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Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine, Barchesse di Villa Badoer Il villaggio di Frattesina e le sue necropoli XII - X secolo a.C.

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Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine,

Barchesse di Villa Badoer

Il villaggio di Frattesina e le sue necropoli

XII - X secolo a.C.

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©Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto

Finito di stampare nel mese di febbraio da Fratelli Corradin Editori

Tutti i diritti riservati

Divieto di riproduzione con qualsiasi mezzo

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In ricordo di Cecilia Colonna, della sua straordinaria passione archeologica

e del suo generoso impegno per questo museo

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Nel 1999 la Provincia di Rovigo, proprietaria della splendida Villa Badoer, ha stipulato con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali il comodato d’uso delle barchesse del complesso palladiano, per permettere la realizzazione del Museo Archeologico Nazionale di Fratta, che è stato inaugurato il 21 febbraio 2009.

L’esposizione in un edifi cio così prestigioso dà il meritato valore alla straordinaria testimonianza archeologica del villaggio di Frattesina e delle sue necropoli; essa rappresenta il risultato di oltre quarant’anni di ricerche archeologiche, frutto del lavoro di diversi attori: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Museo Civico di Rovigo, Associazione Manegium di Fratta Polesine, Comune di Fratta Polesine, Comune di Castelnovo Bariano con il locale Gruppo Archeologico, C.P.S.S.A.E. (Centro Polesano di Studi Storici Archeologici ed Etnografi ci), Consorzio di Bonifi ca Adige Canalbianco, che ha fi nanziato l’ultima campagna di scavi nella necropoli di Narde.

Il Museo Nazionale di Fratta, che sarà presto collegato al Sistema Museale Provinciale Polesine, rappresenta un fon-damentale tassello della rete museale della provincia di Rovigo per far conoscere, valorizzare, qualifi care e promuovere i beni storici, artistici e naturali del nostro territorio.

Sono lieta che, a poco più di un anno dall’inaugurazione del museo veda la luce la presente guida, che offre un contributo nuovo alla conoscenza e alla promozione del patrimonio archeologico polesano.

Un doveroso ringraziamento va a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del Museo: il dott. Luciano Salzani, coordinatore del Comitato Scientifi co, comprendente la dott. Anna Maria Bietti Sestieri, il dott. Paolo Bellin-tani e la dott. Maurizia De Min, coadiuvati dai collaboratori: la prematuramente scomparsa dott.ssa Cecilia Colonna, il dott. Massimo Saracino, la dott. Maria Cristina Vallicelli e, per l’allestimento, l’architetto Loretta Zega, coadiuvata dall’arch. Marco Fontanive.

Un grazie particolare alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ancora una volta ha sostenuto l’iniziativa.

Laura NegriAssessore alla Cultura della Provincia di Rovigo

Dal 21 febbraio dell’anno appena trascorso, Fratta Polesine ospita nelle barchesse di Villa Badoer il Museo Archeo-logico Nazionale, dove sono esposti i reperti dell’antica civiltà di Frattesina.

A distanza di un anno la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto ha predisposto questa importante “guida”.

Una pubblicazione resa possibile grazie al lavoro della Soprintendenza stessa ed al fi nanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

Il Museo archeologico di Frattesina è stato concepito non solo come contenitore di beni preziosi, ma anche forni-tore di un servizio volto a favorire la conoscenza del nostro patrimonio culturale.

Se le funzioni fondamentali per un museo sono la conservazione, la ricerca e soprattutto la comunicazione, impor-tantissima per defi nire il rapporto con il suo territorio di riferimento, posso affermare che in questo Museo tutto ciò è stato realizzato.

E se dal un lato Fratta Polesine è grata di questo omaggio da parte degli enti promotori, necessario per la valorizza-zione del Museo Archeologico Nazionale e del proprio territorio, dall’altro essa intende riconfermare la sua tradizio-nale cortesia nell’accoglienza dei numerosi visitatori, proponendo alla loro attenzione anche il suo importante centro urbano, ricco di rilevanti presenze architettoniche, artistiche e storiche di sicuro prestigio e interesse.

Riccardo Resini Sindaco di Fratta Polesine

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Pur trattandosi di uno scavo relativamente recente, l’importanza straordinaria dei rinvenimenti ha reso il sito arche-ologico di Frattesina uno dei luoghi-chiave della protostoria europea, in particolare per quella fase cruciale – corri-spondente agli ultimi secoli del II millennio a.C. - che gli archeologi chiamano: età del Bronzo fi nale. Come spesso accade negli stadi di transizione è questa un’epoca di grandi rivolgimenti sociali e culturali, che accompagnano il passaggio tra età del Bronzo e età del Ferro ovvero, in senso lato, tra Preistoria e Storia.

Della crisi del vecchio mondo e dell’alba del nuovo Frattesina è uno dei testimoni più esaurienti, consentendoci di intravedere un’ampia gamma di componenti socio-economiche e culturali: dalle produzioni domestiche, fi ttili e tessili, a quelle quasi-industriali, che, insieme alla metallurgia ormai diffusa a livello strettamente utilitario e alla produzione su larga scala degli ornamenti in vetro, prevedono anche la lavorazione e lo scambio di risorse pregiate e esotiche, come l’ambra, l’avorio e le uova di struzzo. Ma anche le forme dell’abitare in un insediamento esteso quasi 20 ettari e le modalità sepolcrali nelle due ormai celebri necropoli ad incinerazione delle Narde e di Fondo Zanotto trovano a Frattesina espliciti correlati archeologici, consentendoci di inquadrare il peculiare assetto sociale di quella che doveva essere la capitale del Polesine e del ‘Po di Adria’, nonché il principale centro di riferimento dei traffi ci fenici e ciprioti nell’Alto Adriatico.

Di questo universo variegato e complesso il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine è specchio ampio e fedele. Integrata nella splendida sede delle barchesse di Villa Badoer, l’articolazione del percorso espositivo corrisponde alla complessità del quadro storico proposto al visitatore: un piano per ciascuno dei due mondi (vivi e morti) e 18 sezioni per altrettanti temi e contesti, illustrati dai principali documenti archeologici e da effi caci rico-struzioni grafi che.

La storia di questo museo è appena più breve, ma quasi altrettanto densa di quella degli scavi. Il Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine nasce dalla sinergia tra uffi ci del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (la Soprin-tendenza archeologica e quella architettonica del Veneto occidentale, coordinate dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto) e Enti locali (la Provincia di Rovigo e il Comune di Fratta). L’impegno ormai ultradecennale di queste e altre istituzioni - in primis la Fondazione Cariparo - e delle numerose persone che hanno offerto il loro contributo - a partire dal Comitato Scientifi co - per la valorizzazione di questo straordinario patrimo-nio storico-culturale trova oggi concreta realizzazione editoriale con questa guida.

Ci auguriamo che essa possa costituire un’effi cace e memorabile introduzione al mondo di Frattesina per i giovani e meno giovani visitatori del più ‘giovane’ dei nostri musei.

Vincenzo Tiné Soprintendente per i Beni Archeologici del Veneto

Salutiamo con particolare piacere la pubblicazione della presente guida. Il sostegno della nostra Fondazione a que-sta iniziativa editoriale si inserisce nell’ambito di un impegno più ampio a favore dell’apertura nel 2009 del Museo Archeologico Nazionale a Fratta Polesine.

Il volume offre un contributo signifi cativo alla diffusione della conoscenza della storia plurisecolare di queste terre, di cui l’allestimento museale di Fratta offre uno spaccato puntuale ed effi cace, stimolando il visitatore a scoprire o riscoprire importanti reperti archeologici, provenienti dal villaggio di Frattesina e dalle sue necropoli.

Investire risorse ed energie per la realizzazione di luoghi deputati alla promozione della cultura e del patrimonio ar-tistico locale, con il coinvolgimento convinto degli enti territoriali, costituisce del resto per la Fondazione un aspetto centrale della propria attività a benefi cio dello sviluppo economico e sociale delle comunità di riferimento.

L’augurio è che la guida del Museo di Fratta Polesine sappia suscitare non solo l’interesse degli studiosi e dei pro-fessionisti del settore, che avranno ora a disposizione un nuovo e prezioso strumento per le loro attività di ricerca, ma dare anche ulteriore visibilità al nostro Polesine e alla sua storia, una ricchezza da preservare e da tramandare alle nuove generazioni.

Antonio FinottiPresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

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Il villaggio di Frattesina e le sue necropoli(XII – X secolo a.C.)

Il Museo rappresenta il punto di arrivo di oltre quarant’anni di ricerche nel Polesine, la sede che raccoglie le importanti testimonianze dei villaggi della tarda Età del bronzo sorti lungo l’antico corso del Po.

Il nucleo principale dell’esposizione è costituito dai ritrovamenti di un complesso archeolo-gico oggi ritenuto fra i più rappresentativi a livello europeo per l’Età del bronzo fi nale (XII – X secolo a.C.), quelli del villaggio di Frattesina e delle sue necropoli, individuate nelle località Narde e Fondo Zanotto.

Il percorso di visita prevede vari momenti di approfondimento volti ad offrire un’esperienza conoscitiva di grande valore, una fonte di interesse non solo per un pubblico esperto ma anche per coloro che per la prima volta si accostano all’archeologia.

La visita al Museo inizia con un’introduzione alla fase archeologica del bronzo fi nale in Eu-ropa e in particolare nel Veneto. L’inquadramento generale viene proposto con una serie di carte geografi che, che in modo semplice ed immediato illustrano le caratteristiche del periodo proto-storico, ed una selezione signifi cativa di rinvenimenti del Veneto orientale e occidentale (Treviso, Montagnana, Gazzo Veronese, Veronella, Garda), provenienti sia da ambiti abitativi, sia funerari.

Il percorso di visita prevede anche un approfondimento relativo all’antico Polesine, con le testimonianze dei villaggi sorti lungo le rive dell’antico ramo del Po nell’Età del bronzo recen-te, XIII secolo a.C., (Larda di Gavello, Castelnovo Bariano) e del bronzo fi nale (Mariconda di Melara, Villamarzana).

In questo ambito vengono illustrate le condizioni ambientali del periodo in esame, con l’il-lustrazione della fauna e della fl ora e dell’antico sistema idrografi co, attraverso un ricco apparato di immagini ricostruttive.

In questa sezione introduttiva viene affrontata anche la storia degli scavi e delle scoperte ar-cheologiche che sono state effettuate in Polesine negli ultimi quarant’anni.

Con la visita alla sala successiva si affrontano le testimonianze, d’importanza straordinaria, relative al grande abitato di Frattesina, esempio di eccezionale vitalità nel panorama europeo della tarda Età del bronzo. Il visitatore viene adeguatamente introdotto ai vari aspetti della vita quotidiana del villaggio, attraverso una serie di testi informativi e di immagini scientifi camen-te ricostruttive, volti a fornire i giusti strumenti per un approccio appassionante, ma rigoroso, all’esposizione.

La ricca serie di testimonianze archeologiche illustra le principali attività domestiche, quali la preparazione e la cottura dei cibi, la fi latura e la tessitura, il gioco e gli elementi cultuali. Le attività di sussistenza, quali l’agricoltura, la caccia e la pesca vengono illustrate grazie ai nume-rosi strumenti di lavoro che il villaggio ci ha restituito, quali ad esempio le asce per disboscare, i falcetti per mietere i cereali o gli ami da pesca, alcuni di eccezionali dimensioni, per pescare nel grande fi ume.

Un’ampia sezione è dedicata alle attività artigianali praticate con tale intensità e varietà nel villaggio di Frattesina da far supporre che la produzione non fosse unicamente destinata al fab-bisogno interno, ma anche all’esportazione, favorita dalla presenza del fi ume, che senza dubbio agevolava le relazioni di scambio ad ampio raggio. Vengono così illustrate, con una ricca serie di reperti d’importanza eccezionale, la lavorazione dei metalli, principalmente del bronzo, ma anche dell’oro e del piombo, la lavorazione dell’argilla per la realizzazione di vasi di varie fogge,

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la lavorazione del vetro, dell’osso animale e del corno di cervo.Eccezionali per qualità e quantità i reperti che testimoniano le produzioni metallurgiche,

quali le numerosissime forme da fusione in pietra (oltre 60), i 4 ripostigli “da fonditore”, veri e propri complessi di frammenti bronzei da rifondere, le centinaia di oggetti fi niti (ornamenti, utensili e armi) rinvenuti nell’abitato.

Anche le testimonianze relative alla lavorazione del vetro, quali le centinaia di perle, i fram-menti di crogioli in terracotta, gli scarti di lavorazione e i blocchetti di vetro di vari colori, non hanno eguali nel panorama europeo dell’Età del bronzo.

La presenza di alcune materie prime di origine esotica, quali l’avorio di elefante, l’ambra del Baltico, le uova di struzzo e la ceramica di tipo egeo, rivelano con certezza la pratica di importare alcune materie prime allo stato grezzo, attraverso scambi commerciali anche con aree poste a grande distanza, per lavorarle sul posto e realizzare oggetti pregiati. Di particolare rilevanza il co-siddetto “Tesoretto”, costituito da numerosi pettini in avorio, perle in vetro e ambra e ornamenti in bronzo, rivenuto nell’abitato insieme ai resti del recipiente bronzeo che lo conteneva.

L’ampia sezione posta al primo piano del Museo è interamente dedicata al mondo funerario. E’ esposta una signifi cativa selezione delle oltre mille sepolture rinvenute nelle necropoli di Fon-do Zanotto, individuata a 500 m a Sud-Est dell’abitato di Frattesina, e Narde, individuata a circa 600 m a Nord, sulla riva opposta del fi ume.

Il rituale funerario è quello della cremazione, caratteristico dell’Età del bronzo fi nale, seguito in modo pressoché esclusivo in tutta la penisola italiana e nelle coste settentrionali della Sicilia. Sono tuttavia attestate alcune, rare, sepolture ad inumazione, che prevedono appunto la deposi-zione del corpo direttamente nella nuda terra.

Le sepolture sono costituite principalmente dall’urna cineraria in terracotta e dal corredo posto al suo interno. Gli oggetti di corredo delle sepolture rispecchiano la ricca produzione artigianale svolta nell’abitato, infatti sono costituiti da numerosi ornamenti in bronzo, perle in vetro, ambra e oggetti in osso/corno.

Tra gli aspetti caratteristici dell’ideologia funeraria dell’Età del bronzo fi nale e delle fasi ini-ziali dell’Età del ferro in tutta l’Italia settentrionale è necessario considerare il divieto di deporre armi nelle sepolture. Da ciò deriva l’eccezionalità delle due sepolture della necropoli di Narde, ciascuna delle quali ha restituito una spada in bronzo di cui una con ribattini in oro. Tali ele-menti caratterizzano i due defunti non solo come guerrieri ma come dotati di un ruolo politico preminente.

Il visitatore è guidato da una serie di testi informativi, corredati di una ricca serie di immagini ricostruttive, riguardanti le varie tematiche funerarie, quali l’ideologia e il rituale funerario e religioso, la composizione e il signifi cato delle offerte e dei corredi, la storia delle ricerche nelle due necropoli.

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Introduzioneall’Età del bronzo

Le necropoli di Frattesina

Le necropolidi Frattesina

L’abitato di Frattesina

Piano terra

Percorso museale

Piano primo

INGRESSO

L’antico ambientedel Polesine

Prima di Frattesina

L’abitato di Frattesina

L’Italia nord-orientaleai tempi di Frattesina

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indice

Piano Terra, Sala I Prima di Frattesina 14 Frattesina tra Europa e Mediterraneo 15 Frattesina nel contesto dell’Italia 16 Antica idrografi a 17 L’antico ambiente del Polesine 18

Piano Terra, Sala II L’Italia nord-orientale dalla fi ne dell’Età del bronzo 24 agli inizi dell’Età del ferro Gli abitati dell’Età del bronzo fi nale nel Veneto 25 Le necropoli dell’Età del bronzo fi nale nel Veneto 26 Il Polesine ai tempi di Frattesina 28 La protostoria in Polesine: storia delle ricerche 29 La crono-tipologia 30

Piano Terra, Sala III L’abitato di Frattesina 32 La vita nel villaggio 33 La casa 34 Vita domestica 35 La cottura dei cibi 36 Il trattamento e la conservazione degli alimenti 37 La fi latura e tessuti 38 Abiti e ornamenti 39 Il mondo agricolo 41 Caccia e pesca 43 La ceramica 44 La lavorazione del corno e dell’osso 45 La produzione del vetro 47 L’artigianato metallurgico 49 Scambi e contatti 52 Metalli e vetro 53 Ambra, avorio e uova di struzzo, ceramica di tipo miceneo 54 Ambra e avorio 56 Il tesoretto 57 Aspetti cultuali 58

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Primo Piano, Sala IV Le necropoli di Frattesina 60 Le necropoli di fondo Zanotto 61 La scoperta e gli scavi L’organizzazione della necropoli Le tombe Le necropoli di Narde 62 La scoperta e gli scavi L’organizzazione della necropoli Le tombe Narde II: una nuova area sepolcrale della stessa necropoli I rituali funerari nell’Età del bronzo fi nale 63 Il rituale funerario dell’incinerazione Le analisi effettuate sui resti ossei cremati 64 Il rituale funerario dell’inumazione 65 Le analisi effettuate sui resti ossei Culto 66 I corredi funebri 67 Corredo maschile 68 Corredo Femminile Corredo infantile Le necropoli di Narde 69 Le tombe infantili Le tombe femminili 70 Le tombe maschili 71 La necropoli di fondo Zanotto 72 Le tombe infantili Le tombe femminili 73 Le tombe maschili 74 Il grande tumulo 75

Bibliografi a di riferimento 76

Per i materiali esposti del Veneto nel bronzo fi nale 78

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Ambito cronologico

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Prima di Frattesina

Introduzione all’Età del bronzo fi nale

L’antico ambiente del Polesine

Piano Terra, Sala I

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14 Piano Terra, Sala I

Dall’analisi tipologica dei materiali ceramici emerge che la fase iniziale dell’insediamento di Frattesina presenta alcune affi nità e una diretta derivazione dalle culture dell’Età del bronzo recente.

Nel Polesine sono ancora poco noti i siti del bronzo recente (XIII sec. a.C.); si tratta di rinvenimenti sparsi che per ora non permettono di ricostruire un quadro completo del popolamento del territorio in quest’epoca. Un gruppo di ritrovamenti, localizzato nell’Alto Polesine a Marola, Canova e Bosco S. Pietro (Castelnovo Bariano), rientra nel sistema di popolamento che ha la sede principale nelle vicine Valli Grandi Veronesi, dove sono numerosi i grandi villaggi arginati con le relative necropoli. Le principali ricerche si sono svolte nel Medio Polesine, in due siti della località Larda (Gavello), particolarmente signifi cativa anche per la sua collocazione ambientale in stretta relazione con l’antico delta padano. Gli scavi hanno parzialmente portato alla luce un abitato delimitato da argine e fossato, le cui capanne erano poste su un impianto di pali. La cultura materiale di questo sito si inquadra pienamente nell’Età del bronzo recente e presenta strette affi nità con il repertorio ceramico degli abitati della confi nante area della Romagna.

Recentemente (2008) sono iniziati gli scavi in un abitato, attribuibile ad una fase avanzata dell’Età del bronzo recente, a Campestrin di Grignano (Rovigo), che si trova lungo un antico ramo del Po, nelle immediate vicinanze di Fratta Polesine, e che pertanto potrà fornire dati interessanti sull’origine di Frattesina.

PRIMA DI FRATTESINA

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15Piano Terra, Sala I

FRATTESINA TRA EUROPA E MEDITERRANEO

Il periodo di vita dell’abitato (XIII-X sec. a.C.) coincide con lo sviluppo della civiltà dei Campi d’Urne, presente in molte regioni europee (Germania, Francia, penisola iberica, Italia, Balcani) accomunate dall’uso quasi esclusivo dell’incinerazione. La presenza di armi solo in pochissime tombe (v. le tombe 227 e 168 di Frattesina-Narde) indica la centralizzazione del potere politico, una condizione favorevole per l’espansione di attività produttive e reti di scambio. Lo sviluppo di Frattesina coincide con la crisi delle grandi potenze del Mediterraneo Orientale (Egitto, Hittiti, Micenei), cui seguì il cambiamento delle condizioni generali e dei centri di origine dei collegamenti verso il Mediterraneo centrale e occidentale.

Fra XVI e XIII sec. a.C. navigazioni dalla Grecia Micenea raggiungevano la Sicilia, l’Italia meridionale e l’Adriatico per acquisire materie prime italiane ed europee, in particolare metalli e ambra baltica. Il XIII sec. segna l’inizio di una crisi dovuta al declino dei regni micenei e all’avanzata in Sicilia e nelle isole Eolie di gruppi provenienti dall’Italia meridionale. Fra XIII e IX sec. all’infl uenza egea si sostituisce una forte presenza dal Mediterraneo Orientale (Cipro e Fenicia). La base più importante è la Sardegna; i collegamenti vanno dal Nord Africa, all’Etruria, all’Atlantico. Frattesina, in posizione strategica fra il Mediterraneo e l’Europa, partecipa direttamente a questo sistema. La presenza attiva di una componente orientale (mercanti-artigiani) è indiziata da materiali con confronti a Cipro (vedi frammento di dolio decorato nella vetrina Ritualità e Gioco) e dalla lavorazione di materie prime esotiche come l’avorio. Le condizioni strutturali in cui avviene questo sviluppo sono l’organizzazione politica centralizzata e il carattere industriale e commerciale delle produzioni.

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16 Piano Terra, Sala I

FRATTESINA NEL CONTESTO DELL’ITALIA

Frattesina è il principale punto di riferimento delle attività di acquisizione di materie prime, produzione e scambio per gran parte dell’Italia settentrionale e centrale. La sua complessità strutturale e organizzativa si basa su un insieme di fattori: la continuità con le manifestazioni locali più antiche, i collegamenti con la penisola, la probabile presenza di una componente proveniente dal Mediterraneo Orientale.

L’abitato è nato nel corso dell’Età del bronzo recente (ca. XIII sec. a.C.). Anche se praticate su una scala molto più ampia, molte produzioni, come la metallurgia e la lavorazione dell’osso e del corno di cervo, sono un’eredità delle fasi precedenti. Nel momento di massimo sviluppo (XII-X sec. a.C.), molti elementi indicano uno stretto rapporto di Frattesina e dell’area fra Veneto e Lombardia orientale, con il Bolognese, la Romagna, le Marche, l’Umbria e la Toscana.

L’intensità dei collegamenti su questo ampio territorio è indicata dalla somiglianza nelle forme e decorazioni della ceramica e dalla circolazione di metallo (oggetti fi niti e lingotti a forma di piccone). La vita a Frattesina s’interrompe, per motivi non ancora chiariti, agli inizi dell’Età del ferro.

Sono i centri villanoviani (cioè proto-etruschi) di Bologna e Verucchio ad ereditarne in buona parte le funzioni. Dal VI sec. a.C. la bassa pianura tra Adige, Po e costa adriatica tornerà al ruolo di punto nevralgico di contatti su lunga distanza con l’emporio etrusco di Adria.

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17Piano Terra, Sala I

La pianura polesana è di formazione geologica recente, frutto degli apporti alluvionali del Po, dell’Adige, in misura minore del Tartaro e dell’azione umana.

Le foto aeree e le indagini geomorfologiche hanno permesso di individuare numerose tracce di paleoalvei relativi al Tartaro e al Po, riconoscibili in lunghi dossi sabbiosi lievemente rilevati sulla campagna.

In epoca antica, il basso corso del Po scorreva più a nord rispetto a quello attuale e presentava un delta molto più ampio e profondo; inoltre, più arretrata era la linea di costa, ancora oggi indicata da una serie di cordoni di dune fossili.

All’epoca di Frattesina, uno dei principali rami padani era il “Po di Adria”, riconoscibile nella fascia dossiva che da Ostiglia arriva fi no all’antica linea di costa, toccando numerosi centri abitati tra i quali Castelmassa, Trecenta, Fratta Polesine, Ceregnano, Adria. È lungo il suo corso che sorsero i principali centri dell’epoca, tra i quali la stessa Frattesina.

Tra la fi ne dell’Età del bronzo e l’inizio dell’Età del ferro, un lungo periodo di forte piovosità con conseguenti alluvioni e dissesti idrogeologici portò ad una profonda trasformazione idrografi ca e ambientale; il Po di Adria perse la sua preminenza diventando un ramo secondario a vantaggio di un corso padano più meridionale, il “Po di Spina”.

ANTICA IDROGRAFIA

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18 Piano Terra, Sala I

Informazioni sull’ambiente naturale circostante l’abitato provengono principalmente dagli studi naturalistici. Si tratta soprattutto di analisi paleobotaniche, in grado di dare una completa ricostruzione della vegetazione (naturale e antropizzata), e di quelle archeozoologiche che, pur avendo come obiettivo primario lo studio delle popolazioni animali che hanno avuto rapporti con le comunità umane, forniscono utili considerazioni sulle attività economiche, rituali e sociali (metodi di caccia, domesticazione, allevamento, trasporti, lavorazione dei prodotti secondari dell’allevamento, attività di culto, ecc.) nonché informazioni indirette sull’ambiente vegetale.

Il paesaggio ai tempi di Frattesina era radicalmente diverso da quello attuale, completamente trasformato negli ultimi due millenni dall’azione congiunta di natura e uomo: bonifi che e appoderamenti, ritorno della selva e alluvioni, nuove bonifi che.

L’antica area deltizia doveva presentarsi ricca di corsi d’acqua e di boschi formati prevalentemente da querce, olmi e frassini; diffuse erano anche piante tipiche degli ambienti umidi, come ontani e salici. Tra gli alberi da frutto, il melo selvatico e il nocciolo. In alternanza agli spazi boschivi si aprivano ampie radure, in parte dovute all’azione dell’uomo tesa a sottrarre terra per le colture agricole di cereali (orzo e grano) e legumi.

Ricca e varia era la fauna, che comprendeva anche specie oggi scomparse dall’ambiente polesano. Per quanto riguarda le specie selvatiche, è stata riscontrata la presenza di cervo, capriolo, cinghiale, orso, castoro, istrice, gatto selvatico, lepre, volpe, di diversi mustelidi (martora, faina e donnola) e di avifauna tipica dei luoghi paludosi, come trampolieri e anatre. In relazione all’allevamento e alle specie domestiche, sono documentati suini, bovini, ovicaprini, il cavallo e il cane.

L’ANTICO AMBIENTE DEL POLESINE

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19Piano Terra, Sala I

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20 Piano Terra, Sala I

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21Piano Terra, Sala I

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22 Piano Terra, Sala I

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Il Veneto nel bronzo fi nale

Piano Terra, Sala II

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Nella protostoria dell’Italia settentrionale uno dei massimi sviluppi demografi ci si ha nelle fasi tra la piena Età del bronzo medio e il bronzo recente (XIV-XIII sec. a.C.), con una fi tta rete di abitati diffusi nella pianura padana e sulle pendici e sommità collinari.

Nel corso del XII sec. a.C., nel giro di pochi decenni, si ha un crollo di tutto questo sistema insediativo. Quasi tutta la pianura padana si spopola e solo pochi insediamenti a nord del Po documentano una continuità di vita fi no agli inizi dell’Età del bronzo fi nale (seconda metà del XII sec. a.C.). Una piena ripresa dell’insediamento nel territorio si ha nelle fasi piena e terminale del bronzo fi nale (XI-X sec. a.C.). In quest’epoca, nell’Italia nord-orientale il sistema insediativo è abbastanza diverso da quello delle fasi precedenti: il ruolo fondamentale è assunto dal territorio attorno all’asta fl uviale del Po; altri nuclei importanti sono quello del territorio posto alla confl uenza dei fi umi Tartaro e Tione e quello delle zone collinari prealpine. Molti degli insediamenti dell’Età del bronzo fi nale staranno alla base della nascita e sviluppo dei centri protourbani dell’Età del ferro.

L’ITALIA NORD-ORIENTALE DALLA FINE DELL’ETÀ DEL BRONZO AGLI INIZI DELL’ETÀ DEL FERRO

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GLI ABITATI DELL’ETÀ DEL BRONZO FINALE NEL VENETO

Nel Veneto sono conosciuti numerosi siti dell’Età del bronzo fi nale, un buon numero dei quali rappresenta la fase iniziale di importanti abitati protourbani che avranno il loro massimo sviluppo durante l’Età del ferro. In molti casi questi siti sono noti solo da recuperi di reperti e da qualche piccolo sondaggio di scavo. Sono ancora pochi gli abitati in cui siano state fatte ricerche in estensione, che abbiano permesso di conoscere le strutture delle capanne e le altre strutture interne e perimetrali dei villaggi.

I dati più interessanti si sono ottenuti in recenti ricerche svolte all’interno dell’attuale centro urbano di Treviso. È stata scavata parte di un insediamento con abitazioni a pianta rettangolare, con pareti in graticcio intonacato con argilla e con copertura costituita da un’intelaiatura lignea. I diversi nuclei di abitazioni erano intervallati da zone destinate all’allevamento e alle coltivazioni.

Altre importanti ricerche sono state condotte nell’abitato protostorico di Montagnana, dove sono state portate alla luce strutture abitative e aree artigianali per la lavorazione della ceramica. La struttura dell’insediamento si presenta abbastanza complessa, con vari nuclei abitativi associati a piccoli nuclei di necropoli, e con una successione stratigrafi ca di livelli abitativi che si alternano a livelli d’abbandono dell’area. Il rinvenimento di un frammento di ceramica “egea” e di un ripostiglio di bronzi vengono a sottolineare l’interesse archeologico di questo abitato, che rappresenta il più importante centro protostorico lungo l’asse fl uviale dell’antico corso dell’Adige.

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Varie aree destinate alla deposizione dei defunti sono state individuate nel Veneto. Si tratta principalmente di vere e proprie necropoli comprendenti decine o centinaia di sepolture. Il rito funebre maggiormente seguito nel Veneto dell’Età del bronzo fi nale, come in gran parte della Penisola, è quello della cremazione: il corpo del defunto veniva incenerito sulla pira funebre e i resti ossei raccolti in urne di terracotta, spesso dalla caratteristica forma biconica. L’urna, coperta da una scodella capovolta, veniva deposta in pozzetti scavati nel terreno.

Tra i rinvenimenti di tipo funerario del Veneto, risultano di particolare interesse quelli di Desmontà, Garda e Gazzo.

GARDA (VR)

Nel 1964, in seguito a lavori edili, sono stati portati alla luce due gruppi di sepolture databili al bronzo fi nale e prima Età del ferro. Il primo gruppo è costituito da alcune sepolture prive dell’urna in ceramica, forse facenti parte di un piccolo tumulo di terra; il secondo invece raggruppa alcune sepolture con urna biconica coperta da una scodella capovolta o da una lastra di calcare.

La necropoli non sembra riferibile ad un abitato palafi tticolo o di riva del lago di Garda, bensì ad un insediamento le cui tracce sono state individuate sulla sommità della Rocca Vecchia.

LE NECROPOLI DELL’ETÀ DEL BRONZO FINALE NEL VENETO

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DESMONTÀ (VERONELLA/ALBAREDO D’ADIGE - VR)

Nel 1982 è stata individuata la necropoli riferibile all’abitato protostorico diSabbionara, posto a circa 600 m di distanza. Grazie agli scavi effettuati negli ultimi anni, è stato possibile individuare vari piccoli gruppi di tombe, lontani anche centinaia di metri l’uno dall’altro. Il tipo di sepoltura più diffuso si presenta senza urna in ceramica, cioè all’interno di una semplice buca scavata nel terreno si trovano ossa bruciate, resti carboniosi della pira funebre ed elementi del corredo in bronzo.

Nell’area della necropoli sono stati trovati anche due schinieri in lamina di bronzo, da interpretare come deposito votivo o come parte di una stele lignea.

PONTE NUOVO (GAZZO VERONESE)

Sono stati individuati tre gruppi di sepolture, databili all’Età del bronzo fi nale/prima Età del ferro, sparsi in un’area molto vasta, posta a ridosso della sponda sinistra dell’attuale corso del Tione, a circa 3 km a Sud-Ovest del centro abitato di Gazzo. I primi rinvenimenti in località Ponte Nuovo risalgono al 1976 e sono avvenuti in seguito a lavori di sistemazione agraria, mentre dal 2000 sono iniziate estese indagini archeologiche.

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Nell’Età del bronzo fi nale diversi abitati si svilupparono lungo il tratto dell’estinto “Po di Adria” che va dagli attuali limiti occidentali della provincia di Rovigo fi n quasi alla costa adriatica. Frattesina era il principale abitato della zona e doveva svolgere un ruolo egemone almeno tra XII e XI sec. a.C. Ciò è indiziato dalla notevole estensione del sito, dalle varie e complesse attività artigianali che qui si svolgevano e dalla presenza di indicatori di scambio su lunga distanza. Forse pertinenti alla stessa unità sociale e politica erano alcuni insediamenti minori (forse destinati al solo sfruttamento agricolo del territorio) sorti pochi chilometri ad est di Frattesina, tra Gognano e Capobosco.

Nel corso del X secolo ac-quistò maggiore importanza l’insediamento di Villamar-zana, costituito da vari nuclei d’abitato nei quali venivano svolte attività artigianali ana-loghe a quelle di Frattesina.

Più ad occidente, distanziati tra loro alcune decine di chilometri, si trovavano gli abitati di Mariconda di Melara, che presenta indicatori di attività artigianali complesse come la lavorazione del vetro, e quello recentemente individuato di Trecenta. Infi ne, un abitato attribuibile ad una fase evoluta dell’Età del bronzo fi nale è stato scoperto a Saline di S. Martino di Venezze, lungo un ramo più settentrionale del Po.

IL POLESINE AI TEMPI DI FRATTESINA

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LA PROTOSTORIA IN POLESINE: STORIA DELLE RICERCHE

Le principali conoscenze relative alla protostoria del Polesine sono il risultato di fortunate scoperte fortuite e indagini archeologiche avvenute a partire dagli anni sessanta del secolo scorso.

Il primo scavo di un sito dell’Età del bronzo fi nale in Polesine è stato fatto nel 1962 a Mariconda di Melara, ma fondamentale è stata la scoperta dell’abitato di Frattesina nel 1967, quando arature profonde e attività di sbancamento intaccarono i depositi archeologici portando in superfi cie un’abbondanza di materiali databili all’Età del bronzo fi nale, che evidenziarono immediatamente l’importanza del sito. Dopo i primi saggi compiuti nel 1968, tra il 1974 e la fi ne degli anni ‘80 seguirono regolari campagne di scavo e raccolte di superfi cie sistematiche che interessarono il settore centro-occidentale e orientale dell’abitato.

Al 1977 risale la scoperta della prima necropoli relativa all’abitato di Frattesina, in località Fondo Zanotto, circa 500 m a est dell’abitato; una seconda necropoli verrà individuata nel 1985 in località Narde, circa 700 m a nord dell’abitato. Probabilmente pertinente a questa stessa necropoli è l’ultima area sepolcrale individuata e indagata nel 2004-2005, nota come Narde II.

Negli stessi anni furono avviate le ricerche nel vicino abitato di Villamarzana, dove furono condotte delle campagne di scavo nel 1970 e nel 1993. Altri siti dell’Età del bronzo fi nale sono stati oggetto di ricerche di superfi cie e brevi sondaggi di scavo a Saline di S. Martino di Venezze nel 2006 e Trecenta nel 2001.

All’Età del bronzo recente risalgono, invece, i siti individuati dalla ricerca di superfi cie a Marola, Canova e Bosco San Pietro (comune di Castelnovo Bariano), a Larda di Gavello, quest’ultimo indagato da alcune campagne di scavo tra la fi ne degli anni ‘90 e il 2006, e a Campestrin di Grignano nel 2007-2009.

Proseguono tuttora le attività di indagine e di monitoraggio del territorio, che continua a restituire generosamente indizi e tracce della sua storia più antica.

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I manufatti che gli archeologi trovano negli scavi sono oggetti che venivano utilizzati nella vita quotidiana e in tutte le attività. Per l’Età del bronzo, gli oggetti più frequenti, cioè quelli che si conservano meglio e più a lungo, sono vasi di ceramica e ornamenti, strumenti e armi in bronzo. Nel corso del tempo, con il variare del gusto, delle tecniche e delle attività, le forme e le decorazioni dei manufatti cambiano più o meno rapidamente. Il risultato è che gli oggetti in uso in una certa fase sono in parte diversi da quelli usati in una fase più antica o più recente. Di solito, ognuna delle diverse fasi di vita di un abitato o di una necropoli è caratterizzata da una combinazione specifi ca di vasi e di oggetti di bronzo.

Il cambiamento formale dei manufatti nel tempo è quindi uno degli strumenti con i quali viene costruita la cronologia relativa di un deposito archeologico. Le relazioni degli scavi e lo studio dei manufatti hanno permesso di defi nire una suddivisione della vita dell’abitato di Frattesina in tre fasi principali, non ancora precisamente datate, dato anche il dibattito in corso sulla cronologia assoluta dell’Età del bronzo europea.

Fase 1 - passaggio dall’Età del bronzo recente all’Età del bronzo fi nale (circa XIII - XII sec. a.C.)Fase 2 - Età del bronzo fi nale (circa XII - XI sec. a.C.)Fase 3 - passaggio dall’Età del bronzo fi nale alla prima Età del ferro (circa X sec. a.C.)

LA CRONO-TIPOLOGIA

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L’abitato di Frattesina

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Il villaggio si estende per oltre 20 ettari (circa 800 m di lunghezza ed una larghezza massima di 300 m) dei quali meno di un decimo è stato oggetto di indagini scientifi che: scavi e raccolte di superfi cie sistematiche. Il villaggio fu edifi cato su un debole rilievo, forse di origine alluvionale, in prossimità della sponda destra dell’antico “Po di Adria”, che costituiva pertanto il limite settentrionale dell’abitato. Ad est, sud e ovest, in assenza di dati certi, è ipotizzabile la presenza di strutture difensive analoghe a quelle di altri villaggi dell’Età del bronzo, in particolare quelli “terramaricoli”, di poco più antichi e dotati di argine in terra e fossato e/o palizzata.

La distribuzione delle abitazioni, fi tta e uniforme, presuppone una popolazione di diverse centinaia di individui. Tra le abitazioni e particolarmente nell’area centrale del villaggio, si trovano anche i laboratori artigianali. Ben distinte sono invece le due aree destinate alla sepoltura: la necropoli di Fondo Zanotto, 500 m a sud est, e la necropoli di Narde, 700 m a nord.

L’ABITATO DI FRATTESINA

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LA VITA NEL VILLAGGIO

La vita nel villaggio era scandita da attività quotidiane di tipo domestico ed artigianale strettamente connesse alla capanna, intesa come abitazione e talora anche come laboratorio. In particolare, la sorprendente mole di manufatti legati all’artigianato e la loro fi tta distribuzione fanno intuire come quest’ultimo avesse un ruolo fondamentale e propulsivo per l’economia del villaggio. All’eccezionale produzione artigianale si affi ancava l’attività di scambio dei prodotti fi niti e delle materie prime, che inseriva Frattesina in una rete di contatti a media e lunga distanza dal nord Europa al Mediterraneo Orientale.

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La struttura più antica fi nora indagata è la capanna Zeta, databile attorno all’XI sec. a.C. L’incendio che l’ha distrutta ha permesso la conservazione di parte della pavimentazione e dell’intonaco in argilla (cotti dal fuoco) e di pali carbonizzati. La pianta di forma pressappoco ovale ha dimensioni modeste (4x3 m). Dell’alzato in pali portanti e frasche intonacate di argilla rimangono frammenti di intonaco con impronte di rami o canne. Forse pertinenti al tetto sono i resti di due pali carbonizzati, crollati sul pavimento. All’interno della capanna sono stati individuati quasi unicamente materiali ceramici, che suggeriscono una funzione di magazzino in alternativa a quella abitativa.

Tra X e IX sec. a.C., in seguito ad un imponente episodio alluvionale, il villaggio si riorganizza: le capanne, ora a pianta quadrangolare, hanno dimensioni maggiori e sono più diradate. Come nella fase precedente, i resti della struttura abbandonata vengono coperti con argilla pulita che ha funzione di base per l’impianto di una successiva costruzione. Vicino alle capanne si trovano grandi buche per i rifi uti o per seppellire i resti di strutture distrutte.

LA CASA

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La capanna rappresentava il fulcro della vita familiare. All’interno era posto il focolare, realizzato in argilla mista a limo indurita per effetto del calore, di forma più o meno quadrangolare e di poco rilevato rispetto al pavimento in battuto. Punto d’incontro e di convivio, intorno al focolare si preparavano le pietanze, si consumavano i pasti, si conversava. Altre attività domestiche, oltre alla lavorazione e preparazione degli alimenti, erano rivolte al trattamento delle fi bre tessili (fi latura e tessitura), di esclusiva pertinenza femminile. Anche lavorazioni più complesse e di tipo artigianale, talvolta legate all’uso del fuoco (metallurgia, vetro), sembra fossero svolte all’interno o in prossimità delle abitazioni stesse e non in zone specifi che dell’abitato destinate esclusivamente ad attività di laboratorio.

VITA DOMESTICA

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L’alimentazione si basava essenzialmente sui prodotti provenienti dalla coltivazione dei campi, dall’allevamento ed in misura minore dalle attività di caccia, pesca e raccolta di specie selvatiche.

Alla cottura dei cibi (principalmente zuppe di legumi e cereali) erano destinate le olle, contenitori ovoidali con fondo piatto talvolta dotati di coperchio dalla forma troncoconica o discoidale. Sempre destinati alla cottura erano i fornelli a piastra circolare con corpo troncoconico e apertura alla base per caricare le braci; gli alimenti venivano cotti sulla piastra riscaldata e chiusa da una sorta di teglia con piccole maniglie orizzontali.

LA COTTURA DEI CIBI

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IL TRATTAMENTO E LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI

Tra le attività di lavorazio-ne degli alimenti è la moli-tura dei cereali, per la quale si utilizzavano macine realiz-zate da un blocco di pietra abrasiva con un lato accura-tamente spianato che diveni-va concavo per l’azione del macinello, piccolo ciottolo in pietra. Alla conservazione degli alimenti (liquidi e soli-di) erano destinati diversi tipi di contenitori fi ttili: dai vasi di forma biconica ai grandi dolii. Oggetti di uso partico-lare erano i vasi a colino, con il fondo a piccoli fori, forse destinati alla lavorazione del latte.

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Attività strettamente legate all’ambiente domestico ed al mondo femminile sono quelle relative alla produzione di tessuti. La fi latura, qui attestata come in gran parte dei siti archeologici, dalla presenza di fuseruole e rocchetti in ceramica, consisteva nel trasformare fi bre vegetali o animali in un fi lo lungo e compatto con l’utilizzo del fuso, un bastoncino in legno lungo 20-30 cm, all’estremità del quale si fi ssava la fuseruola. Questa fungeva da volano, permettendo di incrementare la velocità del fuso e di mantenere regolare e continuo il movimento di rotazione necessario ad attorcigliare la fi bra conferendole resistenza ed elasticità. Le fi bre più utilizzate erano il lino e la lana di pecora. Filati e tessuti potevano essere colorati tramite macerazione in acqua utilizzando pigmenti organici naurali ricavati da essenze spontanee, quali il guado per l’azzurro, la robbia (dalle radici) per il rosso, l’ebbio (dalle bacche) e la celidonia (dal lattice) per il giallo.

Per la tessitura dei fi lati si utilizzava un telaio verticale in legno, che poteva essere largo fi no a 2 metri e veniva appoggiato obliquamente ad una parete della capanna. Sulla sua struttura venivano fi ssati i fi li verticali che costituivano l’ordito, legati inferiormente a pesi che servivano a tenerli in tensione. Tra i fi li dell’ordito, tenuti alternatamante separati da una stecca, si passavano orizzontalmente i fi li della trama in modo da formare un intreccio perpendicolare.

Nella totale assenza di resti relativi sia ai telai che ai tessuti, l’attività è documentata nell’abitato dai pesi in ceramica per lo più a forma di ciambella, che tenevano in tensione l’ordito, di peso e dimensioni variabili in funzione delle caratteristiche di resistenza e consistenza del fi lato.

LA FILATURA

I TESSUTI

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ABITI E ORNAMENTI

I rarissimi ritrovamenti di tessuti preistorici, come quelli di alcune sepolture danesi dell’Età del bronzo, sono le uniche testimonianze che ci permettono di formulare qualche ipotesi sull’abbigliamento: una corta tunica e una gonna lunga per le donne, una tunica, stretta in vita da una cintura, ed un mantello per gli uomini.

I corredi funerari delle necropoli di Narde e Fondo Zanotto presentano invece molti elementi relativi all’ornamento. Gli spilloni e le fi bule (le attuali spille) in bronzo servivano a fi ssare le vesti. Sempre connessi all’abbigliamento erano piccoli bottoni in corno di cervo o anche d’ambra e borchie in metallo. Tra gli ornamenti molti sono gli elementi per collane, pendagli e bracciali in osso e corno di cervo, e conchiglia. Di particolare prestigio dovevano essere le perle in vetro (forse usate anche nei tessuti) e in ambra.

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Gli elementi di corredo rinvenuti nelle sepolture suggeriscono una ricostruzione del costume maschile, femminile e infantile, qui proposto in una versione ipotetica.

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I risultati delle analisi paleobotaniche e osteologiche, condotte sul materiale organico recuperato in superfi cie e in fase di scavo, hanno dimostrato che l’economia di sussistenza dell’abitato si basava principalmente sullo sfruttamento agricolo dei suoli fertili della pianura padana e sull’allevamento. È documentata la presenza di orzo, grano, leguminose, mele e uva. L’attività agricola è testimoniata, oltre che dai falcetti in bronzo, anche dagli strumenti pertinenti alla lavorazione del terreno, come le zappette in corno di cervo e il puntale piramidale di un probabile vomere in bronzo.

L’allevamento del bestiame svolgeva sicuramente un ruolo di primaria importanza, essendo bovini, caprovini e suini la principale fonte di carne. I suini sono la specie più rappresentata (55% del numero dei resti e 41,5% del numero minimo di individui) seguiti in ordine di importanza da ovicaprini e bovini. Lo scopo principale dell’allevamento bovino sembra esser stato l’impiego degli animali principalmente nei lavori agricoli, mentre quello degli ovicaprini sembra essere l’apporto alimentare e la produzione di lana. Dalla mortalità di questi ultimi si nota viceversa uno scarso interesse per la produzione di latte. Il cavallo, abbastanza scarso, molto probabilmente non era utilizzato nell’alimentazione ma solo come mezzo di trasporto e/o legato al traino: i montanti di morso in corno di cervo così come le riproduzioni fi ttili ne sono una riprova.

IL MONDO AGRICOLO

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Sebbene poco praticata, la caccia aveva ancora una sua rilevanza sociale e, data la scarsità dei reperti ad essa collegata (poche le punte di freccia in bronzo e in selce recuperate), veniva condotta per integrare la dieta alimentare. Era volta soprattutto verso il cervo, di cui venivano anche raccolti i palchi caduchi per utilizzarli nella produzione artigianale dei diversi utensili. Seguono in ordine d’importanza uccelli, cinghiali, castori, caprioli, volpe, lupo e diversi mustelidi (martora, faina e donnola). Ben documentate inoltre la raccolta delle tartarughe di terra e palustri e la pesca soprattutto di lucci, tinche e, in misura minore, scardole, cavedani, anguille e barbi. Di fatto, il ritrovamento di un gruppo di grossi ami (oltre 15 cm di lunghezza), può far pensare alla presenza di forme di pesca specializzata nella cattura di specie di grande taglia.

CACCIA E PESCA

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L’attività del vasaio è attestata da migliaia di frammenti ceramici pertinenti a vasi usati per conservare, cucinare, mangiare, bere, ma anche ad oggetti funzionali alla tessitura e fi latura ed attività complementari. Le materie prime erano formate da argille carbonatiche reperite localmente ed inclusi di varia natura: soprattutto granuli di ceramica macinata (chamotte) e di rado sostanze organiche e sabbia del Po.

La modellazione era manuale o per mezzo della tecnica a cercine, sovrapponendo più cordoni di impasto argilloso, e/o a stampo, utilizzando cioè dei modelli su cui “spalmare” la lastra di impasto. La notevole varietà formale e l’utilizzo di più impasti (ne sono stati individuati 5) in rapporto alla forma e alla funzione attestano una manifattura di tipo semi-specialistico.

La decorazione è testimoniata dalla presenza di cordoni plastici, tacche, fasci di incisioni o solcature formanti talora apparati decorativi articolati, mentre i trattamenti di superfi cie per mezzo di lisciatoi litici o in corno, potevano essere sia funzionali che decorativi.

La cottura avveniva a temperature comprese tra 600°C e 800°C e, in mancanza di dati archeologici, si presume potesse essere praticata utilizzando sistemi simili alla fornace a struttura orizzontale del bronzo recente rinvenuta a Basilicanova (Parma).

LA CERAMICA

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Tra le attività artigianali di tipo tradizionale, la lavorazione del corno e dell’osso risulta essere una delle principali e meglio rappresentate a Frattesina. Viene usato soprattutto il palco di cervo per le sue proprietà, simili a quelle di un legno duro: compattezza, fl essibilità, resistenza. Il cervo, ben adatto all’ambiente boscoso e umido della bassa pianura, perde il palco una volta all’anno, alla fi ne dell’inverno. Un palco di cervo adulto pesa in media 8-10 kg, per cui la semplice raccolta mette a disposizione una notevole quantità di materia prima. Quantità e qualità dei prodotti sono collegate anche al miglioramento delle tecniche di lavorazione, come ad esempio l’introduzione dell’uso della sega, evidente nei tagli netti dei grandi rami del palco cervino. In corno è realizzata un’ampia gamma di utensili ed elementi d’ornamento o connessi all’abbigliamento. Frequenti le fi ni decorazioni a cerchielli concentrici (occhi di dado) ottenuti con due punte in bronzo usate a compasso.

LA LAVORAZIONE DEL CORNO E DELL’OSSO

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LA PRODUZIONE DEL VETRO

La lavorazione del vetro è testimoniata dalla presenza di crogioli con incrostazioni vetrose, blocchetti di vetro grezzo, scarti di lavorazione e migliaia di perle: un insieme unico nell’Europa della tarda Età del bronzo.

A Frattesina si lavorava il vetro per realizzare perle da collana di varie tonalità di blu, rosso, verde e bianco (quest’ultimo solo per le decorazioni) ottenute riscaldando la massa vetrosa fi no a renderla molle e traendo da questa un fi lo che veniva avvolto attorno ad un’asta metallica rivestita di un impasto di argilla per facilitarne l’estrazione. In alcuni casi le perle erano decorate con successivi avvolgimenti spiraliformi di vetro di colore diverso rispetto a quello di fondo, o con l’applicazione di gocce per ottenere un motivo ad “occhio”.

Senza confronti sono le ceramiche ricoperte da uno strato di vetro decorato a pastiglie bianche.

Molto probabile è anche la produzione del vetro da materie locali. Indizi in tal senso vengono dalle analisi composizionali: quarzo ricavato da sabbie o ciottoli macinati, coloranti come rame e cobalto e sostanze fondenti per abbassarne il punto di fusione attorno a 1000° C. Sono soprattutto i fondenti che permettono di distinguere i vetri di Frattesina ad “alcali misti”, ossia potassa e soda ricavate da ceneri vegetali, dai coevi vetri micenei o vicino orientali a fondente sodico.

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L’ARTIGIANATO METALLURGICO

L’artigianato metallurgico è documentato da ripostigli “da fonditore” (in tutto 4), matrici da fusione (circa 60) e oggetti fi niti.

I ripostigli da fonditore, veri e propri complessi di materiali metallici di recupero (spesso frammentari, ripiegati, usurati ed esposti al fuoco) associati a pani (lingotti) dalla tipica forma a piccone, permettono di ipotizzare che il bronzo fosse già importato come lega per essere lavorato in loco. Per quanto riguarda l’organizzazione della produzione, il fatto che provengano tutti dal settore centrale dell’abitato indicherebbe un preciso controllo della produzione da parte della comunità, o meglio della sua élite, che doveva controllare anche l’approvvigionamento della materia prima. Sebbene prevalga largamente il bronzo (lega al 90% circa di rame e 10% circa di stagno), sono lavorati anche il piombo (importato in lingotti) e l’oro, rarissimo in Italia in questo periodo.

La grande importanza della metallurgia è spiegabile, in primo luogo, nel quadro dei generali mutamenti avvenuti in questo settore nei secoli fi nali del II millennio a.C. Ora il metallo è impiegato non solo per ornamenti, come fi bule e spilloni, o armi (spade, punte di lancia e di giavellotto), ma anche per nuovi prodotti di lusso (tazze e vasi in lamina detti “situle”) ed una vasta gamma di attrezzi da lavoro che accanto alle tradizionali asce vede ora anche seghe, scalpelli, lesine, coltelli. Ne è testimonianza l’eccezionale quantità di oggetti fi niti rinvenuti, dieci volte superiore alla media degli abitati delle fasi precedenti.

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51Piano Terra, Sala III

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SCAMBI E CONTATTI

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MetalliTra i metalli quello che svolge il ruolo più importante negli

scambi è il rame, proveniente dai giacimenti del Trentino orientale e della Toscana; da questi, o forse dalla Sardegna, potrebbe provenire anche il piombo. Meno diffusi sono lo stagno, presente in Toscana, e l’oro, rarissimo in questa fase, che potrebbe provenire da giacimenti alpini.

I ripostigli da fonditore, datati alla fase centrale della vita del sito, documentano un sistema complesso di circolazione del metallo, indiziato dalla presenza di materia prima, i “pani a piccone” di rame o bronzo, e manufatti usurati o rottami da rifondere, soprattutto palette

con immanicatura a cannone. Pani e palette compaiono nei ripostigli del versante adriatico dell’Italia centro - settentrionale, in Francia, e in Slovenia.

È probabile che la crescita della metallurgia di Frattesina dipenda dallo sviluppo delle attività estrattive in Etruria mineraria, il cui metallo sostituisce quello dei giacimenti trentini, molto sfruttati tra XIV e XI sec. a.C., e dall’inserimento nel sistema di scambi di rottami metallici da rifondere.

VetroL’area di distribuzione di perle di vetro simili per tipologia e

composizione chimica a quelle di Frattesina è particolarmente vasto e richiama in parte, quella delle ambre lavorate. La concentrazione maggiore è in Italia del nord e in Svizzera, con presenze anche in Europa centro-settentrionale, nella penisola italiana e in area Egea.

La produzione locale di vetro è documentata per ora con certezza solo nel Veneto meridionale, e in particolare a Frattesina.

Tra XIV e XIII secolo a.C., nelle regioni adriatiche del centro-nord compaiono sia ceramiche egee o imitazioni locali, sia perle in materiali vetrosi di probabile produzione egea o vicino orientale. La tecnologia vetraria potrebbe essere inizialmente il risultato di scambi o contatti con maestranze straniere, ma assume già dal XII sec. a.C., un aspetto marcatamente nuovo e distinto da altre tradizioni.

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AmbraLe analisi in spettroscopia infrarossa condotte sulle ambre di

Frattesina le indicano come succinite e la più probabile zona di raccolta o estrazione di questa preziosa resina fossile è la costa baltica. Sebbene non siano stati ancora riconosciuti sicuri centri di fabbricazione delle ambre del bronzo fi nale, la loro variabilità tipologica sembra indiziare una pluralità di centri di lavorazione e Frattesina potrebbe essere stato uno di questi. Elementi da collana riconducibili ai tipi “Tirinto” ed “Allumiere”, coprono un’area vastissima: dalla Svizzera, alle coste siropalestinesi,

all’Ucraina, ma la maggiore concentrazione si registra nelle regioni adriatiche, in Italia centrale, in Sardegna e in Grecia.

Avorio e uovo di struzzoL’area di provenienza dell’avorio potrebbe essere l’Africa del

nord, sebbene resti zoologici e fonti scritte attestino la presenza di elefanti indiani nella Siria dell’Età del bronzo. Pettini del tipo di quelli prodotti a Frattesina sono attestati in diverse località italiane, dal Veneto (Caorle) fi no alla Calabria (Torre Mordillo). La presenza di un pettine in avorio “tipo Frattesina” in una tom-

ba, datata al XII sec.a.C., della necropoli di Enkomi a Cipro potrebbe essere un indizio della provenienza dell’avorio grezzo dalle coste siro-palestinesi ed anche di un ritorno di prodotti fi niti lungo gli stessi itinerari. È probabile che dalla stessa zona di provenienza dell’avorio venga anche l’uovo di struzzo, di cui sono stati riconosciuti a Frattesina diversi frammenti, probabili resti di contenitori, spesso fi nemente decorati, noti in questa fase nel Mediterraneo orientale.

Ceramica di tipo miceneoPochissimi, ma di notevole interesse, i frammenti di ceramica

di tipo tardo miceneo recuperati nell’abitato, distinguibili dalle produzioni locali per l’impiego di argille depurate, modellate al tornio, provviste di decorazione dipinta e cotte a temperature superiori ai 900°C. Le indagini archeometriche condotte sui frammenti ne indicano una probabile provenienza dai villaggi “miceneizzati” dell’Italia meridionale (Puglia e forse Calabria), dove una più avanzata tecnologia della produzione ceramica era stata introdotta da artigiani egei.

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AMBRA

AVORIO

L’ambra è una resina non completamente fossilizzata. Il tipo più famoso e sfruttato fi n dall’antichità è quello dell’area baltica. Il suo colore solare e lucente, il profumo resinato, le supposte qualità terapeutiche o apotropaiche e la provenienza dall’estremo nord suscitarono l’interesse delle popolazioni mediterranee fi n dall’Età del bronzo: i più antichi vaghi da collana in ambra baltica rinvenuti in Italia e in Grecia risalgono al XVII - XVI sec. a.C.

A Frattesina sono stati rinvenuti vaghi da collana di varie forme. Il ritrovamento invece di vaghi non fi niti (privi del foro) ed alcuni blocchetti di materia prima testimonia la lavorazione locale.

A Frattesina si lavorava anche l’avorio di elefante, animale certamente non presente nella fauna locale. Il ciclo produttivo, documentato da alcune centinaia di scarti e pezzi semilavorati, non doveva essere molto diverso da quello della lavorazione del corno di cervo. Dato l’intrinseco valore, questo materiale era destinato alla produzione di oggetti di prestigio, come rivestimenti per manici di spade o coltelli e soprattutto pettini.

Questi ultimi, individuati per la prima vol-ta in questo sito nel cosiddetto “tesoretto”, hanno un’impugnatura a semicerchio fi tta-mente decorata a cerchielli concentrici incisi (o “occhi di dado”)

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57Piano Terra, Sala III

IL TESORETTO

Eccezionale ripostiglio rinvenuto nell’abitato di Frattesina, costituito da diversi materiali di prestigio: fi bule e spillone in bronzo, cannelli cilindrici decorati, almeno 5 pettini in avorio, alcune centinaia di dischetti forati in osso/corno e di perline in vetro azzurro, 25 perle in ambra, di cui 6 di tipo Tirinto, una cote litica e i resti di un recipiente in lamina di bronzo (situla tipo Kurd), probabile recipiente del ripostiglio.

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ASPETTI CULTUALI

Se si escludono le sepolture ed i relativi corredi funerari, ben pochi sono gli indizi che consentono di avvicinarsi alla struttura ideologica e religiosa delle comunità preistoriche. Tra i materiali rinvenuti nell’abitato, di carattere cultuale potrebbero essere le raffi gurazioni animali ed umane in terracotta.

Statuine di bovini o semplici stilizzazioni di protomi taurine sulle anse di tazze, sono molto diffuse a partire dall’Età del bronzo recente e sono state interpretate come un riferimento simbolico a culti legati al mondo terrestre. Indizi di una certa rilevanza del cavallo nella sfera ideologica sono le sue raffi gurazioni in ceramica, non di rado associate al carro.

Di fattura molto stilizzata sono le statuine antropomorfe maschili e femminili, interpretabili come idoletti o rappresentazioni di antenati. In alcuni casi le rappresentazioni della fi gura umana, generalmente rare in quest’epoca, sono state interpretate come esito di contatti con il mondo mediterraneo. Ne sono un esempio anche le raffi gurazioni a rilievo che decorano due frammenti di dolio, uniche nel loro genere in ambito locale. Particolarmente degno di nota il frammento maggiore, che presenta una scena, forse di danza, con fi gure umane dalla testa di uccello.

Di particolare rilievo, infi ne, i frammenti di una lamina d’oro, che potrebbe testimoniare la presenza di “dischi solari” riferibili all’immagine del sole e a culti astrali.

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La necropoli di Frattesina

Primo Piano, Sala IV

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LE NECROPOLI DI FRATTESINA

Le ricerche archeologiche hanno portato all’individuazione di due necropoli, o aree di sepoltura dei defunti, pertinenti all’abitato protostorico di Frattesina. La prima necropoli, individuata nel 1977, è quella di Fondo Zanotto, posta a circa 500 m a Sud-Est dell’abitato. L’area funeraria ha restituito più di 150 sepolture, prevalentemente ad incinerazione, tutte databili all’Età del bronzo fi nale/prima Età del ferro (XII-IX sec. a.C.).

La seconda necropoli è stata scoperta nel 1985 a Narde, un’area posta a 700 m a Nord/Ovest di Frattesina, sulla sponda opposta dell’antico corso del Po rispetto a quella lungo la quale si sviluppava l’abitato. L’area funeraria ha restituito circa 600 sepolture disposte su più livelli in modo da costituire un grande tumulo artifi ciale. Nel 2004, a 150 m di distanza, è stata individuata un’altra zona dedicata alla sepoltura e alla combustione dei defunti, detta Narde II, facente parte probabilmente della stessa grande area sepolcrale, che ha restituito 240 sepolture, prevalentemente a rito crematorio e sempre databili all’Età del bronzo fi nale/prima Età del ferro (XII-IX sec. a.C.).

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61Primo Piano, Sala IV

LA NECROPOLI DI FONDO ZANOTTO

LA SCOPERTA E GLI SCAVINel 1977 sono emerse alcune sepolture in seguito a lavori di aratura profonda in una zona

posta a 500 m a E/S-E dell’abitato di Frattesina. Nel 1979 sono iniziate le regolari campagne di scavo che hanno permesso il ritrovamento di circa 150 sepolture, quasi tutte ad incinerazione.

L’ORGANIZZAZIONE DELLA NECROPOLINell’ambito della necropoli sono stati individuati tre gruppi di sepolture, all’interno dei quali

le urne appaiono concentrate in raggruppamenti minori, secondo uno schema di deposizione a più livelli, quasi completamente sovrapposti. I grandi nuclei di sepolture potrebbero rappresentare dei gruppi di parentela, divisi poi al loro interno nelle singole famiglie.

LE TOMBELe sepolture presentano un’urna cineraria, generalmente di forma biconica, coperta da una

scodella capovolta, deposta in un pozzetto scavato nel terreno, che spesso conserva sul fondo un sottile strato di carboni e qualche frammento del corredo. Gli elementi del corredo sono principalmente costituiti da ornamenti, spesso contorti dal fuoco, perché indossati dal defunto al momento del rito funebre. Nel complesso sono poche le sepolture con corredi ricchi, costituiti dall’associazione di elementi bronzei ed ornamenti di altro materiale pregiato, e non presentano comunque esteriormente elementi distintivi. In più casi sul collo delle urne cinerarie è stata riscontrata una ricca decorazione incisa, elemento che non risulta, invece, riscontrabile tra i numerosi ritrovamenti dell’altra necropoli di Frattesina, in località Narde.

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62 Primo Piano, Sala IV

LA NECROPOLI DI NARDE

LA SCOPERTA E GLI SCAVINel 1985 in un’area posta 700 m a N/W dall’abitato di Frattesina sono emerse alcune

sepolture in seguito ad uno scasso effettuato nel terreno per la messa in opera delle tubature dell’acquedotto. Dal 1987 sono iniziate le regolari campagne di scavo che hanno portato alla luce circa 600 sepolture prevalentemente ad incinerazione e databili all’Età del bronzo fi nale/prima Età del ferro (XII-IX sec. a.C.).

L’ORGANIZZAZIONE DELLA NECROPOLIGli scavi archeologici nell’area della necropoli sono stati portati avanti per tagli orizzontali,

che hanno messo in evidenza 4 livelli sovrapposti di sepolture e un quinto livello nella zona centrale, dove si è notata una forte concentrazione di tombe. L’insieme delle sepolture formava un grande tumulo artifi ciale, lungo circa 30 m e conservato per un’altezza di poco più di 1 m.

LE TOMBEOgni sepoltura è costituita da un’urna cineraria, generalmente di forma biconica, coperta

da una scodella capovolta, deposta in un pozzetto scavato nel terreno, che spesso conserva sul fondo un sottile strato di carboni e resti del rogo funebre. All’interno dell’urna, o nel pozzetto, venivano deposti alcuni oggetti appartenuti al defunto.

NARDE II: UNA NUOVA AREA SEPOLCRALE DELLA STESSA NECROPOLINell’autunno del 2004, nel corso dei lavori di scavo di un canale di bonifi ca, in un’area

posta circa 150 m a Sud-Est della necropoli di Narde, e denominata Narde II, sono emerse alcune sepolture, sempre databili al bronzo fi nale. La scoperta ha dato inizio ad una campagna di scavo (durata fi no all’aprile del 2005), che ha portato alla luce 240 tombe databili all’Età del bronzo fi nale/prima Età del ferro (XII-IX sec. a.C.), tutte a cremazione, tranne una ventina che presentano il rito inumatorio. Le ricerche hanno individuato anche una superfi cie ricca di carboni e ceneri, con evidenti tracce di attività antropica, identifi cabile con l’ustrinum, l’area destinata all’incinerazione dei defunti.

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63Primo Piano, Sala IV

I RITUALI FUNERARI NELL’ETÀ DEL BRONZO FINALE

IL RITUALE FUNERARIO DELL’INCINERAZIONEIl rito funebre maggiormente seguito nell’Età del bronzo fi nale nell’area padana, come in

tutte le altre aree che presentano caratteristiche “protovillanoviane”, è quello della cremazione. Il corpo del defunto veniva esposto alle fi amme della pira funebre con le vesti e gli ornamenti, come è attestato dalle condizioni degli elementi metallici del corredo, che si presentano, nella maggior parte dei casi, contorti e deformati per la lunga esposizione al calore. Le ossa combuste venivano raccolte in modo accurato e deposte all’interno dei cinerari. In tutta l’area padana è attestata frequentemente la pratica della deposizione nei pozzetti scavati nel terreno di una parte della cosiddetta “terra di rogo”, cioè i resti dell’avvenuta combustione, costituiti principalmente da carbone, ma anche da qualche frammento di ossa combuste e da minuti frammenti ceramici.

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64 Primo Piano, Sala IV

LE ANALISI EFFETTUATE SUI RESTI OSSEI CREMATI

Anche i resti scheletrici umani incinerati, malgrado l’azione distruttiva del fuoco, conservano infor-mazioni utili a tracciare “la storia biologica” (sesso, Età alla morte, patologie, ecc.) delle antiche comunità e possono fornire varie indicazioni, quali la tem-peratura di cremazione e il numero di individui presenti nella stessa urna, mentre la consistenza quantitativa e qualitativa (raccolta selettiva) dei resti può essere collegata ad azioni specifi che, come le pratiche del rituale funerario e gli eventi posteriori alla sepoltura (dispersione delle ossa).

L’osservazione del colore dei frammenti ossei (dal marrone/nero al bianco) ha un alto potenziale di informazione come indicatore delle temperature di combustione, che potevano variare da 300° a oltre 1000° C.

La combustione del corpo del defunto dà come risultato fi nale un insieme di frammenti ossei che rappresentano, in peso, poco più del 5% del corpo del defunto, pari a circa 2288 g negli individui maschili e 1550 g in quelli femminili. Nella necropoli di Narde sono stati osservati pesi inferiori a quelli attesi, suggerendo una dispersione durante la raccolta e la deposizione in urna

dei resti cremati. Tale perdita potrebbe essere attribuita ad una “raccolta selettiva” che predilige alcuni distretti scheletrici rispetto ad altri, oppure ad una perdita casuale di elementi .

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IL RITUALE FUNERARIO DELL’INUMAZIONE

In entrambe le ne-cropoli di Frattesina sono state individuate alcune sepolture di individui deposti di-rettamente nella nuda terra, secondo il rituale inumatorio.

Si può parlare solo di pochi casi, per i quali è stato supposto che si trattasse di individui di rango differente, forse servile, anche per il fatto che non presentano praticamente mai un corredo (ad eccezione delle spiraline fermatrecce in bronzo o di poche perline in vetro) e risultano spesso danneggiati dalle sepolture successive.

L’analisi dei resti scheletrici ha evidenziato che si tratta di individui di sesso sia maschile che femminile, di Età sia adulta che infantile.

LE ANALISI EFFETTUATE SUI RESTI OSSEI

Le determinazioni antropologiche più importanti sono quelle di sesso ed Età, che danno informazioni sulla durata della vita media e sulla composizione dei gruppi umani. È inoltre possibile ricostruire l’aspetto fi sico dei singoli individui e del campione di popolazione di cui fanno parte: le misure delle ossa lunghe permettono di calcolare la statura, mentre alcuni indici scheletrici e alcune alterazioni in punti specifi ci delle inserzioni muscolari consentono di valutare le abitudini di vita e le attività occupazionali.

L’analisi delle ossa e dei denti viene utilizzata anche per l’identifi cazione di patologie. I rapporti di parentela fra gli individui sepolti nella stessa necropoli possono essere identifi cati in base alla frequenza di determinati caratteri morfologici dei denti; l’analisi del DNA, non ancora effettuata per gli inumati di Frattesina, può offrire nuove possibilità allo studio delle relazioni genetiche tra le popolazioni.

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Nell’Età del bronzo fi nale si fanno sempre più numerosi i simboli e le pratiche di culto che tendono a caratterizzare la divinità in senso celeste e astrale. L’immagine del sole ricorre di frequente anche in raffi gurazioni articolate, delle vere barche o carri solari, trainati da uccelli acquatici che ricorrono a coppie o in fi le.

Gli uccelli dal lungo becco, riprodotti di frequente negli oggetti di prestigio, o anche solo di pregio, sono interpretabili come esseri sovrannaturali, quale tramite tra l’uomo e la divinità.

Il dono alla divinità viene “sacrifi cato”, reso immateriale, tramite la combustione o reso non più funzionale, tramite la fratturazione. Sia la pratica della combustione, che quella della fratturazione compaiono sia nel rituale di culto che in quello funerario. Questo potrebbe signifi care che, con il rito funebre della cremazione accompagnato dalla fratturazione intenzionale di alcuni oggetti di corredo e dalla combustione di altri, il defunto e tutto ciò che lo accompagna vengano intesi come offerta alla divinità, come vittima sacrifi cale resa immortale perché proiettata nella sfera ultraterrena dove ha sede la divinità.

Molti sono gli indizi, individuati sia in abitato che in necropoli, che attestano in vario modo le pratiche rituali suddette. Nell’ambito delle necropoli, oltre alla pratica pressoché esclusiva della cremazione, risultano frequentissimi i casi di de-funzionalizzazione dei vasi ossuari (con la frattura intenzionale delle anse o delle prese) o degli oggetti di bronzo appartenuti al defunto, in particolare modo degli strumenti da taglio (rasoi, coltelli, spade).

CULTO

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I CORREDI FUNEBRI

Nel 50% circa delle sepolture rinvenute nelle necropoli di Frattesina è stato individuato il corredo personale deposto all’interno dell’urna o nel pozzetto, costituito principalmente da ornamenti ed oggetti dell’abbigliamento in bronzo (78%), ma anche da utensili (12%), strumenti da toletta (7%) e più raramente armi. La distinzione tra gli elementi che compongono i corredi è resa ancor più diffi cile dalla pratica frequentemente riscontrata, nell’oltre il 10% dei casi, di raccogliere i resti di più individui nella stessa urna.

Due sepolture della necropoli di Narde, che presentano tra gli elementi di corredo una spada (tipo Allerona, varietà B), costituiscono un caso eccezionale in tutto il panorama dell’Italia settentrionale, in quanto nell’Età del bronzo fi nale vigeva il divieto assoluto di deporre armi all’interno delle sepolture. L’eccezionalità delle due sepolture di Narde fa pensare alla presenza di due individui di rango superiore, caratterizzati come guerrieri.

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CORREDO MASCHILE

SpilloniFibule serpeggiantiAnelliRasoio, pinzetta depilatoriaCote litica (per affi lare le lame)Armi (spade)

CORREDO FEMMINILE

Fibule ad arco sempliceFermatrecceAnelliElementi per fi lare (fuseruole)Collane di perle di vetro o ambra

CORREDO INFANTILE

BraccialettiPalline e sonagli di terracottaFibule

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LA NECROPOLI DI NARDE

LE TOMBE INFANTILI

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LE TOMBE FEMMINILI

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LE TOMBE MASCHILI

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LA NECROPOLI DI FONDO ZANOTTO

LE TOMBE INFANTILI

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LE TOMBE FEMMINILI

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LE TOMBE MASCHILI

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IL GRANDE TUMULO

Gli scavi archeologici nell’area della necropoli di Narde hanno messo in evidenza 4 livelli sovrapposti di sepolture ad incinerazione e un quinto livello posto in profondità nella zona centrale, dove si è notata una forte concentrazione di tombe. L’insieme delle sepolture formava un grande tumulo artifi ciale, lungo circa 30 m e conservato per un’altezza di poco più di 1 m dal piano di campagna. Fatta eccezione per tre sepolture ad inumazione, tutte le altre, circa 600, presentavano il rito della cremazione: il defunto veniva dato alle fi amme e i suoi resti, raccolti nelle urne cinerarie, venivano deposti in buche scavate nel terreno. In alcuni casi è stato individuato un “segnacolo”, costituito da un grosso ciottolo posto in verticale a segnalare la presenza di una sepoltura nel terreno sottostante.

Nell’angolo nord-occidentale del tumulo è stato individuato un pozzo, profondo m 2,2 e con un diametro di 1,5 m, con un palo infi sso all’interno, nel quale confl uiva una canaletta proveniente dalla sommità del tumulo. La funzione di tali strutture potrebbe essere collegata a pratiche rituali svolte nella necropoli. In seguito la zona è stata interessata da numerose alluvioni, con conseguenti depositi di limi sabbiosi, che hanno conferito all’area un andamento pianeggiante.

In epoca romana la formazione di questi depositi doveva essere già completata e il fi ume Po doveva già aver cambiato corso.

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BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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M. De Min 1979Frattesina di Fratta Polesine (Ro). Necropoli ad incinerazione, in Rivista di Scienze Presitoriche, pp. 306-307.

M. De Min 1982La necropoli protovillanoviana di Frattesina di Fratta Polesine (Ro), in Padusa, XVIII, pp. 3-25.

M. De Min 1985Frattesina di Fratta Polesine. Scavo della necropoli protovillanoviana. Campagna 1984, Quaderni di Archeologia del Veneto, I, pp. 28-30.

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M. De Min 1986Frattesina di Fratta Polesine. La necropoli protostorica, in L’Antico Polesine, Catalogo delle esposizioni di Adria e Rovigo, Padova, pp. 143-169

Preistoria e Protostoria nel Polesine, Padusa, XX, 1984.

L. Salzani 1973L’insediamento protoveneto di Mariconda (Melara – RO), in Padusa, IX, pp. 167-201.

L. Salzani 1986Abitati preistorici e protostorici dell’Alto e Medio Polesine, in L’antico Polesine. Testimonianze archeologi-che e paleo ambientali, Catalogo delle esposizioni di Adria e Rovigo, Padova, pp. 102-115.

L. Salzani 1989aNecropoli dell’Età del bronzo fi nale alle Narde di Fratta Polesine – Prima Nota”, in Padusa, XXV, pp. 5-42.

L. Salzani 1989bFratta Polesine, Località le Narde: la necropoli preromana, in Quaderni di Archeologia del Veneto, V.

L. Salzani 1990-1Necropoli dell’Età del bronzo fi nale alle Narde di Fratta Polesine – Seconda Nota, in Padusa, XXVI- VII, pp. 125-206.

L. Salzani 2001Ricerche di superfi cie nei comuni di Villamarzana e Fratta Polesine, in Quaderni di Archeologia del Veneto, XVII, pp.29-34.

L. Salzani, C. Colonna 2005Fratta Polesine. Nuova area sepolcrale alle Narde, in Quaderni di Archeologia del Veneto, XXI, pp. 48, 49.

L. Salzani, A. Consonni 2005L’abitato protostorico di Villamarzana – Campagna Michela (Ro). Scavi 1993, in Padusa, XLI, pp. 7-55.

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PER I MATERIALI ESPOSTI DEL VENETO NEL BRONZO FINALE:

Alle origini di Treviso. Dal villaggio all’abitato dei veneti antichi. Catalogo della Mostra a cura di E.Bianchin Citton, 2004, Ponzano Veneto (TV).

Musei civici di Treviso. Le raccolte archeologiche a S. Caterina, a cura di E. Bianchin Citton, 2007, Treviso.

“Presso l’Adige ridente”…Recenti rinvenimenti archeologici da Este e Montagnana, a cura di E. Bian-chin Citton, G. Gambacurta, A. Ruta Serafini, Catalogo della Mostra, Padova.

L. Salzani 1984La necropoli di Garda (Verona), in Boll. Mus. Civ. St. Nat.Verona, II, pp. 113 – 148.

L. Salzani 1993L’abitato e la necropoli di Sabbionara a Veronella. Prime ricerche, Cologna Veneta.

L. Salzani 2001Tombe protostoriche dalla necropoli della Colombara (Gazzo Veronese), in Padusa, XXXVII, pp. 83 – 183.

L. Salzani 2005La necropoli protostorica di Ponte Nuovo a Gazzo Veronese, in N.A.B., pp. 7 – 111.

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Enti promotori: Ministero per i Beni le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto Provincia di Rovigo Comune di Fratta Polesine

Progetto dell’allestimento e direzione dei lavori: Loretta ZegaCollaborazione al progetto di allestimento: Marco FontaniveProgetto illuminotecnico: Alberto Pasetti Bombardella (Treviso)Comitato scientifi co: Luciano Salzani, Anna Maria Bietti Sestieri, Paolo Bellintani, Maurizia De MinConsulenti scientifi ci: Cecilia Colonna, Massimo Saracino, Maria Cristina VallicelliApparato grafi co: Fabio Maria FedeleDisegni dei reperti: Fabio Maria Fedele, Leonardo Di Simone, Raffaella Giacometti, Alberto ZardiniFotografi e: Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Pino PiantaRestauri: Sara Emanuele, Sandra Maria Trenti, Carla Baldini, Federica Santinon, Silvano Buzzarello, Stefano Buson, Gianni De Zuccato (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto), Mauro Cesaretto (Museo dei Grandi Fiumi - Rovigo), “ARCA” (Adria) di Liliana e Lucia AndriottoCollaborazione allestimento: Carla Baldini, Stefano Buson, Leonardo Di Simone, Sara Emanuele, Federica SantinonRealizzazione dell’allestimento: Ott Art (Marghera), Permasteelisa Interiors (Treviso)Finanziamento dell’allestimento del museo: Ministero dell’Economia e delle FinanzeTitolare del fi nanziamento: Comune di Fratta PolesineEnte proprietario del complesso monumentale e stazione appaltante: Provincia di RovigoFinanziamento dei restauri archeologici: Ministero per i beni e le attività culturali e Consorzio di Bonifi ca Polesine Adige-Canalbianco.Si ringrazia: Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo, Museo Archeologico di Castelnovo Bariano, Comune di Melara, Museo Archeologico di Gazzo Veronese, Museo Archeologico di Cologna Veneta, Centro Ambientale Archeologico di Legnago, Museo Archeologico Nazionale di Adria, Centro Polesano di Studi Storici Archeologici ed Etnografi ci, Gruppo Culturale “Il Manegium”Un particolare grazie a Bianca Maria Scarfì, Simonetta Bonomi e Andrea Colasio che hanno creduto in questo progetto e ne hanno consentito la realizzazione.

Guida a cura di: Loretta Zega, Cecilia Colonna, Maria Cristina VallicelliTesti di: Paolo Bellintani, Elodia Bianchin Citton, Anna Maria Bietti Sestieri, Cecilia Colonna, Luciano Salzani, Massimo Saracino, Maria Cristina VallicelliProgetto grafi co della guida: Loretta ZegaImpaginazione: Malin Graphic Design di Luca Malin (Rovigo)Stampa: Tipolitografi a Arte Stampa (Urbana, Padova)Edizione: Fratelli Corradini Editori (Urbana, Padova)Collaboratori scientifi ci: Elodia Bianchin Citton, Carla Pirazzini, Elga Tomaello (archeologia), Renato Nisbet (paleobotanica), Marco Marchesini, Silvia Marvelli (palinologia), Umberto Tecchiati, Ursula Thun Hohenstein (archeozoologia), Valentina Grazzi, Nicoletta Onisto, Loretana Salvadei, Simone Mantini (antropologia)Finanziamento della presente guida: Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

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Padova

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Rovigo

RovigoRovigo

Come arrivare

Museo

in autoDall’autostrada A13 Padova-Bolognauscita Rovigo Sud/VillamarzanaSS434 Transpolesana direzione Veronauscita Fratta Polesine centro

Dalla Statale SS16:Provenendo da Ferrara seguire la SS434 direzione Veronauscita Fratta Polesine centro

Provenendo da Padova seguire la SS434 direzione Veronauscita Fratta Polesine centro

in trenoTreni regionali con partenza da Verona, Rovigo e Mantova:fermata Fratta Polesine.

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