Impatto Magazine - Vol#1 - Sang 'e Napule

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Una parete come tela, la periferia come galleria d’arte e Jorit (Ago)ch segna, solcandola nel profondo, la città con la genialità artistica dei suoi murales. Il volto per esprimere sopravvivenza, impegno, sacrificio, creatività. Senza bisogno di parole, i graffiti come linguaggio universale dell’umanità ai margini.

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ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

In Via Caracciolo 1/a lungomare di napoli

ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

In Via Caracciolo 1/a lungomare di napoli

ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

In Via Caracciolo 1/a lungomare di napoli

ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

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ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

In Via Caracciolo 1/a lungomare di napoli

ROMPI IL GHIACCHIO... A NAPOLIvieni a scoprirlo dal 21 al 25 ottobre

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l’intervista con jorit (ago)ch

For #Human tribe. Una parete come tela, la periferia come galleria d’arte e Jorit (Ago)ch segna, solcandola nel profondo, la città con la genialità artistica dei suoi murales. Il volto per esprimere sopravvivenza, impegno, sacrificio, creatività. Senza bisogno di parole, i graffiti come linguaggio universale dell’umanità ai margini.

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alla mostra d’oltremare

Tra verità perdute. Un’esplosione di cerimonie tradizionali, con danze incantatrici, samurai e spade, sari, yoga e meditazione, ha invaso l’Italia con l’ultima edizione del Festival dell’Oriente. Non poteva mancare a Napoli dove gli spazi della Mostra D’oltremare hanno ospitato spettacoli, esibizioni, dimostrazioni e seminari.

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party universitario - una notte al castello

Metti una notte al...Lo spirito internazionale e cosmopolita, la voglia di divertirsi, il desiderio di vivere l’Università fuori dalla facoltà rendendola un unico villaggio globale, hanno invaso nuovamente il Maschio Angioino. Il 18 settembre in cinquemila per vivere, ancora una volta, una esclusiva e magica notte al Castello.

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al palazzo delle arti

Regia di Monicelli.La mostra Mario Monicelli e Rap, in mostra al PAN, ha reso omaggio al regista romano che ha messo a nudo vizi e pregi dell’Italia che fu. Ottanta fotografie originali e diciassette illustrazioni in acrilico su carta, il tutto per rivivere la geniale carica espressiva di un regista che fatto la storia della sua Italia.

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l’incontro con maurizio de giovanni

Giallo color verace.Anime di vetro è l’ultimo romanzo poliziesco di un giallista partenopeo d’eccezione. Maurizio De Giovanni, tra suspense e sobrietà, racconta il suo modo di vivere la scrittura. Emozioni, energia e tradizione. Profilo di un autore che ha immaginato racconti prima ancora che la vita decidesse di farglieli scrivere.

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Contenuti. volume i - 10 ottobre 2015

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risultato che tu che l’hai creata non co-nosci! Devi svilupparla per andare a ve-dere qual è il risultato».

Maurizio De Giovanni sembra di legger-lo. Il suo raccontare e raccontarsi af-fascina come davanti ad una pagina di libro. Come la storia nata prima ancora di essere scritta prende il suo corso ed è lasciata libera di materializzarsi, così si ascolta la sua voce cadenzata. Non sai dove porterà ma ne segui lo scorrere e lasci che ti trasporti nel suo divenire. Nella storia non potranno esserci salti di passaggio. Gli indizi, le false piste, lo sfondo storico, la ricostruzione e la ricerca contestuale e fedele dei fat-ti, delle mentalità del tempo, risultano propedeutici. La storia gialla va prepa-rata ma non si può studiare: solo la mente sa come agiranno i personaggi.

vere una storia in men-te. Vederla prendere forma, passaggio dopo passaggio. Senza nessu-na esaltazione romanti-ca di ciò che accade nel caleidoscopio cerebrale.

Metterla su un foglio così come la men-te l’ha generata. O come si è genera-ta. Rispettando dei canoni, è ovvio, ma nella consapevolezza che la storia non sia amministrabile più di tanto. «Cre-do che lo scrittore sia creativo perché pone il primo passaggio della storia. Come un’espressione algebrica. Tu fai un primo passaggio e ci metti quello che vuoi: i numeri, le parentesi, le frazio-ni, le radici...quando metti uguale poi quell’espressione, che hai creato tu, ha un suo modo di essere risolto e un suo

Anime di vetro è l’ultimo romanzo poliziesco di un giallista partenopeo d’eccezione. Maurizio De Giovanni, tra suspense e sobrietà, racconta il suo modo di vivere la scrittura. Emozioni, energia e tradizione. Profilo di un autore che ha immaginato racconti prima ancora che la vita decidesse di farglieli scrivere.

l’incontro con maurizio de giovanni

Giallo color verace.

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Quanno na cosa è bbona e è nata ccà, nu milione ‘e gente l’ha da di’. E vedarraie po’ Napule addo’ va, cu tutto ca è ‘o paese d’’o ddurmi’.

(Campanilismo di Raffaele Viviani)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

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Quanno na cosa è bbona e è nata ccà, nu milione ‘e gente l’ha da di’. E vedarraie po’ Napule addo’ va, cu tutto ca è ‘o paese d’’o ddurmi’.

(Campanilismo di Raffaele Viviani)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

Quanno na cosa è bbona e è nata ccà, nu milione ‘e gente l’ha da di’. E vedarraie po’ Napule addo’ va, cu tutto ca è ‘o paese d’’o ddurmi’.

(Campanilismo di Raffaele Viviani)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

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Più ancora di baciarti e stringerti tra le braccia, vorrei essere nei tuoi sogni. E custodirli per te.

(La condanna del sangue)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

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Più ancora di baciarti e stringerti tra le braccia, vorrei essere nei tuoi sogni. E custodirli per te.

(La condanna del sangue)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

Più ancora di baciarti e stringerti tra le braccia, vorrei essere nei tuoi sogni. E custodirli per te.

(La condanna del sangue)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

Più ancora di baciarti e stringerti tra le braccia, vorrei essere nei tuoi sogni. E custodirli per te.

(La condanna del sangue)

Maurizio De Giovanni - Ph. Roberto Pierucci

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città: sarebbe stato logico se i cannoni fossero stati rivolti verso il mare poi-ché l’invasore arriva dal mare. Invece i canoni sono rivolti verso la città per-ché Napoli è autolesionista. Il Castel dell’Ovo è il grande simbolo di quanto Napoli sia nemica di se stessa». Il ri-cordo va a Campanilismo di Viviani. Una città polifonica che non si può raccontare da un solo punto di vista.

Come la racconta De Giovanni? “Ho scel-to una squadra di otto elementi, ognuno dei quali vede la città con occhi diversi. Il grande errore che crea gli stereotipi è che arrivi qualcuno ogni tanto e dica: ora ve la racconto io, Napoli. Non è così. Nessuno di noi è in grado di raccontare Napoli in maniera esaustiva, possiamo raccontare il nostro punto di vista che non è quello esauribile”. L’Incontro ha permesso di conoscere una persona con-creta, dal nobile animo napoletano, sag-gio e schietto. Consapevole che si lavora per vivere perché “la vita è l’oggetto fi-nale e non il lavoro” e che, come fa dire ad un personaggio dei suoi romanzi, “gli anni passano subito, sono le giornate che non passano mai”. Uno scrittore, Maurizio De Giovanni, con un dono raro, vissuto con l’umiltà di chi ha immagina-to e raccontato storie prima ancora che la vita decidesse di fargliele scriverle.

icciardi potrebbe mori-re nel prossimo roman-zo e io dovrei lasciarlo morire perché non pos-so orientare la storia a mio vantaggio. Non pos-so immaginarla perché

il percorso dipende dalla storia. Devo seguire la storia». De Giovanni vive la scrittura come un fatto naturale privo di esasperazione artistica. Scrivere è con-seguenza di due prerogative: avere una storia da raccontare e aver letto, leg-gere e nutrirsi di lettura. «Perché non puoi pensare di giocare a pallone senza aver mai visto una partita sapendo solo le regole. Avere una storia, non occorre altro. Non serve la lingua, non serve il vocabolario».

Un ex funzionario di banca diventa-to scrittore per caso nel 2005, per una scommessa tra amici. Un autore in po-tenza che attendeva, senza saperlo, di divenire atto aristotelico. De Giovanni come un suo romanzo giallo: in attesa di concretizzarsi, ma lì, già esistente. Un lettore con la passione per i libri, lega-to alla sua città. La città del frastuono per antonomasia e avvolta nel silenzio assoluto dell’indifferenza. «Questa è la problematica della città: il silenzio, un muro eretto dalla stessa città. Cast-el dell’Ovo ha i cannoni rivolti verso la

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Su uno sfondo meccanografico il tito-lo: Soul and matrix. Racconti dell’ani-ma. Perché questa scelta? Credo che le anime ritratte abbiano un che di armon-ico e musicale. La musica è energia. Ma-trix dal codice a barre si ricava il nome e la data di nascita del soggetto ritratto. Racconti dell’anima perché una raccol-ta cospicua di anime potrebbe diventare un racconto sociologico.

Chi è Matteo Anatrella? La fotografia in 40 anni non mi ha mai abbandonato. Mi ci sono avvicinato all’età di 13 anni come mero portaborse, sono passato da collaboratore a cerimonialista. Dopo alla moda e alla pubblicità e all’ideazione di progetti artistici. È un’evoluzione, quasi naturale. Spesso le fotografie nascono ben prima di essere scattate. Forse il fotografo la foto l’ha scattata qualche minuto prima di estrarre la macchina fotografica dallo zaino.

l tempo dell’anima immortalato e tangibile attraverso un pan-nello. Luci e ombre, forme di un corpo intuite, in uno scatto d’autore. Così Matteo Anatrella ha reso eterno il tempo dedicato all’anima di chi vuol denudarsi

della materia e rendere manifesto il sof-fio interiore della vita.

Come nasce l’idea di raccontare l’ani-ma? L’idea nasce dal voler fotografare ciò che non è fotografabile. Il concetto di anima è sempre stato astratto, anche se in alcune culture risiede in organi del corpo. Immagino l’anima come una fon-te di energia da cui parte tutto quello che siamo e che costruiamo nella nostra vita.

Cosa hai tratto dall’esperienza? È come un gioco, come per i bambini. Pri-ma che l’anima dei soggetti ritratti si riveli non so mai come aspettarmi.

Matteo Anatrella e la sua personale Sound and Matrix. Tecnica ed interventi grafici coinvolgono gli spettatori in un processo creativo alla scoperta dell’anima.

al palazzo delle arti a napoli

Il tempo dell’anima.

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Matteo Anatrella - Ph. Martina Esposito

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Matteo Anatrella - Ph. Martina EspositoMatteo Anatrella - Ph. Martina EspositoMatteo Anatrella - Ph. Martina Esposito

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Soul and Matrix - Ph. Martina Esposito

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Soul and Matrix - Ph. Martina Esposito

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e dalle sue ipocrisie. L’unicità delle ope-re di questo grande intellettuale italiano sono state immortalate al PAN di Napoli con 80 fotografie inedite. “Una venti-na di anni fa, Mario Monicelli uscì di casa trascinando a fatica un grande sacco della spazzatura. Lo seguii sospettosa e riuscii a fermarlo mentre rovesciava nel cassonetto centinaia di fotografie che aveva accumulato nella sua lunghissima vita di regista. Perché? chiesi. Perché è roba vecchia, mi rispose. Era un uomo del futuro, Mario”. Questo il pensiero di Chiara Rapaccini, in arte RAP. Sono sue le 17 illustrazioni in acrilico su carta che affiancano le 80 fotografie. Gassman, Mastroianni, Totò, Virna Lisi, Anna Ma-gnani, Giancarlo Giannini, Monica Vitti, Ugo Tognazzi: i volti che hanno immor-talato i vizi e le virtù dell’Italia che fu. Dell’Italia che sapeva ridere della fame, della malattia e della miseria.

ario Monicelli è riusci-to a raccontare la con-dizione sociale, intel-lettuale, economica dell’italiano dal do-poguerra in poi. Una prospettiva totalizza-

ta e messa a fuoco da un punto di vista estremamente riflessivo che è in grado di far entrare lo spettatore nei mean-dri delle personalità dei protagonisti dei suoi film. Disgraziati, vinti, nullafacenti e nullatenenti: gli italiani di Monicelli. Raccontando storie tragiche di povertà, di disagio, in chiave ironica, grottesca, ma senza tagliare mai quel filo rosso che dirigeva lo spettatore in un percorso di riflessione profonda. Il cinema di Moni-celli ha tratteggiato profili di personali-tà di un’Italia che negli anni evolveva, si chiudeva in se stessa provincializzando-si. Un’Italia martorizzata dai suoi eccessi

La mostra Monicelli e Rap, in esposizione al PAN di Napoli, ha reso omaggio al regista romano capace di mettere a nudo tutti i vizi e pregi dell’Italia che fu.

al palazzo delle arti a napoli

Regia di Monicelli.

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Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l’angoscia.

(Monicelli tutto lavoro - La Stampa)

Mario Monicelli - Venezia 1985 (CC. Wikimedia)

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Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l’angoscia.

(Monicelli tutto lavoro - La Stampa)

Mario Monicelli - Venezia 1985 (CC. Wikimedia)

Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l’angoscia.

(Monicelli tutto lavoro - La Stampa)

Mario Monicelli - Venezia 1985 (CC. Wikimedia)

Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l’angoscia.

(Monicelli tutto lavoro - La Stampa)

Mario Monicelli - Venezia 1985 (CC. Wikimedia)

Le grandi domande esistenziali non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l’angoscia.

(Monicelli tutto lavoro - La Stampa)

Mario Monicelli - Venezia 1985 (CC. Wikimedia)

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Monicelli e Rap - Ph. Martina Esposito

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Monicelli e Rap - Ph. Martina Esposito

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Monicelli e Rap - Ph. Martina Esposito

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Una Notte al Castello - Ph. Ginevra Caterino

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Una Notte al Castello - Ph. Ginevra Caterino

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Una Notte al Castello - Ph. Ginevra Caterino

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no dal silenzio storico le torri merlate in tufo e piperno, le accendono proiettan-do luce nuova. Spaccano e sovrastano su un Maschio Angioino preso d’assalto dal Festival delle Università.

Dopo l’entusiasmo di Una notte al ca- stello del 1 giugno, si replica e lo si fa alla grande. Superando le aspettative, raggiungendo cifre che appagano il de-siderio di successo e divertimento, forza motrice della serata. In cinquemila con l’impeto di un’estate che non si vuol far finire! Un’estate che non deve finire ma che senti addosso e ti carica di adre- nalina necessaria per iniziare un anno accademico in evoluzione. Da matrico-la o fuoricorso, non importa perché sei parte del mondo universitario, ne sei un abitante e te lo vivi il tuo mondo.

n’intera notte per pren-dere d’assalto, con l’eu-foria della Napoli giovane, le mura imponenti di una poderosa fortezza. Il complesso difensivo di Castel Nuovo si erge si-

lenzioso e fiero nella penombra atten-dendo cinquemila invasori del villaggio globale. Cinquemila voci, cinquemila passi, cinquemila sorrisi, cinquemila mani, cinquemila sguardi che s’incro-ciano prima che la notte abbia inizio. Preludio di ciò che sarà. Prima che la notte li avvolga nell’ombra eccitante, folgorata dalla musica e dalle luci fluo di una disco a cielo aperto. Sotto lo sguardo di una luna ancora estiva, di un cielo ancora leggero, le note dei dj set vibrano tra le mura medievali, smuovo-

Lo spirito internazionale e cosmopolita, la voglia di divertirsi, il desiderio di vivere l’Università fuori dalla facoltà rendendola un unico villaggio globale, hanno invaso nuovamente il Maschio Angioino. Il 18 settembre in cinquemila per vivere, ancora una volta, una esclusiva e magica notte al Castello.

party universitario - una notte al castello

Metti una notte al...

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Una Notte al Castello - Ph. Ginevra CaterinoUna Notte al Castello - Ph. Ginevra CaterinoUna Notte al Castello - Ph. Ginevra CaterinoUna Notte al Castello - Ph. Ginevra CaterinoUna Notte al Castello - Ph. Ginevra Caterino

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nullano; dove stili di vita, lingue, scelte universitarie e comportamenti sono sempre più internazionali. Perché una notte al castello non rappresenta solo una serata per ballare. È la notte in cui a Napoli si è in cinquemila per demoli-re i confini di ogni singolo ateneo e il globo universitario campano assume la dimensione di villaggio. Sul logo, le cuffiette del dj circondano il Mastio, dal vivo le luci ne riflettono il fascino antico mentre un selfie immortala una notte che non ha più bisogno di conferme.

Antonio Prisco, organizzatore della serata, ha colto nel segno: la percezione della vita universitaria cambia e il de-siderio di possibilità e apertura trasuda. Nessuna frontiera o pregiudizio, nessun atteggiamento snob o di classe: il ca- stello è di tutti, almeno per una notte. L’aggregazione si modella nel sentirsi racchiusi nella diversità dei saperi. La disomogeneità diviene risorsa, la fer-mentazione giovanile convoglia in un numero importante, significativo del movimento in evoluzione di una realtà universitaria che cambia. Cinquemi-la sorrisi che si prendono, cinquemila mani in aria, cinquemila sguardi diver-titi, per un megaselfie da condividere. Il like è d’obbligo per un evento bissato con la preparazione tattica di un assalto d’eccezione. Il Castello è preso.

i ritorna per una nuova notte al Castello con lo spirito di condivisione che ti rende “componente”, che fa star bene mentre la musica ri-scalda e i ragazzi, universi-tari e non, creano un tappeto

umano a via Acton 38. Sette atenei uni-versitari, uniti, perché l’università non sia solo corsi da seguire, esami da soste-nere, prove da superare, prenotazioni da non dimenticare, delusioni da digerire e successi da raggiungere. Fare univer-sità è confronto, spirito critico, apertura mentale, dialogo, interazione, socia- lizzazione. È comunità. È divertimento con un tocco internazionale grazie alla partnership con la British Community di Napoli.

Fare università è viverla anche al di fuori dell’architettura della propria facoltà. È in una notte del 18 settembre al Maschio Angioino tra la musica, luci e drink, sel-fie scattati prima di entrare per condivi-dere una serata ancora da vivere ma che, mood generazionale, deve avere con-ferma del proprio esistere dall’ester-no. È nella voglia di divertirsi dopo aver sorriso per un like, finché il ritmo chia-ma e della conferma, in fondo, non t’in-teressa più. Perché sei lì, sei nel mezzo, sei protagonista del villaggio globale, dove le distanze fisiche e culturali si an-

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Una Notte al Castello - Ph. Ginevra Caterino

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Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui.

(Stanislao Nievo - Su Napoli)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

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Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui.

(Stanislao Nievo - Su Napoli)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui.

(Stanislao Nievo - Su Napoli)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui.

(Stanislao Nievo - Su Napoli)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui.

(Stanislao Nievo - Su Napoli)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

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da occhi a mandorla che rivelano veri-tà antiche – forse dimenticate anche da chi le professa e ne fa mercato. Se ne avverte l’esigenza per dare un senso. Al tutto e al niente che ci circonda.

L’Oriente lo ha ben capito e, sornione, lo accontenta. Così, senza far troppo ru-more, la cultura del levante si diffonde a macchia d’olio, pardon, di sake: si ass-apora tra involtini primavera e l’azzardo dei biscotti della fortuna. Per squarciare il velo di Maya. Per aprire lo sguardo su un mondo che porta in sé la seduzione. Per lasciarsi andare ai colori spruzzati in aria. Per un’invasione superficiale, ov-viamente. ‘Ché non si corra il rischio di toccare realmente la spiritualità, la ri-scoperta dell’anima, lo stato di coscien-za meditativo.

dentikit dell’homo sapiens sa-piens occidentale: disorientato dalla confusione, bombardato da un irrefrenabile bisogno di riem-piere l’horror vacui dell’ani-ma con il rumore esterno. Si af-fanna in una corsa disperata che

insiste a definire “vita”. Finché si ritro-va disperso, stanco, alla ricerca agitata di un’assenza di caos per concedere al boa- to dell’anima una pausa. Cerca rifugio in pensieri lontani dal mood quotidiano proveniente dal dio social. Si volta verso chi, con maestria, ha fondato la Vita sul “riprendersi il proprio tempo” avvolto in un kimono.

L’Occidente si volge all’Oriente e si fa invadere: l’homo sapiens sapiens ha bisogno di fermarsi perché non sa più come ritrovarsi. Se lo lascia suggerire

Un’esplosione di cerimonie tradizionali, con danze incantatrici, samurai e spade, sari, yoga e meditazione, ha invaso l’Italia con l’ultima edizione del Festival dell’Oriente. Non poteva mancare a Napoli dove gli spazi della Mostra D’oltremare hanno ospitato spettacoli, esibizioni, dimostrazioni e seminari.

alla mostra d’oltremare

Tra verità perdute.

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produrre denaro. Logico e legittimo. Il progresso medita negli alti uffici di cri- stallo. Ma, forse, la disillusione suben-tra perché quando si tratta del Levante ci si aspetta davvero di orientarsi nella confusione, di far tacere il rumore es-terno per dare ascolto ai boati silenzi-osi e silenti dell’anima. Si desidera che la spiritualità di occhi a mandorla in kimono ti conquistino per la pacata si-curezza del proprio equilibrio interiore e ti convincano a fermarti.

Fermarti per davvero a guardare il barac-cone della vita per renderti conto che da spettatore diventi spesso pagliaccio triste in scena. Aspiri a quella spiritua- lità e cerchi l’intensità di quegli occhi. Un desiderio è esaudito all’interno della grande fiera delle verità perdute: una tradizione induista per celebrare la vittoria del bene sul male. La festa dei colori e dell’amore: l’Holi ha racchiuso in sé la necessità di qualsiasi homo. Più di qualsiasi stand, tra un acquisto e una speculazione, più di una verità venduta a basso prezzo, più di qualsiasi sashimi che riempia lo stomaco e lasci vuoto lo spirito, giocare con i colori rende leg-geri, senza tempo e senza difese, come i bambini. Spontaneamente cittadini del mondo e, da sempre, inclusori cul-turali. Loro sì che sono sapientes.

intento di mostrare l’Ori-ente c’è, si vede men-tre riempie con leggiadria ogni angolo di spazio. È ovunque: tra penden-ti dagli stand, tra le spade dei samurai e gli incen-si che inebriano l’aria

ma, tutto resta aleatorio. Il dio denaro sembra vincere sulla coscienza Zen. L’antico Oriente ha perso il misticis-mo cedendo il posto al moderno con-sumo. Più che l’invasione dell’Oriente sembra aver assistito all’occidental-izzazione di un Oriente ormai domi-nante. Sarebbe stato diverso se invece avessimo cercato, o cercassimo, di co-noscere una cultura rispettandone la purezza e imparassimo a sentire e a prendere da essa le caratteristiche di cui avvertiamo il bisogno.

Un’inclusione culturale non avrebbe portato alla perdita dell’individuzalità né dell’uno né dell’altro mondo. Avreb-be determinato uno scambio di passati, esperienze, storie, senza altro fine. Le spinte interne ed esterne di due forze motrici differenti hanno provocato l’annullamento della propria forza e si sono autoannullate. È una reazione fisi-ca. Il circuito del commercio ha mes-so in moto una macchina cosmopolita che accomuna l’homo sapiens sapiens:

L’

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L’Occidente si è occupato del mondo attorno all’Io ed è diventato materialista; l’Oriente ha scavato nell’Io ed è diventato spirituale

(Tiziano Terzani - Un’idea di Destino)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

L’Occidente si è occupato del mondo attorno all’Io ed è diventato materialista; l’Oriente ha scavato nell’Io ed è diventato spirituale

(Tiziano Terzani - Un’idea di Destino)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

L’Occidente si è occupato del mondo attorno all’Io ed è diventato materialista; l’Oriente ha scavato nell’Io ed è diventato spirituale

(Tiziano Terzani - Un’idea di Destino)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

L’Occidente si è occupato del mondo attorno all’Io ed è diventato materialista; l’Oriente ha scavato nell’Io ed è diventato spirituale

(Tiziano Terzani - Un’idea di Destino)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

L’Occidente si è occupato del mondo attorno all’Io ed è diventato materialista; l’Oriente ha scavato nell’Io ed è diventato spirituale

(Tiziano Terzani - Un’idea di Destino)

Festival dell’Oriente - Ph. Fernando Alfieri

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I napoletani, cavano l’arte dal sole. (Il Critico di Camillo Boito)

Jorith (Ago)ch - Ph. Sergio Siano

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I napoletani, cavano l’arte dal sole. (Il Critico di Camillo Boito)

Jorith (Ago)ch - Ph. Sergio Siano

I napoletani, cavano l’arte dal sole. (Il Critico di Camillo Boito)

Jorith (Ago)ch - Ph. Sergio Siano

I napoletani, cavano l’arte dal sole. (Il Critico di Camillo Boito)

Jorith (Ago)ch - Ph. Sergio Siano

I napoletani, cavano l’arte dal sole. (Il Critico di Camillo Boito)

Jorith (Ago)ch - Ph. Sergio Siano

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Hai iniziato come writer per diverti-mento, come vivi il ruolo che adesso indossi? A Napoli i graffiti sono ancora in numero esiguo. A Roma sono state di-pinte 150 facciate cieche e alcuni quartieri hanno dei tour. L’iniziativa a Ponticelli e il San Gennaro rappresentano l’impegno di realizzare qualcosa di interessante con murales e street art. Sento la responsa- bilità ma si è trattato di un progetto che ha coinvolto una serie di persone e il Co-mune. Come artista mi sento gratificato. Si sono avvicinate molte più persone di quanto potessi immaginare al mondo dei graffiti. Quando ho iniziato per passione a scrivere il mio nome sui muri della cit-tà mi correvano dietro con la mazza. Ora m’inseguono per la firma.

Dietro il tuo graffito c’è una filoso-fia. Hai cambiato un po’ il mondo

oluttuosa e procace, Napo-li, danza in ciabatte ad un ritmo tutto suo. Ribelle, suda e canta, povera di tutto ma ricca di sangue. Porta sul volto il segno rosso dell’appartenenza

all’umanità. Nessuna religione, classe sociale, colore di pelle o scelta sessuale, la esclude perché uno spirito d’indipen-denza primitiva alimenta il suo popo-lo. Una Human tribe innalzata ad opera d’arte da un writer in continua evoluzi- one. L’ultimo segno, a Forcella su una tela murata di 15 metri con un San Genna- ro caravaggesco, un volto della vita reale tra giochi di luce e ombra.

Il graffito e la street art hanno un vol-to ed un nome: il tuo. Per i ragazzi del-la periferia sei un esempio da seguire.

Una parete come tela, la periferia come galleria d’arte e Jorit (Ago)ch segna, solcandola nel profondo, la città con la genialità artistica dei suoi murales. Il volto per esprimere sopravvivenza, impegno, sacrificio, creatività. Senza bisogno di parole, i graffiti come linguaggio universale dell’umanità ai margini.

l’intervista con jorit (ago)ch

For #Human tribe.

Vu

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Jorith (Ago)ch / San Gennaro - Ph. Sergio SianoJorith (Ago)ch / San Gennaro - Ph. Sergio SianoJorith (Ago)ch / San Gennaro - Ph. Sergio SianoJorith (Ago)ch / San Gennaro - Ph. Sergio SianoJorith (Ago)ch / San Gennaro - Ph. Sergio Siano

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Il graffio sul volto: la scarnificazione, il passaggio dall’infanzia all’età matura. L’entrata nella tribù umana? In alcuni contesti di povertà e non di emarginazio- ne, perché quelli sono mondi a parte, c’è ancora un senso di appartenenza. Le persone che entrano a far parte di una tribù si segnano. Ho voluto richiamare il rituale perché, in questi ultimi tempi, si sente la frizione tra le persone in certi meccanismi più grandi di noi che ci por-tano a competere, anche inutilmente. In certi villaggi non c’è l’uso del denaro quindi si deve per forza di cose essere uniti per stare bene. Nella società Occi-dentale e in quelle “progredite” devi far soldi a discapito di altri mentre, in natu-ra, ci sarebbe un feeling che potremmo sentire con chiunque. Semplificherei il messaggio con le parole quindi lo espri-mo dipingendo volti e segnandoli. Las-ciando intendere alle persone.

Chi è Jorit e com’è diventato la perso-na che è oggi? I viaggi sono stati indi- spensabili. Spesso quando si resta chiusi in un unico contesto non ci si accorge del bello che c’è in esso, dei tratti di umanità vera e anche di fratellanza che magari non vedi ovunque. Ci sono luoghi cen-trati sul business, dove i rapporti uma-ni sono ridotti al mero scambio com-merciale. Più culture riesci a sentire, più cresci e comprendi le tue esigenze.

ei writer? Il messaggio sociale che posso dare non è legato ai graffiti. Deriva dalla mia persona, dal-le esperienze fatte e delle emozioni provate che, ine- vitabilmente, si sono an-

date a fondere con l’ arte. Il mondo dei graffiti è un movimento che nasce dalle periferie ma non ha coscienza legata al territorio. Nasce come protesta, come ribellione al disagio dei ragazzi che han-no bisogno di esprimersi. Poi ogni artista interpreta a modo suo. Sicuramente è il movimento artistico più forte del mo-mento. Abbiamo opere vendute come i grandi maestri del passato. Bansky è l’artista più riconosciuto e famoso al mondo.

Hai viaggiato molto. In Africa hai ap-preso l’arte Tinga Tinga. Quanto l’Afri- ca ha influenzato il tuo percorso ar-tistico? Sono stato influenzato nell’uso dei pennelli, prima usavo le bombo-lette. In Africa lavorano di manualità. Una manualità eccezionale. Quadri con linee continue perfette. Mi hanno spin-to a migliorarmi nella composizione, nei dettagli e nella tecnica. Ho conosciuto modi di rapportarsi, di vivere la vita e di interpretarla in maniera “altra” rispet-to a quella Occidentale e ciò cambia, fa crescere.

D

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Come guardi alla tua Napoli? Conto molto su Napoli. Sulla possibilità di artisti internazionali con cui poter fare percorsi d’arte. Credo che in questo momento Napoli sia ad un crocevia e

potrebbe dare molto. Spero che davvero si punti sulla riqualificazione dei quartieri. A Napoli, i ragazzi hanno il fuoco dentro: noi ce la facciamo ovunque andiamo.

Jorith (Ago)ch - Carlo

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Come guardi alla tua Napoli? Conto molto su Napoli. Sulla possibilità di artisti internazionali con cui poter fare percorsi d’arte. Credo che in questo momento Napoli sia ad un crocevia e

potrebbe dare molto. Spero che davvero si punti sulla riqualificazione dei quartieri. A Napoli, i ragazzi hanno il fuoco dentro: noi ce la facciamo ovunque andiamo.

Jorith (Ago)ch - Carlo

Come guardi alla tua Napoli? Conto molto su Napoli. Sulla possibilità di artisti internazionali con cui poter fare percorsi d’arte. Credo che in questo momento Napoli sia ad un crocevia e

potrebbe dare molto. Spero che davvero si punti sulla riqualificazione dei quartieri. A Napoli, i ragazzi hanno il fuoco dentro: noi ce la facciamo ovunque andiamo.

Jorith (Ago)ch - Carlo

Come guardi alla tua Napoli? Conto molto su Napoli. Sulla possibilità di artisti internazionali con cui poter fare percorsi d’arte. Credo che in questo momento Napoli sia ad un crocevia e

potrebbe dare molto. Spero che davvero si punti sulla riqualificazione dei quartieri. A Napoli, i ragazzi hanno il fuoco dentro: noi ce la facciamo ovunque andiamo.

Jorith (Ago)ch - Carlo

Come guardi alla tua Napoli? Conto molto su Napoli. Sulla possibilità di artisti internazionali con cui poter fare percorsi d’arte. Credo che in questo momento Napoli sia ad un crocevia e

potrebbe dare molto. Spero che davvero si punti sulla riqualificazione dei quartieri. A Napoli, i ragazzi hanno il fuoco dentro: noi ce la facciamo ovunque andiamo.

Jorith (Ago)ch - Carlo

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Jorith (Ago)ch - AchilleJorith (Ago)ch - AchilleJorith (Ago)ch - AchilleJorith (Ago)ch - AchilleJorith (Ago)ch - Achille

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Jorith (Ago)ch - AelJorith (Ago)ch - AelJorith (Ago)ch - AelJorith (Ago)ch - AelJorith (Ago)ch - Ael

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desiderata per attaccamento sincero, democratico. Di contro si ritrova la disil-lusione di una donna senza aspettative, umiliata dal marito e dalla vita, incatti-vita dalla povertà. Finché lui si inchina per baciarle la mano. Cade la maschera dell’indifferenza sotto il peso di labbra che sfiorano appena la pelle.

Ma il baciamano dura un attimo e la cadu-ta degli ideali porta alla morte dell’ani- ma. Alla volontà di essere mangiati. In salsa francese? No, lascerebbe un retro- gusto amaro. Si preferisce fermare il mo-mento a quell’attimo disperato e libe- ratorio. Nella mente riecheggia “Forsan et haec olim meminisse iuvabit”. Sul pa-tibolo, Eleonora Pimentel Fonseca cita la frase dell’eroe virginiano. Prima della caduta di ideali “Forse persino di que- sti avvenimenti un giorno la memoria ci sarà d’aiuto”. Fuori dal proscenio delle verità.

a morte del giacobino è in sal-sa francese”. L’ironia di un giacobino suggerisce il modo in cui una popolana potrà cucinarlo. Un giacobino deve essere cotto nella fragranza della libertà, sfumato con gli

odori inebrianti dell’uguaglianza e man-tecato nella cremosa morbidezza della fraternità. Peccato che la popolana abbia solo un pentolone e una quantità infini-ta di sofferenza, rabbia e disillusione derivante dalla misera più nera e dalla fame più accesa. Si avverte il retrogusto amaro di due mondi paralleli. Un con-fronto ironico e profondo al contempo, in un’opera messa in scena in un chios-tro napoletano avvolto dal calore estivo. In un’atmosfera notturna, in scena un dialogo pregnante: Il baciamano di Man-lio Santanelli. Un giacobino ha combat-tuto per la Repubblica Napoletana, l’ha

Il baciamano di Laura Angiulli ha regalato un momento di riflessione, divertimento e di interpretazione nella cornice della basilica inferiore di San Domenico Maggiore.

la pièce teatrale

Proscenio della vita.

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Naa - Il bacio devoto

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Sogni di Pace di Fernando Alfieri - Premiata al concorso Napoli: arte e rivoluzione

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tografo di grande rilievo nel panorama campano, pluripremiato e docente di fotografia, ha ricevuto il premio “Men-zione speciale della critica” nell’ambito del Concorso “Napoli: arte e rivoluzio- ne”, alla sua seconda edizione.

Il concorso, che è dedicato alla memoria delle lotte del popolo partenopeo, vuol sottolineare l’importanza della memo-ria storica attraverso espressioni arti- stiche. Un modo per non dimenticare e per tener viva la memoria collettiva di un passato che ha permesso di costruire le basi del presente e che consentirà di costruire un futuro. Una fotografia e- sprime non solo un momento. Ha in sé la forza dell’evocazione e dell’elabora-zione di un pensiero critico e costrut-tivo. Il ph. Alfieri ha reso possibile il ri-chiamo a quella forza e una riflessione artistica e storica fondamentale per ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà.

sogni di pace sono nella mano di un bambino. In un fermo im-magine in bianco e nero, una mano su un elmo, appoggiato lì, in bilico, su un muro. In attesa. Di essere preso, indossato o di essere lasciato inerme e inerte. Una mano per tenerlo fermo, im-

mobile. Affinché non cada, affinché non assuma vita propria. Mentre lo sguardo guarda lontano. Già, lo sguardo si perde e supera il muro, va oltre le case, va oltre il visibile. Si ferma sul mare? Si spinge verso l’immensità di ciò che non si può tenere sotto la propria mano ma che non fa paura? I sogni di pace sono affidati alla mente di un bambino. E scatta un senso di responsabilità da parte di chi osserva la fotografia e scorge l’inafferabilità di quei pensieri. Sfuggevoli e profondi, las-ciano intravedere significati e domande, risposte e giudizi. Fernando Alfieri, fo-

I sogni di pace viene premiata all’interno del concorso Napoli: arte e rivoluzione. Per la memoria storica di un passato il cui coraggio ha permesso l’esistenza del presente.

l’istantanea premiata

Rivoluzione e pace.

ISogni di Pace di Fernando Alfieri - Premiata al concorso Napoli: arte e rivoluzione

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