Immigrazione iannone angela 3a
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L’ IMMIGRAZIONE
Quando uno lascia un paese, tutte le cose acquistano prima della partenza un valore straordinario di ricordo, e ci fanno pregustare la lontananza e la nostalgia.
Corrado Alvaro, Gente in Aspromonte, 1930
L’INCONTRO e lo SCONTRO di CULTURE DIVERSE
I processi migratori comportano sia il cambiamento territoriale
(passaggio da un luogo a un altro), sia il cambiamento sociale
(passaggio da un ambiente sociale a un altro). Possiamo dire
che gli elementi caratteristici del fenomeno migratorio sono: il movimento fisico di singoli individui o di gruppi di persone verso undiverso spazio geografico, una diversa cultura, rispetto a quellad’origine. Lo spostamento è considerato permanente quando dura più diun anno; nel caso di spostamenti occasionali o temporanei, come quellidi pendolari, turisti o nomadi non si parla di migrazioni; il cambiamento nel sistema delle interazioni. Chi immigra si trova adover fare i conti con una società nuova nella quale il modo direlazionarsi, i bisogni, i valori sono spesso radicalmente diversi. Questoprocesso di cambiamento può concludersi con l’assimilazione-integrazione o il rifiuto della nuova cultura.
È proprio il cambiamento sociale, e dunque il fatto che culture diverse
entrino in contatto, e magari debbano condividere o contendersi privilegi e
diritti come la casa e il lavoro, a costituire uno dei maggiori problemi
dell’immigrazione.
Le situazioni conflittuali sono pressoché inevitabili tra gli abitanti originari,
ben inseriti e fieri delle loro tradizioni culturali, e gli immigrati di prima
generazione, poveri di conoscenze linguistiche, legislative e culturali e
dotati di generiche competenze professionali. Ma spesso il conflitto rimane
anche a livello delle generazioni successive, cioè dei figli di immigrati che,
anche se nati nella nuova patria, non si adattano ai nuovi modelli imposti
dalle società occidentali, senza peraltro conoscere o rispettare neanche le
proprie radici culturali (ad eccezione del caso in cui i valori tradizionali
diventano un mezzo per ribellarsi al disagio sociale).
Va infine osservato che le situazioni conflittuali possono essere
accresciute dall’incontro fra i valori etico-religiosi degli immigrati e quelli
degli abitanti locali.
PROBLEMI ETICI
Gli Stati esercitano un potere di vita
o di morte sugli immigrati. Il potere di morte si esercitastabilendo confini esterni (confinigeografici) e interni (Centri diPermanenza Temporanea) che neganol’accesso al suolo nazionale. In questomodo si respingono gli immigrati nellamorte, e non solo nel senso che per lasocietà occidentale, una volta respinti, gliimmigrati non esistono più (e chi se neimporta di quello che gli succederàaltrove), ma anche nel senso che lepolitiche restrittive incrementanol’immigrazione clandestina con i risultatiche tutti conosciamo perché occupanoquotidianamente le pagine dei giornali:carrette del mare che colano a picco,uomini che muoiono su imbarcazionistracariche, cadaveri gettati in mare.
Il potere di vita si esercita invece conle politiche di integrazione degliimmigrati “regolari”, a cui sono cioèstati concessi i permessi di soggiorno.Far vivere significa però assoggettaregli immigrati ai valori condivisi dallamaggioranza della popolazione delloStato: gli immigrati devono esserecontemporaneamente assimilati(plasmati ai valori della culturadominante) e esclusi (rimaneredifferenti rispetto all’accesso allacittadinanza). Le pratiche diaddomesticamento e normalizzazionemirano a rendere gli immigrati il piùconformi possibile ai modelli dellacultura dominante, senza alcunaconsiderazione e rispetto per la loroidentità culturale.
Da un punto di vista etico possiamo osservare che:
non rispettare l’identità di una persona significa calpestare un
diritto umano fondamentale;pretendere che qualcuno rinneghi la propria cultura a favore della
nostra, sottintende la presunta superiorità della culturaoccidentale e rivela quindi un atteggiamento razzista;
non comprendere che il contatto con una cultura diversa significa
arricchimento e non pericolo, e che le società diventerannoinevitabilmente multirazziali e multiculturali, è segno disuperficialità e poca lungimiranza.
Se l’identità degli immigrati (considerati per lo più forza lavoro) non ha valore, l’identitàdei cittadini dello Stato va invece salvaguardata e difesa. Ecco perché agli immigrati vienenegata la cittadinanza: con lo status di cittadini, infatti, potrebbero partecipareattivamente alla vita dello Stato, diventando “troppo uguali”.È amaro constatare che finora gli immigrati sono stati e rimangono cittadini di serie B(come in passato lo sono stati donne, omosessuali, ecc.) a cui si chiede di conformarsi auna società che nega loro la parola e la libertà di scelta.
Nell’induismo il senso nell’appartenenza etnica è molto forte, fatto
che comporta una certa diffidenza nei confronti di chi non è indù.
Vi è un acceso dibattito sulle conversioni: si nasce induisti e non si
può diventarlo.
La Terra appartiene a tutti gli uomini e non dovrebbero esserci
confini.
Inoltre l’immigrazione è una opportunità di incontro e conoscenza.
Nonostante una certa diffidenza nei confronti degli stranieri, dovuta
al fatto che il confucianesimo è diffuso soprattutto nelle campagne,
vi è un forte senso di accoglienza nei confronti di chi appartiene a
culture diverse.
Posizione delle DIVERSE religioni
Al di là dei comportamenti politici che spesso contraddicono le
convinzioni religiose, va osservato che le tre grandi religioni
abramitiche, ebraismo, cristianesimo e islam, discendono da un
emigrante, Abramo. In generale i Paesi islamici mostrano diffidenza nei
confronti di culture diverse. Ma poiché nella società contemporanea
molti dei protagonisti delle migrazioni sono di origine islamica, il
problema dell’accoglienza sorge soprattutto presso i paesi che accolgono,
con altrettanta diffidenza, gli immigrati provenienti da Paesi
musulmani.
Il popolo ebraico è fin dalle origini un popolo in cammino. Nel corso dei
secoli gli ebrei sono emigrati in molti Paesi del mondo, combinando la
capacità di conservare le proprie tradizioni e la propria identità con la
capacità di integrarsi con la cultura dei luoghi in cui si trasferivano.
La fede cristiana è da sempre aperta al dialogo con ogni cultura. Il cristianesimo non
coincide affatto con una cultura, né tanto meno con la cultura egemone. Il cristianesimo
moderno, cerca il confronto e il dialogo esattamente come faceva il cristianesimo delle
origini, dopo la morte e la risurrezione di Gesù. Le culture, con la loro ricchezza e
profondità di valori, diventano percorsi provvidenziali per riscoprire l’autentico
messaggio evangelico. L’immigrato diventa così una ricchezza per il cristianesimo, non
una minaccia: è un fratello da riconoscere nella comunità dei credenti e con cui costruire
la felicità.
Il papa Benedetto XVI nella giornata mondiale che la Chiesa dedica al migrante
e al rifugiato, così esprimeva il suo appello:”Le migrazioni sono un fenomeno
assai diffuso: sono un segno dei tempi e possono essere volontarie o forzate, legali
o clandestine, per motivi di lavoro o di studio {...] la Chiesa invita a cogliere
l’aspetto positivo di questo segno dei tempi, vincendo ogni forma di
discriminazione, di ingiustizia e di disprezzo della persona umana [...] perché tutti
gli uomini sono immagini di Dio ...”.
Il cristiano è invitato a cogliere nell’altro, la presenza di Dio, soprattutto
nei deboli, nei poveri, nelle persone senza fissa dimora, nelle popolazioni in fuga
dalle guerre. Il cardinale Tettamanzi, vescovo di Milano, in occasione della festa
di sant’Ambrogio, pronunciò un forte discorso in favore degli stranieri
immigrati e in difesa dei musulmani etichettati da molti come terroristi: “Che
cosa è la cittadinanza? Cittadinanza è prima di tutto il riconoscimento della piena
dignità di tutti gli uomini all’interno della comunità civile. Il riconoscimento
dell’integrità dei loro diritti. È giusto chiedere l’adempimento dei doveri, ma è
conforme a giustizia riconoscere i diritti [...]. La città è fatta di tutti i suoi cittadini.
Senza esclusione alcuna, qualunque sia la razza, la religione, la cultura”
.
PAROLE CHIAVECentri di Permanenza Temporanea (C.P.T.)
Sono strutture (ex caserme militari, capannoni industrialidismessi), in cui vengono ospitati, per trenta giorni (sessantasecondo la nuova proposta!), i clandestini in attesa diespulsione; quindi, come recita la legge, sono “centri di raccoltae di smistamento” di stranieri. Agli “ospiti” è offerta assistenzasanitaria e giuridica (attraverso un legale d’ufficio), nonché la,presenza di ministri di culto e mediatori culturali, ma sottostretta sorveglianza delle forze dell’ordine. In realtà questestrutture sono dei lager, in cui gli immigrati sono privati di ognistatus giuridico e detenuti in condizioni di sovraffollamento,dopo esservi stati rinchiusi con un semplice attoamministrativo, mentre la libertà personale può essere limitatasoltanto in caso di reato penale e in seguito a un processo (art.
24 della Costituzione).
CittadinanzaÈ l’insieme dei diritti civili, politici e sociali che sono alla base della democrazia moderna; rimane oggi l’ultimo privilegio di status che limita l’uguaglianza delle persone ed è fonte di discriminazione in merito ai diritti fondamentali: i diritti della personalità spettano a tutti gli esseri umani in quanto persone, i diritti di cittadinanza (quelli sanciti dalle leggi di uno Stato in merito al lavoro, al matrimonio, all’abitazione, ecc.) sono riservati ai soli cittadini.