ILCATALOGODEGLIORRORI Seilmortoèunfenomeno dat-shirt su... · 2012. 8. 22. · se sei su Facebook....

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6 IL FATTO il Giornale Giovedì 20 novembre 2008 di Stefano Lorenzetto Credevo che il massimo del cattivo gusto consistesse nelle foto dei bambini ripro- dotte dai pasticcieri (ignoro con quali alchimie) sulle torte di compleanno, per cui in que- sto Paese da qualche anno si tagliano a fette insieme con le millefoglie, e poi si mangia- no, anche le facce dei figli. De- vo constatare che negli ultimi due mesi il catalogo dell’orro- re è stato aggiornato. Eccovi le new entry. A San Giuliano di Puglia i genitori dei 27 alunni morti nel 2002 per il crollo della scuola ele- mentare hanno ricevuto il pre- sidente del Consiglio indos- sando magliette con i volti dei loro piccoli. A Torino, nel- l’udienza davanti al giudice Francesco Gianfrotta per il ro- go del dicembre scorso alla Thyssen Krupp, alcune don- ne sfoggiavano t-shirt con i ri- tratti dei congiunti caduti sul lavoro, una terza signora ave- va invece serigrafate sul petto le foto di tutte le sette vittime con lo slogan «Giustizia e con- danne severe per gli indagati Thyssen»; almeno un paio del- le manifestanti sorridevano al fotografo. Al processo per la strage di Erba, in corso a Como, Azouz Marzouk si è presentato con un girocollo il- luminato dai sorrisi della mo- glie e del figlioletto. S’intrave- deva anche una scritta, che poteva essere «Per ricordarvi sempre». Ignoro se l’immagi- ne della suocera, pure sgozza- ta nel massacro, fosse ripro- dotta sulla schiena, giacché la parte lesa aveva addosso un giubbino rosso pompeiano con marchio Piston - copiato da quello della Pirelli - e altri loghi. Azouz Marzouk ci ha ormai abituati al suo modo eccentri- co di gestire il lutto. Del resto ha avuto per maestro mediati- co Fabrizio Corona, che pun- tava a fargli indossare la t-shirt nera dei Corona’s boys durante il funerale di Raffael- la e Youssef in Tunisia. Ma a tutti gli altri che gli avrà pre- so? Perché questa spettacola- rizzazione del dolore? Ci si potrebbe consolare con- siderandolo un semplice por- tato dell’evoluzione tecnolo- gica. Uno dei giorni più esal- tanti della mia adolescenza fu quando un venditore ambu- lante, che allineava un centi- naio di boccette dentro una valigia, mi vendette una po- zione che consentiva di trasfe- rire le fotografie dalle pagine di un rotocalco a un foglio bianco, come se fossero decal- comanie. L’evento segnò una svolta nella produzione casa- linga di giornali fatti a mano da vendere ai compagni di classe. Oggi sono a disposi- zione di chiunque gli stru- menti più sofisticati: dai tele- fonini che fotografano e filma- no alle stampanti che consen- tono di personalizzare le eti- chette dei Cd. E l’uso, si sa, porta sempre con sé l’abuso. Penso invece che quell’osten- tare immagini di persone mor- te in tragiche circostanze se- gnali una degenerazione. Un tempo gli psicologi curavano la scopofobia, cioè la paura morbosa di essere visti. Oggi la società è in preda alla pato- logia opposta: la scopofilia. Tutti vogliono vedere ed esse- re visti. Ciascuno avverte co- me inalienabile il diritto al quarto d’ora di celebrità, da concedersi anche ai defunti, e specialmente ai deceduti per cause di servizio, tanto più se la perpetuazione visiva del loro ricordo diventa un’oc- casione per far finire i vivi sui giornali e nei telegiornali. Esisti se sei su Youtube. Esisti se sei su Facebook. Esisti se sei in grado di spedire un Mms con la tua effigie. Esisti se hai una webcam con cui mostrarti al compagno di chat. Esisti - è questa l’ultima frontiera per uscire dall’ano- nimato - se a 15 anni ti fai ri- prendere dai tuoi compagni mentre bestemmi in chiesa e balli sull’altare (http://it.you- tube.com/watch?v= LTZ06z61fCw, vivamente sconsigliato agli animi sensi- bili). Insomma, esisti soltanto se sei capace di rappresentarti per immagini. Altrimenti non esisti. Lo hanno capito tutti, e talmente bene, che persino la polizia, i carabinieri e le altre forze dell’ordine documenta- no in prima persona le loro operazioni fornendo i relativi filmati ai tiggì. Ormai non si contano i servizi corredati da immagini che recano in so- vrimpressione il simbolo di una questura piuttosto che il grifone della Guardia di finan- za. E una conferenza stampa priva della regolamentare proiezione di diapositive con Power point non comincia neppure. Beati i creduloni an- cora convinti che gli agenti possano rendere lealmente i loro servigi allo Stato senza bi- sogno dell’autoscatto (ma an- ziché trafficare con le teleca- mere non farebbero prima a tener d’occhio i malfattori?). Nihil sub sole novi , sia chiaro. Il mio amico Albino Longhi, l’unico ad aver diretto tre vol- te il Tg1, soleva ripetermi l’an- tico detto secondo cui vale più una cosa vista che cento raccontate. Ma qui, mi pare, stiamo esagerando. Ho visto compassati imprenditori che si filmavano mentre il capo dello Stato li riceveva al Quiri- nale e persino cardinali che immortalavano il Papa col cel- lulare durante un’udienza pri- vata nel Palazzo apostolico. Tutto va documentato per im- magini: vita sociale, opinio- ni, sentimenti. La parola non conta più nulla, e quella data meno ancora: vedere per cre- dere. Se non mostri le prove, non ti fila nessuno. Ma non c’è davvero bisogno che i parenti delle vittime di San Giuliano di Puglia, dell’in- cidente alla Thyssen, dell’ec- cidio di Erba esibiscano i volti dei loro cari sul petto. Riuscia- mo ancora a piangere i morti anche senza vederli. Anzi, proprio per questo, di più. [email protected] Dall’alto in senso ora- rio, i familiari delle vittime del rogo Thys- sen in tribunale a To- rino; Azouz Marzouk al processo per la strage di Erba; i geni- tori dei bimbi morti a San Giuliano per il crollo della scuola nel 2002 VOLTI IL CATALOGO DEGLI ORRORI Se il morto è un fenomeno da t-shirt Azouz Marzouk si è presentato in tribunale indossando una maglia con le foto di moglie e figlio È l’ultimo di una serie, dopo i familiari delle vittime del rogo Thyssen e i genitori di San Giuliano CATTIVO GUSTO È una ostentazione inutile: possiamo piangere i nostri cari senza esibirli __ IMMAGINI Oggi tutti vogliono vedere ed essere visti. E anche il dolore diventa show

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6 IL FATTO il Giornale Giovedì 20 novembre 2008

di Stefano Lorenzetto

Credevo che il massimodel cattivo gusto consistessenelle foto dei bambini ripro-dotte dai pasticcieri (ignorocon quali alchimie) sulle tortedi compleanno, per cui in que-sto Paese da qualche anno sitagliano a fette insieme con lemillefoglie, e poi si mangia-no, anche le faccedei figli. De-vo constatare che negli ultimidue mesi il catalogo dell’orro-re è stato aggiornato.Eccovi le new entry. A SanGiuliano di Puglia i genitoridei 27 alunni morti nel 2002per il crollo della scuola ele-mentarehanno ricevuto il pre-sidente del Consiglio indos-sando magliette con i volti deiloro piccoli. A Torino, nel-l’udienza davanti al giudiceFrancescoGianfrotta per il ro-go del dicembre scorso allaThyssen Krupp, alcune don-ne sfoggiavano t-shirt con i ri-tratti dei congiunti caduti sullavoro, una terza signora ave-va invece serigrafate sul pettole foto di tutte le sette vittimecon lo slogan «Giustizia e con-danne severe per gli indagatiThyssen»; almeno unpaio del-le manifestanti sorridevanoal fotografo. Al processo perla strage di Erba, in corso aComo, Azouz Marzouk si èpresentato conun girocollo il-luminato dai sorrisi della mo-glie edel figlioletto. S’intrave-deva anche una scritta, chepoteva essere «Per ricordarvisempre». Ignoro se l’immagi-ne della suocera, pure sgozza-ta nel massacro, fosse ripro-dotta sulla schiena, giacché laparte lesa aveva addosso ungiubbino rosso pompeianocon marchio Piston - copiatoda quello della Pirelli - e altriloghi.Azouz Marzouk ci ha ormaiabituati al suo modo eccentri-co di gestire il lutto. Del restoha avuto permaestro mediati-co Fabrizio Corona, che pun-tava a fargli indossare lat-shirt nera dei Corona’s boysdurante il funerale di Raffael-la e Youssef in Tunisia. Ma atutti gli altri che gli avrà pre-so? Perché questa spettacola-rizzazione del dolore?Ci si potrebbe consolare con-siderandolo un semplice por-

tato dell’evoluzione tecnolo-gica. Uno dei giorni più esal-tanti della mia adolescenza fuquando un venditore ambu-lante, che allineava un centi-naio di boccette dentro unavaligia, mi vendette una po-zione che consentiva di trasfe-rire le fotografie dalle paginedi un rotocalco a un fogliobianco, come se fosserodecal-comanie. L’evento segnò unasvolta nella produzione casa-linga di giornali fatti a manoda vendere ai compagni diclasse. Oggi sono a disposi-zione di chiunque gli stru-menti più sofisticati: dai tele-fonini che fotografanoe filma-no alle stampanti che consen-tono di personalizzare le eti-chette dei Cd. E l’uso, si sa,porta sempre con sé l’abuso.Penso invece che quell’osten-tare immagini di personemor-te in tragiche circostanze se-gnali una degenerazione. Untempo gli psicologi curavanola scopofobia, cioè la pauramorbosa di essere visti. Oggi

la società è in preda alla pato-logia opposta: la scopofilia.Tutti vogliono vedere ed esse-re visti. Ciascuno avverte co-me inalienabile il diritto alquarto d’ora di celebrità, daconcedersi anche ai defunti,e specialmente ai decedutiper cause di servizio, tantopiù se la perpetuazione visivadel loro ricordodiventa un’oc-casione per far finire i vivi suigiornali e nei telegiornali.Esisti se sei su Youtube. Esistise sei su Facebook. Esisti sesei in grado di spedire un

Mms con la tua effigie. Esistise hai una webcam con cuimostrarti al compagno dichat. Esisti - è questa l’ultimafrontiera per uscire dall’ano-nimato - se a 15 anni ti fai ri-prendere dai tuoi compagnimentre bestemmi in chiesa eballi sull’altare (http://it.you-t u b e . c o m / w a t c h ? v =LTZ06z61fCw, vivamentesconsigliato agli animi sensi-bili).Insomma, esisti soltanto sesei capace di rappresentartiper immagini. Altrimenti nonesisti. Lo hanno capito tutti, etalmente bene, che persino lapolizia, i carabinieri e le altreforze dell’ordine documenta-no in prima persona le lorooperazioni fornendo i relativifilmati ai tiggì. Ormai non sicontano i servizi corredati daimmagini che recano in so-vrimpressione il simbolo diuna questura piuttosto che ilgrifonedellaGuardia di finan-za. E una conferenza stampapriva della regolamentareproiezione di diapositive conPower point non comincianeppure.Beati i creduloni an-cora convinti che gli agentipossano rendere lealmente iloro servigi allo Stato senzabi-sogno dell’autoscatto (ma an-ziché trafficare con le teleca-mere non farebbero prima atener d’occhio i malfattori?).Nihil sub sole novi, sia chiaro.Il mio amico Albino Longhi,l’unico ad aver diretto tre vol-te il Tg1, soleva ripetermi l’an-tico detto secondo cui valepiù una cosa vista che centoraccontate. Ma qui, mi pare,

stiamo esagerando. Ho vistocompassati imprenditori chesi filmavano mentre il capodello Stato li riceveva al Quiri-nale e persino cardinali cheimmortalavano il Papa col cel-lulare durante un’udienza pri-vata nel Palazzo apostolico.Tutto va documentato per im-magini: vita sociale, opinio-ni, sentimenti. La parola nonconta più nulla, e quella datameno ancora: vedere per cre-dere. Se non mostri le prove,non ti fila nessuno.Ma non c’è davvero bisognoche i parenti delle vittime diSanGiulianodi Puglia, dell’in-cidente alla Thyssen, dell’ec-cidio di Erba esibiscano i voltidei loro cari sul petto. Riuscia-mo ancora a piangere i mortianche senza vederli. Anzi,proprio per questo, di più.

[email protected]

Dall’alto in senso ora-rio, i familiari dellevittime del rogo Thys-sen in tribunale a To-rino; Azouz Marzoukal processo per lastrage di Erba; i geni-tori dei bimbi morti aSan Giuliano per ilcrollo della scuolanel 2002

VOLTI

IL CATALOGO DEGLI ORRORI

Se il morto è un fenomeno da t-shirtAzouz Marzouk si è presentato in tribunale indossando una maglia con le foto di moglie e figlioÈ l’ultimo di una serie, dopo i familiari delle vittime del rogo Thyssen e i genitori di San Giuliano

CATTIVO GUSTO È una

ostentazione inutile:

possiamo piangere i

nostri cari senza esibirli

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IMMAGINI Oggi tutti

vogliono vedere

ed essere visti. E anche

il dolore diventa show