IL TUO TEMPO PER I POVERI - WebDiocesi … · co. Nel libro dei Giudici, Debora e Barak cantano:...

70
+ Mario Russotto Vescovo di Caltanissetta Lettera Pastorale 2005 IL TUO TEMPO PER I POVERI

Transcript of IL TUO TEMPO PER I POVERI - WebDiocesi … · co. Nel libro dei Giudici, Debora e Barak cantano:...

  • + Mario RussottoVescovo di Caltanissetta

    Lettera Pastorale 2005

    IL TUO TEMPO PER I POVERI

  • Impaginazione: Maria Dell’Utri

    Stampa: Tipolitografia PARUZZO

    C.da Calderaro (Z.I.) - Tel. 0934 26432 - 93100 Caltanissetta

  • Introduzione

    Figlioli carissimi,con il prossimo mese di ottobre 2005 la nostraamata Chiesa nissena inizia a vivere e celebra-re l’evento di grazia della Visita Pastorale, la cuiconclusione è prevista entro l’anno 2008.

    Sarà certamente un triennio di intenso cam-mino nella comunione, ricco di incontri e avve-nimenti, preghiera e celebrazioni che mette-ranno la Diocesi in stato di missione e di sem-pre rinnovato impegno di evangelizzazione,nello stile del “camminare insieme”, al qualetutti e ciascuno siamo invitati ogni giorno adeducarci e formarci.

    Dopo oltre un anno di riflessione e confron-to in seno al Consiglio Presbiterale e al Consi-glio Pastorale Diocesano, nei Vicariati e nelleparrocchie, va giungendo a conclusione laredazione degli orientamenti pastorali della

    - 3 -

  • nostra Diocesi per i prossimi anni. E così essidaranno linfa e luce al cammino della Chiesanissena e alla stessa Visita Pastorale, alla qualeho voluto dare come tema: Comunione nel ser-vizio d’amore. L’icona biblica, che ci guiderànella Visita Pastorale illuminando in particolarequesto anno 2005-2006, è la danza dell’amici-zia, celebrata nel servizio d’amore offerto dallaVergine Maria alla cugina Elisabetta, per laquale ha saputo trovare e dedicare tempo, tuttoil tempo necessario – tre mesi – per aiutarla eaccompagnarla nel difficile parto del futuroprecursore di Gesù.

    Ho pensato, pertanto, di scrivervi questa miaLettera Pastorale che, seguendo il filo della lec-tio biblica, vorrebbe essere lampada ai nostripassi, faro di orientamento e indicazione delsentiero che siamo chiamati a percorrere comeChiesa diocesana, a partire dai suoi capillariradicamenti nel territorio rappresentati dalleparrocchie.

    Pertanto, le suggestioni e le indicazioni di

    - 4 -

  • questa Lettera dovrebbero informare e orientareil cammino pastorale – formativo e missionario– dell’intera Diocesi e di ogni singola sua com-ponente: dal Seminario alle parrocchie e agliUffici diocesani, dai Religiosi e Religiose agliIstituti di vita consacrata, dalle associazioni aimovimenti e ai gruppi ecclesiali… nella speran-za credente di poter percorrere in “sinodalità” espirito di comunione il cammino del nostroessere Chiesa in questo territorio nisseno.

    - 5 -

  • - 6 -

  • 1. CONTEMPLAZIONE IN AZIONE

    In quei giorni Maria si mise in viaggio verso lamontagna e raggiunse in fretta una città diGiuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Eli-sabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto diMaria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisa-betta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a granvoce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto ilfrutto del tuo grembo! A che debbo che la madredel mio Signore venga a me? Ecco, appena lavoce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, ilbambino ha esultato di gioia nel mio grembo. Ebeata colei che ha creduto nell’adempimentodelle parole del Signore” (Lc 1,38-45).

    1.1. Il primo passo

    Fra Nazareth, il villaggio di Maria, in Gali-lea a nord della Palestina, e l’abitazione dei

    - 7 -

  • - 8 -

    coniugi Zaccaria ed Elisabetta nella localitàoggi individuata in Ain-Karim in Giudea, acirca 6 km ad ovest di Gerusalemme, c’èuna distanza di circa 130 km. È il lungo cam-mino affrontato da Maria!

    Il viaggio avviene «in quei giorni», cioèsubito dopo l’esperienza dell’Annuncia-zione. Maria non perde molto tempo nel-l ’ a ffrontare questa fatica dopo aver dichia-rato la sua disponibilità al Signore. L’ i n ter-vento di Dio nella sua vita non la isola daglialtri, ma la consegna al servizio nel dono disé e nell’amicizia verso Elisabetta: è unincontro fra due madri, due donne di gene-razioni diverse, due donne che genererannola vita per uno speciale intervento divino.Maria comprende che la dichiarazione«Ecco la serva del Signore» deve trovare lasua incarnazione nella concretezza e nellaimmediatezza del servizio a chi è nel biso-gno. La Vergine Madre si mostra così donna

  • concreta, donna dell’incarnazione, donnadel quotidiano, donna del primo passo nel-l ’amore e nel servizio.1.2. La spiritualità della consegna

    Maria con il suo esempio mostra che nonc’è soluzione di continuità fra contempla-zione e azione, fra fede e carità, fra apertu-ra a Dio e servizio ai fratelli.

    La carità verso chi è nel bisogno scaturisceperciò da una profonda e personale espe-rienza contemplativa della carità di Dio: piùsi fa esperienza di Dio, più non si può fare ameno di condividerla con gli altri, nella gioiadell’incontro e nella fretta del servizio.

    «Per questa pedagogia della santità c’èbisogno di un cristianesimo che si distinguainnanzitutto nell’arte della preghiera… (Lapreghiera) è il segreto di un cristianesimoveramente vitale, che non ha motivo di teme-

    - 9 -

  • re il futuro, perché continuamente torna allesorgenti e in esse si rigenera… le nostre comu-nità cristiane devono diventare autentiche“scuole” di preghiera… Una preghiera intensa,che tuttavia non distoglie dall’impegnonella storia: aprendo il cuore all’amore diDio, lo apre anche all’amore dei fratelli, erende capaci di costruire la storia secondo ildisegno di Dio» (Giovanni Paolo II, Novo mil-lennio ineunte, nn. 32-33).

    Nella preghiera scopriamo di essere desti-natari di una parola che Dio ci rivolge e allaquale noi dobbiamo rispondere, perché lanostra libertà si deve a quella Parola fon-dante che ci ha segnati come cristiani, aquella Parola cruciale della storia e delmondo che è Cristo. Pregare non è principal-mente ricercare, ma attendere una conso-nanza fra ciò che ci viene incontro e tutta lastoria della nostra vita.

    - 10 -

  • In ogni vera esperienza di preghiera sigenera una qualche inversione di noi stessi,l ’ a l terazione si fa sottrazione. Nella pre-ghiera qualche cosa ci ferisce, perdiamo inun certo senso la nostra libertà, consegnataalla volontà del Padre. Ci scopriamo conqui-stati, segnati da qualche cosa che non ave-vamo previsto nelle sue estreme conseguen-ze, ci troviamo avviati su un cammino impre-vedibile che ci trasforma liberandoci da noistessi e consegnandoci nell’amore al servi-zio degli altri.

    - 11 -

  • - 12 -

  • 2. LA FRETTA PAZIENTE DELL’INCONTRO

    2.1. La fretta per incontrare

    Maria raggiunge «in fretta (in greco metàspoudès) una città di Giuda». In questo rarotermine - che l’autore usa solo tre volte intutto il vangelo - c’è anche l’emozione, ilsentimento, il modo in cui Maria vive il suopellegrinaggio d’amore: in fretta! Luca notail contrasto con l’atteggiamento di Elisabet-ta, la quale «concepì e si tenne nascosta percinque mesi» (Lc 1,24). Diversamente daquesto atteggiamento di nascondimento e diripiegamento in sé e nella sfera del privato,Maria esce allo scoperto e va a servire lacugina più anziana. È proprio la “fretta” afarci cogliere tale contrasto fra le due donne.

    Le altre due volte, in cui ricorre questo ter-mine nel vangelo di Luca, si fa riferimento

    - 13 -

  • alla fretta dei pastori e alla fretta di Zaccheo.Dopo aver ricevuto l’annuncio degli Angeli,i pastori «andarono senza indugio (in grecoc’è lo stesso sostantivo verbale: spèusantes)e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambinoche giaceva nella mangiatoia» (Lc 2,16);quando Gesù rivolge il suo invito a Zaccheo,questi «scese in fretta (spèusas katèbe) e loaccolse pieno di gioia» (Lc 19,7).

    In tutti e tre i casi la “fretta” è in relazio-ne al tema dell’incontro. Nel brano di Zac-cheo è la fretta di chi ha incontrato il Dioamico a lungo cercato, il Dio della miseri-cordia che lo accoglie senza giudicarlo. Èanche la fretta che scaturisce dalla gioia diessere visto, conosciuto e amato da Coluiche egli «cercava di vedere», perciò «scesein fretta… pieno di gioia». È la fretta dell’acco-glienza e dell’apertura del cuore a Dio. Nelracconto dei pastori troviamo la fretta dellacontemplazione, la fretta di chi vuole acco-

    - 14 -

  • starsi subito al mistero della Buona Novella.È la fretta di chi, avvolto nelle tenebre, rice-ve un “Vangelo” di speranza e intravedeuna novità possibile nel grigiore della quoti-dianità, un raggio di luce che squarcia lanotte e apre a nuovi orizzonti di senso. Ma ènecessario mettersi in marcia, passare dal-l’intuizione all’azione e dall’azione allagioia della contemplazione adorante.

    2.2. La fretta per servire

    In Maria troviamo la fretta del servizio: lasua fede si fa carità! Occorre notare peròche la fretta di Maria non è frettolosità, nonè attivismo, non è lasciarsi rapire dal vorticedelle tante cose da fare, non è superficialitànelle relazioni con gli altri. Maria vive unafretta contemplativa, meditativa e caritativa. Dioè entrato nel tempo trovando tempo per lei.E Maria, nella contemplazione e nella rifles-sione credente, sa donare tempo a Dio, sa

    - 15 -

  • intrattenersi con Lui in un dialogo orante eadorante, fatto di ascolto e parola, ricerca eadesione. Proprio per questo motivo puòdedicare tempo agli altri, a partire dagli ulti-mi menzionati nel suo Magnificat, a partireda chi è nel bisogno, da chi - pur non levan-do la voce per chiedere aiuto - necessita dicarità premurosa. E così la fretta del serviziosi dispiega nel dedicare all’altro - in questocaso all’anziana Elisabetta - tutto il tempodi cui ha bisogno… senza fretta! E «Mariarimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casasua» (Lc 1,56).

    - 16 -

  • 3. LA GIOIA DEI POVERI

    3.1. Un salto di gioia

    Maria va a visitare e servire l’anzianaElisabetta, ma è quest’ultima a prendere laparola. Luca, infatti, non riporta le paroledel saluto di Maria. Dopo l’Annunciazione,le prime parole registrate nel vangelo sono ilsuo canto di lode: «L’anima mia magnificail Signore...».

    L’ evangelista nota che «appena ebbeudito il saluto di Maria, il bambino le sussul-tò di gioia nel grembo» (Lc 1,41): il verbogreco è eschirtesen che vuol dire “fece unsalto di gioia“ . Luca coglie anche la gioia diquesto bambino ancora nel grembo di suamadre. Se al centro dell’Annunciazionec ’ e ra il messaggio dell’Angelo, adesso alcentro della scena c’è Maria, che l ’evan-

    - 17 -

  • gelista ci fa conoscere attraverso l’atteggia-mento e le parole di Elisabetta la quale,piena di Spirito Santo, graughemeghale: pro-ruppe in un grido grande. E Maria ascolta, faparlare a lungo Elisabetta prima di aprire ilsuo cuore e raccontar-si in un clima di amici-zia orante.

    L’incontro fra le due madri, la “serva delSignore” e la servita nell’amore, si svolgein un’atmosfera biblica. Elisabetta, infatti,saluta Maria richiamando le parole rivolte adue donne di Israele vittoriose contro il nemi-co. Nel libro dei Giudici, Debora e Barakcantano: «Sia benedetta fra le donne Giae-le… benedetta fra le donne della tenda»(Gdc 5,24). Nel libro di Giuditta, dopo lalode del popolo rivolta a Dio, Ozia accogliel ’ avvenente eroina, vittoriosa contro Olo-ferne, con queste parole: «Benedetta sei tu,figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte ledonne che vivono sulla terra e benedetto il

    - 18 -

  • Signore Dio che ha creato il cielo e la terrae ti ha guidato a troncare la testa del capodei nostri nemici» (Gdt 13,18). Richiamandonel suo saluto queste parole, Elisabetta“ vede” già in Maria il segno della vittoriadi Dio e la realizzazione della profezia diGen 3,15: «Io porrò inimicizia fra te e ladonna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: que-sta ti schiaccerà la testa e tu le insidierai ilcalcagno»?! Certo è che Giaele uccide ilnemico Sisara conficcandogli un palettonella testa e Giuditta, addirittura, ottiene lavittoria su Oloferne tagliandogli la testa. Laprofezia di Genesi sarà ripresa in Apocalisse12, dove «una donna vestita di sole» com-batte vittoriosamente contro «il grandedrago, il serpente antico, colui che chiamia-mo il diavolo e satana».

    3.2. Alla luce di Cristo

    «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frut-

    - 19 -

  • to del tuo grembo». In queste parole pronun-ciate da Elisabetta abbiamo due affermazio-ni: «benedetta tu fra le donne» - «benedettoil frutto del tuo grembo». Ma in realtà si trat-ta di una sola, che potremmo così riscrivere:«Benedetta tu fra le donne poiché è bene-detto il frutto del tuo grembo». Maria è bene-detta non in sé ma perché il frutto del suogrembo è il Benedetto per eccellenza, è ilFiglio di Dio. Elisabetta ci insegna a vedereMaria alla luce di Cristo. Maria non ha alcunsenso senza Cristo!

    Nella sua esultanza Elisabetta esclama:«A che debbo che la madre del mio Signorevenga a me?». Sono parole che richiamanoquelle di Davide quando recupera l ’arcadel Signore dopo aver sconfitto i Filistei.Anche in quella occasione il testo bibliconota due dettagli che troviamo nel raccontolucano: la danza di gioia di Davide dinanzia l l ’arca e il fatto che «l’arca del Signore

    - 20 -

  • rimase tre mesi in casa di Obed-Edom» (2Sam6,11) prima di ritornare nella città di Davide.Elisabetta e Maria si muovono in questaatmosfera biblica, respirano e vivono laparola del Signore, agendo come e in conti-nuità con i personaggi delle antiche Scritture.Elisabetta riconosce in Maria l ’Arca del-l ’Alleanza perché “contiene” la Parola diDio. Ella, infatti, è la «madre del mio Signo-re». Maria è il primo tabernacolo viventedella storia! Elisabetta non si ritiene degna diquesta visita di Maria. La sua umiltà mette inevidenza la grande dignità di Maria. E l’an-ziana cugina esulta di gioia parlando solo diMaria e non di sé. ? la danza dell’amicizia, incui ognuna dimentica se stessa per mettere inevidenza l’altra!

    - 21 -

  • - 22 -

  • - 23 -

  • 4. FEDE E AMICIZIA

    4.1. L’obbedienza della fede

    Il lungo e biblicamente articolato saluto diElisabetta si conclude con una esclamazionedi lode nei confronti di Maria: «Beata coleiche ha creduto nell’adempimento delle paroledel Signore» (Lc 1,45).

    La prima beatitudine riportata nei vangeliviene predicata di Maria: «Beata colei cheha creduto…». La beatitudine della fedefonda e spiega tutte le altre. Fede è il corag-gio di credere nella parola del Signore; èaffidamento alla promessa legata a questadivina Parola; è rischio della consegna di séa Dio perché Egli liberamente compia il suoprogetto salvifico.

    «A Dio che si rivela è dovuta l’obbe-

    - 24 -

  • dienza della fede (Rm 16,26; 1,5; 2Cor10,5), per la quale l’uomo si abbandona aDio tutto intero liberamente, come insegna ilConcilio… Nell’annunciazione Maria si èabbandonata a Dio completamente, manife-stando l’obbedienza della fede a colui chele parlava mediante il suo messaggero e pre-stando il pieno ossequio dell’intelletto edella volontà. Ha risposto, dunque, con tuttoil suo “io” umano, femminile, ed in talerisposta di fede erano contenute una perfet-ta cooperazione con “la grazia di Dio chepreviene e soccorre” ed una perfetta dispo-nibilità all’azione dello Spirito Santo, ilquale perfeziona continuamente la fedemediante i suoi doni» (Giovanni Paolo II,Redemptoris Mater, n. 13).

    In queste parole Elisabetta esprime nonsolo l’esultanza per la fede di Maria, maanche un pizzico di amarezza, perché suomarito, il sacerdote Zaccaria, non ha avutolo stesso coraggio di credere. Perciò l’uomo

    - 25 -

  • di Dio è rimasto muto, mentre la madre delmio Signore loda, canta e benedice Dio.Maria testimonia la fede nella parola di Dioe in Dio che mantiene la parola data! Lagioia e la felicità di Maria poggiano sul suoatto di fede e di consegna in Dio. «Crederevuol dire “abbandonarsi” alla verità stessadella parola del Dio vivo, sapendo e ricono-scendo umilmente “quanto sono imperscru-tabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie”(Rm 11,33). Maria, che per l’eterna volon-tà dell’Altissimo si è trovata, si può dire, alcentro stesso di quelle “inaccessibili vie” edi quegli “imperscrutabili giudizi” di Dio, visi conforma nella penombra della fede,accettando pienamente e con cuore apertotutto ciò che è disposto nel disegno divino»(Redemptoris Mater, n. 14).

    4.2. Amicizia e umiltà

    Maria era venuta da Elisabetta per servi-

    - 26 -

  • re e donare, e invece riceve; era andata percapire e assistere l’anziana cugina e invecesi sente capita e accolta nel suo misteriososegreto («A che debbo che la madre del mioSignore...») senza aver parlato. È il tangibilesegno del rapporto fra amicizia e silenzio.L’amicizia si nutre anche di silenzio. Mariatace, aspetta che Elisabetta si sfoghi, parli,dica tutto quello che ha nel cuore. Così l’a-micizia, passando attraverso il silenzio, si faanche ascolto.

    Amicizia è attenzione all’altro, ai suoisegreti, alle sue gioie, ai suoi problemi. Ami-cizia è mettere al centro l’altro in una affet-tuosa e delicata reciprocità: Maria tace eascolta in una attenzione accogliente versoElisabetta; Elisabetta lascia danzare la suagioia raccontando la storia di Maria. Amici-zia è gioire dell’altro e dei suoi successi. Eciò richiede profonda umiltà, “simpatia ami-cale”, assenza di invidia e gelosia. Ne l l ’ u-

    - 27 -

  • miltà l’incontro, nell’umiltà nasce l’amici-zia. Queste due donne ci educano a danza-re la vita creando amicizia, lasciando ger-mogliare la gioia dentro di noi per seminaregioia intorno a noi; ci educano a capiresenza aspettare di essere capiti, a consolaresenza aspettare di essere consolati, a gioiredell’altro senza aspettare che l’altro gioi-sca di noi. È l’alta scuola dell’umiltà, i cuibanchi attendono sempre ciascuno di noi… seè pronto e disposto ad imparare.

    Elisabetta è piena di gioia perché è pienadi umiltà!

    Umiltà è una delle parole più ambigue epiù dense di equivoci del linguaggio spiritua-le e religioso. E’ dimensione che qualifical’uomo in sé e nei rapporti con il suo pros-simo. È stile di vita, atteggiamento articolatoche si nutre di povertà e verità; cammino diidentità, riconoscimento di derivazione. Non èformalismo farisaico, né servilismo carrieristi-

    - 28 -

  • co, né “falsa modestia”. Non è un modo dicomportarsi o di pensare. Non è un abito daindossare dinanzi alle proprie fallimentaripretese di essere “altro”, né è fuga dalleproprie responsabilità.

    L’umiltà è verità, è riconoscimento di Dio,è sì al Padre in Gesù Cristo vivente nella suaChiesa, è accettare la signoria di Dio nellapropria vita e nella storia; accettare e amarela propria fragilità e creaturalità redente. Ècoraggio di affrontare la fatica della vita,per diventare quello che si è chiamati adessere; è equilibrio che scaturisce dall’arti-colazione tra essere amati, volersi amati,amare. È liberazione dalla presunzione disé, dall’orgoglio, dal riconoscimento edalla lode.

    Come ebbe a dire Sant’Agostino: «L’ u-miltà di Cristo dispiace ai superbi: ma sepiace a te, cristiano, cerca d’imitarla!».

    - 29 -

  • L’umiltà si motiva anche per l’obbedienzaall’esempio di Cristo «mite e umile dicuore» e si esprime nel servizio gratuito, chenon ha altro scopo al di fuori dell’amore.

    - 30 -

  • 5. CANTARE LA GIOIA

    Allora Maria disse: “ L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameran-no beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotentee Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericor-dia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,

    - 31 -

  • come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre”(Lc 1,46-55).

    5.1. Esprimere l’inesprimibile

    Dopo aver dedicato lungo tempo e pro-fondo ascolto all’anziana cugina, Mariaschiude le labbra in una esplosione di incon-tenibile gioia, per lodare Dio attraverso lasua personale esperienza. L’incontro diamicizia con Elisabetta è il clima ideale nelquale ella può raccontare di sé. Maria ed Eli-sabetta: due donne che si incontrano perchéunite dallo stesso intervento di Dio, dallostesso prodigio che si celebra nei loro grem-bi, dallo stesso desiderio di incontrarsi nel-l’umiltà e nel reciproco ascolto. Ora posso-no insieme danzare l’amicizia e cantare lagioia. Il canto, come il pianto, esprime l’ i-nesprimibile… l’anima ha bisogno di raccon-tarsi!

    - 32 -

  • Maria sa anche identificarsi con il suopopolo: «ha soccorso Israele suo servo», emostra una eccezionale “coscienza eccle-siale”: si sente e sa di essere parte di untutto, membro di un popolo. Il Magnificat è ilprimo canto del vangelo che dalla terra saleal cielo; è un canto di lode a Dio, di speran-za per gli oppressi e i poveri, di comunionecon il popolo, di celebrazione di amiciziacon il “prossimo più prossimo”.

    Nel canto, infatti, Maria parla del suoGesù e dei suoi amici. «Il mio spirito esulta inDio mio Salvatore» (Lc 1,47): è il nome di“Gesù”. «Di generazione in generazionela sua misericordia...» (Lc 1,50): è il nome delnascituro “Giovanni” il Battezzatore. «Hasoccorso Israele suo servo ricordandosi dellasua misericordia» (Lc 1,54): è il nome di“Zaccaria”, che significa Dio si ricorda.«Come aveva promesso ai nostri padri» (Lc

    - 33 -

  • 1,55): è il nome di “Elisabetta” che signifi-ca Dio promette, giura.

    Nel Magnificat sembra che Maria esalti sestessa; in realtà in questo canto entrano ingioco le storie, le vicende degli altri perso-naggi. Anzi, l’evento Gesù, l’evento Gio-vanni, la storia di Elisabetta e di Zaccariadiventano note della sinfonia di Dio. Al cen-tro del Magnificat non c’è Maria ma Dio,Maria scompare subito dopo l’intonazionedel canto: «L’anima mia magnifica... il miospirito esulta... le generazioni mi chiameran-no beata... grandi cose ha fatto in me l’On-nipotente». Poi canta le gesta di Dio nellastoria del suo popolo e dell’umanità, esal-tando - attraverso la sua esperienza - quelloche Dio farà in favore dei poveri e degli ulti-mi.

    5.2. Cantare le parole di Dio

    - 34 -

  • Il Magnificat è un “collage” di testi del-l ’AT: attinge in particolare al cantico diAnna (1Sam 2,1-10) e al ringraziamento diIsaia 61,10-11. Luca ci presenta Maria checanta la parola di Dio! Maria fa sue le paro-le di Anna, la sterile donna, feconda madredel profeta Samuele per intervento di Dio:«Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fron-te si innalza grazie al mio Dio... l’arco deiforti si è spezzato ma i deboli sono rivestiti dirigore, i sazi sono andati a giornata per unpane mentre gli affamati hanno cessato difaticare, la sterile ha partorito sette volte e laricca di figlie è sfiorita… il Signore rendepoveri e arricchisce, abbassa ed esalta, sol-leva dalla polvere il misero, innalza il pove-ro dalle immondizie per farlo sedere insiemecon i capi del popolo e assegnar loro un seg-gio di gloria».

    Maria loda e ringrazia il Signore anchecon le parole del canto sponsale di Isaia: «Io

    - 35 -

  • gioisco pienamente nel Signore, la miaanima esulta nel mio Dio perché mi ha rive-stito delle vesti di salvezza, mi ha avvoltocon il manto della giustizia come uno sposoche si cinge il diadema, come una sposa chesi adorna di gioielli». Le parole di Isaia sonola conclusione del canto messianico - «Lo spi-rito del Signore è su di me, mi ha mandatoad annunciare una lieta notizia ai poveri… -che Gesù commenterà nella sua prima predi-ca a Nazareth. Maria prega e canta Dio conle parole di Dio! E nella sua preghiera enelle sue azioni anticipa la missione di Gesùa favore dei poveri e degli ultimi.

    In una breve meditazione sull’animo conil quale Maria prega cantando il Magnificat,il Card. Carlo Maria Martini riporta questabella e profonda poesia di un poeta contem-poraneo:Con quale voce cantavi Maria!Gli antichi salmi

    - 36 -

  • - 37 -

    parevan brillaredi luce nuovae fondere i collie tutti i poveriti odono ancora.

    Possano i poveri udire e accogliere la lucedella speranza di questo canto mariano,attraverso la voce e il calore della nostratenerezza d’amore!

  • 6. DARE SPERANZA AGLI ULTIMI

    Cantando il Magnificat Maria si mettedalla parte dei piccoli e dei poveri e credeche Dio, come è intervenuto su di lei, cosìfarà a favore di tutti i “piccoli” e i poveridella storia… a cominciare dagli ‘anawim delsuo popolo, perché «ha soccorso Israele suoservo ricordandosi della sua misericordia».Maria mostra un profondo desiderio dicomunione con il suo popolo. Ella sa di esse-re stata eletta da Dio perché appartiene alpopolo che Dio si è scelto. E nel MagnificatMaria rappresenta la coscienza del suopopolo. In lei, tabernacolo del Signore nellastoria degli uomini, Israele celebra la fedeltàall’alleanza, la fede nella promessa, l’av-vento della speranza. Per questo Maria siricollega, per la sua esperienza di fede, alpatriarca Abramo: «come aveva promessoai nostri padri, ad Abramo e alla sua discen-

    - 38 -

  • denza per sempre».

    Di solito siamo abituati a leggere la storiadalla parte dei potenti e dei vincitori. Maria ciinsegna a leggerla dalla parte dei deboli e dicoloro che agli occhi del mondo sono sconfit-ti: i poveri! Ma chi sono i “poveri” secondole Scritture?

    6.1. Oppressi e senza difesa

    Ne l l ’AT “povero” viene espresso con itermini ‘anî e ‘anaw. Il primo indica colui checede, si piega, l’uomo che si abbassa, sicurva, si sottomette: è l’oppresso. Il secon-do, quasi sempre usato al plurale ‘anawîm,indica persone discrete, umili, sottomesse,miti, la cui umile sottomissione si trasformaspontaneamente in atteggiamento di fiducio-sa sottomissione a Dio.

    Nel vocabolario ebraico il “povero” è

    - 39 -

  • fondamentalmente l’uomo senza difesa, sulquale viene esercitata da parte dei bene-stanti l’ingiustizia che grida al cielo: «Conquale diritto opprimete il mio popolo, osatecalpestare il volto dei poveri?» (Is 3,15). Ladenuncia dei profeti (cfr. Am 2,6s.; Is1,17.23) difende il diritto del povero ad esse-re trattato secondo la dignità della personaumana: «Non defrauderai il salariato pove-ro e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli ouno dei forestieri che stanno nel tuo paese,nelle tue città; gli darai il suo salario il gior-no stesso, prima che tramonti il sole, perchéegli è povero e vi volge il desiderio; così eglinon griderà contro di te al Signore e tu nonsarai in peccato» (Dt 24,10-15). Amos, il pro-feta della giustizia sociale, “ruggisce” con-tro i delitti di Israele verso i poveri (cfr. Am4,1; 5,11) e nel libro dei Proverbi il Signorestesso si fa difensore dei sacri diritti del pove-ro (Pr 17,5; 19,17).

    - 40 -

  • A cominciare dal profeta Sofonia, lapovertà acquista un sapore religioso e divie-ne apertura alla salvezza futura: «CercateYHWH, voi tutti poveri della terra... cercatela povertà (‘anawah)» (Sof 2,3). I poveri diYHWH sono l’oggetto privilegiato del suoamore (Is 49,13-15) e costituiscono le «pri-mizie del popolo umile e modesto» (Sof3,12). Essi «possederanno la terra» (cfr. Sal37,11), «poiché Dio ascolta i poveri» (Sal69,34). Il povero, in tal modo, è colui che èpronto per la venuta del Regno di Dio, coluiche attende - e a ragione - l’esaltazionecantata da Maria nel Magnificat.

    6.2. Il Messia povero

    In Cristo Dio comunica se stesso rivelan-dosi “vicino” ai poveri e partecipe dellaloro difficile condizione. In Lui Dio fa suoogni grido, ogni sofferenza e ogni emargi-nazione dei poveri, partecipandovi dal di

    - 41 -

  • dentro e assumendo su di sé le loro angosce:«Egli ha preso su di sé le nostre infermità e siè addossato le nostre malattie» (Mt 8,7). IlMessia ha operato una ricostruzione del tes-suto umano dei poveri (cfr. Mc 5,1-20) attra-verso le innumerevoli guarigioni (cfr. Mc1,32-34), chiarendo con la parola il gestosalvifico di Dio in essi e sollecitando nellostesso tempo l’adesione alla fede. Cristo,sanando le infermità dei corpi, vuole sanarele radici ammalate dell’umanità “povera ”che, nel peccato, ha perduto la dignità delproprio essere “immagine e somiglianza diDio”.

    Gesù non svolge la missione di Messia deipoveri solo verso gli emarginati che incontra perle strade, ma va Lui stesso alla ricerca di essi,entra nelle loro case, dividendo il cibo con loro(cfr. Mc 9,9-13), dedicando tempo e attenzioneai poveri. Ai farisei che lo rimproveravano perquesti suoi atteggiamenti “spregiudicati”,

    - 42 -

  • Gesù risponde dichiarando che il cuore dellalegge deve essere l’attenzione all’uomo, adogni uomo (cfr. Mc 2,23-28).

    Per questo Egli «pur essendo di naturadivina, non considerò un tesoro geloso la suauguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servo e divenen-do simile agli uomini... umiliò se stesso facen-dosi obbediente fino alla morte di croce» (Fil2,6-8).

    Con Gesù, dunque, irrompe qualcosa dinuovo, verticalmente dall’alto, nella storiadella povertà biblica: la volontarietà e l ’esse-re per: «Cristo Gesù da ricco che era, si èfatto povero per voi, perché voi diventastericchi per mezzo della sua povertà» (2Cor8,9). La solidarietà di Cristo con i poveri arri-va al punto che Egli ritiene fatto a sé quelloche viene fatto ad essi (cfr. Mt 25,31-46). Ilrapporto dell’uomo con Dio si gioca cosìnel rapporto dell’uomo con l’umanità pove-

    - 43 -

  • ra (cfr. Lc 15,19-31).

    6.3. La felicità dei poveri

    Nel testo greco di Mt 5,3 e di Lc 6,20povero viene espresso con il termine ptochos:mendicante, misero, incapace di provvederealle proprie necessità, colui che attende dun-que dagli altri i mezzi di sussistenza, coluiche manca del necessario. La prima Beatitu-dine: «Beati i poveri...» rimanda all’oracolodi Is 61,1-3, ripreso anche da Luca nel dis-corso inaugurale di Gesù alla sinagoga diNazareth e offerto quale risposta ai disce-poli del Battista: «... ai poveri è annunciatala buona novella» (Mt 11,5). C’è da aggiun-gere anche l’oracolo di Isaia: «...il Signoreconsola il suo popolo e ha pietà dei suoi mise-ri...» (Is 49,9-13). I poveri di cui Dio ha pietàsono anche degli afflitti che Egli “consola”,dei prigionieri che Egli libera, degli emigratiattraverso il deserto che Egli preserva dalla

    - 44 -

  • fame, dalla sete e dal calore opprimente.

    Nel celebre oracolo di Ez 34,11ss. Diostesso, prendendosi cura del suo gregge,rivolge tutta la sua sollecitudine alle pecoredisperse, smarrite, ferite, deboli, malate...Non è difficile accostare a questi testi il dettodi Gesù: «Venite a me voi tutti che faticate evi piegate sotto il fardello e io vi ristorerò» (Mt11,28), che ricorda il detto di Baruc: «L’ a-nima rattristata sotto il suo fardello, colui checammina curvo ed esausto, l’uomo dallosguardo desolato, l’anima affamata: costo-ro ti rendano gloria e giustizia, Signore» (Ba2,18). Si tratta dunque di gente infelice versola quale Dio si compiace di far risplendere lasua misericordia, donando la sua salvezza(cfr. Is 58,6-7). Egli è il protettore dei debolie dei poveri: si sente obbligato verso se stes-so, in virtù della sua giustizia, a garantire ilbuon diritto degli uomini che non sono ingrado di farlo trionfare con i propri mezzi.

    - 45 -

  • Con l’avvento definitivo del Regno di Dio ipoveri godranno veramente e pienamentedegli effetti della sollecitudine di Dio, che«colma di beni gli affamati e rimanda i ricchia mani vuote» (Lc 1,52-53). Ecco perchél’annuncio dell’imminenza del Regno diDio non può che riempire di gioia i poveri:Dio stesso si prende cura di loro, facendonel ’oggetto della sua regale sollecitudine.

    6.4. Uno spirito da poveri

    Colui che ha uno spirito da poveri vive lasua totale adesione a Cristo con uno stile divita umile: «Se uno vuole essere il primo, sial’ultimo e il servo di tutti» (Mc 9,35). Avereuno spirito da poveri significa avere il corag-gio di piegarsi con umiltà nel servizio, sul-l ’esempio di Cristo che non è venuto peressere servito ma per servire. Il cristiano nelmondo è chiamato ad essere sacramento dellasollecitudine di Dio, segno di speranza, sacra-

    - 46 -

  • mento di Cristo-Amore.

    È pertanto necessario uscire dal tempio ecamminare la vita sulle strade del mondo peressere trasparenza del volto di Dio. Lo spiri-to di povertà è un atteggiamento che nasceda una relazione tessuta da persone entusia-ste della vita e capaci di amare; è libertà perDio e in Dio; è epifania dell’amore di Dionella nostra vita; è gratuità; è accogliersicome dono e spendersi in quanto dono nelservizio. Spirito di povertà è avere un solo inte-resse; è abbandono interiore e radicamentoin Dio; è saper scrivere “Gesù Cristo” nellepagine di ogni giorno, cogliendo se stessi(esistenza, competenze, capacità) in terminidi gratuità e non di possesso: una gratuitàche essendo dono nella sua origine continuaad essere dono nel suo uso... e si fa servizio!

    6.5. L’amore preferenziale per i poveri

    - 47 -

  • Non semplicemente Dio guarda ai poveri,ma egli si fa povero per amore dei poveri.Questo è l’amore preferenziale, che non silimita a fare discorsi sui poveri o ai poveri.Dio per amore si fa povero coi poveri.

    In Gesù Cristo si rivela il volto di Dio cheama. Egli ha dato la vita per noi; quindianche noi dobbiamo dare la vita per i fratel-li. Ma se uno ha ricchezze in questo mondoe, vedendo il suo fratello in necessità, glichiude il proprio cuore, come dimorerà in luil ’amore di Dio? (1Gv 3,16-17). Non ha pos-sibilità di dimostrarlo, se non per mezzo diun amore che si dona.

    Allora se si vuole incontrare il Dio di GesùCristo bisogna non solo aiutare i poveri, madiventare destinatari di questo amore di Diomettendosi tra i poveri. La salvezza ci verràdata gratuitamente, se diventiamo “poveri ”liberandoci della nostra ricchezza; se cesse-remo di considerare quello che siamo e che

    - 48 -

  • abbiamo come un diritto e lo viviamo comeun dono da condividere con gioia e sempli-cità con gli altri.

    Perché «Oggi più che mai la Chiesa ècosciente che il suo messaggio sociale trove-rà credibilità nella testimonianza delle opere,prima che nella sua coerenza e logica inter-na. Anche da questa consapevolezza derivala sua opzione preferenziale per i poveri, laquale non è mai esclusiva né discriminanteverso altri gruppi. Si tratta, infatti, di opzioneche non vale soltanto per la povertà mate-riale, essendo noto che, specialmente nellasocietà moderna, si trovano molte forme dipovertà non solo economica, ma anche cul-turale e religiosa. L’amore della Chiesa peri poveri, che è determinante ed appartienealla sua costante tradizione, la spinge arivolgersi al mondo nel quale, nonostante ilprogresso tecnico-economico, la povertàminaccia di assumere forme gigantesche.

    - 49 -

  • Nei Paesi occidentali c’è la povertà multi-forme dei gruppi emarginati, degli anziani emalati, delle vittime del consumismo e, piùancora, quella dei tanti profughi ed emigra-ti» (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n.57). Prima dunque il “fare” e poi il “par-lare”! Anche da questa consapevolezzaderiva per la Chiesa l’amore preferenzialeper i poveri.

    Nel primo rapporto dell’Osservatorio dio-cesano sulle povertà e risorse, curato dallaCaritas della nostra Diocesi, vengono messein rilievo le situazioni di disagio della popo-lazione del territorio nisseno, con unamappa e una classificazione significativacirca i bisogni e le risorse dei diciotto Comu-ni della Diocesi. Fra le “povertà” che chie-dono improcrastinabili e mirati interventi ven-gono evidenziate: disoccupazione, tossicodi-pendenza e alcoolismo, mancanza di abita-zione, devianze e criminalità, solitudine, dis-

    - 50 -

  • abilità, immigrazione. Ad esse si aggiungel’al larmante crescita dei suicidi nel nisseno,le cui cause sono state analizzate e dibattutein un convegno tenutosi lo scorso anno a SanCataldo.

    Queste “emergenze crescenti” interpel-lano fortemente la nostra Comunità ecclesia-le, la quale non può più limitarsi a terapie ditamponamento, ma deve seriamente proget-tare soluzioni a medio e lungo termine, incollaborazione con le Istituzioni civili e con itanti uomini e donne di buona volontà che,probabilmente, attendono di essere chiamatia dare il loro contributo, oltre a quello cheindividualmente già offrono, proprio nellalogica responsabile del “camminare insie-me”… perché insieme è la forza che dà vitto-ria!

    Mi permetto, anche attraverso questa miaLettera Pastorale, di raccomandare la lettura

    - 51 -

  • attenta dei due testi a cui ho prima fatto rife-rimento: il “Primo rapporto dell’Osservato-rio diocesano sulle povertà e risorse”, in viadi pubblicazione dalla Caritas diocesana, e“Suicidi nel Nisseno spie di quale dis-agio?”, pubblicato quest’anno dal CentroStudi Cammarata con Edizioni Lussografica.Sono due strumenti “freschi” e utili percapire meglio come e dove insieme dedicaretempo ai poveri.

    E così, e proprio seguendo le orme diMaria che “in fretta” si mette in viaggio peroffrire il suo servizio alla cugina Elisabetta,anche la Visita Pastorale vorrebbe scavareun solco significativo nella storia e nella pro-gettazione del cammino della nostra Chiesa…povera al servizio dei poveri.

    - 52 -

  • 7. VISITA PASTORALE

    NELLA SEMPLICITÀ ED ESSENZIALITÀ

    7.1. Un evento di grazia

    La Visita Pastorale non è un fatto burocra-tico o anche solo celebrativo, ma vuole esse-re «un evento di grazia che riflette in qualchemisura quella specialissima visita con laquale il “supremo Pastore” (1Pt 5,4) eguardiano delle nostre anime (cfr. 1Pt 2,25),Gesù Cristo, ha visitato e redento il suopopolo (cfr. Lc 1,68)» (Direttorio per il Mini-stero Pastorale dei Vescovi, n. 221).

    Mosso dalla volontà e dalla coscienza diessere un umile servitore del Signore in que-sta porzione del suo santo popolo, consape-vole che, pur nei miei grandi limiti, nutro unsincero e profondo amore per tutti e che non«mi sono mai sottratto a ciò che poteva esse-

    - 53 -

  • re utile – come ebbe a dire l ’ApostoloPaolo –, al fine di predicare a voi e di istruir-vi in pubblico e nelle vostre case» (At20,20), sento ancor più l’anelito di padreche ha desiderio di abbracciare i suoi figli, diincontrare il loro sguardo, di leggere nei loroocchi, di prendere a cuore il loro cuore. Perportare a tutti il Signore e portare tutti alSignore! Per approfondire la conoscenzadella nostra Diocesi nelle sue capillari dimen-sioni e intensificare il rapporto di comunionecon le persone e le realtà della nostra Chie-sa locale.

    7.2. Volontari della carità

    Nel Decreto di indizione della Visitapastorale ho scritto: «Per dare visibile segnodi questo evento di grazia per la nostra Dio-cesi, rivolgo a chiunque voglia accoglierloun caldo invito : “Il tuo tempo per i poveri” !Esso si concretizzerà nel mandato di “volon-

    - 54 -

  • tario della carità” da conferire a quanti offro-no la loro costante e fedele disponibilità ad“adottare” una persona bisognosa, poverao anziana, alla quale dedicare alcune oreogni settimana per tutto quello di cui essanecessita». Mi sembra un modo concreto perprovare a vivere come Maria di Nazareth,verso la quale diffusa e profonda è la devo-zione nella nostra Diocesi.

    Vorrei che fossero in tanti, e seriamentemotivati e impegnati, ad accogliere l ’ invitodel Vescovo, trovando tempo da dedicareogni settimana a chi – uomo o donna, gio-vane o famiglia – vive nella solitudine, nellapovertà materiale e spirituale, nello smarri-mento della vita.

    Vorrei che fossero in tanti i volontari dellacarità fra i presbiteri, i diaconi, i religiosi e lereligiose, le coppie di sposi, i giovani, iragazzi…

    Vorrei che fossero in tanti ad offrire – congenerosità, amore, dedizione e spirito di ser-

    - 55 -

  • vizio – il loro tempo per i poveri e per chi ènel bisogno.

    Un giovane potrebbe “adottare” un suocoetaneo bisognoso o smarrito; una coppiadi sposi potrebbe “adottarne” un’altrache versa in situazione di povertà o di dis-agio e così potrebbe e dovrebbe fare ognibuon cristiano. Per uscire dalla prigione del-l’individualismo, per aprire la solitarietàalla solidarietà, animata e motivata dallasolitudine contemplativa, dal primato del-l ’essere, per esserci essendo trasparenzadella tenerezza premurosa di Dio. ComeMaria…

    Tuttavia, assumere con coraggio e pubbli-camente questo impegno non implica neces-sariamente il rendere noto (se non al Vesco-vo tramite il parroco) il nome di chi si “adot-ta” o beneficia dell’amorevole e delicatacarità dei “volontari”. E Gesù, che ha dettoche viene donato a lui anche un bicchiere

    - 56 -

  • d ’acqua dato ai più piccoli nel suo nome,certamente inonderà di gioia e di luminosaserenità tutti i “volontari della carità” echiunque, spezzando le catene dell’io siaprirà a Dio presente nel volto del fratello –soprattutto il più povero – accolto, amato evenerato come Gesù. Perché «ho avuto famee mi avete dato da mangiare, ho avuto setee mi avete dato da bere; ero forestiero e miavete ospitato, nudo e mi avete vestito, mala-to e mi avete visitato, carcerato e siete venu-ti a trovarmi… ogni volta che avete fatto que-ste cose a uno solo di questi miei fratelli piùpiccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-40).Proprio sull’esempio di Maria, volontariadella carità verso l’anziana e partoriente Eli-sabetta.

    7.3. Speranza e fiducia

    Dopo il Magnificat Maria “scompare ” :in una concisa frase Luca annota un lungo

    - 57 -

  • periodo di carità e di servizio: «rimase con leicirca tre mesi poi tornò a casa sua» (Lc 1,56).

    Sull’esempio di Maria, ho voluto darealla Visita Pastorale un carattere “residen-ziale”, esprimendo nel Decreto di Indizioneil mio desidero che essa sia vissuta con stiledi semplicità, di essenzialità e di amicizianello Spirito. È mio intendimento, infatti, darealla Visita Pastorale la caratteristica di incon-tro aperto all’ascolto, per rendere semprepiù saldi i legami di comunione e affetto spi-rituale, nella grande disponibilità a conosce-re le difficoltà e i problemi reali di tutti colo-ro che si considerano discepoli di Cristo oche sono in ricerca sincera di Lui.

    Desidero essere portatore del conforto -dono del Crocifisso Risorto - particolarmenteagli ammalati, agli anziani, alle persone solee alle famiglie provate da povertà o da altriproblemi, e sono certo che anch’ io riceverò

    - 58 -

  • i frutti della grande ricchezza spirituale dellanostra Chiesa. Vorrei trasmettere a tutti lasperanza e la fiducia della preghiera diGesù al Padre: «Consacrali nella verità. Latua parola è verità. Come tu mi hai mandatonel mondo, anch’io li ho mandati nelmondo; per loro io consacro me stesso, per-ché siano anch’essi consacrati nella verità.Non prego solo per questi, ma anche perquelli che per la loro parola crederanno inme; perché tutti siano una sola cosa. Cometu, Padre, sei in me e io in te, siano anch ’ e s-si in noi una cosa sola, perché il mondocreda che tu mi hai mandato» (Gv 17,17-21).

    Figlioli carissimi, prima di consegnarvi lapreghiera per la Visita Pastorale che vi rac-comando di recitare ogni giorno, desideroaffidare a Maria, Madre di tenerezza e altoesempio di umiltà nel servizio, i sogni e lesperanze, il cammino e i progetti della nostraamata Chiesa nissena. Voglia Dio nostro

    - 59 -

  • Padre per il Signore nostro Gesù Cristo ricol-marci di grazia e alimentare la nostra comu-nione nello Spirito d ’Amore, con il panedell’Eucaristia e la lampada della sua Paro-la!

    - 60 -

  • - 61 -

  • PREGHIERA PER LA VISITA PASTORALE

    Padre nostro misericordioso,a Te eleviamo la lodeper Cristo Gesù, Redentore nostro,nello Spirito Santo Consolatore e Santificato-re.O Dio Trino e Unico,Fonte d ’eterna Graziae Comunione di immenso Amore,feconda la nostra Chiesa nissenain questi preziosi annidella Visita Pastorale del nostro Vescovo.Apri i nostri cuori per accoglierela rugiada della tua Parola.Schiudi la conchiglia dell’animaper offrirci all’abbraccio benedicente dellatua Grazia,che a noi viene nel Successore degli Aposto-lidato alla nostra Diocesi

    - 62 -

  • - 63 -

  • come padre e pastore, fratello e amico.Maria Santissima, amata nostra Madre,tu che nella fretta del serviziohai dato tempo a Dio e per Lui hai dedicato tempo ai bisognosi,guida e sorreggi il cammino della nostra comunità ecclesiale,dacci la forza di dedicare tempo ai poveri,sostieni i nostri passi nel coraggio dellacomunione,aiutaci ad essere carità nella storiae fa ’ che la nostra Chiesa prenda il largoper raggiungere la misura alta della santità,nell’unità dei cuori e del cammino pastora-le,perché il mondo creda in Cristo Gesù,il Crocifisso Risorto nostro Signore,a lode e gloria di Dio Padrenello Spirito Santo. Amen.

    Caltanissetta, 29 giugno 2005

    - 64 -

  • - 65 -

  • - 66 -

  • - 67 -

  • INDICE

    Introduzione 3

    1. CONTEMPLAZIONE IN AZIONE 71.1. Il primo passo 71.2. La spiritualità della consegna 9

    2. LA FRETTA PAZIENTE DELL’ I NCONTRO13

    2.1. La fretta per incontrare 132.2. La fretta per servire 15

    3. LA GIOIA DEI POVERI 173.1. Un salto di gioia 173.2. Alla luce di Cristo 19

    4. FEDE E AMICIZIA 234.1. L’obbedienza della fede 234.2. Amicizia e umiltà 25

    5. CANTARE LA GIOIA 295.1. Esprimere l’inesprimibile 305.2. Cantare le parole di Dio 32

    - 68 -

  • 6. DARE SPERANZA AGLI ULTIMI 356.1. Oppressi e senza difesa 366.2. Il Messia povero 386.3. La felicità dei poveri 406.4. Uno spirito da poveri 426.5. L’amore preferenziale per i poveri 44

    7. VISITA PASTORALE NELLA SEMPLICITÀ ED ESSENZIALITÀ 49

    7.1. Un evento di grazia 497.2. Volontari della carità 507.3. Speranza e fiducia 53

    PREGHIERA PER LA VISITA PASTORALE 57

    - 69 -

  • INDICE

    INTRODUZIONE 3

    I. FRACTIO GAUDII 7

    II. LA VITA: DONO E COMPITO 11

    III. NEL LABIRINTO DELLA VITA 151. La gioia un’illusione? 152. La vita: un labirinto senza via d’uscita? 183. La vita: ferita e benedizione 19

    IV. DALLA STASI ALL’ESTASI 23

    V. ALLE SORGENTI DELLA GIOIA 281. La gioia è d’altronde 282. Gioia nel dare e nel ricevere 31

    VI. SUI SENTIERI DELLA GIOIA 35

    VII. SENTIERI DI SPIRITUALITÀ 401. Fractio Panis e Fractio Verbi 402. Pensiero e unità della coscienza 493. L’accompagnamento spirituale 52

    CONCLUSIONE 58

    - 70 -