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Questa esposizione, dedicata, sebbene a grandi linee, all’ astrattismo toscano, riguarda, non soltanto il panorama principale di questa giovane galleria, ma, devo dire, anche i miei orientamenti di gusto, cioè quelli di potenziale collezionista.In un’ epoca in cui si fatica a individuare i confini tra le varie evenienze artistiche, spesso non esenti dalle contaminazioni della moda e del mercato, mi sembrava importante trovare un trait d’ union che collegas-se, attraverso la storia, alcune esperienze d’ arte all’ insegna della ricerca astratta che si sono sviluppate sul nostro territorio. Certo questi pittori si sono evoluti espressivamente insieme con le vicende di un tempo particolarmente complesso per il nostro Paese, che spesso viene identificato come una provincia dell’impero, tutt’altro che facile socialmente ed economicamente, esposto a vere e proprie “colonizzazioni” culturali. Ma gli artisti presenti in questa rassegna mi sembra che possano dimostrare l’ autonomia e l’ originalità della loro forza creativa coltivata in Italia.Compare quindi in questa breve antologia un segmento di quel lavoro che dal dopoguerra a oggi ha mantenuto carattere contemporaneo, animando quella materia umana che resta il motivo comune e il più denso riferimento formale e informale.

Niccolò Raugei

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Evoluzione poetica dell’astrattismoL’ intenzione di questa mostra, che presenta artisti toscani attivi dal dopoguerra a oggi fra contigue ten-denze, non è fare una somma collettiva di autori più o meno disposti sull’asse del mercato. Piuttosto ab-biamo cercato di definire una linea attraverso il tempo che qualifichi l’ astrattismo degli ultimi settant’anni al di fuori delle etichette tout court di “avanguardia” o “sperimentazione formale”, poiché oggi non si tratta più di una corrente, ma di un linguaggio autonomo, uno tra i vari che costituiscono il complesso assunto dell’arte contemporanea. L’ astratto è, in fondo, una parentesi aperta a un’ infinità di situazioni poetiche, morali, sociali, economiche, politiche che diventa, in una più larga prospettiva critica, una traccia di idee articolate e insieme propo-ste di utopie: il sogno dell’uomo – artista di affidarsi a una superficie dipinta per cambiare la visione del mondo, a partire dal suo studio, dalle pareti delle gallerie che ospitano i suoi quadri. Dall’impostazione ideologica degli artisti di Astrattismo classico agli sviluppi individuali che hanno portato la ricerca di spazi e forme in ambiti più interiori, ogni pittore ha proseguito a lavorare senza farsi scoraggiare dall’indifferen-za o dall’esiguità di mezzi a sua disposizione, con la speranza, l’ambizione forse, di partecipare all’ epoca, alla storia, alla definizione dell’umanità del suo tempo. Fino alla fine dell’ultima guerra la pittura astratta in Italia aveva un valore ideologico non dichiarato, come l’ ermetismo in letteratura: permetteva di fare arte con un linguaggio raffinato e rarefatto evitando di com-piacere gli schemi celebrativi e retorici del regime. In seguito, a guerra finita, molti giovani ripercorsero le esperienze che erano state loro precluse fino a quel momento: il cubismo e il suprematismo. A Roma Forma (Attardi, Accardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Sanfilippo, Turcato), a Milano Mac (Movimento Arte Concreta, con Baj, Bertini, Dorazio, Nigro e molti altri), a Firenze Astrattismo classico (Berti, Brunetti, Mon-nini, Nativi e Nuti); dopo l’ esperienza neocubista giovani artisti confluirono in questi gruppi per un rinno-vamento del linguaggio pittorico e in polemica con i limiti politici ed estetici del “realismo socialista”. Dal 1948 al 1950 Berti, Brunetti, Monnini, Nativi e Nuti elaborarono, ognuno secondo propri ma non troppo dissimili ritmi, composizioni geometriche che si orientavano alla ricerca del colore puro, la struttura, lo spazio, i moduli ritmici, le tensioni interne.Esaurita nell’ambiente astratto la parabola di un’ arte esibita come avanguardia, i pittori rivisitarono le loro tendenze in maniera meno drastica e più lirica, creando germinazioni preziose sia per i loro contempora-nei che per le generazioni successive. Per antitesi la pittura astratto – geometrica ha traghettato l’ opera di Alberto Moretti (1922 – 2012) verso la traduzione informale; la tela si è addensata di un magma materico, da cui emergono sciabolate di colore. Dall‘intensità di violente tensioni cromatiche Moretti approda negli ultimi anni a un disposizione della pagina più sfumata e quasi gestuale, come fosse un colpo d’ ala finale.

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Walter Fusi (1924 – 2013) con ila sua opera rappresenta il proficuo inserimento di un complesso corredo emotivo all’ interno delle dinamiche astratte, merito di un percorso inverso, dall’informale all’ astratto geometrico, rispetto agli altri. La collaborazione con la galleria L’ Indiano, dove si incontravano gli artisti astratti, ma anche figurativi come Ottone Rosai, lo fece approdare a un’ astrazione intima e lirica dove ben presto scompare, o viene metabolizzato, l’ordine compositivo dell’astrazione geometrica per far emerge-re la forma – colore. Il temperamento lirico di Riccardo Guarneri (1933) ha allontanato presto l’artista dall’esperienza informale, facendogli preferire una pagina in cui percezione e contemplazione potessero esprimere quanto di acces-sibile ci sia ancora per l’ uomo contemporaneo nel rapporto con gli eventi determinati dal rapporto colore – luce. Nella sua adesione alla pittura analitica, la forma non viene descritta o delimitata, ma dissolta nel colore nel tentativo di avvicinarsi al senso di una realtà sfuggente.Pittoricamente irruente, l’ opera di Alberto Gallingani (1938) è caratterizzata da una costante energia com-positiva. L’ artista lavora alla fusione dell’immagine informale con la metrica delle proprie intuizioni della realtà, dello spazio. E la materia informale, giocata soprattutto fra i bianchi, i neri e i grigi, gli serve per dare rilievo e affondare quei segni provenienti da una rabbia quasi arcaica: pennellate ruvide e impetuose per difendere gli ultimi avamposti di umanità.Dopo la stagione dell’informale ci si rende conto che la storia del mondo può essere raccontata al di fuori del senso “finito” e dell’involucro descrittivo, al di là dello schema rigidamente astratto. Andrea Chiaran-tini (1951) coglie in questo discrimine il movente per trasformare il segno in luce, per oltrepassare i limiti della forma. Il suo lavoro libera la materia e il segno dal loro contenitore, poiché viene tenuta presente la possibilità di esprimere forme – immagini e luci con libero gesto: ne deriva la capacità di utilizzare archetipi e memorie visive senza alcun vincolo cronologico, seguendo un flusso unicamente interiore e individuale.Luca Brandi (1961), depurato il suo lavoro da ogni istanza teorica, presenta un approccio formale di tipo minimale, se vogliamo addirittura ieratico, ma non privo di vibrazioni interne. Infatti la sua pagina è frutto di stratificazioni e racchiude una storia non raccontata. Dai monocromi con bagliori metallici ai rilievi ap-pena percettibili della materia, come fremiti sotto pelle, Brandi comunica il fascino dell’imperscrutabile, delle emozioni che cadono sotto il controllo dell’Io e che pure si agitano e gridano sotto la superficie.In questo breve e sintetico (per forza di cose) percorso si è visto dunque che la poetica astratta-informale, il vitalismo e l’incidenza del momento che passa, del particolare sull’universale sono diventati, fino a oggi, dei densi nuclei embrionali in cui si riconoscono ancora gli estremi di ulteriori evoluzioni.

Firenze, aprile 2018 Nicola Nuti

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Fortuna e sfortuna dell’astrattismoGli eventi storici tendono talvolta a essere, per così, catalogati, quasi cristallizzati in una memoria compiu-ta e definita. E’ un po’ il caso di Astrattismo Classico, confinato da critici e storiografia in una sorta di limbo tra paradiso e inferno. La vicenda del gruppo fiorentino di Vinicio Berti, Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Gualtiero Nativi e Mario Nuti e la relativa non fortuna critica s’iscrive in quei tardi anni Quaranta che videro le ricerche astratte nell’occhio del ciclone, tra una critica poco incline alle istanze di rinnovamento e una critica ideologizzata e fortemente condizionata dalla politica culturale di un partito comunista di stretta osservanza sovietica. Può oggi costituire una sorpresa leggere le critiche del tempo rivolte agli astrattisti fiorentini. Se le premesse del rinnovamento dell’arte italiana sono da ricondurre agli anni Trenta tra Milano e Como, tra la Galleria del Milione e gli architetti razionalisti è certo che, per quanto riguarda la rinascita dell’a-strattismo è essenziale il gennaio 1945 quando la galleria Bergamini presentò “Arte astratta geometrica”, mostra nella quale con Bruno Munari esposero anche i vecchi astrattisti del Milione: Reggiani, Soldati, Veronesi, Radice e Rho. Questo è un segnale preciso perché in Italia ricompaia la ricerca astratta. Siamo nell’immediato dopoguerra e tra Milano e Roma il dibattito si fa serrato e controverso, all’Astrattismo si contrappone il Neorealismo. Il Movimento Arte Concreta “Mac” (con Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Bruno Munari, Mario Soldati, tra gli iniziatori) nasce dall’esigenza di un fronte comune, ma ben presto si avranno diversificazioni ideologiche ed estetiche non trascurabili. Un gruppo di artisti romani che si professano “formalisti e marxisti” danno vita all’esperienza di “Forma 1” (manifesto sottoscritto da Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato) e subiscono incomprensioni e critiche da parte dei quadri dirigenti del Partito Comunista Italiano, fino a veri scontri ideologici.

A Firenze nasce nel 1947 il gruppo “arte d’oggi” ideologicamente collocato in ambito socialista e co-munista. Per gli artisti e per gli intellettuali che a Firenze nel ‘47 avevano vent’anni, Il comunismo è la palingenesi sociale, è il dissolversi fatale e necessario della vecchia cultura, è l’Arte Nuova che irrompe, spezzando gli schemi. Alle origini c’è una voglia di rigenerazione morale del fare artistico che caratterizza le esperienze nuove del Dopoguerra. Se il gruppo milanese Mac è per un’astrazione in senso formalista, il gruppo prima “Arte d’oggi”, più tardi “Astrattismo Classico” e in fondo anche Forma uno nascono da un sottofondo socio-culturale diverso, come ebbe a dire in un’intervista Gualtiero Nativi: “Il termine concre-tismo era dei milanesi, a noi non andava bene, la nostra era pittura astratta, ma conservava i prodromi di un “racconto”, di una “figurazione”, racconto di un nostro tempo ove convergono personaggi, idee…” A Firenze dunque con le tre mostre di “Arte d’oggi” nel maggio 1945, marzo 1948 e giugno 1949, gli astrat-tisti fiorentini presentarono alla Galleria Vigna Nuova con vivaci polemiche la loro esperienza artistica.

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Il “Manifesto dell’Astrattismo classico “verrà più tardi, nel 1950, firmato da Vinicio Berti, Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Gualtiero Nativi, Mario Nuti; e compilato dal filosofo Bruno Migliorini, molto corposo e ricco di riferimenti socio-culturali e filosofici. Ma ’”Astrattismo classico” rimase, per la critica ufficiale, solo la variante fiorentina del Mac, e non gli è stato riconosciuto ancora una sua valida autonomia di pensiero e di struttura. Se la storiografia ufficiale, trascorso il tempo della polemica, ha dimenticato o rimosso l’a-strattismo fiorentino, questa linea di ricerca ha continuato a esprimersi. “Astrattismo classico” aveva avuto molte difficoltà ad affermarsi sia a Firenze sia in Italia (dal 1947 al 1970 nessuno spazio fu riservato agli artisti del gruppo alla biennale di Venezia). In Italia, del resto, il “Neorealismo” di Guttuso sorretto in pieno dal P.C.I. stava allontanando dalla scena la ricerca astratta. A Firenze si ebbe una sorta di “Rosaismo” e qualche risposta in chiave provinciale al “realismo socialista. In questa stagnante situazione alcuni artisti sentirono la necessità di raggrupparsi con l’intento di fare chiarezza e ritrovare le motivazioni per riaprire il discorso sull’astrattismo fiorentino. Nacque così il “Segno Rosso”. Ripartendo dai concetti che l’”Astrazio-ne Classica” significava nuova classicità, nuova realtà in una città estremamente solitaria come Firenze ma ricca di humus vitale sotterraneo che la legava come un segno continuatore ad Alberto Magnelli, creatore nel 1915 del primo quadro astratto italiano, gli artisti del Segno Rosso crearono una singolare produzione, in buona parte poco nota ma condizione indispensabile per aprire una dialettica tra produzione artistica e società al di fuori dei canoni mercantili, tema ideologico che apriva le premesse per quanto poi sviluppato dallo studio d’arte “ Il Moro”. Contemporaneamente altri artisti continuarono le loro ricerche per così dire in solitario percorrendo percorsi di grande qualità.Se si considera l’astrattismo solo un’avanguardia novecentesca o post novecentesca, se ne limita il signi-ficato o addirittura se ne sancisce la fine, ma, se si riesce ad andare oltre, si osserva come questa linea di tendenza sia attiva e presente, come si evidenzia in questa mostra. Un’esposizione che presenta una scelta di artisti che tradiscono certamente un’attenzione ad Astrattismo Classico, a Malevic, a Mondrian e a Magnelli ma anche e soprattutto alla grande arte fiorentina quattrocentesca. Un astrattismo che trae la propria linfa dalla razionalità umanistica della tradizione rinascimentale fiorentina, tra trascrizioni astratte della prospettiva e le metafisiche astrazioni di Piero della Francesca. Una tradizione che ha dato continuo vigore alle istanze di quella che forse è riduttivamente chiamata linea astratta toscana, ma è la storia del divenire di una classicità e creatività che si rinnova e si attualizza. E’ strano come a questa grande e feconda creatività ci sia non sufficiente attenzione da parte della critica nazionale. Esemplare di questa conventio ad escludendum dell’ arte toscana è la mostra “Nascita di una Nazione”, in corso a Palazzo Strozzi, dove brilla non solo l’ assenza degli astrattisti ma anche quella dei non pochi artisti toscani di qualità che hanno operato tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Settanta.

Alessandro Lazzeri

6 BRUNO BRUNETTI

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Bruno Brunetti

8Bruno Brunetti • senza titolo, china su carta, cm 72x50

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10Bruno Brunetti • ceramica, cm 50x18

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12 VINIcIO BERTI

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Vinicio Berti nasce nel 1921 a Firenze. Dopo l’ esperienza neocubista, intraprende, a partire dalla fine del 1947, il percorso astratto. Nel 1948 fonda il gruppo Astrattismo classico, insieme a Brunetti, Monnini, Na-tivi e Nuti. Nel 1950 firma il Manifesto dell’Astrattismo classico, redatto da Ermanno Mogliorini. Berti non ha mai abbandonato il rigore della composizione astratta e la ricerca di composizioni dinamiche. Parallela-mente alla sua attività di pittore svolse costantemente l’attività di illustratore e fumettista in pubblicazioni per ragazzi. Muore nel 1991.

14Vinicio Berti • senza titolo, 1973, tempera su carta intelata, cm 50x70

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16Vinicio Berti • Emblema Positivo Cantagonismo, 1978, olio su tela morgan,cm 50x50

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MAGualtiero Nativi nasce a Pistoia nel 1921. Aderisce prima al gruppo Arte d’ oggi e fino alla fine in seguito

ad Astrattismo classico. Successivamente fece parte del gruppo francese Espace. Convinto sostenitore del linguaggio astratto come formula ultimativa di espressione, aveva stretto rapporti con gli altri gruppi astratti d’ Italia: Mac e Forma. La pagina di Nativi propende per una ricerca di ritmi e dinamiche tra forme e colore in cui prevalgono nette apposizioni. Intenso il percorso espositivo fino agli anni Novanta. Tran-ne una breve parentesi informale, la ricerca di Nativi manterrà il rigore geometrico astratto fino alla fine. Muore a Siena nel 1999.

20Gualtiero Nativi • Rilievo, 1975,Tempera su resina, diametro cm 57,2

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22Gualtiero Nativi • Da un punto,1953, olio su cartoncino intelato, cm 69x46

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24 alVaRO MONNINI

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Alvaro Monnini nasce a Firenze nel 1922. Firma il Manifesto dell’ Astrattismo classico nel 1950, ma suc-cessivamente svolge una ricerca appartata, esponendo anche all’ estero. Con la moglie Micol, intraprende una collaborazione con alcune case di moda tra cui Salvatore Ferragamo e Emilio Pucci, disegnando fou-lard e alcuni tessuti. Dagli anni Settanta si trasferisce a Milano dove espande la sua ricerca ed espone in gallerie e spazi pubblici. Diventa preside di facoltà all’ Istituto Politecnico Internazionale di Milano. Muore a Milano nel 1987.

26Alvaro Monnini • senza titolo, 1948, olio su tela, cm 70x57

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28Alvaro Monnini • senza titolo, 1951, tempera su carta intelata, cm 46x35

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30 MaRIO NUTI

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Mario Nuti nasce nel 1923 a Firenze. Sviluppa il suo lavoro in ambito figurativo, poi neocubista e infine astratto quando entra a far parte del gruppo Astrattismo classico nel 1948. Con lo scioglimento del grup-po, alla fine del 1950, Nuti intraprende una ricerca che lo condurrà all’esperienza informale e a un graduale recupero della figura. Numerose le mostre, anche all’ estero. Dagli anni Sessanta Nuti affianca alla pittura l’attività di ceramista, insieme a Brunetti, e di illustratore per le pagine del quotidiano Nazione sera. La figurazione, elaborata da Nuti fino alla fine, mantiene tuttavia le scansioni e la struttura tipica delle com-posizioni astratte. Muore a Firenze nel 1996.Mario Nuti nasce nel 1923 a Firenze. Sviluppa il suo lavoro in ambito figurativo, poi neocubista e infine astratto quando entra a far parte del gruppo Astrattismo classico nel 1948. Con lo scioglimento del grup-po, alla fine del 1950, Nuti intraprende una ricerca che lo condurrà all’esperienza informale e a un graduale recupero della figura. Numerose le mostre, anche all’ estero. Dagli anni Sessanta Nuti affianca alla pittura l’attività di ceramista, insieme a Brunetti, e di illustratore per le pagine del quotidiano Nazione sera. La figurazione, elaborata da Nuti fino alla fine, mantiene tuttavia le scansioni e la struttura tipica delle com-posizioni astratte. Muore a Firenze nel 1996.

32Mario Nuti • senza titolo, 1949, olio su tela, cm 50x70

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34Mario Nuti • senza titolo, 1949, tempera su cartoncino,cm 47x30

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36Mario Nuti • senza titolo, 1950, carta intelata,cm 50x70

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38 alBERTO MORETTI

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Alberto Moretti è nato a Carmignano nel 1922. Dal 1949 ha partecipato all’attività della galleria Numero di Firenze. Ha esposto a fianco del gruppo Mac Age d’Or a Milano e Parigi. Ha fatto parte degli artisti le-gati alle gallerie L’Indiano. Quadrante, di Firenze e del Gruppo 70. Dal 1970 ai primi anni Novanta è stato animatore e sostenitore della galleria Schema di Firenze. Muore nel 2012.

40Alberto Moretti • senza titolo, olio su tela, cm 50x70

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42 WalTER FUsI

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MAWalter Fusi nasce ad Udine il 3 agosto 1924 e all’età di quattro anni si trasferisce con la famiglia a Colle

Val d’Elsa, luogo di origine dei genitori. Lì frequenta l’Istituto magistrale poi, incline fin da piccolo alla pittura, si iscrive all’Istituto d’Arte di Siena dove avviene la sua primissima formazione artisticaNel periodo dal 1965 fino alla fine degli anni settanta è a Milano, dove sperimenta il concretismo per arrivare alla crea-zione di opere pittoriche tridimensionali. Nel 1979 Fusi torna a Firenze dove ritrova il piacere di dipingere, tornando alle origini informali e trovando un giusto equilibrio con le riflessioni geometriche. Muore nel 15 maggio 2013.

44Walter Fusi • Studio per copertina, 1967, tempera su cartoncino, cm 30x45

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46Walter Fusi • senza titolo, 1980, tempera su cartoncino,cm 50x35

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MARiccardo Guarneri nasce a Firenze nel 1933. Tiene la sua prima mostra personale a L’Aia, nel 1960, ma da

subito abbandona l’Informale che non sentiva come proprio ed anche sotto l’influsso della conoscenza degli artisti, Winfred Gaul, Claudio Verna, Piero Dorazio, Cy Twombly per citarne alcuni, arriva all’essenzia-lità del gesto costituita da linee di luce che attraversano il quadro. Frequenta l’ambiente genovese dove con un gruppo di artisti, Attilio Carreri, Arnaldo Esposito, Gianni Stirone ed altri, fonda il gruppo “Tempo 3” a significare la fase astratta che seguiva quella classica e quella informale. Partecipa alla Biennale di Venezia del 1966 e a quella di Parigi del 1967. Vive e lavora a Firenze.

50Riccardo Guarneri • 2 movimenti rosa,1982, olio su tela,cm50x50

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52Riccardo Guarneri • Giallo-Luce, 2018, olio su tela, cm 65x60

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Alberto Gallingani è nato a Firenze nel 1938, dove vive e lavora. Ha fatto studi tecnico-industriali ed ar-tistici. Dopo un primo momento di esperienze pittoriche formative a carattere realista, viene a contatto nel 1961, con gli artisti dell’area dell’Astrazione fiorentina e con essi matura e realizza la sua esperienza nell’ambito della Pittura di Nuova Realtà.

56Alberto Gallingani • senza titolo, olio su tela, 1985, cm 69,5 x100

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58Alberto Gallingani • Situazione, olio su tela, anni 1974, cm 60x80

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60Alberto Gallingani • relazione A, tecnica pittura murale e china su tela, cm 40x50 anno 1973

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62Alberto Gallingani

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Andrea Chiarantini nasce a Firenze nel 1951. Laureato in Architettura. E’ autore di alcuni audiovisivi pre-sentati all’università di Sociologia a Trento, alla facoltà di Architettura e al Magistero di Firenze. Nel 1978 dà vita con Kiki Franceschi all’operazione “Lavoisier”, ciclo di libri oggetto sulle “scorie d’artista”, una sorta di storia dell’arte contemporanea su artisti contemporanei. Vive e lavora a Firenze.

66Andrea Chiarantini • Superimetro, 1983, acrlico e spruzzo di tempera, cm 95x95

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68Andrea Chiarantini • Superimetro III 2, su tela, acrilico e tempera, cm 70x70

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70Andrea Chiarantini • Senza titolo, 1999, vetroresina, cm 45x48

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Luca Brandi nasce a Firenze nel 1961. Sin dall’età di dieci anni aiuta il maestro Prati, a Firenze, nell’esecu-zione di grandi rappresentazioni religiose su pannelli per le sacrestie di alcune chiese; impara l’intelaiatura su pannello e la stratificazione della pittura nella preparazione dei fondi per le grandi opere. Dal 1983 frequenta il pittore astratto Galletti, da lui impara le teorie sulla scomposizione della forma attraverso la pittura geometrica ed il colore.

74Luca Brandi • MIDEN 41, 2005, acrlico su tela, cm 90x80x7,5

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76Luca Brandi • IS THIS LOVE OR AM I DREAMING, acrilico su tela, cm100x70x3,5, anno 2018

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