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46 In fase di preparazione del parco riprodut- tori bisogna assicurarsi che tutte le femmine abbiano gli orecchioni blu turchesi. Anche i galli, per quanto anziani, per le ragioni sopra descritte. Quanto alla forma, pur non essendo uno de- gli elementi più importanti, deve essere bella rotonda od ovale. Da evitare orecchioni molto lunghi, estesi e sottili, come pure quelli grin- zosi, la cui estetica non è delle migliori. Le femmine hanno orecchioni molto più piccoli e rotondi dei maschi. Per la varietà Moroseta sparviero, è impor- tante ricordare che la base degli orecchioni deve essere anch’essa azzurrognola, in manie- ra meno intensa, tendente al biancastro. In nessun caso deve essere rossa! Tra le eccezio- ni, la Siamese nana ha orecchioni rossi uni- formi, ma è considerata una razza differente dalla Moroseta. La cresta: geni “R” , “P”, “hel” La cresta è una delle caratteristiche più di- versificate e complesse della Moroseta, nella forma, nei difetti e nell’evoluzione. Anche la selezione per l’ottenimento della perfezione non è cosa semplice. La sua descrizione è la seguente: “Un cusci- no di carne più largo che lungo, di taglia me- dia e attraversato nel primo terzo da un solco trasversale. Senza spine. Di tessitura preferi- bilmente fine e di colore blu nerastro”. Nella femmina l’ideale è una cresta rudimentale, quasi inesistente nel primo anno di età che, invecchiando, può diventare un piccolo cusci- netto di carne di tessitura fine. Tuttavia, per quanto riguarda il colore, le varietà Sparviero e Siamese fanno eccezione. A fianco: Eccellente cresta di gallo con le proporzioni corrette.

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In fase di preparazione del parco riprodut-tori bisogna assicurarsi che tutte le femmine abbiano gli orecchioni blu turchesi. Anche i galli, per quanto anziani, per le ragioni sopra descritte.

Quanto alla forma, pur non essendo uno de-gli elementi più importanti, deve essere bella rotonda od ovale. Da evitare orecchioni molto lunghi, estesi e sottili, come pure quelli grin-zosi, la cui estetica non è delle migliori. Le femmine hanno orecchioni molto più piccoli e rotondi dei maschi.

Per la varietà Moroseta sparviero, è impor-tante ricordare che la base degli orecchioni deve essere anch’essa azzurrognola, in manie-ra meno intensa, tendente al biancastro. In nessun caso deve essere rossa! Tra le eccezio-ni, la Siamese nana ha orecchioni rossi uni-formi, ma è considerata una razza differente dalla Moroseta.

La cresta: geni “R” , “P”, “hel”

La cresta è una delle caratteristiche più di-versificate e complesse della Moroseta, nella forma, nei difetti e nell’evoluzione. Anche la selezione per l’ottenimento della perfezione non è cosa semplice.

La sua descrizione è la seguente: “Un cusci-no di carne più largo che lungo, di taglia me-dia e attraversato nel primo terzo da un solco trasversale. Senza spine. Di tessitura preferi-bilmente fine e di colore blu nerastro”. Nella femmina l’ideale è una cresta rudimentale, quasi inesistente nel primo anno di età che, invecchiando, può diventare un piccolo cusci-netto di carne di tessitura fine. Tuttavia, per quanto riguarda il colore, le varietà Sparviero e Siamese fanno eccezione.

A fianco: Eccellente cresta di gallo con le proporzioni corrette.

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Nella Sparviero è rossa, sfumature scure ammesse nella gallina.

La forma e la struttura ricordano una mezza noce.

Tra i difetti più o meno rari e gravi vi è la presenza di spine nella parte posteriore (che comporta la squalifica in concorso), una tes-situra grossolana nella conformazione, più o meno scavata o perlata, l’assenza totale del solco che, in suo luogo, lascia apparire una specie di cavità troppo accentuata, una cresta troppo voluminosa oppure, ma in questo caso il difetto è relativo, una cresta troppo rossa-stra.

Negli attuali ceppi si trovano creste eteroge-nee, con importanti differenze. Là dove una cresta semplice è riconoscibile tra tutte, nella Moroseta vanno talvolta di pari passo varia-zioni e incertezze.

Da lungo tempo la forma generale e la pre-senza di spine tradiscono una cresta a rosa con spine occultate e una superficie, a secon-da dei soggetti, più o meno zeppa di spine o di perlatura. Questo tipo di cresta non è ammes-so dallo standard della Moroseta, ma è certo che la razza abbia avuto per un lungo periodo e fino a un passato recente, a metà degli anni Novanta in alcuni ceppi, la tipologia di cresta sopra descritta. Alcuni rari ceppi, ora elimi-nati, avevano creste fortemente apparentate a una cresta detta a pisello. Era un’eresia avico-la che grazie al lavoro d’informazione non si riscontra più. L’unica che soddisfi totalmente lo standard, è la cresta “a noce”.

Senza poterne spiegare la ragione, vi sono nella Moroseta due modelli di cresta e per quanto possa apparire strano essi possono essere distinti in funzione della colorazione e della “anzianità”. La Moroseta bianca, con o senza barba, varietà ancestrale, ha in genere creste più voluminose con una struttura più grossolana. Nei galli la presenza di piccole ca-vità è maggiormente frequente. Al contrario, nella Moroseta colorata, si osservano di fre-quente soggetti con una cresta a noce più ti-pica (molto somigliante a quella dell’Orloff),

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In alto: La cresta del gallo è troppo grossa. La sago-ma più larga che lunga è buona ma non la superficie e la tessitura troppo grossolana e scavata. Qui Sopra: Questo gallo di razza Ko-Shamo ha una cresta dalla superficie perlata da bandire assoluta-mente nella Moroseta.

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con tessitura più fine, senza le piccole cavità e in genere con un volume più ridotto. Atten-zione, non bisogna generalizzare, è solo un’os-servazione. Vi sono infatti anche soggetti con creste di cui è difficile determinare la tipologia esatta.

Geneticamente, non ci occupiamo qui di tutti i tipi di cresta perché uno solo ci interes-sa veramente, la cresta “a noce”. Una cresta complessa nella sua formula genetica poiché è verosimilmente il risultato combinato della presenza della crestaa rosa “R” e della cresta a pisello “P”. I geni “R” e “P” sono entrambi do-minanti, ma il “P” ha una dominanza incom-pleta. Dalla loro azione comune nasce la cre-sta a noce, senza che uno predomini sull’altro.

Alcuni autori, come J. C. Martin, riportato dal G. Coquerelle, ritengono che il gene do-minante “He+” sia presente in certi ceppi di polli e sarebbe responsabile dell’aspetto del-la superficie talvolta perlata della cresta. Se questa teoria poteva valere nella prima metà anni Novanta per la maggior parte dei sogget-ti, ormai è diventata predominante la variante “hel” del gene in questione, che provoca tessi-ture lisce.

Per meglio specificare l’azione di questi geni, “He+” produce sulle creste una superficie per-lata. Il suo allele recessivo “hel” (il gene “con-trario”) provoca una cresta liscia. È questo gene, per esempio, che fa la differenza tra una cresta perlata di Sebright e una liscia di Wyan-dotte, geneticamente identiche per la presen-za sia di “He+” sia di “hel”. Nella Moroseta è “hel” che dà quella superficie più o meno liscia che gli allevatori devono ricercare.

La presenza del solco è necessaria nei galli, e si manifesta verso il sesto o settimo mese, quando la cresta s’ingrandisce. Nella femmi-na, essenzialmente il primo anno, è consentita una cresta piatta senza solco. Non è per nulla un difetto, anzi è perfino auspicabile per non ottenere nei galli creste sovradimensionate. Anche in questo caso i giudici esperti sanno distinguere. Alcune varietà stentano ancora a esprimere perfettamente il solco nella cresta,

In alto: Si distinguono chiaramente le spine all’estre-mità della cresta, difetto grave e da squalifica, da sop-primere negli allevamenti. Qui sopra: Cresta troppo frisée perlé (presenza del gene “He+”). Non è conforme e ha anche spine all’estremità. Difetto da squalifica. Bargigli e favoriti tradiscono un incrocio tra un sog-getto con barba e uno senza.

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Sopra Un insieme di creste di galli. Tutte sono confor-mi allo standard, anche se sono visibili delle variazio-

ni. La presenza del solco è importante. Ed è preferibile avere creste medie dalle superfici lisce ed armoniose.

Sopra: Le due immagini mostrano due galline con un problema di spine sulla cresta. Difetto grave che biso-gna impegnarsi a estirpare. In più il volume è troppo sviluppato. Se, qui, non è un difetto in senso stretto, esse rischiano di generare galli che avranno, loro sì, creste troppo forti.

Sopra: Due giovani di quattro settimane. Si vede chiaramente che il soggetto di sinistra, una fulva, pre-senta una cresta di un colore molto insoddisfacente. Il difetto è grave e dunque si può selezionare già da quell’età. Invece il soggetto a destra, un galletto, ha una cresta conforme per la sua età.

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in particolare i galli della fulva barbuta gran-de.

Torniamo ora su certi difetti.Le spine, senza dubbio il difetto più grave,

e anche sfortunatamente il più ricorrente. Certo, da qualche anno la selezione accanita, l’informazione massiccia e le numerose squa-lifiche nei concorsi hanno dato i loro frutti rendendo più raro il difetto. Ma sono ancora molti i soggetti imperfetti. Si possono distin-guere due tipi di spine: quelle sull’estremità di cresta e quelle sull’intera cresta, dette perlate. Entrambi sono difetti gravi e geneticamen-te trasmissibili. I soggetti che ne sono afflitti non devono essere esposti né utilizzati per la riproduzione. Le spine alla sommità della cre-sta possono essere molto variabili nella forma e nel numero. Talvolta la loro dimensione par-

ticolarmente ridotta viene etichettata come “brutta terminazione” ma, in ogni caso, è un difetto perché una buona cresta dovrebbe ave-re una terminazione liscia e ben arrotondata.

La dimensione della cresta è un difetto che si riscontra abbastanza regolarmente e da una semplice osservazione sembra più frequente nella Moroseta bianca. È un problema più di taglia che di forma. Ciò che taluni in manie-ra umoristica definiscono “bistecche o sca-loppine” sono creste dal volume esagerato dove si vede chiaramente che rappresentano un fastidio per l’animale, inoltre causano te-ste sgraziate. Nei galli spesso provocano un cattivo orientamento del ciuffo e perfino una sua ridotta dimensione. Alla ricerca di premi per la Moroseta grande, capita che certi alle-vatori diano un’alimentazione molto ricca, a volte persino troppo, e questa può essere una causa, ma il fattore genetico e quello selettivo sono i più correnti. La scelta di un gallo con la cresta corretta è la base della selezione. Una buona cresta è abbastanza piccola, idealmen-te dell’ordine di 2-3 centimetri al massimo. Attenzione anche alle pollastre. Una giovane di annata che presenti una cresta sviluppa-ta, guarnita di carne evidente e sviluppata, rischia di generare galli dalle creste troppo grandi. Sono da privilegiare le femmine dalle creste deboli o piatte, fin dal primo anno.

Il solco della cresta è un segno, una fenditu-ra orizzontale posta generalmente nel primo terzo della cresta. È un leggero ripiegamento non profondo nel cuscinetto di carne. Un sol-co troppo scavato provoca spesso una specie di cavità che non è voluta. Non bisogna con-siderare elementi del solco le piccole cavità sulla superficie della cresta. Alcuni soggetti di Moroseta non hanno questo solco. Se nei gio-vani galli è una questione di età, ammissibile, per i galli adulti è invece necessario. L’assenza totale del solco o un leggero ripiegamento del-la cresta sono un difetto grave nei galli. Nelle femmine è invece cosa di poco conto data la conformazione molto ridotta e praticamente piatta della cresta.

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Dall’alto in senso orario: 1 - Cresta esagerata ten-dente al rosso e con piccole e brutte cavità. 2 - La cre-sta di questo gallo è troppo lunga, buona la struttura, colore abbastanza scuro ma la forma è scorretta e il solco assente. 3 - Cresta di giusta misura ma senza solco trasversale. Molto brutto il colore rosso. 4- Cre-sta di buon volume con un bel solco visibile. Il solco deve essere di dimensione ragionevole e non lasciare apparire delle cavità.

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La lunghezza della cresta è un altro difetto ricorrente che conviene selezionare. Manife-sta e visibile nel gallo, anziché avere una forma arrotondata, è fatta come un “piccolo budino”, più lunga che larga. Su questa cresta lunga è più raro vedere un solco corretto quando non del tutto assente.

Per ottenere una cresta corretta la formula da applicare è semplice e ripetitiva: selezio-nare i riproduttori conformi. Una giovane di annata che presenti una cresta sviluppata, rischia di generare galli dalle creste troppo grandi.

Nei giovani, nel giro di poche settimane (dif-ficilmente nei pulcini), è possibile distinguere se un soggetto ha spine sulla sommità della cresta oppure una tessitura difettosa. Se è il caso, e se la finalità dell’allevamento è fare qualità, non bisogna intralciarsi con questi soggetti di poco valore, perché si tratta di un difetto genetico che si trasmette e del quale è difficile sbarazzarsi completamente.

Per l’allevatore che espone animali in un concorso, ecco un’astuzia di preparazione da applicare: dopo aver pulito l’animale e lucida-to la testa, il ciuffo e la cresta, bisogna passare un straccio leggermente imbevuto di un pro-dotto grasso (olio d’oliva o vaselina per esem-pio) sulla cresta senza sporcare le piume at-torno. Ciò donerà un bell’aspetto satinato alla cresta e nel contempo nutrirà la pelle.

Gli occhi

Il colore degli occhi è un punto che si af-fronta in ogni descrizione sui polli e la Moro-seta non fa eccezione. È variabile come negli uomini. Senza che lo spettro sia così grande, esso spazia da una tinta giallastra al bruno nerastro passando per l’insieme delle tinte

rosso-arancio. Solo alcune razze ( i Combat-tenti) hanno l’occhio di colore grigio-verda-stro, quello che si chiama occhio perlato, un

difetto in tutte le altre razze.Nella Moroseta il colore degli occhi è teori-

camente lo stesso per tutti i colori, fatta ecce-zione per la variante Sparviero. Nessuna sfu-matura è richiesta nello standard per le razze convenzionali e la tinta auspicata è semplice da comprendere: occhio bruno nerastro il più scuro possibile. Ogni occhio troppo chiaro in cui si distingue nettamente la pupilla dall’iride o che tende al brunastro slavato è un difetto.

Nei fatti, si vedrà che certe varietà ottengono difficilmente colori degli occhi perfettamente scuri.

La genetica del colore degli occhi è anco-ra poco conosciuta. Tuttavia certi autori (G. Coquerelle, 2000) ritengono sia il risultato dell’interazione di più geni. A questa osserva-zione possiamo aggiungere che i geni respon-sabili della quantità di pigmentazione nel piu-maggio, nel becco, nella pelle, ma soprattutto nei tarsi giocano un ruolo sul colore dell’iride

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A fianco: Dettaglio di un occhio rosso arancio in una pollastrella di varietà sparviero perniciata oro. Tutte le varianti sparviero hanno occhi di questo colore.