Impianto di pressurizzazione e condizionamento · Capitolo 9 – Impianto di pressurizzazione e...

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POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011 Capitolo 9 – Impianto di pressurizzazione e condizionamento Queste dispense possono essere liberamente scaricate dal sito internet del Politecnico di Milano. La vendita è vietata. 9.1 Capitolo 9 Impianto di pressurizzazione e condizionamento

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POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011 Capitolo 9 – Impianto di pressurizzazione e condizionamento

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9.1

Capitolo 9

Impianto di pressurizzazione

e condizionamento

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9.2

9.1 Introduzione L’impianto di pressurizzazione e condizionamento ha il compito di mantenere condizioni

ambientali confortevoli a bordo durante tutte le fasi del volo, in termini di pressione, tempera-tura, umidità e composizione chimica dell’aria.

Al salire in quota, la pressione e la temperatura dell'aria decrescono con leggi che, media-mente, possono essere rappresentate attraverso le ipotesi dell'aria tipo internazionale. Il corpo umano può resistere a variazioni di pressione e temperatura piuttosto modeste e sicuramente molto inferiori a quelle che si determinano alle usuali quote operative dei velivoli.

Per le quote di interesse aeronautico si può ritenere che la composizione chimica dell’aria sia costante con 21% di ossigeno, 78% di azoto e 1% di gas vari, fra cui 0.03% di anidride carbonica.

La pressione è importante sia per quanto riguarda la respirazione sia per gli effetti mecca-nici sul corpo; la temperatura determina effetti di malessere per piccoli scostamenti ed effetti letali per grossi scostamenti.

Se disponibile, l’impianto viene alimentato da quello pneumatico, altrimenti la pressuriz-zazione viene ottenuta con un compressore dedicato e il controllo della temperatura con ri-scaldatori e condizionatori.

L’impianto di pressurizzazione e quello di condizionamento sono fortemente integrati per-ché usano la stessa aria per adempiere alle due funzioni, possono però essere ritenuti del tutto indipendenti perché indipendenti sono i criteri e gli organi per la loro regolazione.

9.2 Condizioni di benessere La respirazione è un processo fisiologico vitale che consente al corpo umano di assumere

ossigeno e restituire anidride carbonica; questo scambio avviene per osmosi negli alveoli polmonari e le quantità scambiate dipendono dalle condizioni di pressione e di concentrazione dell’ossigeno e dell’anidride carbonica. Se l’apporto di ossigeno ai tessuti scende sotto un certo limite, si verifica un’ipossia, che si manifesta anzitutto con debolezza e scarsa capacità di concentrazione, possibile perdita di conoscenza e, se molto prolungata, danni fisiologici irreversibili. Pressioni estremamente basse producono anche problemi di tipo meccanico per le differenze di pressione fra l’interno del corpo umano e l’esterno.

E’ da notare che per la respirazione quello che conta principalmente è la pressione parziale dell'ossigeno, indipendentemente dalla pressione totale della miscela fluida nella quale si tro-va l'ossigeno. Il limite inferiore di pressione parziale dell'ossigeno necessaria per le attività fisiche e psichiche è variabile da individuo ad individuo; mediamente si può ritenere che una pressione di 80 mmHg agli alveoli sia sufficiente. Dato che mediamente la percentuale di os-sigeno nell'atmosfera è circa del 20% (ed è praticamente costante per tutte le quote operative attuali), risulta necessaria una pressione totale di 400 mmHg, corrispondente in aria tipo ad una quota di ~15000 ft (~4500m); a 20000 ft il rischio di perdita di conoscenza è elevato.

Per poter assicurare una corretta attività a quote più elevate occorre ristabilire un corretto valore della pressione parziale dell'ossigeno, e questo è possibile per due vie:

1. aumentando la pressione totale dell'aria a pari percentuale di ossigeno; 2. aumentando la percentuale di ossigeno nell'aria a pari pressione.

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9.3

Un aumento della pressione nell'interno della fusoliera rispetto alla pressione esterna è il metodo più utilizzato, per gli ovvi vantaggi pratici e psicologici per i passeggeri e per l’estrema pericolosità dell’aumentare la percentuale di ossigeno in cabina. La condizione di benessere mantenuta in cabina è, per velivoli da trasporto passeggeri, entro la quota equiva-lente di 8000 ft (~2400m), con variazioni in salita entro i 500 ft/min ed in discesa entro i 250 ft/min. Eccessivi gradienti di pressione possono causare danni dovuti alla lentezza della compensazione fisiologica, essenzialmente nel ristabilire il valore di pressione nell’orecchio interno. A bordo dei velivoli militari dove l’equipaggio mantiene posizioni fisse ed indossa maschere nelle quali può essere inviato ossigeno, la pressione minima può essere ridotta alla quota equivalente di 20000 ft.

Per assicurare la respirazione è comunque necessario un continuo apporto di aria per com-pensare il consumo di ossigeno da parte dei passeggeri. La necessità di aria per persona senza forte attività fisica è mediamente di 0.25 kg/min, anche se normalmente vengono forniti valori maggiori, anche doppi.

Le condizioni di benessere legate alla temperatura ed all’umidità sono invece più difficil-mente definibili, trattandosi di sensazioni estremamente variabili da individuo ad individuo; in generale la temperatura è ritenuta accettabile per valori fra 20÷24°C in estate ed 18÷22°C in inverno, con tenori di umidità relativa attorno al 30÷70% ed una quantità d’aria sufficiente ad una efficace ventilazione. Le condizioni di umidità hanno rilevanza in quanto collegate alla capacità del corpo umano di smaltire il calore attraverso la traspirazione.

Le condizioni sopra dette devono essere mantenute nel velivolo in qualsiasi condizione: devono cioè essere assicurate con velivolo fermo al sole in una pista in zona equatoriale, co-me in volo alla quota di crociera o a terra in zona polare.

9.3 Pressurizzazione Come accennato, la strada comunemente seguita per mantenere un’adeguata concentrazio-

ne di ossigeno in cabina è la pressurizzazione rispetto all’aria esterna con l’apporto di aria fresca per compensare l’ossigeno consumato dai passeggeri con la respirazione. La pressuriz-zazione viene ottenuta inserendo nella fusoliera aria spillata dal compressore del motore, se questo è un turboreattore, o con apposito compressore. Tale aria viene elaborata, prima dell’immissione in cabina, di modo da assicurare anche valori di temperatura ed umidità ade-guati; un continuo ricambio d’aria assicura infine una composizione chimica adeguata.

E’ chiaro che in queste condizioni esiste una differenza di pressione fra l'interno e l'esterno della fusoliera, che ne determina una condizione di carico. Il carico dovuto alla pressurizza-zione ha rilevanza sia dal punto di vista statico che per quanto riguarda i fenomeni di fatica, nonostante il numero di cicli relativamente modesto, dati gli alti livelli di sforzo possibili e la presenza nella struttura della fusoliera di aperture per porte e finestrini.

La regolazione della pressurizzazione avviene regolando la quantità di aria che viene sca-ricata nell'atmosfera esterna; in questo modo si assicura un continuo ricambio dell'aria.

In sintesi il funzionamento dell’impianto di pressurizzazione viene schematicamente rap-presentato in fig. 9.1.

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9.4

L’aria, proveniente dal ciclo di condizionamento che verrà descritto in seguito, viene im-messa in cabina con una portata controllata; una o più valvole di efflusso controllano la porta-ta in uscita dalla cabina verso esterno.

Fig. 9.1 – Schema dell’impianto di pressurizzazione La pressione in cabina può essere legata alla densità:

cccc TVmRTRp == ρ

dove m è la massa d’aria in cabina, V il volume della cabina.

Se la portata in entrata ed in uscita sono diverse, si ha una variazione di massa d’aria con-tenuta in cabina che si può esprimere con:

( ) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −−=−=

kppQQQ

dtdm ec

ecuec ρρ

dove: Qe = portata volumetrica in entrata (valore controllato) Qu = portata volumetrica in uscita pc = pressione in cabina pe = pressione esterna k = coefficiente di perdita di carico nella valvola di efflusso, funzione del suo grado di a-

pertura.

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9.5

In condizioni isoterme si ha:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −−=

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −−==

==

kppQ

Vp

dtdp

kppQ

VRT

dtdm

VRT

dtdp

VmRTRTp

ece

cc

ecec

ccc

cccc

ρ

ρ

Se le condizioni sono stazionarie:

2

0

eec

c

kQppdt

dp

+=

=

La regolazione della pressurizzazione è ottenuta da una centralina di controllo nella quale è

possibile regolare anche i gradienti di pressione. Normalmente prima del decollo vengono inseriti i dati di pressurizzazione cabina in base alla quota di volo prevista ed alla velocità di salita cabina. Viceversa, prima della discesa, vengono inseriti la pressione all’aeroporto e la velocità di discesa cabina.

In caso di avaria dell’impianto pneumatico, la valvola di efflusso si chiude completamente mantenendo così la pressione in cabina; in queste condizioni però la pressione parziale dell’ossigeno diminuisce, dato che i passeggeri respirando trasformano l’ossigeno in anidride carbonica, ma viene comunque assicurato un tempo di respirazione sufficiente a portare il velivolo ad una quota dove la pressurizzazione non è più necessaria.

Fig. 9.2 – Schema dell’impianto di pressurizzazione

Sono inoltre installate delle valvole di sicurezza differenziali (fig. 9.2); alcune di queste

devono intervenire quando la differenza fra la pressione in cabina e la pressione esterna è su-periore ad un valore legato quello utilizzato per il dimensionamento della fusoliera, altre quando il valore di pressione esterna è superiore a quella interna, condizione che crea instabi-lità nella struttura.

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9.6

Il campo di valori di pressione am-missibile in cabina può essere identifi-cato dall’area evidenziata nel dia-gramma di figura 9.3. Delle due curve riportate, una rappresenta l’andamento della pressione con la quota e l’altra la stessa traslata di un valore Δp pari alla differenza fra la minima pressione ammissibile in cabina e la pressione esterna alla quota di tangenza; questa rappresenta la massima differenza di pressione per la quale deve essere di-mensionata la fusoliera. Se la pressione in cabina viene portata al di sotto del valore minimo ammissibile si hanno problemi di respirazione, per valori a sinistra della curva della pressione e-sterna o a destra della curva traslata si hanno problemi strutturali.

Qualsiasi regolazione della pressu-rizzazione che mantiene i valori in ca-bina nell’interno della zona evidenziata in figura 9.3 è accettabile sia per gli occupanti che per la struttura. Il siste-ma di regolazione più semplice salendo in quota sarebbe quello di mantenere la pressione in cabina uguale alla pressione esterna fino al raggiungimento della pressione minima ammissi-bile e poi di mantenere costante questo valore.

Per migliorare il confort dei passeggeri minimizzando il gradiente di pressione si pro-gramma normalmente una salita alla quota massima apparente in cabina nello stesso tempo

previsto dal piano di volo per il raggiun-gimento della quota di crociera ed una analoga programmazione per la discesa.

Per una missione di volo standard co-stituita da salita, crociera e discesa, la figura 9.4 riporta l’andamento tipico della quota effettiva e quota-mantenuta in cabina.

Per velivoli militari in grado di rag-giungere quote molto elevate, in alcuni casi, per ridurre il carico strutturale si utilizza la pressurizzazione fino ad una certa quota e si fa uso di maschere con ossigeno al di sopra di questa. In questo caso essendo limitata alla maschera l’elevata concentrazione di ossigeno non si hanno pericoli di propagazione di in-cendi.

Fig 9.4 - Quota effettiva e quota-cabina durante

salita, crociera e discesa

Fig. 9.3 - Diagramma di pressurizzazione

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9.7

9.4 Condizionamento Come osservato in precedenza, l'impianto di condizionamento deve essere dimensionato in

modo da poter estrarre o introdurre calore nell'abitacolo e con una escursione di funzionamen-to assai elevata: si consideri come, secondo l’aria tipo, la temperatura dell’aria esterna possa variare dai 15°C a terra ai –60°C al disopra degli 11000 m, ma in realtà, in funzione delle condizioni meteorologiche locali, a terra la temperatura può andare facilmente da –30°C a 50°C e sopra gli 11000 m può avere scostamenti di ±10°C rispetto al valore standard.

Il dimensionamento dell'impianto di condizionamento deve partire da un bilancio termico dell'abitacolo, tenendo conto di tutti i fattori che ne possono influenzare la temperatura:

• condizioni ambientali esterne: temperatura, umidità; • scambi di calore per irraggiamento; • riscaldamento cinetico della superficie esterna per attrito con l’aria; • scambi di calore attraverso le pareti dell'abitacolo per conduzione e convezione; • creazione di calore nell'interno della fusoliera da parte di tutte le apparecchiature, degli

impianti e dei passeggeri (i quali inoltre generano una certa umidità). Introdurre calore a bordo di un velivolo moderno non è un problema, poiché l’impianto

pneumatico già di per sé spilla aria a temperatura elevata dai vari stadi del compressore. Tut-tavia, a meno che non si tratti di parcheggio o volo notturno in zona molto fredda, nella mag-gior parte dei casi è necessario sottrarre calore.

Il problema dello smaltimento di calore è particolarmente pressante per velivoli da combat-timento, dove attraverso le ampie superfici dei trasparenti passa un forte irraggiamento nell’abitacolo. Inoltre molte apparecchiature nel vano avionica devono essere direttamente raffreddate o, più raramente, riscaldate, di modo da mantenere gli strumenti entro l’intervallo di temperatura operativa.

In sintesi l’impianto di condizionamento preleva aria dall'esterno e la comprime, aumen-tandone così la temperatura e producendo l’aria calda da inviare in cabina; parte di questa aria viene trattata sottraendo calore con uno scambiatore di calore, che utilizza come fluido refri-gerante l’aria esterna, e con una successiva espansione ottenendo così aria a bassa temperatu-ra; se il livello di umidità è elevato nell'aria raffreddata il vapore condensa ed è quindi possi-bile separare l’acqua ed ottenere aria fredda e secca. Dal punto di vista termodinamico questo percorso equivale ad un ciclo Joule inverso.

Miscelando opportunamente l'aria calda e quella fredda è possibile ottenere dell'aria alla temperatura ed umidità corrette per il mantenimento delle condizioni ambientali volute nella cabina. Dalla cabina l’aria viene scaricata di nuovo all’esterno attraverso le valvole per il con-trollo della pressurizzazione.

Esistono, in effetti, alcuni impianti a ciclo chiuso, ossia con ricircolo dell'aria della cabina ed utilizzo di scambiatori di calore e filtri attivi per estrarre ossigeno dall’anidride carbonica: in tal modo si riduce sensibilmente lo spillamento d’aria dal compressore ed aumenta la resa del motore. Un impianto del genere richiede una migliore realizzazione della tenuta della ca-bina e finisce con l’essere più pesante di quello a ciclo aperto, di conseguenza sistemi a ciclo chiuso sono utilizzati quasi esclusivamente a bordo di veicoli extra-atmosferici, dove sono in effetti l’unica soluzione.

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9.8

9.5 Schema base I cicli frigoriferi maggiormente impiegati a bordo dei velivoli, specialmente se dotati di

turbopropulsore, sono i cicli 'ad aria', ovvero sono cicli termodinamici nei quali è l'aria stessa che subisce le trasformazioni necessarie a portarla nelle condizioni di pressione e temperatura volute.

Il ciclo termodinamico frigorifero teorico è un ciclo di Joule inverso, caratterizzato dalle seguenti fasi (fig. 9.5 e 9.6): • 1-2, compressione adiabatica, essendo la condizione 1 riferita all’aria esterna; • 2-3, raffreddamento isobaro; • 3-4, espansione adiabatica, essendo la condizione 4 riferita all’aria da inviare in cabina; • 4-1, ritorno alle condizioni iniziali.

La fase 1-2 viene praticamente realizzata nell’impianto pneumatico spillando aria da un certo stadio del compressore del propulsore. L’aria inviata all’impianto di condizionamento è controllata sia in pressione che in portata.

La fase 2-3 viene realizzata mediante uno scambiatore di calore aria/aria. Il refrigerante è la stessa aria esterna proveniente da una presa dinamica, che può essere ulteriormente forzata con una ventola nello scambiatore, operazione questa indispensabile se il velivolo è parcheg-giato a terra.

La fase 3-4 viene realizzata con una valvola di trafilamento o meglio attraverso una turbi-na, permettendo così il ricupero di parte dell'energia meccanica spesa nella fase di compres-sione: questa energia può essere utilizzata per azionare la ventola che forza l’aria di raffred-damento nello scambiatore. L'espansione avviene fino alla pressione presente all’uscita della turbina, praticamente pari alla pressione in fusoliera.

All’uscita dalla turbina si ha temperatura inferiore a quella dell’aria prelevata dall’esterno e quindi se il grado di umidità è elevato si ha condensazione del vapore d’acqua; l’acqua con-densata può essere eliminata con un separatore ottenendo così aria con contenuto di umidità basso.

La fase 4-1 avviene praticamente all'esterno del velivolo quando l'aria viene espulsa dalla fusoliera dalle valvole regolatrici della pressurizzazione.

Fig.9.5 Schema base

C

432

A B

D

1

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9.9

Fig.9.6 - Ciclo Joule inverso Naturalmente in pratica per la compressione e

per l’espansione occorre tener conto della presenza di rendimenti, la trasformazione termodinamica non sarà isoentropica, ma ci sarà un certo rendi-mento nella compressione e nell’espansione; ana-logamente non potrà essere isobara la trasforma-zione nello scambiatore di calore dove ci saranno necessariamente delle perdite di carico (fig.9.7).

Per il compressore e la turbina si rimanda a quanto visto nel capitolo 5.

Le condizioni di temperatura all’uscita dello scambiatore dipendono dalle portate di aria e dall’efficienza dello scambiatore.

Siano ciT e cuT le temperature dell’aria calda in entrata ed in uscita dallo scambiatore e

fiT e fuT le temperature in entrata e in uscita nel ramo di raffreddamento; il calore scambiato è di conseguenza:

( ) ( )fifufpcucicp TTmcTTmcC −=−= && dove cm& e fm& sono le portate in massa nei due rami e pc il calore specifico a pressione co-stante (nel caso in esame il fluido è lo stesso nei due rami e quindi i calori specifici sono u-guali e le variazioni di temperatura inversamente proporzionali alle portate).

Fig.9.7 - Ciclo reale

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9.10

Fig. 9.8 – Scambiatore di calore e suo simbolo grafico Per determinare le temperature in uscita nei due rami si confronta lo scambiatore con uno

scambiatore teorico in controcorrente che consente il massimo di scambio; in questo (Fig.9.9):

se fc mm && < ⇒ ficu TT = se cf mm && < ⇒ cifu TT =

Fig.9.9 Scambiatore di calore Si definisce efficienza dello scambiatore il rapporto fra il calore scambiato e il massimo

scambiabile teoricamente:

se fc mm && < ( )( )

( )( )ficip

cucicp

ficicp

cucicp

TTmcTTmc

TTmcTTmc

−=

−=

min&

&

&

se cf mm && < ( )( )

( )( )ficip

fifufp

ficifp

fifufp

TTmcTTmc

TTmcTTmc

−=

−=

min&

&

&

avendo posto:

Tfi

Tcu

Tfu

Tci

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9.11

( )fc mmm &&& ,minmin =

si ha: ( ) ( ) ( )ficipfufifpcucicp TTmcTTmcTTmcC −=−=−= min&&& ε

Funzione delle sole temperature in ingresso e dell’efficienza che viene determinata speri-

mentalmente. Il raffreddamento nello scambiatore viene realizzato usando come fluido refrigerante l’aria

esterna (quindi nelle condizioni 1 della figura 9.4); è proprio il fatto di usare come refrigeran-te l’aria nelle condizioni esterne che porta alla necessità di comprimere e poi espandere l’aria in modo da portarla nello scambiatore ad una temperatura sempre superiore a quella esterna.

Il ciclo ha un'efficienza non molto elevata, ma data la sua semplicità è comunemente adot-tato.

Definendo un’efficacia del ciclo frigorifero come rapporto fra il calore sottratto ed il lavo-

ro speso ed esprimendo questa in funzione del rapporto di compressione 1

2

pp

=ρ , si trova:

1

11

−= −

kk

ρε

con rapporto di compressione 1=ρ si avrebbe una efficacia infinita; in realtà per il funzio-namento del ciclo è necessario che la temperatura T3 sia sempre maggiore di T1 e questo ob-bliga ad avere una certa compressione.

9.6 Ciclo bootstrap Il ciclo semplice sopra descritto viene spesso modificato in modo da aumentarne l'effica-

cia; una prima modifica è realizzata nei cicli bootstrap, nei quali l'energia fornita della turbina di espansione viene utilizzata per un compressore. Il ciclo teorico viene così trasformato (fig. 9.10 e 9.11): • 1-2, prima compressione adiabatica, essendo la condizione 1 riferita all’aria esterna; • 2-3, primo scambio di calore; • 3-4, seconda compressione adiabatica attraverso un compressore mosso dalla turbina di

espansione; • 4-5, secondo scambio di calore; • 5-6, espansione in turbina, essendo la condizione 6 riferita all’aria da inviare in cabina; • 6-1, ritorno alle condizioni iniziali.

Questo ciclo, a pari lavoro sottratto al compressore del propulsore, permette di arrivare a temperature più basse e quindi aumenta l'efficacia dello scambiatore di calore, oppure a pari calore scambiato permette di sottrarre meno energia dal propulsore.

L'aria di raffreddamento degli scambiatori di calore è in questi casi mossa per effetto di prese dinamiche durante il volo e mediante elettroventole o pompe a getto quando il velivolo è fermo o a bassa velocità. E' comunque possibile un dimensionamento del compressore e

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9.12

della turbina tale da lasciare energia disponibile per la ventola di forzamento dell'aria di raf-freddamento (cicli three wheels).

Fig. 9.10 Schema bootstrap

Fig. 9.11 - Ciclo bootstrap I due scambiatori di calore possono essere posti in parallelo come mostrato nella fig. 9.10

o in serie se le temperature estreme dei due scambiatori non si intersecano. Un effetto del raffreddamento dell'aria è anche quello di provocare un aumento dell'umidi-

tà relativa; se l'aria nelle condizioni iniziali possiede già una forte umidità relativa, questo aumento può essere tale da far superare l'umidità relativa del 100% e quindi provocare una condensazione; la parte di acqua condensata può essere facilmente estratta, ottenendo così l'effetto di una regolazione del contenuto di umidità nell'aria condizionata.

L'acqua sottratta viene usualmente iniettata nell'aria di raffreddamento degli scambiatori di calore, a monte di questi, in modo da sfruttarne l'evaporazione per aumentare l'efficacia dello scambiatore.

Per evitare la formazione di ghiaccio sulle palette della turbina le temperature all’uscita della turbina stessa devono essere mantenute sopra lo 0°C; si realizzano però cicli rigenerativi (fig.9.12) dove si realizza la condensazione e quindi l’estrazione dell’umidità a monte della turbina con un raffreddamento in un terzo scambiatore di calore dove il fluido refrigerante è costituito dall’aria all’uscita della turbina.

6 5 4 3

2 1

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9.13

Così facendo si possono ottenere temperature finali dell’aria anche di molte basse, ed è

quindi sufficiente un modesto apporto di aria fredda in cabina e quindi un dispendio energeti-co globale molto contenuto.

Per non inviare in cabina aria con temperatura troppo alta o troppo bassa si può ricorrere ad una miscelazione con aria prelevata dalla cabina (fig.9.13).

Fig. 9.13 - Ciclo rigenerativo con ricircolo

9.7 Regolazione della temperatura In tutti i casi, la regolazione della temperatura finale viene ottenuta miscelando opportu-

namente l'aria che ha subito il ciclo frigorifero con l'aria proveniente dal compressore; come visto sono possibili anche schemi più complessi, ma un tipico circuito per la pressurizzazione e condizionamento è rappresentato nella seguente fig. 9.14.

Figura 9.12 - Ciclo rigenerativo

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9.14

Fig. 9.14 – Schema bootstrap con valvole per la regolazione La valvola A controlla la portata inviata nell’impianto e quindi in cabina, valore importan-

te per quanto riguarda la ventilazione e la pressurizzazione della cabina. La valvola B controlla la pressione all’ingresso del gruppo di condizionamento. Le valvole C e D regolando la portata dell’aria di raffreddamento negli scambiatori di calo-

re, controllano la temperatura all’uscita dalla turbina di espansione. La valvola E (che deve avere un comportamento il più vicino possibile ad un comporta-

mento isotermo) controlla la portata di by-pass del gruppo frigorifero e quindi la temperatura dell’aria inviata alla cabina.

La valvola F controlla la pressione in cabina. Quando l’aria del ramo caldo viene miscelata con quella del ramo freddo, il fluido caldo

cede calore al fluido freddo; lo scambio di calore è tale che:

( ) ( )fifpiccp TTmcTTmc −=− &&

per cui l’aria inviata in cabina ha temperatura:

( ) ( ) fcfcp

ffpccpi TkkT

mmcTmcTmc

T −+=+

+= 1

&&

&&

dove k è la frazione di aria che passa nel ramo caldo.

La temperatura dell’aria inviata in cabina iT dovrà dipendere dalla temperatura voluta cabT e dalla temperatura presente in cabina cabT secondo la legge:

( )cabcabcabi TThTT −−=

A B

C D

E F

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9.15

Fig.9.15 Regolazione temperatura

tenendo conto però di valori minimi e massimi della temperatura inviata in cabina per non creare disagi ai passeggeri.

Quando l’impianto di condizionamento utilizza anche una frazione d’aria riciclata dalla cabina, che, dopo essere stata filtrata dalle impurità maggiori, viene miscelata con l’aria ela-borata dal sistema Joule o bootstrap e successivamente introdotta in cabina, la temperatura Ti può superare questi limiti. Il vantaggio di introdurre un ricircolo dalla cabina è duplice: il si-stema deve anzitutto elaborare una portata inferiore d’aria esterna, legata principalmente all’apporto del fabbisogno di ossigeno degli occupanti e l’asportazione di contaminanti, ed in secondo luogo si riesce a mantenere l’umidità relativa attorno a valori accettabili (circa il 20%) senza dover riumidificare l’aria, molto secca, che esce dal ciclo.

9.8 Ciclo a vapore Accanto ai cicli ad aria vengono impiegati, anche se più raramente, cicli frigoriferi a vapo-

re. In questi impianti il raffredda-mento dell'aria avviene in uno scambiatore di calore dove il fluido refrigerante è un composto che ha subito un suo ciclo frigorifero (fig.9.16).

In queste condizioni il ciclo fri-gorifero è molto più efficiente in quanto sfrutta anche il cambiamento di fase da liquido a gassoso. Gli impianti di questo tipo risultano però più delicati dal punto di vista della manutenzione, per la difficoltà di realizzare un circuito sigillato per

il fluido refrigerante; inoltre hanno temperature massime di lavoro piuttosto basse (circa 70°C); vengono quindi impiegati più raramente.

Negli impianti con ciclo a vapore è conveniente adottare un ricircolo dell'aria di fusoliera, limitando l'introduzione di nuova aria solo alle necessità di rinnovamento dell'atmosfera nel-l'interno del velivolo.

Fig. 9.16 - Componenti di un ciclo frigorifero a vapore

Tcab

Ti

cabT

cabT

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9.16

9.9 Distribuzione Per la distribuzione dell’aria l’impianto prevede una

rete di condotti con diramazioni e bocchette di aerazio-ne in diversi punti della cabina (fig. 9.17), di modo da garantire una temperatura uniforme in tutto il volume abitabile.

L’aria deve essere introdotta a bassa velocità in mo-do da non creare fastidio ai passeggeri; è però opportu-no che venga inviata con una velocità avvertibile per-ché questo ha effetti psicologici favorevoli, vista anche la ristrettezza di spazi e la densità di popolazione.

Dal punto di vista longitudinale, si può considerare che a bordo di un velivolo da trasporto passeggeri ver-ranno distesi due o più condotti principali da cui si di-rameranno le bocchette di aerazione (fig. 9.19).

Per dimensionare la rete e garantire l’uniformità della distribuzione attraverso tutte le boc-chette, è necessario considerare le perdite di carico distribuite lungo i condotti principali, quelle dovute ai vari raccordi delle diramazioni e quelle di sbocco. Normalmente la pressione scende lungo il singolo condotto principale e quindi da ogni bocchetta esce una portata Qb sempre minore man mano che ci si allontana dalla zona di generazione.

In figura 9.19a si mostra l’andamento tipico della portata Qb attraverso le varie bocchette;

spesso il punto di minimo non si verifica nell’ultima bocchetta ma un po’ prima, perché le perdite di carico sono proporzionali alla portata locale e, alla fine del condotto, tale portata è piccola. Per evitare questa disuniformità di flusso, si aggiungono ulteriori perdite di carico, ovvero strozzature, nelle bocchette con portata maggiore, affinché la perdita di carico com-plessiva relativa ad ogni bocchetta sia uguale a quella delle altre; in figura 9.19b si mostra la compensazione del flusso ottenuta aggiungendo delle perdite concentrate nella bocchetta.

Fig. 9.18 - Rete di distribuzione aria

Fig.9.17 – Distribuzione aria

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9.17

Fig. 9.20 Esempio di distribuzione di aria

Q

Qb

x

Q

Qb

x

a) Condotto non compensato

b) Condotto compensato

Fig. 9.19 - Compensazione del flusso nei condotti

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9.18

9.10 Impianto ausiliario per l'ossigeno Un modo per consentire la respirazione anche a quote elevate è come detto quello di au-

mentare la percentuale di ossigeno nell'aria in modo da mantenere nei limiti necessari la pres-sione parziale dell'ossigeno senza aumentare troppo la pressione in fusoliera. Sarebbe quindi pensabile l'impiego di questa tecnica per diminuire le sollecitazioni della fusoliera; in realtà questa soluzione presenta dei notevoli pericoli dal punto di vista della propagazione di even-tuali incendi.

In caso di emergenza sui velivoli civili e normalmente su velivoli militari con equipaggio in posizione fissa, è possibile aumentare il tenore di ossigeno nell'aria respirata utilizzando maschere. Tutti i velivoli civili sono dotati di sistemi di emergenza che provvedono ad una distribuzione di ossigeno su maschere che vengono messe a disposizione dei passeggeri in caso di decompressione della fusoliera; occorre tenere anche conto del fatto che in tali condi-zioni le conseguenze dell’ipossia sono esaltate dalla velocità con cui si verifica la decompres-sione e la perdita di conoscenza è più rapida e priva di sintomi premonitori.

Nei velivoli militari con equipaggio in posizione fissa è sempre presente un sistema che porta ossigeno agli occupanti. Questo sistema consente l'apporto di ossigeno in caso di emer-genza per decompressione della fusoliera ed in caso di espulsione del pilota, ma è anche im-piegato per consentire il volo a quote più alte di quelle previste dall'impianto di pressurizza-zione.

Per velivoli con quota di tangenza molto elevata può infatti essere conveniente limitare la pressurizzazione, e quindi il carico strutturale sulla fusoliera, tenendo conto che le quote più elevate vengono raggiunte solo in rare condizioni e per tempi limitati.

L’ossigeno può trovarsi a bordo in forma gassosa o liquida, condizioni che richiedono un frequente rifornimento. Attualmente molti velivoli militari sono però equipaggiati con sistemi che separano le molecole di ossigeno nell’aria proveniente dall’impianto pneumatico. Questo sistema è strettamente vincolato al funzionamento di tale impianto e, quindi, prevede comun-que una riserva di ossigeno di emergenza.

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9.19

9.11 Esempi di impianti di condizionamento

9.11.1 Canadair 200

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9.20

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9.21

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9.22

9.11.2 Airbus A310

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9.23

9.11.3 Ciclo a vapore

9.12 Bibliografia S.Chiesa, Impianti Pneumatico, Condizionamento, Anti-Ghiaccio e A.P.U., CLUT, 1988 I.Moir, A.Seabridge, Aircraft Systems, Longman Scientific and Technical, 1992