In memoria di Rachamim Journo z’’l -...

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T ra i tre Patriarchi colui che sicuramen- te è presentato nella Torà in maniera più nascosta è Isacco. Ci sono diversi aspetti nella sua vita che lo differenziano da Abramo e Giacobbe. Ad ogni modo, la Pa- rashà dalla quale si ricava la maggior parte di quel poco che sappiamo di Isacco è Chayè Sarà. In essa, troviamo numerosi versi che parlano della ricerca di una donna adatta per Isacco, ma non è mai Isacco stesso che appare in questa ricerca, tanto che risulta totalmente passivo sia nell’incontro con la moglie, compiuto dal servo Eliezer, sia nel- la richiesta di cercare una moglie, venuta dal padre Abramo. Come il padre e il figlio, Isacco assiste a delle rivelazioni di D-o, ma mentre D-o si rivela ad Abramo e Giacobbe attraverso visioni profetiche, sogni e visite di angeli, nei confronti di Isacco D-o si mo- stra solo due volte, a differenza delle otto volte ad Abramo e le cinque volte a Giacob- be, e nella maniera più semplice. Anche nei confronti degli altri popoli del mondo, sia Abramo che Giacobbe ricevono molti più onori di Isacco. Tuttavia, quando Avime- lekh e il suo generale vogliono convincere Isacco a stipulare un patto di pace con loro, egli riceve un riconoscimento da parte loro che Abramo e Giacobbe non ricevono (Be- reshit 26, 28): “Abbiamo visto che D-o era con te”. L’espressione “abbiamo visto” in ebraico è espressa con una ripetizione, un rafforzativo (Raò Rainu) che i commentatori spiegano così: avevano visto sia nell’ “oc- culto” (Raò) sia nel “manifesto” (Rainu) che D-o era con Isacco. In Isacco c’è un aspetto nascosto, e di questa caratteristica si accor- ge anche Avimelekh. La peculiarità della figura di Isacco è presente nel suo nome stesso. Abramo e Giacobbe subiscono en- trambi un cambiamento del loro nome nel corso della loro vita, ma ciò non accade per Isacco: il suo nome viene direttamente da D-o, come è detto: “E chiamerai il suo nome Isacco” (Beresht 17, 19). Il nome Isacco vie- ne fatto derivare chiaramente dalla radice tzachak (“ridere”), in quanto sia Abramo che Sara risero alla notizia della sua nascita. Ma questo nome ha un’altra connotazione che ha a che fare con la persona stessa di Isacco. Tutta la vita di Isacco ha a che vede- re con ciò che va contro la logica, una vita che potrebbe essere considerata nel no- stro modo razionale di vedere le cose come una vita che “fa ridere”, anormale. Isacco è nato in un modo anormale, si è trovato moglie in un modo anormale, è cresciuto in modo anormale, attraversando periodi di carestia e liti con pastori, e farà passare la sua eredità ai suoi figli con una benedizio- ne anormale. Nel momento in cui i genitori ridono alla notizia della sua nascita, D-o fa notare loro che per causa di ciò non solo il nome del figlio avrà a che fare con la risata, ma anche la sua essenza sarà caratterizzata dal bizzarro e dall’anormale. Da dove viene la caratteristica di Isacco di avere questo aspetto “nascosto” e qual è il suo rappor- to con essa? Lo Zohar fa notare un’ulteriore differenza tra Isacco e gli altri Patriarchi, una differenza che ci permetterà di compren- dere la sua natura particolare. I Patriarchi e altri personaggi importanti della Torà sono spesso chiamati con una ripetizione del loro nome per due volte (“Avraham Avraham”, .....continua a pag. succ. Isacco, un patriarca particolare ATTENZIONE: è assolutamente vietato, conformemente all’halachà, trasportare questo foglio di Shabbad. C H A Y È S A R À ..................... Eliezer, il fedele servitore di Abramo, si reca in Mesopotamia, nella terra di origine di Abramo, per cercare una moglie ad Isacco. Vicino ad un pozzo si imbatte in Rebecca, figlia di un nipote di Abramo. Anno II n. 5 2-3 novembre 2007 22 cheshvan 5768 Entrata di Shabbad: 16:45 Uscita di Shabbad: 17:46 Parashat hashavu a In memoria di Rachamim Journo z’’l Testi di pensiero storia e cultura del popolo ebraico testi di studio e di preghiera incisioni stampe edizioni rare e fuori commercio Ogni settimana presso la libreria sarà a disposizione “Bon Shabbad” 00186 ROMA Piazza delle Cinque Scole, 36 Tel. 06.6879297 - 06.6864908 www.menorah.it Associazione culturale Associazione culturale Che siano queste parole di Torà guarigione completa e protezione per tutto il popolo d’Israele 00186 Rome (Italy) C.so Vittorio Emanuele II, 173•1° P.-int. 1 tel. (+39)06 68890091 (+39)339 3494456 fax (+39)06 68892327 ���00186 Rome (Italy) C.so Vittorio Emanuele II, 173•1° P.-int. 1 tel. (+39)06 68890091 (+39)339 3494456 fax (+39)06 68892327 ���

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Tra i tre Patriarchi colui che sicuramen-te è presentato nella Torà in maniera più nascosta è Isacco. Ci sono diversi

aspetti nella sua vita che lo differenziano da Abramo e Giacobbe. Ad ogni modo, la Pa-rashà dalla quale si ricava la maggior parte di quel poco che sappiamo di Isacco è Chayè Sarà. In essa, troviamo numerosi versi che parlano della ricerca di una donna adatta per Isacco, ma non è mai Isacco stesso che appare in questa ricerca, tanto che risulta totalmente passivo sia nell’incontro con la moglie, compiuto dal servo Eliezer, sia nel-la richiesta di cercare una moglie, venuta dal padre Abramo. Come il padre e il fi glio, Isacco assiste a delle rivelazioni di D-o, ma mentre D-o si rivela ad Abramo e Giacobbe attraverso visioni profetiche, sogni e visite di angeli, nei confronti di Isacco D-o si mo-stra solo due volte, a differenza delle otto volte ad Abramo e le cinque volte a Giacob-be, e nella maniera più semplice. Anche nei confronti degli altri popoli del mondo, sia Abramo che Giacobbe ricevono molti più onori di Isacco. Tuttavia, quando Avime-lekh e il suo generale vogliono convincere

Isacco a stipulare un patto di pace con loro, egli riceve un riconoscimento da parte loro che Abramo e Giacobbe non ricevono (Be-reshit 26, 28): “Abbiamo visto che D-o era con te”. L’espressione “abbiamo visto” in ebraico è espressa con una ripetizione, un rafforzativo (Raò Rainu) che i commentatori spiegano così: avevano visto sia nell’ “oc-culto” (Raò) sia nel “manifesto” (Rainu) che D-o era con Isacco. In Isacco c’è un aspetto nascosto, e di questa caratteristica si accor-ge anche Avimelekh. La peculiarità della fi gura di Isacco è presente nel suo nome stesso. Abramo e Giacobbe subiscono en-trambi un cambiamento del loro nome nel corso della loro vita, ma ciò non accade per Isacco: il suo nome viene direttamente da D-o, come è detto: “E chiamerai il suo nome Isacco” (Beresht 17, 19). Il nome Isacco vie-ne fatto derivare chiaramente dalla radice tzachak (“ridere”), in quanto sia Abramo che Sara risero alla notizia della sua nascita. Ma questo nome ha un’altra connotazione che ha a che fare con la persona stessa di Isacco. Tutta la vita di Isacco ha a che vede-re con ciò che va contro la logica, una vita

che potrebbe essere considerata nel no-stro modo razionale di vedere le cose come una vita che “fa ridere”, anormale. Isacco è nato in un modo anormale, si è trovato moglie in un modo anormale, è cresciuto in modo anormale, attraversando periodi di carestia e liti con pastori, e farà passare la sua eredità ai suoi fi gli con una benedizio-ne anormale. Nel momento in cui i genitori ridono alla notizia della sua nascita, D-o fa notare loro che per causa di ciò non solo il nome del fi glio avrà a che fare con la risata, ma anche la sua essenza sarà caratterizzata dal bizzarro e dall’anormale. Da dove viene la caratteristica di Isacco di avere questo aspetto “nascosto” e qual è il suo rappor-to con essa? Lo Zohar fa notare un’ulteriore differenza tra Isacco e gli altri Patriarchi, una differenza che ci permetterà di compren-dere la sua natura particolare. I Patriarchi e altri personaggi importanti della Torà sono spesso chiamati con una ripetizione del loro nome per due volte (“Avraham Avraham”, .....continua a pag. succ.

Isacco, un patriarca particolare

ATTENZIONE: è assolutamente vietato, conformemente all’halachà,trasportare questo foglio di Shabbad.

CHAYÈ SARÀ.....................

Eliezer, il fedele servitore di Abramo, si reca in Mesopotamia, nella terra di origine di Abramo, per cercare una moglie ad Isacco. Vicino ad un pozzo si imbatte in Rebecca, fi glia di un nipote di Abramo.

assolutamente vietato, conformemente all’halach

Anno II n. 52-3 novembre 200722 cheshvan 5768

Entrata di Shabbad: 16:45 Uscita di Shabbad: 17:46

Parashat hashavu a

In memoria diRachamim Journo z’’l

Testi di pensiero

storia e cultura del popolo ebraico

testi di studio e di preghiera

incisioni stampe

edizioni rare e fuori commercio

Ogni settimana

presso la libreria

sarà a disposizione

“Bon Shabbad” 00186 ROMA

Piazza delle Cinque Scole, 36 Tel. 06.6879297 - 06.6864908

www.menorah.itAssociazione culturale

Associazione culturale

Che siano queste parole di Torà guarigione completa e protezione per tutto il popolo d’Israele

00186 Rome (Italy) C.so Vittorio Emanuele II, 173•1° P.-int. 1tel. (+39)06 68890091•(+39)339 3494456•fax (+39)06 68892327

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Bereshit 1, 28

1.Metziut Hashem

2. Haachadut3. Shelilat hagashmut

4. Chidush ha’olam

5. Bil’adiut haribonut

6. Hanevua’7. Ma’amada’ shel nevuat Moshe’ Rabbenu

8. Tora’ min hashamaim

9. Nitzchiut haTora’

10. Hashgacha’ pratit

11. Sakhar ve’onesh

12. Biat hamashiach venetzach Israel

13. Techiyat hametim

I 13 fondamenti del Rambam

Nel primo fondamento il Rambam de-fi nisce il rapporto tra D-o e il mondo come un rapporto di “dipendenza

unilaterale”, ossia che il mondo dipende dall’esistenza di D-o ma D-o non dipende dall’esistenza del mondo. Nel quarto fon-damento il Rambam aggiunge un altro concetto fondamentale a questa defi nizio-ne dandole un’importanza centrale per la fede di Israele. Anche la maggior parte dei fi losofi greci credevano nella dipendenza unilaterale tra D-o e il mondo. Il Rambam, nel Morè Nevukhim, riporta i loro pensie-ri, in particolare le due opinioni principali: quella di Platone e quella di Aristotele. Pla-tone e altri fi losofi erano dell’opinione che fosse impossibile che D-o avesse creato il mondo dal nulla; credevano perciò nell’esi-stenza di una materia, primordiale ed eter-na come D-o, della quale D-o non poteva a fare a meno, così come essa non poteva fare a meno di D-o. Non credevano comun-que che questa materia fosse allo stesso li-vello di D-o, bensì che D-o potesse creare da essa tutto ciò che volesse, essendo quindi il Creatore attraverso di essa. Aristotele, inve-ce, era d’accordo che non si potesse creare qualcosa dal nulla, ma credeva che tutto ciò che esiste, così come è attualmente, non è mai cambiato e che tutto quanto, il tempo e il movimento, sono eterni e sempre esisti-ti, non diventano qualcos’altro né perdono qualcosa della loro essenza. Percio, secon-do Aristotele, la materia primordiale non si è mai trasformata in qualcos’altro né ha

perso qualcosa della sua essenza, e le forme di vita sono venute successivamente senza mai nessuna perdita o nascita di materia. Pertanto, mentre Platone credeva nell’eter-nità di una materia primordiale e dalla qua-le D-o avesse creato il mondo, Aristotele credeva nell’eternità di tutto il mondo e che D-o fosse il motivo dell’esistenza delle leggi naturali del mondo. In opposizione a queste opinioni, ciò in cui crede il popolo di Israe-le è che “D-o è sicuramente Eterno e tutto ciò che esiste all’infuori di Lui è qualcosa di non eterno rispetto a Lui”. Il Rambam scri-ve che il fondamento più grande della Torà di Moshè Rabbenu è l’esistenza di un mon-do inventato e creato da D-o dal nulla più totale. Dal nulla D-o ha creato il mondo e in esso il cielo e tutto ciò che si trova in esso, la materia primordiale sotto il cielo e ha stabi-lito le leggi naturali che noi vediamo anche oggi, e che è in Suo potere di compiere at-tività contro di esse, come i miracoli. Perciò questo fondamento è alla base dei miracoli (che secondo il pensiero di Aristotele non potrebbero esistere) ed è anche la base fi -losofi ca per la fi ducia nella rivelazione sul Monte Sinai del dono della Torà, la quale non si potrebbe accettare attraverso una cognizione esclusivamente fi ssa, basata su leggi naturali, che esclude quindi qualsiasi cambiamento, come l’Hashgachà peratit (il controllo e la protezione Divini su ogni sin-golo individuo) e ogni “miracolo nascosto” in cui noi crediamo.

continua dalla prima pagina

Moshè”). Lo Zohar spiega che ogni uomo ha in realtà due nomi: il primo è quello che lo descrive in questo mondo, e il secondo è il suo nome più divino-spirituale, del mondo futuro. Se facciamo caso ai teamim (i segni di lettura) della Torà troviamo che tra i due nomi c’è sempre un segno di separazione, che indica di fare una breve interruzione tra le due parole (“Avraham | Avraham”) tran-ne che per Moshè (“Moshè Moshè”). R. Chayim di Volojin spiega che il segno di interruzione (“|”) sta a signifi care che c’è un’inter-ruzione tra l’Avraham “superiore” e l’Avraham “inferiore”; Mo-shè, d’altra parte, aveva raggiunto un livello in cui non c’era più separazione tra i due. Tuttavia, continua lo Zohar, esiste un livello che è addirittura superiore a quello di Moshè: quello di Isacco, il quale non è chiamato mai nella Torà per due volte. Con la lega-tura, nel momento in cui Isacco si trovava sull’altare, la sua anima

uscì dal suo corpo e subito dopo rientrò l’anima dentro di lui, ma non più l’anima di questo mondo, bensì la sua anima superiore. Per questo motivo Isacco non ha bisogno di rivelazioni o sogni profetici che servono ai profeti per raggiungere il loro spirito del mondo futuro, poiché Isacco si trova tutto il tempo nella realtà su-periore e D-o può rivelarsi a lui direttamente. Isacco è perciò il pa-triarca che ci mostra la forza di vedere la realtà di questo mondo con occhi del mondo futuro e di vedere cose reali anche quando non appaiono tali.

(Da “Tekhelet Mordekhai” di Rav Mordekhai Elon)

scritto con la gentile collaborazione di Rachamim Journo

Questo foglio non sostituisce il Rav e serve soltanto ad uso informativo.

Essendo materiale di Torà, si prega di trattarlo rispettosamente.

Per dedicare un numero in occasione di un lieto evento, per ricordare una persona a voi cara, o per pubblicizzare la vostra

attività, potete inviare una e-mail a [email protected]

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