenerazione della qualità delservizio che tende ad essere decrescente con il prezzo.

Per quanto illustrato in precedenza, tale argomentazione può assumereuna certa validità se riferita a mercati nei quali il consumatore non siaeffettivamente in grado di distinguere le differenze esistenti tra professionisti. Intali circostanze infatti, la fissazione di una soglia di prezzo (o di profittabilitàminima dell’attività) potrebbe costituire una misura necessaria a incentivaresufficienti investimenti in capitale umano da parte dei futuri professionisti,nonchè la loro entrata e permanenza sul mercato.

In altri termini, nei casi di credence goods, le tariffe potrebbero svolgerela funzione di impedire che i prezzi scendano ai livelli fissati da operatoriinadeguatamente qualificati e pertanto disponibili ad accettare corrispettivi cherisulterebbero non remunerativi per chi invece abbia sostenuto i necessari costidi formazione.

Pertanto, le tariffe minime, analogamente alle restrizioni all’entrata,sarebbero funzionali alla sopravvivenza stessa del mercato, impedendo che isoggetti più qualificati si trovino, paradossalmente, in una situazione disvantaggio rispetto agli altri.

35. Tuttavia, al contrario della selezione all’entrata, le tariffe minime, purpotendo adeguatamente incentivare i professionisti più qualificati ad operare,non impediscono a soggetti che non possiedono i necessari requisiti diqualificazione di continuare ad offrire servizi di scarsa qualità. A tali soggetti,anzi, conferiscono una rendita particolarmente ingiustificata. L’introduzione di

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prezzi minimi appare, pertanto, un intervento a tutela del consumatorecertamente meno efficace delle restrizioni all’accesso.

Peraltro, qualora già esistano forme di selezione all’entrata, come di fattorisulta per tutte le categorie professionali, la fissazione di prezzi minimi diventasuperflua e contraria ad elementari criteri di efficenza regolamentativa, chesconsigliano l’impiego di più misure di regolamentazione per ottenere un solo,identico scopo.

36. Ad una conclusione dello stesso tenore si perviene anche qualora siritenga che le tariffe minime possano tutelare il consumatore rispetto acomportamenti opportunistici, quali la sottoproduzione del servizio indotta dallaconcorrenza tra soggetti consapevoli dell’incapacità del cliente di valutareappieno la completezza della prestazione ricevuta. In questo caso, siargomenta, la fissazione di tariffe minime impedirebbe che professionisti, purqualificati, pratichino prezzi che sono di fatto incompatibili con l’offerta di unservizio di adeguata qualità.

Occorre di nuovo considerare che, al contrario di altre forme diregolamentazione pubblica, quali la determinazione di standard qualitativi delleprestazioni, l’introduzione di tariffe minime non assicura in alcun modo checomportamenti opportunistici non siano comunque tenuti e risulta pertanto unaforma di intervento certamente meno efficace di altre.

37. Infine, potrebbe essere esplicitamente sostenuto che le tariffecostituiscono lo strumento attraverso il quale viene assicurata una rendita aiprofessionisti, la quale li incentiva a tenere comportamenti deontologici, neltimore che infrazioni alle regole di comportamento comportino un’esplusionedal gruppo professionale e quindi la perdita della rendita stessa.

Anche volendo adottare questo punto di vista, tuttavia, la fissazione deiprezzi costituisce una misura meno efficace di altre, quali le restrizioniall’accesso, che incidendo sulle determinanti strutturali del livello di prezzo, inparticolare sul numero di operatori presenti sul mercato, sono suscettibili diprodurre effetti più solidi e duraturi.

38. In sintesi, l’introduzione di tariffe minime, seppur idonea ad attenuarei fenomeni di selezione avversa, non ne assicura il superamento e apparecomunque meno efficace di altre forme di regolamentazione, alle quali,peraltro, frequentemente si accompagna.

D’altro canto, nei casi in cui ciò avviene, la fissazione di prezzi risultadel tutto ingiustificata e contraria ai principi di efficenza regolamentativa.

Più in generale, inoltre la determinazione di tariffe minime appare nonnecessaria per tutte le prestazioni professionali che non siano caratterizzate dasignificative forme di asimmetria informativa.

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39. A conclusione di questa sezione relativa agli strumenti diregolamentazione pubblica più frequentemente utilizzati nel settore dei serviziprofessionali, è possibile sintetizzare le considerazioni fino ad ora svolteattraverso l’impiego della tabella 2, che riguarda gli obiettivi dei diversiinterventi di regolamentazione.

Tabella 2 - obiettivi e strumenti di regolamentazione pubblica dei servizi professionaliselezione alla

entratastandard diqualità delleprestazioni

minimitariffari

garantire l’esistenza del mercato X Xridurre i costi di miglioramenti della qualità Xridurre i costi di ricerca per i consumatori X Xeliminare i comportamenti opportunistici Xincentivare comportamenti deontologici X X

La tabella mette in evidenza che la selezione all’entrata, in congiunzionecon l’introduzione di standard di qualità delle prestazioni può consentire unapiena tutela del consumatore sia rispetto a fenomeni di imperizia, che dinegligenza o di sovra (sotto)produzione del servizio.

La desiderabilità dell’adozione i tali strumenti dipende tuttavia dallanatura del servizio che si intende regolamentare, secondo le linee schematizzatenella tabella 3 seguente.

Tabella 3 - desiderabilità di diverse forme di regolamentazionetipologia servizi selezione all’entrata standard di qualità

delle prestazioniminimi tariffari

search goods nulla o scarsa nulla o scarsa nulla o scarsaexperience goods scarsa /media scarsa/media nulla o scarsacredence goods elevata elevata nulla o scarsa

2.3 Autoregolamentazione: costi e benefici

40. In ciò che segue si considerano i costi e beneficidell’autoregolamentazione, intesa come il coinvolgimento di membri dellecategorie professionali nell'applicazione degli strumenti di regolamentazionepubblica sopra analizzati, nonché la delega ad esse di integrare dettaregolamentazione attraverso l'introduzione di norme di comportamento,contenute in codici deontologici.

contributo alla regolamentazione pubblica41. La presenza di asimmetrie informative rende di fatto necessario lo

svolgimento di alcune funzioni regolative da parte dei membri delle professioni.Il motivo principale della partecipazione delle professioni alla regolamentazionepubblica è da rinvenirsi nella maggiore abilità dei professionisti a valutare gli

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standard di qualità della prestazione e i livelli di competenza minimi perl’esercizio della professione. I membri della professione possono avere accessoa costi inferiori a quell'informazione che è necessaria perché laregolamentazione sia efficace.

42. Anche nel caso in cui lo stato decidesse di intervenire direttamentenell'applicazione della regolamentazione, dovrebbe comunque fare ricorso adesperti qualificati che nella maggioranza dei casi sarebbero membri dellaprofessione stessa. La fusione degli addetti alla regolamentazione e degliesperti in unico ruolo comporta quindi un notevole risparmio di risorse.

43. Un ulteriore argomento che viene spesso addotto a favoredell’autoregolamentazione è che i suoi costi inciderebbero soltanto all'internodella professione stessa e sui consumatori di quei servizi, e non sull'interacollettività come accadrebbe nel caso di una regolamentazione condotta daagenzie governative il cui finanziamento avviene attraverso la tassazione.Inoltre, dal momento che quelle voci di costo si sostengono completamenteall'interno del mercato, gli addetti all'autoregolamentazione sarebberoincentivati a minimizzare i costi di applicazione delle regole e quelli che iprivati subiscono in relazione a ciò. Le agenzie governative, nel breve periodo,potrebbero avere incentivi a ridurre i primi, ma non i secondi.

44. Benché i vantaggi, in termini di risparmio di costi, del coinvolgimentodelle categorie professionali nella regolamentazione pubblica siano del tuttoevidenti, risulta altrettanta chiara la possibilità che l’autoregolamentazionepossa essere utilizzata al fine di restringere la concorrenza, limitando l’accessoa nuovi professionisti in misura maggiore di quanto sarebbe giustificato dallasola esigenza di tutelare i consumatori.

45. Adottando criteri più o meno stringenti agli esami di abilitazione sipuò influenzare il numero degli ammessi alla professione e adeguare le entratealle condizioni prevalenti di mercato, alleviando gli effetti negativi di unmomento di congiuntura sfavorevole o prolungando gli effetti positivi diun’espansione della domanda. In particolare, nel primo caso, l’impatto negativodi una riduzione della domanda può essere contenuto restringendo l’entrata elasciando che l’interazione fra le forze di mercato riporti i prezzi al livellodesiderato.

46. Peraltro, le stesse considerazioni si applicano anche ai casi in cui gliordini, oltre a svolgere un ruolo nella valutazione dei potenziali entranti, hannola possibilità di influire sulla determinazione dei requisiti stessi di accesso alleprofessioni.

Ciò può accadere in ragione del fatto che, come già osservato, chi giàesercita è nelle migliori condizioni per valutare appieno il grado di preparazione

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e le caratteristiche di capitale umano che sono necessarie per svolgere concompetenza l’attività professionale. Inoltre, il coinvolgimento delle categorieprofessionali nella determinazione dei requisiti per l’accesso può consentiremaggiore flessibilità in risposta a modificazioni del contesto economico,favorendo il superamento di regole inefficienti che tenderebbero a cristallizzarsise rimesse totalmente alle decisioni pubbliche e promuovendo il passaggioverso regole che influiscono positivamente sullo sviluppo del mercato.

Dall’altro lato, tuttavia, esiste il rischio che gli ordini influenzino in sensorestrittivo la determinazione dei requisiti di accesso, non tanto al fine diassecondare un mutamento nelle preferenze dei consumatori circa lecombinazioni di qualità e prezzo delle prestazioni, quanto piuttosto perstabilizzare i guadagni dei membri della categoria43.

Inoltre viene sostenuto che non è affatto scontato che le categorieprofessionali tendano a rimuovere norme inefficienti, ma al contrario sembraprevedibile che esse vengano mantenute soprattutto nel caso in cui un loromutamento finirebbe per causare perdite di capitale umano investitoirreversibilmente o, in altri termini, per minare previsioni di rendita non sempregiustificata44.

47. Relativamente all’autoregolamentazione degli standard di qualità deiservizi, e in particolare alla funzione di controllo della qualità delle prestazioniassegnata agli ordini, valgono considerazioni analoghe.

Da un lato, in ragione della complessità e non standardizzazionedell’attività professionale, soltanto chi esercita appare in grado di valutarel’effettiva adeguatezza delle prestazioni e in particolare la perizia e la diligenzaimpiegata dal professionista nonché l’assenza di fenomeni di sovra osottoproduzione del servizio.

Dall’altro lato tuttavia, non appare sussistere un forte incentivoall’interno degli ordini a svolgere in modo imparziale una funzione di vigilanzasull’aderenza dei comportamenti dei membri della professione a criteri slegatidall’autointeresse. Al riguardo, giova osservare che comportamenti nondeontologici da parte di alcuni professionisti non giungono mai al punto da

43 Al riguardo, alcune analisi empiriche statunitensi hanno ad esempio messo in luce il ruolo di estremorilievo che ha avuto l'ordine dei medici americani (AMA) nella definizione dei requisiti necessari perl'entrata, fino alla promulgazione di un atto legislativo che prevedeva che l'abilitazione fosse concessa inesclusiva ai medici provenienti dalla ristretta lista di scuole approvate dall'AMA stessa. Il risultato di questarestrizione all'entrata è stato una drastica riduzione delle scuole mediche e della densità di medici nellapopolazione (Cfr. C.Curran, The American Experience with Self-Regulation in the Medical and LegalProfessions, in M. Faure, Regulation of Professions, 1993).44 A titolo esemplificativo, si pensi al consolidarsi all'interno degli statuti degli ordini professionali dellecosiddette clausole dei diritti acquisiti, che esentano i membri già in attività dalla presentazione dei requisiticontenuti nei nuovi standard per l'ottenimento dell'abilitazione all'esercizio. (Si veda ad esempio la recentenormativa sull’accesso alla professione di ragioniere e perito commerciale, che richiede a differenza diquanto accadeva prima del 1992, il diploma universitario. La clausola dei diritti acquisiti vale in quanto lanormativa non agisce retroattivamente). La giustificazione addotta alla mancata applicazione retroattivadella “nuova” regolamentazione è che i membri già attivi hanno maturato esperienza nel corso dell'attività,che equivarrebbe comunque ad un aumento del capitale umano.

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compromettere l'ampiezza delle transazioni che costituiscono il mercato deiservizi professionali e quindi a far sorgere la necessità di un intervento “diautotutela” dell’ordine. Per altro verso, accordi fra i membri della professioneper sovrastimare la qualità media delle prestazioni erogate consentono dievitare il ricorso ai provvedimenti disciplinari che sarebbero previsti per i casidi negligenza professionale e mantenere un più elevato prezzo medio delleprestazioni.

48. In conclusione, l'efficacia della autoregolamentazione può risultarecompromessa se i professionisti incaricati della sua applicazione utilizzano aloro favore l'informazione privata di cui dispongono. Tale possibilità diventatanto più concreta quanto più verosimile appare l'ipotesi che tali professionistinon siano disinteressati e che non sia loro estraneo l'obiettivo della tutela degliinteressi della categoria che rappresentano. In tal caso, risultano affievoliti gliincentivi ad una efficace azione di contrasto dei comportamenti opportunisticiche emergono all'interno della professione.

i codici deontologici e il divieto di pubblicità49. Una delle funzioni principali degli ordini professionali in un regime di

autoregolamentazione è l'applicazione del codice deontologico; esso contienegeneralmente una serie di norme relative alla condotta professionale e moraledel professionista tra le quali è frequentemente compreso il divieto dipubblicità. In ciò che segue si considerano i costi e i benefici di questa specificaforma di autoregolamentazione45.

50. L'obiezione più frequentemente addotta da parte di membri dellecategorie professionali alle proposte di liberalizzazione delle norme sullapubblicità è che l'annullamento del divieto comporterebbe un decadimentomorale della professione. La “mercificazione” dell’assistenza fornita dalprofessionista al cliente rappresenterebbe uno snaturamento dell'esercizio dellaprofessione, che deve essere svincolata dai criteri allocativi di mercato.

Inoltre, la possibilità di effettuare investimenti pubblicitari finirebbe perfavorire i professionisti con maggiori capacità finanziarie, determinandoun’eccessiva concentrazione del mercato e traducendosi, in ultima analisi, inuna riduzione del benessere dei consumatori.

51. Tali argomentazioni tuttavia contrastano con la considerazione che,data la presenza delle asimmetrie informative di cui sopra, il divieto alla

45 Al riguardo giova precisare che nel caso delle professioni sanitarie e di quelle sanitarie ausiliarie il divietodi pubblicità è previsto non solo dai codici deontologici, ma anche dalla legge 5 febbraio 1992, n. 175, inG.U. 29 febbraio 1992, n. 50, Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizioabusivo delle professioni sanitarie. Analogamente, per i notai, il divieto di pubblicità è disposto, oltre chedal codice deontologico, anche dall’art. 14 del RDL 14 luglio 1937, n. 1666, Modificazioni dell’ordinamentodel notariato e degli archivi notarili.

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pubblicità finisce per precludere un canale di trasmissione dell'informazionesulle caratteristiche delle prestazioni e sulla dispersione dei prezzi(eventualmente anche solo sopra i minimi tariffari) che sarebbe particolarmenteutile per ridurre i costi di ricerca sostenuti dai consumatori, aumentandol’efficienza dei meccanismi di mercato e il benessere collettivo.

52. Alcuni studi di natura empirica sul settore dei servizi professionalihanno sottoposto a verifica sia l’ipotesi che il maggior ricorso alla pubblicità sitraduca in un aumento del benessere, a seguito di risparmi di costi di ricerca peril consumatore, che l’ipotesi secondo la quale gli investimenti pubblicitariabbiano problematici effetti sulla struttura dei mercato.

In particolare, sono stati analizzati gli effetti della liberalizzazione intermini di pubblicità avvenuta in alcuni segmenti del mercato dei servizi legaliinglesi 46. Al riguardo, è stato constatato che all'aumentare della proporzione diimprese che ricorrevano all'investimento pubblicitario, diminuivano le tariffeprevalenti nel mercato. Inoltre, non sono emerse indicazioni che unindebolimento del divieto di diffondere pubblicità comporti sostanzialidistorsioni allocative e relative perdite di benessere per i consumatori.

Con riferimento all’ipotesi che la pubblicità modifichi la struttura dimercato, la verifica empirica ha in realtà riguardato principalmente settoriindustriali, caratterizzati inoltre da un elevato rapporto pubblicità/fatturato e/oda elevati livelli in valore assoluto di investimento pubblicitario per impresa,mentre è stata piuttosto limitata nel settore dei servizi professionali. In linea dimassima, gli studi riguardanti i settori industriali confermano l'ipotesi che unmassiccio investimento pubblicitario possa generare sostanziali effetti anti-concorrenziali. Tuttavia, tale risultato non appare confermato nel settore deiservizi professionali. In particolare, con riguardo al mercato dei servizi sanitariinglesi, si è riscontrato che sono soprattutto i giovani medici da poco entrati sulmercato ad investire in pubblicità 47(Folland, 1987). Ciò è spiegabileconsiderando che la pubblicità agirebbe da fattore di accelerazione dellacostituzione di capitale reputazionale, consentendo ai nuovi entranti di superarecon maggiore velocità lo svantaggio che li separa dai professionisti affermati eaumentando così la concorrenza tra professionisti, a vantaggio del consumatore.Altri studi relativi al mercato delle prestazioni sanitarie confermano che ilricorso alla pubblicità è meno frequente da parte dei medici affermati 48 e chetuttavia i benefici derivanti dalla pubblicità sono maggiori per i medici con piùesperienza. In altri termini, i professionisti in attività da lungo tempo ricorronomeno alla pubblicità, probabilmente anche nel timore che ciò possa essereinterpretato come un segnale di scarsa qualità. Tuttavia, quando lo fanno

46 J.H. Love et al., Spatial Aspects of Deregulation in the Market for Legal Services, in regional Studies,1992.47 S.Folland, Advertising by Phisicians: Behavior and Attitudes, in Medical Care, 1987.48 S.J.A.Rizzo e R.J. Zeckhauser, Advertising and Entry: the case of Phisician Services, in Journal ofPolitical Economy, 1990.

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migliorano la loro posizione di mercato di più di quanto accade ai nuovi entrantia seguito di analoghi investimenti.

53. In conclusione, la letteratura empirica sembra confermarel'opportunità di una liberalizzazione della pubblicità all'interno dei serviziprofessionali. L'investimento pubblicitario incide il più delle volte positivamentesul benessere del consumatore generando una riduzione delle tariffe medie.Peraltro, la stima degli effetti dell'investimento pubblicitario sulla struttura delmercato non genera predizioni univoche. Alcune recenti indagini relative alsettore sanitario inglese sembrano tuattavia confermare che l'investimentopubblicitario favorisce nel breve periodo l’affermazione sul mercato dei neo-professionisti.

2.4 Conclusioni

54. Sulla base delle considerazioni sopra svolte si possono trarre alcuneconclusioni di natura generale con riguardo alla regolamentazione dei serviziprofessionali.

Dato l'intrinseco vantaggio informativo di cui dispongono i membri delleprofessioni stesse e l'onerosità del reperimento di quell'informazione da parte diterzi, il decisore pubblico deve necessariamente delegare ai professionisti partedell'attività regolativa. Di fatto ciò avviene, in quanto gli ordini professionalisvolgono un ruolo attivo nell'applicazione di strumenti di regolamentazionepubblica e inoltre contribuiscono alla tutela del consumatore attraversol’emanazione di norme di condotta che dovrebbero prevenire il verificarsi dicomportamenti opportunistici da parte dei professionisti.

Il costo di questa delega agli ordini è rappresentato dalla rendita diposizione che viene loro concessa. Essa può in parte essere vista come forma diincentivazione sub-ottimale alla produzione privata di servizi professionali, chepermettono di realizzare esternalità positive aventi un valore sociale e inoltrecome forma di incentivazione all’adesione alle regole di condotta previste daicodici deontologici.

55. Il sostenimento di questo costo da parte della collettività risultagiustificato:

a) se la probabilità che il consumatore non sia da solo in grado di evitareselezioni avverse tra servizi di differente qualità è significativa;

b) se il coinvolgimento degli ordini nell’applicazione degli strumenti diregolamentazione pubblica e il ruolo loro attribuito di integrarla conl’emanazione di norme di condotta nonchè di controllarne l’applicazione apparerealmente suscettibile di produrre un miglioramento della qualità delleprestazioni.

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56. Elementi di valutazione concreta di entrambi gli aspetti verrannoforniti nei capitoli seguenti, dedicati all’esame delle caratteristiche economichee dell’assetto regolamentativo degli specifici servizi professionali.

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PARTE TERZA

NUOVE CONFIGURAZIONI DELL’OFFERTA NEI SERVIZI

PROFESSIONALI

INTERESSI EMERGENTI E PROBLEMI APERTI

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CAPITOLO SETTIMO: LE PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE

7.1 Sviluppo delle professioni non regolamentate

1. Estendendo ora i confini dell’analisi fin qui condotta al più ampio evariegato panorama delle attività professionali in senso lato, giova innanzituttoosservare che le professioni possono essere distinte in funzione del grado diintensità del controllo che lo Stato ha ritenuto necessario apprestare sia sul tipodi formazione richiesta per esercitare le attività, sia sulle stesse attività che necostituiscono l’oggetto.

Al riguardo, nel nostro ordinamento, possono essere individuate un primotipo di professioni, quelle protette, per l’esercizio delle quali è previstal’iscrizione in albi e l’istituzione di un ordine al quale è delegata la funzione dicontrollo sull’esercizio dell’attività; un secondo tipo di professioni che sonoriconosciute, ovvero disciplinate dalla legge, per le quali tuttavia si richiedesolo l’iscrizione in albi o elenchi, senza che sia necessaria la costituzione di unordine (ad esempio gli agenti di assicurazione e i periti assicurativi); infine, unterzo tipo di professione è dato dalle attività non regolamentate, ovvero nonsoggette ad una regolamentazione pubblicistica, ma presenti sul mercato dellavoro e rappresentate dalle relative associazioni. Il presente capitolo concerneprevalentemente quest’ultima categoria di professioni.

2. Nel corso degli anni 80’, si è assistito alla nascita di svariate attivitàprofessionali, come evoluzione o specificazione di professioni già esistenti,oppure come nuove attività sorte per rispondere a specifiche richieste dimercato.

Il quadro di queste professioni è molto vasto, in quanto include ancheattività che non sono propriamente “liberali”, nel senso di svolgersi senzavincoli di dipendenza, oppure “intellettuali”, nel senso di avere un contenutoprevalentemente legato all’ingegno.

Il settore è stato recentemente oggetto di una ricognizione da parte delCNEL382 dalla quale emerge che nel 1995 circa 700.000 operatori esercitavanoprofessioni non regolamentate nel settore dei servizi alle imprese383, in quellosocio-sanitario384 e nel settore delle arti, delle scienze e delle tecniche385.

382 Cfr. CNEL, 2° Rapporto di monitoraggio sulle Associazioni rappresentative della Professioni nonRegolamentate, 1996383 Le principali professioni del settore sono rappresentate dagli esperti di marketing e in pubblicherelazioni, dai disegnatori, dai cambisti, dagli approvvigionatori, dai traduttori e interpreti, dai consulenti didirezione aziendale, dai periti liquidatori, dai tecnici degli scambi internazionali ecc...384 Le principali professioni del settore sono rappresentate dai chinesiologi, dagli igienisti dentali, dagliosteopati, dai terapisti della riabilitazione, dagli ortottisti, dai podologi, dai massifisioterapisti, dagliergonomi, dai pedagogisti e dai consulenti familiari.385 Si tratta di un settore molto variegato che comprende, tra gli altri, stenotipisti, urbanisti, amministratoriimmobiliari, restauratori, enologi, fotografi e telecineoperatori.

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Tabella 1. Stima della ripartizione del numero di operatori svolgentiattività non regolamentate in diverse aree

3. Naturalmente le caratteristiche delle prestazioni erogate dagli operatorivariano sensibilmente a seconda dei settori interessati, anche in rapporto allecaratteristiche della domanda, la quale nel settore dei servizi alle imprese èrappresentata da soggetti pubblici e da aziende private, mentre nel settore sociosanitario è rappresentata soprattutto da persone fisiche.

4. Alcune attività oggetto delle professioni non regolamentate vengonosvolte in concorrenza con quelle normalmente svolte da coloro cheappartengono ad una professione protetta. Deve infatti essere considerato che leprofessioni protette hanno ad oggetto alcune attività in esclusiva, per le qualinon esiste concorrenza con soggetti che non siano iscritti agli albi, ma anchemolte attività libere, che possono essere svolte anche da soggetti non iscrittiagli albi. Alcune di queste attività libere costituiscono attualmente l’oggetto dispecifiche figure professionali non disciplinate dalla legge, che si trovano adoperare in concorrenza con i professionisti protetti.

Un esempio in tal senso è dato dall’”urbanista”, figura professionalevenutasi a creare con l’istituzione di una laurea in urbanistica386 che consente diacquisire e svolgere particolari competenze in materia di pianificazioneterritoriale, il quale esercita un’attività abitualmente svolta da ingegneri earchitetti. Poiché infatti la pianificazione territoriale non è attività attribuita inesclusiva agli ingegneri e agli architetti, essa può essere legittimamente svoltaanche da soggetti come gli urbanisti che sono qualificati nella materia anche senon devono superare un esame di Stato, nè sono iscritti ad un albo387.

Analoghe considerazioni possono essere fatte nei riguardi dell’attività diconsulenza tributaria che non costituendo attività riservata ai commercialisti eai ragionieri può essere svolta anche da professionisti non iscritti agli albi, tracui figurano i “tributaristi”.

Pertanto, il delinearsi di queste nuove figure professionali ha contribuitoa sviluppare la concorrenza in ambiti di attività tradizionalmente appannaggiodelle professioni protette, nonché ha evidenziato che segmenti di clientelatradizionalmente soddisfatti da iscritti ad albi, sono disponibili ad indirizzare la

386 Istituita con D.P.R. 14 aprile 1970 n. 1009.387 Cfr. T.A.R. Liguria 14 luglio 1983 n. 253, T.A.R. Veneto 20 dicembre 1990 n. 100/91 e T.A.R. di Trento28 ottobre 1991 n. 375.

settori n. operatoriservizi all’impresa 293.650

attività socio-sanitarie 167.913arti, scienze e tecniche 232.225

totale 693.788Fonte: CNEL, cit..

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propria domanda a soggetti che propongono combinazioni qualità-prezzo delservizio ritenute preferibili.

7.2 L’autoregolamentazione delle professioni non regolamentatea) il fenomeno dell’associazionismo5. Con l’evoluzione e il proliferare di tali nuove professioni si è altresì

assistito allo sviluppo di Associazioni di rappresentanza delle professioniemergenti, con compiti anche di autoregolamentazione delle attività. Questeassociazioni, oltre alla tutela degli interessi dei propri iscritti, si sono postel’obiettivo di ricercare forme di autocertificazione tese a valorizzare laprofessione e a fare acquisire visibilità alla stessa. Tra gli obiettivi che leassociazioni si sono poste i principali sono rappresentati dall’acquisizione di unriconoscimento pubblico, dall’aggiornamento professionale e dalla garanziadella qualità dei servizi resi dagli associati.

L’associazionismo rappresenta pertanto un canale di sostegnopromozionale, culturale ed economico per un elevato numero di operatori,nonché la possibilità di riconoscersi in una strategia di sviluppo comune a tuttala categoria e di acquisire una identità collettiva.

6. Le associazioni professionali di cui si ha conoscenza sono 142388, dellequali due terzi si sono costituite in tempi abbastanza recenti, cioè dopo il 1980e ben 42 negli ultimi cinque anni.

7. Come evidenziato dalla tabella che segue, mettendo a confronto i datistimati sul numero di operatori presenti nei settori interessati con i dati sulnumero degli iscritti alle varie associazioni, emerge che la rappresentatività diqueste è piuttosto ridotta rispetto all’intero mercato, ad indicare, ad avviso delCNEL, la difficoltà delle associazioni di raggiungere alcune fasce di operatorie, in parte, lo scarso interesse alla adesione ad organismi di rappresentanza.

Per altro verso, tuttavia, si riscontra, la presenza, in quasi tutti i settoripresi in considerazione, all’interno delle associazioni, di iscritti ad albiriconosciuti. La circostanza appare degna di rilievo in quanto evidenzia che taliprofessioni emergenti svolgono una parte di attività in concorrenza con alcuneprofessioni regolamentate.

Tabella 2. Iscritti alle Associazioni delle professioni non regolamentate

388 Si tratta di quelle associazioni che sono state censite dal CNEL.

settori iscritti % operatoriservizi all’impresa 15.253 35,2 293.550

attività socio-sanitarie 11.977 27,7 167.913arti, scienze e tecniche 15.997 37,1 232.325

totale 43.227 100,0 693.788Fonte: CNEL, cit..

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a) accesso all’associazione8. Il livello di qualificazione richiesto dalle associazioni è molto vario,

ma per la gran parte dei settori, la licenza di scuola media superiore è il titolonecessario per l’ammissione. In alcuni casi è richiesto un diploma universitarioo la laurea (specie nel settore dei servizi alle imprese e di comunicazioned’impresa) o la frequenza di scuole di specializzazione (specie nel settoresocio-sanitario). Nei settori delle arti, scienze e tecniche a volte non è richiestoalcun titolo di studio.

In alcuni settori e, segnatamente, le tecniche di comunicazione e deiservizi di impresa, assume importanza una formazione pratica. Il titolo di studionella maggior parte dei casi non è sufficiente per essere ammessiall’Associazione, essendo richiesto anche un periodo di praticantato svolto odurante o dopo il percorso formativo.

Inoltre, la maggioranza delle associazioni sottopone gli aspiranti socianche ad una prova di ammissione.

Infine, solo una minoranza (soprattutto nel settore socio-sanitario e nellearti, scienze e tecniche) gestisce scuole professionali allo scopo di formare iprofessionisti.

b) funzioni e deontologia9. Una delle attività più importanti delle associazioni riguarda l’offerta ai

propri iscritti di servizi diretti ad un miglioramento della qualità delleprestazioni e relativi prevalentemente all’aggiornamento (attraverso periodici,corsi periodici, convegni, congressi o seminari specifici) e alla formazioneprofessionale.

10. La maggior parte delle associazioni indica ai propri iscritti alcunicriteri di comportamento contenuti in Codici etici.

Relativamente alla natura di tali principi, fatta eccezione per quelliconnessi alle peculiarità delle attività svolte, le regole più importanti sonosostanzialmente identiche e consistono nell’onestà, nel rispetto del segretoprofessionale, nell’aggiornamento della propria professionalità, nel rispettodelle regole interne dell’Associazione.

Sono inoltre previsti controlli sul rispetto delle norme deontologiche,esercitati nelle forme più varie, da collegi regionali, interregionali e nazionali,da Consigli di garanti, da Commissioni deontologiche ecc.., e, nella maggiorparte dei casi il contravvenire a tali principi comporta anche l’attivarsi di unsistema sanzionatorio (ammonizioni, richiami, diffide, la sospensione e nei casipiù gravi all’espulsione).

Scarsamente diffusa è invece la verifica in itinere delle capacitàprofessionali degli iscritti, limitandosi il controllo ai requisiti nella fase diaccesso.

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7.3 Forme di riconoscimento in ambito comunitario

11. Le più recenti iniziative della Comunità europea in materia diprofessioni intellettuali sono contenute nella Direttiva 92/51/CEE del Consiglio,relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazioneprofessionale, che integra la Direttiva 89/48/CEE del Consiglio, riguardante uniniziale sistema generale di riconoscimento per i diplomi conseguiti a seguito diperiodi di formazione della durata minima di 3 anni. La Direttiva 92/51considera anche i gradi di formazione inferiore, che non sono stati previsti dalsistema generale iniziale.

Entrambe le direttive, applicabili sia ai lavoratori autonomi chesubordinati, sono volte a favorire la libera circolazione delle persone e deiservizi in ambito comunitario, creando le condizioni affinché i cittadini degliStati Membri possano esercitare una professione in uno Stato diverso da quellonel quale essi hanno acquisito le loro qualifiche professionali389.

A tal fine le Direttive introducono il principio del riconoscimentoreciproco delle condizioni di accesso alle quali gli Stati membri subordinanol’esercizio delle professioni, basato sul principio della fiducia reciproca chedevono nutrire nelle rispettive formazioni professionali Stati che hanno unlivello equivalente di sviluppo economico, sociale e culturale.

Pertanto, viene previsto che un Paese membro ospitante non possarifiutare ad un cittadino di un altro Stato membro l'accesso o l'esercizio ad unaprofessione, se il richiedente possiede il diploma che nello Stato membro diorigine è richiesto per accedere o esercitare tale professione.

12. Una prima osservazione deve essere fatta in merito alla circostanzache le Direttive non interferiscono affatto sui poteri dei diversi Stati membri didecidere se una professione o un’attività professionale debba essereregolamentata ed eventualmente secondo quali modalità. Il legislatorecomunitario si è solo preoccupato che dalla diversa valutazione degli Stati inmerito alla necessità di regolamentare un’attività, o dal modo in cui èregolamentata non derivasse un pregiudizio alla libertà di esercizio delleprofessioni in ambito europeo e, pertanto, nelle Direttive suddette si è cercatodi tenere conto di tutte le molteplici situazioni in cui si può attuare unaformazione professionale390.

389 La realizzazione del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi nel campo delleprofessioni liberali ha conosciuto tre fasi: una prima consistente nell’adozione di programmi generali al finedi sopprimere le restrizioni connesse alla nazionalità e alla residenza; un seconda, di attività legislativa,consistente nell’emanazione di direttive settoriali volte all’adozione di misure di coordinamento legislativotra i diversi Stati membri; infine una terza, basata sul principio del riconoscimento reciproco.390Cfr V. Scordamaglia, La direttiva CEE sul riconoscimento dei diplomi, in Foro It. 1990, IV, 391.

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13. Le situazioni contemplate dalle Direttive sono sostanzialmente due,ovvero quella in cui le professioni sono regolamentate in entrambi i Paesi, ma inmodo diverso, e quella in cui la professione non è regolamentata in un Paese,ma lo è in quello nel quale il professionista intende esercitare la professione.Nel primo caso è necessario valutare le differenze tra la disciplina dell’attivitànei due Paesi: qualora si tratti di differenze di poco conto, tali da poter esseresuperate dal professionista nel processo di adattamento in un altro Paese, loStato ospitante non potrà rifiutare l’accesso; qualora invece le differenzedovessero essere sostanziali, le Direttive forniscono dei meccanismi diadattamento per addivenire ad una compensazione.

Nel secondo caso, invece, per beneficiare dell’ammissione allaprofessione regolamentata, il richiedente che proviene da un Paese nel qualequella professione non è disciplinata, deve fornire la prova di aver effettuato uncorso di studi preparatorio, nonché di aver esercitato la professione nel proprioPaese per almeno due anni durante gli ultimi dieci.

Pertanto, la nozione di professione non regolamentata ai sensi di questeDirettive non esclude, quale requisito per l’esercizio, il possesso di un titolo distudio, il quale individuerebbe un titolo di formazione rilasciato a seguito dellafrequenza di un corso di studi.

14. Relativamente alla nozione di attività professionale regolamentata,poi, merita sottolineare che l’Unione Europea, dopo aver considerato talel’attività professionale per la quale l’accesso o l’esercizio sia subordinatodirettamente o indirettamente mediante disposizioni legislative, regolamentari oamministrative al possesso di un diploma (inteso nell’accezione di cui si èdetto), ha assimilato ad una attività regolamentata “l’attività professionaleesercitata dai membri di un’associazione od organizzazione che, oltre ad averesegnatamente lo scopo di promuovere e di mantenere un livello elevato nelsettore professionale in questione, sia oggetto, per la realizzazione di taleobiettivo, di un riconoscimento specifico da parte di uno Stato membro e: -rilasci ai suoi membri un titolo di formazione, - esiga da parte loro il rispetto diregole di condotta professionale da essa prescritte e - conferisca ai medesimi ildiritto di un titolo professionale"391.

Pertanto, il legislatore comunitario ha posto su un analogo piano iprocessi formativi direttamente regolati dallo Stato e i processi formativi delleassociazioni riconosciute dallo Stato, alle quali è delegata la funzione dicertificazione dei soggetti idonei allo svolgimento di una certa attività sulla basedel possesso di predeterminate caratteristiche professionali.

La circostanza appare come un vero e proprio riconoscimentodell’equivalenza sostanziale dei due diversi sistemi di certificazione.

391 Articolo 1, lettera d) della direttiva 89/48 e articolo 1, lettera f) della direttiva 92/51.

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7.4 Conclusionia) La tendenza alla regolamentazione pubblicistica delle professioni15. La tendenza in atto nel nostro ordinamento è quella di un

allargamento della disciplina legislativa ad un sempre maggior numero diprofessioni emergenti, in base ad una valutazione del legislatore che nonsempre sembra avere riguardo alla rilevanza degli interessi su cui incidel’esercizio delle stesse. Talvolta il legislatore è giunto sino a disciplinare alcunedi queste professioni nella stessa forma rigida e pervasiva prevista per leprofessioni protette, prevedendo un esame di Stato e l’istituzione di un ordine.E’ il caso della disciplina relativa alla professione di maestro di sci, e dellaprofessione di guida alpina392.

16. A questa tendenza alla professionalizzazione delle attività non ècertamente estranea una richiesta in tal senso da parte delle professioniemergenti le quali frequentemente non ritengono sufficienti le forme diorganizzazione e di rappresentanza già autonomamente adottate ed aspirano adun riconoscimento che abbia un valore per tutta la collettività.

Pertanto, quello che le professioni cercano di acquisire non è unaregolamentazione che sostanzialmente già c’è, quanto una legittimazionepubblica di tale regolamentazione, una sorta di “marchio di qualità”socialmente riconosciuto. Tra le motivazioni principali sottese a tale richiestafigura certamente l’acquisizione di una maggiore visibilità sul piano economicoe sociale e di un riconoscimento che svolga una funzione di garanzia agli occhidel consumatore.

Inoltre, non si può tralasciare il fatto che spesso la richiesta di tali formedi tutela deriva dagli ostacoli posti nello svolgimento dell’attività da parte deiprofessionisti protetti, i quali difendono segmenti di mercato in precedenzainteramente controllati, e da parte della pubblica amministrazione che spessonon conferisce gli incarichi se non agli iscritti agli albi393.

Tuttavia, non si può negare altresì che alcune di queste professioniambiscano anche ad acquisire un monopolio sulle attività svolte, attraverso letradizionali forme di regolamentazione pubblica adottate per le professioniprotette, con l’istituzione di albi o ordini che definiscano, limitino e riservino leattività ad una determinata categoria di soggetti.

b) la possibilità di adottare sistemi di regolamentazione diversi dall’istituzione di Albi e Ordini17. Con riguardo alla domanda di regolamentazione espressa dalle

professioni emergenti che ambiscono ad ottenere l’istituzione di albi e di

392 Cfr. , rispettivamente, leggi 8 marzo 1991 n. 81 e 2 gennaio 1989 n. 6.393 Al riguardo, ad esempio, nonostante nessuna legge riservi l’attività di pianificazione territoriale agliiscritti agli albi notevoli difficoltà sono state incontrate dagli urbanisti nel ricevere gli incarichi dielaborazione dei piani urbanistici da parte degli enti territoriali.

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ordini, deve essere sottolineato che, se può essere accettabile la richiesta di unacertificazione che conferisce un marchio di qualità, non appaiono ricorrere ipresupposti perché questo avvenga necessariamente con modalità selettive elimitative quali quelle già previste per le professioni protette.

Deve infatti essere considerato che l’esercizio di una professione è, inlinea di principio, libero e, pertanto, le limitazioni poste dal legislatoreall’esercizio di tale attività dovrebbero assumere carattere eccezionale e trovareuna giustificazione nella particolare rilevanza dell’attività svolta in connessioneanche con l’elevata probabilità che la fornitura di un servizio scadente producadanni significativi al singolo consumatore e alla collettività. Solo in presenza dicomprovate esigenze di tutela di interessi generali, il legislatore dovrebbeattribuire la riserva di attività a determinate categorie di soggetti, chepossiedono i requisiti per assicurare uno standard minimo di prestazioni, edesercitare un controllo sulle modalità di esercizio della professione.

Tali esigenze di carattere generale che non appaiono sempre ricorreretalora persino nell’ambito delle professioni protette, risultano poi difficilmenteriscontrabili per le professioni emergenti. Peraltro, seppure si possacomprendere e ipotizzare per le stesse un sistema di certificazione di qualitàidoneo a fornire garanzie per il consumatore più esigente che intende assicurarsiun servizio qualitativamente elevato non si giustifica l’adozione di unaregolamentazione che limiti sia la libertà di iniziativa economica privata deisoggetti che attualmente operano in piena autonomia, sia la libertà di scelta delconsumatore, il quale, può preferire servizi di qualità meno elevata ma diprezzo più conveniente.

18. Si può allora ipotizzare per tali professioni un sistema dicertificazione di qualità meno “impegnativo”, sulla scia di quanto avviene inaltri Paesi Europei, basato sul riconoscimento di associazioni delle professioninon regolamentate e soprattutto sull’adesione volontaria dei soggetti394. Talesistema ha trovato d’altra parte pieno riconoscimento anche in sede comunitariacon le Direttive 89/48 e 92/51, dalle quali emerge una nozione di professioneregolamentata non necessariamente connessa all’istituzione di albi o ordini.

Secondo tale modello i professionisti sono organizzati in associazioni allequali fa capo, tra l’altro, la predisposizione di un sistema rigoroso di verificadella competenza del professionista, e dei suoi standard di comportamento.Pertanto, il professionista che lo desidera può iscriversi ad un’Associazione,acquisendo così una sorta di marchio di qualità. Il modello descritto si basa,dunque, sul riconoscimento di un certo titolo di studio che abilita alla

394 D’altra parte, nell’ambito delle professioni non regolamentate, esistono una serie di figure professionali,soprattutto nel settore socio-sanitario (fisioterapista, tecnico ortopedico, igienista dentale ecc..), per le qualiseppure non è previsto un esame di Stato e non è stato costituito un ordine, l’accesso alla professione èconsentito solo dopo il conseguimento di un diploma universitario abilitante. Pertanto, la mancanza di unadisciplina pubblicistica non significa che chiunque, sprovvisto di un titolo di studio, possa esercitare questeattività.

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professione e sul riconoscimento di associazioni che garantiscono la formazionedei propri iscritti e il rispetto, da parte degli stessi, di alcune regoledeontologiche essenziali.

Le associazioni professionali sono riconosciute dallo Stato in quantohanno lo scopo di promuovere e mantenere una qualità dell'offerta adeguata neisettori di competenza. A tal fine, viene previsto che queste associazioniesercitino una funzione di autoregolamentazione della categoria, principalmenteattraverso l'accertamento del possesso e mantenimento di predeterminatirequisiti di competenza e professionalità da parte degli iscritti. Esse possonoinoltre esigere da questi ultimi il rispetto di regole di condotta professionale,comunque finalizzate alla realizzazione dell'obiettivo di garantire la qualitàdelle prestazioni.

L’adozione di un sistema siffatto concilierebbe le esigenze di coloro cheaspirano ad appartenere ad una categoria pubblicamente riconosciuta, senzaprecludere l’esercizio della medesima attività da parte di coloro che non hannole medesime aspirazioni e garantirebbe al consumatore la possibilità discegliere tra servizi di qualità diverse e, verosimilmente anche di prezzi diversi.

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CAPITOLO OTTAVO: ATTIVITÀ LIBERO-PROFESSIONALE EALLE DIPENDENZE

1. Questo capitolo riguarda il tema dell’incompatibilità tra attività libero-professionale e attività alle dipendenze, la quale assume due vesti distinte: a)con riguardo a tutte le professioni, ad eccezione di quella medica, essa sisostanzia in un divieto di “cumulare” l’attività svolta alle dipendenze di undatore di lavoro con attività effettuate a favore di altri soggetti in regime liberoprofessionale; b) con riguardo poi alla sola professione forense, si estende finoa precludere ai giuristi dipendenti di enti o imprese private lo svolgimento per ilproprio datore di lavoro dell’attività di patrocinio.

In ciò che segue, dopo aver brevemente sintetizzato la disciplina deldivieto, si svolgono alcune considerazioni circa la necessità e proporzionalitàdello stesso in rapporto al perseguimento dei fini di interesse pubblico ai qualiviene generalmente finalizzato.

8.1 La regolamentazione

2. La tabella che segue illustra sinteticamente il quadro normativo diriferimento per le professioni esaminate nei capitoli precedenti395.

Dalla stessa emerge che, relativamente alla generalità delle professioni,ad eccezione del patrocinio forense, non risulta esistente l’incompatibilitàdell’esercizio della libera professione con l’impiego privato.

Anche con riferimento all’incompatibilità tra libera professione e impiegopubblico, tuttavia, emerge che, per i professionisti dell’area tecnica e dell’areaeconomico contabile, eccettuati i consulenti del lavoro, il divieto, ove esiste,discende dalla legislazione in materia di impiego pubblico.

Per i medici, infine, non sussiste alcuna incompatibilità in senso proprio.

395Segnatamente, cfr. per i notai art. 2 legge n. 89/1913; per gli avvocati, art. 3, commi 2, 3 e 4 r.d.l. n.1578/1933; per i dottori commercialisti e i ragionieri, art. 3, comma 2, d.p.r. n. 1067/1953 e d.p.r. n.1068/1953; per i consulenti del lavoro, art. 4, l. n. 12/1979; per gli ingegneri e gli architetti, art. 62 r.d. n.2537/1925; per i geometri, art. 7, r.d. n. 274/1929 ed infine per i medici art. 5, d.p.r. n. 221/1950 e daultimo art. 1, comma 10, legge n. 622/1996.

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Tabella 1 - Incompatibilità tra libera professione e impiego pubblico e privatoPrincipaliprofessioni

Incompatibilitàcon l’impiego privato

Incompatibilità con l’impiego pubblico

Norme dell’ordinamento dellaprofessione

Norme dell’ordinamentodell’Ente di appartenenza

Notai no xAvvocati si, per il patrocinio xDottori Comm. no xRagionieri no xConsulenti lav. no xIngegneri no xArchitetti no xGeometri no xMedici no

3. Deve poi mettersi in luce che, con riguardo alla sola professioneforense, l’incompatibilità non si esaurisce nel divieto di “cumulo” ma precludealtresì agli abilitati dipendenti di enti o imprese private lo svolgimento delpatrocinio a favore del proprio datore di lavoro. Gli abilitati dipendenti di entipubblici, invece, iscritti in un elenco speciale, ed inseriti nell’ufficio legaledell’ente di appartenenza appositamente istituito, possono esercitarelimitatamente alle cause e agli affari cui sono addetti.

i) le recenti modifiche legislative4. Nel descritto contesto normativo si inseriscono, ridimensionandolo,

alcune importanti modifiche legislative. Di recente, infatti, è stato stabilito,relativamente ai soli dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che ledisposizioni dei relativi ordinamenti che prevedono incompatibilità o cumulo diimpieghi e quelle che vietano l’iscrizione in albi professionali non si applicanoai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempoparziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempopieno396.

Successivamente, è intervenuta una norma che ha previsto l’abrogazionedelle disposizioni che vietano l’iscrizione ad albi e l’esercizio di attivitàprofessionali per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale,restando salve le altre disposizioni in materia di requisiti per l’iscrizione e perl’esercizio delle relative attività397. Tuttavia, tale norma, nel rimuoverel’incompatibilità tra libera professione e impiego pubblico part-time, limita peri dipendenti pubblici iscritti agli albi e che esercitano attività professionale lepossibilità di esercizio dell’attività stessa agli incarichi professionali che nonsiano conferiti dalle amministrazioni pubbliche. Né tali dipendenti, nel caso in

396 Cfr. art. 1, comma 56, della legge n. 622/1996, recante “Misure di razionalizzazione della finanzapubblica”.397 Cfr. art. 6, comma 2, legge 28 maggio 1997 n. 140, recante “Conversione in legge, con modificazioni,del decreto legge 28 marzo 1997 n. 79, recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica”.

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cui svolgano attività forense, possono assumere il patrocinio in controversienelle quali sia parte una pubblica amministrazione398.

5. Con riferimento a tali modifiche legislative, deve rilevarsi che è statapresentata una proposta di legge, volta ad impedire l’iscrizione dei dipendentipubblici part-time agli albi degli avvocati399. Nella relazione, l’iniziativa inesame viene giustificata sottolineando che per gli avvocati, differentemente daaltre professioni liberali, si pongono seri problemi per l’inviolabilità del dirittodi difesa ove si considerino, ad esempio, le ipotesi in cui l’avvocatocontemporaneamente sia anche cancelliere, ufficiale giudiziario, dipendente nonmilitare degli uffici finanziari400.

6. Sulla base di quanto precede, rimane dunque ferma l’incompatibilitàtra libera professione e impiego pubblico a tempo pieno, nonché tra liberaprofessione e impiego privato per le professioni giuridiche.

8.2 Necessità e proporzionalità delle diverse forme di incompatibilitàa) il divieto della coesistenza tra libera professione e attività alledipendenze7. Relativamente al primo dei due divieti illustrati, si osserva che

l’incompatibilità di norma (ad eccezione degli avvocati) non sussiste rispettoall’impiego privato e, per quanto concerne quello pubblico, ove esista, viene disolito stabilita e regolata dalla disciplina relativa al rapporto di impiegopubblico. Ciò appare indicare che il divieto sia riconducibile essenzialmenteall’esigenza, propria del datore di lavoro, di impedire o limitare comportamenti,tenuti dal dipendente, che siano in contrasto con gli obblighi derivantidall’inserimento dello stesso nella struttura e nell’organizzazione dell’ente oche creino situazioni di conflitto con gli interessi dell’ente stesso, arrecando aquest’ultimo un pregiudizio, nonché alla necessità di assicurarsi la pienadedizione del dipendente all’attività istituzionale.

Pertanto, appare evidente che il divieto, in tale ipotesi, non rappresentauno strumento di regolamentazione dell’esercizio della professione, ma

398 Cfr. art. 6, comma 2, ultima parte, legge n. 140/1997.399 Cfr. Proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati il 25 febbraio 1997, recante “Norme inmateria di incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato” (Atto Camera n. 3274), che, all’art.1, prevede “le disposizioni di cui all’art. 1, commi 56, 56bis e 57 della legge 23 dicembre 1996 n. 622 non siapplicano all’iscrizione agli albi degli avvocati, per i quali restano fermi i limiti e i divieti di cui al regiodecreto legge 27 novembre 1933 n. 158 (....)”.400 In particolare “si verrà a creare uno strano rapporto di interazione pubblico-privato, per cui il prestigiodel difensore non sarà più basato sulla sua professionalità, ma sul suo potere nell’ambitodell’amministrazione, con creazione di una clientela al di fuori di una corretta concorrenza professionale eduna commistione di interessi privati in attività pubbliche (....). Il cittadino non potrà non rivolgersiall’avvocato che lavora negli uffici pubblici, peraltro potenziali controparti, e si troverà ad essere assistito daun difensore condizionato oggettivamente dalla sua posizione di pubblico dipendente divaricato da dueconcorrenziali interessi”.

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piuttosto una misura eventualmente adottata dalle pubbliche amministrazioni alfine di garantire un’efficiente e corretto svolgimento dell’attività istituzionale401.

8. Diversamente appare potersi argomentare nell’ipotesi, quale quelladegli avvocati, in cui il divieto “di cumulo” è previsto dalla relativa leggeprofessionale.

L’incompatibilità per gli avvocati è stabilita dalla legge forense a priori eper la generalità delle situazioni.

9. Si sostiene che tale divieto sarebbe motivato dall’esigenza di garantirel’efficienza, il prestigio e l’autonomia della classe forense, impedendo al liberoprofessionista lo svolgimento di attività alle dipendenze che per loro naturaverrebbero ad incidere negativamente su detti principi402.

10. Al riguardo, deve rilevarsi che l’esistenza di un impiegoparallelamente all’esercizio di attività libero professionale, di per sè, nonappare pregiudicare l’efficienza di quest’ultima, come dimostra del resto il fattoche tale divieto non è previsto per la generalità delle professioni. E’ ragionevoleipotizzare infatti che i professionisti forensi, non diversamente da tutti gli altriprofessionisti, siano autonomamente in grado di determinare efficientemente ilproprio volume di attività.

A ciò si aggiunga che qualora il professionista dovesse trovarsi insituazioni potenzialmente idonee a determinare conflitti di interessi, il pericolodi una compressione dell’autonomia della professione - e dunque di unaviolazione del diritto di difesa - rappresenterebbe un giusto motivo di rifiutodell’incarico, come d’altra parte viene previsto dalle stesse normedeontologiche. Tutt’al più, solo per le specifiche ipotesi (cancelliere, ufficialegiudiziario, ecc.) nelle quali secondo la categoria appare potersi determinareun’effettiva commistione di interessi privati in attività pubbliche, potrebberoessere stabiliti specifici divieti di cumulo.

Pertanto, la previsione di un divieto generalizzato appare senz’altrosproporzionata.

11. Nello stesso senso depongono le recenti modifiche legislative, lequali, nel prevedere per tutti i professionisti dipendenti pubblici part time -compresi gli avvocati - la possibilità di svolgere anche attività libero-professionale, con il solo limite che gli incarichi professionali non sianoconferiti dalle amministrazioni pubbliche, implicitamente confermano chel’efficienza e l’autonomia del professionista nell’esecuzione dell’attività libero

401 Quanto ai notai, va detto da subito che il divieto contenuto nella legge notarile appare diretto ad evitare ilcumulo di funzioni pubbliche in capo ad un soggetto che già svolge funzioni delegategli dallo Stato.402 Cfr.Cass. 29 marzo 1989 n. 1530.

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professionale non è di per sè pregiudicata dall’esistenza di un rapporto dilavoro dipendente.

12. Per altro verso, si sostiene che l’incompatibilità si giustificherebbe inquanto diretta ad assicurare la piena dedizione del professionista al lavoro cheha liberamente scelto, senza le inevitabili distrazioni di tempo, di energia e dicapacità lavorativa, che il parallelo esercizio di una libera attività professionalecertamente comporterebbe403. Al riguardo, è appena il caso di notare chel’efficienza e l’autonomia nello svolgimento dell’attività alle dipendenze, comeaccade per tutte le altre professioni, potrebbero essere salvaguardate daspecifiche forme di incompatibilità introdotte dal datore di lavoro nei casi in cuitali esigenze effettivamente ricorrano.

13. In conclusione, la regola dell’incompatibilità assoluta, se, da un lato,non appare uno strumento proporzionato a salvaguardare l’autonomia dellaprofessione, dall’altro sicuramente limita la libertà di scelta del professionistacirca le soluzioni lavorative ritenute più idonee ed in particolare l’accessoall’albo, restringendo in tal modo la concorrenza tra soggetti qualificatinell’offerta dei servizi rientranti nell’oggetto della professione.

b) il divieto di esercizio di attività tipiche della professione in qualità di dipendente14. Con riferimento alla seconda forma di incompatibilità considerata,

riguardante i soli abilitati dipendenti di enti e imprese private, la categoriaforense ha precisato che la regola vale come divieto, per il professionista chesia dipendente, di prestare il patrocinio persino a favore del proprio datore dilavoro, sottolineando, al riguardo, che per l'avvocato è essenziale mantenereuna posizione di autonomia nei confronti del cliente, e che tale posizione risultaincompatibile con l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato404.

15. Con riguardo, poi, alla deroga prevista a favore dei soli avvocati dienti pubblici, questa, secondo il Consiglio Nazionale Forense, sarebbegiustificata in quanto l’attività degli impiegati pubblici beneficerebbe di alcunecondizioni di autonomia e cioè: della formale ed apposita istituzione, pressol’ente pubblico, di un ufficio legale avente carattere di separatezza e autonomia

403 Cfr. Consiglio nazionale forense, delibera del 29 marzo 1979, in Rass. Forense, 1983, 5.404 Cfr. l’audizione dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura del 12 luglio 1996; S. Carbone e F. Munari,L’indagine conoscitiva dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato sugli Ordini e Collegiprofessionali ed il suo possibile impatto sull’avvocatura, in Concorrenza e Mercato, 1995, 434, poi,precisano “Tale indipendenza non può, per definizione coesistere con rapporti di lavoro subordinato, che daun lato, (...) priverebbero l’avvocato della libertà di assumere determinate posizioni in giudizio e, a fortiori,della libertà di rappresentare o meno una parte relativamente ad una data controversia (...); dall’altro lato,finirebbero inevitabilmente coll’identificare l’avvocato con la parte, mettendo quindi in discussione quellanecessaria differenziazione tra verità reale e verità processuale che è alla base di tutti gli ordinamentigiuridici evoluti”.

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rispetto agli altri uffici e ai settori amministrativi, e della esclusività, per taleufficio e per coloro che vi sono addetti, dell’espletamento di attività di difesa,rappresentanza e assistenza dell’ente405.

16. Relativamente all’impedimento all’esercizio del patrocinio forensealle dipendenze di enti o imprese private, si tratta pertanto di verificare qualieffetti l’esistenza di tale vincolo di subordinazione comporta sull’autonomia delprofessionista dipendente nell’esercizio dell’attività di rappresentanza e difesagiudiziale del datore di lavoro.

17. Va innanzitutto messa in rilievo la circostanza che la limitazione inesame non riguarda la forma di lavoro dipendente pubblico, per il quale, anzi, èprevista espressamente una deroga. Tale circostanza indica che lasubordinazione non influisce, negandola, sull’autonomia dell’avvocatonell’espletamento della attività di difesa, rappresentanza e assistenza dell’entedal quale dipende.

L’autonomia, intesa come discrezionalità tecnica del professionista,sebbene si esplichi pienamente nelle ipotesi in cui la prestazione sia svolta nellaforma di lavoro autonomo, appare, senz’altro, poter sussistere anchenell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato. Infatti, il potere direttivo deldatore di lavoro, correlativo alla subordinazione del professionista-lavoratore,riguarderebbe prevalentemente le modalità organizzative dell’attività piuttostoche quelle tecniche o, comunque, in relazione a queste ultime, subirebbe unaffievolimento, considerata la qualificazione dell’attività come professioneintellettuale406,407.

405 Cfr. Consiglio Nazionale Forense, delibera del 28 febbraio 1993, secondo la quale “la ricorrenza dientrambi i suddetti elementi vale infatti, se non ad escludere, certamente ad attenuare il rapporto didipendenza dall’ente, conferendo alla posizione del professionista interessato quelle caratteristiche diautonomia, di indipendenza che sole giustificano la deroga al principio generale della incompatibilità dellalibera professione forense con il rapporto di lavoro subordinato”. Cfr., inoltre, nello stesso senso, le deliberedel Consiglio del 10 gennaio 1989 e del 26 gennaio 1985. E’ appena il caso di ricordare - giacché il temaesula propriamente dall’oggetto della trattazione - che tale deroga ha dato luogo ad un imponentecontenzioso, riguardante essenzialmente la presunta incostituzionalità della stessa, per violazione delprincipio di uguaglianza, rispetto agli avvocati dipendenti di enti privati: al riguardo, è stato tuttavia ritenutoche la previsione di tale eccezione non sarebbe incostituzionale in quanto la diversità di trattamento “trovagiustificazione nella natura pubblica o privata delle strutture in cui essi si inseriscono come dipendenti enelle peculiarità delle rispettive esigenze (Cass. SS.UU. n. 7939/1990, cit.); cfr. inoltre Cass. 12 gennaio1987 n. 115, secondo la quale, in particolare, “L’inserimento di un dipendente in una struttura pubblicacomporta che lo stesso debba necessariamente collaborare per le finalità di ordine generale perseguitedall’ente di appartenenza, e si spiega così la ragione per la quale agli avvocati e procuratori pubblicidipendenti sia stata riconosciuta la legittimazione ad esercitare l’attività professionale, ma in favoredell’ente di appartenenza soltanto, sicché l’iscrizione negli elenchi speciali consente e limita al tempostesso l’esercizio della professione, contenendolo nell’ambito del perseguimento degli interessi pubblicisticipropri dell’istituzione nella quale il professionista è organicamente inquadrato”.406 Cfr. Giacobbe, Professioni intellettuali, in Enc. Diritto, XXXVI, Milano, 1987, 1088; Santoro Passarelli,Professioni intellettuali, in Noviss. Digesto Italiano, XIV, Torino, 1967, 23, secondo il quale “Ladiscrezionalità dell’attività professionale non ripugna, almeno in linea generale, al vincolo dellasubordinazione, la quale va intesa in senso funzionale, come necessaria conseguenza dell’inserimento delprestatore nell’organizzazione imprenditoriale. Naturalmente, in tali ipotesi, il rapporto sarà regolato dalle

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18. Nè è sufficiente argomentare al riguardo che l’avvocato addettoall’ufficio legale di un ente pubblico sia esposto a condizionamenti edinterferenze minori rispetto a quelli che incombono sul dipendente di entiprivati al quale vengono attribuite analoghe funzioni, in ragione della naturadegli interessi perseguiti dall’ente e della posizione di autonomia garantitaall’ufficio legale rispetto alla struttura. Da un lato infatti l’esigenza di non farcoincidere l’avvocato con la parte, ai fini di assicurare la sua libertà dipreparare nella più totale indipendenza la difesa degli interessi dell’assistito,non è garantita in misura maggiore dalla natura pubblica degli interessiperseguiti dal datore di lavoro, dall’altro non sembra potersi escludere ancheper gli enti e le imprese private la creazione di un ufficio legale avente caratteredi separatezza e autonomia rispetto agli altri uffici e ai settori amministrativi, ela esclusività, per tale ufficio e per coloro che vi sono addetti, dell’espletamentodi attività di difesa, rappresentanza e assistenza dell’ente.

Al riguardo, è stato rilevato che mentre in origine il legale interno di entio imprese private era inserito nella direzione amministrativa e del personaledell’ente, attualmente per un numero crescente di imprese l’ufficio legale risultaseparato e indipendente e la funzione legale, pertanto, tende a rendersiautonoma408.

19. Sulla base di quanto precede risulta dunque che la regola non siagiustificata. Dall’altro canto, la stessa appare invece consentire che ai liberiprofessionisti venga riservata, almeno per quanto concerne il servizio dipatrocinio, quella fascia di clienti costituita da enti e imprese private e, in talsenso, restringe la concorrenza tra gli operatori dotati dei requisiti diformazione e qualificazione necessari per l’offerta del patrocinio stesso.

20. La riserva produrrebbe i più rilevanti effetti, peraltro, soprattutto nelcaso di enti e imprese di maggiori dimensioni in quanto proprio tali clientiappaiono con maggiore probabilità poter valutare conveniente

disposizioni relative al lavoro subordinato”. Cfr. anche Maviglia, Professioni e preparazioni alleprofessioni, Milano, 1992, 144 e ivi ampi riferimenti di dottrina e di giurisprudenza. In particolare, secondoCass. 30 agosto 1991 n. 9234, “l’esercizio dell’attività di avvocato e procuratore legale è riconducibile, inastratto, tanto ad un rapporto di lavoro autonomo che ad un rapporto di lavoro subordinato (ancorchécaratterizzato, dato il contenuto squisitamente intellettuale dell’attività, da una subordinazione affievolita),non essendo di ostacolo alla sua inquadrabilità nel secondo tipo di rapporto la disciplina in tema diincompatibilità (....) dettata dall’art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (ordinamento delle professioni diavvocato e procuratore)”. Cfr. anche Maviglia, Professioni e preparazioni alle professioni, Milano, 1992,144 e ivi ampi riferimenti di dottrina e di giurisprudenza.407 Cfr. in tal senso anche l’art. 6 della legge francese n. 90/1259 del 31 dicembre 1990, di riforma di alcuneprofessioni legali che, relativamente all’avvocato ha stabilito che lo stesso, nell’esercizio dei compitiaffidatigli, “beneficie de l’indipendance que comporte son serment et n’est soumis à un lien desubordination à l’egard de son employeur que pour la determination de ses conditions de travail”.408 Cfr. l’audizione dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa (AIGI) del 27 settembre 1996.

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l’internalizzazione del servizio in questione, conseguendo per tale via unrisparmio di costi.

In generale, poi, è emerso che, per le imprese, l’impossibilità diinternalizzare il servizio di patrocinio assume un carattere di particolarestringenza specialmente nelle ipotesi in cui esso implica una trattazionestandardizzata di controversie frequentemente ricorrenti, come quelle relativead esempio al recupero dei crediti. In sintesi, il vincolo in esame appare in nonpochi casi impedire un adattamento pienamente soddisfacente dell’offerta allecaratteristiche della domanda.

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CAPITOLO NONO: LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

9.1 L’abrogazione del divieto imposto dalla legge 23 novembre 1939 n. 1815.

1. La fattispecie società di professionisti si riferisce, in senso stretto, allesocietà aventi per oggetto l’esercizio in comune di una professione intellettuale.

Fino al recente intervento della legge n. 266 del 7 agosto 1997, ilprincipale ostacolo, dal punto di vista giuridico, all’esercizio in forma societariadell’attività professionale intellettuale era rappresentato, dalla legge 23novembre 1939, n. 1815, la quale consentiva quale unica forma di esercizio incomune dell’attività delle professioni protette il c.d. studio associato. Piùprecisamente, la legge disponeva che le persone le quali, munite dei necessarititoli di abilitazione professionale, si associano per l’esercizio delle professionicui sono abilitate, dovessero usare nella denominazione del loro ufficio e neirapporti con i terzi, esclusivamente la dizione “studio tecnico, legale,commerciale, contabile, amministrativo o tributario” con l’indicazione del nomee del titolo professionale di ciascun associato (art. 1).

La legge sanciva poi il divieto di costituire, esercitare o dirigere societàaventi lo scopo di dare ai propri consociati o a terzi prestazioni in materiariguardante le professioni intellettuali protette (art. 2).

2. L’articolo 24 della legge n. 266 del 7 agosto 1997 ha abrogatol’articolo 2 della legge 23 novembre 1939 n. 1815, ed ha delegato al Ministrodi grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio edell’artigianato, e per quanto di competenza, con il Ministro della sanità, lafissazione, con proprio decreto, entro centoventi giorni, dei requisiti perl’esercizio delle attività di cui all’articolo 1 della legge 23 novembre 1939 n.1815. Pertanto, il legislatore, anziché emanare una legge di riforma organicadella materia, ha preferito abrogare il divieto posto dalla legge del 1939,lasciando ad un atto di normazione secondaria - che andrà raccordato alladisciplina codicistica in materia societaria ed in particolare al principio ditipicità delle società ivi contenuto - il compito di predisporre soluzioni checonsentano ai professionisti di esercitare in comune la professione nel rispettodelle peculiarità della propria attività e fornendo loro un ampio ventaglio dipossibilità tra cui scegliere la modalità che essi ritengono più congeniale.

L’intervenuta abrogazione rappresenta non solo la risposta alle istanzeprovenienti dai professionisti, i quali da molto tempo auspicavano una riformain questa direzione, ma anche il recepimento normativo degli orientamentiindicati dalla più recente giurisprudenza.

Tuttavia, seppure la rimozione di questo ostacolo, che vigevaingiustificatamente da oltre cinquant’anni, merita di essere salutata con favore,occorre altresì sottolineare che si tratta soltanto di un primo, seppure importantepasso, verso la definizione di una disciplina i cui contenuti, che verranno

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definiti - come visto - con un successivo decreto ministeriale, sono destinati adincidere in maniera significativa sull’evoluzione delle forme di esercizio dellaprofessione.

E’ verosimile, quindi, che l’individuazione delle modalità attraverso lequali sarà consentito l’esercizio dell’attività professionale in forma organizzata,sarà preceduta da un acceso dibattito attraverso il quale si confronteranno lemotivazioni che hanno per molti anni sostenuto il divieto suddetto, con leistanze che inducono a preferire una radicale innovazione.

Al fine di comprendere le diverse posizioni e di cogliere appieno leoccasioni offerte da tale riforma, appare opportuno delineare il quadrolegislativo e giurisprudenziale sul quale è intervenuta la legge n. 266 del 1997.

9.2 La ratio del divieto posto dalla legge del 1939

3. La ratio del divieto trovava le proprie origini nella natura giuridica delrapporto di lavoro fra committente e professionista intellettuale, nel quale,secondo quanto emerge dal Codice Civile, assume particolare rilievol’esecuzione personale dell’incarico (salvo il ricorso ammesso dall’art. 2232c.c. all’opera di sostituti ed ausiliari, ma sempre sotto la direzione eresponsabilità del professionista incaricato)409.

L’esercizio in forma societaria avrebbe violato tale principio in quanto laprofessione sarebbe stata esercitata “in comune” fra più professionisti e, quindi,“impersonalmente”. Alla base di tale convinzione vi era il presupposto che nelcaso di assunzione di incarico da parte di una società, sia pure formata daprofessionisti iscritti all’albo, la prestazione eseguita sarebbe giuridicamenteriferibile solo alla società, mentre la persona o le persone che in concretol’hanno eseguita si sottrarrebbero ad ogni individuale responsabilità.

La legge voleva quindi impedire sia lo svolgimento in concreto di taliprofessioni da parte di soggetti non legittimati, sia l’elusione dell’art. 2231 c.c.,secondo cui è nullo per difetto di iscrizione all’albo il contratto d’operaintellettuale concluso dal professionista di fatto. In particolare il legislatore sipreoccupava che una denominazione diversa dalla qualificazione professionalerisultante dai titoli degli associati potesse indurre in equivoco i terzi, coprendouna attività non svolta dai soggetti abilitati e, quindi, sfornita delle necessariegaranzie tecniche e morali410.

409 C’è anche chi ha visto un ostacolo nell’art. 2233 comma 2, c.c., il quale stabilisce che il compenso delprofessionista debba essere adeguato al decoro della professione oltre che all’importanza dell’opera: se uncliente si rivolge ad una società di professionisti, non potendo il compenso essere determinato ai sensidell’art. 2233, comma 2, c.c. in quanto non si potrebbe pretendere un compenso che risulti adeguato aldecoro professionale di ciascun socio, ogni socio percepirebbe una frazione dell’unitario compenso ricevutodalla società, e, quindi una remunerazione determinata in modo diverso da quanto previsto per ilprofessionista intellettuale. Così Musolino, Esercizio delle professioni intellettuali, Padova, 1994.410 La giurisprudenza, che per lungo tempo aveva visto nel divieto della legge del 1939 un ostacoloinsuperabile, negli ultimi anni ha manifestato degli orientamenti radicalmente diversi, che hanno certamentecontribuito ad aprire la strada all’attuale riforma.

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4. Pertanto, le forme di collaborazione che potevano esseregiuridicamente realizzate tra professionisti comprendevano quella regolata dallalegge del 1939, l’associazione, o ipotesi estranee alla fattispecie società traprofessionisti, quali la società di mezzi.

5. Occorre tuttavia aggiungere che già prima dell’intervento risolutivodella legge n. 266 del 1997, il legislatore era via via intervenuto in alcuni settoriintroducendo alcune eccezioni al generale divieto di costituzione delle societàdi professionisti, quali la disciplina introdotta per le società di revisione, per lesocietà di intermediazione mobiliare e per i centri di assistenza fiscale, cheverranno considerate in seguito (sezione 9.4).

6. Come abbiamo già accennato, la legge 266/1997 si è limitata adabrogare il divieto posto dalla legge del 1939, delegando la definizione deirequisiti ad un successivo decreto ministeriale, senza tuttavia stabilire i criteri acui quest’ultimo dovrà attenersi nel delineare le forme in cui sarà possibileesercitare in comune la professione. Pertanto, al momento, l’unico istitutogiuridico che rappresenta un parametro di riferimento in materia èl’associazione professionale di cui all’art. 1 della legge del 1939, nonché lediscipline adottate in regimi speciali.

9.3 L’associazione professionale

7. Premesso che la legge disciplina solo formalmente e in negativol’associazione professionale, nulla stabilendo in merito alle modalità di

Un primo passo è stato fatto dalla Corte di Cassazione (Sentenza del 31 luglio 1987 n. 6636) che hadato rilevanza all’esteriorizzazione del vincolo associativo, stabilendo che “allorché più professionisti siassociano per l’esercizio della professione, nell’ambito di tale rapporto ciascuno dei professionistinell’espletamento dell’incarico ricevuto insieme con i suoi colleghi, agisce oltre che per sé anche per gli altrisecondo il principio della rappresentanza reciproca, salvo esplicite limitazioni o previsioni in contrario.Pertanto, per gli affari assunti congiuntamente, così come il cliente che ha ricevuto la prestazione daiprofessionisti congiuntamente può corrispondere il compenso ad uno solo di essi con effetti liberatori neiconfronti degli altri, ciascuno dei professionisti è legittimato a chiedere l’intero compenso per l’operaprestata.”

Successivamente, la giurisprudenza ha manifestato chiaramente di ritenere compatibile l’eserciziodella professione intellettuale con la struttura societaria. Al riguardo molto significativa è una sentenza(App. Milano 27 maggio 1988) nella quale si afferma che “l’associazione tra professionisti di cui alla leggen. 1815 del 1939, non è incompatibile con lo schema societario delineato dall’art. 2247 c.c. la cui disciplinapertanto è applicabile in via analogica anche con riferimento alla liquidazione del socio uscente”.

Ad analoga conclusione è pervenuta la Corte di Cassazione (Sentenza del 16 aprile 1991 n. 4032),secondo la quale non esiste alcun principio “inderogabile o imperativo” che faccia divieto di utilizzare ladisciplina legale di enti soggettivizzati, quali le società, per i rapporti interni tra i partecipantiall’associazione. Infine, ad una piena identificazione dell’associazione professionale con la società semplice,la giurisprudenza era pervenuta nella sentenza della Corte di appello di Milano del 19 aprile 1996, nellaquale ha qualificato come società semplice, soggetta alle relative norme, un’associazione professionale fraprofessionisti protetti, nel caso di specie i notai.

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svolgimento dell’attività, ad una definizione della sua natura giuridica è giuntala giurisprudenza in via interpretativa e non senza contraddizioni.

8. La Corte di Cassazione ha ritenuto validi in base all’art. 1 della leggedel 1939 gli accordi conclusi da professionisti legittimati e soltanto da essi perl’esercizio congiunto di professioni tutelate. Tale associazione non dà luogo adun centro di imputazione giuridico autonomo e distinto dai professionisti, maognuno di essi rimane l’unico titolare e l’esclusivo responsabile dei rapporti inessere con i clienti, oltre che il solo creditore del compenso, stabiliscel’impostazione e la linea dello svolgimento dell’opera, dirige ed indirizza illavoro degli associati, i quali assumono la veste di sostituti o di ausiliari ai sensidell’art. 2232 c.c., ossia di collaboratori tecnici411.

Nell’associazione professionale, il contenuto del rapporto obbligatorio èquindi rappresentato dalla prestazione di collaborazione tecnica nell’attivitàprofessionale svolta dagli altri colleghi, contro la ripartizione delle spesecomplessive e del totale degli onorari percepiti da ogni singolo associato. Ilprofessionista che si associa assume pertanto il ruolo di associante, quandodirettamente dal cliente gli è stato affidato un incarico, che egli svolgeavvalendosi di collaboratori tecnici, il cui lavoro dirige e indirizza, e diassociato quando funge da collaboratore tecnico di un proprio collegaincaricato.

9. Per quanto concerne la qualificazione del contratto in esame, la Corteha individuato la fattispecie prevista e ammessa dall’art. 1 della legge n.1815/1939 come un contratto di associazione, ma un contratto di associazionesui generis, autonomo e diverso da quello regolato dall’art. 2549 c.c..

Nel primo caso, infatti, l’associato partecipa, sia pure nella veste disostituto o di ausiliario, all’esercizio dell’attività professionale dell’associantee, di riflesso alle spese e ai compensi, nel secondo caso invece lapartecipazione dell’associato riguarda soltanto il risultato economicodell’impresa, o dell’affare, dell’associante e, allorché il suo apporto consista inuna prestazione di lavoro, l’esercizio dell’impresa, o dell’affare si accentraesclusivamente nella persona dell’associante.

In sostanza, quindi, nel contratto di associazione secondo il modellocodicistico, manca la partecipazione da parte dell’associato all’attivitàprofessionale, che invece caratterizza il rapporto associativo tra professionisti.

10. Si può quindi concludere che il contratto interprofessionaleassociativo è atipico, dà luogo ad un vincolo meramente inter partes e nonesiste una soggettività giuridica del gruppo in quanto tale412.

411Cfr. Cass. 12 marzo 1987 n. 2555.412 Cfr G. Capozzi, Le associazioni tra notai, in Vita Not., 1985.

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Pertanto, nell’associazione la professione protetta viene esercitata non incomune, ma congiuntamente; l’intervento del professionista è coordinato maseparato da quello del collega; e, infine, gli effetti delle prestazioni intellettualidispensate dagli associati non sono imputati unitariamente e giuridicamenteall’associazione.

9.4 Le società esistenti

a) Le società di mezzi11. Si tratta di una società che ha come oggetto la mera realizzazione e

gestione dei mezzi strumentali (immobili, arredamenti, biblioteca, macchinari,servizi ausiliari) per l’esercizio di una attività professionale protetta se talerealizzazione e gestione rimane distinta e separata nettamente, anche perl’aspetto contabile, dall’attività professionale.

In questo caso, tra la società e il professionista, interviene un contratto inbase al quale la società si obbliga a mettere a disposizione del professionista ibeni strumentali e i servizi accessori che consentono o facilitano (ma noncertamente esauriscono) l’attività professionale che deve essere svoltapersonalmente anche se con la collaborazione di sostituti e ausiliari, i qualirimangono sotto la direzione e responsabilità del professionista incaricato. Ilprofessionista da parte sua corrisponde alla società il pagamento di uncorrispettivo stabilito in misura fissa ovvero in proporzione dei suoi proventiprofessionali413.

La società di mezzi può essere costituita da più professionisti perl’esercizio in comune dei soli strumenti necessari alla loro attività o può essereformata da soggetti che professionisti non sono. Si tratta in quest’ultimo casodelle società fra capitalisti per l’esecuzione di prestazioni intellettuali altrui: quii professionisti non sono soci, ma dipendenti della società e l’attività esercitatain comune dai soci è una attività di interposizione fra quanti offrono il propriolavoro intellettuale e quanti domandano servizi intellettuali.

b) Le società di engineering12. Le società di engineering sono società di capitali (e, talvolta società

cooperative) che hanno come scopo la progettazione ed eventualmente lacostruzione e la manutenzione di opere ed impianti industriali o commerciali.

Questa società ha come obiettivo di riunire in un’unica strutturasocietaria tutti i professionisti ed i tecnici (ingegneri, architetti, geologi,urbanisti, esperti ambientali, ecc...) necessari per la realizzazione di opere eimpianti industriali e commerciali, dalla fase di fornitura di prestazioni diprogettazione sino al livello esecutivo, curando eventualmente anche lamanutenzione. In particolare per quanto riguarda l’attività di ingegneria

413 Cfr. Cass. 13 maggio 1992, n. 5656.

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industriale, che è più ampia414, preparatoria ed interdisciplinare rispetto allatradizionale attività di progettazione di ingegneria civile, il ricorso al modellosocietario consente al cliente di evitare l’instaurazione di una pluralità dirapporti con i singoli professionisti e tecnici permettendo di realizzare notevolirisparmi in termini di costi e di tempi.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza che ha ritenuto ammissibilile società di engineering, queste ultime rispetto alle società professionali insenso stretto, forniscono un servizio più ampio. In particolare, mentre nellesocietà professionali in senso stretto l’organizzazione è strumentale rispettoall’attività intellettuale, nelle società di engineering è l’attività intellettuale adapparire strumentale rispetto all’organizzazione. In altri termini, tali societàsono state ritenute estranee al divieto di cui alla legge del 1939 in quantosvolgenti una attività ausiliaria e rientranti nel genere delle imprese di servizi415.

c) La società fra professionisti intellettuali non protetti13. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibile l’esercizio in forma

societaria delle attività professionali non protette416. Per le professioni nonprotette, quali l’agente di pubblicità, l’esperto di ricerche di mercato, l’espertodi programmi di computer ecc..., principi come quelli dell’esecuzione personaledell’incarico o della retribuzione adeguata al decoro della professione non sonoinderogabili. Infatti gli esercenti professioni intellettuali non protette nondebbono necessariamente regolare il loro rapporto con il cliente secondo loschema del contratto d’opera intellettuale, ma possono ritenersi liberi diadottare altri schemi contrattuali e in particolare, le forme giuridiche delcontratto di appalto (art 1655 c.c.).

414 Le società di progettazione industriale hanno per oggetto lo studiare, progettare, costruire e vendereimpianti e parti di impianti e attrezzature per le industrie chimica, petrolifera, petrolchimica, termica enucleare, includendo: studio del progetto di base, realizzazione degli schemi di lavorazione, preparazione deidisegni dei vari impianti e apparecchiature, forniture, acquisto degli stessi presso i vari fornitori, assistenzaalla costruzione di detti impianti e apparecchiature nelle varie officine cui essi sono stati commissionati,montaggio e/o supervisione allo stesso, messa in marcia e collaudo degli impianti, il tutto per conto proprio odi terzi.415Cfr. Cass. 30 gennaio 1985 n. 566; cfr. altresì Cons. Stato, 3 aprile 1990, n.314, in Società, 1990, 1046secondo il quale "le società di ingegneria o di architettura non sono riconducibili ad associazioni anonime diprofessionisti, ma al più ampio genere delle società di servizi, in quanto forniscono un opus, in rapporto alquale le prestazioni intellettuali costituiscono soltanto una delle componenti della complessa attivitàsocietaria e del risultato che viene promesso e reso al committente; pertanto, le società predette, in quantotali, non incorrono nel divieto di costituzione di cui agli artt. 1 e 2 della 1. n. 1815/1939".416 Il principio è stato chiarito dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 22 gennaio 1979 n. 17, la qualeha stabilito che “la vigente disciplina giuridica degli studi di assistenza e consulenza si riferisce al soloesercizio delle cosiddette professioni protette, ossia delle professioni intellettuali per cui la legge, a normadell’art. 2229 cc., richiede la necessaria iscrizione in appositi albi o elenchi, sulla base di titoli d’abilitazioneo autorizzazione e di altri requisiti legali, accertati di regola da ordini collegi o associazioni professionali,sotto la vigilanza dello Stato.”

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La prestazione d’opera dei soci è giuridicamente un conferimento diservizi in società e si tratterà pertanto di una società che esercita una impresa diservizi ai sensi dell’art. 2195 n.1 c.c.

9.5 Regimi speciali

14. Da una ricognizione delle leggi vigenti in materia di attivitàprofessionali, si rileva che il legislatore nazionale, in talune peculiaricircostanze di fatto e con riferimento a settori specifici già di per sédettagliatamente regolamentati, era giunto ad ammettere (o talune volte arichiedere tassativamente) lo svolgimento di attività di natura squisitamenteprofessionale in forma societaria.

Nell'ottica di una revisione della normativa esistente volta a riconoscerein via generale la figura societaria per lo svolgimento delle professioniintellettuali, pare opportuno dunque analizzare la legislazione già esistente susocietà di tipo "professionale".

a) le società di revisione15. Le Società di Revisione (SdR) sono state disciplinate con D.P.R. 31

marzo 1975, n. 136 e successive modificazioni, in attuazione della delegacontenuta nella legge 7 giugno 1974 n. 216, recante disposizioni relative almercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari. Il D.P.R. haaperto la porta ad un generale riconoscimento delle società tra professionisti, inquanto l’oggetto delle SdR, astrattamente considerato, sarebbe sicuramente daqualificare come esercizio di una attività intellettuale protetta, prestata a favoredelle società per azioni; e, tuttavia, esse sono legislativamente concepite comesocietà. Il D.P.R. permette infatti di costituire società cui partecipanoprofessionisti intellettuali limitatamente alla revisione contabile ed allacertificazione dei bilanci delle società quotate in borsa. Tali attività sono statequindi sottratte al “privilegio” delle professioni intellettuali e sottoposte ad unadiversa disciplina.

E' importante notare che le attività suddette sono riservate in viaesclusiva a tali società, non potendo essere svolte da singoli professionisti. Conciò, sembra volersi ammettere la maggior capacità organizzativa e di garanziaper responsabilità professionale che la forma societaria offre rispetto al singolooperatore.

16. Le società di revisione possono essere costituite tra dottoricommercialisti e ragionieri iscritti negli albi o nel ruolo dei revisori ufficiali deiconti oppure tra soggetti ad essi equiparati, ai sensi e con le prescrizionidell’art. 8 n. 2, in quanto adottino la forma della società semplice o dellasocietà in nome collettivo o in accomandita semplice ed in quanto lamaggioranza dei soci illimitatamente responsabili sia costituita da professionistiappartenenti alle categorie sopra indicate. Se si intende utilizzare la forma della

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società per azioni o della società a responsabilità limitata (con un capitaleminimo di 500 milioni) i soci non possono essere professionisti, ma bensìistituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale, istituiti dicredito a medio e lungo termine. La presenza dei professionisti si colloca qui allivello della gestione. Gli amministratori devono essere sempre in maggioranzadottori commercialisti, ragionieri o soggetti ad essi equiparati. Ciò significa chele società di revisione possono essere costituite da professionisti oprevalentemente da professionisti insieme a soggetti estranei alla professione,se di persone; debbono essere costituite da altri soci, se di capitali. In questicasi i professionisti partecipano non uti socii ma semplicemente qualiamministratori.

17. La disciplina legislativa si preoccupa di garantire l’indipendenza e laresponsabilità professionale e patrimoniale di coloro che esercitano l’attività,estendendo l’ambito della responsabilità per i danni conseguenti da proprioinadempimento o da fatti illeciti derivanti dalle operazioni compiute, oltre chealla società, soggetto naturalmente responsabile, anche a chi ha sottoscritto lacertificazione o ai dipendenti che abbiano effettuato le operazioni di controllocontabile (art. 12).

Le altre garanzie di qualità dell’attività svolta sono costituite dallaprevisione di specifiche ipotesi di incompatibilità da parte della società o deisuoi soci, amministratori, sindaci o direttori generali, a tutela dell’indipendenzanell’operare della società, e dall’istituzione presso la Consob di un alboSpeciale delle Società di Revisione, l'iscrizione al quale è condizione essenzialeper lo svolgimento stesso dell’attività ed è funzionale all’esercizio da partedella stessa Consob della vigilanza sull’attività delle stesse società. Ladisciplina legislativa prescrive inoltre che i professionisti che sono sociillimitatamente responsabili diano la prova di essere in grado di rispondere perle obbligazioni sociali con un patrimonio adeguato o mediante garanziafinanziaria o assicurativa ritenuti idonei dalla Consob.

Altri aspetti che mirano ad assicurare il livello qualitativo dell’attivitàdella SdR sono costituiti dagli obblighi di nominatività delle azioni, e diinformazione alla Consob per i trasferimenti di azioni e le sostituzioni di organidi gestione417.

b) le Società di Intermediazione Mobiliare18. Le Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) sono state introdotte

con la legge 2 gennaio 1991, n. 1 (disciplina dell’attività di intermediazionemobiliare e disposizioni sull’organizzazione dei mercati mobiliari). Compitispecifici di tali società - ad esse peraltro riservati in via esclusiva - riguardano

417 In caso di infrazione, sono previste la sospensione o la cancellazione dall’albo, oltre a sanzioni penali peramministratori e dipendenti.

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l'esercizio professionale nei confronti del pubblico delle attività diintermediazione di valori mobiliari e delle attività ad esse connesse.

Anche in questo caso, la volontà del legislatore di riservare tali attività -estremamente delicate per l'economia nazionale nel suo complesso, oltre cheper il singolo consumatore - ad organismi di natura societaria, sembraconfermare l'impostazione che individua nello strumento societario non solouna migliore capacità organizzativa, ma anche una garanzia di trasparenzagestionale, di maggior copertura delle responsabilità professionali e,soprattutto, di solidità patrimoniale.

Le principali garanzie di qualità dell'attività svolta sono costituitedall'istituzione di un apposito albo presso la Consob, che, in raccordo con laBanca d'Italia, provvede al controllo sull'attività delle singole SIM; dallacostituzione in forma di società di capitali con capitale minimo di 600 milioni dilire, suddiviso in azioni con voto non limitato; nella particolare qualificazioneprofessionale dei soggetti facenti parte degli organi gestionali e di controllo418, edall'obbligo di comunicazione alla Consob delle eventuali modifiche degliorganigrammi; dalla previsione di apposite norme gestionali delle SIM, darispettare a pena di cancellazione dall'albo; dall'obbligo di avvalersi di soggettiparticolarmente qualificati per l'esercizio delle attività di negoziazione dei titolie di offerta dei servizi419; dal divieto di affidamento dell'esecuzione dell'incaricoa terzi, salva comunicazione al cliente; dall'obbligo di mantenere distinti ipatrimoni, affidati in gestione dai clienti, rispetto al patrimonio sociale420.

c) I Centri Autorizzati di Assistenza Fiscale19. I Centri Autorizzati di Assistenza Fiscale (CAAF) sono stati istituiti

con la legge del 30 dicembre 1991 n. 413. Compiti specifici dei CAAFconcernono l'attività di assistenza e di difesa nei rapporti tributari e contributivi,rimanendo ferma la possibilità di svolgere tali attività anche da parte degliiscritti agli albi dei dottori commercialisti o dei ragionieri, o da parte deiconsulenti del lavoro e dei consulenti tributari.

Peculiarità di tali Centri è che possono essere costituiti da una o piùassociazioni sindacali di categoria dei lavoratori dipendenti e dei pensionati

418 Possono essere nominati sindaci delle SIM (e delle società controllate e collegate al sensi della legge287/90) solo professionisti iscritti negli albi dei ragionieri, dei periti commerciali, dottori commercialisti,avvocati, nonché nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti.419 L'offerta dei servizi della SIM al di fuori della sede societaria può essere affidata esclusivamente apromotori di servizi finanziari, che possono operare per conto di una sola SIM, non possono operare porta aporta, devono essere iscritti in un apposito albo tenuto dalla Consob, sono sottoposti a vigilanza da parte diapposite commissioni regionali, e sono responsabili in solido con la SIM per gli eventuali danni arrecati aterzi. La negoziazione dei valori mobiliari può essere effettuata esclusivamente da agenti di cambio, o dadipendenti della società abilitati a seguito di apposito esame.420 E' interessate notare come, tra le disposizioni per la prima applicazione della legge in esame, vi è laprevisione che la Consob possa negare l'iscrizione di SIM che possano comportare effetti restrittivi dellaconcorrenza a causa del numero di agenti di cambio che vi partecipano; vengono altresì vietate le intese traagenti di cambio che abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire o di condizionare la costituzione diSIM o l'accesso al loro capitale da parte di altri soggetti.

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rappresentate nel CNEL ovvero di imprenditori presenti nel CNEL oriconosciute di rilevanza nazionale, o da organizzazioni aderenti alle suddetteassociazioni.

I CAAF hanno natura privata, e sono costituiti nella forma delle societàdi capitali con capitale minimo di 100 milioni. Possono essere nominati sindacisolo professionisti iscritti negli albi dei dottori commercialisti e dei ragionieri;alla direzione dei Centri è preposto un direttore tecnico responsabile, iscritto inuno dei suddetti albi, e con determinate esperienze professionali nel corso dellacarriera, che abbia la responsabilità (personale) dell'apposizione del visto diconformità, ossia della rispondenza delle dichiarazioni alla legge. Vengonoinoltre previste congrue garanzie assicurative a carico dei Centri, così come deiliberi professionisti che svolgano le attività in questione, per permettere unatutela dei diritti di rivalsa da parte dell'utente in caso di responsabilitàprofessionale.

9.6 La posizione degli ordini e le proposte di revisione normativa

20. Un orientamento di ordine generale sull’esercizio della professione informa societaria è stato espresso nel corso dell’indagine conoscitiva dalComitato Unitario delle Professioni421 (CUP), il quale ha sottolineato che “iprofessionisti sono da sempre favorevoli a nuove forme organizzative, anchesocietarie e interprofessionali. Se correttamente impostate e rigorosamenterispettose delle specificità di ciascuna professione, esse appaiono infattigeneralmente compatibili con i principi fondamentali delle professioniintellettuali”. Tuttavia, “forme associative del tipo di società di capitali, ovefossero riconosciute legislativamente, oltre a ridurre spesso il professionista adipendente, non libero di scegliere la prestazione migliore per il cliente,potrebbero offrire una copertura a soggetti non idonei alla professione, oespulsi o sospesi dagli albi o in posizione di incompatibilità verso lacommittenza”422.

21. La posizione espressa dal CUP è stata poi ribadita dai rappresentantidi vari ordini nel corso della presente indagine423.

L’esigenza di sviluppare forme organizzative complesse è apparsaparticolarmente sentita nell’ambito delle professioni tecniche, ossia di quelleprofessioni nelle quali, per l’adempimento dell’incarico, l’aspetto tecnico-organizzativo è prodromico ed essenziale rispetto all’elemento prestazionaleumano, come anche l’esigenza di apporti di capitali.

421 Si tratta di un’associazione volontaria tra la maggior parte dei Consigli nazionali delle professioniprotette, istituita allo scopo di coordinare le azioni di comune interesse.422Cfr. Comitato Unitario delle Professioni, Preambolo Comune, 11 maggio 1995.423 Così geometri e architetti, nonché commercialisti (audizione del 10 maggio 1995), consulenti del lavoro(audizione dell’8 giugno 1995), medici (audizione del 19 giugno 1995).

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Per quanto riguarda gli avvocati, l’Organismo Unitario dell’AvvocaturaItaliana ha sostenuto che “la forma organizzativa societaria corrisponde alleesigenze dei professionisti intellettuali. Proponiamo al riguardo la costituzionedi società semplici tra avvocati iscritti agli albi con la previsione di norme adhoc che impediscano, ad esempio, l’entrata in società di soggetti nonqualificati”.424

22. La questione dell’esercizio in forma societaria delle professioniintellettuali è stata oggetto di molteplici proposte in sede legislativa che,tuttavia, non hanno mai trovato approvazione.425 Negli ultimi anni, peraltro,l’interesse per l’argomento ha condotto alla presentazione di un disegno dilegge del 21 aprile 1994, integralmente riproposto nella XIII legislatura dalSenatore Palumbo in data 21 maggio 1996, contenente una disciplina organicadella società fra professionisti426, nonché di un disegno di legge del 2 marzo1995 e due proposte di legge del 18 aprile e 13 settembre 1994 riguardanti ladisciplina delle società di ingegneria.

23. Il disegno di legge del 21 maggio del 1996 si fonda su una genericadistinzione tra professioni umanistiche e professioni tecniche e prevede per leprime l’introduzione di una “società tra professionisti” (Stp) che comprendesolo professionisti, con l’esclusione di soci esterni, e per le seconde lapossibilità invece di organizzarsi nelle forme di S.r.l., S.a.s, S.a.p.a., e Soc.Coop. , con la partecipazione in misura minoritaria di soci esterni e con gliopportuni adattamenti effettuati tramite richiami all’applicazione delle normedisciplinanti la Stp. Le principali caratteristiche della società tra professionistidelineata dal disegno di legge sono le seguenti: i soci devono essere iscrittinell’albo, elenco o registro che li abilitano al compimento delle prestazioni daeseguire e non possano essere soci della società di professionisti coloro chesvolgono l’attività professionale come dipendenti pubblici o privati (il divietonon si applica ai docenti universitari e ai ricercatori); la struttura organizzativadella società è modellata sulla forma delle società di capitali, ma è prevista unanotevole elasticità delle norme statutarie, al fine di adattare ciascuno statuto alleesigenze della singola professione; il contratto viene concluso tra società ecliente e ogni socio può svolgere la prestazione, in deroga alla disciplina di cuiall’art. 2232c.c.; le tariffe si applicano anche alle società tra professionisti,tuttavia l’accordo con il cliente ha valore prevalente per la determinazione delcompenso e se la prestazione è eseguita da più soci si applica il compensostabilito per un solo professionista, salvo diverso accordo con il cliente; laresponsabilità civile derivante dall’attività svolta è a carico della società, insolido con i soci che hanno eseguito la prestazione, salvo diversa disciplina

424 Cfr. audizione dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana del 12 luglio 1996.425 La prima proposta fu presentata al Senato l’11 maggio 1973 dal senatore Viviani.426 Il disegno di legge è stato assegnato alla Commissione Giustizia, ma non è ancora stato discusso.

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statutaria per i rapporti interni, ma la società deve stipulare un contratto diassicurazione per i danni per la responsabilità civile; infine la società non èsoggetta a fallimento.

24. Le soluzioni previste nei diversi progetti di legge in tema di società diingegneria presentano un elemento comune rappresentato dalla possibilità dicreare delle società di capitali che, in quanto tali, permettano un’organizzazioneinterna in cui l’aspetto professionale rimane in secondo piano, rispetto allenecessità di natura tecnologica e organizzativa.

Elementi determinanti sono individuabili nell’apertura ad apporti dicapitali esterni (seppure limitati in rapporto ai conferimenti dei sociprofessionisti); nella garanzia di controllo dell’organo gestionale da parte deisoci professionisti; nella possibilità di servirsi di personale dipendente nellosvolgimento dell’attività professionale, pur rimanendo la responsabilità in capoal professionista incaricato; nell’assoggettabilità della società al fallimento; einfine nella possibilità di creare delle società interprofessionali.

9.7 Profili comparatistici

25. In Europa le modalità di esercizio in comune della professionevariano molto da paese a paese e da professione a professione, ma quel che ècerto è che più è rigida e pervasiva la regolamentazione della professione e piùsono limitate le possibilità di tale esercizio. Nei principali paesi europeiesistono da tempo sistemi che prevedono forme organizzative di tipo societario:in Inghilterra esistono le professional partnership, che presentano analogie conla nostra società in nome collettivo e in Spagna esiste una figura generale disocietà civile che consente la costituzione di società professionali427, fino adarrivare alla Germania e alla Francia, dove esistono le discipline più evolutesulla materia.

427 Al riguardo l’art. 1678 del codigo civil prevede che l’esercizio di una professione o di un’arte rientrinella forma della societad particular. Secondo la dottrina spagnola può aversi societad professional in sensoproprio quando si persegue lo scopo dell’esercizio professionale in comune mediante l’apporto dell’attivitàprofessionale dei soci. L’ordinamento spagnolo nel campo delle professioni protette conosce una pluralità diesempi che possono essere ricondotti nell’ambito delle società professionali in senso stretto. Nel campo delleprofessioni liberali classiche è esemplificativo il caso dello Estatudo General de la Abogacia Espanola il cuiart. 36 prevede la costituzione di “despachos colectivos” che si ritiene costituiscano una societàprofessionale in senso stretto in quanto comprendono la collaborazione professionale dei soci e sidistinguono chiaramente da forme di collaborazione meno strutturate. Lo stesso dicasi a propositodell’Estatudo General de los procuratores de los Tribunales. Inoltre il codice deontologico medico prevedela possibilità dell’esercizio in comune mediante la costituzione di una “associacion” alla quale si riconoscenatura societaria. Infine una norma di carattere generale sulle società professionali è rinvenibile in dirittotributario. L’art. 52.1. B della legge Renta de las personas Fisicas del 1991 stabilisce infatti che sonosottoposte al regime di trasparenza fiscale le società che svolgono una attività professionale, nel caso in cuitutti i soci siano professionisti, persone fisiche, che direttamente o indirettamente sono vincolate allosvolgimento di questa attività.

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Il sistema tedesco

26. La possibilità di costituire società per l’esercizio di attivitàprofessionali è stata introdotta recentemente in Germania, con una legge del 25luglio 1994 entrata in vigore il 1° luglio 1995, “creazione delle società dipartenariato”. Il legislatore tedesco ha voluto fornire a coloro che svolgono unaprofessione intellettuale un’alternativa alle forme societarie già esistenti dellasocietà di persone di diritto civile e della società di capitalisti, in considerazionedel fatto che la prima, essendo priva della capacità giuridica, non sembraidonea alla creazione di strutture di grandi dimensioni e la seconda può nonrappresentare la struttura ideale per talune professioni in cui è particolarmenteimportante il rapporto fiduciario tra il professionista e il cliente. Il partenariatoinvece è una struttura su base personale concepita ad hoc per le specificheesigenze dei liberi professionisti.

Ne viene prevista l’applicazione sia alle attività professionali in sensostretto (medici, dentisti, veterinari, avvocati, commercialisti, consulentitributari, architetti, ingegneri ecc..) che ad altre attività (giornalisti, fotografi,interpreti, insegnanti, ecc..). Il partenariato gode della piena capacità giuridica:può quindi essere titolare di diritti ed obblighi, possedere beni, stare in giudizio.

La citata legge prevede che la ragione sociale debba contenere almeno ilnome di un socio, la menzione ”partenariato”, e l’indicazione delle professionirappresentate. I soci, che possono essere solo persone fisiche che esercitanouna professione liberale, provvedono allo svolgimento dell’attività secondo leregole proprie del settore.

Il partenariato è soggetto a registrazione in un apposito registro. Ilcontratto di partenariato regola i rapporti tra i soci, i criteri di ripartizione degliutili nonché le modalità di funzionamento, in particolare nei rapporti versol’esterno. E’ il partenariato che conclude i contratti con i clienti.

Per quanto concerne il regime di responsabilità si prevede che per gliincarichi conferiti alla società, oltre a quest’ultima siano responsabili in solidoanche i professionisti illimitatamente. E’ possibile tuttavia stabilirecontrattualmente quale o quali dei soci saranno solidalmente responsabili per glierrori commessi nell’esercizio della professione, con esclusione di tutti gli altrisoci, ma il socio designato dovrà essere colui che ha eseguito la prestazione oche ne ha assunto la direzione o il controllo. In ogni caso è prevista lastipulazione di una assicurazione per responsabilità professionale.

Il recesso, la morte e il fallimento pongono fine al rapporto socialelimitatamente al socio interessato e la partecipazione non è trasmissibile in viasuccessoria, ma il contratto può prevedere diversamente. Inoltre, per lacessione della quota salvo diversa disposizione contrattuale, occorre l’accordodi tutti i soci. Infine, per tutto quanto non disciplinato dalla nuova legge sirinvia alle disposizioni del codice civile applicabili alle società di persone.

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Il modello francese

27. La normativa più interessante è quella prevista in Francia, dove lalegge n. 66/879 del 29 novembre 1966 ha introdotto la disciplina delle sociétécivile professionelle, ovvero di società civili, di persone il cui oggetto sociale ècostituito dall’esercizio in comune della professione dei soci. Poiché tali societàsi adattavano a raggruppamenti di piccole dimensione e limitavano i mezzifinanziari nell’esercizio della professione, in quanto escludevano la possibilitàdi ammettere soci estranei alla professione che sottoscrivessero quote dicapitale, con la legge n. 90/1258 del 31 dicembre del 1990 l’esercizioprofessionale collettivo è stato reso possibile anche in forma di società dicapitali, ovvero le sociétés d’exercice libéral.

La legge del 1990 non ha abrogato quella del 1966, pertanto è semprepossibile la costituzione di una société civile professionelle.

28. Sia le sociétés d’exercice libéral che société civile professionellehanno personalità giuridica e sono considerate esse stesse membri dellaprofessione; in questa veste pertanto esse sono sottoposte ai poteri degli ordiniprofessionali durante tutto il corso della loro vita428.

a) disciplina delle société civile professionelle29. Per quanto concerne la composizione, una société civile

professionelle può costituirsi unicamente tra persone che abbiano i requisitirichiesti dalla legge e dai regolamenti per esercitare la professione checostituisce l’oggetto della società ed i nomi di tutti i soci, o di uno o più di essiseguiti dalle parole “et autres” con le qualificazioni e i titoli professionali,devono essere menzionati nella ragione sociale. Qualora uno dei soci non siapiù in possesso dei requisiti per esercitare la professione è costretto a lasciare lasocietà, la quale si scioglie di diritto nel caso in cui più nessuno dei soci abbia irequisiti richiesti.

In quanto membro della professione è la société civile professionelle adavere diritto a riscuotere gli onorari, mentre i soci sono titolari solo del dirittoagli utili.

30. Per quanto riguarda le obbligazioni dei soci la legge francese haprevisto sostanzialmente tre disposizioni che impongono l’esercizio esclusivo,l’informazione reciproca e l’uguaglianza nella distribuzione dei voti.

Pertanto, ogni socio può far parte di una sola società e gli è preclusol’esercizio della professione svolta nell’ambito della società a titolo individuale,

428 Per un quadro completo della disciplina francese si veda P. Lodolini, L’evoluzione del diritto francese intema di società di professionisti: dalle sociètès civiles professionelles alle sociétés d’exercice libéral, inRiv. di Dir. Comm. n. 7-8, 1995, qui sintetizzato.

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ma non l’esercizio della professione in forma dipendente o l’esercizio di unalibera professione diversa da quella svolta nell’ambito della società.

I decreti applicativi della legge hanno poi articolato la disciplinadell’informazione interna tra soci, prevedendo l’obbligo a carico di ognuno diessi di informare gli altri circa l’attività svolta. Tale obbligo rappresenta ilnecessario presupposto del principio della responsabilità solidale ed èvantaggioso anche per la clientela che può avvalersi delle valutazioni anchedegli altri professionisti.

Infine, salvo disposizioni contrarie contenute nei regolamenti o neglistatuti, ciascun socio dispone di un solo voto, a prescindere dal numero di partssociales detenute.

31. Per quanto concerne il capitale sociale la legge francese ha previstodue tipi di conferimenti, l’uno in denaro, che segue le regole di diritto comune,l’altro in beni. Tali conferimenti danno luogo all’attribuzione di parts sociales,cioè di quote di capitale liberamente cedibili alle condizioni stabilite dallalegge. Per quanto concerne i beni, la legge li distingue in beni materiali eimmateriali e prevede che debbano essere integralmente conferiti all’atto dellacostituzione. Tra i beni immateriali figura anche “la clientela”, il cuiconferimento avviene sotto forma di presentazione, da parte del professionistaal committente, della société civile professionelle come proprio successore.

La legge ha previsto inoltre un altro tipo di conferimento, che tuttavianon è incluso nel capitale sociale, gli apports en industrie, che si riferisconoalla attività del socio (conoscenze tecniche, esperienze professionalireputazione). Tali conferimenti, a differenza dei precedenti, danno diritto soloall’attribuzione di parts, non cedibili, che comunque conferiscono la qualità disocio e consentono di partecipare alla ripartizione degli utili.

32. Al fine di risolvere la problematica relativa alla responsabilitàpersonale del professionista nell’esercizio della sua attività, il legislatorefrancese ha previsto che il socio sia responsabile in solido con la società. Inparticolare, ogni professionista è responsabile con tutto il proprio patrimoniodegli atti compiuti, a cui si aggiunge la responsabilità solidale della società, conla conseguenza che ogni socio sopporta i danni dell’attività degli altri. Tuttaviadeve essere tenuto presente che la legge impone altresì l’obbligo di stipulareun’assicurazione professionale a carico alternativamente della società o deisoci.

b) disciplina delle sociétés d’exercice libéral33. Le sociétés d’exercice libéral sono vere e proprie società a

responsabilità limitata, società per azioni, o società in accomandita per azioni,aventi ad oggetto l’esercizio in comune della professione, di cui possono esseresoci, seppure in misura minoritaria e con alcune limitazioni, anche persone

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fisiche o giuridiche che non svolgano l’attività oggetto della società o che laesercitino all’esterno della società.

Al riguardo la legge prevede che la maggioranza del capitale sociale edei voti debba essere detenuta da professionisti che esercitano la professioneall’interno della società. La minoranza del capitale può essere detenuta dadiverse categorie di soggetti, tra cui persone fisiche o giuridiche che esercitinoesternamente la professione oggetto della società oppure una professionerientrante nello stesso gruppo429. La partecipazione di soci non professionisti, lacui unica funzione è quella di finanziare la società mediante l’apporto dicapitali, è invece consentita solo nella misura massima di un quarto del capitalesociale.

Il limite di un quarto è tuttavia superabile, anche se non può maioltrepassare la metà del capitale, per le società d’esercizio liberale inaccomandita per azioni, in virtù della diversa struttura delle stesse.

In ogni caso il legislatore ha stabilito una gerarchia tra i soci cheesercitano la professione e i soci finanziatori. I nomi dei primi infatti possonoessere inseriti nella denominazione sociale; ad essi inoltre è demandatol’esercizio della professione che costituisce l’oggetto della società ed èriservata la direzione, la responsabilità e il potere di decidere le questioni piùdelicate, in particolare quelle relative alle condizioni di esercizio dellaprofessione.

Per quanto infine concerne il regime di responsabilità, ciascuno dei sociprofessionisti risponde illimitatamente degli atti della professione da luicompiuti, con tutto il suo patrimonio, ma è chiamata a rispondere in solidoanche la società. La responsabilità per gli atti altrui, come anche quella per idebiti derivanti dalla gestione della società, è invece limitata ai conferimentieffettuati.

9.8 Conclusioni

34. L’abrogazione dell’articolo 2 della legge 23 novembre 1939 n. 1815ha aperto finalmente la strada ad una riforma che i professionisti auspicavanoda tempo e verso la quale la stessa giurisprudenza si era recentemente orientata.

35. Come già da tempo sottolineava la dottrina430, l’organizzazione informa societaria dell’attività comporta una serie di innegabili vantaggi sia per ilconsumatore che per il professionista. Dal lato dell’offerta, oltre allaindiscutibile riduzione dei costi, l’organizzazione di gruppo permette dimigliorare i risultati economici conseguibili individualmente, in quanto consente

429 Si precisa tuttavia che il legislatore ha precluso la possibilità di avvalersi di capitali esterni per l’esercizioin forma societaria delle professioni giuridiche.430 Cfr tra gli altri P. Rescigno, Le società fra professionisti, Milano, 1985; G. Schiano di Pepe Le società diprofessionisti, Milano, 1977.

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di fornire alla clientela una più vasta gamma di servizi specializzati e dieseguire l’incarico con una prontezza superiore rispetto al professionistaisolato. Inoltre, la società è in grado di fornire una più solida garanziapatrimoniale al consumatore quando è chiamata in solido a rispondere con ilsocio nel caso di errori nell’esercizio della professione.

36. Corrispondentemente, dal lato della domanda, risulta indiscutibile, tragli altri, il vantaggio per il consumatore derivante dalla possibilità, rivolgendosiad un unico committente, di avere a propria disposizione una gamma di serviziin diversi settori, circostanza che determina una riduzione dei costi ditransazione necessari per l’acquisto di più servizi da diversi professionisti.

37. L’adozione di una disciplina organica, a partire dalle scelte che sipossono effettuare in sede di emanazione del decreto ministeriale, rappresentaaltresì l’occasione per adeguarsi all’evoluzione del mercato comunitario,consentendo ai professionisti di poter meglio fronteggiare la concorrenzainternazionale indotta dalla progressiva eliminazione delle restrizioni alla libertàdi stabilimento e di prestazione dei servizi dei cittadini di uno stato membro nelterritorio di un altro Stato membro, in attuazione degli art. 52 e 59 del trattatodi Roma.

Si pensi ad esempio all’art. 26 della Direttiva CEE n. 92/50 in tema diaggiudicazione degli appalti pubblici di servizi431, che consente lapartecipazione alle gare di società tra professionisti, appartenenti ad altri paesicomunitari, anche nel caso in cui la costituzione sia vietata nel Paese in cuidovrà concludersi il contratto di appalto. Questa norma comporta che in casi diappalti di servizi da parte di una pubblica amministrazione non possono essereescluse società di professionisti appartenenti ad altri paesi comunitari, perfronteggiare la concorrenza delle quali risulta quanto mai opportuno consentirenelle forme più ampie la costituzione di società tra professionisti italiani432.

38. Per quanto concerne le perplessità e gli ostacoli tradizionalmenteavanzati in materia di compatibilità dell’attività professionale conl’organizzazione in forma societaria, deve essere innanzitutto osservato che essiappaiono essere stati sostanzialmente superati attraverso l’individuazione dispecifiche soluzioni nell’ambito dei regimi speciali istituiti dalla legge. Peraltro,le legislazioni introdotte da altri paesi europei delineano diverse modalità concui la forma societaria può essere adottata e costituiscono pertanto unimprescindibile punto di riferimento in questa fase di riforma, al fine diprevedere un ventaglio di forme organizzative idoneo a rispondere alle esigenzedi diverse figure professionali, seppure nel rispetto delle peculiarità delleattività dalle stesse esercitate. In particolare, una organica riforma della materia 431 In G.U.C.E. n. 209, del 24 luglio 1992.432 Così P. Silvestro, Ancora sulle società di progettazione, in Riv. Dir. Comm. n. 7-8, 1995.

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non può non tener conto dei modelli organizzativi largamente sperimentati inaltri Paesi, nei quali l’esigenza di fornire servizi avanzati anche sotto il profilodell’apporto di tecnologia, ha aperto la strada alla formazione di strutturesocietarie di dimensione e patrimoni ragguardevoli.

39. Al riguardo alcune delle questioni che il regolamento attuativo sitroverà ad affrontare attengono alla composizione delle società e alle forme chele società di professionisti potranno assumere. Sotto il primo profilo, al fine dicreare strutture in grado di offrire un ampia gamma di servizi professionali, lefuture società dovrebbero poter essere costituite non solo tra professionistiappartenenti a categorie diverse di professioni protette (le c.d. societàinterprofessionali), ma anche tra professionisti protetti e non protetti (ancheprovenienti dall’estero), i quali dovrebbero poter svolgere le attività per le qualinon è necessaria l’iscrizione all’albo.

Sotto il secondo profilo, non sembra giustificato precludere alleprofessioni non tecniche l’esercizio della professione nella forma delle societàdi capitali, più idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni, sullabase della considerazione che tali formule societarie mal si adatterebbero aicaratteri delle professioni intellettuali. Tali specificità impongono semmai,come ha fatto il legislatore francese, di prevedere alcune regole ad hoc inmateria di gestione della società, presenza di soci finanziatori, nonchè delregime di responsabilità. Quest’ultimo profilo, come abbiamo visto, ha trovatonella legge francese un particolare adattamento alle caratteristiche delleprofessioni intellettuali, mantenendo la responsabilità in capo al professionistache ha eseguito la prestazione, così come avviene nell’esercizio individualedella professione, rendendola illimitata per gli atti professionali propri e limitataal conferimento effettuato per gli atti altrui di esercizio della professione; eprevedendo altresì una responsabilità in solido della società con ilprofessionista che consente un ampliamento delle possibilità di rivalsa per ilconsumatore, garantite altresì dall’obbligo di una copertura assicurativa.

Deve osservarsi inoltre che lo schema normativo delle società di capitaliha la necessaria elasticità per poter ricomprendere anche fattispecie particolari,come quella dell’esercizio della professione intellettuale. E tali soluzioni nonsono sconosciute al nostro legislatore che le ha già sperimentate con riguardoalle società di revisione, la cui costituzione è stata subordinata alla presenza disoci con determinati requisiti. In ogni caso, quindi, gli adattamenti che sirenderebbero necessari non sarebbero così radicali da escludere l’ammissibilitàdi una società di capitali tra professionisti.

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PARTE SECONDA

LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI PROFESSIONALIASPETTI SETTORIALI

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CAPITOLO TERZO : LA REGOLAMENTAZIONE DELLEPROFESSIONI GIURIDICHE

1. In ciò che segue si analizzano le attività notarile e forense, secondo lelinee generali indicate nel capitolo precedente. In particolare, vengonosinteticamente illustrate le condizioni di offerta e domanda dei servizi notarili edei servizi erogati dagli avvocati, mettendo in luce come l’attività svolta daquesti soggetti in favore dei clienti produca apprezzabili effetti esterni. Insecondo luogo, vengono esaminate le principali forme di regolamentazionedell’attività notarile e di quella forense, e in particolare le norme riguardanti irequisiti e la selezione per l’accesso all’attività, gli standard delle prestazioni, letariffe, nonchè alcune norme di auto-regolamentazione contenute nei codicideontologici.

Infine, si confronta l’assetto regolamentativo di queste attività in Italiacon quello riscontrabile in altri Paesi.

3.1 I notai

principali riferimenti normativiLegge 16 febbraio 1913, n. 89, recante “Ordinamento del notariato e

degli archivi notarili”; r.d. 10 settembre 1914 n. 1326, recante “Regolamentoper l’esecuzione della legge 16 febbraio 1913 n. 89, riguardante l’ordinamentodel notariato e degli archivi notarili”; legge 6 agosto 1926 n. 1365, recante“Norme per il conferimento dei posti notarili”; r.d. 4 novembre 1926 n. 1953,recante “Disposizioni sul conferimento dei posti di notaio”; legge 22 gennaio1934 n. 64, recante “Norme complementari sull’ordinamento del notariato”;r.d.l. 14 luglio 1937 n. 1666, recante “Modificazioni all’ordinamento delnotariato e degli archivi notarili”; legge 5 marzo 1973, n. 41, recante “Normeper la determinazione degli onorari, dei diritti accessori, delle indennità e deicriteri per il rimborso delle spese spettanti ai notai”; legge 18 maggio 1973 n.239, recante “Nuove disposizioni in materia di assegnazione di posti neiconcorsi notarili”; legge 12 giugno 1973, n. 349, recante “Modificazioni allenorme sui protesti delle cambiali e degli assegni bancari”; d.p.r. 3 giugno 1975,n. 290, recante “Regolamento di attuazione delle legge 12 giugno 1973, n. 349,concernente modificazioni alle norme sui protesti cambiari; d.m. 5 giugno 1987n. 230, recante “Determinazione della tariffa degli onorari, dei diritti, delleindennità e dei compensi spettanti ai notai”; legge 27 giugno 1991 n. 220,recante “Modificazioni all’ordinamento della Cassa Nazionale del Notariato eall’ordinamento del consiglio nazionale del notariato”; codice deontologico 24febbraio 1994.

3.1.1 le attività notarilii) tipologia e caratteristiche

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2. La particolarità della figura del notaio deriva dal fatto che la funzionetipica notarile ha natura pubblica, pur essendo il notaio un prestatore d’operaintellettuale che esplica la sua attività professionale come consulente delle parti.

Il notaio è infatti un pubblico ufficiale competente a produrredocumenti forniti di un particolare valore giuridico e a curarne laconservazione, nonchè talvolta la registrazione nei pubblici registri49,50. Tuttaviaegli affianca alla funzione di pubblico ufficiale certificatore, che documenta eattesta la corrispondenza del contenuto dell’atto a quanto dichiarato in suapresenza, un’attività di natura professionale che consiste nell’interpretare lavolontà delle parti51 e “adeguarla” al diritto52, nonchè nello svolgere nelle fasiche precedono o seguono la stipulazione degli atti una serie di pratiche ad essiconnesse53.

All’aumentare della complessità e specificità dell’atto, tale attività diinterpretazione/adeguamento/consulenza alle parti potrà assumere un pesocrescente rispetto all’attività di certificazione.

3. Corrispondentemente, dal lato della domanda, le parti si rivolgono alnotaio per ottenere un servizio che si traduce nella produzione di un attoconforme alla legge e alle loro volontà, con carattere di autenticità e certezza, eche quindi consente di prevenire possibili future contestazioni. In alcunecircostanze, ciò implica che venga indirizzata al notaio una domanda disemplice certificazione; in altre, invece, che venga richiesta un prestazione piùampia, di complessità variabile, in rapporto a quella della ricerca della normagiuridica la cui applicazione consente alle parti di conseguire nel modo migliorel’interesse pratico che le ha motivate all’atto.

4. Per le prestazioni maggiormente complesse, pertanto, è difficileritenere che il cliente sia pienamente in grado di accertare la qualità del servizio

49Ai sensi dell’art. 1 della legge notarile 16 febbraio 1913 n. 89, (di seguito L.N.) “i notari sono pubbliciufficiali istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne ildeposito, rilasciarne copie, i certificati o gli estratti”. Ai sensi degli articoli 2699 e 2700 c.c., il documentoredatto da un notaio secondo le richieste formalità assume la veste di atto pubblico facente piena prova, finoa querela di falso, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il notaio attesta essere avvenuti in suapresenza o da lui compiuti.50 Altri pubblici ufficiali - che possono essere, a seconda dei casi, il cancelliere, il segretario comunale, ilfunzionario che riceve la documentazione - redigono atti pubblici. Tuttavia questi soggetti hannocompetenza eccezionale e limitata all'ambito dell'autorizzazione ricevuta, mentre il notaio ha unacompetenza generale.51 Ai sensi dell’art 47, terzo comma, L.N., “Spetta al notaro soltanto d’indagare la volontà delle parti edirigere personalmente la compilazione integrale dell’atto”.52 “Il notaio deve essere un giurista, non solo perchè deve esaminare una fattispecie concreta riconducendolaad una fattispecie astratta, in modo da rappresentare nell’atto la vera natura del negozio che la parte intendecompiere,... (ma anche perchè), esaminando la fattispecie concreta in relazione all’atto da compiere, devevalutare se l’atto redigendo è o potrebbe essere nullo e deve fare in modo che l’atto non sia neppureannullabile, in modo da non danneggiare le parti da cui ha avuto l’incarico nè i terzi che potrebbero subiredanni..” Cfr E. Protettì, C. Di Zenzo, La Legge Notarile, Milano 1987.53 Ad esempio, nei casi di atti pubblici di trasferimento immobiliare, il notaio procede previamente allecosiddette visure, per individuare esattamente il bene e accertare se esistano iscrizione o trascrizionipregiudiziali.

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che potrà ricevere. Al tempo stesso, poichè prestazioni di qualità inadeguatapossono comportare la nullità o annullabilità degli atti, non vi è dubbio che essesiano suscettibili di produrre danni anche ingenti alle parti coinvolte. In altritermini, per alcune prestazioni notarili sussistono condizioni di significativaasimmetria tra cliente e professionista che rendono possibile l’erogazione diservizi qualitativamente insoddisfacenti con effetti anche molto negativi sulbenessere del cliente.

In tutti i casi, comunque, le prestazioni rese dal notaio ai propri clientipossono avere effetti esterni per l’intera collettività: il controllo dellaconformità degli atti all’ordinamento corrisponde ad un’attività di giustiziapreventiva che consente di limitare il contenzioso; l’attribuzione di pubblicafede agli atti conferisce certezza all’attività giuridica della collettività; laregistrazione dei documenti e quindi la loro pubblica consultabilità econoscibilità consente l’ordinato svolgimento delle contrattazioni private eriduce anch’essa il contenzioso.

5. L’ordinamento individua i casi che richiedono l’intervento del notaio,prescrivendo l’obbligatorietà dell’atto pubblico. Esemplificando, devono essereatti pubblici redatti da notaio quelli costitutivi di associazioni e fondazioni, disocietà per azioni e a responsabilità limitata, le convenzioni matrimoniali, ledonazioni, il testamento pubblico. Possono essere fatti per atto di notaio svariatialtri negozi, tra i quali, ad esempio, per la frequenza con cui ricorrono, icontratti costitutivi o traslativi di diritti reali immobiliari. Inoltre, il notaiointerviene anche con riferimento ai documenti redatti dalle parti la cuisottoscrizione egli attesta essere avvenuta alla sua presenza: in tal caso attestache le firme sono autentiche.

Oltre ai suddetti compiti istituzionalmente spettanti al notaio, la leggenotarile attribuisce poi allo stesso alcune facoltà, che comportano attivitàulteriori. Queste sono, ad esempio, la presentazione di ricorsi di volontariagiurisdizione, la formazione di inventari, il ricevimento di atti di notorietà.

Al notaio sono state poi attribuite nel corso del tempo da specifichenorme un numero crescente di attività, e cioè, esemplificando, laverbalizzazione delle assemblee straordinarie di società di capitali, le offertereali, la levata di protesti54.

ii) l’articolazione della domanda6. Relativamente alla domanda di servizi notarili, la tabella che segue,

predisposta sulla base di dati Istat, a loro volta di fonte archivi notarili, ne mettein luce l’evoluzione nel corso del periodo 1981-94, nonchè l’articolazione sottoil profilo tipologico.

54 Al riguardo, va rilevato che, in alcuni casi, come per la levata dei protesti, la competenza è stata estesa adaltri soggetti e cioè agli ufficiali giudiziari dalla legge n. 349/1973.

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Emerge che nell’arco del periodo considerato il numero di atti notarili haregistrato un incremento di circa il 17%. In particolare, tra i tipi di attidistintamente indicati nella tabella, quelli relativi a società appaiono aver subitoun aumento particolarmente marcato, benchè essi comunque corrispondano aduna quota abbastanza esigua del numero totale di atti (3% circa). E’interessante notare poi che in più del 50% dei casi il ricorso al notaio èmotivato dalla vendita di un autoveicolo.

Tabella 1 - Domanda di servizi notarili per tipologia - anni 1981-94

Anni Venditeimmobili

Mutui Venditeautoveicoli

Società Altro Totale

1981 991725 180692 5480863 150790 2789842 95939121982 954669 142097 5368750 138791 3200621 98049281983 996158 181207 5475257 145427 3213040 100110891984 989476 241511 5872038 215633 3233974 105526321985 885713 251072 5741399 232499 3104066 102147491986 940802 303873 5821808 266798 3120167 104534481987 923162 437633 6092420 302590 3113539 108693441988 1035938 484042 6528266 340054 3342028 117303281989 936963 427436 6204568 307259 2792487 106687131990 1130539 459948 6581974 381945 3727346 122817521991 1077840 450116 6404424 369267 4025504 123271511992 967934 413917 6277745 332636 3450018 114422501993 961854 404067 6218343 311106 3329919 112172891994 996653 352480 5016201 404345 4129576 10899255

Fonte: Istat, annuario statistico, anni vari.

7. Relativamente alla distribuzione geografica della domanda, la tabellaseguente, predisposta sulla base di dati riferiti ai 26 distretti di Corte d’Appello,(che corrispondono all’articolazione dei consigli notarili), mette in luce che neiprimi sei di questi si concentra oltre il 60% delle prestazioni (si veda anche latabella a1 in appendice per una maggiore disaggregazione dei dati).

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Tabella 2 - Distribuzione della domanda di servizi notarili per distretto di Corted’Appello - 1993

Corti d'Appello Società Venditeimmobili

Venditeautoveicoli

Mutui Altro Totale

Milano 17,5 12,4 16,9 16,4 13,8 15,6Torino 12,7 10,6 10,0 12,6 11,3 10,6Roma 9,6 8,7 10,0 12,6 11,9 10,5

Bologna 9,8 7,3 8,5 7,2 8,7 8,4Venezia 9,9 8,4 8,5 7,5 7 8Firenze 7,1 6,0 8,1 6,0 7,3 7,6

Tot.maggioricorti

66,6 53,4 62,0 62,3 60 60,7

Residue 20 corti 33,4 46,7 38,0 37,7 40,0 39,3100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

TOTALE (311106) (961854) (6218343) (404067) (3329919) (11217289)Fonte: Istat, annuario statistico, 1994.

8. Al complesso di tali informazioni giova infine coniugare quelledesumibili da una recente analisi campionaria55 che consente di individuareulteriori caratteristiche della domanda di servizi notarili. Risulta innanzituttoche al momento dell’indagine il 60% circa della popolazione italiana avevafatto ricorso al notaio e che in oltre la metà dei casi ciò era avvenuto più di unavolta negli ultimi cinque anni. Tra le diverse categorie di clientela, gliimprenditori, i professionisti e i lavoratori in proprio appaiono ricorrere alnotaio con una frequenza maggiore a quella media della popolazione, e in unnumero non trascurabile di casi risultano rivolgersi normalmente a più notai.L’indagine fornisce inoltre un’illustrazione per certi versi più disaggregata,rispetto a quella desumibile dalle rilevazioni nazionali, dei motivi del ricorso alnotaio (Cfr. tabella 3). Emerge che gli atti di compravendita ne costituiscono laragione più frequente, seguiti dagli atti societari per gli imprenditori e dallesuccessioni per la popolazione nel suo complesso. Significativo appare il fattoche solo nel 6,3% dei casi i clienti si rivolgano al notaio per chiedere una meraconsulenza e che anche nel caso di imprenditori, liberi professionisti elavoratori autonomi, tale fenomeno, seppur leggermente più diffuso, assumauna portata numericamente residuale.

55 Federnotai “L’attività notarile fra logica istituzionale e logica della domanda”, Quaderni di Federnotizien.9/1996, Milano.

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Tabella 3 - Domanda di servizi notarili per tipologia e categoria di clientela (%)Servizi notarili imprend., profes., lav. autonomi tot. popolazione

Compravendita 74,5 66,0Atti societari 47,2 17,3

Mutui 19,8 15,9Successioni 19,8 21,6Donazioni 4,7 7,4

Convenzioni matrim. 9,4 6,8Certificazioni 21,7 11,2Consulenza 12,3 6,3

Altro -- 0,8Fonte: Federnotai, op. cit., il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte.

iii) la struttura dell’offerta9. Dal lato dell’offerta, occorre rilevare che il numero di sedi notarili per

ciascun distretto di Corte d’Appello viene predefinito da un’apposita tabella,determinata mediante decreto del Capo dello Stato, tenendo conto dellapopolazione, della quantità degli affari, della estensione del territorio e deimezzi di comunicazione e procurando che, di regola, ad ogni posto notarilecorrispondano una popolazione di almeno 8000 abitanti e un determinatoreddito annuo minimo56. La tabella viene predisposta sentiti i consigli notarili ele Corti d'Appello, e viene rivista di regola ogni dieci anni, sentiti i consiglinotarili.

10. L’evoluzione del numero delle sedi e la loro ripartizione tra iprincipali distretti di Corte d’Appello, secondo quanto emerge dalle tre ultimetabelle emanate, riferentesi agli anni 1976, 1986 e 1997 è illustrata dalla tabella4 che riporta anche il numero di notai in esercizio al 31 maggio 1996 (si vedaanche tabella a2 in appendice per una maggiore disaggregazione dei dati).

La tabella mette in luce che nei 6 principali distretti di Corte d’Appello siconcentrano il 50% circa del numero complessivo di sedi esistenti sul territorionazionale, così come dei notai in esercizio.

Relativamente poi all’evoluzione del numero delle sedi nel tempo, risultache nel decennio 1976-1986 si è verificato un aumento del 5% circa, mentre nelsuccessivo decennio del 2,5% circa. Al riguardo, è utile comparare taliincrementi con quelli verificatisi dal lato della domanda nei soli quinquenni1981-86 e 1987-92, che ammontano rispettivamente al 9% e al 5% circa. Sitratta di aumenti di entità quasi doppia rispetto a quelli registrati del numerodelle sedi nell’arco di periodi molto più ampi.

56 Cfr. al riguardo, l’art. 4 L.N.

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Tabella 4 - Numero di notai e di sedi notarili per principali distretti di Corted’Appello

Fonti: d.p.r. 14 gennaio 1976, n. 5, d.p.r. 4 agosto 1986, n. 651, il decreto del 1997 è in attesa diregistrazione; Annuario del Notariato Italiano, 1996.

Sul punto, giova precisare che la norma relativa alla predeterminazionedel numero delle sedi prevede che nessuna nuova sede può comunque esserecreata a meno che ad essa non corrisponda un bacino di almeno 8000 abitanti.Si tratta pertanto della definizione di un numero massimo di sedi, che puòanche non coincidere con quello necessario ad assicurare una pienacorrispondenza tra offerta di servizi notarili ed evoluzione della domanda.

11. La tabella mette inoltre in evidenza che il numero delle sedi risultaovunque superiore a quello dei notai effettivamente in esercizio, poichè, comerisulterà chiaro in seguito, il numero di posti di notaio di volta in volta messi aconcorso è inferiore a quello delle sedi vacanti e inoltre il numero di notai cherisultano idonei al concorso è a sua volta di norma inferiore a quello dei postimessi a concorso.Ad ottobre 1997 i notai in esercizio erano 4579.

3.1.2 modalità di accesso all’attività notarile12. Per accedere al notariato sono richiesti i seguenti requisiti:

cittadinanza italiana, laurea in giurisprudenza, pratica biennale presso lo studioe sotto il controllo di un notaio che ne attesta, periodicamente, lo svolgimento,superamento di un concorso57. Esiste inoltre un limite massimo di età perl’ammissione al concorso, che fino al '95 era di 50 anni (alla data del relativobando), e che recentemente è stato ridotto a 40 anni58. Una volta superato il

57 Cfr. art. 5 L.N. e art. 1 della legge 6 agosto 1926 n. 1365. Inoltre, relativamente al concorso, giovaaggiungere che la legge 26 luglio 1995 n. 328, recante “Introduzione della prova di preselezione informaticanel concorso notarile”, ha introdotto, come condizione per l’ammissione allo stesso, il superamento di unaprova di preselezione informatica dei candidati con assegnazione agli stessi di domande con rispostemultiple prefissate.58 Cfr. art. 1, comma 2, della legge n. 328/1995. Al riguardo va ricordato che, ai sensi del comma 9 di talearticolo, “per un periodo di 10 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, resta in vigore, per

Corti d'Appello sedi nel 1997 notai nel 1996 sedi nel 1986 sedi nel 1976

Milano 617 551 573 510Torino 498 350 519 506Roma 571 535 563 542

Bologna 437 393 414 392Venezia 364 316 338 313Firenze 360 325 343 325

Tot. maggiori corti 2847 (53%) 2470 (53%) 2750(53%) 2588(53%)Residue 20 corti 2465 2148 2434 2344

Totale 5312 4618 5184 4932

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concorso, l'iscrizione del notaio nel ruolo dei notai esercenti è subordinata alversamento di una cauzione e all'apertura dell'ufficio nel luogo assegnatogli59.

13. I concorsi ai quali partecipano gli aspiranti notai si riferiscono allesedi libere con riguardo alle quali non abbiano chiesto e ottenuto iltrasferimento notai già in esercizio. Il numero di posti messo a concorso, che èdeterminato dal Ministro di Grazia e Giustizia tenuto conto del limite stabilitodalla sopra menzionata tabella, può comunque essere inferiore a quello dellesedi vacanti60. Tuttavia, a conclusione del concorso, il Ministro, con il decretodi approvazione della graduatoria, ha facoltà, sentito il consiglio nazionale delnotariato, di aumentare fino alla misura massima del 12% il numero dei postimessi a concorso, sempre nei limiti dei posti disponibili in seguito a concorsiper trasferimento andati deserti, esistenti al momento della formazione dellagraduatoria61.

14. La commissione esaminatrice, da nominarsi con decreto del Ministrodi Grazia e Giustizia, è composta: da un magistrato almeno consigliere diCassazione o equiparato che la presiede, da un consigliere di Corte d'Appello oequiparato, da un professore in materie giuridiche e da due notai anche secessati dall'esercizio notarile62.

15. Quanto alla percentuale degli abilitati all'esercizio delle funzioninotarili, si riportano di seguito i dati concernenti i risultati dei concorsirealizzati negli ultimi anni:

gli iscritti nel registro dei praticanti anteriormente alla medesima data di entrata in vigore, il limite di etàdi 50 anni per l’ammissione al concorso per la nomina a notaio”.59 Cfr. rispettivamente artt. 18 e 24 L. N.60 Cfr. al riguardo l’art. 4 della legge 22 gennaio 1934 n. 64, recante “Norme complementarisull’ordinamento del notariato”, secondo il quale, per l’appunto, “Il Ministro di Grazia e Giustizia (...)determina il numero dei posti da conferirsi che potrà essere anche minore a quello dei posti già vacanti oche saranno per rendersi vacanti nel periodo di tempo occorrente per l’espletamento del concorso”.61 Cfr. art. 1 della legge 18 maggio 1973 n. 239 recante “Nuove disposizioni in materia di assegnazione diposti nei concorsi notarili”.62 Oltre ai titolari, nello stesso numero e composizione, fanno parte della commissione alcuni membrisupplenti. Cfr. al riguardo artt. 13 e 14 r.d. 14 novembre 1926 n. 1953, recante “Disposizioni sulconferimento dei posti di notaio”.

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Tabella 5 - Esiti degli ultimi concorsi notariliConcorso Posti Domande Partecipanti

prove scritteAmmessi

prove oraliIdonei % Idonei/

Partecipantiprove scritte

DM 19/9/85 90 3454 2231 84 83 3,7DM 3/9/86 150 3842 2215 140 140 6,3

DM 26/11/87 150 4140 2296 141 141 6,1DM 31/5/89 150 4091 2511 110 108 4,3DM 31/1/91 220 4168 2993 223 197 6,5DM 7/5/93 220 n.d. 3200 n.d. 314 9,8

DM 28/3/96 260 5768 3605 n.d. n.d.Fonte: consiglio nazionale del notariato.

16. Si noti che il numero degli idonei è notevolemente inferiore a quellodei partecipanti agli esami, rispetto al quale rappresenta una percentuale maisuperiore al 10%. Si tratta, come risulterà chiaro in seguito confrontando latabella 5 con quelle dello stesso tipo riguardanti altre professioni e riportate neisuccessivi capitoli, di una selezione la cui stringenza non è riscontrabile innessun altro settore. Risulta in ogni caso anomalo il dato relativo all’ultimoconcorso conclusosi, a seguito del quale il numero dei candidati dichiaratiidonei è risultato apprezzabilmente superiore a quello dei posti originariamentemessi a concorso. I 94 candidati idonei in esubero rispetto ai posti sono statipoi nominati notai in applicazione di una disposizione ad hoc63.

3.1.3 gli standard qualitativi delle prestazioni notarili17. Riprendendo quanto considerato nel secondo capitolo, (sez. 2.2.2),

circa la possibilità di regolamentare la qualità dei servizi professionali siaattraverso la specificazione delle caratteristiche tecniche del “supportomateriale” nel quale si concretizza il servizio, che dei comportamentinell’erogazione dello stesso, si osserva che all’attività notarile si applicanoentrambi i tipi di intervento.

In particolare, con riferimento alla regolamentazione dei comportamentioccorre innanzitutto osservare che il notaio è obbligato, per legge, a prestare ilsuo ministero ogni volta che ne è richiesto e a dirigere personalmente lacompilazione integrale dell’atto64, nonchè ad assistere personalmente allo studioin tempi determinati, a tenere gli atti ricevuti o presso di lui depositati e i

63 Cfr. art 2 della citata legge n. 328/1995, il quale stabilisce che “nei limiti dei posti disponibili in seguito aconcorsi per trasferimento andati deserti, sono nominati notai i candidati dichiarati idonei nel concorso peresame indetto con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del 7 maggio 1993, (...) purchè alla data dientrata in vigore della presente legge siano ancora in possesso dei requisiti richiesti per partecipare aiconcorsi per la nomina a notaio”.64 Cfr. rispettivamente artt. 27 e 47 L.N.: per l’inosservanza di tali disposizioni, la legge prevede la nullitàdell’atto rogato (art. 58, n.4, L.N.) e la sanzione disciplinare della sospensione da 6 mesi a 1 anno (art. 138,comma 2, L.N.).

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relativi registri e repertori65 e a presentare questi ultimi, biennalmente, alconsiglio Notarile per l’ispezione66.

18. Esiste poi una regolamentazione minuziosa dei requisiti formalidell’atto pubblico, nonchè una disciplina, seppure più scarna,dell’autenticazione delle scritture private. Con particolare riguardo all’attopubblico, l’ordinamento stabilisce numerosi e rigorosi requisiti - necessariperchè l’atto possa rispondere alla propria funzione - tra i quali i principali sonoquelli concernenti l’identità delle parti, la presenza dei testimoni ove richiesta,l’individuazione dell’oggetto, la data e la sottoscrizione, la menzione dellalettura e della redazione dell’atto da parte del notaio67. Qualora il notaio nonrispetti tali regole è stabilita, a seconda dei casi, la nullità dell’atto e/o unasanzione disciplinare68.

3.1.4 le tariffe19. La legge notarile stabilisce che il notaio ha diritto per ogni

operazione eseguita nell’esercizio della sua professione ad essere retribuitodalle parti mediante onorario, (oltre al rimborso delle spese e ai dirittiaccessori), e che i compensi spettanti ai notai sono determinati dalla tariffa69.Originariamente la tariffa costituiva un allegato dell’ordinamento notarile e lemodificazioni ad essa apportate furono inizialmente introdotte conprovvedimento legislativo. Successivamente è stato attribuito dalla legge agliorgani professionali il potere di determinare la tariffa, prevedendo che la stessavenga stabilita con deliberazione del consiglio nazionale del notariato e poiapprovata con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia70. Il decretoministeriale 6 giugno 1987, n. 230 costituisce il regolamento recantel'approvazione dell'ultima delibera del consiglio nazionale del notariato alriguardo.

20. E’ innanzitutto interessante osservare che la tariffa non si riferiscealle prestazioni professionali che esulano dallo svolgimento della funzionepubblica, cioè che non sono connesse alla redazione di un atto, (quali adesempio consulenze fiscali, commerciali o amministrative). Per tali prestazioni,il sopracitato decreto ministeriale prevede che il compenso sia fissato a norma

65 Cfr. art. 26 L.N.: per l’inosservanza di queste norme, la legge prevede la sanzione disciplinaredell’ammenda (art. 137 L.N.).66 Cfr. art. 128, comma 1, L.N.: nell’ipotesi in cui contravvenga a tali doveri, il notaio è punito con lasanzione disciplinare della sospensione, che dura finchè vi abbia ottemperato (art. 128, comma 2, L.N.).67 Cfr. art. 51 L.N.68 Cfr. art. 58 e 137 L.N.69 Cfr. art 74 L.N.70 Cfr. articolo unico della legge 5 marzo 1973, n. 41, recante “Norme per la determinazione degli onorari,dei diritti accessori, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese spettanti ai notai”.

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dell’art. 2233 cod. civ.71, stabilendo tuttavia al riguardo che ciascun consiglionotarile distrettuale “potrà determinare criteri di massima (...) anche conriferimento ad altre tariffe professionali che regolano casi simili o materieanaloghe72.

21. Gli onorari spettanti al notaio per gli atti da lui ricevuti o autenticatisono fissi nel caso di atti di valore indeterminabile e graduali quando invece ilvalore possa essere determinato. In particolare, gli onorari graduali sonodeterminati in modo che la loro incidenza decresce marcatamente al cresceredel valore dell’atto73.

22. In base all'art. 147 L.N., il notaio che, con riduzione degli onorari edei diritti accessori, faccia ai colleghi “illecita concorrenza”, è punito con lacensura o con la sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con ladestituzione. Anche secondo l'art. 3 del codice deontologico, costituiscefattispecie di illecita concorrenza la riduzione, non occasionale o persistente,del compenso complessivamente dovuto.

In base all’art. 80 L.N. poi, salvo il caso di errore scusabile, il notaio cheha riscosso per gli onorari una somma maggiore di quella dovutagli, incorre inuna ammenda uguale alla somma riscossa in più, salvo sempre il diritto per laparte di chiedere la restituzione dell’indebito pagato.

3.1.5 forme di (auto)regolamentazione23. Le forme di autoregolamentazione che vengono di seguito indicate,

differentemente da altre professioni, trovano generalmente il loro fondamentoespressamente nella legge.

La legge 27 giugno 1991 n. 220 ha attribuito al consiglio nazionale delnotariato il compito di elaborare “principi di deontologia professionale”. Suquesta base, è stato approvato il codice deontologico con delibera del 24febbraio 1994. Al riguardo, il consiglio sottolinea che, attraverso talestrumento, la categoria ha provveduto a formulare delle regole “poste non soloa tutela del prestigio sociale della categoria e dello status dei suoiappartenenti, ma anche a garanzia della qualità e correttezza del servizio cheil notariato svolge per la collettività”74. Di seguito vengono esaminati alcuni

71 L’art. 2233 del codice civile recita “Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può esseredeterminato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazioneprofessionale a cui il professionista appartiene”.72Cfr. art 34 decreto ministeriale 6 giugno 1987, n. 230.73 Variando dall’8% per atti di valore inferiore alle 500.000 allo 0,03% per atti compresi tra i 4 e i 5miliardi.74 Vale la pena di rilevare che nel 1995, in occasione del primo congresso nazionale della Federnotai, èstato osservato che la deontologia, direttamente, riguarda non già la regolamentazione della qualità minimadel prodotto tipico notarile, ossia dell’atto notarile (stabilita come visto, dalle norme della legge chedisciplinano, in particolare, la forma degli atti), quanto invece la regolamentazione dei comportamenti, del“come” il notaio arriva a redigere l’atto così come definito dall’ordinamento: “Le norme deontologiche,

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aspetti dell’attività notarile disciplinati anche dalle norme deontologiche eriguardanti, in particolare le limitazioni territoriali all’esercizio dell’attività, ildivieto di pubblicità e il potere di vigilanza e disciplinare dei Consigli.

i) le limitazioni territoriali24. Come già osservato precedentemente, i notai hanno una competenza

territoriale limitata: essi devono per legge esercitare le proprie funzioninell'ambito territoriale corrispondente al distretto in cui si trova la sede notarile,a pena di nullità dell’atto rogato75.

Al riguardo, il codice deontologico, dispone che il notaio non può tenereaperti, nella sede assegnatagli, altri luoghi di attività diversi dallo studio chenon presentino rispetto ad esso i requisiti di limitata organizzazione e di nettasussidiarietà propri del recapito.

25. La categoria motiva le limitazioni territoriali considerando che lefunzioni pubbliche svolte dal notaio richiedono la presenza e la reperibilitàdello stesso nelle singole aree geografiche. Tuttavia, dalla citata analisicompiuta dalla Federnotai nel 1995, emerge che il 50% circa dei notai ritieneche il suddetto vincolo sia eccessivamente oneroso per l’esercizio dellaprofessione, restringendola in un ambito che appare contrastare con la mobilitàcrescente assunta dai traffici negoziali.

ii) il divieto di pubblicità26. La legge dispone che è vietato al notaio di fare concorrenza ai

colleghi servendosi dell'opera di procacciatori di clienti, di richiami, dipubblicità o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro e al prestigiodella classe notarile e che il mancato rispetto di tale disposizione comportal'irrogazione di una sanzione disciplinare76.

Esiste poi una norma deontologica che vieta specificamente ogni formadi pubblicità, sia diretta che a mezzo stampa, e di richiamo delle qualitàpersonali, dello studio professionale e dell'attività svolta, ivi comprese lespecializzazioni.

iii) l’esercizio del potere disciplinare27. I procedimenti per l'applicazione delle sanzioni disciplinari sono

regolati dagli artt. 148 ss L.N.. Al riguardo, va rilevato che mentre perl’applicazione delle sanzioni più lievi, cioè l'avvertimento e la censura, lacompetenza spetta al Consiglio Notarile da cui dipende il notaio, le sanzioni piùgravi, e cioè l'ammenda, la sospensione e la destituzione - o tutte le sanzioni

pertanto, tendono a fissare ulteriori qualità dell’atto utili solo su un altro e diverso piano che è quellocomportamentale”.75 Cfr. art. 58, n.4, L.N.76 Cfr. art. 14 r.d.l. n. 1666/1937, “Modificazioni all’ordinamento del notariato e degli archivi notarili”.

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ove il notaio sia membro del Consiglio Notarile - sono applicate direttamentedal Tribunale civile mediante decreto77.

Con riferimento alla prima ipotesi, poi, si osserva che il provvedimentodel Consiglio Notarile può essere impugnato davanti al Tribunale Cvile dalnotaio o dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Civile nella cuigiurisdizione è la sede del consiglio, al quale viene inviata copia, per legge, delsuddetto provvedimento. Contro tale sentenza non è ammesso appello.

Nella seconda ipotesi, invece, la sentenza del tribunale è appellabile.

3.1.6 Spunti comparatistici28. A livello comunitario, deve segnalarsi che nei principali ordinamenti

di civil law (Francia, Spagna, Germania) la figura del notaio presentacaratteristiche simili a quella del notaio italiano. Anche in tali Paesi, lepeculiarità del notaio consistono in ciò che è una figura professionaleautonoma, che una parte rilevante dell’attività da esso svolta è riservata ecostituisce una funzione pubblica, pur avendo, per quanto concerne gli aspettieconomici, i caratteri della professione libera. In Germania, tuttavia, esistonodistinti tipi di notaio: in alcuni Lander, il notaio svolge esclusivamente l’attivitànotarile, mentre in altri l’ufficio notarile risulta combinato con l’eserciziodell’avvocatura.

Negli ordinamenti di common law, invece, il notaio non costituisce unafigura a sè stante, tant’è che gli avvocati svolgono le funzioni che in Italia sonoproprie dei notai: ad esempio, nel Regno Unito e in Irlanda, i solicitorsforniscono consulenze legali e assistenza nelle transazioni, nelle operazioniconcernenti il trasferimento di beni immobili e negli atti testamentari esuccessori78.

Con riferimento ai Paesi anglossassoni, è interessante rilevare che isolicitors non conferiscono agli atti che redigono alcun carattere di autenticità,giacchè, per gli ordinamenti di tali Paesi, l’atto autentico, differentemente daiPaesi dell’area latina, ha un’efficacia probatoria inferiore ad altri mezzi diprova, quale ad esempio la testimonianza, essendo di conseguenza pocoutilizzato. Ed infatti, i soli professionisti che, in Inghilterra, attribuisconoautenticità agli atti - quasi esclusivamente ad uso esterno - non svolgendo

77 Al riguardo, va rilevato che per le sanzioni minori la legge non fornisce un criterio idoneo ad identificareuna distinzione tra i fatti punibili con l’avvertimento e quelli punibili con la censura: dall’art. 147 L.N. sideduce, tuttavia, che la censura in particolare può essere inflitta nei casi più lievi quando il notaiocompromette la sua dignità e il decoro o il prestigio della classe notarile. Al contrario le sanzioni maggiorisono collegate a specifiche violazioni: così, come visto, l’inadempimento dell’obbligo di assisterepersonalmente allo studio in tempi determinati e di tenere gli atti ricevuti o depositati e i relativi registri erepertori è punito con l’ammenda (art. 137 L.N.); ancora, il rifiuto del ministero e la mancata presentazionedei registri e repertori al consiglio per l’ispezione è sanzionato con la sospensione (artt. 128 e 138 L.N.).L’interdizione, infine, è prevista a carico dei notai che, sospesi, continuino nell’esercizio ovvero chedolosamente non abbiano conservato i repertori (art. 142 L.N.).78 Cfr. al riguardo consiglio nazionale del notariato, Cenni informativi sui principali notariati europei,1997; Varano, Notaio e Notariato, Diritto comparato e straniero, in Enc. Giuridica Treccani, 1990, 1.

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peraltro altra attività, sono i cd notai di Londra, in numero assolutamente esiguorispetto ai solicitors.

In Svezia, poi, i notai sono impiegati municipali che svolgono funzioniessenzialmente certificative.

Negli Stati Uniti, infine, il notary public non è nemmeno un giurista, masoltanto un operatore - spesso un commerciante - che ha una licenza peresercitare e dispone di un sigillo: questi, principalmente, autentica le firme,riconosce che gli atti da lui certificati contengono la volontà esatta delle parti,riceve dichiarazioni giurate79.

29. L’accesso al notariato, in Francia, presuppone la laurea in diritto (oun diploma ritenuto equivalente), il compimento di un periodo di tirocinio e ilsuperamento di un esame di idoneità, ovvero il conseguimento del diplomasuperiore di notariato. Tali requisiti di accesso, tuttavia, possono esseresostituiti dall’esercizio effettivo dell’attività per un periodo quadriennale ovveroquinquennale.

In Germania, poi, ai fini dell’accesso è prevista una formazionepostuniversitaria, comune peraltro alle varie professioni giuridiche,comprendente un tirocinio triennale e il superamento di due esami di Stato (ilReferendar e l’Assessor).

In Spagna, invece, il requisito richiesto dopo il conseguimento dellalaurea in legge è soltanto il superamento di un concorso non essendo previstoalcun tirocinio.

30. Quanto alle tariffe, si osserva che una regolamentazione risultastabilita sia in Francia che in Germania e in Spagna80.

Nel Regno Unito, invece, non risultano esistere tariffe81.

3.1.7 conclusioni31. La tabella che segue indica le principali forme di regolamentazione

dell’attività notarile, sintetizzando quanto fino ad ora illustrato al riguardo.

Tabella 6 - Principali forme di regolamentazione dell’attività notarileentrata standard di qualità

minima del serviziotariffe altre forme di

(auto)regolamentazionerequisiti soggettivi requisiti relativi agli atti fisse e inderogabili divieto di pubblicità

79 Federnotai, Quaderni di Federnotizie, Sistemi giuridici e professioni giuridiche nell’ambienteinternazionale - Stato e avvenire del notariato francese, 1989, 11 e ss;80 In Francia, le tariffe sono regolate dall’Ordinanza 78-262 dell’8 marzo 1978 e possono essere fisse oproporzionali, in relazione, in tale ultimo caso, al valore dichiarato del bene; in Germania, invece, la materiatariffaria è regolata dalla legge relativa ai costi delle procedure. La funzione di certificazione è soggetta acosti fissi ed obbligatori. In Spagna, infine, la tariffa è fissata con decreto reale 17 novembre 1989 n. 1426 edè fissa per i documenti non quantificabili (come, ad esempio, le procure, i testamenti, le convenzionimatrimoniali), proporzionale per gli altri.81 Cfr. consiglio nazionale del notariato, op. ult. cit.

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a) cittadinanzab) laurea in giurisprud.;

c) praticantato;d) concorso

a) formali sanzioni in caso diapplicazione di prezziinferiori o superiori.

limiti territorriali

vincoli oggettivipredeterminazione del

numero massimo di sediper distretto

requisiti relativi airapporti con la clientela:

a) obbligo di servizio;b) obbligo di presenza;

Si tratta di un assetto caratterizzato da una pluralità di vincoli attinenti siaall’accesso - determinazione di un numero massimo di sedi, selezione medianteconcorso la quale, come illustrato, risulta particolarmente rigida - cheall’esercizio della professione - standard delle prestazioni, tariffe, divieto dipubblicità, limiti territoriali. Inoltre, l’ambito di esclusiva attribuito al notaiorisulta particolarmente vasto, ricomprendendo financo attività per le qualiappare opportuno interrogarsi se la riserva sia giustificata.

Si tratta di un sistema regolamentativo la cui ampiezza ed articolazionenon trova paragone in nessuna altra professione.

32. Relativamente alla determinazione delle sedi, può essere ragionevoleattendersi che, in ragione della funzione pubblica tipicamente svolta dal notaio,l’Amministrazione sia interessata ad assicurarne una distribuzione omogenea esufficiente sul territorio nazionale. In ogni caso, tuttavia, una delle vie pergarantire tale esigenza potrebbe essere non già la fissazione di un numeromassimo di sedi, che risulta invece più strettamente funzionale a tutelare unaposizione di rendita ai professionisti, quanto ad esempio la determinazione diun numero minimo di notai in esercizio. Conseguentemente, si osserva ancheche il concorso, quale sistema selettivo a posti, non appare il mezzo piùcoerente rispetto alla necessità, stante la natura pubblica del servizio notarile, diassicurare sul territorio nazionale, un numero minimo di operatori.

Peraltro, non appare verosimile che la rimozione del numero massimopossa determinare un’insufficienza dell’offerta rispetto alla domanda.

Infatti, per tutte le altre professioni tale vincolo non esiste e, ciònondimeno, l’offerta, che in alcuni casi è addiruttura in esubero, si distribuiscespontaneamente sull’intero territorio nazionale.

33. Il livello di selettività del concorso notarile risulta estremamenteelevato, essendo la percentuale degli idonei addirittura inferiore al 10%. Alriguardo, appare opportuno chiedersi se tale livello risulti proporzionatorispetto alle esigenze poste dall’esercizio della professione.

Da un lato infatti può ritenersi che la professione notarile non incide subeni più rilevanti rispetto a quelli su cui incidono altre professioni, quale quelladi avvocato o di medico, il cui accesso tuttavia non è regolamentato in modoaltrettanto stringente. Dall’altro deve considerarsi che una selezioneparticolarmente stringente appare senz’altro eccedente con riferimento alle

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prestazioni professionali meno complesse, quali ad esempio quelle meramentecertificative.

34. Peraltro, dall’indagine è emerso che il numero di notai che risultanoidonei al concorso è di norma inferiore a quello dei posti messi a concorso equest’ultimo è a sua volta inferiore a quello delle sedi vacanti e dunquedisponibili. Al riguardo, si osserva che, assumendo che queste ultimeidentifichino il numero necessario di notai in rapporto alla domanda, ilconcorso, laddove restringe ulteriormente l’accesso, risulta produrre un livellodi offerta inadeguato.

35. Venendo poi a considerare il tema delle esclusive, si tratta diverificare se l’ambito di esclusiva attualmente attribuito al notaio risultieffettivamente coerente con l’esigenza di tutelare le finalità pubbliche connesseall’esercizio delle funzioni notarili. Al riguardo, può considerarsi che ilmantenimento dell’esclusiva appare eccedente in tutte quelle situazioni in cuil’entità e la probabilità di danni derivanti ai consumatori e alla collettività daprestazioni inadeguate risulterebbero senz’altro meno rilevanti di quelle assuntedai costi connessi.

Tra queste ipotesi, ad esempio, va messa in luce quella relativa allavendita di autoveicoli, che, come è stato in precedenza documentato, assume unampio rilievo nell’ambito dell’attività dei notai, quanto meno sotto il profilonumerico, e consiste in primo luogo nella certificazione della firma edell’identità del venditore, accompagnata da una verifica che il contratto,generalmente predisposto dalle agenzie di consulenza automobilistica, non siacontra legem.

Peraltro, in alcuni Paesi, le funzioni che in Italia vengono svolte inesclusiva dal notaio, ed in particolare quelle meramente certificative, non sonoesercitate neppure da un professionista.

36. Relativamente all’esercizio, vengono in particolare rilievo lafissazione di tariffe minime inderogabili e i limiti territoriali.

Con riferimento al primo aspetto, si osserva che le tariffe non derogabiliverso il basso, nel mercato dei servizi notarili, producono un effettoparticolarmente dannoso sotto il profilo concorrenziale poichè contribuisconoad eliminare del tutto la concorrenza tra notai, già gravemente pregiudicatadall’esistenza del numero chiuso di operatori, dai limiti territoriali edall’esclusiva loro attribuita.

La previsione di massimi e della loro inderogabilità, invece, potrebbe inastratto costituire uno strumento idoneo a tutelare l’interesse dei consumatori,in quanto volto a garantire la disponibilità a prezzi accessibili di un servizio chein alcune circostanze essi devono obbligatoriamente acquistare, essendo ilnotaio l’unico operatore legittimato a compiere determinate prestazioni.

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37. Con riferimento al limite territoriale, infine, va rilevato che esso èdiretto a garantire a ciascun operatore un determinato volume di domanda e,quindi, un reddito minimo. Tale limite viene generalmente giustificatodall’esigenza di garantire la presenza nei singoli distretti di un numeropredefinito di operatori. Si osserva, tuttavia, che la rimozione del numeromassimo di sedi comporterebbe un incremento del numero degli operatori taleda non rendere necessaria la previsione di un limite territoriale, dal momentoche l’offerta si adeguerebbe spontaneamente alle esigenze della domanda,similmente a quanto avviene per altre professioni.

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3.2 Gli avvocati

principali riferimenti normativir.d.L.L 27 novembre 1933 n. 1578, recante “Ordinamento delle

professioni di avvocato e procuratore”; legge 13 giugno 1942 n. 794, recante“Onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile”;legge 9 febbraio 1982 n. 31 recante “Libera prestazione di servizi da parte degliavvocati cittadini degli Stati membri delle Comunità Europee”; legge 24 luglio1985 n. 406, recante “Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti allepreture e degli esami per la professione di procuratore legale”; d.p.r. 10 aprile1990 n. 101, recante “Regolamento relativo alla pratica forense perl’ammissione all’esame di procuratore legale”; d.m. 5 ottobre 1994 n. 585,recante “Tariffa degli onorari, diritti e indennità spettanti agli avvocati e aiprocuratori per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa etributaria”; legge 24 febbraio 1997 n. 27, recante “Soppressione dell’albo deiprocuratori legali e norme in materia di esercizio della professione forense”;legge 15 maggio 1997 n. 127 recante “Misure urgenti per lo snellimentodell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”.

3.2.1 le attività forensii) tipologia e caratteristiche38. Gli avvocati sono liberi professionisti esercenti la professione

forense. Essi svolgono l'attività di rappresentanza e di assistenza neiprocedimenti giurisdizionali civili, penali e amministrativi. Tale attività ècaratterizzata dal fatto di essere attribuita agli avvocati in via esclusiva e diessere, di regola, obbligatoria82.

L’attività giudiziale dell’avvocato è quanto mai varia e leesemplificazioni possibili - atti introduttivi, atti effettuati nelle successive fasiprocessuali, quali ad esempio la richiesta di mezzi di prova, la proposizione diistanze, la produzione di documenti, la formulazione di conclusioni - soloparzialmente riescono ad indicare lo spazio entro cui, in pratica, opera ildifensore.

39. La legge considera l’attività forense come un ministero, una funzioneche gli avvocati sono chiamati ad esercitare nell’amministrazione dellagiustizia83. Ancora, il codice penale considera i privati che esercitano la

82 Cfr. art. 82 c.p.c., secondo cui “Davanti ai pretori le parti non possono stare in giudizio se non con ilministero di un difensore”(comma 2); “Davanti ai tribunali e alle Corti d’Appello le parti devono stare ingiudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di Cassazione con ilministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo”(comma 3).83 Cfr. art. 12, r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, recante “Ordinamento delle professioni di avvocato eprocuratore” e il citato art. 82 c.p.c.. Ai sensi dell’art. 8, ultimo comma, di tale decreto, gli avvocati almomento del giuramento assumono l’impegno di adempiere ai doveri inerenti alla professione per i fini dellagiustizia.

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professione forense, quando dell’opera di essi gli utenti siano per leggeobbligati a valersi, come persone che svolgono un servizio di pubblicanecessità84.

Ciò in considerazione del fatto che l’attività in questione, pur essendofunzionale in via immediata alla realizzazione di scopi privatistici, attinenti allatutela degli interessi del cliente, ha una notevole rilevanza anche sotto il profilodell’interesse pubblico ad una corretta ed efficiente amministrazione dellagiustizia. In altri termini, tale attività, oltre alla produzione di effetti per ilcliente, le cui ragioni vengono giudizialmente difese, determina effetti anche perl’intera collettività.

40. Gli avvocati svolgono inoltre, non in esclusiva, le attività diconsulenza legale stragiudiziale e gli arbitrati, per le quali operano inconcorrenza sia con altri professionisti, non giuristi, che con soggetti diversi daiprofessionisti e/o da persone fisiche, ad esempio, società di consulenza.

ii) l’articolazione della domanda41. Relativamente alla domanda indirizzata agli avvocati per le attività

riservate di rappresentanza giudiziale, la seguente tabella ne riporta un possibileindicatore nel periodo 1986-95, e cioè il numero dei procedimenti pendenticivili in genere, penali e amministrativi.

84 Cfr. art. 359 c.p.. Ciò tuttavia non implica che il patrocinatore possa configurarsi come un pubblicoufficiale. Al riguardo Cfr. la sentenza della Corte di Giustizia del 21 giugno 1974, Reyners, in Racc. giur.della Corte, 1974, 631 e in Foro It. 1974, IV, 281, secondo la quale appare escludersi la natura pubblicisticadell’attività dell’avvocato nel suo complesso, non rientrando tale attività fra le eccezioni al diritto distabilimento di cui all’art. 55 del Trattato CEE previste per coloro che partecipino, sia pure eccezionalmente,all’esercizio dei pubblici poteri. In particolare, nella sentenza si legge che “Le prestazioni professionali cheimplicano contatti, anche regolari ed organici, con i tribunali, ovvero la partecipazione, sia pureobbligatoria, al loro funzionamento, non costituiscono partecipazione all’esercizio dei pubblici poteri. Inparticolare, non possono venir considerate come partecipazione a tali poteri le attività più tipiche dellaprofessione forense, quali la consulenza e l’assistenza giuridica, come pure la rappresentanza e la difesadelle parti in giudizio, neppure quando il ministero o assistenza dell’avvocato è obbligatorio o costituisceoggetto di un’esclusiva voluta dalla legge. In effetti, l’esercizio di tali attività lascia intatti la valutazionedell’Autorità giudiziaria e il libero esercizio della funzione giurisdizionale” (par. 51/53).

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Tabella 7 - Procedimenti pendenti per tipologia

Anni Procedimenti civili dicognizione

Procedimentipenali*

Procedimenti digiustizia amministrativa

totaleI° grado

Gradod’appello

I° grado Gradod’appello

totaleI° grado

Gradod’appello

1986 1.581.612 155.932 299.373 15.8771987 1.638.073 166.444 330.444 17.6061988 1.814.303 183.499 362.687 19.9331989 1.921.712 203.855 396.245 21.5021990 2.225.496 229.058 n.d. n.d. 432.971 20.2851991 2.372.141 245.680 89.492 45.787 471.141 19.7351992 2.532.055 268.132 144.165 63.936 522.793 20.9511993 2.772.428 273.600 180.752 87.797 587.184 22.8051994 2.872.393 277.910 252.528 107.420 669.173 26.9571995 3.274.416 287.948 359.820 114.263 726.324 29.387

Fonte: Istat, Annuario Statistico Italiano, anni vari.* I dati concernenti i procedimenti penali in primo grado risultano dalla somma dei procedimenti innanzialle Preture, ai Tribunali e alle Corti d’Assise, quelli in secondo grado dalla somma dei procedimentiinnanzi alle Corti d’Appello e alle Corti d’Assise d’Appello. Inoltre, per ragioni di comparabilità, siriportano solamente i dati disponibili riferiti al periodo successivo al 1989, anno di entrata in vigore delnuovo codice di procedura penale.

La tabella mette in luce che nell’arco del periodo considerato, tutte letipologie di procedimento hanno registrato un marcato aumento numerico.

Al riguardo, occorre precisare che i dati si riferiscono allo stock diprocedimenti in corso e quindi la loro progressione può non corrispondere adun’analoga espansione della domanda di rappresentanza giudiziale. Tuttavia,anche considerando l’evoluzione nello stesso periodo del numero dei soli nuoviprocedimenti, si inferisce un aumento considerevole dell’attività svolta dagliavvocati85.

42. Tali informazioni relative all’andamento dell’attività di assistenzagiudiziale, possono essere utilmente integrate con i risultati di un’indaginecampionaria effettuata dal Censis nel 198986 che considera, tra l’altro, laripartizione per tipologia di clienti della domanda complessivamente indirizzataagli avvocati, includendo pertanto anche quella di assistenza stragiudiziale. Talirisultati sono sintetizzati nella tabella che segue, la quale indica la frequenza divarie tipologie di prestazione.

85 Relativamente al numero medio di nuovi procedimenti civili nel periodo 1986/95, ad esempio, va rilevatoche esso è, per i procedimenti in primo grado, di 1.117.954 (con un aumento, pertanto, di circa 1/3) e, per iprocedimenti in grado d’appello, di 92.579 (ancora, oltre 1/3).86 Cfr. Ipsoa, Professione Avvocato, Strategie Previdenziali ed Esercizio dell’Attività Forense, Milano1990. L’indagine si è basata sulle risposte contenute in circa 4700 questionari compilati da altrettantiavvocati iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza.

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Tabella 8 - Ripartizione della domanda per tipologia di clientela*enti privati enti pubblici singoli cittadini altro

consulenza continuativa 68.7% 14,8% 57,9% 4,1%consulenza saltuaria 35,8% 28,5% 75,1% 1,8%

*La somma delle frequenze non è pari a 100 poichè erano possibili più risposte.

La tabella mette in luce che nella maggior parte dei casi (75% circa)l’avvocato risponde ad esigenze di consulenza saltuaria provenienti da singolicittadini. Tuttavia, una tipologia di prestazione quasi altrettanto frequente (68%circa dei casi) è costituita dalla consulenza continuativa a favore di imprese.

iii) l’articolazione dell’offerta43. Relativamente alla struttura dell’offerta, gli avvocati iscritti all’albo

erano alla fine del 1995 83.09087. Negli ultimi anni il numero dei professionistiforensi appare essere significativamente aumentato, ammontando a circa 50.000nel 199088. L’espansione dell’offerta risulta confermata anche dal confronto tragli iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza degli avvocati e deiProcuratori, negli anni 1988 e 1995 riportato nella tabella seguente89.

Tabella 9 - Iscritti alla Cassa Naz. Prev. Ass. per ripartizione geograficaAree 1988 1995Nord 13.235 (38,5%) 22362 (39,1%)

di cui Lombardia 5149 8694Centro 8135 (23,7%) 13356 (23,4%)

di cui Lazio 4803 7959Sud 12.978 (37,8%) 21410 (37,5%)

di cui Campania 3768 6388Totale 34.348 100 57128 100

Fonte: Cassa Nazionale Previdenza Avvocati.

In particolare, la tabella mette in evidenza che nel periodo 1988-95 ilnumero di professionisti iscritti alla Cassa è aumentato di oltre il 60%, in modosostanzialmente uniforme sul territorio nazionale. Sotto il profilo dellaconcentrazione dell’offerta, si rileva che nelle tre regioni Lombardia, Lazio eCampania opera circa il 40% dei professionisti (per una maggioredisaggregazione dei dati si veda anche tabella a3 in appendice).

87 Cfr. dati elaborati dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza degli avvocati e dei Procuratori.88Al riguardo, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura ha precisato che “il numero degli iscritti, peraltro, stacrescendo notevolmente: in media si iscrivono 10.000 nuovi soggetti all'anno agli albi dei procuratori eavvocati; a partire dal 1990 siamo passati da 50.000 a circa 90.000 iscritti” (Cfr. audizione dell’organismodel 12 luglio 1996).89 Si noti che il numero di iscritti all’albo è significativamente maggiore di quello dei professionisti iscrittialla Cassa. Ciò in ragione del fatto che, secondo le informazioni acquisite dalla Cassa, l’iscrizione allaCassa stessa non è conseguenza automatica dell’iscrizione all’albo, essendo tra l’altro subordinata alsuperamento da parte del professionista di determinate soglie minime di reddito e di volume d’affari (paririspettivamente a 11.700.000 e 17.550.000 nel 1997).

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3.2.2 modalità di accesso44. Attualmente, i requisiti per accedere all’attività forense sono: la

laurea in giurisprudenza, lo svolgimento di un tirocinio biennale principalmentepresso lo studio e sotto il controllo di un avvocato, il superamento dell’esame diabilitazione e l’iscrizione all’albo90.

E’ stata infatti recentemente rimossa la disposizione secondo la qualel’attività di avvocato poteva essere svolta solo da chi fosse stato in precedenzaprocuratore91.

45. Relativamente alle modalità di effettuazione del tirocinio, giovaosservare che al termine del primo anno di pratica, i praticanti iscritti nelrelativo registro, sono tenuti ad illustrare al consiglio dell’ordine, con appositarelazione, le attività indicate nel libretto della pratica92. Al riguardo, vasegnalato che il consiglio dell’ordine può espletare gli opportuni accertamentisulle dichiarazioni del praticante e ha facoltà di invitarlo ad un colloquio pereventuali ulteriori chiarimenti sul tirocinio espletato93.

Sono anche previsti dei corsi integrativi della pratica, non obbligatori,tenuti dalle scuole di formazione istituite dai Consigli degli ordini94. Ad oggirisulta che solo una minoranza di questi ultimi gestiscono scuole di formazione,e comunque a livello sperimentale95.

Superato il primo anno di pratica, i praticanti possono essere ammessi,per un periodo non superiore a 6 anni, a patrocinare di fronte alle preture deldistretto nel quale è compreso l’ordine che ha la tenuta del suddetto registro96.

Infine, al termine del tirocinio, i praticanti devono sostenere l'esame diabilitazione presso la Corte d'Appello nel cui distretto il candidato è statoiscritto per la pratica.

Non esistono limiti di età per l’iscrizione all’esame.

90 Cfr. art. 7 r.d.l. n. 1578/1933. Il periodo di pratica è stato elevato da un anno a due anni in base all’art. 2,legge 24 luglio 1985 n. 406, recante “Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle preture e degliesami per la professione di procuratore legale”.91 L’art. 27, n. 2, del citato r.d.l. n. 1578/1933 stabiliva che il procuratore legale diventava avvocato dopo seianni di esercizio della professione decorrenti dall'iscrizione nell'albo ovvero dopo due anni in seguito alsuperamento di un esame. Con legge 24 febbraio 1997 n. 27, recante “Soppressione dell’albo deiprocuratori legali e norme in materia di esercizio della professione forense”, è stata invece abolita ladistinzione tra il titolo di procuratore legale e quello di avvocato.92 Cfr. art. 7, comma 1, d.p.r. 10 aprile 1990 n. 101, recante “Regolamento relativo alla pratica forense perl’ammissione all’esame di procuratore legale”: le attività consistono nella partecipazione ad almeno 40udienze (20 per semestre), gli atti processuali o quelli relativi ad attività stragiudiziali più rilevanti alla cuipredisposizione il praticante abbia partecipato, e ancora le questioni giuridiche di maggior interesse trattate.93 Cfr. art. 7, comma 3, d.p.r. n. 101/1990, cit.94 Cfr. art. 3, d.p.r. n. 101/1990.95 Cfr. audizione del 12 luglio 1996 del citato Organismo.96 Cfr. art. 8, comma 2 r.d.l. n. 1578/1933 come modificato dall’art. 1, legge n. 406/1985. Inoltre, ai sensidella citata norma, i praticanti abilitati, sempre davanti alle medesime preture, ma in sede penale, “possonoessere nominati difensori d’ufficio, esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre impugnazione siacome difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero”.

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46. La commissione esaminatrice, da nominarsi con decreto del Ministrodi Grazia e Giustizia, è composta da cinque membri titolari, dei quali: dueavvocati, iscritti da almeno otto anni al consiglio dell'ordine del distretto diCorte d'Appello, due magistrati, con qualifica almeno di consiglieri di Corted'Appello e un professore ordinario o associato di materia giuridiche pressol'università o un istituto superiore. Il Ministro di Grazia e Giustizia nomina, perogni commissione esaminatrice, il presidente e il vicepresidente tra icomponenti avvocati97.

47. La descritta regolamentazione in materia di accesso, tuttavia, stasubendo rilevanti modifiche per effetto di alcuni recenti interventi legislativi,caratterizzati da una portata decisamente innovativa. In particolare, la legge 15maggio 1997 n. 127, cd legge Bassanini-bis, prevede l’istituzione di scuolebiennali di specializzazione per le professioni legali presso le università, sedi difacoltà di giurisprudenza, finalizzate al rilascio di un diploma, il quale costituiràun requisito alternativo al tirocinio ai fini dell’accesso98.

Il Governo, in attuazione della legge n. 127/1997, ha stabilito che taliscuole provvedono alla formazione comune dei laureati in giurisprudenzaattraverso l’approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche,finalizzato all’assunzione dell’impiego di magistrato o all’esercizio delleprofessioni di avvocato e notaio99.

Tale decreto stabilisce, inoltre, il principio del numero chiuso degliammessi alle scuole. L’accesso alle stesse, poi, avviene mediante concorso pertitoli ed esame. Il rilascio del diploma di specializzazione, infine, è subordinatoalla certificazione della regolare frequenza dei corsi, al superamento delleverifiche intermedie e delle prove finali di esame100.

97 Cfr. art. 22 r.d.l. n. 1578/1933. Qualora il numero dei candidati che abbiano presentato la domanda diammissione superi le 250 unità, le commissioni possono essere integrate, con decreto ministeriale, da unnumero di membri supplenti aventi i medesimi requisiti stabiliti per i membri effettivi tale da permettere,unico restando il presidente, la suddivisione in sottocommissioni, costituite ciascuna di un numero dicomponenti pari a quello della commissione originaria.98 Cfr. art. 17, commi 113 e 114, della citata legge n. 127/1997: mentre il comma 113 prevede l’istituzionedelle suddette scuole con decreto legislativo, il comma 114, per quanto concerne in particolare l’accesso alleprofessioni notarile e forense, stabilisce che“anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all’accesso alleprofessioni di notaio e di avvocato, il diploma di specializzazione - conseguibile al termine della frequenzabiennale della scuola - costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Ministro di grazia egiustizia di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, titolo valutabileai fini del compimento del relativo periodo di pratica”. Inoltre, ad un decreto dei suddetti Ministri èdemandata la definizione dei criteri organizzativi delle scuole, “anche prevedendo l’affidamento annualedegli insegnamenti a contenuto professionale a magistrati, notai e avvocati”.99 Cfr. art. 14, comma 2, del decreto legislativo in corso di formazione. Al riguardo, può osservarsi che, nelpercorso formativo, tali scuole, nella misura in cui vengano previste adeguate modalità organizzative e disvolgimento dei corsi, e, dunque, sia assicurato un adeguato livello di preparazione specialistica aifrequentanti, appaiono strumenti idonei al perseguimento dell’obiettivo di recuperare una maggiorequalificazione dei futuri avvocati.100 Cfr. art. 14, commi 4 e 5, del citato decreto legislativo in corso di formazione.

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48. Espressione dell’esigenza di riforma della disciplina in materia diaccesso appare anche la recente presentazione alla Camera dei deputati di undisegno di legge (D.d.l. n. 4115 “Disposizioni in materia di accesso allaprofessione di avvocato)101 che introduce nuove norme riguardanti la praticaforense e l’esame di abilitazione, dirette - secondo la relazione - ad unariqualificazione della categoria attraverso una più rigorosa verifica dellaprofessionalità dei futuri avvocati102. Al riguardo, va rilevato, tuttavia, che lapluralità di interventi sulla stessa materia, quella dell’accesso, se da un latodenota l’esigenza per alcuni versi improcastinabile - avvertita peraltro dallastessa categoria - di modificare l’attuale regolamentazione, per l’altro,trattandosi di iniziative indipendenti sotto il profilo contenutistico, apparerichiedere un coordinamento tra normative.

49. Venendo alle norme contenute nel citato disegno di legge n. 4115,con riferimento alla pratica, devono segnalarsi, da un lato, l’elevazione delperiodo a tre anni103, dall’altro, la possibilità per il praticante, dopo il primoanno di pratica, di esercitare la professione in sostituzione delegata e sotto laresponsabilità dell'avvocato, ma solo davanti ai giudici monocratici104.

Relativamente all’esame di abilitazione, poi, le novità riguardanoessenzialmente la composizione della commissione esaminatrice e le modalitàdi svolgimento. La commissione appare composta da cinque membri titolari ecinque supplenti, dei quali, rispettivamente, ben tre avvocati, un magistrato e unprofessore universitario ed è presieduta da un avvocato scelto tra i tre titolari105.L’esame di abilitazione è indetto a Roma, in sede unica nazionale106 e i criteri divalutazione dei candidati sono previamente determinati, in adunanza plenaria,

101 E’ il caso di sottolineare che non si tratta dell’unica proposta di riforma che riguarda la professioneforense. Al riguardo l’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana ha approvato in data 10 ottobre 1995una proposta di legge quadro sulla professione di avvocato, dalla quale si possono desumere alcuniimportanti orientamenti:a) la regolamentazione della forma di accesso attraverso un corso annuale di formazione, il superamento diun primo esame, un successivo periodo di praticantato di due anni e, infine, l’esame di Stato;b) l’imposizione del limite del quarantesimo anno di età quale requisito per l’iscrizione all’albo;c) l’imposizione del divieto di assumere l’obbligazione di risultato;d) un indirizzo favorevole nei confronti dell’esercizio in forma societaria della professione limitata alla solasocietà semplice.Tali proposte, il cui carattere restrittivo è superfluo sottolineare, non hanno finora trovato un accoglimentoin sede legislativa.102 Il disegno di legge n. 4115 è stato presentato alla Camera dei Deputati il 4 settembre 1997 dal Ministrodi Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri delle Finanze e del Tesoro. L’emanazione di tali normeappare dettata, secondo la relazione introduttiva al disegno di legge, dall’esigenza primaria di sottoporre adun immediato esame parlamentare nuove regole concernenti aspetti specifici dell’ordinamento professionale,quali per l’appunto quelli connessi all’accesso. Manca invece per il momento “una riforma organicadell’ordinamento forense, sebbene da tempo e da più parti sia stata sollecitata, a fronte di un assettonormativo rimasto sostanzialmente invariato - quanto meno nelle sue linee fondamentali - dagli anni trenta”.103 Cfr. art. 6, comma 1.104 Cfr. art. 6, comma 3.105 Cfr. art. 1, comma 2. Ove il numero dei candidati lo richieda la commissione può essere integrata dasottocommissioni, per gruppi fino a 500 candidati. Ovviamente, i membri e i presidenti dellesottocommissioni sono nominati con lo stesso criterio utilizzato per la formazione della commissione.106 Cfr. art. 1, comma 1.

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dalla commissione e dalle sottocommissioni107. L’esame, infine, non può esseresostenuto da coloro che siano stati dichiarati non idonei in tre precedentiprove108.

50. Il suddetto disegno di legge propone una regolamentazione in tema diaccesso alla professione che, nel suo complesso, appare incoerente con iprincipi concorrenziali, tendendo ad una progressiva chiusura degli albi. Talenormativa infatti appare innanzitutto caratterizzata:a) da un aumento del grado di restrittività della selezione all’entrata (maggiornumero di anni di formazione; numero massimo di prove per accedere)109 cherenderebbe ancora più costoso e lungo l’inserimento dei tirocinanti nella vitaprofessionale senza peraltro garantire un miglioramento della qualità deltirocinio e che oltretutto apparirebbe contraddittorio con la previsionerecentemente introdotta di un corso di specializzazione sostitutivo del tirociniodi durata biennale;b) da un maggiore coinvolgimento degli ordini forensi nell’esame di abilitazionedeterminato dall’aumento del numero degli avvocati presenti nella commissione(da due su cinque a tre su cinque), con la inevitabile assunzione da parte deglistessi di un ruolo decisorio determinante nelle procedure di accessoall’esercizio della professione, anzichè dei pubblici poteri;c) dalla circostanza che concerne tutte le attività riservate di rappresentanzagiudiziale, e che relativamente a tali attività, un innalzamento del grado direstrittività della selezione all’entrata potrebbe essere sproporzionato inrapporto alle effettive esigenze di tutela dei consumatori in tutte quelle ipotesiin cui si fa riferimento ad un servizio sostanzialmente standardizzato, come adesempio per la redazione dei decreti ingiuntivi.

51. Va poi rilevato che il disegno di legge prevede che l’esame vengaeffettuato presso una sede d’esame unica e adottando criteri uniformi divalutazione. Tali modalità di svolgimento appaiono poter essere idonee adaccertare su base paritaria l’effettiva competenza dei candidati e a superare lediscrasie riscontrate nel corso di questa indagine negli esiti degli esami neidiversi distretti.

52. Al riguardo, con specifico riferimento alla percentuale degli abilitatiall'esercizio della professione forense, i dati più recenti disponibili riferiti agli

107 Cfr. art. 1, comma 2.108 Cfr. art. 2, comma 3.109 Relativamente al tirocinio e alla durata del medesimo, rimane da verificare se esistono specifici incentiviche, garantendo un’appropriata trasmissione di competenza professionale, possano giustificare la suddettaregolamentazione. Al riguardo deve osservarsi che non sono previsti obblighi specifici a carico degliavvocati di accogliere i praticanti e soprattutto di impiegare a favore di questi ultimi lo sforzo necessario peristruirli adeguatamente. Conseguentemente, è ragionevole ritenere che le conoscenze che il praticanteacquisirà nel corso del tirocinio sono prevalentemente quelle volte a soddisfare la fascia più bassa delladomanda, e, in quanto tali, acquisibili e utilizzabili in tempi meno lunghi.

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anni 1994 e 1995, indicano che la percentuale media a livello nazionale divincitori sui partecipanti alle prove scritte è stata rispettivamente del 45 e 41%.Si tratta di valori non troppo dissimili da quelli registrati in anni precedenti110,che tuttavia rappresentano la composizione di tassi di ammissione fortementedifferenziati tra diverse sedi di esame come è messo in luce dalla tabella chesegue (vedi anche tabelle a4 e a5 in appendice).

Tabella 10 - Ripartizione delle sedi di esame per percentuali di abilitatipercentuale di abilitati Corti d’Appello

1994: candidati 19214, abilitati 7845minore del 33% Cagliari, Perugia, Torino, Trieste, Brescia,

Venezia, Romacompresa tra 33 e 66% Trento, Genova, Bologna, Lecce,

Campobasso, Salerno, Firenze, L’Aquila,Milano, Catania, Palermo, Bari, Messina

oltre 66% Ancona, Potenza, Caltanisetta, Catanzaro,Reggio Calabria

1995: candidati 22084*, abilitati 5056*minore del 33% L’Aquila, Brescia, Perugia, Torino, Palermo,

Genovacompreso tra 33 e 66% Bologna, Ancona, Trento, Milano, Cagliari,

Lecce, Caltanisetta, Messina, Salerno, Triesteoltre 66% Bari, Reggio Calabria

Fonte: Relazione per la seduta inaugurale del consiglio nazionale forense del 16 gennaio 1997.*Per sette sedi d’esame i dati non sono disponibili.

La tabella, nella quale le sedi d’esame sono elencate in ordine crescentedi tassi di abilitazione, mostra che la variabilità degli stessi tra Corti d’Appellopresenta una certa persistenza nel tempo: la selezione dei candidati effettuatapresso sedi quali Torino, Bologna e Perugia appare persistentemente maggioredi quella che si verifica altrove.

53. L’avvocato iscritto all’albo può accedere al patrocinio di fronte allegiurisdizioni superiori soltanto dopo che siano trascorsi dodici anni di eserciziodella professione decorrenti dall'iscrizione nell'albo ovvero cinque anni daquesta data e in seguito al superamento di un apposito esame111.

3.2.3 gli standard qualitativi delle prestazioni forensi54. L’attività giudiziale dell’avvocato, inserendosi, come visto,

nell’ambito dell’amministrazione della giustizia ed in particolare del processo,che deve svolgersi secondo forme e tempi rigidamente predeterminati dallalegge, risulta anch’essa, (come quella del notaio) disciplinata da regole definite.

110 Negli anni 1991 e 1992, cumulativamente i candidati sono stati circa 30.190 e gli abilitati 13.290, conuna percentuale di abilitati pertanto pari al 44%. Cfr. lettera del consiglio nazionale forense del 7 marzo1995.111 Cfr. art. 4 della citata legge n. 27/1997

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La regolamentazione di tale attività, relativamente al profilo qualitativo,riguarda sia le caratteristiche degli atti giudiziari, che i comportamenti nellosvolgimento dell’attività. Per quanto riguarda il primo aspetto, i codici e le leggiche disciplinano i vari tipi di processo prevedono una serie di standardqualitativi che si sostanziano essenzialmente nei requisiti formali degli attiprocessuali tipici, regolati dalle relative norme processuali.

Nell’ipotesi di nullità di un atto imputabile al difensore, la legge prevede,tra l’altro, la condanna, su istanza di parte, di quest’ultimo al risarcimento deidanni causati dalla nullità112.

55. Rispetto ai comportamenti, le norme istitutive della professioneimpongono ai professionisti l’obbligo di tenere, nello svolgimento dell’attività,una condotta “specchiatissima e illibata”113 e quelle procedurali, ai difensori, ungenerale dovere di tenere in giudizio un comportamento leale e probo, la cuiinosservanza deve essere segnalata dal giudice alle autorità che esercitano ilpotere disciplinare su di essi114. L’avvocato, inoltre, non deve avere uninteresse proprio nella causa che patrocina115. Più specificamente poi,relativamente ai rapporti con il cliente, il patrocinatore: non può rifiutarel’incarico senza giusto motivo116; non può recedere dallo stesso senza giustacausa e, anche nelle ipotesi in cui il recesso è possibile, esercitare tale dirittorecando un pregiudizio al cliente117; ha un obbligo di fedeltà verso il cliente118;ha un obbligo di segretezza delle notizie di cui è a conoscenza per ragioni delpatrocinio prestato119.

56. A tali obblighi comportamentali, previsti da norme di legge, devonoaggiungersi quelli, in parte di analogo contenuto, risultanti dalle normecontenute nel codice deontologico, approvato dal consiglio nazionale forense il17 aprile 1997. Particolare rilevanza assumono i doveri di lealtà ecorrettezza120, di fedeltà121, di indipendenza122, di competenza123 e diaggiornamento professionale124.

112 Cfr. art. 162 c.p.c.113 Cfr. art. 17, n. 3, r.d.l. n. 1578/1933.114 Cfr. art. 88 c.p.c.: ad esempio, è appena il caso di segnalare che appare violare tale regola di condottal’avvocato che “crea” la lite.115 Cfr. art. 2233, comma 3, c.c, secondo cui è vietato, sotto pena di nullità e di danni, il cd patto di quota-lite, intercorso tra professionista e cliente, consistente in un accordo, antecedente alla conclusione delprocedimento, in base al quale il cliente si obbliga a riconoscere all'avvocato una parte del risultato ottenuto.116 Cfr. art. 11 r.d.l. n. 1578/1933117 Cfr. art. 2237, commi 1 e 3, c.c.118 Secondo l’art. 380 c.p., ad esempio, “il patrocinatore...che, rendendosi infedele ai suoi doveriprofessionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanziall’Autorità Giudiziaria, è punito...”. E ancora, ai sensi dell’art. 381 cod. pen. “Il patrocinatore che, in unprocedimento dinnanzi all’Autorità giudiziaria, presta contemporaneamente....il suo patrocinio o la suaconsulenza a favore di parti contrarie, è punito...”.119 Cfr. art. 13 r.d.l. n. 1578/1933.120 Cfr. art. 6 cod. deont.

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3.2.4 le tariffe57. Attualmente, anche per gli avvocati i criteri per la determinazione

degli onorari e delle indennità ad essi dovute per le prestazioni giudiziali estragiudiziali sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del consiglionazionale forense, la quale deve essere poi approvata con decreto del Ministrodi Grazia e Giustizia125. Per ogni atto o serie di atti sono fissati i limiti di unmassimo e di un minimo126.

In ambito giudiziale, relativamente al procedimento di determinazione eliquidazione delle spese e degli onorari, va rilevato che l’avvocato devepresentare al giudice la nota delle spese, delle proprie competenze edell’onorario127. Il giudice, dal canto suo, con la sentenza che chiude il processodavanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favoredell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa128. Laliquidazione degli onorari a carico del soccombente è fatta dal giudice in basealla tariffa129, entro i limiti del minimo e del massimo130, tenuto conto dellagravità e del numero delle questioni trattate.

Esiste poi l’onorario a carico del cliente che è sempre dovutoall’avvocato indipendentemente dalle statuizioni dell’autorità giudiziaria131.Nella prassi, tale onorario è spesso eccedente rispetto all’ammontare liquidatodal giudice stesso a carico del soccombente dal momento che l’avvocato, neldeterminarlo, può tenere conto anche dei risultati del giudizio e dei vantaggi

121 Cfr. artt. 7 e 37 cod. deont.: va notato che tale dovere si estrinseca, fra l’altro, nell’astensionedell’avvocato dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi delproprio assistito, nonchè, più in generale, dal compiere atti contrari all’interesse di quest’ultimo.122Cfr. art. 10 cod. deont.: l’avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere lapropria libertà da pressioni e condizionamenti esterni.123 Cfr. art. 12 cod. deont.: tale dovere vieta all’avvocato di accettare incarichi che sappia di non potersvolgere con adeguata competenza.124 Cfr. art. 13 cod. deont.125 In particolare, Cfr. l’art. 1 della legge 3 agosto 1949, recante “Tariffe forensi in materia penale estragiudiziale e sanzioni disciplinari per il mancato pagamento dei contributi previsti dal decreto legislativoluogotenenziale 23 novembre 1944 n. 382” per quanto riguarda l’iter formativo delle tariffe in materiapenale e stragiudiziale e l’art. 1 della legge 7 novembre 1957 n. 1051, recante “Determinazione deglionorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materiacivile” relativamente all’attività civile. Va altresì ricordato che le tariffe forensi, precedentemente, eranocontenute in tabelle allegate alla legge (Cfr. al riguardo, l’art. 1 della legge 13 giugno 1942 n. 794, recante“Onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile”).126 Cfr. art. 58, comma 2, r.d.l. n. 1578/1933.127 Cfr. art. 59, comma 2, r.d.l. n. 1578/1933.128 Cfr. art. 91 cod.proc. civ. e art. 60, r.d.l. n. 1578/1933. Al riguardo deve osservarsi che la liquidazione acarico del soccombente rientra nella competenza esclusiva e inderogabile del giudice della causa, tant’è chequest’ultimo incorre nel vizio di omessa pronuncia se non provvede, dopo aver pronunciato condanna nellespese, a liquidarle (Cass. 12297/93, 107/82).129 Cfr. art. 60, comma 1, r.d.l. n. 1578/1933 e Cass. 3989/93.130 Cfr. art. 60, comma 4, r.d.l. n. 1578/1933. Tuttavia, nei casi di eccezionale importanza, in relazione allaspecialità delle controversie, quando il pregio intrinseco dell'opera lo giustifichi, il giudice può oltrepassareil limite massimo. Quest'ultimo può, altresì, liquidare l'onorario in misura inferiore al minimo quando lacausa risulti di facile trattazione. In questi casi, la decisione del giudice deve essere motivata.131 Cfr. art. 2, d.m. n. 585/1994.

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anche non patrimoniali conseguiti132. Anche l’onorario a carico del cliente,infine, può essere determinato secondo la tariffa133.

58. Il d.m. 5 ottobre 1994 n. 585 costituisce il regolamento recantel'approvazione dell'ultima delibera del consiglio nazionale forense al riguardo134.

Relativamente ai minimi, va osservato che essi, di regola, sonoinderogabili135. Soltanto se, per particolari circostanze del caso, appaia unamanifesta sproporzione fra le prestazioni rese e l’onorario previsto dalle tabelle,i minimi possono essere diminuiti, a condizione però che la parte esibisca ilparere del competente consiglio dell’ordine. I massimi, nelle stesse ipotesi,possono essere aumentati anche di oltre il doppio, potendo arrivare nelle causedi straordinaria importanza anche fino al quadruplo del livello stabilito136.

59. Secondo il consiglio nazionale forense, il patto, ex art. 2233 c. c.,rimane la fonte primaria di determinazione del compenso, mentre la tariffa, oltread essere applicata in via suppletiva, avrebbe in ogni caso una valoremeramente indicativo. Inoltre, detto consiglio rileva che la tariffa minimaobbligatoria, in Italia, è indispensabile considerato l’obbligo del giudice dideterminare e liquidare spese e onorari di causa a carico del soccombentesecondo il citato art. 91 c. p. c.137.

60. Il codice deontologico, dal canto suo, prevede per gli avvocati anchela possibilità di concordare onorari forfettari in caso di prestazioni continuativedi consulenza ed assistenza, purchè non violino i minimi inderogabili dilegge138.

3.2.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività

132 Cfr. art. 5, comma 3, dm. n. 545/1994. L’esistenza di detta eccedenza appare desumersi anche dall’art.61, comma 2, r.d.l. n. 1578/1933, secondo cui l’onorario dell’avvocato nei confronti del proprio cliente “inrelazione alla specialità della controversia o al pregio o al risultato dell’opera prestata, può essere anchemaggiore di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese”. La giurisprudenza, dal canto suo,ha stabilito che “la misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalla liquidazionecontenuta nella sentenza di condanna del soccombente al pagamento delle spese e onorari di causa, per cuisolo la inequivoca rinuncia del legale al maggiore compenso può impedirgli di pretendere onorari maggiori ediversi di quelli liquidati in sentenza” (Cass. n. 11448/1992); E ancora “l’avvocato può pretendere, neiconfronti del cliente, onorari diversi e maggiori di quelli liquidati in sentenza, quando le sue prestazionipersonali giustifichino tale pretesa” (Cass. n. 1479/1969).133 Cfr. art. 61, comma 1, r.d.l. n. 1578/1933.134 Risulta al proposito che gli aumenti previsti dalla nuova tariffa vanno dal 25% circa al 300% per alcunevoci e riguardano solo i minimi, al fine di eliminare la significativa differenza esistente in precedenza traminimo e massimo. L’art. 5, comma 3, del citato decreto, stabilisce il cd diritto d’urgenza “per l’incaricoconferito nell’imminenza dell’attività da compiere ovvero quando l’andamento del procedimento esiga,comunque, il compimento di un atto imprevisto e urgente”.135 Cfr. art. 24 della citata legge n. 794/1942, e successive modificazioni, sostituito dal vigente art. 4,comma 1, d.m. 585/1994.136 Cfr. art. 5, comma 3, d.m. 585/1994.137 Cfr. memoria di tale consiglio depositata in occasione dell’audizione del 26 maggio 1995.138 Cfr. art. 43, IV°, cod. deont.

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i)il divieto di prestare l'attività in qualità di dipendente di enti o imprese

61. Alcune categorie di avvocati-dipendenti possono essere iscrittinell’albo o in elenchi annessi ed esercitare, in alcuni casi limitatamente, laprofessione o non esercitarla affatto.

Al proposito, bisogna distinguere le seguenti categorie: a) gli avvocatidipendenti di enti pubblici possono essere iscritti nell’elenco speciale annessoall’albo e possono esercitare limitatamente alle cause e agli affari cui sonoaddetti139; b) i professori e gli assistenti universitari a tempo definito e iprofessori degli istituti secondari possono essere iscritti nell'albo in virtù diespressa deroga prevista dalla legge che ne esclude la incompatibilità e dunqueesercitare140; c) i professori universitari a tempo pieno sono iscritti in un altroelenco speciale annesso all’albo, ma tale regime è incompatibile con losvolgimento della professione141.

62. Esiste poi una limitazione posta all'iscrizione all'albo o in elenchiannessi- e quindi l'impossibilità di svolgere attività di rappresentanza giudiziale- per soggetti i quali, pur abilitati all'esercizio della professione, rivestono laqualifica di lavoratori dipendenti all'interno di enti o imprese private.

Sulle problematiche concernenti il divieto di prestare l'attività in qualitàdi dipendente di enti o imprese, si rimanda a quanto esposto diffusamente nelcapitolo ottavo.

ii) circolazione in ambito comunitario e limitazioni territoriali63. Gli avvocati godono del diritto di libera prestazione dei servizi e di

stabilimento all’interno dell’Unione Europea142. Il primo si riferisceall’esercizio in modo temporaneo e occasionale dell’attività in un altro Statomembro, mentre il diritto di stabilimento riguarda la possibilità di esercitare inmodo continuo e permanente in un Paese dell’Unione diverso da quello diorigine.

139 Cfr. art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d.l. n. 1578/1933140 Cfr. art. 3, ultimo comma, lett. a), r.d.l. n. 1578/1933 e art. 11, comma 4, lett. b), d.p.r. 11 luglio 1980 n.382, recante “Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchèsperimentazione organizzativa e didattica”.141 Cfr. art. 11, commi 5 e 6, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, secondo cui “Il regime a tempo pieno èincompatibile con lo svolgimento di attività professionali e di attività di consulenza esterna e conl’assunzione di qualsiasi incarico retribuito (...) .I nominativi dei professori ordinari che hanno optato peril tempo pieno vengono comunicati, a cura del rettore, all’ordine professionale al cui albo i professoririsultino iscritti al fine della loro inclusione in un elenco speciale”.142 La professione di avvocato, infatti, non può ricomprendersi tra le attività che partecipano “...sia pureoccasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri” ai sensi del citato articolo 55, comma 1, del Trattato CEE:Cfr. Tizzano, La libera circolazione dei servizi nella CEE, in Professioni e servizi nella CEE, Padova, 1985,50ss; L. Mercati, Esercizio delle attività di avvocato, procuratore, investigatore privato e broker nella CEE.Al riguardo, la citata sentenza della Corte di Giustizia del 1974, caso Reyners, ha escluso la possibilità diinterpretare tale norma in modo estensivo, affermando che “in considerazione del carattere fondamentale,nel sistema del Trattato, della libertà di stabilimento e della norma sul trattamento nazionale, le derogheconsentite dall’art. 55, comma 1, non possono assumere una rilevanza che vada oltre il fine per cui questaclausola eccezionale è stata inserita nel Trattato stesso” (par. 42/44).

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64. Il diritto di libera prestazione di servizi in ambito ambito comunitarioè stato previsto per gli avvocati dalla direttiva del consiglio del 22 marzo 1977n. 249, recepita nel nostro ordinamento con legge 9 febbraio 1982 n. 31.Quest’ultima ammette i cittadini degli Stati membri in possesso di alcunericonosciute qualifiche professionali ad esercitare l’attività di avvocato in sedegiudiziale e stragiudiziale a determinate condizioni e con carattere ditemporaneità143.

65. Più recentemente, per effetto del decreto legislativo 27 gennaio 1992n. 115 (“Attuazione della Direttiva CEE n. 48/89, relativa ad un sistemagenerale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionanoformazioni professionali di una durata minima di tre anni”) per gli avvocatiprovenienti da un altro Stato membro è inoltre riconosciuto la possibilità diesercitare in modo continuo e permanente la professione in Italia.

66. Come viene più diffusamente illustrato nel capitolo settimo dellapresente indagine, il decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 115 è intervenuto adisciplinare il riconoscimento in Italia dei titoli professionali e assimilatirilasciati da uno Stato membro dell'Unione Europea e la relativa procedura diriconoscimento. In particolare, il decreto prevede che quando siano rispettatedeterminate condizioni non può essere negato l’accesso al professionista di unaltro Paese membro, ma al più possono essere applicate determinate misurecompensative o di adattamento. Queste ultime, nel caso della professioneforense, si sostanziano nel superamento di una prova attitudinale, consistente inun esame volto ad accertare le conoscenze tecnico-professionali edeontologiche e a valutare la capacità all'esercizio della professione144. In casodi esito sfavorevole, la prova può essere ripetuta non prima di sei mesi.

143 In particolare, la legge n 31/1982 prevede all’art. 2, comma 2, che agli avvocati degli stati membri “nonè consentito stabilire nel territorio della Repubblica uno studio nè una sede principale o secondaria”. Alriguardo, la Corte di Giustizia, chiamata dal consiglio nazionale forense italiano a pronunciarsi in viapregiudiziale sulla compatibilità di tale disposizione con la disciplina stabilita dalla citata direttiva 77/249,ha precisato, con sentenza del 30 novembre 1995, che la temporaneità della prestazione non esclude chel’avvocato-prestatore di servizi in uno Stato membro diverso dal proprio possa dotarsi, nello Stato ospitante,di una determinata infrastruttura (ivi compreso un ufficio o uno studio), qualora essa sia necessaria alcompimento dell’attività.

Passando poi a considerare alcune altre condizioni alle quali è subordinata la prestazione di servizida parte del professionista estero, merita ricordare l’osservanza delle vigenti norme legislative edeontologiche ad eccezione di quelle riguardanti “il requisito della cittadinanza italiana, il possesso deldiploma di laurea in giurisprudenza, il superamento dell’esame di Stato, l’obbligo della residenza nelterritorio della Repubblica, l’iscrizione nell’albo e il giuramento” (art 4). Ancora, nell’esercizio dell’attivitàrelativa alla difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, le prestazioni connesse con l’incarico debbonoessere svolte dall’avvocato di un altro Paese membro “di concerto con un avvocato iscritto all’albo edabilitato all’esercizio della professione dinanzi all’autorità adita” (art 6).144 Anche nelle normative degli altri Paesi membri, il riconoscimento risulta subordinato prevalentemente alsuperamento della prova attitudinale, e quindi alla conoscenza del diritto dello Stato ospitante: Cfr. alriguardo, Cagnani, Attuazione della direttiva CEE n. 89/48 del 21/12/1988 nei Paesi della Comunità.Situazione attuale e prospettive, in Avvocato in Europa, Atti del XXI Congresso Nazionale GiuridicoForense, Milano, 1993, 27ss.

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Quanto alla procedura per ottenere il riconoscimento, il richiedente devepresentare una domanda di riconoscimento, corredata della necessariadocumentazione, sulla quale è competente a pronunciarsi il Ministro di Grazia eGiustizia, ai sensi dell'art. 11 del citato decreto. Quindi, superata la provaattitudinale, che, ai sensi dell’art. 15 del decreto, si svolge presso il consiglionazionale forense e viene da questo organo valutata, è emanato il decreto diriconoscimento del titolo che attribuisce al beneficiario il diritto di accedere allaprofessione e di esercitarla, “nel rispetto delle condizioni richieste dallanormativa vigente ai cittadini italiani, diverse dal possesso della formazione edelle qualifiche professionali” ai sensi dell'art. 13 del medesimo decreto.

67. Al riguardo, va comunque rilevato che, ad oggi, le richieste diriconoscimento dei titoli da parte di avvocati stranieri per poter esercitare inItalia costituiscono un fenomeno limitato145.

iii) il divieto di pubblicità68. Circa la pubblicizzazione dell'attività dei professionisti forensi in

Italia, il divieto di pubblicità personale viene ricondotto ad alcune normedeontologiche contenute nel r.d.l. n. 1578/1933 che impongono alprofessionista la dignità e il decoro nell'adempimento delle funzioni (art. 12) elo sottopongono a procedimento disciplinare ove non abbia osservato imenzionati obblighi di dignità e decoro nell'esercizio della professione (art. 38).Non esiste, tuttavia, una norma di legge che vieti specificamente aiprofessionisti di pubblicizzare l'attività svolta146.

69. A livello di codice deontologico, poi, viene previsto il divieto diqualsiasi forma di pubblicità dell’attività professionale, ad eccezione delleindicazioni, nella carta da lettera e negli elenchi, relative ai propri rami diattività e, per gli assistiti e i colleghi, all’organizzazione dell’ufficio edell’attività147. Inoltre, nei rapporti con la stampa e con gli altri media,l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciaredichiarazioni e interviste, sia per il rispetto dei doveri di discrezione eriservatezza verso la parte assistita, sia per evitare atteggiamenti concorrenzialiverso i colleghi. In ogni caso, costituisce violazione della deontologia“perseguire fini pubblicitari anche mediante contributi indiretti ad articoli distampa; enfatizzare le proprie prestazioni o i propri successi; spendere il nome

145 Cfr. audizione del consiglio nazionale forense del 26 maggio 1995.146 Vale la pena di ricordare che anche per gli avvocati stranieri, che svolgano in Italia prestazionistragiudiziali, è previsto dall’art. 7 della citata legge n. 31/1982, attuativa della direttiva CEE 77/249, chegli stessi “sono tenuti all’osservanza delle norme che garantiscono il corretto esercizio dell’attivitàprofessionale e la dignità della professione, ivi comprese le norme riguardanti (...) il divieto di pubblicità”.147 Cfr. art. 17.

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dei clienti; offrire servizi professionali; intrattenere rapporti con gli organi diinformazione e di stampa al solo fine di pubblicità personale”148.

3.2.6 confronto internazionalei) accesso70. Nell’ambito dell’Unione Europea, l’iter formativo per accedere

all’esercizio della professione di avvocato varia anche sensibilmente149.Relativamente alla formazione di base, in tutti gli stati membri è

necessaria una laurea in giurisprudenza - che ha una durata minima che varia da3 anni (Inghilterra) a 5 anni (Belgio, Danimarca, Portogallo e Spagna) - adeccezione del Regno Unito e dell’Irlanda, dove non è obbligatorio conseguirla,essendo previsti percorsi formativi di base alternativi, quali, ad esempio, altritipi di laurea o corsi di formazione professionale, di varia durata, che siconcludono con il superamento di esami sostenuti direttamente presso leassociazioni professionali. In ogni caso, anche in tali Paesi, risulta che lamaggior parte degli aspiranti avvocati consegue una laurea in giurisprudenza.

71. Passando alla formazione professionale, può distinguersi laprevisione di corsi teorico-pratici di formazione e quella di un praticantato insenso stretto o stage. In alcuni Stati, le due forme sono effettuatecontestualmente e miscelate tra loro, come in Germania e in Olanda. E’interessante segnalare che la formazione post-universitaria, mentre di regolariguarda specificamente la professione forense, in Germania è comune a tutte leprofessioni giuridiche (avvocato, notaio e giudice) e si conclude con un unicoesame di Stato, superato il quale coloro che intendono esercitare l’avvocaturapossono iscriversi all’ordine degli avvocati.

La Spagna è l’unico Stato membro che non prevede alcun tipo dipraticantato. In alcuni Stati, il praticante è retribuito dal proprio tutor (Francia,Inghilterra) ovvero dalla propria regione (Bundesland) di appartenenza comefunzionario statale (Germania).

L’autorità che presiede all’organizzazione, allo svolgimento e alcontrollo dei percorsi formativi professionali è, nella stragrande maggioranzadei casi, l’ordine o associazione professionale.

72. Terminato il praticantato, la legislazione di alcuni Stati membri nonrichiede alcun esame di abilitazione per iscriversi all’albo, come nel RegnoUnito, in Belgio, in Danimarca.

148 Cfr. art. 18.149 Va subito rilevato che nel Regno Unito, esistono due diverse figure: il solicitor e il barrister (advocate inScozia). Il primo svolge prevalentemente attività stragiudiziale, incarica, su mandato del cliente, il barristerdello svolgimento di attività giudiziale, preparando eventualmente il caso, nonchè le funzioni che in altriPaesi spettano ai notai; il secondo, invece, svolge attività giudiziale e patrocina in via esclusiva davanti allegiurisdizioni superiori.

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ii) le tariffe73. A livello comunitario, esiste senz’altro una maggiore libertà sotto il

profilo tariffario rispetto all’Italia. Nella tabella che segue vengono riportati iregimi in proposito esistenti nei vari Paesi membri:

Tabella 11-Sistemi tariffari in EuropaPaesi Tariffe

vincolantiTariffe

indicativeConcorrenza

limitataConcorrenza

pienaItalia X

Germania XInghilterra

solicitor Xbarrister X

Spagna XBelgio X

Danimarca XPaesi Bassi X

Francia XLussemburgo X

Portogallo XFonte: Avvocato in Europa, Atti del XXI Congresso Nazionale Giuridico Forense, Milano,1993.

Dalla tabella emerge che solo in Italia, in Germania e nel Regno Unito,limitatamente all’attività del barrister, esiste una regolamentazione che prevedetariffe vincolanti per le prestazioni rese dagli avvocati.

In particolare, in Germania le tariffe sono stabilite dalla legge ed èvietato praticare prezzi al di sotto dei minimi, mentre le parti possono stabilirecompensi superiori mediante patto. Analogamente, nel Regno Unito i prezzidelle prestazioni del barrister sono fissati dalla legge o da provvedimenti delleCorti.

Esistono poi altri Paesi, Spagna e in Belgio, dove invece i Consigli degliordini possono stabilire tabelle di onorari che hanno carattere meramenteorientativo.

Per una terza categoria di Paesi, Olanda e Danimarca, si riscontra lacoesistenza del principio della libertà di determinazione del compenso con laprevisione di tariffe, essenzialmente da parte degli organismi professionali, pertalune prestazioni soltanto (situazione che viene giudicata come concorrenzalimitata nella tabella 11).

Infine in Francia e nel Regno Unito, limitatamente all’attività delsolicitors, non sono previste tariffe e il compenso viene stabilito liberamentedalle parti150. In particolare, in Francia, nel 1984, la Commission de la

150 Cfr. per la Francia l’art. 10 della legge 13 dicembre 1971 n. 71-1130, secondo cui “Les honoraires deconsultation e de plaidoire sont fixès d’accord entre l’avocat et son client”, seppure con il divieto a pena dinullità del relativo patto, risultante dal secondo comma di tale articolo, di fissare preventivamente l’onorarioin funzione del risultato ottenuto. In questo paese, esistono, poi, controlli successivi al raggiungimento

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Concorrence e des prix ha considerato le tariffe adottate da alcuni organismiprofessionali in violazione della libertà di concorrenza, vietandonel’applicazione151.

iii) il divieto di pubblicità74. A livello comunitario, le regole al riguardo esistenti derivano

generalmente dall’autoregolamentazione delle singole professioni. Va subitorilevato che in numerosi Paesi membri è possibile pubblicizzare, seppure entrodeterminati limiti e controlli, le attività forensi152.

La tabella che segue mette in luce l’estensione del ricorso alla pubblicità,distinguendo i Paesi nei quali l’utilizzo di tale strumento è decisamente limitatoe non regolamentato (Italia, Spagna), e quelli in cui l’utilizzo è ammesso entrolimiti più ampi (specializzazioni, attività dominanti, altre indicazioni purchèveritiere e non comparative) e regolamentato o autoregolamentato (Germania,Belgio, Francia, Regno Unito, Danimarca, Svezia).

dell’accordo tra avvocato e cliente, effettuati dal presidente del consiglio dell’ordine, al quale le partipossono chiedere una valutazione delle prestazioni eseguite e la conseguente fissazione dei criteri dideterminazione dell’onorario, ovvero dell’autorità giudiziaria, nel caso di contestazione del provvedimentoemesso dal suddetto presidente. Dalle suindicate attività di controllo sarebbe derivato, nel corso del tempo, ilconsolidarsi di una serie di criteri cui gli avvocati possono attenersi, evitando in tal modo il pericolo diessere soccombenti in caso di di contestazioni da parte dei clienti: Cfr. al riguardo Avvocato in Europa, Attidel XXI Congresso Nazionale Giuridico Forense, Milano, 1993, 140. Sulla base di tale documentazione,pertanto, sembrerebbe non esistere un potere del giudice francese di determinazione e liquidazione dellespese e degli onorari processuali analogamente a quel che avviene invece in Italia.151 Cfr. Avvocato in Europa, 140, cit.152 I dati risultanti sul punto derivano, oltre che dalla menzionata pubblicazione Avvocato in Europa, Atti delXXI Congresso Nazionale Giuridico Forense, anche dalle informazioni raccolte dal Professor Schiano di Pepe in qualitàdi consulente dell’Autorità per la presente indagine.

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Tabella 12-Utilizzo della pubblicità da parte degli avvocati in EuropaPaesi Divieto di

pubblicitàSpecializzazioni

attivitàdominanti

libertà dipubblicità

Italia XGermania XInghilterra

solicitor Xbarrister X

Spagna XBelgio X

Danimarca XSvezia XFrancia X

Fonte: consiglio nazionale forense.

In Italia la pubblicità, nei fatti, è limitata all’esposizione dei titoliaccademici, mentre non risulta disciplinata l’indicazione delle specializzazioni edelle attività prevalenti, ancorchè la categoria stessa, come visto, sia propensaad ammettere tali forme pubblicitarie. Il divieto, inoltre, è ricondotto alle sopramenzionate norme di legge e deontologiche.

In Spagna, una norma del Codigo Deontològico de la AbogacìaEspanola vieta qualsiasi forma di pubblicità e la violazione della stessa èsanzionabile.

In Germania, invece, l’avvocato può informare i consumatori in meritoalle proprie specializzazioni (ossia alla particolare conoscenza di un settore),qualifiche, incarichi e riconoscimenti ottenuti: non è tuttavia ammessal’indicazione del volume di affari e delle cause vinte, nè la diffusione dei nomidei clienti se non a condizioni che vi sia al riguardo il consenso degli stessi.Possono invece essere indicati i nomi dei colleghi e collaboratori di studio. Alriguardo, presso i Consigli dell’ordine è costituita un’apposita commissione perverificare la competenza specifica dell’avvocato.

In Belgio, talune specializzazioni - quali il diritto comunitario,amministrativo e societario - possono essere enunciate dopo un anno di praticao in base a pubblicazioni specifiche, purchè previamente controllate dagliorganismi professionali: al riguardo, può rilevarsi che presso questi ultimi ètenuto un registro delle specializzazioni.

In Francia, un decreto applicativo della citata legge del ‘90 di riformadella professione stabilisce in generale che la pubblicità è ammessa nella misurain cui offre al pubblico una necessaria informazione. Specificando, la leggedispone che tale pubblicità deve essere contenuta e contenere informazioniesatte, in modo che essa non comporti pregiudizio al decoro della professione.Il consiglio dell’ordine, sempre per legge, prepara un annuario/carta dei servizi(in francese: plaquette type) per gli avvocati al fine di presentare agli utenti ilimiti entro cui la pubblicità stessa è autorizzata. Inoltre, gli avvocati possonoessere autorizzati, sempre a determinate condizioni, ad indicare i propri campi

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di specializzazione. Coerentemente con tali regole, l’ordine degli avvocati diParigi ha stabilito, mediante regolamento, alcune norme sulla pubblicità ingenerale. Inoltre, la giurisprudenza francese in proposito ha ammesso lalegittimità dell’indicazione da parte degli avvocati delle cd activitèsdominantes, ossia delle attività svolte in misura predominante rispetto ad altrisettori, le quali risultano anche dagli annuari pubblici conservati dai singoliconsigli.

Anche nel Regno Unito, dove il solicitor può farsi pubblicità, esistonoelenchi di specializzazioni presso gli organismi professionali. Il barrister,invece, è soggetto a limiti rigorosi relativamente all’utilizzo dello strumentopubblicitario.

Infine nei Paesi del Nord Europa la pubblicità è ammessa in tutte leforme purchè vengano rispettate alcune condizioni generali e cioè,sostanzialmente, che il messaggio sia veritiero, non contenga il nome dei clientie non consista in una pubblicità comparativa.

3.2.7 conclusioni75. La tabella che segue sintetizza quanto precedentemente esposto con

riguardo alla regolamentazione dell’attività, riservata e non, svolta dagliavvocati: entrambi i tipi di attività risultano caratterizzati dalle stesse forme diselezione all’entrata e di regolamentazione dei prezzi, nonchè dal vincolo alnon utilizzo dello strumento pubblicitario; l’attività di assistenza giudiziale, poi,è ulteriormente regolata sia sotto il profilo delle caratteristiche del servizio chedello status dei soggetti ammessi ad esercitarla.

Tabella 13-Principali forme di regolamentazione dell’attività forenseentrata standard di qualità

minima del servizio diassistenza giudiziale

tariffe altre forme di(auto)regolamentazione

requisiti soggettivia) laurea in giurisprud.;c) praticantato;d) esame di abilitazione

requisiti relativi agli attia) formali

minime e massimederogabili

divieto di pubblicitàdivieto di eserciziodell’attività di assistenzagiudiziale per idipendenti di enti oimprese

requisiti relativi airapporti con la clientela:a) obbligo di lealtà eprobità;b) obbligo di fedeltà;c) terzietà.

76. Nel valutare l’adeguatezza di tale sistema regolamentativo, è utilemantenere distinte le attività non riservate da quelle riservate, sottolineando cheesso appare per le une non necessario e per le altre comunque sproporzionato.

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Sotto il primo profilo infatti, deve essere considerato che l’ambito diriserva attribuito ad una categoria individua quelle attività la cui rilevanzapubblica giustifica un attento controllo su coloro che le esercitano. Pertanto,predisporre l’applicazione della medesima regolamentazione ad attività che illegislatore ha escluso dalla riserva non è funzionale al perseguimento di alcuninteresse pubblico e può tradursi invece in uno svantaggio per coloro cheesercitano in qualità di avvocati attività che sono libere.

In particolare, si consideri che gli avvocati competono sia con altriprofessionisti, differentemente regolamentati, che con operatori non soggetti adalcuna forma di regolamentazione, quali le società di consulenza o gli stessigiuristi d’impresa e che tali soggetti appaiono beneficiare di una crescentepresenza sul mercato. Tali circostanze conducono a ritenere che laregolamentazione dell’attività extra-giudiziale, e in particolare lapredisposizione di tariffari, non risulti necessaria al perseguimento di fini diinteresse pubblico e che, invece, possa tradursi per gli stessi avvocati in unosvantaggio concorrenziale nei confronti di operatori maggiormente liberi diadeguare le caratteristiche, anche di prezzo, dell’offerta a quelle della domanda.

Peraltro, in tutti i Paesi considerati, con l’unica eccezione dellaGermania, non esistono tariffe vincolanti delle prestazioni extra-giudiziali: piùspecificamente, nella maggior parte dei casi, il prezzo di tali servizi è lasciatoalla libera determinazione del mercato.

Nè, con l’eccezione della Spagna, in tali Paesi risulta vietato l’utilizzodello strumento pubblicitario.

77. Con riferimento all’attività di assistenza giudiziale, poi, la tabellaprecedente mette in evidenza l’esistenza di una pluralità di strumenti diregolamentazione utilizzati per assicurare il medesimo obiettivo, ovvero laqualità del servizio, che rendono l’assetto regolamentativo sproporzionatorispetto alla tutela degli interessi pubblici su cui incide la professione.

Deve infatti essere considerato che oltre ai requisiti all’accesso, inconsiderazione degli effetti esterni della funzione di rappresentanza e assistenzagiudiziale svolta dagli avvocati, il legislatore ha fissato degli standard di qualitàminima del servizio accompagnandoli alla previsione di sanzioni in caso diinosservanza. Ciò riduce il rischio per il consumatore dell’imperizia e deicomportamenti opportunistici da parte del professionista e rende superflual’introduzione di ulteriori strumenti di regolamentazione, quali la fissazione ditariffe omogenee o l’imposizione del divieto di farsi pubblicità.

78. A ciò si aggiunga che con specifico riferimento al concreto utilizzodel principale tra tali strumenti, la selezione all’entrata, esistono elementi perdubitare che le attuali modalità di accesso siano effettivamente idonee agarantire la qualificazione dei professionisti. In particolare, poichè la disparitàdegli esiti degli esami di abilitazione tra sedi non appare credibilmente poteressere riferita a differenze di preparazione tra i candidati, è ragionevole

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chiedersi in che misura l’attuale meccanismo di selezione tuteli in concretol’interesse dei consumatori a ricevere prestazioni professionali tecnicamenteadeguate. Pertanto, l’accoglimento in sede legislativa delle proposte contenutenel disegno di legge n. 4115, concernenti la previsione della sede unica e dicriteri uniformi di valutazione dei candidati, potrebbe rappresentare la soluzioneidonea a favorire un accertamento paritario delle capacità professionali deglioperatori.

79. Nella medesima direzione si è peraltro posta la recente introduzionedelle scuole di specializzazione in luogo del tirocinio. La frequenza di unascuola, infatti, quale requisito sostitutivo dell’attuale praticantato, da un latorappresenta un canale alternativo per acquisire una preparazione specificaprofessionale, dall’altro appare più idonea a fornire effettivamente unaformazione pratica ai laureati rispetto al praticantato stesso, nel corso del qualel’acquisizione di detta formazione è rimessa esclusivamente alla volontà deltitolare dello studio. In tal senso, il diploma potrebbe costituire, de iurecondendo, titolo direttamente abilitante all’esercizio della professione.

80. Con particolare riferimento alla fissazione di tariffe inderogabili, sisostiene che essa trovi la propria ragion d’essere nel perseguimento dellefinalità pubbliche connesse all’esercizio della professione forense ovvero cheessa sia funzionale alla liquidazione giudiziale delle spese e onorari di causa acarico del soccombente, il quale non deve essere trovarsi esposto al rischio delpagamento di somme eccessivamente gravose.

Al riguardo, si osserva che, se la tariffa avesse effettivamente soloquest’ambito applicativo, non sarebbe discutibile sia perchè diretta alla tuteladell’interesse pubblico di tutela del consumatore-soccombente nel processo, siaperchè avrebbe una portata estremamente limitata. Peraltro, nella liquidazioneeffettuata dal giudice non opera il principio dell’inderogabilità, godendo lostesso di ampi margini di discrezionalità nella determinazione concreta dellesomme.

La restrittività della tariffa viene invece in rilievo nell’estensione dellastessa oltre tale ambito, ed in particolare quando investe più in generale icompensi non stabiliti dal giudice, e dovuti dal cliente all’avvocato sia inmateria giudiziale che stragiudiziale.

Infine, va messo in luce che la fissazione di una tariffa, ove quest’ultimafosse funzionale al perseguimento di interessi pubblici, non dovrebbe esserelasciata alla prevalente, e dunque determinante, volontà dell’ordine, attribuendoai pubblici poteri una funzione di mero controllo di legittimità, quanto piuttosto,più coerentemente, dovrebbe essere affidata innanzitutto al regolamentatorepubblico.

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appendice statistica

notai

Tabella a1-Domanda di servizi notarili per tipologia e distretto di Corte d’Appello -1993

Cortid'Appello

società venditeimmobili

venditeautoveicoli

mutui altro totale

Ancona 7528 23186 150384 9527 88288 278913Bari 6312 32166 153017 11539 91758 294792

Bologna 30547 69726 527122 29287 288701 945383Brescia 14408 38959 281271 15414 163688 513740Cagliari 5883 26114 144111 12742 61157 250007

Caltanisetta 712 8859 24706 1608 13883 49768Campobasso 759 7758 20008 921 13622 43068

Catania 5479 34454 149092 10555 78930 278510Catanzaro 1917 24820 105733 4301 45982 182753

Firenze 22088 57154 505776 24305 243246 852569Genova 10534 38377 184027 12634 133255 378827L'Aquila 4371 20641 111773 7344 59776 203905Lecce 3795 26678 111570 8247 63166 213456

Messina 1882 12364 44518 3562 30761 93087Milano 54416 118157 1049503 66113 459823 1748012Napoli 17128 42637 298763 14896 152294 525718

Palermo 5521 37857 152372 11634 89318 296702Perugia 3872 13527 84167 4554 39427 145547Potenza 1019 7027 40226 2126 22421 72819

Reggio Cal. 464 2764 22954 703 10701 37586Roma 29856 82548 619528 51033 397334 1180299

Salerno 3520 7206 53356 2462 35293 101837Torino 39529 100683 622513 50809 376529 1190063Trento 4355 17574 110128 7918 59854 199829Trieste 4527 22855 122351 9522 78754 238009Venezia 30684 79763 529374 30311 231958 902090totale 311106 953854 6218343 404067 3329919 11217289

Fonte: ISTAT, annuario statistico, 1994.

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Tabella a2-Numero di notai e sedi notarili per distretto di Corte d’AppelloCorti d'Appello sedi nel 1997 notai nel 1996 sedi nel 1986 sedi nel 1976

Ancona 132 113 126 124Bari 200 181 197 188

Bologna 437 393 414 392Brescia 238 207 221 203Cagliari 106 78 104 99

Caltanisetta 44 40 46 46Campobasso 27*

Catania 171 154 167 165Catanzaro 95 111 142 139

Firenze 360 325 343 325Genova 219 194 220 221L'Aquila 111 101 121 118

Lecce 123 101 119 109Messina 57 53 56 56Milano 617 551 573 510Napoli 314 317 334 390

Palermo 196 187 205 200Perugia 72 61 68 62Potenza 47 35 49 50

Reggio Calabria 43**Roma 571 535 563 542

Salerno 72 64 70Torino 498 350 519 506Trento 80 56 76 68Trieste 118 95 113 106Venezia 364 316 338 313totale 5312 4618 5184 4932

*Nel 1986, Napoli includeva l’attuale Distretto di Corte d’Appello di Campobasso.**Nel 1986, Catanzaro includeva l’attuale Distretto di Corte d’Appello di R. Calabria.Fonti: d.p.r. 14 gennaio 1976, n. 5, d.p.r. 4 agosto 1986, n. 651, il decreto del 1997 è inattesa di registrazione; Annuario del Notariato Italiano, 1996

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avvocati

Tabella a3-Iscritti alla Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza per regioniRegioni avvocati iscritti

1988avvocati iscritti

1995Valle D’Aosta 45 63

Piemonte 1.931 2.993Lombardia 5.149 8.694

Liguria 1.396 2.205Trentino 336 542Veneto 1.686 3.112

Friuli Venezia Giulia 536 850Emilia Romagna 2155 3.903

Toscana 2.163 3.353Umbria 431 712Marche 738 1.332Lazio 4.803 7.959

Abruzzo 740 1342Molise 164 310

Campania 3.768 6388Puglia 2.884 4732

Basilicata 340 527Calabria 1.094 2.001Sicilia 3.324 4.982

Sardegna 664 1.128TOTALE 34.348 57.128

Fonte: Ipsoa, op. cit.

Page 127: INDAGINE AGCOM 1997

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Tabella a4-Avvocati abilitati per sedi di esame - sessione 1994Corti

d'Appellodomande partecipanti

prove scritteammessi

prove oraliidonei % vincitori

/partecipantiprove scritte

Ancona 558 507 358 346 68,2Bari 1.193 1.188 738 736 61,9

Bologna 1.387 1.220 488 447 36,6Brescia 452 373 111 105 28,1Cagliari 468 441 63 62 14,0

Caltanisetta 143 134 106 105 78,0Campobasso 253 240 99 99 41,2

Catania 678 643 384 349 54,2Catanzaro 1.257 1.108 947 894 80,7

Firenze 1.047 856 414 372 43,4Genova 694 545 204 196 36,0L'Aquila 684 625 331 299 47,8

Lecce 1.084 929 368 359 38,6Messina 270 258 162 160 62,0Milano 1.868 1.554 880 775 49,9Napoli 2.032 1.788 1.025 n.d. n.d.

Palermo 663 612 375 364 59,5Perugia 354 335 83 80 23,9Potenza 244 222 159 153 68,9

R. Calabria 348 334 319 315 94,3Roma 3.028 2.642 881 808 30,6

Salerno 641 577 254 244 42,3Torino 817 732 180 176 24,0Trento 204 187 87 65 34,7Trieste 298 271 75 65 24,0Venezia 1.073 893 366 271 30,3totale 21.738 19.214 9.457 7845 45,0

Fonte: Relazione per la seduta inaugurale del consiglio nazionale forense del 16 gennaio1997

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Tabella a5-Avvocati abilitati per sedi di esame - sessione 1995Corti

d'Appellodomande partecipanti

prove scritteammessi

prove oraliidonei % vincitori

/partecipantiprove scritte

Ancona 453 407 149 139 34,1Bari 1.240 1.175 906 886 75,4

Bologna 1.465 1.346 474 454 33,8Brescia 560 519 136 125 24,1Cagliari 633 605 265 262 43,3

Caltanisetta 147 137 68 65 47,4Campobasso 263 245 n.d. n.d. n.d.

Catania 824 704 283 n.d. n.d.Catanzaro 1.863 1.673 1.581 n.d. n.d.

Firenze 1.177 1.009 545 n.d. n.d.Genova 724 627 213 201 32,0L'Aquila 883 749 171 161 21,5

Lecce 1.265 1.084 514 493 45,5Messina 321 315 175 175 55,5Milano 1.986 1.621 645 593 36,6Napoli 2.729 2.458 n.d. n.d. n.d.

Palermo 755 702 231 215 30,6Perugia 360 326 83 82 25,7Potenza 317 305 228 n.d. n.d.

R. Calabria 444 389 350 345 88,7Roma 3.359 2.669 1.227 n.d. n.d.

Salerno 736 644 364 362 56,2Torino 974 892 266 236 26,4Trento 180 165 69 59 35,8Trieste 344 314 212 203 64,7Venezia 1.161 1.004 392 in corso n.d.totale 25.163 22.084 3.422 5056 41,1

Fonte: Relazione per la seduta inaugurale del consiglio nazionale forense del 16 gennaio1997.

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CAPITOLO QUARTO: LA REGOLAMENTAZIONE DELLEPROFESSIONI ECONOMICO CONTABILI

1. Questo capitolo riguarda l’assetto regolamentativo delle attività svolteda alcune figure professionali appartenenti all’area economico contabile: dottoricommercialisti, ragionieri e periti commerciali, (in seguito anche ragionieri),consulenti del lavoro.

Come verrà più diffusamente illustrato in seguito, si tratta diprofessionisti che svolgono attività di analoga natura, che consistonoessenzialmente nel controllo contabile delle imprese nonché nella consulenza inmateria commerciale, tributaria e del lavoro. In particolare, l’ambito di attivitàdei dottori commercialisti e dei ragionieri, così come definito dai rispettiviordinamenti professionali, risulta sostanzialmente identico, mentre i consulentidel lavoro si caratterizzano per una più marcata specializzazione nella gestionedei rapporti di lavoro.

Conseguentemente, si è ritenuto opportuno organizzare l’illustrazioneche segue in diverse parti: la prima dedicata alle attività svolte dai dottoricommercialisti e dai ragionieri, la regolamentazione delle quali viene pertantoanalizzata in modo unitario, la seconda ai consulenti del lavoro e la terzariguardante le principali conclusioni.

4.1 I Dottori Commercialisti e i Ragionieriprincipali riferimenti normativiLegge 28 dicembre 1952 n. 3060, “Delega al Governo della facoltà di

provvedere alla riforma degli ordinamenti delle professioni di esercente ineconomia e commercio e di ragioniere”; d.p.r. 27 ottobre 1953 n. 1067, recante“Ordinamento della professione di dottore commercialista”; d.p.r. 27 ottobre1953 n. 1068, recante “Ordinamento della professione di ragioniere e peritocommerciale”; legge 8 dicembre 1956 n. 1378, recante “Esami di Stato diabilitazione all’esercizio delle professioni”; codice deontologico dei ragionieri eperiti commerciali del 15 ottobre 1983; codice deontologico dei dottoricommercialisti del 10 febbraio 1987; legge 17 febbraio 1992 n. 206, recante“Tirocinio professionale per i dottori commercialisti”; legge 12 febbraio 1992n. 183, recante “Modifica dei requisiti per l'iscrizione all'albo ed elevazione delperiodo di pratica professionale per i ragionieri e periti commerciali”; d.m. 28luglio 1992 n. 570, recante “Regolamento per l'adeguamento dei compensispettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelleprocedure di concordato preventivo e di amministrazione controllata”; d.p.r. 10ottobre 1994 n. 645, recante “Regolamento recante la disciplina degli onorari,delle indennità e dei criteri di rimborso delle spese per le prestazioniprofessionali dei dottori commercialisti”.

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4.1.1 Le attività dei dottori commercialisti e dei ragionieri

i) tipologia e caratteristiche2. Il dottore commercialista e il ragioniere hanno competenza tecnica

nelle materie commerciali, economiche, tributarie e di ragioneria153. In taleambito, le attività ordinariamente esercitate consistono nella tenuta e controllodella contabilità delle imprese, nonché nella consulenza e assistenza tributaria.A queste si affiancano altre attività quali gli arbitrati, la consulenza in materiasocietaria, la consulenza e assistenza nella trattazione e stipulazione di contrattie negozi, l’assistenza nelle procedure concorsuali.

3. Diversamente da quanto avviene per i servizi notarili e quelli forensi diassistenza in giudizio, nel caso delle prestazioni rese dai dottori commercialistie dai ragionieri non esiste l’obbligo per il cliente di avvalersi del professionista,come è del resto dimostrato dal fatto che frequentemente imprese (ma anchesingoli individui) autoproducono il servizio di contabilità e assistenza fiscale.

A ciò fanno eccezione i servizi resi dai commercialisti e dai ragionierinell’esercizio della funzione di sindaco. Tale attività, tuttavia, anche per glieffetti esterni ad essa connessi, presenta un’autonoma regolamentazione, cheprevede tra l’altro l’iscrizione anche da parte dei commercialisti e dei ragionierial registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero di Grazia eGiustizia154. Trattandosi pertanto di un’attività distintamente regolamentata, inciò che segue essa non verrà considerata.

ii) in particolare, l’inesistenza di esclusive4. Le attività che formano l’oggetto della professione dei dottori

commercialisti e dei ragionieri non sono ad essi riservate. Ciò emerge daidecreti delegati n. 1067 e 1068 del 1953 recanti gli ordinamenti delle dueprofessioni, i quali, all’articolo 1, dopo avere elencato le rispettive competenze,precisano che tale elencazione “non pregiudica l'esercizio (...) di quanto puòformare oggetto dell'attività professionale di altre categorie di professionisti anorma di leggi e regolamenti”. Pertanto, le attività svolte dai commercialisti edai ragionieri non sono certamente attribuite in via esclusiva nè a una delle duecategorie (com’è naturale data, per la maggior parte, l’identità di competenzestabilita dagli ordinamenti), nè ad entrambe.

153 Cfr. art. 1, d.p.r. 27 ottobre 1953 n. 1067, recante “Ordinamento della professione di dottorecommercialista” e art. 1, d.p.r. 27 ottobre 1953 n. 1068, recante “Ordinamento della professione diragioniere e perito commerciale”. In particolare, ai sensi di tali articoli formano oggetto della professione didottore commercialista e di ragioniere, tra le altre, le seguenti attività: a) l'amministrazione e la liquidazionedi aziende, di patrimoni e di singoli beni; b) le perizie contabili e le consulenze tecniche; c) la revisione deibilanci e di ogni documento contabile delle imprese; d) i regolamenti e le liquidazioni di avarie marittime; e)le funzioni di sindaco delle società commerciali.154 Cfr. art. 21 del d.lgs 27 gennaio 1992 n. 88, recante “Attuazione della Direttiva CEE n. 253/84 relativaall’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili”.

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L’inesistenza di un’esclusiva, peraltro, deriva dalla stessa legge delega,la quale dispone quale criterio direttivo che “la determinazione del campo delleattività professionali non deve importare attribuzioni di attività in viaesclusiva”155.

5. Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che la libera esplicazionedi attività intellettuali, costituzionalmente garantita, può essere impedita olimitata solo in presenza di una riserva, in via esclusiva, prevista espressamentedalla legge. Detta riserva, relativamente alle attività rientranti nell’oggetto delleprofessioni in esame, perlomeno secondo la legge, appare risultareinesistente156.

6. Senonchè, si osserva che, nell’ambito delle professioni economico-contabili, una parte della giurisprudenza ha distinto tra attività riservate e non,specialmente in base al criterio, peraltro discrezionale, della complessità(rectius, del contenuto intellettuale) della prestazione. Tale distinzione apparedeterminata dalla necessità di attribuire all’istituzione degli albi dei dottoricommercialisti e dei ragionieri una ragion d’essere, la quale, secondo talegiurisprudenza, risulta consistere nella “nobilitazione di alcune tra quellemansioni, le più delicate e complesse, le quali appunto per la loro naturarichiedono - esse si - che per il loro espletamento si faccia necessariamenteparte di un albo professionale”157.

155 Cfr. art. 1, comma 1, lett. a), della legge 28 dicembre 1952 n. 3060, recante “Delega al governo dellafacoltà di provvedere alla riforma degli ordinamenti delle professioni di esercente in economia e commercioe ragioniere”. E’ significativo al riguardo riportare il passo della relazione che accompagna tale legge,relativamente alla ragione della suddetta disposizione, e cioè “Nelle varie facoltà universitarie, e talvoltaanche nelle scuole medie, si impartiscono insegnamenti su identiche discipline, sia pure con maggiore ominore estensione. Consegue che i laureati in facoltà diverse o anche laureati e diplomati hanno acquisito,nel corso degli studi necessari per conseguire i suddetti titoli, analoga preparazione tecnica a svolgere unadeterminata attività professionale. Orbene, sarebbe non equo, oltre che non conforme agli ordinamentiscolastici, nè rispondente all’esigenze della pratica, che attività professionali esplicabili da diverse categoriedi professionisti fossero attribuite ad una sola di esse”.156 Cfr. anche Trib. di Pisa 18 giugno 1984, che, con riferimento alle attività di consulenza tributaria,rientranti nell’oggetto delle professioni di dottore commercialista e ragioniere, osserva “Poiché trattasi dimateria riguardante la libera esplicazione di attività intellettuali, costituzionalmente garantita, è da ritenereche la riserva debba essere dal legislatore chiaramente esplicitata, perché l’interesse pubblico ad un correttoesercizio di attività che incidono sulla persona o sul patrimonio dei singoli deve essere, volta a volta,riaffermato e ha normalmente come contraltare il divieto per lo stesso di esercitare in proprio dette attività;basti pensare alla difesa davanti alla giurisdizione ordinaria, civile e penale, dove solo in casi eccezionali illegislatore consente al privato l’autodifesa ed individua in linea generale il collaboratore tecnico necessarionell’avvocato, e ciò in relazione alla complessità della procedura che rischia di costituire per il cittadino unostacolo insormontabile. E’ allora evidente che in un settore in cui al contribuente è consentito di compilaredirettamente libri e registri obbligatori a fini tributari, redigere e presentare le dichiarazioni dei redditi,effettuare i correlativi versamenti fiscali (...) non possa parlarsi in linea astratta di una riserva, desumibiledal complesso della normativa vigente, e si debba richiedere, per l’affermazione di tale riserva, una specificanorma, allo stato insussistente”.157 Cfr. Cass. 28 febbraio 1985 n. 6157; Cfr. anche Trib. Milano 16 maggio 1991; Pret. Verona 13novembre 1991.

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Deve segnalarsi, infine, che un’altra parte della giurisprudenza ritiene che“la consulenza tributaria” in genere158 ovvero perfino competenze residuali“costituite da attività di natura esecutiva che consentano di ritenere sussistenteun’autonoma e specifica professionalità”159 ovvero “le prestazioni pocoelevate o concretanti un’assistenza incompleta e marginale”160 spettinounicamente al professionista iscritto all’albo. Al riguardo, è appena il caso disottolineare la restrittività di quest’ultimo orientamento, non apparendosussistere, relativamente a compiti elementari, specifici interessi di tutela degliutenti.

7. La controversia relativa all’ambito della riserva è strettamenteconnessa a quella sviluppatasi in giurisprudenza riguardante l’estensione dellalibertà di esercizio dell’attività. Al riguardo si osserva che, mentre secondo unaparte della dottrina e della giurisprudenza, appaiono legittimati ad operare nelmercato dei servizi economico-contabili anche soggetti non iscritti ad albi,secondo un’altra, invece, la concorrenza deve ritenersi limitata ai professionisticomunque protetti.

8. Relativamente al primo orientamento, un’autorevole dottrina fadiscendere dal fatto che le professioni contabili, sebbene protette, nonannoverano alcuna prestazione esclusiva, che ciò che, di norma, fa il dottorecommercialista o il ragioniere può liberamente farlo chiunque161.

L’autore rileva che, in concreto, della libertà di esercizio delle attivitàsvolte dai professionisti contabili iscritti ai relativi albi beneficiano non solo (onon tanto) gli avvocati o i consulenti del lavoro - anch’essi appartenenti acategorie regolamentate mediante iscrizione ad albo - ma tutt’altra specie diprofessionisti: così avviene in particolare per le attività di consulenza aziendale,nonchè per quelle di tenuta della contabilità e di elaborazione delle scritturecontabili.

9. Sul punto, anche la Corte Costituzionale, in una recente pronuncia162,precisa, dopo aver osservato che nelle leggi recanti gli ordinamenti delle dueprofessioni economico-contabili non si rinviene alcuna disposizione attributivain via esclusiva di competenze, che l’espressione “a norma di leggi eregolamenti” contenuta nell’art. 1 dei sopra citati d.p.r. non deve essere intesacome facente “esclusivo riferimento a professioni regolamentate mediante

158 Cfr. CdS 17 maggio 1993 n. 358; Pret. Verona 22 giugno 1991; Pret. Pontedera 9 novembre 1983.159 Cfr. CdS n. 358/1993, cit.160 Cfr., con riferimento alle attività di consulenza del lavoro, Corte d’Appello di Trento 9 dicembre 1985.161 Cfr. Galgano, Professioni intellettuali, impresa e società, in Contratto e impresa, 1991, 6 e, ivi, Cass. 27giugno 1975 n. 2526, secondo la quale, con riguardo tuttavia a prestazioni ben determinate, “l’attivitàconcernente l’organizzazione aziendale, bilanci di previsione, rapporti sindacali e simili non è riservata aidottori commercialisti e pertanto il suo esercizio può essere validamente svolto anche da soggetti non iscrittiall’albo professionale”; Cass. 4 dicembre 1972 n. 3496; Trib. di Milano, 15 dicembre 1988; Corte d’Appellodi Brescia 29 gennaio 1982.162 Cfr. sentenza 27 dicembre 1996 n. 418.

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iscrizione ad albo, ma anche, (...) con riferimento agli spazi di libertà diespressione di lavoro autonomo e di libero esercizio di attività intellettualeautonoma non collegati a iscrizione in albi”.

10. E’ appena il caso di sottolineare che va salvaguardata l’esigenza chei non iscritti ai quali sono consentite tutte o la gran parte delle attività svolteabitualmente dagli iscritti siano comunque operatori competenti, seppuredifferentemente qualificati. A tale riguardo, peraltro, la stessa Corte diCassazione, con riferimento ad alcune attività rientranti nell’oggetto dellaprofessione di ragioniere, precisa che queste ultime, presupponendo comunqueuna conoscenza tecnica di base, devono essere svolte da un tecnico, che puòessere un soggetto iscritto in un diverso albo professionale, cui il relativoordinamento, tuttavia, attribuisce competenza nelle attività de quibus, ovveroun soggetto non necessariamente iscritto in un albo, quale, ad esempio, unragioniere non iscritto o un laureato in economia e commercio163.

11. In base al secondo degli orientamenti prospettati, invece, purriconoscendosi che le professioni contabili, ancorchè protette, risultano prive diesclusive, sia un’interpretazione letterale che un’interpretazione estensiva dellenorme contenute nei decreti del ‘53 non sembrerebbero autorizzare laconclusione della libertà assoluta di esercizio dell’attività “poiché il far salve lecompetenze di altre categorie non equivale a liberalizzare a favore di chiunque,non iscritto ad alcun albo, le attività de quibus”164. Gli autori precisano che lenorme avrebbero riguardo esclusivamente a quei professionisti protetti per iquali il legislatore (vale a dire, le leggi o i regolamenti) prevedespecificatamente competenze comuni a quelle dei professionisti contabili.

12. Sulla base di quanto precede, e seguendo l’orientamento che apparepiù coerente con i principi in materia di concorrenza, appare potersi concludereche:a) l’esercizio delle attività di assistenza e consulenza in materia contabile,fiscale e, più in generale, commerciale ed economica è libero;b) la tipologia delle categorie di soggetti che esercitano le attività de quibus èvaria. A tali categorie corrispondono diversi livelli di competenza tecnica.

13. Delineata in tal modo l’offerta dei servizi economico-contabili,l’iscrizione all’albo, tutt’al più, servirebbe a sottoporre al controllo dell’ordinel’esercizio dell’attività da parte di quei professionisti la cui capacità tecnica ègià stata accertata mediante l’esame di abilitazione, potendo garantire in talmodo la persistenza, nel tempo, di un livello qualitativo minimo delle

163 Cfr. Cass. 28 febbraio 1985 n. 6157.164 Cfr. Assini, Musolino, Esercizio delle professioni intellettuali: competenze ed abusi, Padova, 1994, 155.

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prestazioni rese dagli iscritti. Ciò considerato, l’obbligatorietà dell’iscrizioneall’albo per gli abilitati appare quanto meno incongruente.

La differenziazione dei requisiti di accesso alle attività de quibus, inoltre,appare idonea ad indirizzare verso gli operatori maggiormente qualificati ladomanda dei servizi più complessi.

ii) l’articolazione dell’offerta14. Le tabelle che seguono riportano il numero totale a livello nazionale

degli iscritti agli albi dei ragionieri e dei dottori commercialisti, rispettivamentealla fine del 1995 e del 1996, nonchè la consistenza dell’offerta nelle principaliregioni. Emerge che nei periodi considerati il numero complessivo diprofessionisti delle due categorie ammontava rispettivamente a circa 75.000 e80.000, di cui poco più della metà era costituita da dottori commercialisti. Letabelle mettono inoltre in luce che poco meno del 50% del numero totale diprofessionisti era concentrato in sole quattro regioni, secondo una distribuzionesostanzialmente simile per i ragionieri e i dottori commercialisti.

Tabella 1.1- Iscritti agli albi (ed elenchi) dei ragionieri e dei dottori commercialisti -1995

Regioni ragionieri1995

dottori commercialisti1995

Lombardia 5.486 (15,6%) 6.878 (16,8%)Lazio 3.858 (11,0%) 5.312 (13,0%)

Campania 3.516 (10,0%) 4.261 (10,4%)Puglia 3.950 (11,2%) 3.565 (8,7%)

Altre regioni 18.211 (52,2%) 20.584 (50,7%)Totale 35.021 (100) 40.600 (100)

Fonte: consiglio nazionale dottori commercialisti e consiglio nazionale dei ragionieri e periticommerciali

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Tabella 1.2- Iscritti agli albi (ed elenchi) dei ragionieri e dei dottori commercialisti -1996

Regioni ragionieri1996

dottori commercialisti1996

Lombardia 5.735 (15,5%) 7.268 (16,6%)Lazio 4.014 (10,8%) 5.679 (13,0%)

Campania 3.609 (9,7%) 4.799 (10,9%)Puglia 4.093 (11,0%) 3.829 (8,7%)

Altre regioni 19.430 (53,0%) 22.103 (50,8%)Totale 36.881 (100) 43.678 (100)

Fonte: consiglio nazionale dottori commercialisti e consiglio nazionale dei ragionieri e periticommerciali

15. Sotto il profilo dell’evoluzione dell’offerta, i dati disponibili, riferitiai dottori commercialisti, mostrano un consistente aumento (oltre le 12.000unità), tra il 1992 e il 1996.

16. Occorre infine aggiungere che oltre ai dottori commercialisti e airagionieri, trattandosi, come visto, di attività non riservate, operano nel settorein esame, altre categorie, tra le quali alcune comprendenti soggetti iscritti inaltri albi, quali gli avvocati, i consulenti del lavoro, ma anche non iscritti adalcun albo, come le società di consulenza e i cd "tributaristi". Con riguardo aquesti ultimi, va rilevato che molti sono iscritti in appositi ruoli di periti e diesperti, sub-categoria tributi, istituiti dalla maggior parte delle Camere diCommercio165166.

4.1.2 modalità di accesso

165 Relativamente agli iscritti in detti ruoli, deve notarsi che, allo stato, la categoria è destinata ad esaurirsi.I ruoli vennero istituiti, per la materia dei tributi, al fine di consentire agli iscritti l'esercizio di attivitàprofessionale in materia tributaria limitatamente ad attività di natura pratica e comunque residuale rispetto aquelle proprie dei liberi professionisti (art. 2 del d.m. 29 dicembre 1979).Il Consiglio di Stato, con sentenza del 14 maggio 1993 n. 353, ha stabilito che non rientra nella competenzadelle Camere di Commercio, per espresso divieto dell'art. 32 del r.d. 29 settembre 1934 n. 2011(“Approvazione del testo unico delle leggi sui consigli provinciali dell’economia corporativa e sugli ufficiprovinciali dell’economia corporativa”), il potere di istituire ruoli di periti ed esperti nella materia relativa aitributi, la quale, nei suoi aspetti di carattere libero professionale, è riservata agli iscritti ai relativi albi. Con lacitata sentenza n. 358/1993, il Consiglio di Stato ha conseguentemente statuito l’illegittimità di tali ruoli.Successivamente, l'art. 69 della legge 29 ottobre 1993 n. 427, recante disposizioni varie in materia tributaria,ha abilitato, a particolari condizioni, i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti edegli esperti all'assistenza tecnica nel contenzioso tributario.Tale disposizione, successiva alla decisione del Consiglio di Stato, è stata interpretata non come implicitaconferma della permanenza della predetta sub-categoria ma soltanto delle iscrizioni effettuate fino alla datadel 30 settembre 1993 (Cfr. circolare ministeriale del 15 novembre 1994 n. 3355).166 Secondo un'indagine commissionata dal consiglio nazionale dei dottori commercialisti nel 1992 alCensis dal titolo: "La consulenza tributaria: analisi di un segmento ignoto dell'offerta”, gli iscritti nel ruolodei periti e degli esperti tributari iscritti presso le Camere di Commercio, o tributaristi, sono 6.170 unità, dicui solo il 10% risultano iscritti anche ad albi professionali. La maggioranza (56,4%) proviene dagli istitutitecnici commerciali e soltanto nel 22,8% dei casi è in possesso di una laurea.

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17. Con riferimento alle modalità di accesso, sono richiesti:a) per l’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti, laurea in economia ecommercio o in scienze economico-marittime, pratica triennale presso lo studioe sotto il controllo di un dottore commercialista, superamento dell’esame diStato di abilitazione167;b) per l’iscrizione all’albo dei ragionieri e periti commerciali, diploma diragioniere accompagnato da un diploma universitario, conseguito a seguito diun corso di studi specialistici della durata di tre anni, oppure laurea ingiurisprudenza o in economia e commercio, pratica triennale presso unragioniere iscritto all'albo (la cui durata viene ridotta a due anni per coloro chesono in possesso della laurea in giurisprudenza o in economia e commercio),superamento dell’esame di Stato168.

18. Relativamente al tirocinio effettuato dagli aspiranti commercialisti, iConsigli degli ordini accertano e promuovono la disponibilità degli iscritti adaccogliere nei propri studi le persone che, in possesso dei prescritti requisiti,intendano svolgere il tirocinio e forniscono le opportune indicazioni agliaspiranti che ne facciano richiesta. Dal canto loro, i dottori commercialistiiscritti all’albo sono tenuti, nei limiti delle loro possibilità, ad accogliere nelproprio studio i praticanti, istruendoli e preparandoli all’esercizio dellaprofessione169.

Anche tali praticanti, come quelli che aspirano a diventare avvocati, sonoiscritti in apposito registro e devono tenere un libretto da esibiresemestralmente al consiglio che vigila sullo svolgimento del tirocinio170.

La frequenza dello studio può essere sostituita, per un periodo superiorea 6 mesi, dalla frequenza, preventivamente autorizzata dal titolare dello studiostesso, di corsi esteri particolarmente qualificati (compresi in un elenco redattodal consiglio nazionale) e comportanti un esame finale di profitto ovvero dellostudio di un professionista estero iscritto presso un organismo professionalecorrispondente all’ordine dei dottori commercialisti (anche in questo casorientrante in un elenco redatto dal consiglio nazionale)171.

Sono anche previsti dei corsi integrativi della pratica, non obbligatori,tenuti dalle scuole di formazione istituite dai Consigli degli ordini172.

167 La disciplina riguardante l'accesso alla professione di commercialista è stata modificata dalla legge 17febbraio 1992 n. 206 e dal decreto attuativo del Ministro di Grazia e Giustizia che hanno rispettivamenteintrodotto e regolamentato il tirocinio triennale. La disciplina previgente prevedeva che, ai fini dell’accesso,fossero sufficienti i requisiti della laurea e dell’esame di Stato. Cfr. art. 31, lett. 4 e 5 decreto n. 1067/1953.168 La disciplina riguardante l'accesso alla professione di ragioniere è stata modificata dall'art. 1, l. 12febbraio 1992 n. 183, recante "Modifica dei requisiti per l'iscrizione all'albo ed elevazione del periodo dipratica professionale per i ragionieri e periti commerciali”. La previgente disciplina stabiliva, quali requisitidi accesso, il diploma di ragioniere, la pratica biennale e l’esame di abilitazione.169 Cfr. art. 3, commi 1 e 2, d.m. n. 327/95.170 Cfr. art. 8, d.m. n. 327/95.171 Cfr. art. 6, commi 3 e 4, d.m. n. 327/95.172 Cfr. art. 2, comma 1, d.m. n. 327/95. Al riguardo, risulta che, alla fine del ‘95, i Consigli di Roma e diMilano avevano predisposto corsi formativi (Cfr. audizione del consiglio nazionale dei dottoricommercialisti del 10 maggio 1995).

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Infine, al termine del tirocinio, i praticanti devono sostenere l'esame diStato di abilitazione.

Non esistono limiti di età per l’iscrizione all’esame.Per quanto concerne, invece, il tirocinio dei ragionieri, la citata legge n.

183/92 attribuisce al consiglio nazionale il potere di disciplinare le modalità diiscrizione, lo svolgimento della pratica e la tenuta dei relativi registri da partedei collegi173.

Il regolamento della pratica, deliberato dal suddetto consiglio nel giugno1992, da un lato contiene norme simili a quelle disciplinanti il tirocinio deidottori commercialisti (relativamente all’iscrizione dei praticanti in appositoregistro e alla tenuta di un libretto da esibire, nel caso di specie, annualmente alcollegio), dall’altro stabilisce espressamente che la pratica deve dare unapreparazione teorico-pratica e che il professionista è obbligato a consentire alpraticante la frequenza parallela di corsi di preparazione o di altri corsi distudio presso università174, nonchè prevede, per ciascun professionista, un limitemassimo di ammissione di praticanti nel proprio studio pari a due175.

19. Le commissioni degli esami dei dottori commercialisti e deiragionieri, da nominarsi con decreto rispettivamente del Ministro della PubblicaIstruzione e del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica eTecnologica, sono composte da cinque membri titolari, dei quali un presidente,scelto fra i professori universitari e quattro membri da prescegliersi da terne dipersone designate dagli ordini professionali, appartenenti a varie categorie tra lequali: professori universitari; magistrati di Corte d'Appello e di Cassazione;dirigenti amministrativi di imprese industriali, bancarie, commerciali;professionisti iscritti all'albo, con un certo numero di anni (15 per icommercialisti e 10 per i ragionieri) di lodevole esercizio professionale.

20. Relativamente agli esiti degli esami di abilitazione, la percentuale, alivello nazionale, degli abilitati all'esercizio della professione di commercialistanel 1995 sarebbe stata di circa il 19%176. Con riferimento agli anni precedenti ealle principali città, la percentuale degli abilitati è riportata nella tabella chesegue dalla quale emerge per un verso la variabilità delle percentuali tra le sedidi esame e per l’altro un certo inasprimento della selezione nel tempo.

Tabella 2- Percentuali di abilitati per importanti sedi di esame anni 1985-1994Roma Milano Napoli Torino

1985 74,9 10,3 20,6 39,01986 28,9 8,6 30,8 53,21987 35,8 10,8 41,9 32,0

173 Cfr. art. 1, comma 4, legge n. 183/92.174 Cfr. art. 4, commi 3 e 4 del citato regolamento.175 Cfr. art. 5 del citato regolamento: al riguardo, il consiglio precisa che “l’adozione di un limite rigido èstato adottato al fine di garantire la massima serietà della pratica”.176 Cfr. Sole 24 Ore del 23/12/1996.

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1988 43,5 12,4 46,2 40,01989 26,5 17,8 42,1 33,01990 21,0 14,9 46,9 30,01991 26,5 14,1 48,2 31,31992 23,9 12,4 45,9 22,51993 25,3 8,0 8,4 22,81994 24,1 6,1 19,7 20,0Fonte: Università degli Studi di Roma, Milano, Napoli e Torino

21. Relativamente invece agli abilitati all'esercizio della professione diragioniere, le informazioni disponibili riguardano il triennio 1993-1995. I daticoncernenti il primo degli anni considerati sono relativi al complesso delterritorio nazionale e indicano una percentuale di poco superiore al 48%, ecorrispondente a un numero di abilitati pari a 3971 rispetto a 8159 candidati177.Relativamente agli anni 1994 e 1995, invece, la tabella che segue indica lepercentuali degli abilitati nei principali collegi, mettendo in luce tassi diammissione sensibilmente differenziati tra diverse sedi di esame.

177 Cfr. risposta del consiglio nazionale dei ragionieri a lettera dell’Autorità di richiesta informazioni del 7luglio 1995.

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Tabella 3- Percentuali di abilitati per importanti sedi di esame anni 1994-1995Collegi 1994 1995

Cagliari 30 51Catania 33 47Firenze 11 15Genova 33 36Milano 33 79Napoli 25 25Palermo 61 16R. Calabria 82 70Roma 50 53Salerno 76 46Savona 24 22Torino 55 21Trapani 50 86Venezia 21 22Vercelli 93 76Fonte: consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali

4.1.3 gli standard qualitativi delle prestazioni dei dottoricommercialisti e dei ragionieri

22. La regolamentazione delle attività svolte dai dottori commercialisti,relativamente al profilo qualitativo, riguarda prevalentemente i comportamentinell’esecuzione delle prestazioni professionali.

Al riguardo va rilevato che le norme istitutive della professioneimpongono ai dottori commercialisti l’obbligo di tenere, nello svolgimentodell’attività, una condotta professionalmente dignitosa e decorosa, prevedendo,nell’ipotesi di inosservanza di tale precetto, una responsabilità disciplinare delprofessionista178.

Queste regole di tenore generale appaiono integrate dalle disposizionicontenute nel codice deontologico elaborato dal consiglio nazionale dei dottoricommercialisti con delibera del 10 febbraio 1987, le quali, tuttavia,differentemente dalle norme di deontologia dei notai, non sono state adottate inesecuzione di una legge o di altro atto avente forza di legge o regolamentare179.Tuttavia, dette disposizioni devono ritenersi, secondo il consiglio stesso,specificazioni della clausola generale di cui al citato art. 35 del d.p.r. n.1067/1953180.

178 Cfr. art. 35, comma 1, d.p.r. n. 1067/1953, secondo cui “il dottore commercialista che si rende colpevoledi abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti non conformi alla dignità e aldecoro professionale, è sottoposto a procedimento disciplinare”. In particolare, l’applicazione della sanzionedella radiazione consegue, secondo l’art. 37 del citato decreto, alla circostanza che “il dottore commercialistaabbia, con la sua condotta, compromesso gravemente la propria reputazione e la dignità della professione”.179 Il consiglio nazionale, nella premessa al codice, precisa espressamente che “il d.p.r. n. 1067/1953 noncontiene specifiche previsioni circa l’iter di emanazione di un codice deontologico e neppure vi è esplicitoriferimento ad esso e all’organo che può adottarlo”.180 Nella premessa, si legge ancora che nell’ambito dei compiti attribuiti al consiglio dall’art. 25 del decreto“di coordinamento e promozione dell’attività dei Consigli circoscrizionali per favorire le iniziative intese almiglioramento e al perfezionamento professionale e di decisione sui ricorsi (...) in materia disciplinare (...),

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23. Venendo al contenuto dei comportamenti richiesti dalla deontologia,il codice pone una serie di obblighi diretti ad assicurare agli utenti la qualitàdelle prestazioni. Appaiono particolarmente significative al riguardo leprevisioni secondo le quali il dottore commercialista deve: a) comportarsisecondo buona fede, correttezza, lealtà e sincerità, nonchè rispettare lariservatezza; b) curare il continuo aggiornamento professionale; c) risarcire glieventuali danni causati nell’esercizio della professione, stipulando un’adeguatapolizza assicurativa181. Nei rapporti con la clientela, poi, il professionista deve:d) sconsigliare azioni infondate ed una inconsulta litigiosità, quindi favoriresoluzioni equilibrate e transazioni amichevoli; e) rifiutare l’incarico se nonpossiede la specifica competenza necessaria per l’assolvimento del mandatoovvero se impegni professionali o personali gli impediscano di svolgerlo con ladiligenza e lo scrupolo richiesti in relazione alle caratteristiche dello stesso; f)informare il cliente del contenuto della prestazione e degli eventuali rischi adessa connessi; g) tutelare gli interessi del cliente, anteponendoli, ovenecessario, a quelli personali182.

24. Anche la regolamentazione delle attività svolte dai ragionieri,relativamente al profilo qualitativo, riguarda prevalentemente i comportamentinell’esecuzione delle prestazioni professionali.

Al riguardo va rilevato che le norme istitutive della professioneimpongono ai ragionieri l’obbligo di tenere, nello svolgimento dell’attività, unacondotta conforme alla dignità e al decoro professionale, prevedendo,nell’ipotesi di inosservanza di tale precetto, una responsabilità disciplinare delprofessionista iscritto. Detta regola è integrata dalle disposizioni contenute nelcodice deontologico adottato dal consiglio nazionale dei ragionieri e periticommerciali con delibera del 15 ottobre 1983. In particolare, vanno menzionatiobblighi di terzietà, aggiornamento, segretezza.

il consiglio nazionale può additare (...) una serie di principi di comportamento la cui violazione configuri gliabusi o le mancanze nell’esercizio della professione e i fatti non conformi alla dignità e al decoroprofessionale, fattispecie condizionanti l’apertura, ex citato art. 35 d.p.r. n. 1067/1953, di qualsiasiprocedimento disciplinare”.181 Sempre relativamente alla responsabilità, la legge 11 ottobre 1995 n. 423 recante "Norme in materia disoprattasse e di pene pecuniarie per omesso, ritardato o insufficiente versamento delle imposte", all'art. 1,comma 1, prevede a carico del professionista la commutazione dell'atto di irrogazione delle sanzioni in casodi omesso, ritardato o insufficiente versamento delle imposte dovute dal contribuente, qualora tale condottaillecita sia stata tenuta da dottori commercialisti, ragionieri e consulenti del lavoro, iscritti negli appositialbi, in dipendenza del loro mandato professionale. Appare evidente che anche tale norma tende adisincentivare le suddette condotte, promuovendo il miglioramento della qualità dell'offerta del servizio diversamento delle imposte.182 Nell’ambito della categoria, del resto, perlomeno da parte di alcuni, emerge l’esigenza di garantire unlivello qualitativo minimo delle prestazioni, tutelando in tal modo la domanda, predisponendo, ad esempio,un adeguato sistema di certificazione della qualità: sono state indicate al riguardo, quali possibili soluzioni,l’assoggettamento del professionista, ancorchè abilitato, ad un controllo periodico concernente per l’appuntoil livello qualitativo dei servizi offerti ovvero un sistema che consenta all'operatore di pubblicizzare il fatto diessere sottoposto ad un controllo di qualità. Cfr. audizione dell’Unione Nazionale Giovani DottoriCommercialisti del 17 novembre 1995.

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4.1.4 le tariffe25. I criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità spettanti

ai dottori commercialisti e ai ragionieri sono stabiliti con decreto del Capo delloStato, su proposta del Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministridell'Industria e Commercio e del Tesoro, sentito il consiglio nazionale183.

Il decreto del ‘53 si limita a precisare, poi, che i compensi devono essereliquidati con riferimento alla durata, al valore e alla complessità delleprestazioni e che deve anche tenersi conto della sede, dell’urgenza, delleresponsabilità assunte dal professionista e dei risultati conseguiti184. Non fainvece alcun riferimento alla emanazione di tariffe minime e massime, nèall’obbligatorietà delle stesse.

26. Il d.p.r. 10 ottobre 1994 n. 645 costituisce l’ultimo regolamentorecante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri di rimborso dellespese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti.

Il d.p.r. n. 645/1994 prevede una tariffa minima e massima per le singoleprestazioni. Per la concreta determinazione dell'onorario, si deve far riferimentoalla natura, alle caratteristiche, alla durata e al valore della pratica. Si deveinoltre tenere conto del risultato economico conseguito, nonchè dei vantaggianche non patrimoniali derivati al cliente185.

Viene disposto che gli onorari minimi sono vincolanti186. Al contrario,l’obbligatorietà dei massimi non risulta espressamente sancita.

Tuttavia, ricorrendo determinate circostanze, sono possibili riduzioniovvero maggiorazioni particolari187.

27. Il consiglio nazionale dei dottori commercialisti, poi, ha messo inluce che, in alternativa agli onorari fissati dalla tariffa, è frequentel’applicazione di onorari preconcordati, a forfait, specialmente per le attività diconsulenza ordinaria caratterizzate da prestazioni continuative188. Anche nelladeterminazione degli onorari preconcordati, tuttavia, si devono seguire i criteri

183 Cfr. artt. 47 d.p.r. n. 1067/1953 e d.p.r. n. 1068/1953.184 Cfr. artt. 48 d.p.r. n. 1067/1953 e d.p.r. n. 1068/1953.185 Cfr. art. 3, d.p.r. n. 645/1994.186 Cfr. art. 7, comma 3, d.p.r. n. 645/1994 secondo il quale “Gli onorari minimi stabiliti nella presentetariffa debbono avere sempre integrale applicazione, salvo che disposizioni della medesima o particolarinorme di legge speciali non dispongano espressamente in materia in modo diverso”.187 Relativamente alle riduzioni, il dottore commercialista esercente la professione in un comune il cuinumero di abitanti sia inferiore a 200.000 può applicare agli onorari minimi una riduzione non superiore al15% (art. 7, comma 1, d.p.r. n. 645/1994). Il dottore commercialista iscritto all'albo da meno di 5 anni puòapplicare agli onorari minimi una riduzione non superiore al 30% (art. 7, comma 2, d.p.r. n. 645/1994). Conriferimento alle maggiorazioni, invece, per le pratiche di eccezionale importanza, complessità o difficoltà, atutti gli onorari massimi può essere applicata una maggiorazione non superiore al 100% (art. 6, comma 1,d.p.r. n. 645/1994). Per le prestazioni compiute in condizioni di disagio o di urgenza agli onorari massimipuò applicarsi una maggiorazione non superiore al 50% (art. 6, comma 2, d.p.r. n. 645/1994). Talimaggiorazioni, infine, non sono cumulabili tra loro (art. 6, comma 3, d.p.r. n. 645/1994).188 Cfr. audizione del suddetto consiglio del 10 maggio 1995.

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di cui al citato art. 3, e quindi la natura, le caratteristiche, la durata, il valoredella pratica, nonchè il risultato economico conseguito e i vantaggi anche nonpatrimoniali derivati al cliente, ed in particolare si deve tenere conto deiminimi189.

Per le attività cosiddette straordinarie, invece, quali la rappresentanza nelcontenzioso tributario e la curatela fallimentare, non si applicano i compensiforfettizzati quanto piuttosto le tariffe190.

28. Anche il codice deontologico dei commercialisti prevede che latariffa professionale e le altre norme in materia di compensi devono essereosservate in maniera rigorosa essendo garanzia della qualità della prestazione edel decoro professionale.

Dal punto di vista dell’osservanza delle norme in materia tariffaria,risulta che nessun procedimento è stato promosso per mancato rispetto dellatariffa professionale191.

29. Oltre alla tariffa professionale, esistono altre norme che fissano icompensi per le prestazioni quali quelle svolte dal consulente tecnico delgiudice ovvero dal curatore fallimentare, che pure possono essere offerte dadottori commercialisti: dette norme recano le tabelle contenenti la misura deglionorari fissi e variabili dei periti e dei consulenti tecnici per le operazionieseguite su disposizione dell'Autorità giudiziaria in materia civile e penale192.Ancora, è previsto da apposito regolamento l'adeguamento dei compensispettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelleprocedure di concordato preventivo e di amministrazione controllata193.

30. Il d.p.r. 6 marzo 1997 n. 100 costituisce l’ultimo regolamento recantela disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri di rimborso delle speseper le prestazioni professionali dei ragionieri. Tale decreto non prevede alcunadifferenziazione dei compensi spettanti ai ragionieri rispetto a quelli fissati per idottori commercialisti194.

189 Cfr. art. 22, commi 1 e 2, d.p.r. n. 645/1994.190 Cfr. audizione della menzionata Unione Nazionale del 17 novembre 1995.191 Cfr. risposta del consiglio nazionale dei dottori commercialisti alla richiesta di informazionidell’Autorità, pervenuta in data 17 aprile 1995.192 Cfr. d.p.r. 27 luglio 1988 n. 352, di adeguamento della legge 8 luglio 1980 n. 319, recante “Compensispettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiestadell'Autorità giudiziaria”193 Cfr. d.m. 28 luglio 1992 n. 570, recante per l’appunto “Regolamento l'adeguamento dei compensispettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivoe di amministrazione controllata”.194Cfr. le premesse al citato decreto, dalle quali si desume che il Consiglio di Stato, invece, nell’ambitodell’iter formativo della tariffa, aveva osservato che gli onorari spettanti ai ragionieri avrebbero dovutoessere ridotti di 1/10 rispetto a quelli fissati per i dottori commercialisti in considerazione della diversapreparazione culturale delle due categorie. Tali osservazioni tuttavia non sono state accolte “alla luce degliaccadimenti successivi alla citata pronuncia (pubblicazione registro revisori contabili, equiparazioneesame di abilitazione, prossima unificazione delle professioni) che rendono quanto meno inopportuna ladifferenziazione dei compensi in presenza di uguali prestazioni professionali”.

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Pertanto anche il citato d.p.r. n. 100/97 prevede una tariffa minima emassima per le singole prestazioni e, per la concreta determinazionedell'onorario, si deve far riferimento, agli stessi criteri indicati nel d.p.r. n.645/1994195.

4.1.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attivitài) circolazione in ambito comunitario e limitazioni territoriali31. Anche ai dottori commercialisti e ai ragionieri si applica il decreto

legislativo 27 gennaio 1992 n. 115, emanato in attuazione della citata direttivaCEE n. 89/48, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi diistruzione superiore che si riferiscono a formazioni professionali di una durataminima di tre anni.

Relativamente alla professione di dottore commercialista, in particolare,la circolazione in ambito comunitario non è frequente. Infatti, alla metà del ‘95,risultava che solo tre professionisti di altri Paesi della Comunità avevanochiesto l'iscrizione all'albo dei dottori commercialisti, subordinata anche inquesto caso al riconoscimento del titolo professionale conseguente alsuperamento della prova attitudinale. Non sono disponibili dati in relazione alfenomeno inverso196.

32. Relativamente all’ambito nazionale, il dottore commercialista e ilragioniere iscritti in un albo possono esercitare la professione in tutto ilterritorio dello Stato197.

ii) il divieto di pubblicità33. Al dottore commercialista è vietata ogni forma di pubblicità diretta e

indiretta al proprio nome e alla propria attività198. Il consiglio nazionale alriguardo si è dichiarato contrario all'utilizzo dello strumento pubblicitarionell'esercizio della professione: in ogni caso, risulterebbe che di tale strumentosi avvalgano essenzialmente i non iscritti o gli espulsi dall'albo199.

Meno stringente appare invece il vincolo riguardante la pubblicità nelcaso dei ragionieri ai quali è consentito l'uso di comunicazioni limitate

195 Cfr. art. 9 cod. deont. Il codice deontologico dei ragionieri prevede, al par. 2.6, in tema di compensi, che“il professionista ha diritto ad un compenso in relazione alla sua professionalità e alle responsabilità assunte.Non può ricevere profitti diversi dall’onorario che gli spetta”.196 Cfr. audizione del consiglio nazionale del 10 maggio 1995.197 Cfr. art. 4 d.p.r. n. 1067/1953.198 Cfr. art. 10 cod. deont.199 Cfr. audizione del 10 maggio 1995.

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esclusivamente nell'interesse del pubblico, ma in ogni caso la forma di talicomunicazioni deve essere compatibile con la dignità della professione200.

4.2 I Consulenti del Lavoroprincipali riferimenti normativiLegge 23 novembre 1971 n. 1100, recante “Istituzione di un ente di

previdenza e assistenza dei consulenti del lavoro”; legge 11 gennaio 1979 n.12, recante “Ordinamento della professione di consulente del lavoro”; codicedeontologico dei consulenti del lavoro del 20 luglio 1990; legge 5 agosto 1991n. 249, recante “Riforma dell’ente di previdenza e assistenza dei consulenti dellavoro”; d.m. 15 luglio 1992 n. 430, recante “Regolamento di approvazionedelle deliberazioni in data 16/5/91 e 10/6/92 del consiglio nazionale deiconsulenti del lavoro concernenti la tariffa professionale della categoria”.

4.2.1 Le attività dei consulenti del lavoroi) tipologia e caratteristiche34. Anche i consulenti del lavoro operano nel settore economico

contabile, ma le attività dagli stessi svolte, differentemente dai dottoricommercialisti e dai ragionieri le cui competenze, come visto, sono quasiinteramente sovrapposte, consistono tipicamente in prestazioni rientrantinell’area della consulenza alla piccola e media impresa relativamente allagestione dei rapporti di lavoro.

Infatti, essi svolgono prevalentemente tutti gli adempimenti in materia dilavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando nonsono curati dal datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti201.Esemplificando, tali adempimenti riguardano la genesi, la definizione el’evoluzione dei rapporti di lavoro e la gestione di tutti gli aspetti contabili,economici, assicurativi, previdenziali e sociali che essi comportano; l’assistenzae rappresentanza delle aziende nelle vertenze extragiudiziali derivanti dairapporti di lavoro dipendente; l’assistenza e rappresentanza in sede dicontenzioso con gli istituti previdenziali, assicurativi e ispettivi del lavoro202.

35. Tali prestazioni, ancorchè tipiche della professione in esame, nonsono tuttavia riservate ai consulenti del lavoro, potendo essere offerte anche daaltri professionisti, quali gli avvocati, i dottori commercialisti e i ragionieri203.

200 Cfr. par. 2.7 cod. deont., secondo il quale “Non è consentito al professionista, per evitare il rischio diindurre il pubblico in errore, di usare mezzi pubblicitari. Al professionista è consentito l’uso dicomunicazioni limitate ad informare il pubblico di un numero circoscritto di fatti, nell’interesse diquest’ultimo. Comunque deve essere rispettato il principio che la forma di tali comunicazioni deve esserecompatibile con la dignità della professione”.201 Cfr. art. 1, comma 1, legge 11 gennaio 1979 n. 12, recante “Professione di consulente del lavoro”.202 Cfr. scheda informativa del consiglio nazionale sul profilo professionale del consulente del lavoro,depositata in occasione dell’audizione dell’8 giugno 1995.203 Cfr. art. 1, comma 1, l. n. 12/1979.

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Inoltre, nelle ipotesi in cui la domanda sia costituita da imprese artigianee da altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, le suddette prestazionipossono essere svolte da operatori ancora diversi e cioè dalle rispettiveassociazioni di categoria che abbiano istituito al loro interno appositi servizi. Etali servizi possono pure essere organizzati a mezzo di consulenti del lavoro,anche se dipendenti delle predette associazioni204.

36. Naturalmente, poi, i consulenti del lavoro competono con glioperatori del settore economico contabile, e quindi, ancora una volta, con idottori commercialisti e i ragionieri in particolare, per quanto riguarda la tenutadelle scritture contabili, la consulenza fiscale e tributaria, nonchè contrattuale ele funzioni di conciliazioni o di consulenza tecnica di parte o del giudice205.

37. Va rilevato, infine, che numerose altre attività, svolte dai consulentidel lavoro a favore delle imprese, quali la ricerca e la selezione del personale,la prevenzione e la sicurezza dei posti di lavoro, l'analisi dei costi, nonprescindono totalmente dall’ iscrizione ad albi professionali206.

ii) la domanda e l’offerta38. La domanda è rappresentata da circa 900.000 aziende,

prevalentemente di piccole e medie dimensioni (con 7 milioni di dipendenti), lequali chiedono assistenza innanzitutto in materia di legislazione sociale dellavoro e secondariamente in materia contabile e tributaria.

Relativamente alla struttura dell’offerta, i consulenti del lavoro iscrittiagli albi alla metà del 1995 erano 16.950207.

4.2.2 modalità di accesso39. Per accedere alla professione, sono richiesti i seguenti requisiti:

diploma di maturità di scuola secondaria superiore secondo indirizziriconducibili all’area delle scienze sociali ovvero laurea in giurisprudenza, inscienze economiche e commerciali o in scienze politiche; pratica biennale edesame di abilitazione.

La pratica biennale deve svolgersi presso lo studio e sotto il controllo diun consulente del lavoro o di un altro professionista iscritto agli albi dei dottori

204 Cfr. art. 1, comma 4, l. n. 12/1979205 Cfr. risposta del consiglio nazionale a richiesta di informazioni pervenuta in data 19 aprile 1995.206 Cfr. risposta del consiglio nazionale a richiesta di informazioni pervenuta in data 19 aprile 1995:conseguentemente, è stato precisato che tali attività vengono nei fatti offerte da privati, sia singolarmente chein forma associata, anche societaria (centri di elaborazione dati, società di ricerca e selezione).207 Cfr. risposta del consiglio nazionale a richiesta di informazioni pervenuta in data 19 aprile 1995.

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commercialisti, dei ragionieri o degli avvocati208. Il praticante è iscritto in unregistro speciale dei praticanti.

Le sessioni dell’esame di abilitazione sono annuali e si svolgono in ogniregione secondo modalità e programmi stabiliti con decreto del Ministro delLavoro, di concerto con i Ministri di Grazia e Giustizia e della PubblicaIstruzione209. Sono esonerati da tale esame, ai fini dell’iscrizione all’albo, gli exdipendenti del Ministero del Lavoro che abbiano prestato servizio, almeno per15 anni, con mansioni di ispettori del lavoro210.

40. Le commissioni esaminatrici regionali sono composte: dal capodell'ispettorato regionale del lavoro competente per territorio, o da altrofunzionario da questi delegato, in qualità di presidente; da un professoreordinario di materie giuridiche designato dal Ministero della PubblicaIstruzione; da un direttore di una sede provinciale dell'INPS e da unodell'INAIL della regione interessata; da tre consulenti del lavoro designati dalconsiglio nazionale211.

41. Fin dall'inizio degli anni '80, inoltre, la categoria ha auspicato unaformazione mirata a livello universitario: sono nate così le Scuole Dirette a FiniSpeciali per consulenti del lavoro. Nell'anno accademico 1989/90 è stataattivata, presso l'Università di Siena, una scuola triennale che ha rilasciato iprimi diplomi al termine dell'anno 1991/92. Dall'anno 1992/93 è operativa,presso l'Università di Modena, una scuola recentemente trasformata in DiplomaUniversitario per consulenti del lavoro. Infatti, il Consiglio Universitarionazionale, in riferimento a quanto previsto dalla legge n. 341/90, ha deliberatola istituzione, presso le facoltà di giurisprudenza, economia e commercio escienze politiche, del diploma universitario di consulente del lavoro, a seguitodi un corso di durata triennale. Tale corso prevede esami obbligatori sia nellematerie giuridiche tributarie, del lavoro e commerciale, sia in quelleeconomiche e sociologiche212.

42. Relativamente al 1993, la percentuale degli abilitati all'esercizio dellaprofessione a livello nazionale è stata del 41,4%213.

4.2.3 gli standard qualitativi delle prestazioni dei consulenti del lavoro

208 Cfr. art. 3, l. n. 12/79 e art. 4, d.m. 3 agosto 1979, recante “Modalità sulla disciplina dei due anni dipraticantato necessari per l’ammissione all’esame di Stato per il conseguimento del certificato di abilitazioneall’esercizio della professione di consulente del lavoro”. Ai sensi dell’art. 4, comma 3, del citato decreto,inoltre, “Il professionista non potrà ammettere contemporaneamente più di due praticanti presso il propriostudio”.209 Cfr. art. 3, commi 1 e 3, l- n. 12/79.210 Cfr. art. 9, comma 2, l. n. 12/79.211 Cfr. art. 3, comma 1, l. n. 12/1979.212 Cfr. scheda informativa depositata nel corso dell'audizione del consiglio nazionale dei consulenti dellavoro dell'8 giugno 1995.213 Cfr. risposta del consiglio nazionale a richiesta di informazioni pervenuta in data 19 aprile 1995.

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43. La regolamentazione delle attività svolte dai consulenti del lavoro,relativamente al profilo qualitativo, riguarda i comportamenti nell’esecuzionedelle prestazioni professionali. Anche in questo caso, le norme istitutive dellaprofessione impongono ad essi l’obbligo di tenere, nello svolgimentodell’attività, una condotta professionalmente dignitosa e decorosa, prevedendo,nell’ipotesi di inosservanza di tale precetto, una responsabilità disciplinare delprofessionista214. Il codice deontologico, nel precisare il contenuto dellacondotta, pone alcuni obblighi, assolutamente simili a quelli indicati per idottori commercialisti e i ragionieri e cioè: la lealtà e probità; la riservatezza;l’aggiornamento; la terzietà.

4.2.4 le tariffe44. Il procedimento di formazione della tariffa dei consulenti del lavoro

prevede che esse siano proposte dal consiglio nazionale, sentito il parere deiConsigli Provinciali e adottate con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia,sentito il parere del Ministero del Lavoro e del Consiglio di Stato215.

Il d.m. 15 luglio 1992 n. 430 costituisce l’ultimo regolamento recante ladisciplina della tariffa professionale dei consulenti del lavoro.

Il decreto stabilisce le tariffe minime e massime da adottare per le singolevoci relative all'attività professionale216. I minimi sono vincolanti per gliiscritti217. Il rispetto dei minimi, poi, secondo il codice deontologico, ègaranzia della serietà e della chiarezza professionale nel rapporto con i clienti:conseguentemente il consulente del lavoro deve attenervisi in manierarigorosa218. Nessun procedimento risulta promosso per mancato rispetto dellatariffa professionale219.

45. Il consulente del lavoro può poi assumere in regime di abbonamentoannuale gli adempimenti connessi all'incarico professionale220. Esistono deiparametri di riferimento per la determinazione del compenso spettante alprofessionista in regime di abbonamento. Il consulente del lavoro può percepireuna somma definita per ogni unità amministrata oppure percentualizzarla infunzione dei salari che va a calcolare, in una misura che va dall'1,5% al 7%221.

4.2.5 altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività

214 Cfr. art. 26 l. n. 12/79.215 Cfr. art. 23 l. n. 12/79.216 Cfr. art. 3, d.m. n. 430/1992.217 Cfr. art. 5 d.m. n. 430/1992. L’obbligatorietà, peraltro, riguarda anche gli operatori di cui si avvalgono leimprese artigiane e le altre piccole imprese considerate all’art. 1 della l. n. 12/1979.218 Cfr.art. 17 cod. deont.219 Cfr. risposta del consiglio nazionale alla richiesta di informazioni pervenuta in data 19 aprile 1995220 Cfr. art. 17, d.m. n. 430/1992.221 Cfr. audizione del consiglio nazionale dei consulenti del lavoro dell'8 giugno 1995.

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i) il divieto di pubblicità46. Al consulente del lavoro è vietata ogni forma di pubblicità, salvo

quella rivolta alla corretta informazione al pubblico del titolo professionale edella specializzazione nonchè dell'ambito territoriale di esercizio, ed inoltre diaccettare o favorire forme di pubblicità svolte a suo favore da parte diassociazioni, enti, organizzazioni, aziende, sindacati o altro222.

4.3 Conclusioni

47. La tabella che segue mette in evidenza differenze e analogie tra leforme di regolamentazione dell’attività svolta dai dottori commercialisti, dairagionieri e dai consulenti del lavoro.

In primo luogo, emerge che tutte le professioni considerate prevedonoobblighi del professionista nei confronti della clientela a garanzia della qualitàdel servizio: in particolare, alle norme deontologiche fondamentali e generalirelative alla lealtà, sincerità e riservatezza nei confronti del cliente, si associa laprevisione di un obbligo di aggiornamento del professionista volta a garantirel’adeguatezza tecnica delle prestazioni nel tempo.

In secondo luogo, si evidenziano quali aspetti regolamentativi comuni atutte le professioni la presenza di tariffe minime inderogabili e massime e ildivieto di pubblicità.

Diversità emergono invece con riguardo ai requisiti di accesso e inparticolare all’iter formativo richiesto per poter partecipare all’esame diabilitazione che varia dal diploma di scuola media superiore accompagnato dapratica biennale nel caso dei consulenti del lavoro, al diploma universitariotriennale più pratica triennale per i ragionieri, al diploma di laurea e alla praticatriennale nel caso dei dottori commercialisti. In sintesi, emerge un sistemacaratterizzato da una certa graduazione dei requisiti di accesso, in cui iconsulenti del lavoro e i commercialisti si collocano agli estremi opposti.

Si osserva, al tempo stesso, una crescente similitudine nellaregolamentazione della professione di ragioniere e di dottore commercialistaessenzialmente per quanto concerne l’accesso (corso universitario, elevazionedel periodo di pratica) e le tariffe che potrebbe sfociare in futuronell’unificazione delle due professioni.Tabella 4 - Principali forme di regolamentazione dell’attività svolta dai dottoricommercialisti, dai ragionieri e dai consulenti del lavoro

requisiti entrata standard di qualità minimadei servizi economico-

contabili

tariffe altre forme di(auto)regolamentazione

dottori commercialistia) laurea in economia ecommercio;c) pratica triennale;

requisiti relativi ai rapporticon la clientela:obbligo di lealtà, sincerità,riservatezza e terzietà

minime e massimeminime inderogabili

divieto di pubblicitàassicurazione*forme di responsabilitàaggiornamento

222 Cfr. art. 12 cod. deont.

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d) esame di abilitazionee) iscrizione all’albo

ragionieria) diploma di ragioniere;

rispetto all’incarico ricevuto;obbligo di trasparenza circail contenuto dellaprestazione

b) diploma universitariotriennale o laurea ineconomia e commercio;c) pratica bi-triennale;d) esame di abilitazionee) iscrizione alla’albo

consulenti del lavoroa) diploma di maturità;c) pratica biennale;d) esame di abilitazionee) iscrizione alla’albo

.

* si applica solamente ai dottori commercialisti

48. Nella valutazione concernente l’assetto regolamentativo risultantedalla tabella, deve innanzitutto rilevarsi che le attività svolte dai professionistieconomico-contabili non costituiscono per legge attività riservate e vengono, inconcreto, esercitate da una pluralità di categorie professionali differentementequalificate.

Di conseguenza, l’obbligatorietà dell’iscrizione all’albo per gli abilitatiall’esercizio delle professioni in esame appare una misura non necessaria.

Questo, tuttavia, non significa che l’iscrizione ad un albo non possasvolgere un’utile funzione, di natura essenzialmente segnaletica, a favore delconsumatore.

49. Ciò in particolare tenuto conto della differenziazione dei requisiti diiscrizione ai diversi albi professionali. Quest’ultima corrisponde ad unadiversificazione dell’offerta che con tutta probabilità ben si adatta ad una certadiversità delle preferenze della domanda circa le caratteristiche delleprestazioni. Per questo motivo, tale differenziazione di requisiti, benché nongiustificata da effettive esigenze di tutela del consumatore, può nondimenosvolgere una funzione di miglioramento dell’efficienza del mercato.

50. Quanto, poi, ai vincoli attinenti all’esercizio - standard delleprestazioni, tariffe, divieto di pubblicità - si rileva che essi appaiono a fortiorisuperflui, trattandosi di attività libere.

Anzi tali vincoli, ed in particolare, la predisposizione di tariffari e ildivieto di pubblicità, risultano senz’altro idonei a determinare uno svantaggioconcorrenziale per gli iscritti agli albi, trovandosi questi ultimi a competere conuna pluralità di operatori non regolamentati e quindi liberi sia nella fissazionedel prezzo che nell’utilizzo dello strumento pubblicitario.

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CAPITOLO QUINTO: LA REGOLAMENTAZIONE DELLEPROFESSIONI SANITARIE

1. Le professioni sanitarie ricomprendono nel loro ambito moltepliciprofili professionali, tra i quali figurano i medici chirurghi e odontoiatri, ifarmacisti, i veterinari, le ostetriche, gli infermieri, i tecnici sanitari di radiologiamedica223. Nel presente capitolo si intendono analizzare le principali e piùsignificative professioni, ovvero medici e farmacisti. In particolare ci si proponedi esaminare le forme di regolamentazione di tali attività, con particolareriguardo alle norme concernenti i requisiti e la selezione per l’accessoall’esercizio delle stesse, agli standard delle prestazioni, alle tariffe, allelimitazioni territoriali nonché alle disposizioni presenti nei codici deontologici.

5.1 I farmacistiprincipali riferimenti normativiR.d. 27 luglio 1934 n. 1265, legge 2 aprile 1968 n. 475, <Norme

concernenti il servizio farmaceutico>, DLCPS del 19 settembre 1946 n. 233,d.p.r. 5 aprile 1950 n. 221, d.p.r. 21 agosto 1971 n. 1275, <Regolamento perl'esecuzione della legge 2 aprile 1968, n. 475>, legge n. 362 del 1991, <Normedi riordino del settore farmaceutico>, DLGS 8 agosto 1991 n. 258.

5.1.1 l’attività farmaceuticai) tipologia e caratteristiche2. Farmacista è chi esercita professionalmente la farmacia, ovvero la

professione sanitaria che consiste nella preparazione dei medicamenti prescrittinelle ricette mediche e nella vendita al pubblico delle sostanze medicinali,nonché dei medicamenti composti e delle specialità medicinali messi incommercio già preparati e condizionati secondo la formula stabilita dal

223 Con riferimento alle professioni sanitarie tradizionalmente definite “ausiliarie”, deve essere segnalatal’approvazione il 1° ottobre 1997 da parte della XII Commissione permanente del Senato di un disegno dilegge, Disposizioni in materia di professioni sanitarie (n. 4216), nel quale, all’articolo 1, si stabilisce che“con Decreto del Ministro della Sanità da emanare entro sei mesi, sono istituiti gli albi professionali per iprofili individuati dal Ministro della Sanità ai sensi dell’art. 6, comma 3 del decreto legislativo, esuccessive modificazioni e integrazioni, nonchè i relativi ordini e Federazioni nazionali degli ordini (...).Dalla data di entrata in vigore della presente legge i collegi provinciali degli infermieri professionali, degliassistenti sanitari e delle vigilatrici d’infanzia, nonchè i collegi provinciali delle ostetriche ed i collegiprovinciali dei tecnici sanitari di radiologia medica assumono la denominazione, rispettivamente, di ordiniprovinciali degli infermieri professionali, degli assistenti sanitari visitatori e delle vigilatrici d’infanzia, diordini provinciali delle ostetriche, di ordini provinciali dei tecnici sanitari di radiologia medica”. Ladenominazione delle relative federazioni è conseguentemente modificata”. Inoltre, il comma 2 delmedesimo articolo stabilisce che “il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitariedi cui al presente articolo è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profiliprofessionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonchè degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professionimediche e nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali.”

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produttore224. Le attività di preparazione e vendita al pubblico di medicinali alpubblico sono attribuite in via esclusiva ai farmacisti225.

3. In particolare, è possibile distinguere i farmaci la cuicommercializzazione è riservata ai farmacisti in due categorie: i medicinalietici226 e i cosiddetti medicinali da banco o anche OTC227.

Oggi, con lo sviluppo della produzione in forma industriale, il ruoloricoperto dal farmacista nella preparazione e trasformazione dei medicinali èdivenuto marginale rispetto alla vendita di medicinali già confezionati228.Tuttavia in alcuni ambiti l’attività del farmacista continua a richiedere ilpossesso di cognizioni scientifiche e tecniche specializzate. Infatti alcunesostanze medicinali richiedono delle conoscenze speciali non soltanto per laloro preparazione o trasformazione, ma anche per la provvista, ilriconoscimento e la conservazione; inoltre, l’uso incontrollato di alcunimedicinali può essere cagione di danni o di pericoli che rendono necessariovietarne la detenzione alle persone non qualificate. Per la preparazione,trasformazione e vendita di questi prodotti farmaceutici si può ritenere chesussistano condizioni tali da richiedere la specifica professionalità delfarmacista. Tuttavia, lo stesso non appare potersi sostenere con riferimento allavendita dei prodotti da banco, per l’acquisto dei quali non è richiesta la ricettamedica. Se si considera infatti che il consumo di tali farmaci è libero, che pertali farmaci è consentita ovunque la pubblicità al consumo e che gli stessi,potendo essere esposti sul banco del farmacista, comunicano direttamente conil consumatore, si può ritenere per un verso che non sussistano profili dipericolosità nell’uso di tali prodotti tali da suggerire la limitazione dei canali divendita, e per l’altro che la professionalità tipica del farmacista assume un ruolo

224 Dal termine farmacia inteso come professione sanitaria deve distinguersi la farmacia come azienda,ovvero il complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa farmaceutica. Tuttavia, l’esercizio dellafarmacia si collega normalmente con l’esercizio dell’impresa commerciale. Il farmacista che sia anchetitolare di una farmacia, infatti, deve esercitare tra i produttori di sostanze e di preparati medicinali e iconsumatori quell’attività d’intermediazione che è tipica del commerciante. In tal caso quindi il farmacistaassume la veste di imprenditore commerciale (art. 2195 cc.) .225 L’art. 122 del RD 27 luglio 1934 stabilisce che “ la vendita al pubblico di medicinali a dose o forma dimedicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilitàdel titolare della medesima. Sono considerati medicinali a dose o forma di medicamento, per gli effetti dellavendita al pubblico, anche i medicinali composti e specialità medicinali, messi in commercio già preparati econdizionati secondo la formula stabilita dal produttore.”226 I farmaci etici sono quei medicinali che richiedono obbligatoriamente la prescrizione medica in quantodestinati ad un’azione terapeutica su situazioni patologiche di tipo non lieve e che per la relativa pericolositàdella propria composizione devono essere assunti sotto controllo medico. Il prodotto deve essere consegnatoal cliente da un professionista sanitario il quale ha il compito di controllare la regolarità formale esostanziale della ricetta.227 I farmaci da banco (anche detti farmaci di automedicazione) sono specialità medicinali registrate,destinate al trattamento di affezioni minori che incidono transitoriamente sullo stato di salute e che sonofacilmente identificabili dal paziente stesso. Si tratta di rimedi caratterizzati da un grado di pericolositàmolto basso e pertanto possono essere venduti senza presentazione di ricetta medica.228 Le preparazioni galeniche, ovvero quelle preparate dal farmacista rappresentano circa l’1,5%dell’attività di una farmacia.

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marginale229, divenendo invece prevalente il ruolo di intermediazione tipico delcommerciante. Pertanto, l’esclusiva attribuita al farmacista per la vendita deimedicinali da banco non sembra trovare lo stesso fondamento dell’esclusivaattribuita per la vendita dei medicinali etici.

ii) domanda e offerta4. Relativamente alla domanda, la tabella che segue evidenzia i consumi

dei prodotti commercializzati in farmacia negli ultimi anni. Si tratta non soltantodi farmaci (etici e OTC) ma anche di prodotti parafarmaceutici, cosmetici edietetici per l’infanzia che sono venduti dalla farmacia in concorrenza con altretipologie di esercizi commerciali.

Tabella 1-Valore dei prodotti acquistati in farmacia (migliaia di miliardi).anni 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996etici 17.079 18.623 20.130 19.675 17.827 17.750 18.900OTC 1.795 1.933 2.150 2.285 3.142 3.590 3.738altri* 3.387 3.764 3.963 3.854 3.988 3.862 3.910Totale 22.261 24.320 26.243 25.814 24.957 25.202 26.548Fonte: elaborazione su dati IMS.*Tra gli altri prodotti venduti in farmacia figurano i parafarmaceutici, i cosmetici, gliomeopatici e i dietetici per l’infanzia.

5. Limitando l’analisi ai dati relativi ai medicinali si osserva che traquesti gli OTC hanno registrato un continuo incremento nel corso degli anni,raggiungendo nel 1996 una quota di mercato di circa il 14%. (Per una maggioredisaggregazione dei dati relativi alla domanda di farmaci si veda inoltre latabella a1 in appendice).

6. Dal lato dell’offerta, le farmacie attualmente esistenti sono circa16.000230. Tuttavia i laureati in farmacia che hanno superato l’esame diabilitazione sono circa 56.000. Di essi quindi 16.000 circa sono titolari difarmacia, la maggior parte, 30.000 circa, lavorano presso le farmacie alledipendenze di altri farmacisti e i restanti prestano la propria opera in altreattività231.

229 Se infatti il farmacista viene riconosciuto come una valida fonte di consiglio per il consumatore nellascelta del prodotto di automedicazione, esistono tuttavia anche altri fattori determinanti quali l’esperienzafamiliare o individuale; inoltre, il farmacista viene per lo più consultato su specifica richiesta del cliente e inoccasione del primo acquisto del prodotto. Pertanto, per quei consumatori già in possesso di tutte leinformazioni necessarie per l’impiego di questi prodotti, la consulenza del farmacista non è necessaria.230 Le farmacie in Italia si dividono in private e comunali. Queste ultime rappresentano circa il 7% deltotale, superando il migliaio di esercizi.231 L’iscrizione all’albo è obbligatoria per i farmacisti che esercitano la propria attività nelle farmacieprivate (in qualità di titolare, gestore provvisorio, direttore responsabile, collaboratore), nelle farmacie di cuisiano titolari enti (in qualità di direttore o collaboratore), nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale inqualità di farmacista dirigente, coadiutore o collaboratore di farmacia interna negli ospedali oppure negliuffici e servizi farmaceutici delle USL; nella produzione di cosmetici, mangimi, fitofarmaci, antiparassitari epresidi sanitari; e, infine nella Croce Rossa Italiana. Le altre attività, invece, tra cui la produzione di materie

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7. In Italia si è assistito negli ultimi anni ad un aumento delle farmacieesistenti, passate da 14.365 unità nel 1980 a 16.040 nel 1995. Pertanto, nel1995 si riscontrava la presenza di una farmacia ogni 3.500 abitanti circa. Ilrapporto fra popolazione e numero di punti vendita può variare tra le regioniitaliane, ma entro limiti non particolarmente ampi, come conseguenza di unsistema di regolamentazione strutturale del settore, di cui si diràsuccessivamente al punto 16. (Per una disaggregazione regionale dei datirelativi al numero di farmacie e alla loro densità per abitanti si veda la tabellaa2 in appendice.)

Deve tuttavia essere fin d’ora considerato che, in base ai parametri concui vengono determinati gli esercizi farmaceutici, i comuni che non superano i7.500 abitanti non possono avere più di una farmacia232.

Appare, quindi, del tutto plausibile ritenere, anche considerando questosolo aspetto, che il numero di esercizi presenti nella maggior parte dei comuniitaliani sia inadeguato a soddisfare le esigenze della domanda.

Tale considerazione risulta ulteriormente rafforzata quando si consideriche nel giorno di chiusura per turno delle farmacie e nelle ore di chiusuranotturna il consumatore è costretto a recarsi in un comune limitrofo, o, inalternativa, se la farmacia effettua servizio a “battenti chiusi” e “a chiamata”, ècostretto a riconoscere al farmacista un “diritto addizionale”233.

5.1.2 modalità di accesso all’attivitài) accesso al titolo di farmacista8. Per conseguire il titolo di farmacista sono richiesti i seguenti requisiti:

laurea in farmacia o in chimica e tecnologie farmaceutiche, superamento di unesame di abilitazione e iscrizione all’albo professionale.

9. L’esame di abilitazione, indetto con ordinanza del ministrodell’Università e della ricerca scientifica, può essere sostenuto presso una

prime farmacologicamente attive; la produzione e il commercio di medicinali per uso veterinario; ecc... nonrichiedono l’iscrizione all’albo.232 E ciò implica che circa il 27% della popolazione ha a disposizione una sola farmacia nel propriocomune di residenza. Dai dati ISTAT, relativi al censimento del 1991, risulta che il numero dei comuni finoa 7.500 abitanti è 6.636, con una popolazione complessiva di 15.466.606, mentre il numero complessivo deicomuni in Italia è 8.101, con una popolazione complessiva di 57.332.996.233 Nella tariffa nazionale dei medicinali, approvata con DM del 18 agosto 1993 è infatti previsto che per ledispensazioni effettuate nelle farmacie durante le ore notturne, dopo la chiusura serale delle farmacie spettaal farmacista un diritto addizionale di L.7.500 e per le dispensazioni durante le ore di chiusura diurna diL.3000. Tali diritti addizionali sono aumentati del 25% per le farmacie rurali sussidiate con arrotondamentopari a L. 9.500 per la dispensazione notturna e per un importo pari a L. 4.000 per la dispensazione diurna.

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qualsiasi sede universitaria indicata nell’ordinanza ministeriale. I laureati inchimica e tecnologie farmaceutiche per accedervi devono aver effettuato untirocinio della durata di sei mesi, che invece non è richiesto ai laureati infarmacia.

10. Le commissioni esaminatrici sono costituite con decreto del Ministrodella Pubblica Istruzione il quale presceglie i membri da terne designate dalcompetente ordine professionale. Ogni commissione è composta dal Presidentee da quattro membri appartenenti alle seguenti categorie: professori universitari,direttori di ruolo di farmacie e ospedali, ufficiali superiori farmacisti delle Forzearmate in servizio permanente effettivo o in posizione ausiliaria, farmacistiiscritti all’albo con non meno di quindici anni di lodevole servizioprofessionale. Benché non siano disponibili dati precisi sul rapporto tracandidati agli esami e abilitati, si può ritenere che il numero dei respinti siamolto modesto. 234

ii) accesso al conferimento di un esercizio farmaceutico11. Al conferimento di un esercizio farmaceutico si può pervenire per

concorso, per acquisto tra vivi o mortis causa235.

a) acquisizione per concorso12. Il pubblico concorso rappresenta il normale strumento per ottenere il

conferimento di un esercizio farmaceutico resosi vacante (per decadenza orinuncia del titolare) nonché l'unico modo consentito per il conferimento dellefarmacie di nuova istituzione, cioè di quelle che non sono ancora state oggettod'autorizzazione all'apertura e all'esercizio.236

I requisiti richiesti per la partecipazione al concorso sono i seguenti:cittadinanza in uno Stato membro della comunità; maggiore età; iscrizioneall'albo dei farmacisti; non aver compiuto i 60 anni di età.237

13. La composizione della commissione giudicatrice, i criteri per lavalutazione dei titoli e l'attribuzione dei punteggi, le prove di esame e le

234 Cfr audizione consiglio nazionale dell’ordine dei farmacisti del 4 luglio 1995.235 La titolarità di una farmacia può essere inoltre conseguita provvisoriamente attraverso la gestioneprovvisoria: l’art. 129 del RD 27 luglio 1934 n. 1265 consente ai comuni di dare la gestione provvisoria diuna farmacia ai farmacisti senza bandire un concorso, in caso di sospensione o di interruzione di unesercizio farmaceutico, dipendenti da qualsiasi causa e dalle quali sia derivato o possa derivare nocumentoall’assistenza farmaceutica locale. Molti farmacisti sono riusciti ad ottenere la titolarità definitiva di unafarmacia avuta in gestione provvisoria attraverso leggi di sanatorie (Cfr ad esempio l’art. 14 della legge362/1991).236 Al riguardo, l'art. 4 della legge 362/1991 dispone che il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti odi nuova istituzione che risultino disponibili per l'esercizio da parte dei privati abbia luogo medianteconcorso per titoli ed esami bandito annualmente dalle regioni e dalle province autonome di Trento eBolzano.237 Cfr.art. 4 legge 8 novembre 1991 n. 362.

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modalità di svolgimento del concorso sono fissati con Decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri238239.

I candidati che risultano vincitori del concorso, indicano, secondol’ordine di graduatoria, la sede farmaceutica prescelta ai fini dell’assegnazione.

b) acquisizione per trasferimento14. Per le farmacie che non sono di nuova istituzione, l'autorizzazione

può essere conseguita anche mediante l'acquisto della farmacia per atto tra vivio mortis causa. In particolare, sotto il primo profilo, la legge consente iltrasferimento della titolarità della farmacia trascorsi tre anni dalla conseguitatitolarità.240 Il trasferimento può avere luogo a favore di farmacista che abbiaconseguito la titolarità o che sia risultato idoneo in un precedente concorso,nonché a favore di farmacista, iscritto all'albo professionale che abbia almenodue anni di pratica professionale, certificata dall'autorità sanitariacompetente.241

Il trasferimento delle farmacie è attualmente un fenomeno piuttostolimitato, basti pensare che delle 16.000 farmacie esistenti, negli ultimi 3 annisono state oggetto di compravendita un numero non superiore a 500.

c) acquisizione a titolo di successione15. Per quanto riguarda l’acquisto della farmacia mortis causa, la legge

stabilisce che l’avente causa, qualora sia il coniuge ovvero l'erede in linea retta

238 Cfr.art. 4 legge 8 novembre 1991 n. 362. In particolare la legge prevedeva che tale decreto dovesseessere emanato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il regolamento diattuazione tuttavia è stato adottato solo nel 1994 (DPCM 30 marzo 1994 n. 298). Tale regolamento haprevisto procedure più snelle per l’assegnazione delle sedi, in quanto, ferma restando la valutazione deititoli, ha sostituito le precedenti prove di esame con una prova attitudinale basata su cento domande estrattea sorte fra tremila predisposte ogni due anni dal Ministero della Sanità. Il Ministero peraltro, ha predispostotali domande solo nell’aprile del 1997, né le commissioni esaminatrici si sono avvalse della facoltà concessaloro dallo stesso decreto di predisporre direttamente le domande per la prova attitudinale nel caso non viavesse provveduto il Ministero. Pertanto, dal 1991 sono stati espletati solo pochissimi concorsi con il criterioin vigore prima della legge 362/91. Il DPCM 30 marzo 1994, n. 289 all’art. 10 prevedeva infatti che iconcorsi per l’assegnazione di sedi farmaceutiche già banditi al momento dell’entrata in vigore delle legge362/1991 restassero disciplinati dalle disposizioni vigenti alla data di emanazione del bando.239 La commissione esaminatrice nominata dalla Regione o dalla provincia autonoma è composta da: unprofessore universitario ordinario o associato con un'anzianità di insegnamento di almeno cinque anni in unadelle materie oggetto di esame; due funzionari dirigenti o appartenenti alla carriera direttiva, dipendentidalla regione o dalla provincia autonoma dei quali almeno uno farmacista; due farmacisti, di cui uno titolaredi farmacia e uno esercente in farmacia aperta al pubblico, designati dall'ordine provinciale dei farmacisti.Le funzioni di presidente sono esercitate dal professore universitario o da uno dei due funzionari regionali.240 Cfr l’art. 12 della legge 2 aprile 1968 n. 475, come modificato dalla legge 362/1991. Il termine era inprecedenza fissato a cinque anni.241 Il trasferimento della titolarità delle farmacie a tutti gli effetti di legge non è ritenuto valido se insiemecol diritto di esercizio della farmacia non venga trasferita anche l'azienda commerciale che vi è connessa,pena la decadenza. Il trasferimento del diritto di esercizio della farmacia deve essere riconosciuto condecreto del medico provinciale, come dispone l’art. 12 della legge 2 aprile 1968 n. 475, modificato dallalegge 362/1991. Il comma successivo del medesimo articolo dispone inoltre che il farmacista che abbiaceduto la propria farmacia non possa concorrere all’assegnazione di un altra farmacia se non siano trascorsidieci anni dall’atto di trasferimento.

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entro il secondo grado e sia sprovvisto dei requisiti di idoneità, può mantenerela gestione della farmacia fino al compimento del trentesimo anno di età,ovvero, per dieci anni nel caso in cui entro un anno si iscriva ad una facoltà difarmacia in qualità di studente presso un'università statale o abilitata a rilasciaretitoli aventi valore legale.242

La possibilità accordata, in caso di morte del titolare, al coniuge ovveroall'erede in linea retta entro il secondo grado, che non abbiano i requisiti diidoneità, di continuare l'esercizio della farmacia per un periodo anche lungosolo iscrivendosi alla facoltà di farmacia attribuisce evidentemente agli erediuna posizione di notevole vantaggio nella fase di accesso all’attività econtribuisce a limitare il numero della farmacie disponibili per l'esercizio daparte di chi abbia i requisiti. Giova inoltre precisare che alle norme sul punto siaffiancano anche altre disposizioni comunque volte a tutelare gli interessieconomici degli eredi. In particolare, la legge obbliga il farmacista autorizzatoall'esercizio di una farmacia che non sia di nuova istituzione a rilevare dalprecedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioniattinenti all'esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi,nonché a corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi l'indennità diavviamento243. In ogni caso l'azienda farmaceutica può anche formare oggetto diusufrutto o locazione a favore di chi abbia i requisiti per esercitare l'attività.

5.1.3 regolamentazione numerica degli esercizi16. Come già anticipato, la distribuzione sul territorio delle farmacie è

regolamentata per legge. L'autorizzazione ad aprire una farmacia è rilasciatacon provvedimento definitivo dell'autorità sanitaria competente per territorio. 244

La vigente legislazione ha adottato il sistema della limitazione numericadelle farmacie autorizzate all'esercizio in ciascun comune sulla base di criteridemografici, geografici e di distanza.

Ai sensi della legge 362/1991, il numero delle autorizzazioni è stabilito inmodo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazionefino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni. Lapopolazione eccedente rispetto a tali parametri è computata, ai fini dell'aperturadi una farmacia, qualora sia pari ad almeno il 50 per cento dei parametri stessi.Inoltre ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanzadagli altri non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare leesigenze degli abitanti della zona. La distanza è misurata per la via pedonalepiù breve tra soglia e soglia delle farmacie.245

242 Dal combinato disposto degli articoli 7, comma 9 e 10 della legge 362/1991 e 12, comma 12, della legge475/1968.243Art. 110 T.U sanitario.244 Art. 1 della legge 8 novembre 1991 n. 362 che ha sostituito l’art. 1 della legge 2 aprile 1968 n. 475.245 L'art 2 della legge 8 novembre 1991 n. 362 che ha modificato l’art. 104 del RD 27 luglio 1934 n. 1265,prevede poi che le regioni e le province di Trento e Bolzano, quando particolari esigenze dell'assistenza

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17. L’atto in cui è contenuta la determinazione degli esercizi farmaceuticivacanti o di nuova istituzione da assegnare ai privati vincitori dei pubbliciconcorsi è la pianta organica. Si tratta di un atto di contenuto programmaticoche, in conformità dei criteri stabiliti dalla legge, distribuisce gli esercizifarmaceutici secondo la popolazione e ne determina la dislocazione territoriale.La pianta organica delle farmacie, presente in ogni comune, deve infattiindicare la popolazione del comune, il numero delle farmacie che il comunedeve avere, le sedi farmaceutiche, la circoscrizione della zona di ciascuna sedefarmaceutica e il numero delle farmacie esistenti. Ai sensi della legge 475/1968e del DPR 1275/1971, la pianta organica è sottoposta a revisione ogni due anni,in base ai dati relativi alla popolazione residente in ciascun comune nell'annoprecedente a quello in cui si procede a revisione246247.

18. Sull’assunzione della titolarità della metà delle farmacie che sirendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione dellapianta organica esiste un diritto di prelazione accordato per legge ai comuni.248

Tale prelazione contribuisce certamente a restringere il numero dellefarmacie disponibili per l'esercizio da parte di operatori privati e appare deltutto sproporzionata rispetto all’obiettivo di assicurare una distribuzionerazionale delle farmacie, il quale potrebbe essere conseguito attraversol’assunzione da parte dei comuni della titolarità delle sole farmacie che,eventualmente, per le caratteristiche delle zone in cui sono situate, risultasseroscarsamente remunerative per i privati.

19. Più radicalmente, si può sin d’ora osservare che l’attuale normativavincolistica riguardante il rilascio delle autorizzazioni ad aprire una farmaciaappare non necessaria al perseguimento di fini di interesse generale, risultandoinvece sicuramente funzionale alla salvaguardia dei redditi delle farmacie.

farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità lo richiedono, possono stabilire in derogaal criterio della popolazione, sentiti l'unità sanitaria locale e l'ordine provinciale dei farmacisti, competentiper territorio, un limite di distanza per il quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metridalle farmacie esistenti anche se ubicate in comuni diversi. Tale disposizione si applica ai comuni conpopolazione fino a 12.500 abitanti e con il limite di una farmacia per comune.246 Ai sensi dell'art. 5 della legge 362/1991 le regioni e le province di Trento e Bolzano, sentiti il comune el'unità sanitaria locale competente per territorio, in sede di revisione della pianta organica delle farmacie,quando risultino intervenuti mutamenti nella distribuzione della popolazione del comune o nell'areametropolitana di cui all'art. 17 legge 142/90 anche senza sostanziali variazioni del numero di abitanti,provvedono alla nuova determinazione delle farmacie.247 Per provvedere ai bisogni dell’assistenza farmaceutica nelle stazioni di cura, il prefetto, sentito ilconsiglio provinciale di sanità, può autorizzare l’apertura, nelle stazioni stesse, di farmacie succursali,limitatamente ad un periodo dell’anno. L’autorizzazione è conferita in seguito a concorso al quale possonopartecipare soltanto i titolari delle farmacie regolarmente in esercizio nel comune, sede della stazione oluogo di cura. Qualora, però nel comune esista un’unica farmacia, è in facoltà del prefetto di concederel’autorizzazione, senza concorso, al titolare di detta farmacia, oppure di bandire un concorso fra i titolaridelle farmacie della provincia.248 Così stabilisce l’art. 9 della legge 2 aprile 1968 n. 475, il quale prevede altresì che il comune puògestire la farmacia nelle seguenti forme: a) in economia; b) a mezzo di azienda speciale; c) a mezzo diconsorzi tra comuni; d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che prestinoservizio presso farmacie di cui il comune ha la titolarità.

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5.1.4 gli standard qualitativi delle prestazioni rese dai farmacisti20. La regolamentazione dell’attività del farmacista, relativamente al

profilo qualitativo, è disciplinata sia dalla legge che dal codice deontologico249 eriguarda sia l’esercizio farmaceutico che i comportamenti del farmacistanell’esercizio dell’attività.

Per quanto riguarda le disposizioni normative vigenti, la legge stabilisceche il titolare autorizzato di ciascuna farmacia è personalmente responsabile delregolare esercizio della farmacia stessa e ha l’obbligo di mantenerloininterrottamente secondo le norme stabilite dal prefetto di ogni provincia.250

21. Per l’esercizio della propria impresa il farmacista è obbligato acostituire un azienda, deve cioè disporre di un capitale, costituire un fondo dimedicinali sufficiente per corrispondere alle richieste del pubblico, provvedersidi un locale idoneo, attrezzarlo con la mobilia, gli apparecchi e gli utensilinecessari251252. Il titolare della farmacia deve inoltre curare che nella farmaciasi conservino e siano ostensibili al pubblico un esemplare della farmacopeaufficiale ed uno della tariffa ufficiale dei medicinali, che sia conservata copia ditutte le ricette e che i medicinali dei quali la farmacia è provvista non siano néguasti, né imperfetti.

22. Per quanto riguarda i comportamenti del farmacista, il codicedeontologico impone al professionista di esercitare la propria attività condignità e decoro e di aggiornare costantemente le proprie conoscenzescientifiche.253

Le infrazioni al codice deontologico sono valutate sotto il profilodisciplinare dal consiglio direttivo dell’ordine.

5.1.5 le tariffe

249 L’ultima versione del Codice deontologico dei farmacisti è stata emanata dalla federazione ordinifarmacisti italiani nel maggio 1997.250 Cfr art. 119 del RD 27 luglio 1934 n. 1265.251 Art. 34 r.d. n. 1706.252 L’autorizzazione all’apertura della farmacia viene data solo previo accertamento dell’idoneità del localedegli arredi e delle provviste medicinali prescritte come obbligatorie dalla farmacopea ufficiale. Cfr. Art. 123del RD 27 luglio 1934 n. 1265.253 Inoltre il farmacista deve impartire ai tirocinanti le necessarie istruzioni tecniche e costituire un esempiomorale oltre che professionale; deve usare cortesia e disponibilità con i cittadini, prestare loro il soccorsoconsentito dalla legge, e fornire le opportune delucidazioni e i consigli in maniera riservata circa imedicinali, non può operare alcuna forma di pubblicità né incentivarne le prescrizioni di altri sanitari. Perquanto concerne poi il rapporto con i colleghi, è considerata riprorevole e particolarmente censurabilequalsiasi azione di sleale concorrenza tendente all’accaparramento della clientela ed in particolare ilmancato rispetto delle norme sugli orari e turni di servizio, di riposo e di ferie, il praticare sconti suimedicinali, non riscuotere i tickets previsti, nonché l’utilizzo di mezzi tendenti ad esaltare il proprio operatoe/o a denigrare l’operato dei colleghi.

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23. In Italia vige sui farmaci un sistema di prezzi amministrati. Infatti ilprezzo dei farmaci è imposto dalla pubblica autorità che determina altresì imargini degli operatori (produttori, grossisti, farmacisti). La regolamentazioneriguarda quindi anche il margine di profitto del farmacista.254

24. L’art. 125 del TULS RD n. 1265/1934 dispone che la tariffanazionale per la vendita al pubblico dei medicinali debba essere approvata condecreto del ministero della sanità, sentito il parere della federazione nazionaledegli ordini dei farmacisti italiani. La tariffa si applica esclusivamente aimedicinali preparati dal farmacista su presentazione di ricetta medica, ovverosu richiesta del paziente ove la ricetta non sia necessaria. La tariffa contemplaimporti unici ed è vincolante per tutti i farmacisti.

5.1.6 altre forme di regolamentazionei) limitazioni territoriali25. La farmacia deve essere aperta nella località indicata nel decreto di

autorizzazione. L’autorizzazione è valevole solo per detta sede.255

ii) limitazioni all’esercizio26. La legge prevede che la titolarità debba coincidere con la proprietà

dell’esercizio. L’autorizzazione all’esercizio della farmacia è strettamentepersonale, non può essere ceduta, né trasferita né cumulata con altre256.

27. In Italia una persona fisica può possedere al massimo una farmacia,per cui è esclusa la possibilità di formare delle catene di farmacie257. Lefarmacie possono sfruttare i vantaggi derivanti dall’integrazione verticale amonte entrando in qualità di soci nelle cooperative di distribuzione.

28. Per quanto riguarda le modalità di svolgimento dell’attività, gli oraried i turni delle farmacie sono determinati dal sindaco, in conformità alle normefissate dal prefetto, il quale deve preventivamente sentire l’ordine dei farmacisticompetente.258

254 Sui farmaci di produzione industriale al farmacista spetta un margine del 25,5% sul prezzo di venditaper confezione (al netto di IVA), margine che scende al 22,5% per i farmaci rimborsati dal Servizio sanitarionazionale (fanno eccezione le farmacie rurali sussidiate a cui è attribuito il 24%). Per le forniture daindustria a farmacia e per gli acquisti tramite cooperative di farmacie il margine sale al 33%. Anche per ilgrossista vale il metodo a percentuale fissa: il 7,5% sul prezzo di vendita al pubblico (al netto di IVA).255 Cfr. Art 109 Rd 27 luglio 1934 n. 1265.256 Art. 112 TU sanitario.257Art.112 TU sanitario.258 Ai sensi del combinato disposto degli artt. 119 TULS e 29 RD n. 1706/1938. Analoghe norme sonocontenute in tutta la legislazione regionale in materia che, oltre a disporre che l’ordine venga sentito pertutto quanto concerne gli orari ed i turni delle farmacie, prevede anche un potere propositivo dell’ordine perla fissazione dei turni e delle ferie annuali.

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29. Un ulteriore limite è stabilito dal codice deontologico che consente altitolare o direttore di farmacia a particolari condizioni e per particolari soggetti,di aderire ad iniziative generalizzate di consegna dei medicinali a domicilio,solo con l’assenso dell’ordine di appartenenza.259 Da ciò è agevole desumereche una farmacia non potrebbe intraprendere singolarmente l’iniziativa disvolgere il servizio a domicilio.

iii) limiti all’organizzazione in forma societaria30. La legge prevede che per le farmacie private260 l’organizzazione

dell’attività in forma societaria possa avvenire solo nelle forme della società dipersone e società cooperative a responsabilità limitata.261

31. Le società devono avere come oggetto esclusivo la gestione di unafarmacia e possono essere soci solo farmacisti iscritti all'albo della provincia incui la società ha sede, in possesso del requisito dell'idoneità.262 La direzionedella farmacia gestita dalla società è affidata ad uno dei soci che ne èresponsabile e ciascun farmacista può partecipare ad una sola società.

Al fine di evitare che l’accesso di società alla titolarità di farmacia abbiaintenti speculativi a scapito del contenuto professionale dell’esercizio difarmacia il legislatore ha previsto che una società può essere titolaredell'esercizio di una sola farmacia e ottenere la relativa autorizzazione purché lafarmacia sia ubicata nella provincia ove ha sede legale la società. Tale intento èconfermato dalla possibilità consentita a ciascun farmacista di partecipare aduna sola società.263

iv) incompatibilità

259 Cfr. art. 14 del Codice deontologico.260 Per quanto riguarda le farmacie comunali, la legge invece consente la gestione delle stesse a mezzo disocietà di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società,prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità (Cfr. articolo 10, lettera d) della legge n.362/91).261 Tale possibilità è stata introdotta dalla legge n. 362/1991 il cui art. 7 stabilisce che “la titolaritàdell’esercizio della farmacia privata è riservata a persone fisiche, in conformità alle disposizioni vigenti, asocietà di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata che gestiscano farmacie anteriormentealla data di entrata in vigore della presente legge”.262 Lo statuto delle società che gestiscono farmacie ed ogni successiva variazione dello stesso, devono esserecomunicati, fra gli altri, alla federazione nazionale degli ordini dei farmacisti italiani e all'ordine deifarmacisti della Provincia (articolo 8 della legge n. 362/1991).263 Cfr art, 7, comma 6 della legge n. 362/1991.

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32. La normativa in vigore vieta a chi esercita la farmacia di esercitarealtresì altra professione o arte sanitaria264. Inoltre il titolare di una farmacia ed ildirettore responsabile non possono ricoprire posti di ruolo nellaamministrazione dello Stato, compresi quelli di assistente e titolare di cattedrauniversitaria, e di enti locali o comunque pubblici, né esercitare la professionedi propagandista di prodotti medicinali.265

33. La legge stabilisce incompatibilità più severe a cui sono soggetti isoci di una società per la gestione di una farmacia, derivanti dall’intento dellegislatore di costringere il socio della società titolare di farmacia a dedicarsi atempo pieno alla gestione dell’esercizio. Al riguardo la partecipazione allesocietà, salvo il caso di acquisizione a titolo di successione, è incompatibile: a)con qualsiasi altra attività esplicata nel settore della produzione, distribuzione,intermediazione e informazione scientifica del farmaco; b) con la posizione dititolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; c) conqualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato.266

34. Il regime di maggior severità con cui è trattato il socio rispetto allapersona fisica titolare di farmacia appare tuttavia incongruo, in quanto i casi diincompatibilità previsti per il socio non tengono conto del fatto che,contrariamente a quanto avviene per il titolare persona fisica, non essendo aquesti deputata l’intera gestione dell’esercizio ben potrebbe attendervi a tempoparziale e quindi cumulare tale attività con altre che non siano oggettivamenteincompatibili. La norma può costituire un ostacolo all’accesso alla societàsoprattutto per i più giovani che non hanno i capitali per abbandonare altreoccupazioni ed investire in società di farmacia con l’aspettativa di trarne unutile sufficiente.267

v) il divieto di pubblicità35. La legge 5 febbraio 1992 n. 175 reca disposizioni in materia di

pubblicità sanitaria. In particolare la legge consente di effettuare pubblicitàattraverso inserzioni sugli elenchi telefonici, previa autorizzazione delsindaco.268

264 L’art 102 del RD 27 luglio 1934, n. 1265 dispone che “il conseguimento di più lauree e diplomi dàdiritto all’esercizio cumulativo delle corrispondenti professioni o arti sanitarie, eccettuato l’esercizio dellafarmacia che non può essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie.”265 Cfr art. 13 della legge 475/68.266 Cfr. art. 8 legge n. 362/1991.267 Le disposizioni sulla incompatibilità fanno salvi i casi in cui l’acquisizione della partecipazione nellasocietà avvenga a titolo di successione oppure il caso in cui chi sia già socio di detta società acquisisca pereredità la gestione provvisoria di altra farmacia. In tali casi, l’erede che verrà a trovarsi per successione inuna delle situazioni di incompatibilità elencate potrà giovarsi dei termini previsti al comma 9 dell’art. 7 persciogliere il nodo dell’incompatibilità rinunciando alla partecipazione oppure al ruolo con essaincompatibile.268 E’ previsto che le domande intese ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare la pubblicità concernentel’esercizio della professione sanitaria siano inoltrate tramite l’ordine professionale, il quale trasmette ladomanda al sindaco con il proprio nulla osta, previa verifica dell’osservanza delle disposizioni previste dalla

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36. Alle disposizioni legislative in materia pubblicitaria vigenti per tuttele professioni sanitarie, si aggiungono poi le norme deontologiche emanatedall’ordine, contenute nel Regolamento della pubblicità approvato dal consiglionazionale della federazione nazionale degli ordini dei farmacisti, che ha loscopo di assicurare che la pubblicità venga realizzata come servizio perl’informazione del pubblico.

Ai sensi del Regolamento è vietata la pubblicità riferita alla capacitàprofessionale del singolo farmacista espressa mediante qualsiasi mezzo269,mentre è consentito di rendere noti al pubblico dati ed elementi conoscitivirelativi ai servizi prestati, alle attività svolte, ai reparti presenti nella farmacia.270

Inoltre, in qualsiasi tipo di informazione diffusa tramite mass-media cheindirettamente possa avere effetti promozionali della farmacia e del farmacista èvietata l’indicazione dell’indirizzo della farmacia o elementi che ne possanopermettere l’individuazione.271

37. Alcune norme deontologiche contenute nel Regolamento appaionosuperflue rispetto all’esigenza di evitare la sollecitazione della domanda difarmaci. Tra queste ad esempio il divieto di effettuare una differenziazionetipografica degli annunci e la circostanza che anche le informazioni riguardantiesclusivamente la ragione sociale e l’indirizzo della farmacia devono essere

stessa legge. La medesima legge consente al Ministro della sanità e agli ordini professionali di richiedere airesponsabili delle reti radiofoniche e televisive il testo integrale dei comunicati, interviste, programmi eservizi concernenti argomenti medici o di interesse sanitario trasmessi dalle reti medesime, le quali sonotenute a fornire quanto richiestogli. Agli ordini è data la possibilità di promuovere ispezioni presso gli studiprofessionali.269 In particolare, ai sensi dell’art. 1 del Regolamento è vietato ogni atto di propaganda volto allasollecitazione della domanda di medicinali con o senza obbligo di prescrizione medica o veterinaria,compresi i medicinali per automedicazione al di fuori della pubblicità autorizzata dal Ministero della sanità.E’ comunque vietato associare in comunicati commerciali ed in iniziative promozionali ai prodottifarmaceutici ovunque pubblicizzati la ragione sociale e la ditta della farmacia, il nome del farmacista el’indirizzo della farmacia. E’ vietato ogni atto di propaganda o comunque promozionale voltoall’accaparramento della clientela.270 L’art. 2 dispone che dette informazioni devono rigorosamente essere esenti da enfatizzazioni ottenutemediante aggettivazioni, immagini, simboli, diciture e qualunque altro mezzo, avendo riguardo inparticolare alla esclusione di comparazioni e del vanto di risultati conseguibili. L’articolo 3 dispone poi chegli annunci informativi di cui all’articolo 2 possono essere diffusi esclusivamente mediante alcuni mezzi dicomunicazione: le insegne; cartelli indicatori anche in forma di freccia direzionale (che possono essereinstallati esclusivamente nell’ambito territoriale della sede farmaceutica di pertinenza prevista nella piantaorganica); annuari, elenchi telefonici ( nei quali l’inserzione può essere effettuata esclusivamente nelcomune di ubicazione della farmacia), pagine gialle, guide cittadine, guide sanitarie (nelle quali i testidevono essere stampati escludendo qualsiasi differenziazione tipografica tra le diverse farmacie e possonorecare solo indicazioni relative al nome, alla ragione sociale all’indirizzo, al recapito telefonico e agli oraridi apertura della farmacia, né devono contenere riquadri o sottolineature, grafici, figure o simboliparticolari); carta da banco, buste, sacchetti portalibretti, contenitori in genere e calendari; sistemiaudiovisivi e informatici.L’articolo 5 vieta poi l’esposizione di qualunque comunicazione relativa alla singola farmacia negli studi,ambulatori medici e veterinari, cliniche e strutture sanitarie in genere nonché vieta tassativamentel’esposizione nella farmacia di qualsiasi comunicazione relativa a studi, ambulatori medici e veterinari,cliniche e strutture sanitarie in genere. La farmacia inoltre non può autorizzare né consentire la menzionedella propria ragione sociale in comunicati commerciali di aziende.271 Cfr. articolo 4 del Regolamento.

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circoscritte all’ambito territoriale di propria competenza. Tali norme sembranoinvece più strettamente connesse all’obiettivo di limitare la concorrenza traesercizi farmaceutici che potrebbe dispiegarsi non solo con riguardo alla qualitàdel servizio ma anche con riferimento al settore dei prodotti parafarmaceutici.

vi) circolazione in ambito comunitario38. Il Decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 258 ha dato attuazione alle

direttive CEE n. 85/432 e 85/433 in materia di formazione e diritto distabilimento dei farmacisti. In base a tale decreto per ottenere, mediantel’iscrizione all’albo, l’autorizzazione all’esercizio della professione difarmacista è necessario presentare una domanda, corredata dalla relativadocumentazione al Ministero della sanità, il quale, accertata la regolarità delladomanda e della documentazione, entro due mesi dal ricevimento, trasmette gliatti al competente ordine provinciale dei farmacisti. Quest’ultimo entro un mesecompleta la procedura per l’iscrizione.

I farmacisti iscritti ad un ordine provinciale italiano che si trasferisconoin un altro paese membro delle comunità europee possono, a domanda,conservare l’iscrizione all’ordine stesso.

5.1.7 confronto internazionale39. Il sistema distributivo al dettaglio dei farmaci varia

considerevolmente nei Paesi dell’Unione Europea. In Belgio, Danimarca,Francia, Spagna, Grecia, Italia, Portogallo e Lussemburgo il farmacistamantiene il monopolio completo della distribuzione dei farmaci. Viceversa inaltri Paesi, quali Germania, Olanda e Regno Unito la vendita dei farmaci dabanco è autorizzata anche in altri esercizi. In particolare mentre in Germania ilmonopolio non sussiste solo su un sottogruppo di farmaci da banco (erbemedicinali, antisettici, lassativi, prodotti contro la tosse, ecc...), nel RegnoUnito le farmacie hanno il monopolio di vendita esclusivamente sui farmacietici e su un modesto gruppo di medicinali vendibili senza prescrizione.

40. Attualmente in Portogallo, Spagna, Francia e Belgio oltre che inItalia, esistono delle norme che legano l’apertura di nuove farmacie alverificarsi di determinate condizioni demografiche e/o di area geografiche,mentre in altri Paesi, Regno Unito, Irlanda, Germania e Paesi Bassi, l’entrata ela localizzazione delle farmacie è libera.

41. La tabella che segue mostra i diversi sistemi adottati in alcuni Paesieuropei, nonché il rapporto abitanti per farmacia in ognuno di essi.

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Tabella 2 - Sistemi adottati per l’apertura delle farmacie in alcuni Paesi UENazione abitanti per

farmaciasistema Monopolio su

OTCSpesafarmaceuticapro-capite(lire)

Paesi Bassi 10.113 libero no 448.758Regno Unito 4683 libero no 335.293Germania 3821 libero no 616.221Portogallo 3.990 vincolato si non disponibileItalia 3.668 vincolato si 341.870Irlanda 2.835 libero no non disponibileSpagna 2.141 vincolato si 332.190Francia 2.589 vincolato si 716.614Belgio 1.941 vincolato si 573.526

Fonte: dati IMS, 1996

E’ interessante notare che l’Italia si caratterizza per un numero di abitantiper farmacie sensibilmente superiore a quello rinvenibile in tutti gli altri Paesi aregime vincolato, ad eccezione del Portogallo. Né al riguardo vale laconsiderazione che nei Paesi con libertà di entrata, quali l’Olanda e il RegnoUnito, tale parametro è più sfavorevole che in Italia. Occorre infatti considerareche in tali Paesi è possibile acquistare medicinali da banco anche presso altripunti vendita di cui detto parametro non tiene conto. Dalla tabella emergeinoltre che non esiste una relazione diretta tra il regime, monopolistico o libero,adottato con riferimento agli OTC e il consumo di farmaci, dal momento chealcuni dei Paesi dove si registra un maggior consumo di medicinali sono traquelli che impongono il monopolio, altri tra quelli a regime libero.

42. La tabella che segue confronta le diverse normative vigenti in Italia,Francia, Germania e Regno Unito, con riguardo alla regolamentazionestrutturale dell’entrata, all’area di riserva e all’indivisibilità della titolaritàconnessa alla proprietà della farmacia.

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Tabella 3 - Sistemi normativi vigenti in Italia, Francia, Germania e Regno UnitoITALIA FRANCIA GERMANIA REGNO

UNITOPiantaorganica

si si no no

Proprietàfarmacie

Farmacista, conuna solafarmacia

Farmacista, conuna solafarmacia

Farmacista, conuna solafarmacia

Qualunquepersona fisica egiuridica

Monopoliovenditafarmaci

si si alcuni farmacida banco

no farmaci dabanco

43. In Francia, la pianta organica delle farmacie viene stabilita infunzione del numero di abitanti. Tuttavia un regime derogatorio permette alprefetto o al Ministero della sanità di autorizzare l’apertura di farmacie insovrannumero in funzione dei reali bisogni della popolazione.

Per quanto riguarda i prodotti, l’87% del fatturato delle farmacie francesiè costituito dalla vendita di specialità medicinali, mentre il 13% è ottenuto dallavendita di prodotti parafarmaceutici. Con riguardo a questi ultimi la maggiorfonte di concorrenza è rappresentata da catene specializzate di punti vendita aldettaglio. I supermercati non mostrano ancora molto interesse per la vendita delparafarmaco.

44. La normativa in vigore in Germania consente la libera apertura dinuove farmacie sul territorio. L’intervento statale è circoscritto alla concessionedi incentivi per l’apertura di farmacie in aree rurali a scarsa densità dipopolazione. Regole più rigide sono previste per la titolarità dei punti vendita: ilfarmacista infatti deve essere proprietario della farmacia che gestiscedirettamente e il titolare non può possedere contemporaneamente più di unafarmacia.

In Germania le farmacie non detengono il monopolio assoluto dellavendita di medicinali da banco. La loro distribuzione finale è infatticaratterizzata dalla presenza di drugstores che affiancano all’offerta di prodottiparafarmaceutici quella di alcune tipologie di OTC. Nella linea completa diprodotti farmaceutici presenti sul mercato tedesco, circa il 37-40% èrappresentato da prodotti vendibili liberamente mentre il restante 60%costituisce il monopolio della farmacia.

E’ interessante osservare che il fatturato delle farmacie tedesche èrappresentato quasi esclusivamente da farmaci etici e da banco cherappresentano oltre il 90% del valore e della quantità venduta. Lo scarsofatturato realizzato su alcuni prodotti parafarmaceutici viene spiegato dalla forteconcorrenza esercitata dai supermercati e dagli altri punti vendita territoriali.

45. Nel Regno Unito non esistono limiti di alcun genere per l’apertura difarmacie.

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Contrariamente a quanto avviene nella maggior parte dei Paesi europei,nel Regno Unito è sempre stato consentito alle società di capitali di divenireproprietarie di una farmacia il che ha permesso la nascita di vere e propriecatene di farmacie.

Infatti delle 12.000 farmacie esistenti, 3000 sono controllate dalle duemaggiori catene (Boots e Lloyds) 4000 fanno capo a piccole catene, 4.500 sonoindipendenti e circa 500 sono incluse in supermercati (in store). E’ unacaratteristica diffusa fra le catene di farmacie di una certa dimensione quella dioffrire al pubblico delle linee OTC con il proprio marchio e con prezzi inferioria quelle dei concorrenti più conosciuti. Non è quindi sorprendente il fatto che lavendita di specialità etiche rimborsabili rappresenti solamente il 55% delfatturato nelle catene di farmacie, contro il 70% delle farmacie indipendenti. Ingenerale comunque, per le farmacie inglesi la vendita di prodotti da banco ha unpeso assai rilevante rispetto ad ogni altro paese comunitario.

In Inghilterra infine i due distributori di maggiori dimensioni (AAH eUnichem) si sono anche integrati a valle: gestiscono e concedono in franchisingoltre 200 farmacie ciascuno, in prevalenza a giovani farmacisti che nondispongono di mezzi finanziari per diventare titolari. Una particolarità delsistema britannico consiste nel fatto che anche i medici di base possono, indeterminate condizioni dispensare i farmaci etici alla popolazione.272 Ilfenomeno raggiunge proporzioni piuttosto significative se si pensa che nellasola Inghilterra il 14% dei medici di base dispensa farmaci a circa tre milioni dipersone e che l’8% delle prescrizioni passa attraverso questo canale.

5.1.8 conclusioni46. La tabella che segue sintetizza quanto precedentemente esposto con

riguardo alla regolamentazione dell’attività, riservata e non svolta daifarmacisti.

272 Una norma del 1974 stabilisce che il paziente può rivolgersi al proprio medico di base per ladispensazione dei farmaci nel caso in cui sussistano le seguenti condizioni: il paziente abita in una zonarurale ad una distanza superiore ad un miglio (circa 1,6 chilometri) dalla più vicina farmacia ed incontrioggettive difficoltà a raggiungerla ;il medico di base curante ha ottenuto il permesso di dispensare farmaciall’interno della zona in cui il paziente risiede.

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Tabella 4. -Principali forme di regolamentazione dell’attività del farmacistaentrata standard di qualità

minima del serviziotariffe altre forme di

regolamentazionerequisiti soggettivia) cittadinanzab) laurea in farmacia

o chimica e tecno-logiefarmaceutiche

c) esame di abilita-zione

d) concorso, acquisi-zione per trasferi-mento o a titolo disuccessione

requisiti relativi allafarmaciaobbligo di fornirsi deimedicinali e diattrezzare un locale inmodo idoneo

margini prefissati suiprezzi amministratidei farmaci.Tariffa unica einderogabile per lepreparazioni galeni-che.

divieto di pubblicitàlimiti territorialilimiti all’esercizioincompatibilità

vincoli oggettivideterminazione delnumero delle sedifarmaceutiche

requisiti relativi airapporti con laclientelaobbligo di eserciziocontinuativo dellafarmacia e rispettodegli orari e dei turni

47. La complessità del regime giuridico della farmacia nel nostroordinamento dipende dall’intersecarsi dei diversi profili esaminati, nonché dallanatura stessa del servizio farmaceutico.

L’attività farmaceutica investe infatti aspetti di interesse pubblico, inquanto la sua efficienza e la sua diffusione sono essenziali per la cura dellasalute pubblica e costituiscono un elemento dell’assistenza sanitaria. D’altrolato, l’esercizio scorretto dell’attività è suscettibile di creare gravi situazioni dipericolo e di danno. Da ciò discende una stringente vigilanza amministrativasull’esercizio delle farmacie accompagnata da un particolare e limitativo regimegiuridico.

Tuttavia, la circostanza che il servizio farmaceutico sia un’attivitàinvolgente interessi pubblici non influisce sulla sua natura di attività privata,con profili professionali ed imprenditoriali connessi, esercitata da soggettiprivati, sotto vigilanza pubblica.

48. I molteplici strumenti di regolamentazione del settore meritanoalcune considerazioni riguardanti per un verso la loro effettiva necessità al finedi tutelare l’interesse pubblico che riveste l’attività del farmacista, e per l’altrola loro idoneità a determinare restrizioni concorrenziali.

Al riguardo occorre innanzitutto considerare l’ampiezza della riserva dilegge a favore dei farmacisti che include la vendita di medicinali da banco.

L’eliminazione del monopolio dei farmacisti su questa tipologia dimedicinali e la conseguente possibilità di acquistarli anche attraverso altricanali quali la grande distribuzione sarebbe di tutto vantaggio per il

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consumatore, che potrebbe avere un più facile accesso a questi prodotti nonchéconcentrare i propri acquisti.

A favore di tale regime di riserva viene generalmente avanzata lapreoccupazione che la liberalizzazione delle vendite degli OTC possacomportare una maggiore diffusione del consumo di farmaci, sia a causa dellariduzione inevitabile dei prezzi, sia a causa della maggior facilità di accesso.

Al riguardo va osservato che è innegabile che un prezzo inferiore riducale resistenze di ordine economico all’acquisto di un prodotto, soprattutto nelcaso di prezzi particolarmente elevati e di disponibilità del consumatore adespandere il consumo. Nel caso di specie non sembrano tuttavia verificarsi talicondizioni, dal momento che il presupposto per l’assunzione di un farmaco èsempre la presenza di un disturbo. Studi sui farmaci OTC condotti nei Paesidove i consumatori possono acquistare questi farmaci in canali diversi dallafarmacia non hanno riscontrato un aumento del consumo di farmaci. Al riguardoesemplificativa è la situazione olandese, ove la quota prevalente dei farmaci diautomedicazione è distribuita dai druggist ma al contempo non si registra unlivello elevato di ricorso ai medicinali (vedi al riguardo la tabella 2).

49. Contro la liberalizzazione dei farmaci OTC si argomenta inoltre chepotrebbe verificarsi una riduzione del margine complessivo del farmacista273 equindi una riduzione degli esercizi farmaceutici, con la conseguenza di privarela società di un importante servizio professionale consistente nell’attività diconsiglio su questi prodotti, con ripercussioni negative anche sulla capillaritàdella distribuzione dei farmaci etici.

Al riguardo va sottolineato che non è sufficiente l’esistenza di unmonopolio di vendita per assicurare che il farmacista fornisca effettivamente alcliente quel servizio informativo e di garanzia per fornire il quale è necessarioacquisire una specifica professionalità, soprattutto in riferimento ai farmaci diautomedicazione. Al contrario, l’esistenza di canali alternativi alla farmacia peri medicinali OTC può servire da stimolo affinché i farmacisti effettivamentemettano a disposizione del cliente la propria professionalità in materiafarmacologica, rendendo un servizio che il cliente non trova negli altri puntivendita e che quindi può rappresentare un elemento di forza e differenziazionerispetto ad altre forme distributive. Inoltre, la preoccupazione che laliberalizzazione dei prodotti OTC, possa dare luogo ad una riduzione del loronumero deve ritenersi del tutto infondata. Le specialità di automedicazioneinfatti rappresentano una quota molto limitata del fatturato delle farmacie esono solamente i farmaci di uso più comune e che non necessitano di uncomplesso bagaglio informativo per un uso corretto ad essere appetibili per glialtri canali di vendita e in particolare per la grande distribuzione. Non sembraquindi verosimile che la perdita di fatturato delle farmacie sulle vendite dei

273 Se è vero infatti che la vendita dei farmaci OTC rappresenta una parte poco significativa rispetto allevendite di medicinali etici è pur vero che essa consente di ottenere un incasso immediato, in quanto nonrimborsabili da parte dello Stato, nonché un margine commerciale più elevato.

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medicinali di automedicazione sia idonea a determinarne la chiusura e possaquindi vanificare i vantaggi della liberalizzazione.

50. L’offerta di una combinazione prodotto-servizio particolarmentevicina alle esigenze del cliente potrebbe invece rendere il farmacista uninterlocutore privilegiato sia per l’industria, la quale continuerebbe a prediligerequesto canale per alcuni farmaci che necessitano di un maggiore supportoinformativo nell’acquisto, sia per il consumatore che troverebbe naturalericorrere al farmacista quando avverte la necessità di una particolareassistenza.274

Una simile prospettiva porterebbe alla valorizzazione del ruolo delfarmacista come consulente della salute, riducendo quella, oggi prevalente, diintermediario commerciale, potendo inoltre condurre alla trasformazione dellefarmacie da semplice esercizio commerciale a struttura in grado di fornire alcittadino una serie di servizi sanitari di facile esecuzione275, diretti soprattuttoall’attività di prevenzione, per i quali la professionalità del farmacistadiventerebbe insostituibile e prevalente rispetto a quella di imprenditorecommerciale. In definitiva l’ampiezza della riserva a favore del farmacistaappare sproporzionata rispetto all’obiettivo di tutelare la salute pubblica, einvece risulta suscettibile di restringere ingiustificatamente la concorrenza tracanali di vendita.

51. Un altro strumento attraverso il quale si intende tutelare l’interessepubblico, diretto in questo caso a garantire una razionale distribuzione dellefarmacie sul territorio nazionale, è rappresentato dalla determinazione di unnumero massimo di sedi farmaceutiche sul territorio nazionale. Tale obiettivo,tuttavia, appare poter essere più coerentemente perseguito attraverso laprevisione di un numero minimo di farmacie esistenti sul territorio nazionale,anziché con la previsione di un numero massimo di farmacie rapportato allapopolazione. La trasformazione dell’attuale numero massimo di farmacie innumero minimo, tutelerebbe l’interesse pubblico ad una efficiente distribuzionesenza impedire l’accesso ai potenziali nuovi entranti. Inoltre, in un siffattoassetto regolamentativo i Comuni, anziché, come accade attualmente, sottrarrecon la prelazione esercizi farmaceutici alla attività privata, potrebberointervenire assicurando il servizio nelle zone rimaste scoperte a causa dellamancanza di un interesse da parte dei privati.

274 La conferma a questo ragionamento viene fornita dall’esempio inglese ove, pur essendo presenti altricanali distributivi in concorrenza con la farmacia, le farmacie mantengono una consistente quota di mercatoe risultano essere il punto vendita privilegiato dal consumatore in occasione del primo acquisto del prodotto,che è quello per il quale la competenza del farmacista è più necessaria per sopperire all’inesperienza delconsumatore.275 Si tratta di tutte quelle prestazioni per le quali i cittadini tendono a rivolgersi ad essa (misurazione dellapressione, iniezioni, analisi, medicazioni, informazioni su centri di pronto soccorso e sul funzionamento delservizio Sanitario nazionale, noleggio di apparecchiature sanitarie).

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52. La limitazione dell'offerta di farmacie generata dalla normativavigente in presenza di un numero elevatissimo di potenziali entranti, determinainvece un evidente svantaggio per il consumatore, il quale, qualora fosseconsentita la libertà di entrata nel settore, potrebbe godere di una più ampiapossibilità di scelta di punti vendita, nonché probabilmente di un miglioramentodel servizio offerto, stimolato da una situazione più concorrenziale. D’altraparte l’inadeguatezza dell’attuale sistema di determinazione del numero dellefarmacie a soddisfare le esigenze della domanda è dimostrata dal fatto cheattualmente un numero molto elevato di persone ha a propria disposizione ununico esercizio nel comune di residenza e, pertanto, nel giorni e negli orari dichiusura dello stesso incorre nel disagio di doversi recare in un comunelimitrofo.

53. La scarsità di esercizi farmaceutici disponibili rispetto alla domandadei potenziali entranti è determinata non solo dal razionamento delleautorizzazioni all'apertura di una nuova farmacia, ma anche dalla disciplina deitrasferimenti mortis causa. Tutto ciò determina un innalzamento del costo cheun nuovo entrante deve sopportare qualora desideri acquistare il diritto adesercitare la farmacia da un soggetto già operante sul mercato. Inoltre, un limitedi carattere oggettivo caratterizza la disciplina del trasferimento delle farmacie,consistente nel consentire il trasferimento solo dopo che siano decorsi tre annidal conseguimento della titolarità.

In sostanza l'insieme di questi fattori contribuisce ad impedire che si creiuna maggiore offerta di esercizi farmaceutici sul mercato e che l'acquisizioneper trasferimento possa surrogare il pubblico concorso.

54. Infine, i numerosi limiti posti all’attività del farmacista, quali, ildivieto di pubblicità, i vincoli relativi agli orari e ai turni non sembrano in realtàrappresentare gli strumenti più efficaci di tutela del consumatore. Sotto il primoprofilo, infatti, alcune norme non consentono al consumatore di avere accesso atutte le informazioni necessarie per effettuare una valutazione sulla convenienzatra i diversi esercizi farmaceutici, che, come ricordiamo, commercializzanomolti prodotti e servizi che sono a prezzo libero; sotto il secondo profilo, si fapresente che se gli orari e i turni fossero effettivamente diretti a garantire lacontinuità di un servizio di interesse pubblico, quale è quello della vendita deimedicinali, la loro obbligatorietà dovrebbe essere circoscritta ad orari e turniminimi e non fissi. In verità, l’attuale sistema non consente al consumatore dipoter usufruire agevolmente del servizio in orari diversi da quelli stabiliti.

55. D’altra parte gli standard previsti dalla legge nonché i controlliprevisti sull’attività del farmacista sembrano rappresentare un insieme di misureidonee a garantire prestazioni di livello adeguato nonché a tutelare l’interessedella salute pubblica. L’applicazione di ulteriori misure non sembra apportarebenefici incrementali in termini di qualità ai consumatori, che, anzi, si vedono

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privati dei vantaggi che deriverebbero loro dalla concorrenza tra farmacie e trafarmacie e altri esercizi commerciali.

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5.2 I mediciprincipali riferimenti normativi

Dlcps 13 settembre 1946, n. 233, d.p.r. 5 aprile 1950, n. 221, legge 24luglio 1985, n. 409 <Organizzazione e competenze della federazione nazionalee degli ordini delle professioni sanitarie>, legge 8 dicembre 1956, n. 1378<Accesso alla professione di medico chirurgo> e decreto del Ministro dellaPubblica istruzione 9 settembre 1957 recante <Regolamento per l'accesso allaprofessione di medico chirurgo> e decreto del Ministro della PubblicaIstruzione recante <Regolamento per l'accesso alla professione degliodontoiatri>, legge 24 luglio 1985, n. 409 <Istituzione della professionesanitaria di odontoiatra>, legge 5 febbraio 1992, n. 175 <Norme in materia dipubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professionisanitarie>.

5.2.1 la professione medicai) tipologie e caratteristiche56. Il medico è un professionista abilitato ad esplicare assistenza

sanitaria in funzione di prevenzione, diagnosi e cura. I compiti professionali deimedici si ricavano non tanto da una elencazione, che difetta, quanto da uncriterio finalistico, secondo cui al medico spetta formulare la diagnosi, laprognosi, la terapia o curare la salvaguardia delle condizioni igieniche. Leattività necessarie per raggiungere questi obiettivi contribuiscono a definirel’ambito di competenza del medico. Il criterio finalistico concorre con quelloderivante dalla serie degli insegnamenti impartiti in ambito universitario per ilconseguimento della laurea necessaria all’esercizio dell’attività.

Vi sono settori di attività rispetto ai quali vi è una concorrentecompetenza di altre professioni, quali ad esempio di biologi e chimici perquanto concerne gli esami di laboratorio; di fisici, nell’utilizzo di sostanzenucleari; di psicologi nell’esercizio della psicoterapia.

57. Per quanto riguarda la professione di odontoiatra, la legge disponeche formano oggetto di tale professione le attività inerenti alla diagnosi ed allaterapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca,delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione e alla riabilitazioneodontoiatriche.276

ii) domanda e offerta

276 Cfr art. 2 della legge 24 luglio 1985 n. 409.

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58. Relativamente alla struttura dell’offerta, gli iscritti all'albo dei medicichirurghi alla data del 31/12/1994 erano 308.440. Gli iscritti all'albo degliodontoiatri alla stessa data erano 33.843.

I medici di medicina generale attivi nel 1995 erano 59.196; i medicispecialisti 188.837 e, infine i medici dipendenti 96.235.

59. La tabella che segue espone l’evoluzione del numero degli iscrittiall’ordine negli ultimi trent’anni, evidenziando come in tale periodo se ne siaregistrato un notevole incremento, di oltre il 200 per cento.

Tabella 1 - Evoluzione del numero degli iscritti all’ordine dei medici

60. L’offerta di medici sul territorio nazionale è molto elevata. In Italia,nel 1994 il rapporto medici/popolazione era di un medico ogni 185 abitanti e diun dentista ogni 1.800. La successiva tabella evidenzia l’evoluzione delrapporto medici/popolazione verificatosi negli ultimi anni (per unadisaggregazione del rapporto abitanti/medici per regioni si veda la tabella b1 inappendice):

Tabella 2 - Evoluzione del rapporto abitanti/medici in ItaliaAnni Popolazione/m

edici1966 5811970 5611975 4481980 3181986 2331990 1981994 185Fonte: federazione nazionale degliordini dei medici chirurghi

Periodo n. iscritti all’alboal 31/12/1964 82.112al 31/12/1974 114.244al 31/12/1984 226.404al 31/12/1994 308.440Fonte: federazione nazionale degli ordini dei medicichirurghi e degli odontoiatri.

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5.2.2 modalità di accesso alla professione di medico-chirurgo e di odontoiatra61. Per esercitare la professione di medico-chirurgo è necessario essere

laureati in medicina e chirurgia, avere compiuto il tirocinio di praticaospedaliera per la clinica medica, la clinica chirurgica e la clinica ostetrico-ginecologica, nonché aver superato l’esame di Stato per l'esercizio dellaprofessione di medico-chirurgo ed essersi iscritti all’albo professionale degliordini provinciali dei medici chirurghi e odontoiatri. L’iscrizione all’albo èobbligatoria anche per i dipendenti pubblici277.

Per l’assunzione della qualifica di specialista, il medico deve conseguire,successivamente alla laurea, il diploma in una scuola di specializzazioneuniversitaria.

Il numero degli specialisti da formare è stabilito ogni tre anni conDecreto del Ministro della Sanità in base alle esigenze sanitarie del paese,tenuto conto delle capacità ricettive delle strutture universitarie. In relazione atale programmazione il Ministro dell’Università determina il numero dei postiper ciascuna scuola278. Per l’ammissione alle scuole di specializzazione vienestilata una graduatoria in base al superamento di un esame e alla valutazione deititoli.

62. Ugualmente gli odontoiatri possono esercitare la professione dopoaver conseguito la laurea in odontoiatria, aver superato l’esame di abilitazioneed essersi iscritti all’albo professionale degli ordini provinciali dei medicichirurghi e odontoiatri. Al riguardo, esistono diverse proposte di legge inParlamento volte all’approvazione di una legge che istituisca un albo e unordine degli odontoiatri distinto da quello dei medici279.

63. Per quanto riguarda la professione di odontoiatra, in seguito allacreazione di uno specifico corso di laurea280, è stato istituito accanto all’albodei medici chirurghi, all’interno di un unica federazione nazionale, l’albo degliodontoiatri, al quale possono essere iscritti i laureati in odontoiatria, in possessodella relativa abilitazione all’esercizio professionale, conseguita a seguito delsuperamento di un apposito esame di Stato, i laureati in medicina e chirurgiache siano in possesso della relativa abilitazione all’esercizio specializzati incampo odontoiatrico ed i laureati in medicina e chirurgia in possesso dellarelativa abilitazione all’esercizio non specializzati che si siano iscritti allafacoltà entro l’anno accademico 1984-1985.

277 Decreto attuativo n. 761 della Riforma sanitaria del 1978.278 Decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257.279 Cfr. Nuovo testo unificato delle proposte di legge recanti disciplina della professione in odontoiatria (72-427-1111-1362-1945) dell’11 giugno 1997.280 Il corso di laurea in odontoiatria è stato istituito con legge 24 luglio 1985,n 409.

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64. Gli esami per l’esercizio della professione medica hanno luogo ognianno in due sessioni indette con ordinanza del Ministro della pubblicaIstruzione e possono svolgersi nei capoluoghi di provincia e nelle città sedi diuniversità o istituti superiori che siano altresì sedi di ordini o collegiprofessionali. Ai candidati è data facoltà di sostenere gli esami di Stato in unaqualsiasi delle sedi indicate nell’ordinanza281.

65. Le commissioni esaminatrici sono costituite con decreto del Ministrodella Pubblica Istruzione. Ogni commissione esaminatrice è composta di 8membri ed è suddivisa in 3 sottocommissioni. Ogni sottocommissione èpresieduta da un professore. Gli otto membri sono prescelti da terne designatedai competenti ordini professionali composte di docenti universitari e mediciprovinciali ed ufficiali sanitari di comuni di prima categoria. Gli esami hannocarattere specificatamente professionale.

66. Per gli esami di abilitazione all'esercizio della professione diodontoiatra la commissione esaminatrice è composta dal presidente e da 5membri ed è suddivisa in due sottocommissioni. Il presidente viene presceltotra i professori universitari di discipline odontostomatologiche. I membri sonoprescelti da terne designate dal competente ordine professionale e composte dadocenti universitari.

67. Per quanto concerne la percentuale degli abilitati all’esercizio dellaprofessione medica, i dati più recenti disponibili, riferiti agli anni 1993-1994,indicano che la percentuale media a livello nazionale di abilitati sui candidatimedici è molto elevata, ovvero circa il 97%. Per gli odontoiatri la percentualesale ancora anche fino al 100%. Pertanto, nonostante il settore interessatocoinvolga interessi particolarmente rilevanti, l’esame di abilitazione non appareassolutamente costituire una barriera all’accesso all’esercizio della professionedi medico chirurgo e di odontoiatra (tabelle b2 e b3 in appendice).

5.2.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni mediche68. L’attività del medico si caratterizza per l’autonomia del

professionista nella scelta delle cure da prestare. Pertanto, la regolamentazionedell’attività del medico, relativamente al profilo qualitativo, non riguarda leprestazioni in sé ma i comportamenti che il professionista deve tenere nellosvolgimento della propria attività. Al riguardo la legge stabilisce che i sanitariche si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della professione,o, comunque di atti disdicevoli al decoro professionale, sono sottoposti aprocedimento disciplinare da parte del consiglio dell’ordine o collegio della

281 Cfr DM 9 settembre 1957.

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provincia nel cui albo sono iscritti282 e prevede altresì le sanzioni disciplinari cuipuò essere assoggettato il professionista colpevole di tali fatti283.

69. Sulla base di tali norme il consiglio nazionale della federazionenazionale degli ordini dei medici ha emanato un codice di deontologiamedica284, la cui inosservanza da parte dei medici iscritti all’albo comporta lasottoposizione a procedimento disciplinare.

Il codice oltre a prescrivere generali doveri di correttezza, libertà eindipendenza professionale, nonché comportamenti consoni al decoro e alladignità della professione, disciplina i comportamenti del medico in determinatesituazioni (assistenza ai morenti, trapianti, interruzione volontaria digravidanza, fecondazione assistita, sperimentazione), nonché i comportamentiche deve adottare nei propri rapporti con il paziente, con i colleghi, con i terzi econ gli enti pubblici e privati. In particolare al medico è imposto in qualunqueluogo o circostanza di prestare le cure di urgenza285, di mantenere il segretoprofessionale, di tenersi continuamente aggiornato in relazione alle proprieconoscenze mediche, di compiere personalmente le prestazioni mediche o direndere edotto il paziente della sua eventuale sostituzione. E’ vietata ogniforma di appalto o subappalto della propria clientela, nonché la prestazione diterapie segrete.

5.2.4 le tariffe delle prestazioni mediche70. La legge stabilisce che la tariffa nazionale degli onorari per le

prestazioni medico-chirurgiche è approvata con decreto del Presidente dellaRepubblica su proposta del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro delTesoro, sentito il parere del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore diSanità e della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degliodontoiatri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri286.

La tariffa può essere sottoposta a revisione ogni due anni; deve essereriveduta ogni 5 anni287.

Il parere espresso dalla federazione nazionale al Ministro della Sanitàsulla tariffa minima nazionale non è vincolante.

282 Cfr art. 38 del d.p.r. 5 aprile 1950 n. 221.283 L’art. 40 del d.p.r. 5 aprile 1950 n. 221 prevede quali sanzioni disciplinari l’avvertimento, la censura, lasospensione e la radiazione dall’albo.284 L’ultima versione è stata approvata nel 1995.285 Al di fuori dei casi di urgenza, di forza maggiore o di quelli previsti dalla legge il medico ha il diritto dirifiutare le proprie prestazioni.286 Cfr. legge 21 febbraio 1963 n. 244.287 Il medico provinciale, sentiti il consiglio provinciale di sanità e l’ordine provinciale dei medici, puòapportare alle tariffe modifiche in aumento o in diminuzione non superiori al 30 per cento, quando neravvisi la necessità in relazione a dimostrate esigenze di carattere locale. Contro il provvedimento delmedico provinciale è ammesso ricorso al Ministro per la Sanità nel termine di trenta giorni (art. 7 dellalegge 244/1963.

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71. La tariffa fissata è quella minima nazionale, è unica e vale sia per imedici generici che per gli specialisti288.

Al riguardo la legge prevede che "l'onorario, che è fissato in relazioneall'importanza e delicatezza della prestazione ed è distinto, per il caso dellevisite medico-chirurgiche e ostetriche a seconda che si tratti di prima osuccessive prestazioni, rappresenta il minimo compatibile con il decoro e ladignità professionale"289. Pertanto, fatta salva la facoltà di effettuare prestazionia titolo gratuito, la legge vieta di esercitare la professione sanitaria ad onorariinferiori a quelli stabiliti nella tariffa minima. Ugualmente sono vietati icompensi forfettari. Il medico che non rispetta i minimi tariffari previsti dallalegge è sottoposto a procedimento disciplinare290.

Attualmente la tariffa minima vigente è fissata con d.p.r. del 17 febbraio1992.

72. Il codice deontologico dispone in materia tariffaria che il medico ètenuto a far conoscere al paziente il proprio onorario che di norma va accettatopreventivamente e che i compensi per le prestazioni medico chirurgiche nonpossono essere subordinati ai risultati delle prestazioni medesime. Il medico èlibero di prestare gratuitamente la propria opera, purché tale comportamentonon costituisca artificio per concorrenza sleale o illecito accaparramento dellaclientela. Infine, ogni forma di dicotomia di compensi estranei alla prestazioneprofessionale, nei rapporti tra medici, strutture e istituzioni sanitarie è vietata,con particolare riguardo ad ogni forma di appalto o di subappalto dellaclientela.291

5.2.5 forme di regolamentazionei) limiti territoriali73. Non esistono limiti territoriali per l’esercizio della professione

medica e odontoiatrica.

ii) divieto di pubblicità

288 Gli onorari minimi dei medici specialisti, dei professori universitari e dei liberi docenti, primariospedalieri sono aumentati del 50% sull'ammontare dei compensi stabiliti nella tariffa. L’aumento non siapplica per il caso di intervento che per sua natura presupponga la specializzazione e siacorrispondentemente compensato come prestazione specialistica (art. 3 della legge 21 febbraio 1963 n. 244).Per gli interventi effettuati con carattere d'urgenza dalle ore 22 alle ore 7, gli onorari minimi sonoraddoppiati per le visite e aumentati della metà per le altre prestazioni (art. 4 della citata legge).Le prestazioni terapeutiche eseguite nel corso delle visite sono retribuite a parte secondo la tariffa. Per leprestazioni multiple, eseguite nella stessa seduta la tariffa si applica per intero per la prestazione piùimportante, anche se non preveduta e resasi necessaria nel corso di un’operazione chirurgica: si applica conla riduzione del 50% per le rimanenti (art. 6 della citata legge).289 Cfr art. 2, secondo comma della legge n. 244/1963.290 art. 10 della legge n. 244/1963.291 Cfr. artt. 51 e 52 del Codice deontologico.

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74. Per le professioni sanitarie la regolamentazione concernente lapubblicità è disciplinata dalla legge292, che stabilisce le modalità attraverso lequali è consentita.

L’art. 1 della legge 175/1992, dispone che la pubblicità concernentel'esercizio delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie ausiliarieregolamentate dalle leggi vigenti è consentita soltanto mediante targhe appostesull'edificio in cui si svolge l'attività professionale, nonché mediante inserzionisugli elenchi telefonici293. Le targhe e le inserzioni possono contenere solo ilnome, il cognome, l’indirizzo e il numero di telefono ed eventuale recapito delprofessionista, l’orario delle visite o di apertura al pubblico, i titoli di studio,accademici, i titoli di specializzazione senza abbreviazioni che possano indurrein equivoco, le onorificenze concesse o riconosciute dallo Stato294.

75. Per la pubblicità a mezzo targhe ed inserzioni è necessarial'autorizzazione del sindaco che la rilascia previo nulla osta dell'ordine o delcollegio professionale dove è iscritto il richiedente295.

Al fine del rilascio dell’autorizzazione comunale il professionista deveinoltrare domanda competente, corredata dalla relativa documentazioneinerente l’annuncio, all’ordine o al collegio professionale che la trasmette alsindaco, con il proprio nulla osta, entro trenta giorni dalla data di presentazione.A tal fine l’ordine o il collegio professionale deve verificare l'osservanza delledisposizioni di cui all'art. 1 della legge n. 175/1992, nonché la rispondenzadelle caratteristiche estetiche della targa o dell'inserzione o delle insegne di cuiall'art. 4 della legge a quelle stabilite con apposito regolamento emanato dalMinistro della Sanità296.

76. Gli esercenti le professioni sanitarie che effettuino pubblicità nelleforme consentite senza autorizzazione del sindaco, sono sospesi dall'eserciziodella professione sanitaria per un periodo da due a sei mesi. Se la pubblicitànon autorizzata contiene indicazioni false la sospensione è da sei mesi ad unanno. A quest'ultima sanzione sono soggetti gli esercenti le professioni sanitarie

292 La legge che attualmente disciplina la pubblicità nel settore sanitario è la n. 175 del 5 febbraio 1992.Deve essere tuttavia segnalato che con il disegno di legge n. 4216 “disposizioni in materia di professionisanitarie” approvato il 1° ottobre 1997 dalla XII Commissione permanente del Senato, si intendonoapportare alcune modifiche all’articolo 1 della legge, volte a consentire anche la pubblicità sulla stampaquotidiana e periodica, nonchè alcune modifiche agli articoli 3, 5 e 8 della legge volte a mitigare le sanzioniin caso di violazione della legge.293 Con il successivo DM 16 settembre 1994 n. 657, è stato emanato il regolamento concernente ladisciplina delle caratteristiche estetiche delle targhe, insegne e inserzioni per la pubblicità sanitaria.294 L’uso della qualifica di specialista è consentito soltanto a coloro che abbiano conseguito il relativodiploma ai sensi della normativa vigente. E’ vietato l’uso di titoli, compresi quelli di specializzazioneconseguiti all’estero, se non riconosciuti dallo Stato.295 Quando l’attività a cui si riferisce l’annuncio sia svolta in provincia diversa da quella di iscrizioneall’albo professionale, il nulla osta è rilasciato dall’ordine o collegio professionale della provincia nella qualeviene diffuso l’annuncio stesso.296 Cfr. art. 2 della legge 175/1992.

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che effettuino pubblicità a qualsiasi titolo con mezzi e forme non disciplinatidalla legge n. 175/1992297.

77. La pubblicità concernente le case di cura private ed i gabinetti edambulatori mono o polispecialistici soggetti alle autorizzazioni di legge, èconsentita mediante targhe o insegne apposte sull'edificio in cui si svolgel'attività professionale nonché con inserzioni sugli elenchi telefonici attraversogiornali e periodici destinati esclusivamente agli esercenti le professionisanitarie, con facoltà di indicare le specifiche attività medico-chirurgiche e leprescrizioni diagnostiche e terapeutiche effettivamente svolte, purchéaccompagnate dall'indicazione del nome, cognome, e titoli professionali deiresponsabili di ciascuna branca specialistica. E' in ogni caso obbligatorial'indicazione del nome, cognome e titoli professionali del medico responsabiledella direzione sanitaria298.

78. Il codice deontologico stabilisce altresì che il medico deve evitare losfruttamento pubblicitario di abilità e successi professionali a vantaggiopersonale di gruppo o di scuola. I medici che svolgono attività pubblicisticacontinuativa o occasionale attraverso giornali, emittenti radiotelevisive, ovverotengono conferenze a scopo di educazione, di prevenzione, di informazione e didivulgazione sanitaria devono astenersi dal fare pubblicità e promozione inmerito alla propria attività ed evitare qualsiasi forma pubblicitaria personale oin favore di singole istituzioni pubbliche o private, sia pure in maniera indiretta,anche attraverso articoli scientifici. E’ infine vietato concedere il propriopatrocinio e il proprio avallo a pubblicità per istituzioni e prodotti sanitari eaffini di esclusivo interesse promozionale e commerciale.

l’esercizio del potere disciplinare79. All’ordine professionale è demandata la vigilanza sul corretto

esercizio della professione medica e odontoiatrica. La legge prevede che, alfine di vigilare sul rispetto dei doveri inerenti alle rispettive professioni, gliordini e i collegi ove costituiti, hanno la facoltà di promuovere ispezioni pressogli studi professionali degli iscritti ai rispettivi albi provinciali299.

La legge attribuisce all’ordine il potere disciplinare nei confronti deisanitari iscritti all’albo300.

80. I procedimenti per l’applicazione delle sanzioni disciplinari sonoregolati dagli artt. 38 ss del d.p.r. 5 aprile 1950 n. 221.

Al riguardo la legge stabilisce che i sanitari che si rendano colpevoli diabusi o mancanze nell’esercizio della professione, o, comunque di atti

297 Cfr. art. 3 della legge 175/1992.298 Cfr. art. 4 della legge 175/1992.299 Cfr art. 8, comma 2 della legge 175/1992.300 l’art. 3, lettera f) del d.l.c.p.s. 13 settembre 1946 n. 233.

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disdicevoli al decoro professionale, sono sottoposti a procedimento disciplinareda parte del consiglio dell’ordine o collegio della provincia nel cui albo sonoiscritti. 301 La legge quindi non descrive compiutamente le azioni vietate mapone delle clausole generali il cui contenuto deve essere interpretato dallenorme di etica professionale, l’enunciazione delle quali è rimessa all’autonomiadell’ordine cui spetta anche l’interpretazione e l’applicazione delle stesse.Pertanto il potere disciplinare dell’ordine si caratterizza per avere un notevolegrado di discrezionalità, atteso che resta ineludibile la possibilità che l’azionedisciplinare possa essere disposta anche per azioni o omissioni non specificatenel codice ma comunque disdicevoli al decoro e al corretto esercizio dellaprofessione.

Il procedimento disciplinare è promosso d’ufficio o su richiesta delprefetto o del procuratore della Repubblica.302 L’azione disciplinare si prescrivein cinque anni.

Le deliberazioni concernenti i procedimenti disciplinari sono dicompetenza del consiglio303 e possono essere impugnate davanti allacommissione centrale per gli esercenti le professioni, nonché in terza istanzadavanti alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite.

81. Le sanzioni disciplinari cui può essere assoggettato il professionistacolpevole di tali fatti sono l’avvertimento, che consiste nel diffidare il colpevolea non ricadere nella mancanza commessa; la censura, che è una dichiarazione dibiasimo per la mancanza commessa; la sospensione dall’esercizio dellaprofessione e la radiazione dall’albo.304

Quest’ultima, che rappresenta il provvedimento più grave, è pronunciatacontro l’iscritto che con la sua condotta abbia compromesso gravemente la suareputazione e la dignità della classe sanitaria.305

301 Cfr art. 38 del d.p.r. 5 aprile 1950 n. 221.302 Il procedimento disciplinare deve comunque essere iniziato a carico del professionista sottoposto aprocedimento penale, salvo la sua assoluzione per insussistenza del fatto o per non aver commesso quantoaddebitatogli.303 Quando il consiglio ometta di iniziare il procedimento disciplinare su richiesta del prefetto o delprocuratore della repubblica ovvero nei procedimenti già iniziati trascuri di emettere le proprie decisioni ,provvede il Prefetto, sentito il consiglio provinciale di sanità (art 48 del d.p.r. citato).304 Importano di diritto la sospensione l’emissione di un mandato o di un ordine di cattura, l’applicazioneprovvisoria di una pena accessoria o di una misura di sicurezza ai sensi degli artt. 140 e 206 del CodicePenale, l’interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni, l’applicazione di una dellemisure di sicurezza detentive di cui all’art. 215, comma 2, n. 2 e 3 , l’applicazione di una delle misure disicurezza non detentive di cui all’art. 215, comma 3 n. 1,2,3,4.Importano la radiazione di diritto all’albo la condanna per uno dei reati previsti dal Codice penale negli artt.446, 548, 550 e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la reclusione non inferiorenel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni nonché l’interdizione dai pubblici uffici o dallaprofessione di durata superiore a tre anni, il ricovero in un manicomio giudiziario nei casi di cui all’art. 222,comma 2 del Codice Penale e l’applicazione della misura di sicurezza preventiva di cui all’art. 215 delCodice Penale, comma 2, n 1.305 Il sanitario radiato dall’albo può essere nuovamente iscritto purché siano trascorsi cinque anni dalprovvedimento di radiazione e, se questa derivo da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione. In ognicaso deve risultare che il radiato, dopo la radiazione , ha tenuto una condotta irreprensibile (art. 50 del DPRcitato).

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Nell’appendice statistica sono indicati il numero dei procedimentidisciplinari negli anni 1992, 1993 e 1994.

5.2.6 altre forme di regolamentazione all’esercizio dell’attivitàa) Incompatibilità82. Non esiste nell’ordinamento professionale alcun divieto per i sanitari

impiegati nella pubblica amministrazione di esercitare la libera professione306.

83. Alcune incompatibilità sono previste dalle norme deontologiche. Alriguardo il codice vieta al medico qualsiasi forma di accordo o di rapportodiretto o indiretto con altre categorie sanitarie o di arti ausiliarie delleprofessioni sanitarie che svolgano attività o effettuino iniziative di tipoindustriale o commerciale inerenti l’esercizio della professione.307

b) limiti all’esercizio in forma societaria84. Per l’esercizio professionale in forma societaria valeva anche per i

medici il divieto d’ordine generale imposto per tutte le professioni c.d. protettedalla legge del 23 gennaio 1939 n. 1825. 308

Tuttavia, venivano escluse dal divieto cliniche e case di cura, in ragionedel fatto che nelle stesse l'organizzazione "alberghiera" prevale di gran lungasull'attività professionale sanitaria e l'esercizio della professione è solo unelemento di secondo piano dell'attività organizzata dall'impresa. 309

85. Inoltre, un implicito riconoscimento delle strutture societarie inambito professionale poteva desumersi dalle norme di cui all’art. 4, secondocomma, della legge 412 del 30 dicembre 1991310, e dall’art. 8 del Decreto

306 Cfr art. 10 del Decreto Legislativo 13 settembre 1946 n. 233, il quale dispone che “i sanitari che sianoimpiegati in una pubblica amministrazione ed ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, non siavietato l’esercizio della libera professione, possono essere iscritti all’albo.”307 Cfr. art 80 del Codice deontologico.308 Cfr. Cassazione 29 gennaio 1973, n. 268 in Foro It. 1973, I, 3194; Cassazione 4 luglio 974, n. 1936 inForo It. 1974, I, 3050; Cassazione 8 ottobre 1975, n. 3193, in Foro It, 1976, I, 712; Cassazione 12 marzo1987, n.2555, in Giur. Ital. 1989,I,1,393; Cassazione 7 gennaio 1993,n.79, in Giur. Ital.1993,I, 1,1927.Così anche Corte d'Appello di Brescia, n. 323/90- AMDI/ Mezzena del 4 aprile 1990, Corte d'Appello diBrescia n. 322/90- AMDI/ S. Giuseppina S.r.l. del 4 aprile 1990)309 Tale principio deve ritenersi consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte che già nellasentenza n. 5656/1992, aveva ritenuto lecito il contratto con il quale una società, previo versamento di undeterminato corrispettivo si era impegnata a fornire per un certo lasso di tempo al professionista i benistrumentali ed i servizi utilizzati poi dal sanitario nell'esercizio della sua personale attività ribadendo cosìche il rapporto professionale deve instaurarsi esclusivamente con il medico che fornisce al paziente larelativa prestazione utilizzando strumenti messigli a disposizione da parte di terzi che quindi noneserciterebbero in proprio alcuna attività protetta dalla legge n. 1815/1939.310 L’art. 4, comma 2 della legge (Disposizioni in materia di finanza pubblica) dispone che “le convenzionipossono essere stipulate anche con istituzioni sanitarie private gestite da persone fisiche e da società cheerogano prestazioni poliambulatoriali, di laboratorio generale e specialistico in materia di analisi chimico-cliniche, di diagnostica per immagini, di medicina fisica e riabilitazione, di terapia radiante ambulatoriale,di medicina nucleare in vivo e in vitro”.La legge sembra voler far salvo il principio che la prestazione ha carattere personale e deve riferirsi alsingolo professionista, disponendo poi che “dette istituzioni sanitarie sono sottoposte al regime diautorizzazione di cui all’art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e devono avere un direttore sanitario

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Legislativo del 30 dicembre 1992 n. 502 (Riordino della disciplina in materiasanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 421/1992), come modificato dalDecreto Legislativo del 7 dicembre 1993 n. 517 (Modificazioni al Decretolegislativo 30 dicembre 1992 n. 502)311.

86. Il consiglio nazionale della federazione in un documento del 19/20gennaio 1990, ha evidenziato un proprio orientamento al riguardo precisandoche "le prestazioni sanitarie possono essere erogate dal singolo professionista,da associazioni tra professionisti, da società di capitali nelle vari forme disocietà miste purché costituite da soli professionisti o a maggioranza di questi”.

Anche le norme deontologiche riconoscono la possibilità di utilizzare laforma organizzativa societaria nello svolgimento dell’attività, ma rispettandoalcuni criteri. Il codice deontologico prevede infatti che gli accordi, i contratti ele convenzioni allo svolgimento di attività professionale in forma associativa,anche utilizzando strutture di società per la prestazione di servizi, debbanoessere sottoposti all’approvazione dell’ordine competente per territorio.312

87. Le norme deontologiche dispongono poi che il medico non devepartecipare a imprese industriali, commerciali o di altra natura che necondizionino la dignità e indipendenza professionale. Il medico può tuttaviautilizzare le strutture di società per la prestazione di servizi a mero supportodella sua attività professionale. L’attività professionale può essere svolta informa associata. Il medico nell’ambito di ogni forma associativa o partecipativadell’esercizio della professione è e resta responsabile dei propri atti e delleproprie prescrizioni.313

c) circolazione in ambito comunitario88. La legge 22 maggio 1978, n. 217, modificata dalla legge 27 gennaio

1986, n. 19 e dal Decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 353, ha disciplinato ildiritto di stabilimento da parte dei medici cittadini di Stati membri delleComunità europee. Ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee chesiano in possesso dei diplomi, dei certificati e dei titoli previsti dalla legge èriconosciuto il titolo di medico e di medico specialista ed è consentitol’esercizio della relativa attività professionale. Ai fini dell’esercizio dell’attivitàdi medico l’interessato deve presentare al Ministero della sanità la domandacorredata dalla relativa documentazione. Il Ministero della sanità entro duemesi dalla data di ricezione della domanda accerta la regolarità della stessa e

o tecnico, che risponde personalmente dell’organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possessodei prescritti titoli professionali da parte del personale che vi opera”.311 L’art.8, quinto comma del decreto legislativo dispone che l’unità sanitaria locale nell’assicurare aicittadini l’erogazione delle prestazioni specialistiche, “si avvale dei propri presidi, nonché delle aziende edegli istituti ed enti di cui all’art. 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, oprivate, sulla base di criteri di integrazione con il servizio pubblico, e dei professionisti”.312 Cfr art. 79 del Codice deontologico.313 Cfr. art. 81 del Codice deontologico.

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della documentazione e provvede alla sua trasmissione all’ordine professionalecorrispondente alla provincia indicata dall’interessato, il quale entro un mesedalla data di ricezione della domanda adempie alla procedura per l’iscrizioneall’albo. Il cittadino di altri Stati membri delle Comunità che ha ottenutol’iscrizione ha gli stessi diritti ed è soggetto agli stessi obblighi e sanzionidisciplinari previsti per i medici italiani.

89. La legge 24 luglio 1985, n. 409, modificata dal Decreto legislativo 2maggio 1994, n. 353, ha disciplinato il diritto di stabilimento e la liberaprestazione dei servizi da parte dei dentisti cittadini di stati membri delleComunità Europee. Ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee cheesercitano una attività professionale nel campo della odontoiatria e che siano inpossesso dei diplomi, dei certificati e dei titoli previsti dalla legge è consentitol’esercizio della relativa attività professionale.

Per ottenere l’autorizzazione all’esercizio della professione diodontoiatra l’interessato deve presentare al Ministero della sanità la domandacorredata dalla relativa documentazione. Il Ministero della Sanità entro tre mesidalla data di ricezione della domanda accerta la regolarità della stessa e delladocumentazione e provvede alla sua trasmissione all’ordine professionalecorrispondente alla provincia indicata dall’interessato, il quale entro un mesedalla data di ricezione della domanda completa la procedura per l’iscrizioneall’albo. Il cittadino di altri Stati membri delle Comunità che ha ottenutol’iscrizione ha gli stessi diritti ed è soggetto agli stessi obblighi e sanzionidisciplinari previsti per gli odontoiatri italiani.

90. Gli odontoiatri cittadini italiani che si trasferiscono in uno dei Paesimembri delle Comunità europee possono, a domanda, conservare l’iscrizioneall’ordine italiano di appartenenza.

d) le recenti novità legislative91. Il 5 agosto 1997 è stato approvato dal governo un disegno di legge

delega concernente la riforma degli ordini dei medici chirurghi. Pertanto entrododici mesi dalla data di entrata in vigore della legge il governo è delegato ademanare, con uno o più decreti aventi forza di legge, le norme necessarie permodificare la legislazione vigente.

I principi e i criteri direttivi a cui dovranno essere informati i decretilegislativi introducono rilevanti novità in merito alle funzioni che la federazionedell’ordine dei medici sarà chiamata a svolgere in futuro.

Tra le numerose innovazioni meritano di essere segnalate in questa sedele disposizioni in materia di formazione e aggiornamento professionale, ed inparticolare: la norma che attribuisce agli ordini provinciali il compito di“provvedere all’aggiornamento professionale e alla verifica periodica dellaspecificità professionale degli iscritti, anche mediante convenzione con le

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università”314; la norma che attribuisce alle Federazioni regionali il compito “diconcorrere all’organizzazione del tirocinio di formazione complementare inmedicina generale”315; nonchè la norma che attribuisce alla federazionenazionale il compito di “promuovere e favorire tutte le iniziative intese afacilitare il progresso culturale degli iscritti e dare direttive per la verificaprofessionale degli iscritti.”316

Deve essere osservato che prima di questo intervento legislativol’aggiornamento professionale era rimesso, come in tutte le altre professioni,all’iniziativa e all’etica individuale.

Pertanto, le norme in parola che attribuiscono alla federazione e ai suoiorgani periferici specifiche funzioni non solo di promozione, ma anche diverifica periodica della preparazione degli iscritti, appaiono di notevoleimportanza soprattutto in considerazione del fatto che nelle attivitàprofessionali, ed in particolare in quella medica, la materia oggetto dellaprofessione subisce continue evoluzioni e lo standard di preparazione richiestoper l’accesso può in breve tempo non essere più sufficiente se nonadeguatamente arricchito attraverso un continuo aggiornamento.

92. Tuttavia, il disegno di legge che con tali disposizioni sembraridisegnare il ruolo della federazione dell’ordine dei medici in modo piùrispondente alle effettive esigenze della professione, contiene anchealcunedisposizioni decisamente involutive.

In questa direzione si pone infatti l’attribuzione agli ordini provinciali delcompito di “promuovere iniziative per la repressione dell’esercizio e per ilrispetto delle normative vigenti in materia sanitaria, in particolare per quantoattiene la pubblicità317”; nonchè l’attribuzione alla federazione nazionale delcompito di approvare le tariffe minime e massime degli onorari delle prestazioniprofessionali, da rendere esecutive con decreto del Ministero della sanità edesprimere parere obbligatorio nella determinazione delle tariffe del serviziosanitario nazionale”.

Quest’ultima disposizione, in particolare, è diretta a potenziarenotevolmente il ruolo della federazione dell’ordine dei medici nelladeterminazione delle tariffe, capovolgendo la situazione finora vigente: lafederazione, che poteva esprimere solo un parere non vincolante al Ministerodella sanità in merito alle tariffe determinate da quest’ultimo, assumerebbeinvece essa stessa il compito di approvarle, relegando al Ministero un sempliceruolo di esecuzione.

Va osservato che l’attribuzione alla categoria professionale di un ruolodeterminante nella definizione delle tariffe minime e massime non solo non èfunzionale al perseguimento di interessi pubblici connessi all’esercizio della

314Articolo 2, lettera d) n. 4 del disegno di legge.315 Art. 2, lettera e) n. 2) del disegno di legge.316 Art. 2, lettera f) n. 3) del disegno di legge.317 Art. 2 lettera d). 7.

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professione, ma vi si pone in assoluto contrasto. Appare infatti quanto maicontraddittorio che la possibilità di fissare le tariffe massime, che in un settorequale quello della salute potrebbero giustificarsi a tutela del consumatore neiconfronti di possibili comportamenti opportunistici adottati dai professionisti,sia attribuita proprio a questi ultimi, anziché semmai al regolamentatore.

5.2.7 Profili comparatistici93. La presenza in Italia del sovrannumero dei medici rispetto alla

popolazione utente è confermata anche dal confronto con i dati relativi agli altriPaesi Europei: a fronte di 4,9 medici per mille abitanti nel nostro Paese, nelRegno Unito sono solo 1,9, in Francia 2,5, in Belgio 3,3, in Danimarca 2,6, inGermania 2,7, in Spagna 3,4, in Grecia 1,7, in Irlanda 1,5, in Portogallo 2,2 e,infine, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi il 2,4 (Stima del Cnel, 1992).

94. In Germania l’iscrizione agli ordini, Kammer, (corporazioni didiritto pubblico istituite a livello regionale) non è obbligatoria, benché, di fattoil medico non iscritto non possa avere incarichi professionali pubblici. LeKammer svolgono funzioni soprattutto in materia di approvazione del codicedeontologico, di controllo sulla formazione specialistica e sul mantenimento dellivello professionale, ma non esercitano funzioni disciplinari che sono svoltedirettamente dallo Stato a mezzo di appositi tribunali professionali (composti daun magistrato e da professionisti appartenenti alla categoria).

Inoltre, esiste un organismo nazionale di coordinamento che ha inparticolare un ruolo consultivo presso il governo e di rappresentatività dellaprofessione medica, la Bundesaertzekammer, che definisce ogni anno gliorientamenti programmatici e politici nei riguardi dei medici tedeschi.

95. In Francia, l’iscrizione è obbligatoria presso il consigliodipartimentale dell’ordine, che esercita in ambito dipartimentale e sotto ilcontrollo del consiglio nazionale, le attribuzioni generali dell’ordine, ovveroprincipalmente la tenuta e la conservazione dell’albo. I membri del consigliodipartimentale dell’ordine vengono eletti dall’assemblea generale dei mediciiscritti all’albo. I membri dei consigli regionali sono eletti dai consiglidipartimentali ed esercitano la competenza disciplinare in prima istanza.

L’ordine dei dentisti ha la stessa struttura di quello dei medici.

96. Nel Regno Unito, l’iscrizione non è obbligatoria. Il medico cittadinodel Regno Unito in possesso della laurea e dopo aver fatto un tirocinio delladurata di un anno ha diritto alla registrazione al General Medical Council, matale iscrizione non è obbligatoria. Il General Medical Council è l’autoritàcompetente anche in materia di procedimenti disciplinari. Per quanto riguarda identisti, non esiste un ordine ma un’associazione nazionale volontaria. Esisteinoltre un’importante associazione la British Medical Association alla quale

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aderisce circa il 75% dei medici e che si occupa prevalentemente di eticamedica.

97. La tabella che segue mette a confronto i sistemi della formazionespecialistica adottati dagli altri Paesi UE.

Fonte: federazione nazionale ordine dei medici e degli odontoiatri.

98. Per quanto riguarda la pubblicità, le norme variano da paese a paese.Nella maggior parte dei Paesi, Austria, Francia, Gran Bretagna, Olanda,Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Spagna, Danimarca e Svezia è permessalimitatamente; è preclusa invece in Belgio. Le norme relative alla pubblicitàsono contenute nei Codici deontologici in Belgio, Francia, Irlanda,Lussemburgo e Portogallo; sono invece contenute anche nella legge in GranBretagna, Spagna e Svezia.

Deve essere sottolineato che rispetto all’Italia, dove la pubblicità èammessa solo sugli elenchi telefonici, negli altri Paesi è ammessa anche suigiornali (Austria, Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo,Spagna e Svezia) e in televisione (Spagna e Svezia).

La pubblicità indiretta attraverso articoli di giornali scritti dai medici, oattraverso interviste televisive è consentita, purché in forma discreta, in Austria,Francia, Gran Bretagna, Irlanda e Lussemburgo.

Anche con riferimento ai contenuti la nostra legge risulta più restrittivarispetto alle altre. Ad esempio in Danimarca è consentito dare informazionianche riguardo ai trattamenti e ai prezzi e in Gran Bretagna è consentita unapubblicità che si limiti ai fatti, e, quindi riferita anche ai tassi di successo e aiprezzi.

Ente che rilasciail diploma

Numerochiuso

Chi determinail numero

chiusoBelgio Ministero Sanità no

Germania Arztekammer no

Danimarca Board Health si professione

Spagna Ministero sanità si professione

Francia ordine mediciUniversità

si Ministero sanità

Regno Unito Joint Committee si JointComm/Ministero

Grecia Ministero sanità si Ministero sanità

Irlanda Royal College si JointComm/Ministero

Lussemburgo Ministero/ordinedei medici

no

Paesi Bassi SpecialistsCommittee

si professione

Portogallo ordine dei medici si Ministero

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99. Per quanto riguarda l’esercizio in forma societaria della professionemedica, nel Regno Unito è consentito ai medici di esercitare la professione informa societaria, anche di tipo commerciale, per fornire consulenze cliniche,diagnostiche e mediche. Nei loro rapporti reciproci i medici associati sonoobbligati a rispettare le norme di etica professionale e in particolare le direttivedel General Medical Council concernenti il carattere confidenziale delleinformazioni sui loro pazienti.

Le associazioni e le società per l’esercizio della professione medica sonosoggette alle norme di legge generali in vigore per le società civili.

In Spagna è possibile la costituzione di società con persone estranee allaprofessione purché tali società abbiano per scopo di facilitare l’esercizio dellaprofessione e non abbiano un fine lucrativo estraneo all’esercizio professionale.L’esercizio in comune non elimina la responsabilità personale del medico e laresponsabilità del gruppo è solo sussidiaria. Gli accordi, secondo il codicedeontologico medico devono essere stipulati per iscritto e sottoposti al collegioprovinciale dei medici che valuta la compatibilità delle clausole con le normedeontologiche.

In Francia e in Germania sono state emanate leggi ad hoc per tutte leprofessioni che consentono quindi anche ai medici l’esercizio della medicina informa societaria di cui si dirà ampiamente nel capitolo 7.

5.2.8 conclusioni100. La tabella che segue indica le principali forme di regolamentazione

dell’attività medica, sintetizzando quanto fino ad ora illustrato al riguardo.

Tabella 3 - Principali forme di regolamentazione dell’attività medicaentrata standard di qualità

minima del serviziotariffe altre forme di

regolamentazionerequisiti soggettivia) laurea in medicina

e chirurgiab) tirocinio ospeda-

lieroc) esame di Statod) iscrizione all’albo

Tariffa unica, minimae inderogabile

divieto di pubblicità

requisiti relativi airapporti con laclientelaa) obbligo di prestarecure d’urgenzab) segretoprofessionalec) obbligo di prestarepersonalmente le cure

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La professione medica incide su un interesse pubblico di fondamentaleimportanza, quale è quello della tutela della salute pubblica. Pertanto, conriferimento ai requisiti previsti nella fase di accesso alla professione, laspecifica preparazione richiesta al professionista conseguibile attraverso unlungo corso di studi e un tirocinio pratico appare proporzionata all’obiettivoche si intende perseguire e consona agli interessi connessi all’esercizio dellaprofessione.

Appare invece di difficile comprensione il fatto che a fronte di unpercorso formativo oneroso sia poi scarsamente valorizzato, nella fase diaccesso, l’esame di Stato, che dovrebbe rappresentare lo strumento selettivopiù appropriato e importante per verificare il possesso dei requisiti minimi daparte di coloro che devono esercitare la professione e, quindi, i risultati dellaformazione. Nel corso dell’indagine è infatti emerso che nella professionemedica e odontoiatrica, l’esame di Stato non rappresenta un effettivo strumentodi verifica ma una pura formalità, come è attestato dalla circostanza che lapercentuale degli abilitati è prossima al cento per cento.

L’irrilevanza dell’esame di Stato appare stridente sia rispetto alla rigiditàcon cui vengono regolamentati gli accessi in altre professioni, quali quella delnotaio e del farmacista che certamente non incidono su beni e valori dimaggiore importanza, sia alla rigidità con cui viene poi regolamentatol’esercizio della professione medica, con la quale probabilmente si intendonocoprire eventuali inefficienze determinate dalla regolamentazione della fase diaccesso.

101. La regolamentazione della fase di esercizio della professionemedica appare caratterizzata dall’utilizzo di una pluralità di strumenti perassicurare la qualità del servizio, alcuni dei quali appaiono non solo superflui,ma persino inidonei al raggiungimento di tale obiettivo.

L’assetto regolamentativo è caratterizzato dalla previsione di normedeontologiche e di legge con la quale vengono fissati moltissimi standardqualitativi relativi sia alle prestazioni che ai comportamenti dei professionisti.

Tali standard e l’esercizio della funzione di controllo del rispetto deglistessi da parte dell’ordine dovrebbero rappresentare delle forme diregolamentazione sufficienti a garantire il corretto svolgimento dell’attivitàprofessionale, in un ambito in cui il consumatore spesso non è in grado divalutare l’adeguatezza della prestazione resa dal professionista.

Non appaiono invece idonei e necessari a tutelare il consumatore nél’imposizione di un divieto così ampio di farsi pubblicità né l’imposizione ditariffe minime inderogabili.

a) le tariffe102. Come esplicitamente stabilito dalla legge la previsione di una tariffa

minima inderogabile appare diretta esclusivamente a tutelare il decoro e la

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dignità professionale, ovvero l’interesse della categoria. Il tentativo digiustificare l’inderogabilità del minimo tariffario con la tutela del consumatoreappare del tutto incoerente in considerazione del fatto che, nel caso di specie,non è prevista una tariffa massima. Siffatta previsione si traduce, quindi, in unosvantaggio per il consumatore che, in un settore particolarmente delicato, nonsolo non è tutelato dalla previsione di una tariffa massima, ma non ha neanchela possibilità di assicurarsi la prestazione a prezzi inferiori a quelli stabiliti dallalegge.

Peraltro non è escluso che in questo settore, nel quale esiste unsovrannumero di medici rispetto alle esigenze della popolazione, la possibilitàdi determinare liberamente le tariffe possa modificare significativamente iprevalenti comportamenti di prezzo.

b) la pubblicità103. Le attuali norme sulla pubblicità in materia sanitaria sono

estremamente rigide e consentono in buona sostanza unicamente la pubblicitàsugli elenchi telefonici, scevra peraltro da qualsiasi indicazione utile alconsumatore in ordine alle esperienze acquisite dal medico e ai prezzi praticati.E ciò proprio in un settore dove maggiore è l’asimmetria informativa a sfavoredel consumatore e dove l’elevato grado di specializzazione dei professionistirenderebbe ancora più importante la diffusione di informazioni concernenti lespecifiche competenze ed esperienze da essi acquisite.

104. Al riguardo, se si comprendono le ragioni che in questo settoreimpediscono di incentivare l’adozione di strumenti di sollecitazione delladomanda, deve altresì essere considerato che, nel caso di specie, la pubblicitàmolto difficilmente può indurre il consumatore ad acquistare il servizio inmisura maggiore di quanto avrebbe fatto in assenza di pubblicità. Infatti ilpresupposto per rivolgersi ad un medico è sempre la presenza di un disturbo odi una malattia. La pubblicità interviene solo quando la situazione di bisogno siè già verificata, e può rappresentare un utile strumento al fine di fornire alconsumatore un bagaglio informativo che lo agevoli nella scelta del medico acui rivolgersi.

105. Pertanto, la possibilità di effettuare una pubblicità informativa, chesi attenga esclusivamente alla rappresentazione veritiera dei fatti, potrebbesopperire in parte alla situazione di asimmetria informativa particolarmenterilevante in cui versa il paziente nei confronti del medico curante e tradursi inun vantaggio per il consumatore.

La possibilità di avere accesso ad una serie di informazioni relative adesempio ai prezzi, alle esperienze e ai successi conseguiti, metterebbe ilpaziente in condizioni di poter fare una scelta maggiormente consapevole econveniente e ridurrebbe notevolmente i costi che lo stesso deve sostenere per

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acquisire per altre vie le informazioni necessarie alla scelta del medico cheritiene più adatto al suo caso.

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appendice statistica

farmacisti

Tabella a1 - I consumi farmaceutici per regioni nell’anno 1994 espressi in percentuale.

Fonte: Osservatorio Farmindustria, Indicatori farmaceutici, giugno 1995

Regioni ripartizione %dei consumi

indice consumiprocapite

Piemonte 8,03 106,72Valle d’Aosta 0,22 107,53

Lombardia 16,39 105,22Trentino Alto Adige 1,69 106,65

Veneto 7,73 100,00Friuli Venezia Giulia 2,18 104,56

Liguria 3,74 125,73Emilia Romagna 7,77 114,53

Toscana 7,17 113,02Umbria 1,50 107,92Marche 2,71 104,56Lazio 8,55 94,86

Abruzzo 2,23 98,34Molise 0,45 77,82

Campania 8,48 86,94Puglia 5,85 83,50

Basilicata 0,81 77,20Calabria 3,17 87,33Sicilia 8,36 96,29

Sardegna 2,70 94,01Totale Italia 100,00 100,00

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Tabella a2 - Distribuzione regionale delle farmacie e rapporto abitanti/farmacienell’anno 1994.

Fonte: Osservatorio Farmindustria, Indicatori farmaceutici, giugno 1995

Regioni farmacie abitanti/farmacie

Piemonte/ Valle d’Aosta 1391 3181Lombardia 2438 3651Trentino Alto Adige 208 4344Veneto 1178 3748Friuli Venezia Giulia 353 3380Liguria 550 3023Emilia Romagna 1135 3458Toscana 989 3567Umbria 240 3413Marche 468 3073Lazio 1337 3878Abruzzo e Molise 591 2699Campania 1407 4057Puglia 953 4266Basilicata 194 3150Calabria 703 2958Sicilia 1375 3655Sardegna 527 3145Totale Italia 16.037 3.562

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Tabella b1 - Rapporto abitanti/medici nelle varie regioni d’Italia nel 1994.Regioni abitanti/mediciPiemonte 224Valle d’Aosta 246Lombardia 208Trentino Alto Adige 244Veneto 221Friuli Venezia Giulia 211Liguria 151Emilia Romagna 168Toscana 173Umbria 164Marche 200Lazio 143Abruzzo 168Molise 188Campania 180Puglia 216Basilicata 233Calabria 165Sicilia 172Sardegna 181Fonte: Fed. Naz. dell’ordine dei medici.

Tabella b2 - Candidati e abilitati agli esami di abilitazione* medicicandidati abilitati %

IISESS.1993

3.121 3.033 97

I SESS.1994

1.489 1.453 97

IISESS.1994

2.012 1.918 95

Fonte: Fed. Naz. dell’ordine dei medici.*I dati si riferiscono alle seguenti Università: Cagliari, Pavia, Pisa, Bologna, Brescia,l’Aquila, A. Gemelli, Siena, Verona, Ferrara, Parma, Messina, Bari, Catania, Trieste, Udine,Modena, Reggio Calabria, Perugia, Genova, Padova e Firenze.

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Tabella b3 - Candidati e abilitati agli esami di abilitazione*odontoiatri

candidati abilitati %IISESS.1993

308 299 97

I SESS.1994

131 130 99

IISESS.1994

276 276 100

Fonte: Fed. Naz. dell’ordine dei medici* I dati si riferiscono alle seguenti facoltà: Cagliari, Pavia, Pisa, Bologna, l’Aquila, A.Gemelli, Siena, Verona, Ferrara, Parma, Messina, Bari, Catania, Modena, Genova, Padova eFirenze.

Tabella b4 - Procedimenti disciplinari medici, in funzione del tipo di violazione.*ABUSI TARIFFA

Procedimenti1992

64 1

Procedimenti1993

153 2

Procedimenti1994

149 4

Fonte: Fed. Naz. dell’ordine dei medici*Dati relativi ai seguenti ordini Provinciali: Livorno, Firenze, Parma, Avellino, Teramo,Vercelli, Perugia, Mantova, Forlì, Crotone, Sondrio, Arezzo, Biella, Lecco, Trento, Sassari,Pavia, Terni, Asti, Rieti, Bergamo, Cremona, Prato, Palermo, Novara, Enna, Grosseto,Benevento, Campobasso, Siena, Lodi, Savona, Bari, Frosinone, Alessandria, Pordenone,Udine, Bolzano, Ancona, Brindisi, Pesaro, Trieste, Belluno, Caltanissetta, Brescia, Cosenza.

Tabella b5 - Procedimenti disciplinari odontoiatri.ABUSI TARIFFA

Procedimenti 1992 20 1Procedimenti 1993 64 3Procedimenti 1994 51 3

Fonte: federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri*Dati relativi ai seguenti ordini Provinciali: Livorno, Firenze, Parma, Avellino, Teramo,Vercelli, Cremona, Perugia, Mantova, Forlì, Crotone, Sondrio, Arezzo, Biella, Trento,Sassari, Pavia, Asti, Rieti, Bergamo, Palermo, Prato, Savona, Novara, Grosseto, Benevento,Campobasso, Siena, Lodi, Bari, Frosinone, Alessandria, Pordenone, Udine, Bolzano,Ancona, Brindisi, Pesaro, Trieste, Belluno, Brescia, Cosenza, Caltanissetta.

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CAPITOLO SESTO: LA REGOLAMENTAZIONE DELLEPROFESSIONI TECNICHE

1. Questo capitolo riguarda l’assetto regolamentativo delle attività svoltedalle più importanti figure professionali appartenenti all’area tecnica, gliingegneri e gli architetti, nonchè le attività svolte dai geometri. Esistonotuttavia, com’è noto, varie altre professioni protette che erogano prestazionitecniche e che frequentemente operano in concorrenza con ingegneri, architettie geometri. Pertanto, nell’ambito dei paragrafi riguardanti le competenze diquesti ultimi, vengono indicate le attività svolte anche da professionisti iscrittiin altri albi e, quando rileva, le attività svolte da operatori economici nonprotetti.

Occorre inoltre osservare in via preliminare che la regolamentazionepubblica degli ingegneri e degli architetti viene disciplinata in modo unitario dauna serie di norme comuni ad entrambe le professioni (si veda al riguardo lasezione successiva riguardante i principali riferimenti normativi). Pertantol’illustrazione che segue considera congiuntamente - nella prima parte - gliingegneri e gli architetti e successivamente analizza - nella seconda parte - laregolamentazione delle attività svolte dai geometri.

6.1 Gli ingegneri e gli architettiprincipali riferimenti normativiLegge 24 giugno 1923 n. 1395, “Tutela del titolo e dell’esercizio

professionale degli ingegneri e degli architetti”; r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537,“Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”; legge 2 marzo1949, “Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionalidell’ingegnere e dell’architetto”; legge 4 marzo 1958 n. 143 “Norme sullatariffa degli ingegneri e degli architetti”; d.m. 11 giugno 1987 “Adeguamentodella tariffa per le prestazioni professionali degli ingegneri e degli architetti”.

6.1.1 Le attività degli ingegneri e degli architettii) tipologia e caratteristiche2. Risulta di un certo interesse mettere in rilievo che, contrariamente a

molte delle altre figure professionali fin qui esaminate, quella dell’ingegneretrova storicamente il proprio radicamento non solo in ambito libero-professionale, ma anche nell’impiego pubblico e presso imprese industriali.

A questa ampia e diversificata presenza corrisponde un altrettantovariegato ventaglio di competenze che spaziano dalle attività in ambito edilizioalla progettazione industriale ed infrastrutturale.

Ciò del resto risulta anche dalle norme istitutive delle professioni diingegnere e di architetto che individuano in linee generali l’oggetto e i limiti

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delle stesse318. Relativamente, in particolare all’ambito edilizio, emerge che ledue figure hanno una competenza comune, benché all’architetto sembrerebbeessere stata attribuita una riserva - connessa originariamente ad una formazionespecialistica dell’architetto stesso - nelle opere di edilizia civile che presentanorilevante carattere artistico e nel restauro e nel ripristino degli edifici“vincolati”.

Con riferimento a tale riserva, può tuttavia rilevarsi che laspecializzazione dell’architetto rispetto a quella dell’ingegnere civile inparticolare si è attenuata nel corso del tempo in ragione della simile formazionedi tali figure.

Deve inoltre mettersi in luce che tale riserva appare superata anche sullabase di quanto prevede la Direttiva 85/384 CEE del consiglio del 10 giugno1985, recante “Reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titolidel settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolarel’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi”,la quale, nelle premesse, sottolinea che le attività pertinenti all’architettura sonoesercitate nella maggior parte degli stati membri da persone denominatearchitetti, “senza però che tali persone detengano il monopolio nell’eserciziodi tali attività”, potendo le stesse “essere esercitate da altri professionisti e, inparticolare, da ingegneri che abbiano ricevuto una formazione specifica nelsettore delle costruzioni e dell’arte edilizia” (più diffusamente, per quantoconcerne i titoli professionali che legittimano all’esercizio delle attività inesame, tra i quali figura per l’appunto la laurea in ingegneria civile, v. infra par.28)319.

3. Va poi rilevato che la regolamentazione concernente l’oggetto delleprofessioni di ingegnere e di architetto, e precisamente l’art. 53 del r.d.2537/1925, nell’indicare l’ambito di attività di tali professioni, precisa che le

318 Al riguardo, va rilevato che, in attuazione dell’art. 7 della legge 24 giugno 1923 n. 1395, recante “Tuteladel titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti”, l’art. 51 r.d. 23 ottobre 1925 n.2537, recante “Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”, prevede che “sono di spettanzadella professione di ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare edutilizzare i materiali direttamente o indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavorirelativi alle vie e ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, allemacchine e agli impianti industriali; nonchè in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e leoperazioni di estimo”. Ai sensi dell’art. 52, comma 1, dello stesso decreto, poi, “formano oggetto tanto dellaprofessione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonchè i rilievi geometrici ele operazioni di estimo ad esse relative”. Al riguardo, il comma 2 dello stesso articolo 52 precisa che, mentrela parte tecnica di tali attività può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere, le opere diedilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici protetti exlege in quanto beni di interesse storico, artistico, archeologico sono di spettanza dell’architetto. L’art. 53,infine, dispone espressamente che le suindicate disposizioni (artt. 51 e 52) valgono ai fini delladelimitazione delle due professioni.319 Tale direttiva è stata recepita in Italia con decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 129, il quale, tuttavia,all’art. 1, comma 2, dispone “Restano in vigore le disposizioni che regolano l’esercizio in Italia delleattività di cui al primo comma (cioè di quelle rientranti nel settore dell’architettura) da parte di persone inpossesso di titolo professionale idoneo in base alle norme vigenti alla data di entrata in vigore del presentedecreto”, mantenendo in tal modo ferma la citata riserva incoerentemente con l’orientamento comunitario.

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disposizioni valevoli ai fini della delimitazione delle professioni di ingegnere edi architetto “non pregiudicano quanto può formare oggetto dell’attivitàprofessionale di determinate categorie di tecnici specializzati, nè le disposizioniche saranno date con i regolamenti di cui all’ultimo comma dell’art. 7 della l.24 giugno 1923 n. 1395”, riferentesi ai geometri e ai periti tecnici320.

4. La legislazione, a ben vedere, appare essere ispirata non già alprincipio di riconoscere la facoltà di svolgere attività in via esclusiva, quantopiuttosto di ammettere una competizione quanto meno inter-professionale321.

Ciò è confermato dal fatto che ad altre categorie di professionisti tecnici -geometri, periti industriali, geologi e, più settorialmente, dottori agronomi, peritiagrari e agrotecnici - sono state attribuite dai rispettivi ordinamenti alcunecompetenze analoghe a quelle degli ingegneri e degli architetti, seppurelimitate, in alcuni casi, all’esecuzione di prestazioni meno complesse.Deve inoltre rilevarsi che, nell’offerta di determinate prestazioni, ancheoperatori non protetti, essendo privi di un albo, quali i laureati in urbanistica,sono in concorrenza con i professionisti protetti.

5. In particolare, con riguardo a questi ultimi, il Consiglio di Stato, in unarecente pronuncia, dopo aver osservato che non esiste alcuna riserva dicompetenza degli ingegneri e architetti o di iscritti ad altri albi professionalirelativamente all’attività urbanistica e di pianificazione territoriale, precisa chenè la prassi di affidare gli incarichi di progettazione ad ingegneri e architetti“ancorchè costantemente seguita, nè la mancata istituzione di un apposito albodegli urbanisti possono precludere l’affidamento degli incarichi dipianificazione a soggetti che, come i laureati in urbanistica, dimostrino ilpossesso di un elevato grado di istruzione specialistica in materia”322.

ii) alcune caratteristiche dell’offerta e della domanda6. Per quanto concerne i soggetti legittimati ad operare nel settore, va

rilevato che l’offerta è costituita non solo da singoli professionisti323, mafrequentemente assume forme organizzative di natura associativa, come è

320 Più precisamente, l’art. 7, cui l’art. 53 r.d. n. 2537/1925 rinvia, dopo aver stabilito la formazione di “albispeciali per i periti agrimensori (geometri) e per altre categorie di periti tecnici”, prevede altresì che, conapposito regolamento, “saranno emanate le norme (...) per la determinazione dell’oggetto e dei limitidell’esercizio professionale” di tali categorie.321 Al riguardo, appare significativo che la relazione alla legge delega 28 dicembre 1952 n. 3060, recante“Delega al governo della facoltà di provvedere alla riforma degli ordinamenti delle professioni di esercentein economia e commercio e ragioniere”, trae spunto proprio dagli ordinamenti dei professionisti tecnici perribadire tale principio, aggiungendo che “Non sarebbe neppure agevole stabilire confini precisi e costituirequasi dei compartimenti-stagni fra attività attribuite alle varie professioni, creando in tal modo barriereinsormontabili che, in definitiva, si risolverebbero in un danno per gli stessi professionisti, dato che la realtàdell’attività professionale non si presta, nella sua multiforme varietà, ad essere divisa in settori e dato che ilprogresso e la cultura ampliano sempre di più il campo di attività delle professioni”.322 Cfr. sentenza 9 ottobre 1996 n. 1087.323Gli ingegneri iscritti all'albo alla fine del 1994 erano 110.015, di cui una parte consistente, tuttavia,secondo i dati del consiglio nazionale degli Ingegneri, è dipendente da pubbliche amministrazioni o entiprivati. Alla stessa data i professionisti iscritti negli albi degli architetti ammontavano a 66.111.

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dimostrato da una significativa presenza delle organizzazioni di ingegneria,comprendenti studi professionali, associazioni e società di ingegneria,nell’ambito delle quali i professionisti iscritti agli albi operano come sociovvero come dipendenti324. Dette organizzazioni, nel 1991 erano, secondo ilcensimento ISTAT del 1991, 4.423, di cui 626 con almeno 6 addetti. Delle 626,6 erano di grandi dimensioni, disponendo di oltre 500 addetti.

7. Per il crescente rilievo che queste modalità di esercizio dell’attivitàprofessionale in forma imprenditoriale appaiono poter assumere nell’ambito delsettore in esame, è opportuno illustrarne in maggior dettaglio le caratteristiche,sulla base dei dati disponibili. A tal fine, verrà fatto riferimento ad un’analisieffettuata dall’OICE, (l’associazione delle organizzazioni di ingegneria e diconsulenza tecnico-economica), con riferimento ad informazioni riguardanticirca 200 società di ingegneria325.

8. Emerge innanzitutto l’ampio spettro dei campi di attività in cui sonopresenti queste organizzazioni, che non si limitano all’ambito dell’ingegneriacivile, a cui tuttavia fa capo la gran parte del fatturato realizzato in Italia,(22,6%), ma si estendono anche al settore petrolchimico e petrolifero (19,3%),a quello elettrico (13,5%) e ai trasporti (12,5%).

Relativamente poi alla tipologia dei servizi offerti, le società diingegneria erogano sia servizi di progettazione, che varie altre prestazioniconnesse alla realizzazione di opere e impianti, fino ad arrivare alla gestione diprogetti chiavi in mano. Nel 1995, il valore dei contratti acquisiti in territorionazionale dalle società di ingegneria oggetto della rilevazione, è stato di circa3374 miliardi, di cui circa 980 relativi a prestazioni di progettazione. Di questipoi, 110 miliardi circa hanno riguardato l’edilizia.

9. Dal lato della domanda, e limitando l’analisi ai servizi diprogettazione, occorre osservare che essa risulta costituita in partepreponderante da soggetti pubblici (organi dell’amministrazione dello Stato,comuni, province, regioni, ospedali, ecc.), e viene espressa secondo modalitàche riflettono la specifica regolamentazione del settore, in particolare

324 In particolare, relativamente alle società di ingegneria, la legge quadro in materia di lavori pubblici 11febbraio 1994 n. 109, all'art. 17, comma 5, nell'elencare i soggetti esterni ai quali un ente appaltante puòaffidare un incarico di progettazione, comprende le società di ingegneria. L'ottavo comma dell'art. 17stabilisce inoltre che i requisiti organizzativi, professionali e tecnici di tali società sono individuati daapposito regolamento, peraltro non ancora emanato, fermo il principio che l'attività di progettazione e isingoli progetti devono essere eseguiti da uno o più professionisti iscritti negli appositi albi,nominativamente indicati e personalmente responsabili. Anche la normativa di recepimento della Direttiva92/50 CEE prevede la possibilità per le persone giuridiche di svolgere le prestazioni in esame,eventualmente indicando, nell’offerta di partecipazione, il nome e le qualificazioni professionali dellepersone che effettuano la prestazione del servizio: Cfr. in tal senso art. 12 del decreto n. 157/1995.325 Cfr. OICE “Società italiane di ingegneria, Rilevazione annuale sul settore - Esercizio 1995”, Roma,1996.

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prevedendo strumenti di acquisizione dei servizi (avvisi, bandi di gara) cheimplicano una scelta tra più operatori326.

10. Al riguardo, si osserva che, seppure sulla base di dati riferiti ad unnumero limitato di operatori, il 50% circa degli incarichi sarebbero affidatimediante una gara327. Nel 1995 e nel 1996 il valore dei bandi di gara è statorispettivamente di 173 e 430 miliardi circa, corrispondenti a 656 gare nel 1995e a 4113 nel 1996, mentre l’importo medio di ciascuna gara è sensibilmentediminuito rispetto all’anno precedente (da 264 a 106 milioni).

In questo ambito il confronto concorrenziale tra società di ingegneria eprofessionisti ha portato le prime ad aggiudicarsi il 42% delle gare nel 1995 e il26% nel 1996. Tale calo è interpretabile alla luce della tendenza da parte disocietà di ingegneria a competere principalmente per gare di importiragguardevoli, il numero delle quali è percentualmente diminuito nel 1996328.

11. La regolamentazione, inoltre, prevede modalità di esecuzione dellegare che favoriscono una più ampia partecipazione dei soggetti legittimati e,pertanto, una più aperta concorrenza tra imprese.

A tal fine viene disposta una adeguata pubblicizzazione dei bandi e degliavvisi per l’affidamento degli incarichi, volta ad informare gli operatori in modoampio e tempestivo, consentendo loro una migliore programmazionedell’attività329.

Norme specifiche prevedono, poi, un tempo congruo per la redazione el’invio delle domande di partecipazione330, nonchè, nella distribuzione degli

326 Cfr. art. 17 della citata legge Merloni e art. 6 del decreto n. 157/95.327 Cfr. Indagine effettuata dall’Associazione Nazionale Cooperative di produzione e lavoro,“Qualificazione e Sviluppo del Costruire”, Quaderno 27, Bologna, 1997, la quale si riferisce ad operatorilocalizzati in Toscana ed Emilia Romagna.328 Sul punto si osserva la tendenza a limitare la partecipazione delle società di ingegneria alle sole gare perl’attribuzione di incarichi di importo pari o superiore a 200.000 ECU: Cfr. art. 5 del disegno di legge n.2288, recante “Modifiche alla legge 11 febbraio 1994 n. 109, e successive modificazioni e integrazioni”. Conriferimento a tale norma, l’Autorità ha già rilevato che detta limitazione “potrebbe ostacolare lo sviluppodelle società di ingegneria, risultato questo che invece dovrebbe essere incentivato soprattutto per garantireun significativo ampliamento delle professionalità per la progettazione dei lavori più complessi”(segnalazione S/167 del 3 settembre 1997).329 Cfr. al riguardo, art. 17, comma 12, della citata legge Merloni che, per gli incarichi rientrantinell’ambito applicativo della legge stessa (i quali, come visto, in Italia, costituiscono la gran parte delmercato), dispone che “per l’affidamento di incarichi di progettazione il cui importo stimato sia inferiore a200.000 ECU, le stazioni appaltanti devono procedere in ogni caso a dare adeguata pubblicità agli stessi”.La citata circolare ministeriale è intervenuta a precisare le forme di pubblicità che consistono, per i bandi diminor valore, nella mera pubblicazione degli stessi nell’albo pretorio del Comune in cui ha sede la stazioneappaltante, mentre, per quelli economicamente più rilevanti, nella pubblicazione sul Bollettino Ufficialedella Regione ovvero sulla Gazzetta Ufficiale e sui giornali a tiratura nazionale, nonchè nella comunicazioneagli ordini professionali interessati. Adeguate forme pubblicitarie sono anche previste, per le gare soprasoglia, dall’art. 8 del citato decreto n. 157/1995.330 Cfr. al riguardo le precisazioni contenute nella citata circolare ministeriale, secondo cui “i termini perl’invio delle domande di partecipazione non possono essere inferiori a trenta giorni dalla data dipubblicazione dell’avviso o del bando”. Termini minimi per la presentazione delle offerte sono pure previstiper i bandi comunitari dagli artt. 9 ss. del decreto n. 157/1995.

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incarichi, l’obbligo per l’amministrazione di tenere conto dell’opportunità difacilitare l’accesso all’attività anche di giovani professionisti331.

La legge, infine, demanda alla fonte regolamentare l’individuazione deicriteri per la valutazione delle offerte e la disciplina delle modalità concrete diaggiudicazione che le amministrazioni appaltanti devono osservare332.

Al regolamento spetta anche la definizione dei limiti e delle modalità perla stipulazione, a carico dei progettisti, di polizze assicurative per la coperturadei rischi di tipo professionale333.

12. Il sistema regolamentativo, seppur descritto nelle sue linee generali,nel prevedere garanzie circa la trasparenza delle condizioni di accesso e dellemodalità di partecipazione degli operatori alle procedure di fornitura dei serviziappare poter favorire l’attuazione di una concorrenza effettiva tra le imprese nelmercato in esame.

6.1.2 modalità di accesso13. Con riferimento alle condizioni per l’esercizio della professione, è

preliminarmente interessante osservare che la legge n. 1395 del 1923, istitutivadell’ordine degli ingegneri e degli architetti, non richiedeva l’iscrizione all’alboquale condizione necessaria per l’esercizio dell’attività. La legge infatti, dopoaver previsto, all’art. 1, che il titolo di ingegnere e di architetto spettanosolamente a coloro che hanno conseguito i relativi diplomi negli istitutiautorizzati per legge a conferirli, e aver altresì previsto che sono iscritti all’albocoloro i quali dispongono dei suddetti titoli, si limitava a disporre che lepubbliche amministrazioni si avvalessero di norma di professionisti iscrittiall’albo334.

Nello stesso senso disponeva l’art. 5 del r.d. n. 2537/1925, laddoveprevedeva che per esercitare in tutto il territorio della Repubblica le professionidi ingegnere e di architetto fosse sufficiente aver superato l’esame di Stato,specificando poi che soltanto agli iscritti all’albo potessero però essere conferitidalla pubblica amministrazione gli incarichi di cui alla legge n. 1395 del 1923.

331 In tal senso, espressamente dispone la circolare ministeriale.332 Cfr. al riguardo, art. 17, comma 11 della citata legge Merloni, secondo cui “il regolamento disciplina lemodalità di aggiudicazione che le stazioni appaltanti (...) devono rispettare, contemperando i principigenerali della trasparenza e del buon andamento con l’esigenza di garantire la proporzionalità tra lemodalità procedurali e il corrispettivo dell’incarico”. Per i bandi sopra soglia specifici criteri diaggiudicazione risultano stabiliti dagli artt. 23 ss del decreto n. 157/1995.333 Cfr. art. 17, comma 4.334 In particolare, l’art. 4 della citata legge, disponeva che:“Le perizie e gli altri incarichi relativi all’oggetto della professione di ingegnere e di architetto sonodall’autorità giudiziaria conferiti agli iscritti all’albo.Le pubbliche amministrazioni, quando debbano valersi dell’opera di ingegneri o architetti esercenti laprofessione libera, affideranno gli incarichi ad iscritti all’albo.Tuttavia, per ragioni di necessità o di utilità evidente, possono le perizie e gli incarichi di cui nei precedenticommi essere affidati a persone di competenza tecnica, anche non iscritte all’albo, nei limiti e secondo lenorme che saranno stabiliti con regolamento.”

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L’iscrizione all’albo è stata ritenuta condizione necessaria ai finidell’esercizio professionale, per effetto dell’entrata in vigore della legge 25aprile 1938 n. 897, recante “Norme sull’obbligatorietà dell’iscrizione negli albiprofessionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi”335.

14. Con riferimento alle vigenti modalità di accesso alla professione,sono richiesti:a) per l’iscrizione all’albo degli ingegneri, la laurea in ingegneria336 e ilsuperamento dell’esame di Stato di abilitazione. Non è previsto invece unperiodo di praticantato obbligatorio;b) per l’iscrizione all’albo degli architetti, la laurea in architettura e ilsuperamento dell’esame di Stato di abilitazione. Anche in tale ipotesi, non èprevisto alcun tirocinio337.

15. Anche gli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio delleprofessioni di ingegnere e architetto, come quelli di numerose altre professioni,tra le quali, come si è visto quelle di dottore commercialista e di ragioniere,sono disciplinati dalle norme della legge 8 dicembre 1956 n. 1378, recante“Esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni” e dal d.m. 9settembre 1957, recante “Approvazione del regolamento sugli esami di Stato diabilitazione all’esercizio delle professioni”.Al riguardo, va ricordato che tali esami hanno luogo ogni anno in due sessioni epossono svolgersi nei capoluoghi di provincia e nelle città sedi di università chesiano altresì sedi di ordini professionali338.Le commissioni degli esami degli ingegneri e degli architetti sono costituite conDecreto del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica esono composte da cinque membri titolari, dei quali un presidente scelto traprofessori universitari e quattro membri da scegliersi da terne composte dipersone appartenenti alle seguenti categorie: professori universitari, liberidocenti, funzionari tecnici con mansioni direttive in enti pubblici oamministrazioni statali, professionisti iscritti all'albo con non meno di quindicianni di lodevole esercizio professionale339.

16. Relativamente agli esiti degli esami di abilitazione, le percentuali, alivello nazionale, degli abilitati all'esercizio delle professioni di ingegnere e diarchitetto nel 1995 sono state rispettivamente di oltre l’89% e del 36%340.

335 In particolare, l’art. 1 della citata legge dispone: “Gli ingegneri, gli architetti, i chimici, i professionistiin materia di economia e commercio, gli agronomi, i ragionieri, i geometri, i periti agrari e i peritiindustriali non possono esercitare la professione se non sono iscritti negli albi professionali delle rispettivecategorie a termini delle disposizioni vigenti”.336 Cfr. artt.1-3 l. 24 giugno 1923 n. 1395, e artt. 3,4 e 7 r.d. n.2537/1925.337 Cfr. artt.1-3 l. n. 1395/1923 e artt. 3,4 e 7 r.d. n. 2537/1925.338 Cfr. artt. 1 e 2 d.m. 9 settembre 1957.339 Cfr. art. 8, lett. f) e g), d.m. 9 settembre 1957.340 Cfr. Sole 24 Ore del 23/12/1996.

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Con riferimento agli anni precedenti e alle principali città, la percentuale degliabilitati degli ingegneri è riportata nella tabella che segue, dalla quale emergeche soprattutto a Roma, Milano e Napoli, le sedi numericamente più importanti,dette percentuali sono assai alte e quelle relative a Bologna, già significative,sono andate aumentando negli ultimi anni.

Tabella 1 - Percentuali abilitati ingegneri per importanti sedi di esame anni 1984-1994Roma Milano Napoli Bologna

1984 78,6 87,2 96,5 65,61985 71,0 85,8 76,0 66,71986 71,5 90,6 88,7 64,01987 86,5 90,8 94,4 69,91988 79,4 88,7 95,4 70,71989 70,2 88,5 94,7 71,01990 83,6 87,9 97,3 61,01991 87,3 89,1 97,7 73,51992 92,2 80,9 98,7 69,91993 70,3 89,6 97,6 74,81994 93,0 90,2 98,0 75,0Fonte: Università degli Studi di Roma, Milano, Napoli e Bologna

17. Sempre con riferimento agli anni 1984/1994 e alle principali città, lepercentuali degli idonei all’esercizio dell’attività di architetto è riportata nellatabella che segue, dalla quale emerge che l’esame di abilitazione risultamaggiormente selettivo di quello sostenuto dagli ingegneri.

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Tabella 2 - Percentuali abilitati architetti per importanti sedi di esame anni 1984-1994Roma Milano Napoli Torino

1984 36,7 44,8 58,0 36,41985 46,7 53,7 77,2 43,11986 53,5 57,8 60,1 46,71987 36,0 41,5 80,5 42,11988 20,2 28,4 81,8 33,91989 66,1 52,3 98,6 40,91990 61,2 38,0 43,3 36,91991 44,1 24,4 78,8 36,51992 35,0 32,5 52,4 23,41993 44,4 21,0 75,5 30,01994 48,4 20,4 52,0 53,6Fonte: Università degli Studi di Roma, Milano, Napoli e Torino

6.1.3 gli standard qualitativi delle prestazioni degli ingegneri e degliarchitetti

18. Anche la regolamentazione delle attività svolte dagli ingegneri e dagliarchitetti, relativamente al profilo qualitativo, riguarda prevalentemente icomportamenti nell’esecuzione delle prestazioni professionali.

Al riguardo va rilevato che le norme istitutive delle professioni in esameimpongono genericamente agli ingegneri e agli architetti l’obbligo di astenersidal commettere abusi e mancanze nello svolgimento dell’attività, prevedendo,nell’ipotesi di inosservanza di tale precetto, una responsabilità disciplinare delprofessionista341. I codici deontologici dispongono inoltre che l’ingegnere el’architetto devono a) tenere una condotta corretta e leale, nonchè rispettosa delsegreto professionale; b) aggiornarsi costantemente; c) controllare la perfettaosservanza delle norme che regolano i lavori cui partecipano; d) esserepienamente responsabili della struttura utilizzata e del prodotto che ne deriva.In entrambi i codici deontologici, infine, è previsto che l’inosservanza deisuddetti obblighi di condotta comporta l’applicazione delle sanzioni disciplinaripreviste dal regolamento n. 2537/1925.Anche le organizzazioni di ingegneria aderenti all’OICE devono rispettareobblighi di condotta, di contenuto analogo o simile, stabiliti dal codicedeontologico dell’associazione342.

6.1.4 le tariffe

341 Cfr. art. 43 r.d. n.2537/1925.342 Va rilevato che l’OICE ha istituito un servizio di consulenza per gli associati sui sistemi di certificazionedella qualità per le attività di ingegneria previsti dalla normativa comunitaria UNI EN ISO 9001/2/3, che,nel facilitare l’interpretazione e l’applicazione delle suddette norme, assicuri la qualità nella progettazione eattività connesse per il settore in esame.

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19. La misura e le modalità per la determinazione dei compensi spettantiagli ingegneri e agli architetti erano in origine stabiliti dalla legge343.Successivamente, sempre la legge ha disposto che le tariffe degli onorari e delleindennità e i criteri per il rimborso delle spese fossero stabilite mediantedecreto del Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con il Ministro per iLavori Pubblici, su proposta dei consigli nazionali riuniti degli ingegneri e degliarchitetti, sentite, da parte dei consigli stessi, le organizzazioni sindacali acarattere nazionale delle due categorie344.

20. Ancora norme di legge hanno previsto poi l'inderogabilità dei minimidi tariffa ed inoltre che tale principio deve intendersi applicabile esclusivamenteai rapporti intercorrenti tra privati345. L'inderogabilità non si applica agli onoraria discrezione346.

Anche relativamente ai rapporti con le PP.AA., in ogni caso, la legge hadisposto che per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri entipubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque diinteresse pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e deglialtri enti pubblici, la riduzione dei minimi di tariffa non possa superare il20%347.

21. I codici deontologici degli ingegneri e degli architetti prevedono poiche i professionisti, nell’accettare l’incarico, rispettino le tariffe vigenti,costituenti minimi inderogabili348. Il codice dell’OICE, invece, stabilisce che ilcompenso sia convenuto con il committente e che non sia, in eccesso o indifetto, sproporzionato alla reale portata e consistenza dell’incarico assunto349.

343 Cfr. al riguardo legge 2 marzo 1949 n. 143, recante “Approvazione della tariffa professionale degliingegneri e degli architetti”.344 Cfr. al riguardo art. unico, comma 1, della legge 4 marzo 1958 n. 143, recante “Norme sulla tariffa degliingegneri e degli architetti”.345 Cfr. al riguardo, rispettivamente, art. unico della legge 5 maggio 1976 n. 340, recante "Inderogabilità deiminimi della tariffa professionale per gli ingegneri e gli architetti" e art. 6, comma 1, della legge 1 luglio1977 n. 404, recante "Sull'inderogabilità dei minimi e altro". Gli onorari per prestazioni professionali,tuttavia, ai sensi dell’art. 3 della citata legge n. 143/1949, sono normalmente valutati a percentuale o aquantità. Il consiglio nazionale degli Architetti, poi, ha precisato che per prestazioni professionali particolarii valori risultanti dalla tariffa sono considerati come massimi: ad esempio, con riguardo alle attività diedilizia abitativa agevolata e sovvenzionata dallo Stato, all'edilizia penitenziaria, alla pianificazioneurbanistica nelle zone terremotate della Campania e della Basilicata (Cfr. risposta a richiesta di informazionidell’Autorità del 1 agosto 1995 e ivi relativi riferimenti normativi).346 Cfr. citato art. unico della legge n. 340/1976: secondo l’art. 5 della citata legge n. 143/1949 gli onorarisono stabiliti a discrezione, oltre che per le consulenze, anche per le prestazioni quali, ad esempio, ricerchedi settore, studi di piani regolatori, perizie, giudizi arbitrali.347 Cfr. art. 4, comma 12bis, della legge finanziaria 26 aprile 1989 n. 155. Va anche segnalato che il citatodisegno di legge n. 2288, all’art. 5, con riferimento agli incarichi di progettazione richiesti dalleamministrazioni, prevede un meccanismo di determinazione delle tariffe da parte del Ministero di Grazia eGiustizia, cui perfino le amministrazioni sono vincolate, “parametrato sulle tariffe professionali in vigore,ma da esso distinto, ancorchè con identico carattere inderogabile quanto ai minimi”: al riguardo, l’Autorità,nella citata segnalazione S/167 del 3 settembre 1997, ha già avuto modo di auspicare la soppressione di taledisposizione.348 Cfr. al riguardo art 4.4 per gli ingegneri e art. 14 per gli architetti.349 Cfr. artt. 3.4 e 7.2 cod. deont. OICE.

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22. Con riferimento all’effettiva portata del principio dell’inderogabilità,va rilevato che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 5675 del 19 ottobre1988, ha sancito che l'inderogabilità delle tariffe professionali stabilite peringegneri ed architetti dalle leggi n. 340/76 e 404/77 di per sè non comporta, inmancanza di corrispondente ed espressa previsione di legge, la nullità, ai sensidell'art. 1418 c.c., del patto in deroga ai minimi predetti, il quale può risultareanche per facta concludentia.

23. Dal punto di vista dell’osservanza delle norme in materia tariffaria,infine, risulta che, dei 438 procedimenti disciplinari avviati nel triennio 1993/95dai vari ordini degli architetti, 70 riguardano questioni connesseall’applicazione della tariffa professionale350. Il consiglio nazionale degliingegneri, dal canto suo, ha precisato che nella prassi i minimi vengonoderogati351.

24. L’OICE, infine, segnala l’inadeguatezza dello strumento della tariffaobbligatoria per i servizi in esame: al riguardo, viene rilevato innanzitutto che latariffa non appare tenere conto dei costi di produzione relativi ai singoli progettipoichè, essendo di norma rapportata percentualmente al valore dell’opera,comporta per alcuni di essi - quelli di basso importo per opere complesse -compensi inaccettabilmente bassi, per altri - quelli di importi elevati per speseinfrastrutturali - prezzi eccessivamente alti.In secondo luogo, viene sottolineato che la tariffa, anche nell’ipotesi in cuivenisse determinata tenendo conto dei costi delle singole prestazioni,diventerebbe rapidamente obsoleta considerata l’evoluzione delle tecniche diprogettazione352.

6.1.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attivitài)il divieto di prestare l'attività in qualità di dipendente di enti o imprese25. Relativamente al suindicato divieto (che viene più estesamente

trattato nell’ambito del capitolo ottavo), va rilevato che gli ingegneri e gliarchitetti-dipendenti, differentemente dagli avvocati, di regola, possono essereiscritti nell’albo ed esercitare la professione353. Tuttavia, per i soli dipendentipubblici, la legge prevede il divieto di esercitare la libera professione - e non

350Cfr. risposta del consiglio nazionale degli Architetti del 1 agosto 1995 a richiesta di informazionidell’Autorità.351 Cfr. audizione del suddetto consiglio del 30 marzo 1995: non sono disponibili dati concernentispecificamente il numero dei procedimenti disciplinari per mancata osservanza delle tariffe.352 Cfr. l’audizione dell’OICE del 5 maggio 1997.353 Relativamente ai dipendenti pubblici in particolare l’art. 62 r.d. n. 2537/1925 stabilisce che “Gliingegneri e gli architetti che siano impiegati di una pubblica amministrazione dello Stato, delle province edei comuni, e che si trovino iscritti nell’albo degli ingegneri e degli architetti, sono soggetti alla disciplinadell’ordine per quanto riguarda l’eventuale esercizio della libera professione” (comma 1). “Per l'eserciziodella professione è in ogni caso necessaria espressa autorizzazione dei capi gerarchici nei modi stabiliti dagliordinamenti dell'amministrazione da cui il funzionario dipende” (comma 3).

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già il divieto di iscrizione all’albo - ove sussista incompatibilità preveduta daleggi, regolamenti generali o speciali, ovvero da capitolati354.

Il consiglio nazionale degli ingegneri, relativamente agli iscritti-dipendenti, ha precisato che tali professionisti svolgono la libera professioneoccasionalmente o saltuariamente ovvero nell’ambito di società di ingegneria.

ii) circolazione in ambito comunitario e limitazioni territoriali26. Anche agli ingegneri si applica il decreto legislativo 27 gennaio 1992

n. 115, emanato in attuazione della citata direttiva CEE n. 89/48, relativa ad unsistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che siriferiscono a formazioni professionali di una durata minima di tre anni355.

27. La citata direttiva n. 89/48 CEE non comprende invece le attività delsettore dell'architettura che sono oggetto di una direttiva specifica del 10 giugno1985, la 85/384, citata al par. 2. I titoli che, secondo la Direttiva in esame,consentono l’accesso alle attività del settore dell’architettura sono, per l’Italia,la laurea in architettura ovvero quella in ingegneria civile356. Il riconoscimentodei titoli, inoltre, è subordinato alle seguenti condizioni: a) la formazione deveriguardare principalmente l’architettura, sia negli aspetti teorici che pratici; b) ladurata della formazione di livello universitario deve essere almeno quadriennalese a tempo pieno, ovvero di almeno 6 anni, di cui 3 a tempo pieno. Non sonoinvece previste le cd misure compensative.

L’esercizio da parte di architetti stranieri delle attività in esame in Italia èun fenomeno abbastanza diffuso. Infatti, alla metà del ‘95, risultava che ilnumero dei professionisti comunitari iscritti in albi nazionali ammontava già adalcune centinaia ed era in aumento357.

28. Relativamente all’ambito nazionale, l’ingegnere e l’architetto iscrittiin un albo possono esercitare la professione in tutto il territorio dello Stato358.

iii) il divieto di pubblicità

354 Cfr. l’art. 62 citato, comma 2.355 Il consiglio nazionale degli Ingegneri, sulla base di una ricerca effettuata dal consiglio stesso sullo statodi recepimento della Direttiva 89/48 CEE nei vari Paesi membri, osserva che l’accesso alla professioneall’estero per i professionisti italiani, in alcuni Paesi UE, è più facile che per quelli stranieri in Italia: inFrancia, Belgio e Olanda, ad esempio, qualunque cittadino comunitario può stabilirsi ed esercitareliberamente la professione di ingegnere con il solo limite di non fregiarsi dei titoli formativi locali, mentre inGermania, non sono previste misure compensative ai fini del riconoscimento del titolo (Cfr. L’IngegnereItaliano n. 243, luglio 1993 e n. 247, gennaio 1994).356Conseguentemente appare che gli ingegneri civili possono esercitare attività di architettura in qualunquepaese dell’UE, senza peraltro le limitazioni concernenti gli immobili storico-artistici poste invece,all’interno, dall’ordinamento del ‘25, la cui vigenza, come visto precedentemente, risulta mantenuta dalcitato decreto n. 129.357 Cfr. risposta del consiglio nazionale degli Architetti alla richiesta di informazioni dell’Autorità del 1agosto 1995.358 Cfr. art. 5 r.d. n. 2537/1925.

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29. Relativamente al divieto di pubblicità, il consiglio nazionale degliingegneri asserisce che la possibilità per gli iscritti agli albi di pubblicizzare lapropria attività è limitata dagli obblighi che la legge impone loro e che sisostanziano essenzialmente nelle norme, a contenuto ampio, che richiedono diesercitare con decoro, probità e diligenza la professione, e di non commettereabusi o mancanze. A livello deontologico, poi, il codice degli ingegneristabilisce che "l'ingegnere si deve astenere dal ricorrere a mezzi incompatibilicon la propria dignità per ottenere incarichi professionali come l'esaltazionedelle proprie qualità a denigrazione dell'altrui o fornendo vantaggi oassicurazioni esterne al rapporto professionale"359. E le norme di attuazione delcodice deontologico inoltre considerano illecita concorrenza, tra l’altro “l'abusodi mezzi pubblicitari sulla propria attività professionale di tipo reclamistico eche possano ledere in vario modo la dignità della professione"360.

30. Per quanto concerne gli architetti, il consiglio nazionale precisa chel'architetto può pubblicizzare la propria attività nei limiti di una sempliceinformazione al pubblico. Ed infatti, anche il codice deontologico, nellostabilire che "la pubblicità commerciale è contraria alla dignità professionale edè lesiva dell'immagine della categoria" prevede la pubblica diffusione delleopere e dei progetti come atto di divulgazione culturale che però non deve maiassumere forme concorrenziali o di carattere commerciale361.

6.1.6 Confronto internazionale31. Secondo le informazioni derivanti da un’indagine svolta alla fine del

‘94 dall’OICE con la collaborazione delle corrispondenti associazioni degli altriPaesi dell’UE362, la professione di ingegnere, nella maggior parte dei Paesimembri dell’Unione, è regolamentata in modo meno stringente che in Italia e, inalcuni casi, non è affatto regolamentata.

Innanzitutto, deve rilevarsi che in numerosi Paesi e cioè in Francia,Inghilterra, Danimarca, Norvegia e Svezia tali professioni non appaiono essereprotette. Inoltre, anche in alcuni degli Stati membri nei quali detto titolo ètutelato, non sono tuttavia previsti un esame post-laurea e l’iscrizione all’alboquali requisiti necessari per esercitare la professione, come in Germania e inBelgio. In Lussemburgo e in Spagna, infine, sono richiesti, rispettivamente, solol’iscrizione ovvero l’esame post-laurea.

Conseguentemente, in numerosi Stati membri, tra cui anche la Francia ela Germania, non esistono enti ai quali spetti per legge la tenuta dell’albo degli

359 Cfr. art. 3.5 cod. deont.360 Cfr art. 3.3 norme att.361 Cfr. art. 34 cod. deont.362Lo studio effettuato dall’OICE nel dicembre 1994, peraltro, ha un oggetto più ampio, trattandosi diun’indagine nei Paesi europei sulla legislazione per le società di ingegneria e sull’applicazione delleDirettive 92/50 e 93/38.

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abilitati363. In Inghilterra e in Belgio esistono organismi per la registrazionedegli ingegneri,ma l’appartenenza agli stessi non è un requisito per esercitare laprofessione.

32. Venendo alle tariffe, deve osservarsi che in nessun paese membroesistono ex lege tariffe minime inderogabili, ad eccezione dell’Italia, dellaGrecia e del Portogallo. In Spagna esistono tariffe concordate tra gli entiprofessionali e le Autorità governative e obbligatorie solo per alcuneprestazioni. In Francia, in Germania e in Olanda esistono tariffe meramenteindicative.

33. Relativamente alla possibilità di pubblicizzare l’attività professionale,in Germania gli ingegneri che esercitano l’attività in forma di impresa possonopropagandare liberamente i servizi offerti, mentre gli ingegneri liberiprofessionisti, in quanto appartenenti ad un’associazione di categoria, possonosoltanto informare il pubblico della forma e del contenuto delle loro attività.

6.2 I geometriprincipali riferimenti normativi

Legge 24 giugno 1923 n. 1395, “Tutela del titolo e dell’esercizio professionaledegli ingegneri e degli architetti”; r.d. 11 febbraio 1929 n. 274, “Regolamentoper la professione di geometra”; legge 2 marzo 1949 n. 144, “Tariffa deglionorari per le prestazioni professionali dei geometri”; legge 18 ottobre 1961 n.1181, recante “Norme sulla tariffa per le prestazioni professionali deigeometri”; legge 7 marzo 1985 n. 75, “Modifiche all’ordinamento professionaledei geometri”.

6.2.1 Le attività dei geometri

i) tipologia e caratteristiche34. La professione di geometra, come le altre categorie di periti tecnici,

risulta istituitadalla citata legge del 1923 n. 1395, la quale, come visto, haistituito anche le professioni di ingegnere e di architetto364.I geometri svolgono prevalentemente operazioni cartografico-catastali e gliestimi relativi, attività di misurazione e stima di fondi rustici, di aree urbane e dimodeste costruzioni civili, nonchè di progettazione, direzione e vigilanza di

363 In Germania, tuttavia, esistono associazioni di ingegneri.364 Infatti, detta legge, all’art. 7, comma 2, stabilisce “Saranno pure formati (...) albi speciali per i peritiagrimensori (geometri) e per altre categorie dei periti tecnici”. Ed ancora, l’ultimo comma dello stessoarticolo 7 rinvia ad apposito regolamento l’emanazione delle norme per la formazione degli albi, lacostituzione, il funzionamento e le attribuzioni dei relativi collegi, nonchè la determinazione dell’oggetto edei limiti dell’esercizio professionale. Il r.d. 11 febbraio 1929 n. 274 reca, per l’appunto, il regolamento perla professione di geometra.

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costruzioni rurali di limitata importanza, comprese piccole costruzioniaccessorie in cemento armato, e di modeste costruzioni civili365.

35. Anche le attività che formano l’oggetto della professione di geometranon sono riservate per legge ai geometri stessi366. Ciò emerge dalle normerecanti l’ordinamento della professione, e precisamente dagli artt. 18, 19 e 20del r.d. n. 274/1929, i quali definiscono le attività che devono considerarsicomuni rispettivamente agli ingegneri civili, ai dottori in scienze agrarie e aiperiti agrari.

Al riguardo, tuttavia, la competenza dei geometri, relativamente adalcune attività, è limitata rispetto a quella attribuita alle suindicate figureprofessionali367.

In altri casi, invece, le attività esercitabili dal geometra sonoassolutamente analoghe a quelle di altri operatori368.

ii) l’articolazione della domanda e dell’offerta36. I geometri iscritti all'albo alla fine del 1996 erano 84.725. La tabella

che segue riporta il numero totale a livello nazionale degli iscritti agli albi deigeometri, nonchè la consistenza dell’offerta nelle principali regioni (per unamaggiore disaggregazione dei dati si veda anche tabella a1 in appendice).

365 Cfr. art. 16, r.d. n. 274/1929.366 Cfr. audizione dello stesso consiglio nazionale dei Geometri del 21 giugno 1995.367 Ad esempio, per quel che concerne le costruzioni civili, la progettazione, direzione e sorveglianza dellestesse spetta ai geometri solo ove si tratti di costruzioni modeste. L’incertezza da sempre esistenterelativamente al concetto di “modestia” della costruzione ha determinato, nel tempo, un notevolecontenzioso tra le categorie professionali interessate. Al fine di risolvere l’incertezza circa le competenze deigeometri sono state presentate alcune proposte di legge (Cfr. di recente, Atto Camera n. 740 del 10/5 /96 eAtto Senato n. 884 del 4/7/96 “Disciplina delle competenze professionali dei geometri nei settori dellecostruzioni, delle strutture e dell’urbanistica”), le quali, nel definire il concetto di modesta costruzione,tengono conto dell’evoluzione del concetto stesso derivante dal notevole progresso delle conoscenzescientifiche e tecniche e dei metodi costruttivi. La Corte Costituzionale (sentenza 27 aprile 1993 n. 199), alproposito, osserva che “non può certo ritenersi scelta irragionevole quella di ragguagliare a presupposti“flessibili” la determinazione di competenze che postulano cognizioni necessariamente variabili inrapporto ai progressi tecnico-scientifici che la materia può subire nel tempo”.

Relativamente alla progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni in cemento armato, poi,devono rilevarsi orientamenti giurisprudenziali difformi. In particolare da un lato si ritiene attribuita aigeometri la competenza solo per piccole opere accessorie di costruzioni rurali e di edifici per uso diindustrie agricole, di limitata importanza, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per laloro destinazione non possono comunque implicare pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per lecostruzioni civili, sia pure modeste, ogni competenza è riservata agli ingegneri e agli architetti iscrittiall’albo, (Cfr. in tal senso Cass. 28 luglio 1992 n. 9044, Cass. 5 agosto 1987 n. 6728). Dall’altro, invece,viene attribuita ai geometri la competenza in esame anche per le modeste costruzioni civili senza alcunadistinzione o esclusione in ordine al tipo di costruzione, alla sua struttura o alla tecnica costruttiva; (Cfr.Cass. 2 febbraio 1993).

Ancora, in tema di delimitazione delle competenze, relativamente alla stima di aree e di fondirustici, nonchè dei danni prodotti a tali fondi dalla grandine o dagli incendi, ovvero alla stima per lacostituzione di servitù rurali, sono competenti sia i geometri che i dottori in scienze agrarie, ad eccezione dei“casi di notevole importanza economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione,richiedano le speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie”.368 Ad esempio, la progettazione e direzione di modeste costruzioni civili spettano tanto ai geometri quantoai periti edili.

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Tabella 3 - Iscritti agli albi dei geometri - 1996

Fonte: consiglio nazionale dei geometri

La tabella mette inoltre in luce che poco meno del 50% del numero totaledi professionisti era concentrato in sole cinque regioni, di cui le prime quattro alNord.

6.2.2 modalità di accesso e standard qualitativi delle prestazioni37. Con riferimento alle modalità di accesso, sono richiesti:

1) il diploma di geometra, un periodo di praticantato e l’esame di Stato diabilitazione369.Relativamente al tirocinio, va rilevato che esso può essere svolto presso lostudio tecnico di un geometra, di un architetto o di un ingegnere civile per unbiennio ovvero nella forma di attività tecnica subordinata anche al di fuori diuno studio tecnico professionale per almeno un quinquennio370.Per quanto concerne l’esame di Stato, infine, va osservato che tale esame èdisciplinato dalle norme della citata legge n. 1378/1956, come per leprofessioni di ingegnere e di architetto371.

38. Le commissioni esaminatrici sono nominate con decreto del Ministrodella Pubblica Istruzione e sono composte dal Presidente e da quattro membri.Il Presidente viene scelto nelle seguenti categorie: a) professori universitari diruolo ordinario o straordinario, b) professori associati o fuori ruolo, c) presidi diruolo ordinario degli istituti tecnici. Uno dei membri della commissione vienescelto tra i professori di ruolo delle scuole secondarie superiori, docenti dicostruzioni o tecnologia delle costruzioni, di topografia o di economia edestimo, che abbiano effettivamente insegnato tali discipline per almeno diecianni negli istituti tecnici per geometri. Gli altri tre componenti dellacommissione sono scelti tra geometri liberi professionisti iscritti all'alboprofessionale da almeno quindici anni, nell'ambito di terne di nominativi

369 Cfr. artt. 1 e 2, comma 1, legge 7 marzo 1985 n. 75, recante “Modifiche all’ordinamento professionaledei geometri”. Peraltro, anche altre categorie di professionisti tecnici, quali i periti industriali o gliagrotecnici, sono caratterizzate da requisiti di accesso simili a quelli dei geometri.370 Cfr. art. 2, comma 2, legge n. 75/85.371 Cfr. art. 2, comma 2, legge n. 75/85.

Regioni geometri1996

Lombardia 13.751 (16,2%)Piemonte 7.586 (8,9%)Veneto 7.110 (8,3%)Em. Romagna 6.744 (7,9%)Campania 6.643 (7,8%)Altre Regioni 42.891 (50,9%)Totale 84.725 100

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segnalate dal consiglio nazionale dei Geometri in numero corrispondente aicommissari da nominare372.

39. Relativamente agli esiti degli esami di abilitazione, dai risultati deglistessi riguardanti gli anni 1992/1994, riportati nella tabella che segue, emergeche le percentuali degli abilitati all'esercizio della professione di geometra neglianni considerati sono state del 42,3%, del 41,7% e del 45,1% (Per unamaggiore disaggregazione dei dati relativi al 1994 v. tab. a2 in appendice, dallaquale risulta una maggiore differenziazione tra sedi di esame).

Tabella 4- Risultati degli esami di abilitazione dei geometri

Fonte: consiglio nazionale dei geometri.40. Con riferimento a tali percentuali, il consiglio nazionale ha rilevato

che il loro livello contenuto va valutato sulla base essenzialmente di dueelementi: e cioè una formazione di base spesso carente e un tirocinio altrettantoinidoneo ad acquisire la necessaria esperienza professionale.

41. Con riferimento agli standard qualitativi, i codici deontologici adottatidai vari collegi prevedono una serie di comportamenti volti ad assicurare unlivello qualitativo minimo dei servizi offerti. Oltre al generale dovere dicomportarsi con probità e dignità, rilevano in particolare gli obblighi diperfezionamento della qualità delle proprie prestazioni professionali, di segreto,di non porsi in conflitto di interesse con il cliente.

6.2.3 le tariffe42. Anche la misura e le modalità per la determinazione dei compensi

spettanti ai geometri erano in origine stabiliti dalla legge373. Successivamente, illegislatore, delegificando la materia, ha disposto che le tariffe sono determinate,su proposta del consiglio nazionale dei geometri, con decreto del Ministro diGrazia e Giustizia di concerto con il Ministro dei Lavori Pubblici, e con ilparere del Consiglio di Stato374.I minimi sono inderogabili375. E tale inderogabilità risulta prevista anche dai varicodici deontologici adottati dai collegi locali.

372 Cfr. art. 8 d.m. 15 marzo 1986, recante “Regolamento per gli esami di Stato per l’abilitazioneall’esercizio della libera professione di geometra”.373 Cfr. al riguardo legge 2 marzo 1949 n. 144, recante “ Tariffa degli onorari per le prestazioniprofessionali dei geometri”. Detta legge stabilisce, all’art. 3, l’obbligatorietà della tariffa, “salvo particolariaccordi riferentisi a prestazioni di carattere continuativo”.374 Cfr. art. 1, legge 18 ottobre 1961 n. 1181, recante “Norme sulla tariffa per le prestazioni professionali deigeometri”.375 Cfr. art. 5 d.m. 25 marzo 1966, recante “Minimo tariffario”.

Candidatiesame diStato 1992

Abilitatiesame diStato 1992

Candidatiesame diStato 1993

Abilitatiesame diStato 1993

Candidatiesame diStato 1994

Abilitatiesame diStato 1994

9 457 4 005 9 606 4 008 9.873 4.456

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43. Dal 1961 al 1990 il consiglio nazionale fa presente di aver presentatosemplici adeguamenti economici dei valori tariffari in base agli indici ISTAT.Nel 1990, invece, ha proposto al Ministero una tariffa interamente ristrutturata,essendosi nel corso del tempo modificati i tipi e le modalità di svolgimentodelle prestazioni, e comprensiva anche di voci precedentemente non previste376.La precedente tariffa infatti non prevedeva le voci connesse alla progettazione eal controllo della sicurezza dei cantieri, per lo svolgimento delle quali è statacreata una figura professionale ad hoc dalla legge n. 494/94. Tale attività puòessere svolta dai geometri, come da altri professionisti.

6.2.4 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attivitài) limitazioni territoriali44. Relativamente all’ambito nazionale, il geometra iscritto in un albo

può esercitare la professione in tutto il territorio dello Stato. Tuttavia in base alregolamento professionale, esiste una limitazione per le funzioni relative agliistituti tavolari e catastali esistenti nei territori annessi alla Repubblica Italianacon le leggi 26 settembre 1920, n. 1322 e 19 dicembre 1920, n. 1778. Lesuddette funzioni infatti possono essere svolte solo dai geometri che sonoiscritti in uno degli albi dei territori sopra indicati dopo almeno un annodall'iscrizione377.

ii) il divieto di pubblicità45. Relativamente al divieto di pubblicità si rileva che lo stesso risulta

stabilito come obbligo deontologico da parte dei collegi che hanno adottatocodici deontologici. Alcuni codici, poi, stabiliscono il divieto di procurarsiclientela mediante illecita pubblicità, non specificando tuttavia il contenuto ditale illiceità, altri, più severamente, il divieto di qualsiasi forma di pubblicità.Viceversa, l’OICE si limita a prevedere che le organizzazioni associate, perprocurarsi clientela, non pubblichino testi o annunci pubblicitari elogiativi persè stesse o denigratori per altre organizzazioni o consulenti378.

6.2.5 Spunti comparatistici46. La professione di geometra, in Francia, è disciplinata dalla legge, la

quale prevede, tra l’altro, un Ordre des Geometres Experts, articolato in

376 L’iter formativo, tuttavia, si è interrotto in quanto il Consiglio di Stato, per un verso, ha sospesol’emissione del parere in relazione all’importo dei compensi a vacazione richiedendo ulteriori chiarimenti inmerito, per l’altro, ha ritenuto che la proposta presentata dal consiglio nazionale non fosse un sempliceaggiornamento quanto piuttosto contenesse un ampliamento delle competenze professionali. Il Ministero haaccolto i rilievi del Consiglio di Stato, non approvando la tariffa (Cfr. audizione del consiglio nazionale deiGeometri del 4 giugno 1997).377 Cfr. art. 24 del r.d. n. 274/1929.378 Cfr. art. 10.5 cod. deont. OICE.

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consigli regionali e un consiglio superiore. Tali organismi hanno essenzialmentefunzioni organizzative e di controllo del comportamento degli iscritti, mentrenon hanno, come si vedrà, poteri in materia tariffaria.

Il perito geometra francese è un tecnico che svolge, in via esclusiva, ilavori topografici379. L’accesso all’albo è subordinato al superamento di unesame finale di una scuola per ingegneri-geometri, ad una prova di esamepreliminare del diploma di perito-geometra e al compimento di un periodo ditirocinio.

Quanto ai compensi, la determinazione degli onorari è lasciata al liberoaccordo delle parti380.

Interessante appare poi la norma che prevede per ogni perito-geometral’obbligo di una copertura assicurativa381.

6.3 Conclusioni47. La tabella che segue mette in evidenza le forme di regolamentazione

dell’attività svolta dalle principali categorie professionali rientranti nell’areatecnica.

In primo luogo, emerge che i profili regolamentativi comuni a tutte leprofessioni sono costituiti dalle tariffe minime inderogabili e dal divieto dipubblicità. Inoltre, a livello deontologico, viene individuato il contenuto dialcuni obblighi di comportamento del professionista nei confronti della clientelaa garanzia della qualità del servizio, tra i quali rileva in particolare l’obbligo diperfezionamento diretto ad assicurare prestazioni professionali tecnicamenteadeguate.

Con riguardo all’ambito delle esclusive, va osservato che, mentre lecompetenze degli ingegneri e degli architetti appaiono delimitate, la ripartizionedelle attività comuni ai geometri e agli ingegneri, relative in particolare allaprogettazione e direzione delle costruzioni civili, non è stabilita univocamente,considerata la genericità dei criteri definitori legislativi.

Relativamente ai requisiti di accesso, poi, emergono differenti modalità,che variano dal diploma di scuola media superiore accompagnato dalpraticantato nel caso dei geometri (e di altre categorie di periti tecnici), al solodiploma di laurea nel caso degli ingegneri e degli architetti. Anche per questaarea, come per quella economico-contabile, pertanto, emerge un sistemadefinito da una certa graduazione dei requisiti di accesso, ai quali tuttaviacorrispondono competenze caratterizzate da un differente grado di complessità.

379 In particolare, l’art. 1.1 della legge n. 46-942 del 7 maggio 1946, istitutiva dell’ordine dei peritigeometri, prevede la realizzazione di “studi e lavori topografici che fissano i limiti dei beni fondiari e, aquesto titolo, rileva e redige i piani e i documenti topografici riguardanti la definizione dei diritti connessialla proprietà fondiaria (...)”.380 L’art. 9 della citata legge stabilisce al riguardo “L’importo degli onorari è liberamente convenuto con iloro clienti entro i limiti stabiliti, eventualmente, dallo Stato, ai sensi delle sue prerogative generali inmateria di prezzi”.381 Cfr. art. 9.1. della citata legge.

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Tabella 5 - Principali forme di regolamentazione dell’attività svolta dagli ingegneri,architetti e geometri

requisiti entrata standard di qualità minimadei servizi economico-

contabili

tariffe altre forme di(auto)regolamentazione

ingegneria) laurea in ingegneriab) esame di abilitazione

architettia) laurea in architetturab) esame di abilitazione

requisiti relativi ai rapporticon la clientela:obbligo di lealtà, diriservatezza, rispettoall’incarico ricevuto;

divieto di conflitto diinteressi con il cliente

minime e, in alcunicasi, massimeminime inderogabili

divieto di pubblicitàaggiornamento

geometria) diploma di geometrab) pratica biennale oquinquennalec) esame di abilitazione

.

48. Con riguardo alla differenziazione della regolamentazione degliaccessi, possono svolgersi considerazioni non dissimili da quelle espresse conriferimento al mercato delle prestazioni contabili. In particolare, appareipotizzabile che un assetto caratterizzato da una diversificazione dell’offertaconsenta un più efficiente adattamento della stessa a esigenze della domandasenz’altro differenziate sotto il profilo del grado di complessità delle prestazionirichieste.

49. Giova al riguardo sottolineare, tuttavia, che nell’ambito delleprofessioni tecniche, probabilmente ancor più che in altri settori, il legislatoreappare essersi frequentemente orientato verso soluzioni che favoriscono laconcorrenza, quanto meno intercategoriale. Pertanto, non v’è ragione perritenere che, sulla base di questo principio, ed in particolare relativamente alleattività il cui esercizio presuppone percorsi di studio aventi per oggetto materieanaloghe o simili, non possano essere reinterpretate situazioni attualmentecaratterizzate da ambiguità e incoerenze normative.

Peraltro, sotto un profilo sostanziale, l’esistenza di barriereinterprofessionali appare particolarmente artificiosa qualora si consideri, dallato dell’offerta, il crescente peso assunto dalle società di ingegneria, al cuiinterno operano professionisti di varia formazione e specializzazione.

50. Con riferimento a queste ultime, è utile mettere in evidenza comeesse costituiscano l’esemplificazione di nuove forme di svolgimentodell’attività professionale, in cui prevalgono non tanto la personalità dellaprestazione, quanto piuttosto l’organizzazione del processo di erogazione delservizio secondo criteri di “efficienza industriale”, che contemplano anche lacertificazione di qualità dello stesso.

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51. Peraltro, che le società di ingegneria costituiscano soggetti portatoridi un nuovo modo di erogare servizi professionali maggiormente coerente con iprincipi e le dinamiche di mercato, appare evidente qualora si consideril’insoddisfazione espressa dalle stesse circa la permanenza di unaregolamentazione tariffaria che viene percepita come inutilmente limitativadell’autonomia di impresa.

52. Al riguardo non può non considerarsi che, data anche la diffusione diprocedure ad evidenza pubblica secondo le quali si esprime gran parte delladomanda del settore, la vigente regolamentazione dell’esercizio dell’attività checomprende non soltanto limitazioni tariffarie ma anche divieti all’utilizzo dellapubblicità, appare del tutto superflua.

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appendice statistica

Geometri

Tabella a1. Geometri iscritti agli albi per regioniPIEMONTE - VALLE D’AOSTA 8.005

di cui: Torino 2.882LOMBARDIA 13.751

di cui: Milano 3.566TRENTINO ALTO ADIGE 1.472

di cui: Trento 872VENETO 7.110

di cui: Padova 1.469FRIULI VENEZIA GIULIA 2.068

di cui: Udine 1.090LIGURIA 2.731

di cui: Genova 1.184EMILIA ROMAGNA 6.744

di cui: Bologna 1.258MARCHE 2.523

di cui: Ancona 693TOSCANA 6.568

di cui: Firenze 1.705LAZIO 5.710

di cui: Roma 3.391UMBRIA 1.932

di cui: Perugia 1.504ABRUZZO 2.213

di cui: L’Aquila 592MOLISE 772

di cui: Campobasso 534CAMPANIA 6.643

di cui: Napoli 2.285BASILICATA 1.608

di cui: Potenza 1.254PUGLIA 4.387

di cui: Bari 1.293CALABRIA 2.313

di cui: Cosenza 896SICILIA 5.403

di cui: Catania 1.185SARDEGNA 2.772

di cui: Sassari 1.163

TOTALE 84.725Fonte: consiglio nazionale dei geometri

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Tabella a2 - Percentuali geometri abilitati anno 1994Città Candidati Abilitati % abilitatiTorino 485 283 58,3Alessandria 141 25 17,7Asti - - -Cuneo - - -Vercelli - - -Casale Monferrato 23 12 52,1Novara 192 72 37,5Genova 211 105 49,7Savona 103 39 37,8La Spezia 81 28 34,5Imperia 80 51 63,7Milano 465 191 41Bergamo 230 73 31,7Varese 251 71 28,2Como 197 49 24,8Brescia 271 94 34,6Cremona 106 40 37,7Mantova 92 46 50Pavia 143 41 28,6Sondrio - - -Venezia 178 62 34,8Verona 214 83 38,7Vicenza 248 87 35Treviso 214 68 31,7Padova 253 79 31,2Rovigo 66 36 54,5Belluno 39 22 56,4Bologna 165 64 38,7Ferrara - - -Forlì - - -Parma 86 35 40,6Piacenza 64 43 67,1Reggio Emilia 115 29 25,2Ravenna 84 36 42,8Rimini 96 47 48,9Trieste 27 9 33,3Udine 110 77 70Pordenone - - -Gorizia - - -Trento 131 35 26,7Bolzano 69 50 72,4Firenze 263 126 47,9Lucca 228 43 18,8Pistoia - - -Pisa 130 65 50Grosseto 68 34 50Arezzo 165 62 37,5

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Massa Carrara 81 30 37Prato 92 41 44.5Siena 99 27 27.2Perugia 213 82 38.4Terni 66 41 62.1Ancona 121 48 39.6Macerata 38 22 57.8Ascoli Piceno 56 29 51.7Camerino 6 5 83.3Pesaro 96 43 44.7Roma 422 191 45.2Latina - - -Frosinone - - -Rieti 66 22 33.3Napoli 428 245 57.2Caserta 128 67 52.3Avellino 116 82 70.6Benevento - - -Salerno - - -Potenza 158 33 20.8Matera 52 51 98Pescara - - -L’Aquila - - -Chieti 41 28 68.2Bari 144 66 45.8Brindisi 62 37 59.6Foggia 73 44 60.2Lecce - 85 -Taranto 106 64 60.3Lucera 26 11 42.3Campobasso 74 65 87.8Isernia 27 17 62.9Reggio Calabria 56 45 80.3Catanzaro - - -Cosenza - - -Palermo 126 104 82.5Messina 168 82 48.8Ragusa 57 37 64.9Siracusa 69 21 30.4Enna 44 40 90.9Caltanissetta 54 32 59.2Trapani 87 54 62Catania - - -Cagliari 253 101 39.9Nuoro 93 40 43Oristano 56 23 41Sassari - - -

Fonte: consiglio nazionale geometri

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CAPITOLO DECIMO: CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

10.1 Premessa

1. I servizi professionali rivestono in ambito sociale ed economico unindiscusso rilievo, che va ben oltre il pur ragguardevole contributo del settore alprodotto interno lordo433, e che ha tradizionalmente motivato il particolarericonoscimento attribuito alle attività professionali nell’ordinamento.

Esse sono state infatti oggetto di una normativa che, nel salvaguardarle,le ha largamente sottratte alle regole della concorrenza e del mercato, perassoggettarle a forme di regolamentazione (e autoregolamentazione), ritenutepiù idonee a promuovere lo sviluppo del settore, a beneficio dei professionisti edell’intera collettività.

2. Questa particolare tutela del settore dei servizi professionali è in partericonducibile al riconoscimento della natura specialistica delle conoscenzenecessarie per lo svolgimento di tali attività, ma, in misura ancor maggiore,deriva dalla circostanza che esse non di rado si ricollegano ad esigenze diinteresse primario sia del singolo che della collettività, quali ad esempio lasalute e il funzionamento della giustizia. Alcune attività professionali, poi,rappresentano veicolo di diffusione di innovazione e di nuove tecnologie, e perquesta via contribuiscono al miglioramento della competitività del paese.

3. L’indagine, nel far suoi questi presupposti, si è posta l’obiettivo diverificare fino a che punto la vigente regolamentazione del settore, in parterisalente alla prima metà del secolo, risulti oggi effettivamente funzionale allosviluppo delle attività professionali, in considerazione anche dell’evoluzione delcontesto economico e normativo, in parte, peraltro, riconducibile a fenomeni dicarattere sovranazionale.

4. Negli ultimi decenni, nei paesi industrializzati, il settore dei serviziprofessionali ha generalmente registrato significativi tassi di espansione e uncrescente grado di internazionalizzazione.

Tali osservazioni si riferiscono, in particolare, ai servizi professionalirivolti alle imprese, i quali hanno sperimentato un aumento considerevole siadella propria incidenza sul prodotto interno, che sull’occupazione complessivadell’economia434. L’Italia non fa eccezione alla tendenza espansiva del settore.Nel contesto di una significativa crescita del settore terziario, spicca inparticolare l’espansione registrata dai servizi privati alle imprese, che

433Tale contributo è stato stimato per il 1994 al 3,3% sulla base di dati di fonti: Istat, Inps-Archivio delleProfessioni e Anagrafe Tributaria.434 Cfr. Ocse, Regulatory Reform Project, Draft Chapter on Professional Business Services, gennaio 1997.

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comprendono anche le attività terziarie cosiddette avanzate, tra le qualisenz’altro si collocano i servizi professionali435.

Al riguardo, occorre sottolineare il cambiamento dei modi di fruizionedei servizi, con particolare riguardo al ruolo assunto dall’informazionenell’ambito dei processi industriali.

Non v’è dubbio infatti che per le imprese industriali costituisca un fattoredi crescente importanza e delicatezza l’accesso in tempi rapidi, in formaintegrata e a costi contenuti ad informazioni relative alle caratteristiche deimercati nei quali operano, necessarie per ottimizzare l’acquisizione degli input,l’organizzazione dei processi produttivi, il posizionamento e lacommercializzazione dei prodotti. E’ evidente che in mercati via via piùcomplessi e integrati a livello sovranazionale, la conoscenza del contestoambientale costituisce per le imprese un cruciale fattore di concorrenza, la cuiportata è ulteriormente amplificata dalla diffusione delle nuove tecnologiedell’informazione.

Ciò in parte contribuisce a spiegare l’espansione della domanda di serviziprofessionali proveniente dalle imprese, ma soprattutto delinea alcunicambiamenti in essa intervenuti. Infatti, un numero crescente di impreseindirizza alle categorie professionali una domanda di servizi che si caratterizza,non soltanto per il grado di specializzazione delle conoscenze necessarie asoddisfarla, ma anche per la tempestività e l’interdisciplinarietà di approcciofrequentemente richieste.

Simmetricamente, l’offerta di servizi professionali, nell’adeguarsi aquesto mutato contesto, si articola secondo differenti tipologie in rapporto aidiversi segmenti di domanda. Così, nell’ambito della vasta shiera diprofessionisti che esercitano in forma individuale l’attività, esistono coloro chesi rivolgono ad una clientela già consolidata o che mettono a frutto conoscenzealtamente specialistiche, le quali consentono loro di collocarsi in particolarinicchie di mercato, così come altri soggetti che sono invece maggiormenteesposti alla variabilità della domanda. Infine esistono professionisti che siorientano verso l’adozione di modalità di erogazione dei servizi più tipicamente“industriali”, sia sotto il profilo dell’organizzazione dell’attività e del livellodimensionale della stessa, che degli strumenti utilizzati per competere.

Una compressione artificiale della varietà degli assetti organizzativi edimensionali nell’erogazione dei servizi professionali significherebbe pertantoostacolare la ricerca delle modalità più idonee a soddisfare le esigenze delladomanda nonché della collocazione di mercato che meglio valorizza i vantaggiconcorrenziali dei professionisti, ricerca questa tipicamente connaturata alleattività di natura imprenditoriale436. 435 Cfr. R. Monducci e S. Pisani, La terziarizzazione dell’economia italiana: una visione d’insieme,Economia e Lavoro, 1994.436 Cfr. capitolo primo della presente indagine per una trattazione della problematica relativaall’assimilabilità dell’attività libero-professionale ad attività di impresa sotto il profilo giuridico, laddove sichiarisce che l’assimilazione tra i due concetti risulta perfettamente coerente con la nozione di impresaadottata in ambito comunitario e non si pone altresì in contrasto con i principi del nostro ordinamento.

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5. Occorre poi considerare il crescente grado di internazionalizzazionedel settore negli ultimi anni, che, in particolare nel campo giuridico, contabile edell’ingegneria, si esprime attraverso un considerevole aumento nei paesiindustrializzati sia delle esportazioni che delle importazioni di servizi, benchè ilsaldo commerciale assuma in alcuni casi, quali l’Italia, segno negativo437. Laposizione di importatore netto di servizi professionali del nostro paese non puòessere facilmente spiegata da una sua minore dotazione di risorse professionali,e viene, invece, più plausibilmente, ricondotta alla maggiore restrittività che inItalia caratterizza la regolamentazione del settore rispetto ad altri Paesi.438

6. Al riguardo, l’analisi comparata svolta nel corso dell’indagine hamesso in luce che la regolamentazione adottata nel nostro Paese, nel suocomplesso, è particolarmente restrittiva rispetto a quella dei principali paesieuropei considerati, perlomeno relativamente alla previsione di tariffeobbligatorie minime e al divieto di pubblicità.

Sotto il primo profilo, infatti, si rileva che in Italia la regolamentazionee/o l’auto-regolamentazione della generalità delle professioni stabilisconotariffe minime inderogabili per gli iscritti agli albi. Ciò non risulta invece in altripaesi, come ad esempio in Francia per gli avvocati e nel Regno Unito per isolicitors, dove il compenso viene stabilito liberamente dalle parti439. In altricasi, poi, le tariffe sono soltanto indicative come in Francia o in Germania pergli ingegneri. Al riguardo, infine, non può non segnalarsi che, recentemente, inSpagna è stata emanata una legge recante alcune importanti modifiche dellaregolamentazione dell’attività dei professionisti limitativa della concorrenza: inparticolare, con riferimento alle tariffe - si legge nelle premesse - si elimina ilpotere dei collegi professionali di fissare onorari minimi, pur potendo stabilireparametri di onorari orientativi440.

Relativamente al secondo profilo, poi, si rileva che nella maggior partedegli Stati membri non esistono vincoli stringenti all’utilizzo dello strumento

437 Cfr. OCSE, Atelier sur les services professionnels. La dimension economique des servicesprofessionnels, ottobre 1995. Oltre all’Italia, la sola Germania, tra i paesi che rilevano in modo sistematicodati di commercio estero sui servizi professionali, presentava nel 1991 un valore delle importazioni di taliservizi superiore a quello delle esportazioni.438 Cfr. OCSE op. cit. Più in generale tale analisi evidenzia che nei paesi caratterizzati da una maggiorerestrittività del regime regolamentare del settore dei servizi professionali, quest’ultimo presenta uno sviluppofrenato, mentre, al contrario, assetti regolamentari meno rigidi conferiscono al paese che li adotta unvantaggio comparato a livello internazionale nell’esportazione di servizi professionali.439 In particolare, in Francia, nel 1984, la Commission de la Concurrence et des prix ha considerato letariffe adottate da alcuni organismi professionali in violazione della libertà di concorrenza, vietandonel’applicazione.440 Cfr. specialmente l’art. 5 della legge 14 aprile 1997 n. 7, “de medidas liberalizadoras en materia desuelo y de Colegios profesionales”, secondo cui “El ejercicio de las profesiones colegiadas se realizarà enrègimen de libre competencia y estarà suyecto, en cuanto a la oferta de servicios y fijaciòn de suremuneraciòn, a la ley sobre Defensa de la Competencia y a la ley sobre Competencia Desleal. Los dernosaspectos del ejercicio profesional continuaràn rigièndose por la legislaciòn general y especifica sobre laordenaciòn sustantivo propia de cada profesiòn aplicable”.

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pubblicitario da parte dei singoli professionisti anche per professionisocialmente sensibili, quale quella medica.

Interessante, infine, è notare che nei principali paesi europei esistono datempo sistemi che prevedono forme organizzative di tipo societario per quantoconcerne l’esercizio dell’attività professionale, quali, ad esempio, leprofessional partnership inglesi ovvero le cd società di partenariato inGermania e le sociétés d’exercice libéral in Francia, che rappresentano lediscipline attualmente più evolute al riguardo.

In considerazione dell’evoluzione dei mercati verso la globalizzazione, lemaggiori restrizioni tuttora esistenti nel nostro paese rischiano quindi di tradursiin un concreto svantaggio per i nostri professionisti rispetto ai colleghi stranieri.

7. In questo contesto, viene naturale osservare come, nel campo deiservizi giuridici, ad esempio, si riscontri una crescente espansione anche nelnostro paese di studi e società estere (principalmente anglosassoni) la cuiespansione in altri Paesi non è estranea alla solidità acquisita in mercati diorigine caratterizzati da un quadro regolamentativo che favorisce lo sviluppodelle attività, consentendo ai professionisti flessibilità organizzative e dimercato nel nostro Paese sconosciute.

Questo fenomeno non va sopravvalutato ma del pari non può essereignorato. Esso è il segnale che i mercati domestici dei servizi professionalisempre meno possono prescindere dalla concorrenza come strumento perstrumento per rispondere a quella estera e, a lungo andare, gli strumenti diprotezione possono tramutarsi in ostacoli all’attività dei professionisti.

Sotto questo profilo, la pervasiva regolamentazione che caratterizzal’accesso al mercato e l’esercizio dell’attività da parte dei professionisti protettipresenta aspetti per certi versi paradossali. Troppo spesso essa viene favoritaed auspicata proprio da coloro che più dovrebbero temerne gli effetti. Se ilconfronto con altre figure professionali è destinato ad aumentare - e tutto lasciaintendere che questo scenario sia il più probabile - essi per primi dovrebberodesiderare l’eliminazione dei vincoli e delle restrizioni che li penalizzano e lisvantaggiano.

Al riguardo, l’indagine ha messo in luce che benché presso alcune fascedi professionisti questo convincimento abbia cominciato a farsi strada, essorimane ancora insufficientemente diffuso in rapporto alla rapidità deicambiamenti destinati a prodursi.

8. Una possibile e plausibile spiegazione del ritardo con cui molti deiprofessionisti e degli ordini appaiono cogliere l’esigenza di una modifica delcontesto regolamentativo può rinvenirsi nella complessa e articolata storia degliordini alla quale si può qui soltanto accennare.

Tali organismi sono nati infatti come espressione di gruppi professionalie si sono costituiti come enti esponenziali di tali gruppi e dei loro interessi e atutela delle relative attività professionali. Sin dal medioevo, esistevano arti o

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corporazioni di medici, speziali (farmacisti), avvocati, giudici e notai, munite dipropri poteri per lo svolgimento di diverse funzioni a difesa del gruppo, checomprendevano anche la regolazione e il controllo dei principali aspetti dellerelative attività: entrata, uscita, politiche di prodotto, prezzi, qualità minima.

Non v’è dubbio poi che fosse connaturata al funzionamento di talicorporazioni la limitazione della concorrenza e che a tal fine venisse in primoluogo impiegato il diritto di concedere licenze: “In Italia, durante il Tre e il Quattrocento, le corporazioni e i collegiprofessionali nella concessione delle licenze applicarono limitazioni e controllisempre più efficaci (...) I fautori delle restrizioni e dei controlli ne sostenevanola necessità con lo scopo dichiarato di mantenere un alto livello di competenzae di etica professionale; ma essi erano anche animati dal sentimento egoistico dievitare la concorrenza. In effetti entrambe le motivazioni entravano in gioco e sirafforzavano a vicenda, per quanto se si guarda alle clausole preferenziali chefavorivano l’ammissione di parenti (...) si è indotti a credere che il motivoegoistico abbia ben presto acquisito un peso considerevole”441.

9. Gli ordini, quindi, sono nati storicamente come ordinamenti giuridiciprivati in risposta ad esigenze di mercato e a difesa degli interessi del gruppo diappartenenza e solo successivamente sono stati inglobati nell’ordinamentogenerale e sussunti nella disciplina pubblicistica, attraverso la trasformazionedei gruppi sociali in enti pubblici indipendenti e autonomi sotto la sorveglianzadello Stato442.

Gli ordini presentano, quindi, un misto di statalismo e di autonomia fruttodella loro evoluzione storica che si esprime nel perseguimento di interessi delproprio gruppo di appartenenza con poteri autoritativi discendenti dalla loroentificazione pubblica, la quale ha lo scopo di conservare o attribuire tali poteriper la tutela di interessi pubblici.

Lo Stato ha attribuito rilevanza agli interessi dei gruppi professionaliritenendo che fossero funzionali anche al perseguimento di finalità di naturagenerale. In altri termini, il legislatore ha ritenuto che riservare agli ordiniprofessionali la tutela del gruppo di appartenenza, la dignità della funzioneindividualmente esercitata dai singoli, il prestigio di cui essa e i suoi operatoridevono essere circondati nel contesto sociale, avesse una ricaduta positivasull’affidamento dei terzi e sul corretto e adeguato svolgimento professionale diattività che incidono su importanti beni e valori collettivi, alcuni dei quali sonogarantiti costituzionalmente (si pensi al diritto alla difesa in giudizio e al dirittoalla salute).

In estrema sintesi, dunque, l’evoluzione storica del settore lasciatrasparire come l’origine di tale regolamentazione pubblicistica sia da rinvenire

441 Cfr C.M. Cipolla, Le professioni nel lungo andare, in ID, Le tre rivoluzioni e altri saggi di storiaeconomica e sociale, Bologna 1989.442 Cfr Piscione, Professioni (disciplina delle), in Enc. Dir., Milano 1987.

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nel riconoscimento da parte dello Stato di una specificità delle professioniintellettuali, come occupazioni orientate al servizio, e di una loro idoneità adincidere su interessi centrali per l’equilibrio della società.

10. In tal modo, tuttavia, alcune restrizioni concorrenziali ritenute dalcorpo professionale funzionali alla propria tutela sono state legittimate. Talirestrizioni sono state direttamente previste dallo stesso legislatore, attraverso adesempio l’introduzione di tariffe obbligatorie e di barriere numeriche, eindirettamente favorite nel loro accrescersi, attraverso la delega agli ordini ademanare norme deontologiche. Infatti l’indeterminatezza normativa dei compitispettanti agli ordini e la genericità delle formulazioni con cui il legislatore hadettato i principi i cui contenuti gli ordini stessi hanno poi definitoconcretamente, hanno contribuito ad accrescere lo spazio di tutela degliinteressi privati nell’ambito della regolamentazione.

11. Ciò che preme mettere in rilievo è che nel corso di questo processo dientificazione dei gruppi professionali e di incardinamento nel sistemapubblicistico, agli interessi privati di cui erano portatori gli originari gruppiprofessionali è stata attribuita rilevanza pubblica da parte dello Stato, di modoche è divenuto sempre più difficile distinguere gli uni dagli altri.

A tale commistione hanno certamente contribuito, in primo luogo laparticolare connotazione attribuita agli ordini, di enti dotati di autogoverno e diautoamministrazione, sia pure sottoposti alla vigilanza dello Stato: vigilanza,tuttavia, proprio per la natura dell’ente, alquanto contenuta e senza alcunaparticolare ingerenza dello Stato nelle funzioni proprie dell’ente; in secondoluogo, la connotazione di ente ad appartenenza necessaria o obbligatoria, nelsenso che l’esercizio della professione è subordinato all’inserimento delprofessionista nel gruppo e alla sottoposizione alle sue regole, circostanza cheha fatto coincidere la categoria con il corpo, ovvero l’ordine, ed ha attribuito atali enti il controllo della stessa; da ultimo, la natura delle funzioni attribuite atali organismi, comportanti una serie di poteri particolarmente penetranti e diindubbia rilevanza esterna, i quali potevano essere utilizzati per la tutela diinteressi di natura privata.

Gli elementi cui si è ora accennato hanno consentito che in alcuni casi ladifesa da parte degli ordini di interessi meramente di categoria fosse legittimatae vestita di rilevanza pubblica e hanno reso sempre più evanescenti i confini trai due tipi di interessi.

E’ indubbio che nel controllo dell’esercizio della professione si siapertanto venuto a determinare uno sbilanciamento tra lo Stato e gli ordini, e checiò abbia potuto favorire la difesa di posizioni di rendita acquisite daiprofessionisti già presenti sul mercato.

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In sostanza alcune prerogative statuali sono state via via assunte dagliordini443, che si sono trovati nella condizione di controllare se stessi nonchè didettare e applicare le regole del gioco cui partecipano i propri iscritti.

10.2 Regolamentazione delle professioni e mercato

12. Le considerazioni svolte nella precedente sezione, possono esserecosì sintetizzate: a) la competizione internazionale, stimolata dai processi diinternazionalizzazione dei mercati e di diffusione di nuove tecnologiedell’informazione, è destinata a produrre effetti sostanziali nei mercati deiservizi professionali, conferendo agli stessi un ruolo di impresa particolarmentepropulsivo per il sistema economico; b) gli ordini sono, tuttavia, ancorascarsamente convinti che sia necessario, proprio per tutelare gli iscritti,eliminare i vincoli che caratterizzano l’offerta dei servizi dei professionistiprotetti; c) ciò può trovare spiegazione nella storia degli ordini che sono natiper soddisfare esigenze private di tutela del gruppo professionale e, inparticolare, per rispondere ad un problema di concorrenza; d) l’evoluzione insenso pubblicistico della disciplina delle professioni ha sostanzialmentelegittimato forme di limitazione della concorrenza, stabilendone la funzionalitàrispetto al perseguimento di esigenze di interesse generale; e) questa presuntacoincidenza tra interessi pubblici e privati è stata nel corso del tempo sottopostaa un limitato scrutinio.

E’ evidente, pertanto, come un ripensamento complessivo e profondodell’istituzione “ordine” risulti oggi improcastinabile, soprattutto inconsiderazione delle mutate condizioni dei mercati e della crescente importanzaattribuita ai principi della libertà di iniziativa economica e della concorrenza,nella consapevolezza che il mancato rispetto delle regole concorrenziali, dinorma, limita l’efficiente svolgimento delle attività economiche.

13. I punti fermi cui è pervenuta l’indagine conoscitiva in relazione alfunzionamento dei mercati che vedono la presenza dei professionisti sono cosìriassumibili:

- la regolamentazione dei servizi professionali, al pari di qualunque altra,è appropriata se soddisfa esigenze di carattere generale e la sua introduzionesana imperfezioni di mercato (asimmetrie informative ed esternalità) disignificativo rilievo, altrimenti suscettibili di produrre risultati iniqui edinefficienti;

- anche in presenza di riconosciute imperfezioni, la regolamentazione èdesiderabile solo se i costi ad essa connessi sono compensati da maggioribenefici in termini di benessere del consumatore;

443 Si pensi ad esempio al ruolo ormai decisivo nella definizione delle tariffe assunto dagli ordini, essendoperlopiù la funzione dello Stato confinata ad un controllo di legittimità.

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- in particolare, la regolamentazione non deve spingersi al di là di quantoè strettamente necessario al miglioramento dell’efficienza di mercato, o meglio,deve essere dimostrato che non esistono strumenti alternativi per raggiungeregli individuati obiettivi di interesse generale.

In sintesi, l’indagine ha sottoposto la disciplina delle libere professioni aduna valutazione ispirata ai criteri di necessità e proporzionalità, commisurandola stessa alle caratteristiche dei mercati nei quali viene applicata. Ha poco sensoinfatti considerare il ruolo e le funzioni svolte dagli ordini nella amministrazionee, in parte, nella definizione di tale disciplina al di fuori del mercato, poichè taliorganismi nascono e vengono successivamente riconosciuti dall’ordinamentoprecisamente per dare risposta alle sfide che il mercato pone.

14. L’analisi condotta secondo queste linee ha messo in luce che nelsettore delle professioni protette: a) accanto a situazioni in cui senz’altroricorrono importanti fallimenti del mercato, ve ne sono altre nelle quali èdifficile individuare quali siano le imperfezioni cui si è inteso in passato porrerimedio, o se le stesse assumano ancor oggi significativo rilievo; b) anche inpresenza di riconosciute imperfezioni, l’assetto regolamentativo risulta spessonon ottimale, in quanto caratterizzato da una superflua pluralità di limitazionialla attività economica, suscettibili di ridurre l’efficienza complessiva delmercato, a danno dei consumatori.

15. Con riguardo al primo aspetto, cioè alle imperfezioni dei mercati deiservizi professionali, l’indagine ne ha esaminato la natura e le implicazioni,considerando che una accentuata asimmetria informativa a sfavore del clientepuò esporlo a prestazioni di qualità inadeguata, le quali, data la delicatezza e ilrilievo degli interessi su cui incidono alcune attività professionali, sonosuscettibili di produrre effetti particolarmente dannosi.

Tuttavia, l’indagine ha altresì messo in luce che tale eventualità assumeuna rilevanza solo per alcune aree professionali e nel loro ambito non ègeneralizzata a tutti i segmenti di mercato.

Le asimmetrie informative, alle quali tanto peso viene tradizionalmentedato per giustificare misure di (auto)regolamentazione limitative dellaconcorrenza riguardano, infatti, prevalentemente, la domanda espressa daiconsumatori individuali.

In numerosi ambiti professionali una parte consistente della domanda èperò generata da imprese, come è dimostrato: dalla maggiore frequenza con cuisi rivolgono al notaio società ed imprenditori rispetto ai singoli cittadini (tab. 3cap. terzo); dal maggior peso assunto dalla consulenza giudiziale estragiudiziale, di tipo continuativo prestata dagli avvocati a favore di enti privatie pubblici rispetto alla consulenza saltuaria resa ai singoli cittadini (tab. 8- cap.terzo); dalla circostanza che il controllo delle scritture contabili delle imprese ela consulenza in materia commerciale del lavoro costituisce la fonte piùimportante dei professionisti operante nell’area economico-contabile.

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Ora, questi soggetti esprimono per la maggior parte una domanda di tipocontinuativo che li mette in condizione di acquisire progressivamenteinformazioni sulle caratteristiche dell’offerta, e inoltre, non infrequentementerisultano dotati di competenze tecniche al proprio interno grazie alle qualipossono valutare sia la capacità dei professionisti che le caratteristiche delleprestazioni dagli stessi erogate. Per questi motivi non sembra emergere unassoluto ed ineliminabile problema di asimmetrie informative. A questi casigiova poi aggiungere quelli, e riguardanti le professioni tecniche, in cui ladomanda è espressa secondo procedure ad evidenza pubblica. In talicircostanze, indipendentemente dalla conoscenza del soggetto acquirente circale caratteristiche dei servizi, sono le stesse modalità di selezione deiprofessionisti che favoriscono il confronto tra gli stessi e quindi l’acquisizionedi sufficienti informazioni al riguardo. Anche in questi casi i problemi diasimmetria informativa sembrano ridursi apprezzabilmente.

16. Se, pertanto, una maggiore attenzione alle differenti caratteristiche didiversi segmenti di domanda induce a concludere che in numerose situazioni,misure restrittive della concorrenza non siano necessarie a garantire la qualitàdelle prestazioni e possano anzi risultare suscettibili di ridurre l’efficienza delmercato, a una conclusione non dissimile si perviene quando ci si soffermi sullecaratteristiche dell’offerta nel settore professionale.

In primo luogo è possibile osservare che l’evoluzione dei mercati rendein alcuni casi difficile identificare, sotto il profilo delle modalità di erogazionedel servizio e del rapporto con il cliente, nonchè della complessità delleprestazioni, le caratteristiche distintive dell’attività dei professionisti protettirispetto ad altre figure di professionisti intellettuali. E, conseguentemente,appare difficile sostenere che i mercati nei quali operano i primi siano sempreafflitti da asimmetrie informative così gravi da richiedere forme diregolamentazione altrove assenti.

Limitando poi il confronto all’ambito delle professioni protette,emergono evidenti incongruenze laddove si consideri che per alcune attività laregolamentazione appare particolarmente stringente e pervasiva senza che siriescano a ravvisare delle motivazioni sostanziali che ne giustifichino ladifferenza rispetto ad altre. Si pensi, ad esempio, alle professioni di notaio efarmacista, che oltre a godere di esclusive, sono caratterizzate da modalità diaccesso più limitative, ovvero il concorso a numero chiuso, nonché da tariffefisse e limiti territoriali. In tali professioni non sembrano essere ravvisabiliinteressi di natura più rilevante rispetto a quelli su cui incidono le professioniforensi o quelle mediche.

17. Con riguardo alla proporzionalità dell’attuale assetto regolamentativorispetto alla necessità di colmare eventuali imperfezioni che ostacolano ilcorretto funzionamento dei mercati, dall’analisi svolta nel corso dell’indagineconoscitiva è emerso che gli strumenti di regolamentazione delle professioni

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protette sono molteplici e suddivisibili sostanzialmente in due categorie, quelliattinenti ai requisiti necessari per lo svolgimento delle professioni (tirocinio,esame di abilitazione, concorso) e quelli relativi alle modalità di svolgimentodella professione (standard di qualità, tariffe, divieto di pubblicità, limititerritoriali, incompatibilità).

Tuttavia, molti di questi strumenti mirano a raggiungere i medesimiobiettivi. Di conseguenza o si ammette che ognuno di essi non è gestito inmodo da soddisfare pienamente l’esigenza per la quale è stato introdotto, oaltrimenti si deve concludere che non tutti gli strumenti predisposti sononecessari ed esistono delle duplicazioni, dalle quali discende inevitabilmente unaggravio e un superfluo appesantimento della regolamentazione a cui sonosottoposti i professionisti.

Infine, l’analisi concreta ha messo in luce come non si possa prescindereoltre che dalla natura delle prestazioni anche dalla loro differenziazione ediversa complessità. In questo senso una regolamentazione applicata in modoindifferenziato alla professione tout court, appare eccessivamente stringentecon riguardo ad alcune prestazioni standardizzate, con riferimento alle qualil’esigenza di tutelare i consumatori da irrimediabili danni causati da prestazioniprofessionali di qualità inadeguata risulta senz’altro trascurabile.

Per alcune prestazioni, il tipo di regolamentazione che controlla l’accessoe l’esercizio alla professione appare del tutto sproporzionato. Ci si riferisce inparticolare alla certificazione di alcuni atti notarili che hanno un modesto rilievoeconomico ed una scarsa complessità di redazione, oppure alla vendita deimedicinali da banco da parte dei farmacisti.

18. E’ possibile pertanto che sotto la veste dell’interesse pubblico sipersegua la tutela di interessi privati meramente contingenti e di breve respiroche si traducono in uno svantaggio per la collettività, non solo perchédeterminano restrizioni concorrenziali di notevole portata, ma perché, anche inuna prospettiva di confronto internazionale, frenano lo sviluppo del settore.Conseguentemente, risulta necessario ridefinire gli spazi e il ruolo degli ordini.

Al riguardo, rimandando ai punti successivi per una riconsiderazionedelle funzioni di tali organismi in rapporto ai singoli aspetti della vigentedisciplina delle libere professioni, si ritiene opportuno anticipare sin d’ora ilprincipio di carattere generale a cui tale riformulazione si ispira.

In sintesi, si ritiene che la selezione all’entrata di coloro che aspirano adesercitare l’attività è giustificata, qualora ricorrano importanti forme diasimmetria informativa, per cui il cliente si trova nell’impossibilità diapprezzare l’effettivo grado di competenza del professionista.

Ciò, tuttavia, conduce a ritenere che l’introduzione di ulteriori forme diregolamentazione sia sostanzialmente superflua o comunque potrebbe esseresussunta da una effettiva attività di monitoraggio della qualità delle prestazionida parte degli ordini.

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Al riguardo, l’esemplificazione più evidente è offerta dal caso deiprofessionisti che operano in regime di riserva. Vi possono essere buoni motiviper affidare ad un gruppo particolare di operatori il monopolio dell’offerta in undeterminato mercato, anche se ciò può essere vero molto meno frequentementedi quanto generalmente si ritenga e di quanto - come si è visto - la stessa leggepreveda. Non vi è però nessun buon motivo per limitare la concorrenza fracoloro che possiedono i requisiti richiesti dalla riserva. Tale riserva ha lo scopodi garantire l’utilizzatore che solo chi possiede determinati requisiti è abilitatoad offrire le proprie prestazioni. Il suo fine ultimo, infatti, è precisamente quellodi garantire che esiste uno standard minimo di prestazione al di sotto del qualenon è possibile scendere e che vi sono buoni motivi per impedire che ciòaccada. Non è difficile immaginare, ad esempio, che nel campo medico lefinalità di tutela della salute possano richiedere una stringente ed accurataselezione di coloro che sono ammessi a prestare queste funzioni e l’inibizionedall’attività per coloro che sono sprovvisti di determinati requisiti. Tutto ciò èpacifico: la riserva ha precisamente lo scopo di tutelare chi domanda quelservizio. Realizzate tali esigenze, non si vede tuttavia perchè limitare laconcorrenza fra soggetti che possiedono i requisiti che la riserva richiede,ovvero prevedere ulteriori restrizioni all’esercizio dell’attività.

10.3 Gli strumenti di regolamentazione

19. La ridefinizione del ruolo degli ordini investe in modo preminente lastruttura attuale della regolamentazione alla quale sono sottoposte le professioniintellettuali. Da un lato in quanto, come si è già sottolineato gli ordinipartecipano in misura non trascurabile alle diverse fasi, di accesso e di eserciziodelle attività in cui si articola tale regolamentazione, dall’altro in quantoquest’ultima rappresenta lo strumento attraverso il quale si determinano o sifavoriscono distorsioni concorrenziali nei mercati dei servizi professionali.Meritano di essere menzionati due aspetti opinabile il primo, pregiudizievole ilsecondo. Innanzitutto la nascita e l’evoluzione della disciplina delle professioniprotette riflette l’importanza attribuita dal legislatore agli interessi pubbliciconnessi allo svolgimento di alcune attività professionali e un orientamentosecondo il quale il perseguimento di tali interessi è di norma incompatibile conl’operare dei meccanismi di mercato. In secondo luogo, la regolamentazione èstata il frutto spesso di una serie di compromessi tra Stato e ordini professionaliper raggiungere i quali si è a volte tralasciato di considerare come principioprioritario l’efficienza del sistema.

In considerazione di questi elementi e con particolare riferimento aiprincipi di necessità e proporzionalità prima evidenziati, nelle sezioni seguentisi intendono analizzare ed esemplificare le principali restrizioni concorrenzialideterminate dagli strumenti di regolamentazione delle professioni protette.

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I requisiti all’accesso

L’esame di Stato.20. Il requisito fondamentale previsto per l’accesso a tutte le professioni

intellettuali è rappresentato dal superamento dell’esame di Stato, previstodall’art. 33 comma 5 della Costituzione.

L’esame dovrebbe essere diretto ad accertare, nell’interesse dellacollettività e dei committenti, che il professionista abbia i requisiti dipreparazione attitudinale e capacità tecnica occorrenti per il retto esercizio dellaprofessione e dovrebbe rappresentare la garanzia dell’esistenza dei requisitiminimi per l’esercizio delle attività.

Data la natura degli interessi protetti, il controllo circa il possesso daparte dell’aspirante professionista dei necessari requisiti dovrebbe essereeffettuato al di fuori di eventuali pressioni corporative da un organoamministrativo imparziale (la Commissione esaminatrice).444

Il principio di imparzialità al quale deve essere informata lacomposizione della Commissione esaminatrice, impone che nella formazionedella stessa il carattere esclusivamente tecnico del giudizio debba risultaresalvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte o comunquediversi da quelli propri dell’esame.445In tal senso non può certo essere riservatoagli ordini un ruolo dominante nella fase di accertamento del possesso deirequisiti del candidato. Ciò infatti equivale a sacrificare la terzietà di chicontribuisce a stabilire il numero di coloro che sono ammessi ad entrare nelmercato.446

E’ per tutti pacifico che l’esame di stato, affinché risulti funzionale allefinalità per le quali è stato previsto, debba essere condotto secondo criteriuniformi sul territorio nazionale e debba essere volto ad accertare l’effettivacompetenza dei candidati secondo un riconoscimento paritario di capacitàoccorrenti per l’esercizio della medesima professione.

Tuttavia, al raggiungimento di tale obiettivo potrebbe ostare sia ladesignazione da parte degli ordini del novero dei membri nell’ambito del qualeviene effettuata la scelta dei componenti, sia la presenza della maggioranzadegli stessi nelle commissioni. In tal modo i professionisti già operanti sul

444C.f.r. Corte di cassazione sentenza del 26/6/1990 n. 6431.445 Sull’importanza del principio di imparzialità vedi sentenza della Corte Costituzionale del 26 settembre1990 n. 453. Inoltre, è di notevole interesse la sentenza della Corte Costituzionale 37271989, con la qualesono state dichiarate costituzionalmente illegittime alcune norme della legge n.6/1989 che con riguardoall’esame di abilitazione previsto per l’accesso alla professione di guida alpina, sottraevano poteri alleRegioni per attribuirli prevalentemente al Collegio professionale. Da ciò si evince chiaramente che lamateria non è delegabile ad organi che sono portatori anche di altri interessi.446 Di tendenza opposta rispetto a quanto qui auspicato appare invece il disegno di legge n. 4115“Disposizioni in materia di accesso alla professione di avvocato”, presentato alla Camera dei deputati il 4settembre 1997. Nel disegno di legge infatti si prevede che la Commissione sia composta da cinque membrititolari e cinque supplenti, dei quali, rispettivamente, ben tre avvocati, un magistrato e un professoreuniversitario e sia presieduta da un avvocato scelto tra i tre titolari.

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mercato hanno la possibilità di influenzare gli esiti del processo di selezione,restringendo il numero di coloro che intendono accedere alla professione al dilà di quanto sarebbe giustificato su una mera base qualitativa.

Obbligatorietà del tirocinio.21. Prodromico all’esame di Stato è il tirocinio, il cui interesse ai fini

dell’analisi qui svolta, è rappresentato dal fatto che nella maggior parte delleprofessioni esso costituisce un passaggio obbligato per accedere all’esame diabilitazione.La finalità del tirocinio è riconducibile alla necessità di garantire l’acquisizionedi conoscenze (pratiche) relative alla professione che si intende esercitare, lacui verifica è poi demandata all’esame di Stato.

Deve essere sottolineato il fatto che a fronte di questa funzione senz’altropositiva, il tirocinio rappresenta comunque un costo per chi è obbligato asostenerlo, in quanto posticipa il periodo di entrata nel modo del lavoro. E’difficile sostenere che ciò non abbia alcuna ripercussione sui prezzi dei servizi.Tale circostanza dovrebbe incentivare una utilizzazione di questo strumento chepossa essere effettivamente proficua e che comporti il minor costo possibile perchi è obbligato a svolgerlo e per chi dovrà acquistare i servizi resi dal futuroprofessionista.

Al riguardo, deve essere sottolineato il fatto che la legge prevedel’obbligatorietà del tirocinio senza tuttavia predisporre i mezzi per mettere tuttii soggetti in condizione di potervi accedere facilmente. Nella maggior parte deicasi non esistono infatti scuole di formazione sostitutive del tirocinio pratico, e,pertanto, la formazione pratica è rimessa esclusivamente alla disponibilità deiprofessionisti. Spesso, inoltre, il tirocinio non riesce a fornire una formazionequalitativamente elevata poiché i professionisti hanno un incentivo a delegare aitirocinanti essenzialmente prestazioni semplici e standardizzate. Diconseguenza, a fronte del costo imposto ai neoprofessionisti in termini diallungamento del periodo di formazione, non sempre si riscontra uncorrispondente beneficio ed in definitiva lo strumento rischia di perdere granparte della sua efficacia.

Pertanto, al fine di utilizzare questo strumento nel modo più proficuo pergli aspiranti professionisti e di renderlo accessibile a tutti, sarebbe quanto menoauspicabile una maggiore diffusione di scuole di specializzazione quanto menointegrative o anche alternative al tirocinio per assicurare a tutti i futuriprofessionisti l’acquisizione dello standard formativo necessario per svolgerel’attività. Inoltre, gli ordini potrebbero fornire un contributo essenzialeall’organizzazione e alla gestione delle scuole di specializzazione, mettendo adisposizione di tali strutture e, quindi della formazione dei futuri professionisti,il bagaglio di conoscenze ed esperienze professionali dei propri membri.

22. Peraltro, ad una riforma più incisiva si potrebbe pervenire estendendoa tutte le professioni un sistema che è già largamente sperimentato per alcune di

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esse. Giova osservare infatti che il tirocinio non è obbligatorio per taluneprofessioni, ovvero gli architetti e gli ingegneri (le professioni più “tecniche”),dove lo stesso sembrerebbe dover rivestire maggiore importanza. Si può quindiragionevolmente presumere che la formazione universitaria, in tali casi, èorganizzata già in modo idoneo a fornire ai futuri professionisti la necessaria esufficiente preparazione pratica. Pertanto, una alternativa alle attuali modalità disvolgimento del tirocinio potrebbe essere rappresentata da una riorganizzazionedella formazione universitaria che fornisca le conoscenze pratiche richiestedall’esercizio della professione.

La realizzazione di questa ipotesi che comporterebbe la rimozionedell’attuale vincolo del tirocinio obbligatorio garantirebbe a tutti lapreparazione necessaria per svolgere la professione e condurrebbe altresì aduna maggiore omogeneità dei percorsi di formazione professionali.

23. In ogni caso la rivisitazione delle modalità di svolgimento deltirocinio non può essere avulsa da una riconsiderazione del ruolo svoltodall’esame di Stato. Infatti, la previsione di un periodo di tirocinio per potersvolgere la professione non può e non deve essere ritenuta un mezzo idoneo asopperire alle carenze di selezione dell’esame di Stato, dal momento chel’effettuazione di un periodo di praticantato non può in alcun modorappresentare una garanzia di acquisizione del minimum di conoscenzenecessarie per svolgere la professione.

Se si conviene sul fatto che l’esame di Stato deve rappresentare lostrumento idoneo a certificare la conoscenza tecnico-pratica del futuroprofessionista, i problemi connessi all’efficacia del tirocinio, come è oggi,vengono meno.Sembra quindi preferibile, dopo aver predisposto gli strumenti necessariaffinchè i candidati siano nelle condizioni di acquisire la necessariapreparazione teorico-pratica, affidare unicamente all’esame di Statol’accertamento del possesso di tutte le conoscenze indispensabili per esercitarela professione.

Il concorso.24. Il concorso è, come l’esame di Stato, uno strumento diretto a

selezionare i soggetti in base alle capacità attitudinali e tecniche, che si applicasolo nei casi in cui il numero di professionisti ad esercitare è prestabilito. Talepredefinizione del numero degli operatori viene generalmente giustificata con lanecessità di garantire una razionale distribuzione di servizi professionaliessenziali nel territorio nazionale. Tuttavia, dall’analisi degli effetti prodottidall’applicazione di questo strumento è emerso che da un lato esso nonrappresenta un mezzo in grado di soddisfare in pieno le esigenze della domandae, dall’altro che, a fronte delle distorsioni concorrenziali che è suscettibile dideterminare, le finalità pubbliche che lo giustificano potrebbero essereconseguite con mezzi meno restrittivi della concorrenza.

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Attualmente il concorso è previsto per accedere a due professioni, quelladi notaio e quella di farmacista.In particolare, nel corso dell’indagine è emerso che, per quanto concerne inotai, il numero di coloro che riescono a superare il concorso è inferiore alnumero dei posti messi a disposizione. Se si assume che questi ultimiidentificano il numero necessario di professionisti esercenti la professione inrapporto alla domanda, il concorso, laddove restringe ulteriormente gli accessi,risulta comprimere artificiosamente l’offerta.

Con riferimento ai farmacisti, è emerso, invece, che le lentezzenell’organizzazione dei concorsi derivanti dalle modifiche relative alle modalitàdi espletamento degli stessi, hanno fatto sì che dal 1991, nonostante vi fosseroun numero consistente di titolarità di farmacie disponibili, siano stati svoltipochissimi concorsi. Anche in questo caso, quindi, il concorso ha determinatouna artificiosa restrizione dell’offerta.

Si consideri inoltre che per garantire un numero minimo di sedi nelterritorio nazionale, che è per l’appunto la finalità che intendono garantire iconcorsi, non appare necessario stabilire un numero di posti massimo. Al di làquindi dell’adeguatezza del metodo utilizzato per definire il numero deiprofessionisti ammessi ad operare, è difficile ritenere che l’esigenza di garantireuna omogenea e sufficiente erogazione dei servizi sul territorio nazionale possaessere effettivamente soddisfatta attraverso l’imposizione di un limite massimodi sedi. Non vi è dubbio che tale obiettivo potrebbe eventualmente esseremeglio perseguito attraverso la determinazione di un numero minimo.

25. Non si può inoltre non fare cenno alle distorsioni concorrenzialideterminate dalla limitazione del numerus clausus. Il concorso infatticostituisce lo strumento selettivo più rigido previsto per accedere ad unaprofessione e mentre gli altri strumenti, tirocinio, esame di abilitazione sono inlinea di principio delle barriere “aperte”, ovvero superabili da chiunque risultiidoneo in presenza di determinati requisiti e, quindi, da un numeroimprecisabile di soggetti, esso invece rappresenta una barriera “chiusa”, inquanto il numero di coloro che possono esercitare l’attività è predeterminato ecorrisponde al numero dei posti messi a concorso. Ciò evidentemente limita lospontaneo adattamento dell’offerta alle caratteristiche della domanda,restringendo la concorrenza e il libero gioco del mercato.

La limitazione alla concorrenza raggiunge il suo massimo grado ancheper il fatto che alla predeterminazione del numero delle sedi è in entrambe leprofessioni associata la limitazione territoriale all’esercizio dell’attività.Pertanto, coloro che già operano non subiscono la concorrenza dei nuovientranti ed ogni professionista ha già il proprio bacino di utenza su cui puòcontare e che non può essere eroso dagli altri. .

Obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo.

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26. Rispetto all’esame di Stato, che costituisce uno strumento diaccertamento dell’esistenza dei requisiti per esercitare una professione,l’iscrizione all’Albo ha l’ulteriore finalità di sottoporre al controllo dell’ordinel’attività svolta dal professionista. Tuttavia, l’obbligatorietà dell’iscrizioneattribuisce all’atto stesso anche la funzione di “autorizzazione” all’eserciziodell’attività447.

27. Poichè l’accertamento delle capacità dei professionisti avviene conl’esame di Stato, l’iscrizione dovrebbe essere obbligatoria solo laddove, oltre alcontrollo relativo all’accesso, sia reputato necessario anche un controllosull’esercizio dell’attività. E’ comprensibile che chi intende esercitareprestazioni esclusive sia obbligatoriamente assoggettato ad un controllo nellosvolgimento delle stesse. Meno comprensibile è l’imposizione di un siffattoobbligo quando le medesime prestazioni possono essere svolte liberamenteanche da soggetti non iscritti all’Albo e non sottoposti ad alcun controllo, nénella fase di accesso al mercato, né successivamente nello svolgimentodell’attività. In realtà, tali professionisti dovrebbero essere liberi di svolgere lapropria professione senza dover appartenere necessariamente all’ordine, dalmomento che esistono numerosi altri soggetti i quali svolgono sul mercatoattività del medesimo contenuto senza essere assoggettati ad alcun controllo.

28. Il problema che quindi si pone è che in questo caso la funzionedell’ordine non è riconducibile alla tutela dell’attività, i cui contenuti sonoliberi, ma alla tutela del titolo. A tale tutela si riconnette la funzione dicertificazione, ovvero di accreditamento di fronte al potenziale fruitore delservizio, il quale sa che coloro che possono fregiarsi di quel titolo possiedonodeterminati requisiti e appartengono ad un ordine che ne controlla l’eserciziodell’attività. Tuttavia per svolgere tale funzione non sembra affatto necessarioprevedere come obbligatoria l’appartenenza all’ordine.

L’accertamento dei requisiti che consentono di fregiarsi di un titolo non èinfatti compito dell’ordine, ma dell’esame di Stato, e pertanto, il certificato cheattesta il superamento dello stesso rappresenta una sufficiente garanzia delpossesso di detti requisiti.

L’adesione successiva ad un sistema di certificazione dell’attività svoltadovrebbe essere del tutto libera quando libero è il contenuto di quell’attività enon dovrebbe, o meglio potrebbe, rappresentare una condizione dilegittimazione all’esercizio della stessa per chi ha superato l’esame di Stato. Seinfatti è verosimile che alcuni tra quelli che hanno conseguito il titolopreferiscano avvalersi dell’appartenenza all’ordine per avere una maggiorequalificazione agli occhi del consumatore, non si può escludere che altri non

447 L’iscrizione all’Albo rappresenta un atto dovuto. Al riguardo l’ordine non esercita un poterediscrezionale, giacché ha solo il compito di verificare se l’aspirante sia in possesso dei requisiti prescrittidalla legge e, in caso affermativo ha l’obbligo di procedere all’iscrizione.

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intendano sottoporre a successivi controlli la propria attività, dal momento cheessa viene esercitata anche da soggetti non vincolati ad un controllo.

In questi casi l’iscrizione all’ordine dovrebbe essere volontaria e nonobbligatoria.

Pertanto, imporre ad un soggetto, che ha conseguito un titoloprofessionale, anche l’obbligatoria appartenenza all’ordine per poter esercitareun’attività libera, rappresenta una ingiustificata restrizione concorrenziale,quando non si sia in presenza di esclusive la cui attribuzione comporta lanecessità di un controllo oltre che sull’accesso anche sull’attività.

Restrizioni all’esercizio dell’attività

Le tariffe29. Tra le restrizioni all’esercizio, la fissazione di tariffe inderogabili

minime o fisse, appare senz’altro meno facilmente riconducibile alperseguimento dell’interesse generale a garantire elevati livelli qualitativi delleprestazioni, e, invece, più direttamente finalizzata alla protezione dellecategorie interessate.

D’altra parte che si tratti di un interesse di natura privata si desume da unlato dallo svantaggio che deriva per la collettività dalla fissazione di tariffeuniformi per i professionisti che offrono le medesime prestazioni, dall’altro dalfatto che nella definizione delle stesse assumono un ruolo preponderanteproprio le categorie interessate. Al riguardo infatti deve essere considerato cheper le professioni per le quali la legge prevede che le tariffe siano deliberatedall’ordine (notai, avvocati), le stesse risultano sottratte a qualsiasi controllo dimerito dell’amministrazione vigilante. Anche per le altre professioni, tuttavia,tale controllo non risulta in concreto particolarmente penetrante.

Circa il rilievo che l’applicazione delle tariffe assume, poi, nei diversicontesti di mercato, si osserva che, benché svariate categorie abbiano affermatoche si tratta di valori meramente indicativi ne hanno al contempo generalmentesostenuto l’importanza, soprattutto in funzione di protezione dei professionistipiù giovani. Questa chiave di lettura, tuttavia, non è sicuramente l’unicapossibile.

La fissazione di un livello di prezzi uniforme finisce infatti per impedireche proprio i nuovi professionisti per costituirsi una clientela fissa, scardinino,attraverso quel potente strumento di mutamento delle preferenze deiconsumatori che è il prezzo, la distribuzione di reddito fra i membri dell’ordine.

L’opposizione nei confronti della libertà di decidere a quale prezzovendere il servizio che si presta e, quindi, del cambiamento che essa è in gradodi generare - ed un importante cambiamento per un iscritto all’ordine èsenz’altro potenzialmente costituito dall’attività dei giovani colleghi - lamanifesteranno i professionisti più deboli, quelli che razionalmente

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percepiscono l’immediato rischio di declino e scomparsa che la competizionecon i nuovi arrivati è in grado di determinare.

30. Con riferimento alla presunta tutela della qualità della prestazioneche giustificherebbe, secondo alcuni, la fissazione dei minimi tariffari, puòapparire superfluo ripetere, quanto più volte sostenuto, che tale affermazione èpriva di solido fondamento logico ed economico, dal momento che la fissazionedi un determinato prezzo non è sufficiente a garantire l’erogazione di unprodotto con un determinato livello minimo di qualità.

A ciò si aggiunga che la qualità delle prestazioni dovrebbe esseresufficientemente tutelata ex-ante dalle selezioni all’accesso ed ex-post daglistandard qualitativi previsti sia dalla legge che dai codici deontologici conriferimento alle caratteristiche dei prodotti e ai comportamenti deiprofessionisti.

Deve poi essere considerato che ogni restrizione della concorrenza ha uncosto che deve essere sufficientemente compensato dai benefici per i quali sigiustifica l’introduzione della restrizione e nel caso della fissazione delle tariffe,per i motivi sopra esplicitati, tali benefici non si riscontrano, soprattutto quandoad essere definiti sono livelli minimi di prezzi.

L’obbligazione di risultato31. La struttura delle tariffe, determinate in cifra fissa ed

indipendentemente dall’esito dell’attività svolta dal professionista, rappresentala caratteristica di un sistema nel quale l’obbligazione assunta dal professionistaviene di regola qualificata quale obbligazione di mezzi e non di risultato.

Peraltro, la possibilità di assumere una obbligazione di risultato, non èdel tutto estranea alle attività professionali, come dimostra il fatto che gli ultimiorientamenti giurisprudenziali hanno spesso qualificato alcune obbligazioniinerenti le professioni mediche e tecniche quali obbligazione di risultato.448 In una prospettiva di più ampio respiro, nell’ambito dell’attività delprofessionista, l’assunzione del tipo di obbligazione, di mezzi o di risultato,potrebbe essere valutata come l’utilizzazione di due impegni diversi, a cui, inragione della diversa responsabilità assunta, poter applicare prezzi diversi.

D’altra parte è un risultato non controverso della teoria economica cheun modo efficiente di risolvere i problemi generati da asimmetrie informativederivanti dall’incapacità di valutare lo sforzo di chi eroga la prestazioneconsiste nel disegnare dei contratti nei quali il corrispettivo a fronte dellaprestazione dipende dal verificarsi di eventi futuri che saranno osservabili tantodal cliente che dal professionista. Questo enunciato non si discosta molto daquanto il senso comune suggerisce. Il modo più convincente ed efficace per

448 C.f.r Sentenza della Corte di cassazione del 27 febbraio 1996 n. 1530; sentenza della Corte di cassazionedel 19 luglio 1993 n. 8033 sentenza della Corte di cassazione del 21 luglio 1989 n. 3476 sentenza dellaCorte di cassazione del 28 gennaio 1995 n. 1040; Sentenza della Corte di cassazione del 25 novembre 1994n. 10014.

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comunicare al pubblico la qualità delle proprie prestazioni è quello di garantireche un determinato risultato sarà raggiunto e che in caso contrario o non sipagherà o si verrà in qualche misura indennizzati da chi quella promessa non èstato in grado di mantenere. E’ certamente vero che questo strumento noncorregge tutte le asimmetrie esistenti, in particolare quelle che traggono originedalla circostanza che chi acquista è incapace di osservare ex-ante lecaratteristiche di chi quel servizio offre. Questi problemi, tuttavia trovano piùefficace soluzione attraverso forme di regolamentazione degli accessi.

Pertanto, apparirebbe auspicabile che i professionisti, nelle propriestrategie competitive, considerassero l’assunzione della obbligazione dirisultato, non soltanto come un aggravante delle proprie responsabilità, daevitare se possibile, ma come la possibilità di utilizzare uno strumentoalternativo nelle proprie strategie competitive.

Il divieto di pubblicità32. Anche le attuali forme di divieto della pubblicità appaiono

difficilmente riconducibili alla tutela di un interesse di natura generale. Non puòessere infatti sufficiente al riguardo asserire che la pubblicità contribuirebbe asvilire e mercificare le professioni e che potrebbe avvantaggiare i professionistidotati di maggiori risorse finanziarie piuttosto che i migliori. Né può essererealisticamente invocata la considerazione che rimuovendo gli attuali divieti siprodurrebbe una artificiosa stimolazione della domanda particolarmentedannosa in settori delicati quali quello sanitario.

Alcune di queste affermazioni trovano le proprie origini in una visionepassatista sia delle professioni intellettuali, sia dello strumento pubblicitario.La convinzione che la pubblicità rappresenti uno strumento utilizzatounicamente nella vendita di prodotti commerciali è oggi largamente superatadall’impiego di tale mezzo per conseguire obiettivi diversi, ed in particolare percomunicare ad un pubblico che sia il più vasto possibile informazioni chealtrimenti rimarrebbero patrimonio di pochi.

La pubblicità informativa, che già esiste ma in misura troppo limitatanelle modalità e nei contenuti (quella negli elenchi telefonici e nelle paginegialle), costituirebbe un elemento di notevole importanza proprio per colmareparte di quelle asimmetrie informative che non consentono al consumatore discegliere con maggiore cognizione di causa il servizio di cui necessita o digiudicarne la qualità resa.

Se si immagina tale strumento coniugato alla possibilità di praticareprezzi liberi e di condizionare il prezzo al risultato, si comprendono leprospettive concorrenziali che si possono aprire per i professionisti e i vantaggiche deriverebbero per i consumatori soprattutto in termini di risparmio di costinel reperire le informazioni necessarie. Più in particolare, il consumatoreavrebbe accesso facilmente, e non come avviene ora per vie informali oconoscenze, alle informazioni riguardanti le caratteristiche dei professionistiche operano sul mercato e le attività dove hanno maggiormente concentrato i

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propri sforzi professionali, nonché i prezzi dagli stessi praticati per prestazionisimili ed eventualmente le garanzie di successo che sono in grado di fornire.

Sostenere che l’introduzione della pubblicità andrebbe a scapito dellaqualità, in quanto avvantaggerebbe i professionisti più dotati di risorsefinanziarie indipendentemente dalla loro effettiva abilità professionale, appareopinabile. Deve infatti essere considerato che la pubblicità informativa è basatasu elementi di fatto, prezzi, caratteristiche, risultati, e che eventuali elementinon rispondenti alla realtà potrebbero sempre essere sanzionati come forme dipubblicità ingannevole. Inoltre, appare irrealistico immaginare che la pubblicitàpossa da sola garantire la permanenza e l’espansione sul mercato aprofessionisti che offrono servizi di qualità scadente. Infine, immaginare chel’utilizzo della pubblicità da parte di operatori maggiormente dotati di risorsefinanziarie possa determinare l’espulsione dal mercato degli altri professionistiimplica una visione semplificata dell’assetto di mercato, secondo la quale lostesso potrebbe ospitare sostanzialmente una sola tipologia di operatori. Alcontrario, nel settore dei servizi professionali, più ancora che negli altri, risultaverosimile immaginare una configurazione articolata dell’offerta, in cui i diversiambiti di specializzazione consentono la compresenza nel mercato di soggetticon diverse caratteristiche dimensionali e organizzative.

Sostenere poi che la pubblicità produrrebbe una artificiosa stimolazionedella domanda dannosa in settori quali quello sanitario è del tutto infondato, dalmomento che si tratterebbe di una pubblicità a scopo informativo, ed ècontraddetto dalle esperienze di altri Paesi europei.

Per converso, appare evidente la logica restrittiva sottostante il divieto dipubblicità quando si consideri che la pubblicità di carattere generale, quella chetorna a beneficio dell’intera categoria è generalmente ammessa poiché faaumentare la domanda aggregata per l’intera professione. Al contrario, lapubblicità del singolo o di un ristretto gruppo di professionisti è suscettibile diprodurre effetti di redistribuzione della domanda di servizi all’interno dellaprofessione, mettendo in discussione l’equilibrio all’interno della categoriaprofessionale.

Al riguardo si consideri che la possibilità di comunicare al pubblico ivantaggi delle proprie offerte e i propri successi, verosimilmente consentiràsoprattutto ai giovani, più capaci e meritevoli, soprattutto se associati, cheancora non godono di una vasta fama di affermarsi in tempi più rapidi. Ciò èdimostrato dal fatto che sono proprio tali soggetti ad opporsi alle limitazioniche restringono la possibilità di erodere quote di mercato a coloro che invecegià godono di posizioni consolidate. I nuovi professionisti sono quelli chehanno meno da perdere dall’infrangere le regole consolidate. Essi, fintantochénon raggiungeranno un reddito adeguato - e all’inizio dell’attività ciò è bendifficile che accada - , saranno inevitabilmente tentati di acquisire clientela aspesa degli altri.

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Non stupisce pertanto che gli ordini per mantenere i propri equilibriscoraggino qualunque strumento che determini una redistribuzione delladomanda e, quindi, dei redditi fra i professionisti.

L’esercizio in forma societaria33. Tra gli altri vincoli all’esercizio dell’attività, per lungo tempo vi è

stato anche quello all’esercizio in comune della stessa, che era rappresentatodal divieto posto dalla legge 23 novembre del 1939 n. 1815. Esso, tra l’altrorendeva più difficile per i professionisti del nostro Paese fronteggiare laconcorrenza internazionale indotta dalla progressiva eliminazione dellerestrizioni alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi dei cittadini diuno stato membro nel territorio di un altro Stato membro, in attuazione degliart. 52 e 59 del trattato di Roma.

Tale vincolo, tuttavia, è stato recentemente rimosso dall’articolo 24 dellalegge n. 266 del 7 agosto 1997 che ha abrogato l’articolo 2 della legge 23novembre del 1939 n. 1815, ed ha delegato al Ministro di grazia e giustizia, diconcerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, e perquanto di competenza, con il Ministro della sanità, la fissazione, con propriodecreto, entro cento venti giorni, dei requisiti per l’esercizio delle attività di cuiall’articolo 1 della legge 23 novembre del 1939 n. 1815.

34. L’intervenuta abrogazione, e, in prospettiva, l’emanazione delregolamento attuativo, costituiscono la leva di cambiamento della forma diesercizio delle attività professionali, in quanto, se opportunamente interpretate,potranno consentire ai professionisti di scegliere tra le forme societarieattualmente disponibili quella che ritengono più congeniale all’erogazione deipropri servizi.

Al riguardo, è utile considerare che non appaiono esservi ragioni perprecludere ad alcune categorie l’esercizio della professione nella forma dellesocietà di capitali, più idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni,sulla base della considerazione che tali formule societarie mal si adatterebberoai caratteri delle professioni intellettuali. Se è indubbio che le professioniintellettuali protette hanno delle specificità che devono essere salvaguardate,esse impongono semmai, di prevedere, attraverso l’emanazione di unadisciplina organica della materia, alcune regole ad hoc che concilino lapeculiarità delle professioni con le nuove esigenze che si affacciano sulmercato, in modo da consentire ai nostri professionisti di poter rispondereadeguatamente alle sfide che saranno chiamati ad affrontare nel contestoeuropeo.

In altri termini, sarebbe auspicabile che lo stimolo al cambiamento,rappresentato dalla abrogazione del divieto di esercizio in forma societaria delleattività professionali operato dall’articolo 24 della legge n. 266 del 7 agosto1997, e dalla emanazione del regolamento attuativo, venisse consolidato da una

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riforma sistematica della materia volta a raccordare le recenti innovazioni conla disciplina codicistica delle società.

Le professioni non regolamentate35. In Italia le forme di riconoscimento delle professioni intellettuali sono

sostanzialmente riconducibili alla disciplina prevista per le professioni protette.Ciò dipende in una certa misura dal fatto che nel nostro Paese non sono statiancora elaborati sistemi alternativi di regolamentazione delle attività, sullascorta di quanto invece avviene in altri Paesi Europei e delle indicazioniemergenti dalle Direttive comunitarie in materia. Infatti, le Direttive delConsiglio 89/48 e 92/51 hanno operato un esplicito riconoscimento delleattività professionali esercitate dai membri di un associazione o di unorganizzazione che rilasci ai propri membri un titolo di formazione, esiga daparte loro il rispetto di regole di condotta professionale da essa prescritte e,conferisca ai medesimi il diritto di un titolo professionale, assimilandole alleattività c.d. regolamentate.

La carenza della predisposizione di sistemi siffatti che possanorappresentare una alternativa alle attuali forme di riconoscimento delleprofessioni protette fa sì che queste ultime rappresentino l’obiettivo al cuiraggiungimento ambiscono gran parte delle nuove professioni.

36. Giova osservare invece che l’esigenza di organizzare dei sistemi dicertificazione che rappresentino un marchio di qualità per il consumatore nondeve essere necessariamente soddisfatta attraverso l’istituzione di Albi o ordiniprofessionali. Da un lato infatti gli Albi e gli ordini non costituiscono lostrumento necessario e indispensabile per conseguire tale obiettivo, e dall’altronon si ravvisano ragioni di rilevanza pubblica che possano giustificarel’introduzione di sistemi selettivi e limitativi sulla scorta di quanto avviene perle professioni protette.

E’ comprensibile che, per tali professioni, si voglia creare un sistema dicertificazione di qualità idoneo a soddisfare il consumatore più esigente cheintende assicurarsi un servizio qualitativamente superiore.In nessun caso si giustifica, tuttavia, l’adozione di una regolamentazione chelimiti sia la libertà di iniziativa economica privata dei soggetti che attualmenteoperano in piena autonomia, sia la libertà di scelta del consumatore, il quale,può preferire servizi di qualità meno elevata ma di prezzo più conveniente.

37. Si può allora ipotizzare per tali professioni un sistema dicertificazione di qualità, analogo a quello esistente in altri Paesi Europei, basatosul riconoscimento di associazioni delle professioni non regolamentate.Secondo tale modello i professionisti sono organizzati in associazioni la cuifinalità è di fornire una verifica costante della competenza del professionista e

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di regolamentare le norme di comportamento. L’adozione di un sistema siffattoconcilierebbe le esigenze di coloro che aspirano ad appartenere ad unacategoria pubblicamente riconosciuta, senza precludere l’esercizio dellamedesima attività da parte di coloro che non hanno le medesime aspirazioni egarantirebbe al consumatore la possibilità di scegliere tra servizi di qualitàdiverse e, verosimilmente anche di prezzi diversi.

10.4 Conclusioni

38. L’analisi compiuta mostra che il modo in cui l’istituzione ordineprofessionale si incardina nell’istituzione mercato dipende strettamente dallemodalità e dalle caratteristiche che questo assume.

Da qui la necessità di analizzare l’ordine in rapporto al mercato e non giàdi procedere in direzione opposta, dando per scontato che una particolareorganizzazione, possa prescindere in tutto o in parte dal contesto in cui èincardinata. Logica conseguenza di questo modo di procedere è l’analisi che siè compiuta in questa indagine, ovvero il tentativo di interrogarsi sull’attualità dialcune caratteristiche degli ordini in relazione al mercato e alla sua prevedibileevoluzione. E’ compito del legislatore ora riscrivere i contorni dell’operativitàdegli ordini, trovando con questi ultimi le forme più idonee a superarel’intreccio poco virtuoso fra pubblico e privato che ancora oggi si riscontra. Perquanto sia infatti innegabile che l’esercizio delle attività dei professionisti ha uncontenuto pubblico rilevante, ciò non giustifica quanto frequentemente sisostiene, e cioè che le prestazioni professionali sarebbero largamenteindipendenti dalle dinamiche dei mercati nei quali esse vengono svolte.

39. Nello scenario che si prospetta è possibile ipotizzare che i segmentipiù ricchi della domanda verranno gradualmente conquistati da imprese estere,ma localizzate in Italia, con cui i professionisti nazionali potrebbero incontrarenotevoli difficoltà a competere. Pertanto, l’entrata sul mercato di nuovioperatori stranieri comporterà inevitabilmente un ridimensionamento dellaporzione di mercato oggi disponibile per i professionisti nazionali ed unaconcentrazione di questi ultimi su fasce diverse o comunque più limitate.

Questo percorso non è ineluttabile, ma dipende in larga misura dallacapacità degli ordini di cogliere appieno le occasioni innovative e di riformache si presentano e di comprendere che per primi devono liberarsi di quegliimpedimenti regolamentari che ostacolano la loro capacità di competere in unmercato aperto.

40. Nel ridisegnare gli ambiti in cui operano le funzioni attribuite agliordini, occorre:

a) rivisitare l’attribuzione delle attuali riserve alla luce dell’evoluzionedei mercati e dei loro attuali assetti, nel convincimento che alcune di esse non

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appaiono più appropriate e funzionali alle esigenze della domanda e rischianodi apparire oggi come privilegi a favore delle categorie interessate. Utiliriflessioni al riguardo emergono dalla comparazione svolta nel corsodell’indagine dei diversi, e più circoscritti, ambiti di riserva esistenti in altriPaesi Europei.

b) eliminare quelle funzioni che non rivestono alcuna importanza ai finidel corretto svolgimento della professione, quali la potestà tariffaria, in quantodirette esclusivamente al conseguimento di finalità anticoncorrenziali e nonnecessarie, né proporzionate rispetto al conseguimento degli obiettivi di naturapubblica.

c) valorizzare quelle funzioni svolte dagli ordini che rispondono alleesigenze di affidamento dei terzi e di correttezza nello svolgimento delleattività. La funzione attribuita agli ordini di emanare un corpo di normedeontologiche, dovrebbe essere limitata agli aspetti propriamente etici o allaeliminazione dei comportamenti suscettibili di determinare una sfiducia dei terzinella categoria e non piuttosto finalizzata all’imposizione di restrizioniconcorrenziali tra i professionisti.

d) rendere l’attività degli ordini sempre più funzionale al miglioramentodella qualità delle prestazioni, potenziando la funzione, oggi esercitata in modopiuttosto limitato, di monitoraggio della rispondenza nel tempo delle capacitàprofessionali alle esigenze della domanda. Non vi è dubbio che un ordineprofessionale che assuma su di sé le funzioni di certificare la qualità delleprestazioni dei propri aderenti, che si attrezzi per fornire loroquell’aggiornamento di tecniche e contenuti che consentono di migliorare illivello qualitativo delle prestazioni, diventi un punto di riferimentoimprescindibile per coloro che esercitano una attività professionale. Pertanto, ilcontrollo più utile che l’ordine può effettuare sull’esercizio dell’attività e agaranzia della qualità delle prestazione erogate dagli iscritti, è quello relativoall’aggiornamento e alla formazione costante e continua dell’attività, nonchéalla verifica della permanenza di requisiti professionali al passo con gli sviluppidella disciplina.

41. La revisione delle norme che disciplinano l’esercizio dell’attivitàprofessionale porterà a dei risultati positivi se farà suo il principio che ilconseguimento delle finalità pubbliche non è affatto incompatibile con lasottoposizione delle attività dei professionisti alle regole del mercato e dellaconcorrenza, ed anzi quest’ultima può solo contribuire a rendere più efficienteil sistema. Peraltro, anche laddove la regolamentazione è necessaria essa va inogni caso collegata in modo diretto e chiaro con l’unico principio che lagiustifica, ovvero il raggiungimento di un maggiore benessere per la collettività.

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PARTE SECONDA: LA REGOLAMENTAZIONE DEI SERVIZI

PROFESSIONALI - ASPETTI SETTORIALI

3. La regolamentazione delle professioni giuridiche3.1 I notai

3.1.1 Le attività notarili3.1.2 Modalità di accesso all’attività notarile3.1.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni notarili3.1.4 Le tariffe3.1.5 Forme di (auto)regolamentazione3.1.6 Spunti comparatistici3.1.7 Conclusioni

3.2 Gli avvocati3.2.1 Le attività forensi3.2.2 Modalità di accesso3.2.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni forensi3.2.4 Le tariffe3.2.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività3.2.6 Confronto internazionale3.2.7 Conclusioni

4. La regolamentazione delle professioni economico contabili4.1 I dottori commercialisti e i ragionieri

4.1.1 Le attività dei dottori commercialisti e dei ragionieri4.1.2 Modalità di accesso4.1.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni dei dottori commercialisti e dei

ragionieri4.1.4 Le tariffe4.1.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività

4.2 I consulenti del lavoro4.2.1 Le attività dei consulenti del lavoro4.2.2 Modalità di accesso4.2.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni dei consulenti del lavoro4.2.4 Le tariffe4.2.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività

4.3 Conclusioni

5. La regolamentazione delle professioni sanitarie5.1 I farmacisti

5.1.1 L’attività farmaceutica5.1.2 Modalità di accesso all’attività5.1.3 Regolamentazione numerica degli esercizi5.1.4 Gli standard qualitativi delle prestazioni dei farmacisti5.1.5 Le tariffe5.1.6 Altre forme di regolamentazione

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5.1.7 Confronto internazionale5.1.8 Conclusioni

5.2 I medici5.2.1 La professione medica5.2.2 Modalità di accesso alla professione di medico-chirurgo e di

odontoiatra5.2.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni mediche5.2.4 Le tariffe delle prestazioni mediche5.2.5 Forme di regolamentazione5.2.6 Altre forme di regolamentazione all’esercizio dell’attività5.2.7 Profili comparatistici5.2.8 Conclusioni

6. La regolamentazione delle professioni tecniche6.1 Gli ingegneri e gli architetti

6.1.1 Le attività degli ingegneri e degli architetti6.1.2 Modalità di accesso6.1.3 Gli standard qualitativi delle prestazioni degli ingegneri e degli

architetti6.1.4 Le tariffe6.1.5 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività6.1.6 Confronto internazionale

6.2 I geometri6.2.1 Le attività dei geometri6.2.2 Modalità di accesso e standard qualitativi delle prestazioni6.2.3 Le tariffe6.2.4 Altre restrizioni riconducibili all'esercizio dell'attività6.2.5 Spunti comparatistici

6.3 Conclusioni

PARTE TERZA: NUOVE CONFIGURAZIONI DELL’OFFERTA DEI SERVIZI

PROFESSIONALI - INTERESSI EMERGENTI E PROBLEMI APERTI

7. Le professioni non regolamentate7.1 Sviluppo delle professioni non regolamentate

7.2 L’autoregolamentazione delle professioni non regolamentate

7.3 Forme di riconoscimento in ambito comunitario

7.4 Conclusioni

8. Attività libero-professionale e alle dipendenze8.1 La regolamentazione

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8.2 Necessità e proporzionalità delle diverse forme di incompatibilità

9. Le società tra professionisti9.1 L’abrogazione del divieto imposto dalla legge 23 novembre 1939

n. 1815.

9.2 La ratio del divieto posto dalla legge del 1939

9.3 L’associazione professionale

9.4 Le società esistenti

9.5 Regimi speciali

9.6 La posizione degli Ordini e le proposte di revisione normativa

9.7 Profili comparatistici

9.8 Conclusioni

10. Considerazioni conclusive10.1 Premessa

10.2 Regolamentazione delle professioni e mercato

10.3 Gli strumenti di regolamentazione

10.4 Conclusioni

ALLEGATI A. - Avvio dell’indagine conoscitiva (IC15)Provvedimento n. 2523 dell’ 1 dicembre 1994

B. - Chiusura dell’indagine conoscitiva (IC15)Provvedimento n. 5400 del 3 ottobre 1997