In caso di eccessiva conflittualità tra i genitori ... · che minano le competenze genitoriali",...
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Dirittifondamentali.it (ISSN 2240-9823)
In caso di eccessiva conflittualità tra i genitori, legittimo l'affidamento del minore ai
servizi sociali
(Cass. civ. Sez. I, ord., 15 febbraio 2018 - 18 maggio 2018, n. 12363)
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Confermando la valutazione espressa dalla Corte d'Appello, deve essere confermata la
misura dell’affidamento ai servizi sociali del figlio minore "non avendo i genitori...
superato le criticità che minano le competenze genitoriali". Ciò premesso, la scelta
dell'affidamento al servizio sociale del figlio rimane quella preferibile, con
collocamento del piccolo "presso la madre con la quale il bambino, sentito dalla Corte,
desidera stare avendo con lei un rapporto privilegiato". E ciò è confermato
dall'incomunicabilità dei genitori tra loro e "l'incapacità di entrambi di ascoltare il figlio
e di uniformarsi ai suggerimenti del servizio incaricato di monitorare la situazione".
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Presidente -
Dott. TRICOMI Laura - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
Dott. CAIAZZO Luigi - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Fabrizio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15252/2016 R.G. proposto da:
F.R., rappresentata e difesa, giusta mandato, indicato come steso a margine del ricorso,
dall'Avv.to Cristina Mancini, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla via
de Saint Bon n. 89, in Roma;
- ricorrente -
contro
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V.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa in calce al controricorso,
dall'Avv.to Giuseppe Fabio, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, alla via
Vicenza, n. 26 in Roma;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 6845, pronunciata dalla Corte d'Appello di Roma e depositata
l'11.12.2015;
ascoltata la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2018, dal
Consiglier Dott. Paolo Di Marzio;
letta la memoria depositata dalla ricorrente;
la Corte osserva:
Svolgimento del processo
che il giudizio in esame attiene alla separazione personale di coniugi alquanto litigiosi.
La moglie è laureata in filosofia, ed assume di guadagnarsi da vivere con lezioni e
traduzioni. Lui è un attore, comparso in tanti spettacoli: cinematografici, teatrali e
televisivi, ma non risulta essere benestante. Si sono sposati il (OMISSIS), circa un mese
dopo nasceva l'unico figlio della coppia, a distanza di un paio d'anni i coniugi
decidevano di separarsi.
Nel corso del giudizio di primo grado i coniugi hanno litigato ripetutamente, e si sono
scambiati gravi accuse. E' stata espletata c.t.u. e sono state assunte prove testimoniali;
sono state effettuate anche indagini patrimoniali mediante la Guardia di Finanza. Il
Tribunale, quindi, rigettate le reciproche domande di addebito proposte dai coniugi, ha
affidato il figlio al servizio sociale, demandato anche a vigilare sugli incontri con il
padre. Ha disposto il collocamento del minore presso la madre, e previsto che ai
genitori fosse consentito provvedere al bambino solo per quanto attiene all'ordinaria
amministrazione. Il Tribunale ha richiesto al servizio sociale anche di accompagnare il
minore attraverso un "percorso psicoterapeutico" che richiedeva la collaborazione dei
genitori. Il giudice di primo grado ha fissato, in conseguenza ed in via preventiva, la
sanzione ex art. 709ter cod. proc. civ. di 100,00 Euro, che il genitore incaricato di
accompagnare il figlio minore agli incontri avrebbe dovuto versare al coniuge,
ogniqualvolta si fosse reso inadempiente. Ha inoltre condannato la moglie al
pagamento, nella misura di Euro 2.500,00, da versarsi in favore del marito, e di ulteriori
Euro 2.500,00, in favore del figlio minore, per le inadempienze di cui si era resa
responsabile. Il Tribunale, alfine, ha onerato il padre del pagamento di un assegno a
titolo di mantenimento per il figlio, pari ad Euro 500,00 mensili.
La decisione del giudice di primo grado era appellata dalla moglie, che domandava
alla Corte capitolina, innanzitutto, di accertare l'erroneità della pronuncia con cui il
Tribunale aveva escluso la ricorrenza delle condizioni per la dichiarazione di addebito
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della separazione al marito. Contestava, inoltre, l'illegittimità dell'affidamento del
figlio ai servizi sociali, avendo ella tenuto sempre un contegno "esemplare dal punto di
vista affettivo e morale" (sent. C. d'A. p. 3), non avendo mai avuto quale obiettivo di
annullare la figura paterna, e non essendosi neppure rifiutata di sottoporre il bambino
ad un percorso terapeutico. Criticava, ancora, la nullità della c.t.u. espletata in primo
grado, ed il mancato riconoscimento del diritto ad un assegno di mantenimento in suo
favore da porsi a carico del marito. Censurava, infine, di essere stata ingiustamente
condannata al pagamento delle spese di lite e di sanzioni ex art. 709ter cod. proc. civ..
Si costituiva il marito, che replicava a ciascuna delle contestazioni proposte dalla
moglie e, a sua volta, insisteva perchè la separazione fosse pronunciata con addebito a
lei, che vi aveva dato causa in considerazione dei suoi comportamenti e dei problemi
psichici che aveva manifestato. La Corte d'Appello acquisiva le relazioni del servizio
sociale e di un Centro specializzato per l'assistenza ai minori presso cui il figlio della
coppia risultava essere in terapia. Provvedeva quindi anche all'audizione del minore.
Alfine confermava la pronuncia di primo grado.
La Corte di merito rilevava che, come giustamente sottolineato nella decisione del
Tribunale, già dalla lettura degli scritti difensivi emergeva che tra i coniugi erano
insorti "gravi contrasti per ragioni di natura economica, con particolare riferimento al
tenore di vita che avrebbero potuto permettersi. Gravi le accuse reciproche: di avarizia
e perversione al marito, di patologie psichiatriche alla moglie" (sent. C.d'A., p. 5). La
Corte territoriale concludeva che tali modalità comportamentali risultavano
sintomatiche di una incompatibilità caratteriale che aveva rappresentato la ragione
della crisi del rapporto coniugale.
Anche l'affidamento del figlio minore al servizio sociale doveva essere confermato
perchè, alla luce della c.t.u., e delle relazioni stese dallo stesso servizio territoriale, era
emersa l'incomunicabilità delle parti e la loro inadeguatezza genitoriale, essendo il
padre troppo assorbito dalla sua precarietà lavorativa ed abitativa, e mostrando la
madre una condotta di continua contrapposizione con il marito e pure volta ad
"annullare il rapporto padre-figlio".
Del resto, nonostante gli sforzi profusi e gli interventi di supporto predisposti, per
cercare di migliorare il dialogo tra i coniugi separati e l'assistenza da loro assicurata al
minore, non si registravano tutti i miglioramenti attesi. Emergeva dalla
documentazione in atti, peraltro, l'irregolarità con la quale la madre consentiva al figlio
di seguire il percorso terapeutico predisposto per lui.
La Corte d'Appello concludeva, perciò, che "non avendo i genitori... superato le criticità
che minano le competenze genitoriali", la scelta dell'affidamento al servizio sociale del
figlio rimaneva quella preferibile, con collocamento del bambino "presso la madre con
la quale il bambino, sentito dalla Corte, desidera stare avendo con lei un rapporto
privilegiato" (sent. C. d'A., p. 7).
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La Corte di merito provvedeva quindi a rinnovare la comparazione dei redditi dei
coniugi e concludeva che non dovesse essere riconosciuto alla moglie il diritto ad un
assegno di mantenimento per lei, avendo il Tribunale "correttamente... ritenuto che in
ragione dei proventi della sua attività professionale", la donna, che è pure proprietaria
di immobili, "disponga di autonomi redditi che le consentono condizioni di vita il linea
con il non elevato tenore di vita della breve convivenza coniugale" (sent. C. d'A., p. 8).
Riteneva, quindi, di confermare anche l'importo, pari a 500,00 Euro, del contributo
mensile dovuto dal padre per il mantenimento del figlio, anche in considerazione "del
preponderante impegno domestico della madre che comunque contribuisce anche con
la casa".
La Corte di merito confermava anche la condanna irrogata alla madre ai sensi dell'art.
709ter cod. civ., in considerazione delle sue "condotte... incentrate nella negazione della
figura paterna, nella svalutazione della sua persona..." (sent. C. d'A., p. 8).
Avverso la decisione della Corte d'Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione
F.R., affidandosi a sette motivi. Resiste con controricorso V.G., che ha pure proposto
ricorso incidentale articolato in due motivi, cui la ricorrente ha replicato con
controricorso incidentale.
Motivi della decisione
1.1. - La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, contesta alla Corte territoriale l'omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla sua
domanda di addebito della separazione al marito.
1.2. - Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
3, l'impugnante contesta la violazione "della Convenzione Europea dei diritti
dell'uomo e della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo", in
relazione alla mancata riammissione, da parte della Corte territoriale, dell'esame di
alcuni suoi testimoni, che era stato in origine ammesso, e poi revocato, dal giudice di
prime cure.
1.3. - La ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, contesta alla Corte territoriale l'omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla sua
domanda di voler dichiarare la nullità della CTU espletata in primo grado e disporne
la rinnovazione.
1.4. - L'impugnante contesta con il quarto motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell'art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell'art. 195 c.p.c., per non aver ricevuto copia
dell'elaborato peritale prima del deposito.
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1.5. - La ricorrente, con il quinto motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, contesta alla Corte territoriale l'omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione al mancato
"esame delle relazioni dei servizi sociali del 15.11.2013, del 4.6.2015 e del 30.9.2014 da
cui si evince lo stato di maltrattamento del minorenne da parte del padre".
1.6. - L'impugnante, con il sesto motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, critica la Corte territoriale per aver omesso l'esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione "alla
illegittimità della terapia sul minorenne così come svolta".
1.7. - Con il settimo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5, la ricorrente censura la Corte territoriale "per aver omesso l'esame delle
relazioni dei servizi sociali, degli atti e delle testimonianze che riferivano il grave
disagio economico sofferto da madre e figlio".
1.8. - A sua volta il controricorrente, mediante il primo motivo di ricorso incidentale,
proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censura la Corte territoriale "per
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti ed evidenziato dalla C.T.U. e dalle relazioni dei servizi sociali", per non aver
assegnato al padre l'affidamento esclusivo del figlio di età minore.
1.9. - Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 5, il controricorrente critica la Corte territoriale per aver violato le
previsioni dell'art. 155 c.c., erroneamente individuando i criteri di determinazione
dell'assegno di mantenimento per il figlio ed erroneamente valutando i fatti ed i
documenti di causa, giungendo in conseguenza a confermare la misura del contributo
paterno per il figlio.
Deve innanzitutto esaminarsi una questione preliminare, del resto evidenziata nel suo
scritto difensivo dal controricorrente.
Il mandato rilasciato dalla odierna ricorrente in calce al ricorso - e non a margine, come
pure si legge nell'intestazione dell'atto - non risulta, di per sè, conferito con specifico
riferimento al giudizio di legittimità. La procura si compone infatti della generica
formula: "Delego a rappresentarmi e difendermi in ogni stato e grado del presente
giudizio... l'avvocato...".
In passato questa Corte aveva talora adottato un orientamento restrittivo, giungendo a
dichiarare inammissibile il ricorso se la procura relativa allo stesso non avesse investito
"il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione" (ad es., cfr.
Cass. sez. 3, sent. 28.3.2006, n. 7084). Contemporaneamente, però, era emerso anche un
orientamento meno formale, che riteneva necessario interpretare la volontà della parte,
ed affermava che il difetto della procura speciale: "e la conseguente incertezza in
ordine alla effettiva portata della volontà della parte, non può tradursi in una
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pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va
superata attribuendo alla parte la volontà che consenta all'atto di procura di produrre i
suoi effetti, secondo il principio di conservazione dell'atto (art. 1367 c.c.), di cui è
espressione, a proposito degli atti del processo, l'art. 159 c.p.c.", non mancandosi di
specificare che "l'apposizione del mandato a margine del ricorso già redatto esclude di
per sè ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei
termini usati nella redazione dell'atto", Cass. sez. 1, sent. 7.3.2006, n. 4868, che riprende
Cass. SU, sent. 10.4.2000, n. 108. Il caso esaminato da queste ultime condivisibili
decisioni è proprio quello che ricorre nel presente giudizio: la procura è generica, ma è
apposta in calce al ricorso per cassazione, cui è sicuramente riferibile. Il ricorso deve
pertanto valutarsi ammissibile.
Tanto premesso:
2.1. - Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente censura il vizio di
motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di merito in ordine alla sua domanda di
addebito della responsabilità della separazione al marito. L'impugnante imputa alla
controparte un gran numero di condotte che avrebbero minato il rapporto coniugale,
"abusi, omissioni gravi di soccorso medico ed economico, una relazione
extramatrimoniale... con contestuale abbandono del tetto coniugale" etc., ma non ha
cura di indicare dettagliatamente da quali atti del presente giudizio si desumano questi
fatti riportando, in particolare, i passaggi di deposizioni testimoniali dai quali gli stessi
emergerebbero. Opera riferimento a denunce presentate da lei stessa, ma non chiarisce
gli esiti dei procedimenti, e tantomeno allega in quale parte del fascicolo processuale
questi esiti siano riscontrabili.
Il marito controricorrente replica che tutte le querele presentate dalla moglie sono state
archiviate (controric. p. 6) e questa affermazione non trova smentita nè dimostrazione
del contrario. Il controricorrente riporta anche passaggi della c.t.u. espletata in corso di
causa, che attesta dei problemi psicologici sofferti dalla moglie.
In definitiva, la critica è mal proposta, perchè domanda alla Corte un generico riesame
nel merito delle risultanze processuali, che non è consentito al giudice di legittimità, ed
il motivo di ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile.
2.2. - Con il secondo motivo d'impugnazione, l'odierna ricorrente lamenta la mancata
riammissione dei testimoni della propria lista, prima ammessi e poi revocati nel corso
del giudizio di primo grado. Merita di essere rilevato che, pacificamente, alcuni
testimoni della odierna ricorrente sono stati regolarmente escussi. A seguito del loro
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esame, il giudice di primo grado ha revocato l'ordinanza ammissiva di ulteriori
testimonianze, ritenendola superflua. La ricorrente non ha però cura di indicare in
quale atto e con quale formula abbia proposto la propria contestazione nei gradi di
merito del giudizio, in modo da consentire alla Corte di legittimità di valutare la
tempestività e la congruenza di formulazione della censura. Non solo, la ricorrente non
riporta i capitoli di prova articolati, e tanto meno provvede ad indicare le ragioni della
decisività delle testimonianze revocate, ai fini della decisione del giudizio, tenendo
conto delle deposizioni degli altri testimoni da lei indicati già raccolte.
Il motivo di ricorso deve essere perciò dichiarato inammissibile.
2.3. - Con il terzo motivo d'impugnazione, l'impugnante critica la Corte territoriale per
non aver dichiarato la nullità della CTU espletata in primo grado e non averne in
conseguenza disposto la rinnovazione.
Invero la Corte d'Appello ha valutato, il contestato "elaborato peritale, coerente e logico
nella sua impostazione scientifica e metodologica, supportato da test di valutazione
psicodiagnostica..." (sent. C. d'A. p. 6).
La ricorrente, anzichè censurare gli argomenti proposti dalla Corte territoriale, opera
riferimento alle sue pregresse attività processuali: produzioni documentali,
contestazioni operate in udienza etc., senza indicare, dettagliatamente, quale sia il
contenuto dei documenti che invoca. In proposito, merita di essere preliminarmente
ricordato, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l'allegazione, nel ricorso per
cassazione, di un mero dissenso scientifico, che non attinga un vizio nel processo logico
seguito dalla Corte territoriale, si traduce in un'inammissibile domanda di revisione nel
merito del convincimento del giudice (tra le molte, cfr. Cass. sez. 1, sent. 9.1.2009, n.
282).
Il Giudice di legittimità ha poi avuto occasione di confermare, pure di recente, che "in
tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza
argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una
relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il
merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa
già dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti
salienti, onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso
che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell'elaborato peritale,
corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di
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merito inammissibile in sede di legittimità", Cass. sez. 1, sent. 3.6.2016, n. 11482. A
questi precisi canoni di contestazione non si è attenuta l'odierna ricorrente.
In tema di consulenza tecnica d'ufficio in materia medica, si è poi precisato che la parte
la quale intenda proporre censure avverso l'adesione del giudice del merito alle
conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico, ha l'onere di evidenziare quale sia la
palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica in cui il consulente sarebbe
incorso, indicando il fondamento scientifico della propria affermazione (cfr. Cass. sez.
L, sent. 25.8.2005, n. 17324), potendo inoltre indicare eventuali accertamenti strumentali
omessi che avrebbero invece dovuto considerarsi imprescindibili per una corretta
diagnosi, anche in questo caso provvedendo ad indicare il fondamento scientifico della
propria prospettazione (in senso analogo, cfr. Cass. sez. III, sent. 18.9.2015, n. 18307).
L'odierna ricorrente non ha però provveduto a simili adempimenti.
Occorre allora osservare che, pure a questo proposito, la ricorrente ha totalmente
omesso di indicare mediante quale atto abbia tempestivamente proposto la
contestazione in questione. Nel corso del giudizio di merito, invero, il giudice ha la
possibilità di riconvocare il consulente d'ufficio per domandargli l'integrazione del
proprio elaborato. Ove la parte abbia trascurato di provvedere alla richiesta di
integrazione o chiarimento, non può poi contestare una carenza della consulenza,
anche documentale, nel corso del giudizio di legittimità (cfr. Cass. sez. 6-1, ord.
9.9.2013, n. 20636). In proposito questa Corte ha peraltro già avuto modo di affermare
che "le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d'ufficio costituiscono
eccezioni rispetto al suo contenuto, sicchè sono soggette al termine di preclusione di
cui al secondo comma dell'art. 157 cod. proc. civ., dovendo pertanto dedursi - a pena di
decadenza - nella prima istanza o difesa successiva al deposito", Cass. sez. 1, sent.
25.2.2014, n. 4448. In conseguenza il motivo di ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
2.4. - Con il quarto motivo d'impugnazione, la ricorrente censura la Corte territoriale
per non aver dichiarato la invalidità della c.t.u., neppure in considerazione del fatto che
la copia dell'elaborato peritale non le era stato consegnato prima del deposito.
Invero, la Corte d'Appello ha argomentato che la riscontrata irregolarità "non ha certo
causato violazione del diritto di difesa in quanto a seguito dei rilievi critici mossi dalla
F. il GI ha fissato l'udienza del 26.11.2011 chiamando a chiarimenti il Ctu, laddove
seppur disattesa la richiesta di videoregistrazione, il GI ha autorizzato il Ctu alla
audioregistrazione degli incontri che consente alle parti un sufficiente controllo delle
operazioni" (sent. C. d'A., p. 6). A questa chiara ratio decidendi non propone critiche
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specifiche la ricorrente, che non chiarisce neppure quale nocumento sarebbe derivato al
proprio difetto di difesa, e perchè.
Il motivo di ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile.
2.5. - Con il quinto motivo d'impugnazione, la ricorrente contesta la Corte di merito,
sotto il profilo del vizio di motivazione, per non aver preso in considerazione alcune
relazioni dei servizi sociali e, solo alla fine dell'illustrazione del motivo, asserisce che
ove si fosse tenuto conto degli elementi di cui è stata omessa la valutazione, la Corte di
merito "sarebbe pervenuta alla necessità di un affido esclusivo alla madre" (ric., p. 21)
del figlio in tenera età.
Sembra opportuno ricordare, innanzitutto, che nel corpo del motivo, a sostegno delle
proprie affermazioni, la ricorrente effettua richiami anche ad altri documenti, come
"l'attestazione di rinvio a giudizio e poi condanna del V. per lesioni continuate e
ingiurie nei confronti della moglie del 19.1.2011", ma neppure chiarisce se tali
documenti siano allegati al fascicolo dibattimentale. Opera anche riferimento a
deposizioni testimoniali, di cui però non riporta il contenuto, neppure in sintesi.
Queste contestazioni sono evidentemente inammissibili in sede di giudizio di
legittimità.
Tanto premesso, la Corte d'Appello ha ritenuto il padre del minore non essere soggetto
idoneo ai fini dell'affidamento del bambino. Da tanto non discende affatto, come
mostra invece di ritenere la madre, che la Corte territoriale avrebbe dovuto affidare il
figlio a lei. La Corte territoriale, infatti, ha correttamente ritenuto di dover esprimere
un giudizio anche sulla capacità genitoriale della madre, ed ha ritenuto l'inidoneità
genitoriale pure dell'odierna ricorrente.
Ha osservato la Corte di merito che, alla luce della CTU e delle relazioni del servizio
sociale, invocate dalla ricorrente, era emersa l'incomunicabilità dei genitori tra loro e
"l'incapacità di entrambi di ascoltare il figlio e di uniformarsi ai suggerimenti del
servizio incaricato di monitorare la situazione" (sent. C. d'A., p. 5). In relazione alla
madre emergeva la sua "condotta volta ad annullare il rapporto padre-figlio, continue
defatiganti iniziative giudiziarie (domanda di decadenza della responsabilità paterna
(respinta), denuncia di abuso sessuale in danno del minore (archiviata)... legame
simbiotico-fisionale madre figlio con possibili ricadute sullo armonico sviluppo del
bambino come in specie evidenziato dal Ctu" (sent. C. d'A. p. 5).
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Del resto, nonostante gli sforzi profusi e gli interventi di supporto predisposti, per
cercare di migliorare il dialogo tra i coniugi separati, e l'assistenza da loro assicurata al
minore, la Corte territoriale annota che non si sono registrati tutti i miglioramenti
attesi. "Dalla relazione di aggiornamento del Centro del bambino... del 17.6.2015" che,
si osservi, la ricorrente non richiama, sebbene sia successiva a quelle da lei indicate ed
assuma, anche per ciò solo, un significativo rilievo, "risultano numerosi i colloqui
disdetti" dalla madre, "per sè e per il bambino o ai quali non si è presentata senza
neanche avvertire, le richieste" proposte dalla odierna ricorrente, "con modalità sempre
molto rivendicative di modifica delle prassi di lavoro del Centro ("si ritiene che la"
odierna ricorrente, "eccessivamente coinvolta nel conflitto coniugale abbia incluso il
Centro tra i suoi nemici considerandolo fazioso e di parte senza considerare che
l'incarico assegnato al Centro non è valutativo, ma di sostegno psicologico al minore
che pur di mantenere un legame con entrambi i genitori è costretto a barcamenarsi in
una continua altalena in cui non può permettersi di esprimere liberamente i suoi
desideri")" (sent. C. d'A. p. 7). La Corte d'Appello conclude, perciò, che "non avendo i
genitori... superato le criticità che minano le competenze genitoriali", la scelta
dell'affidamento al servizio sociale del figlio rimane quella preferibile, con
collocamento del piccolo "presso la madre con la quale il bambino, sentito dalla Corte,
desidera stare avendo con lei un rapporto privilegiato" (sent. C. d'A. p. 7). La
valutazione operata dalla Corte di merito, motivata con chiarezza e completezza, non
merita censure. La ricorrente, anzichè censurare nel merito le affermazioni della Corte
ed i presupposti su cui esse si fondano, contrappone materiali istruttori che ritiene
possano avere diversa valenza, ma non si cura di chiarire per quale ragione le diverse
emergenze che invoca dovrebbero stimarsi prevalenti rispetto agli elementi richiamati,
ed attentamente esaminati, dalla Corte d'Appello. Le critiche della ricorrente si
risolvono perciò nella generica richiesta di una rinnovazione del giudizio di merito
sulle emergenze processuali, che non è consentita in sede di giudizio di legittimità.
Il motivo di ricorso deve pertanto essere respinto.
2.6. - Con il sesto motivo d'impugnazione, la ricorrente lamenta la "illegittimità" della
terapia di sostegno psicologico in corso sul figlio di età minore, non avendo la Corte
territoriale tenuto in alcun conto le proprie "controdeduzioni alle Relazioni del Servizio
Sociale, nei documenti allegati depositati in data 2.2.215 dalla difesa della ricorrente", e
non manca di rinnovare, impropriamente in questo luogo, le proprie critiche avverso la
condotta del padre.
In proposito la Corte di merito ha spiegato, come si è poc'anzi rilevato esaminando il
motivo n. 5, cui si rimanda, che la condotta della madre ha mostrato elementi di
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criticità anche nel rapporto con il Centro terapeutico di sostegno psicologico per il
figlio di età minore. Non si pone, invero il problema di una "illegittimità" della terapia
espletata sul minore, quanto piuttosto, se del caso, può essere posto in discussione che
la terapia seguita sia quella preferibile per il bambino. La valutazione, evidentemente,
attiene per larga parte al merito del giudizio, e risulta insindacabile, se adeguatamente
motivata, in sede di legittimità. La Corte d'Appello scrive che è stato possibile,
comunque, riscontrare dei progressi nel bambino, e tanto depone nel senso che la
terapia si stia rivelando proficua. Questa specifica e decisiva ratio decidendi adottata
dalla Corte territoriale non viene specificamente contestata dalla ricorrente, che si
limita ad allegare un dissenso scientifico, che peraltro appare inidoneo a dimostrare in
termini di certezza l'inutilità, se non la dannosità, della terapia in atto.
Il motivo di ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile.
2.7. - Con il settimo motivo d'impugnazione, la ricorrente contesta la omessa
considerazione, da parte della Corte territoriale, delle relazioni dei servizi sociali, degli
atti e delle testimonianze che riferivano il grave disagio economico sofferto da madre e
figlio, al fine di affermare il proprio diritto al conseguimento di un assegno divorzile.
In definitiva lamenta che la Corte territoriale abbia errato nell'effettuare la
comparazione dei redditi dei contendenti, ed in conseguenza non abbia assicurato alla
ricorrente un sostegno economico che le permettesse la conservazione del tenore di vita
goduto nel corso del matrimonio.
La Corte d'Appello, in realtà, ha motivato la sua scelta di escludere il riconoscimento di
un assegno di mantenimento in favore della moglie separata, spiegando, dopo aver
rinnovato la comparazione dei redditi dei coniugi, che non spetta alla moglie un
assegno di mantenimento, avendo il Tribunale "correttamente... ritenuto che in ragione
dei proventi della sua attività professionale", la donna, che è pure proprietaria di
immobili, "disponga di autonomi redditi che le consentono condizioni di vita il linea
con il non elevato tenore di vita della breve convivenza coniugale" (sent. C. d'A., p. 8).
Ricordato che all'accertamento dei redditi dei coniugi si è provveduto nel corso del
giudizio anche mediante indagini patrimoniali svolte dalla Guardia di Finanza, che
non hanno permesso di accertare redditi elevati del marito separato, occorre rilevare
che la ricorrente non contrasta le affermazioni della Corte di merito, la quale ha
ritenuto accertata la sua percezione di redditi autonomi sufficienti ad assicurarle il
mantenimento del tenore di vita goduto nel corso del suo breve matrimonio (nozze
celebrate il (OMISSIS), ricorso per la separazione giudiziale depositato il 13.11.2006) e,
per sua stessa ammissione, caratterizzato da prolungate assenze del marito. E' un dato
pacifico, peraltro, che la ricorrente dispone di un alloggio. Il marito separato, in
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controricorso, annota che la ricorrente è proprietaria di due appartamenti (controric. p.
19) ed anche di un'autovettura. Queste affermazioni non sono state contrastate dalla
ricorrente. La valutazione espressa dalla Corte di merito, pertanto, allo stato degli atti
deve essere confermata.
Il motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
2.8. - Con il suo primo motivo di ricorso incidentale, il controricorrente contesta alla
Corte di merito che, avendo esaminato i dati emergenti dagli atti di causa, non ha
motivato per quale ragione non abbia ritenuto di dover affidare il figlio in via esclusiva
al padre. Quest'ultimo ritiene, infatti, di aver ampiamente dimostrato nel giudizio di
primo grado la propria idoneità genitoriale. Critica la Corte di merito, pure per non
aver accolto le domande subordinate da lui introdotte. Sottopone alla valutazione, al
proposito, una serie di elementi che ritiene favorevoli, tratti dalla decisione di primo
grado e dalla c.t.u. della dott.ssa Accatino, che ha valutato "idonea e gratificante sul
piano affettivo ed educativo la relazione del bambino con il padre".
Invero la Corte d'Appello ha chiarito, nel rigettare l'istanza di affidamento qui
riproposta, che il padre vive una "condizione di precarietà lavorativa ed abitativa... per
la quale si vede spesso costretto a privilegiare le esigenze lavorative sue sulle esigenze
del figlio pur avvertendone l'importanza". Inoltre, "non avendo i genitori" del bambino,
entrambi, "superato le criticità che minano le competenze genitoriali", la scelta
dell'affidamento al servizio sociale del figlio rimane quella preferibile, con
collocamento del minore "presso la madre con la quale il bambino, sentito dalla Corte,
desidera stare avendo con lei un rapporto privilegiato" (cent. C. d'A. p. 7). Queste
chiare ragioni poste a fondamento della pronuncia non risultano adeguatamente
contrastate dal ricorrente incidentale, ed il motivo di ricorso deve essere respinto.
2.9. - Con il secondo motivo di ricorso incidentale, il controricorrente contesta alla
Corte territoriale, sia per violazione di legge sia censurando il vizio di motivazione, di
non aver correttamente applicato le norme di legge vigenti e di aver pure
erroneamente interpretato i fatti e documenti di causa, giungendo in conseguenza a
confermare l'importo dell'assegno di 500,00 Euro mensili di cui il padre è stato gravato
per il mantenimento del figlio, non riducendone l'importo ad Euro 250,00. Evidenzia
l'impugnante, al proposito, che a seguito dell'accertamento disposto dal giudicante e
svolto dalla Guardia di Finanza, era rimasto confermato che egli non dispone di alcun
mezzo di locomozione, nè di proprietà immobiliari, e la sua unica fonte di reddito è
costituita dai compensi derivanti dai contratti di lavoro quale attore. Dispone pertanto
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di redditi ai margini dell'indigenza e fruisce pure di contributo di sostentamento
erogato dal Comune di residenza.
La Corte territoriale ha osservato, in merito, come correttamente riportato dallo stesso
ricorrente incidentale, che "quanto al contributo paterno per il figlio, vanno disattese le
domande delle parti volte all'aumento la madre, alla riduzione il padre, essendo del
tutto congrua la misura determinata dal Tribunale (E 500,00 mensili), tenuto conto
delle illustrate condizioni economiche delle parti, del diritto del figlio ad un tenore di
vita in linea con le risorse dei genitori, del preponderante impegno domestico della
madre che comunque contribuisce anche con l'alloggio" (sent. C. d'A., p. 8). La
valutazione operata dalla Corte territoriale non merita censure. Il contributo per il
mantenimento di un figlio è dovuto da qualsiasi genitore, anche se non benestante, e la
misura determinata dal giudice del merito non appare impropria, nè in considerazione
del reddito del padre presuntivamente accertato, nè in relazione all'importo
dell'assegno fissato, in senso assoluto, in cifra non elevata.
Il motivo di ricorso incidentale deve pertanto essere rigettato.
In definitiva, devono essere rigettati sia il ricorso principale, introdotto da F.R., sia
quello incidentale, proposto da V.G..
Tenuto conto della natura del giudizio, e della reciproca soccombenza delle parti,
appare equo disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da F.R., ed il ricorso incidentale introdotto da V.G..
Dispone la compensazione tra le parti delle spese di lite.
Dispone, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 5, che, in caso di
riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati
identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2018