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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg) Esame di Stato A.S. 2000 / 2001 Presentazione INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF FRANCESE MARCEL PROUST FILOSOFIA BERGSON LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì INTRODUZIONE Tra la fine dell'Ottocento ed i primissimi anni del Novecento si sviluppa in Europa una corrente letteraria che avrebbe influenzato in modo radicale la cultura e la società del tempo: il Decadentismo. Il primo ad utilizzare il termine "decadente" applicato alla letteratura fu il poeta francese Paul Verlaine, la cui opera "Art Poétique" (1882) venne considerata il manifesto tecnico del Decadentismo europeo. Alla base della visione del mondo decadente vi è un irrazionalismo misticheggiante, in cui viene radicalmente rifiutata la visione positivista, ormai cristallizzata in luoghi comuni: il primato della scienza, il progresso illimitato, la sconfitta dei mali che affliggono l'umanità. Il decadente ritiene, al contrario, che scienza e ragione non possano offrire una vera e completa conoscenza del reale, poiché l'essenza di esso è al di là delle cose, e solo grazie all'irrazionalità si può cercare di raggiungere l'ignoto. Egli è quindi proteso verso il mistero, che è celato dalla realtà effettiva. Piazzoni Emiliana classe V sez.G Credits file:///D|/index.html [29/04/2002 21.59.45]

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

INTRODUZIONE

Tra la fine dell'Ottocento ed i primissimi anni del Novecento si sviluppa in Europa una corrente letteraria che avrebbe influenzato in modo radicale la cultura e la società del tempo:il Decadentismo. Il primo ad utilizzare il termine "decadente" applicato alla letteratura fu il poeta francese Paul Verlaine, la cui opera "Art Poétique" (1882) venne considerata il manifesto tecnico del Decadentismo europeo.

Alla base della visione del mondo decadente vi è un irrazionalismo misticheggiante, in cui viene radicalmente rifiutata la visione positivista, ormai cristallizzata in luoghi comuni: il primato della scienza, il progresso illimitato, la sconfitta dei mali che affliggono l'umanità. Il decadente ritiene, al contrario, che scienza e ragione non possano offrire una vera e completa conoscenza del reale, poiché l'essenza di esso è al di là delle cose, e solo grazie all'irrazionalità si può cercare di raggiungere l'ignoto. Egli è quindi proteso verso il mistero, che è celato dalla realtà effettiva.

Piazzoni Emiliana classe V sez.G Credits

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IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

PRESENTAZIONE

Tra la fine dell'Ottocento ed i primissimi anni del Novecento si sviluppa in Europa una corrente letteraria che avrebbe influenzato in modo radicale la cultura e la società del tempo: il Decadentismo. Il primo ad utilizzare il termine "decadente" applicato alla letteratura fu il poeta francese Paul Verlaine, la cui opera "Art Poétique" (1882) venne considerata il manifesto tecnico del Decadentismo europeo.

Alla base della visione del mondo decadente vi è un irrazionalismo misticheggiante, in cui viene radicalmente rifiutata la visione positivista, ormai cristallizzata in luoghi comuni: il primato della scienza, il progresso illimitato, la sconfitta dei mali che affliggono l'umanità. Il decadente ritiene, al contrario, che scienza e ragione non possano offrire una vera e completa conoscenza del reale, poiché l'essenza di esso è al di là delle cose, e solo grazie all'irrazionalità si può cercare di raggiungere l'ignoto. Egli è quindi proteso verso il mistero, che è celato dalla realtà effettiva. Questa visione "mistica" del reale porta quindi alla creazione delle cosiddette corrispondenze, che esulano dalla dimensione razionale e che possono essere percepite solo in uno stato di abbandono irrazionale. Di conseguenza, ogni forma visibile non è che un simbolo di qualcosa di più profondo che sta al di là di essa, e si collega con infinite altre realtà in una rete misteriosa. E' una visione che era già stata formulata da Charles Baudelaire nel sonetto Correspondances, contenuta nella raccolta Les Fleurs du Mal (1857).

Questa intricata trama di corrispondenze coinvolge direttamente anche l'uomo: la visione decadente propone (portando così alle estreme conseguenze l'idealismo romantico, il quale negava la consistenza autonoma della realtà oggettiva) una sostanziale identità tra io e mondo, tra soggetto e oggetto. Questa unione avviene prevalentemente sul piano dell'inconscio: in questa zona oscura l'individualità scompare e si fonde con un Tutto inconsapevole. La scoperta dell'inconscio è il dato fondamentale della cultura decadente, il suo nucleo più autentico. I Romantici avevano già intuito qualcosa sulle sue potenzialità, ma l'avevano esplorato solo parzialmente; è l'anima decadente che ha avuto il coraggio di avventurarvisi fino in fondo, in questo luogo oscuro e tenebroso.

L'uomo decadente, il protagonista dei grandi romanzi inerenti a questo rovesciamento di prospettive, assume caratteristiche differenti a seconda del modo che l'autore ha di rapportarsi al mondo e alle situazioni che lo circondano. Si possono distinguere due modelli fondamentali, i quali presentano elementi contrastanti: l'esteta e l'inetto. L'esteta (un esempio molto importante è costituito da Andrea Sperelli, il protagonista de "Il Piacere", di Gabriele D'Annunzio) è l'uomo che vuole trasformare la sua vita in un'opera d'arte, sostituendo le leggi del bello a quelle morali e andando sempre alla ricerca di sensazioni piacevoli e raffinate; egli prova orrore per la vita comune, per la volgarità borghese, per una società dominata dagli interessi materiali: di conseguenza si isola da tutto e da tutti, circondandosi solo di bellezza e di bellissime opere d'arte. Sull'opposto versante si colloca la figura dell'inetto, incarnata nei tre protagonisti degli altrettanti romanzi di Italo Svevo, Una Vita, Senilità e La Coscienza di Zeno. L'inetto è una persona che reagisce ai problemi della vita chiudendosi in se stesso, che ha paura di rapportarsi al mondo e alla gente che lo circonda. Alfonso Nitti, Emilio Brentani e Zeno Cosini affrontano la realtà ed i problemi che questa comporta con il sogno (ad esempio, i "sogni da megalomane" di Nitti, con i quali egli si costruisce una sorta di maschera fittizia, un'immagine consolatoria di sé, che lo risarcisce dalle frustrazioni reali), con la costruzione di un castello di illusioni che, immancabilmente, è destinato a crollare.

Un altro caposaldo destinato ad un'autentica inversione di ruoli in epoca decadente è la concezione del tempo. Già nella Coscienza è possibile individuare un'importante novità, il tempo misto: il racconto, nonostante l'impostazione chiaramente autobiografica, non presenta gli eventi nella loro successione cronologica lineare ed inseriti in un tempo oggettivo, ma in un tempo tutto soggettivo, che mescola piani e distanze, in cui il passato (il tempo del vissuto) riaffiora e si intreccia al presente (il tempo del racconto), in un movimento incessante, poiché resta presente nella coscienza del personaggio narrante.

Henri Bergson (1859 - 1941), filosofo francese e massima espressione dello spiritualismo, contrappone al tempo spazializzato della scienza il tempo come durata, come flusso ininterrotto, come processo che non può essere quantificato ma soltanto vissuto dallo spirito. Così, tutta la vita è interpretata come evoluzione continua, come proiezione della realtà e dello spirito verso forme sempre nuove, in una perenne attività creativa. Nell'opera Materia e memoria (1896), Bergson studia i rapporti tra spirito e corpo (che è quel tipo di materia che, nell'uomo, si oppone alla coscienza), e

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articola il suo discorso distinguendo tra memoria, che è la coscienza, la quale registra tutto ciò che accade; ricordo, che è la materializzazione di un evento del passato, e percezione, che agisce come filtro selettivo di dati, in vista delle esigenze dell'azione.

Se il romanzo tradizionale tendeva ad organizzare la narrazione su precisi rapporti cronologici e di causa-effetto, la nuova percezione della molteplicità del reale spinse lo scrittore irlandese James Joyce (1882 - 1941) ad utilizzare un intreccio discontinuo, imprevedibile, giustificato dall'utilizzo della tecnica dello "stream of consciousness", che permetteva continui cambi di circostanze. Si ha quindi l'abolizione del narratore onnisciente adatto ad una storia lineare a favore, invece, di una pluralità di punti di vista interni ai personaggi, in cui passato, presente e futuro si intrecciano secondo il meccanismo delle libere associazioni di idee. Viene creata così una nuova dimensione, che coincide con quella del monologo interiore, in cui la psicologia del personaggio non è più coerente ed unitaria, ma multisfaccettata e frantumata in unità psichiche indipendenti, attraverso cui Joyce riproduce nuovamente la pluralità del reale.

Importanza rilevante ha anche Virginia Woolf (1882 - 1941), grazie ai suoi esperimenti condotti sulla narrazione, sulla caratterizzazione dei personaggi e sullo stile. Ella rifiuta deliberatamente ciò che per molti lettori era lo scopo di una novella, cioè il racconto di una storia. Per lei, gli eventi non hanno particolare importanza, ma sono le impressioni che questi stessi eventi esercitano sulle persone e, poiché lei è maggiormente interessata alla soggettività dell'esperienza che all'oggettività degli eventi, non può utilizzare il tradizionale narratore onnisciente. La novità che Virginia Woolf introduce è la narrazione dal punto di vista interno dei suoi stessi personaggi, rivelando quindi i loro pensieri, le loro sensazioni e le loro impressioni. Ciò porta all'abbandono di un'altra caratteristica tradizionale, cioè l'ordine cronologico degli eventi; si hanno quindi due tempi di narrazione: il tempo dell'orologio, che si riferisce agli avvenimenti esterni, ed il tempo della mente, quello del flusso di pensieri e delle associazioni di idee.

Nel 1924 André Breton pubblica il primo Manifesto del Surrealismo, il documento che spiega con chiarezza il significato del movimento: "Automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per scritto o in altri modi, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero, con assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale". Il Surrealismo è dunque il tentativo di esprimere l'"io" interiore in piena libertà, senza l'intervento della ragione che, mettendo in atto meccanismi inibitori, dovuti all'insegnamento che riceviamo fin dalla nascita, ci condiziona, obbligandoci a reprimere istinti e sentimenti, a nasconderli, seppellendoli nel più profondo di noi stessi, ad apparire quindi come la società costituita vuole che siamo. Per raggiungere questa libertà occorre lasciarsi guidare dal proprio inconscio, come accade nel sogno, quando le immagini si susseguono senza un legame apparente, rivelando la nostra realtà recondita, molte volte ignota a noi stessi. È il metodo della psicanalisi: del resto, Breton e Salvador Dalì riconoscono apertamente il fondamentale apporto delle teorie di Sigmund Freud. Il Surrealismo, e soprattutto Dalì, cerca di scoprire il meccanismo con il quale opera l'inconscio, scoprendo il processo il processo intimo, non soltanto durante il sonno, ma anche durante la veglia, mediante l'"automatismo psichico", lasciando cioè che un'idea segua l'altra, senza la conseguenza logica del ragionamento consueto, ma automaticamente.

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IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

SOCIAL BACKGROUND

The Edwardian Era was characterized by important social reforms, which laid the basis for the development of the Welfare State after the Second World War. Old Age pensions and a national insurance scheme were introduced and the Educational Act (approved in 1902) opened the way for subsequent acts, which established a system of secondary school education for all children up to the age of 15.

By the outbreak of the First World War, Britain was one of the most advanced countries, thanks to urbanization, economic growth and expansion in the transports network. These changes affected the social hierarchy, which still played a very important role: at the top, there was the aristocracy, followed by the middle class (divided into upper and lower middle class); at the bottom there was the working class. Lifestyle was obviously different according to the different financial conditions, but everybody still tried to to keep up that standard of "respectability", which had been the key word during Queen Victoria's reign.

From a certain point of view, this period was very troubled. Family were still very big, infant mortality very high and housing condition very bad, even if Government had passed some social reforms, trying to improve the health conditions of people living in the suburbs. There were still clashes between the classes, which often led to social injustice. On the other hand, the British were united by a common sense of patriotism and national consciousness, which played a very important role when the Great War broke out.

The shattering experience of the First World War deeply affected both the economic and social fabric of Great Britain. When the war ended England had to face the devaluation of its currency, heavy taxation to meet the expense of the reforms enacted before the war and industrial decline, which was partly due to the updating of machinery and partly due to the competition from the new industrialized countries (such as the U.S.A., Japan and India) in textiles production. The idea of Empire, first shaken by the Boer War in South Africa, was now further shaken by the pressing demand for independence from the colonies: in 1926 the Dominion Imperial Conference in London declared them autonomous but united by a common allegiance to the Crown and associated to the British Commonwealth of Nations.

The First World War ended in 1918 (the Treaty of Versailles would be signed one year later) had a deep and lasting influence, and its consequences may be grouped in four main effects:

The impact of the war on living standards: war production had demanded full-time labour; as a consequence, unemployment had disappeared with a gradual increase in incomes. Though these advantages were later counterbalanced by a rise in prices, which led to inflation, the standard of living, especially for the working classes, had improved.

● The role of the war in the emancipation of women: since most men were at the front, work at home had to be entrusted by women, who proved to be as clever as men in every field. This fact accelerated the process of their emancipation. In 1918 women over 30 obtained suffrage, which the "suffragettes" had been advocating for many years (in 1915 Emmeline Pankhurst had even claimed women's "right to serve"). Ten years later, in 1928, their voting was lowered to 21. English women had performed courageous and intelligent work during the war, and they deserved to participate in choosing the people who would rule the country. ● The importance of the war in strengthening organized labour: since war production had needed workers, the latter had become more conscious of their indispensable role, and after the war the Government had to cope with the new requests of the Trade Unions, which grew in power and importance. ● The democratizing role of the war, including the stimulus to wider social reforms: the war and the post-war reconstruction imposed collective sacrifices, but it also fostered a new democratic view of social organization (full voting rights to all people, according to the principle "one man, one vote").

In the economic field the effects of the conflict were manifold. The industries closely connected with armaments, munitions, etc., which had increased their production during the war, suffered a great contraction when the war was over. This fact led to an economic collapse in 1920, soon followed by widespread unemployment. The situation got worse in 1929, with the Wall Street Crash, which had

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begun in the United States, but whose influence could be felt throughout Europe.

After the second part of the '30s, industries and agriculture improved their activity: reorganization of the heavy industries, housing and food were better, other sectors were fostered, such as plastics, motor vehicles and artificial fibres.

Mass production methods changed radically the habits of marketing and let to the creation of chain stores. Advertising became insistent in the press, and hire-purchase made goods available to a greater number of people.

All these developments ended by affecting the family structure. The new material comfort brought about by modern industry led to a reduction in the size of families (the fewer children they had, the more money they could save). Even the role of the woman changed. Since family size reduced, she had less housework, and she had more time for herself; she changed her way of dressing, cut her hair short and started using cosmetics.

In the cultural field, the inter-war period was called "Age of Modernism", which meant "new ways of looking at the universe both artistically and scientifically, new ways of understanding man and society, new forms of expressions.". It was in fact characterized by experimentation in every field, from literature (with James Joyce and Virginia Woolf) and painting (with Pablo Picasso) to architecture and decorative art (with the so-called Art Déco).

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IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

MODERNISM

1910 seems to mark a dividing line in the history of the novel, and the years following this date were characterized by a revolution in English literature, which has been called "Modernism" by the critics. This term may be confused, since it can be applied to all the artistic movements belonging to the early part of the century (such as Futurism, Imagism, Dadaism, etc.). However, as far as English fiction is concerned, "Modernism" usually refers to those novelists who actually experimented with new forms and who, focusing their attention on the mental processes that develop in human mind, tried to explore them through the STREAM OF CONSCIOUSNESS TECHNIQUE.

This new technique applied to literary works the theories carried out by two important philosophers: the French HENRI BERGSON (1859-1941) and the American WILLIAM JAMES (1842-1910). Bergson's conception of what he called "la durée", or duration flux, according to which inner time has a duration that eludes conventional clock time, had turned to the old conception of time from a sequence of separate point into a flowing continuity. William James, in his "Principles of Psychology" (1890), had compared consciousness to a flowing river or stream. This importand concept gave birth to the name "stream of consciousness". The term "consciousness", however, must not be confused with other mental activities, such as "intelligence" or "memory", since it indicates "THE ENTIRE AREA OF MENTAL ATTENTION, FROM PRE-CONSCIOUSNESS ON THROUGH THE LEVELS OF THE MIND UP TO INCLUDING THE HIGHEST ONE OF RATIONAL COMMUNICABLE AWARENESS". In other words, while the psychological novel dealt with the "rational communicable" area, stream-of-consciousness fiction is instead concerned with that area which is beyond communication. As a matter of fact there are two different levels of consciousness:

● the "speech level", which can be communicated either orally or writing; ● the "pre-speech level", which has no communicative basis and is not rationally controlled or logically ordered. An easy example could be that of an iceberg, of which only the summit is visible, while tha biggest part is submerged. Stream-of-consciousness fiction is concerned not so much with the part of the iceberg that emerges, but with the one that lies on the surface. To this purpose, the novelist has to explore WHAT starts and constitutes the mental processes (memories, dreams, sensations, intuitions, etc.) and analyse HOW this process works (through symbolizations, associations of ideas, etc.).

The techniques used to depict consciousness, which is a very hard task for the writer, since consciousness is a private thing and always in movement, includes cinematic devices, like "montage", "flash-backs", "fade-out" and "slow-up", and other means such as the story within a story, the use of metaphors and similes, a particular use of punctuation, etc. Yet, the basic and most prominent method is the use of the INTERIOR MONOLOGUE. Though the term is often confused with "stream of consciousness", there is a distinction between them, stream of consciousness is the psychic phenomenon itself, while the interior monologue is the instrument used to TRANSLATE THIS PHENOMENON INTO WORDS. To do so, the interior monologue often disregards logical transitions, formal syntax and even conventional punctuation, so as to reflect the apparently disconnected and chaotic sequence of thoughts.

In England it was JAMES JOYCE (1882-1941) and VIRGINIA WOOLF (1882-1941) who exploited this new technique, though in different ways:

● V.Woolf used a more repetitive style and the so-called "indirect interior monologue", which is a monologue introduced by clauses as "he thought", "he decided", etc. This method provides more rational links for the associations of ideas; ● J.Joyce, on the contrary, went further and deeper in his experimentation by using the "direct interior monologue", whereby he jumped from one thought to another one, without any apparent connection of verb, subject or even punctuation.

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Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

JAMES JOYCE

[The Dead - Molly Bloom's monologue]

James Joyce was born in Dublin in 1882 and educated at Jesuit schools and University College in Dublin. He came of a well-to-do family, whose situation went worse and worse because of the decline in the fortunes of Charles Parnell. Joyce did not sympathize with the nationalist movements, which gathered strength after Parnell, and, although he loved Ireland, he saw patriotism as a backward movement, which paralysed the development of a free spirit in Ireland.

Joyce left Dublin in 1904, but he kept his sense of family bonds: he had a close relationship with his brother Stanislaus. His lifelong companion was Nora Barnacle, by whom he had a son and a daughter, but whom he married only in 1931.

Joyce's first ten years abroad were very difficult. He lived in Trieste and Rome, where he had to give private lessons and work in a bank to support his family. During the First World War he moved to Zurich; here, his financial problems contunued and he also had serious health problems.

In 1920 the Joyces moved to Paris, where James became a celebrity, but they had to come back to Zurich in 1939 because of the Second World War. He died in Zurich in 1941.

Features and themes

● Besides rejecting Irish nationalism, James Joyce rejected Irish life in general, but at the same time he set all his novels in Dublin, the capital of the land he had grown up in, and his concern with the particulars of his life there was constant and obsessive; ● He spent nearly all his adult life abroad (in Trieste, where he met Italo Svevo; in Paris, in Zurich), becoming the most cosmopolitan of Irish writers. Because of his frequent journeys, he could more easily get in touch with other cultures and intellectual traditions; ● Joyce was deeply interested in all aspects of modern culture, such as the new discoveries concerning psychology, which revealed to be a very important instrument to explore one's mind; ● He found himself involved in the controversy concerning the two most influential literary currents of the time, Realism and Symbolism. Joyce always refused to be classified in either movement, since realism and symbolism often combined in his works; ● Joyce created a new kind of dream language, a mixture of existing words, inventive word combinations, to provide a dense multi-layered prose that can be read on endless levels of significance. Joyce's production can be divided into two periods.

First period

Joyce's first period is characterized by a realistic technique. The plot is linear in its development and rich in details; the syntax is logical and the language reflects the everyday language. The most important work of this period is Dubliners: it is made up of fifteen stories, all written by 1905, except for The Dead, written in 1907. The publication was delayed until 1914, mainly because of the supposed "immorality" of certain passages. The work is an acute analysis of Dublin's life; as a matter of fact, Joyce himself wrote of it: "I wanted to write a chapter on the moral history of my country, and I chose Dublin for the scene because the city seemed to me the centre of paralysis". The stories are arranged in thematic sequence and divided into 4 section, each of them representing one stage in life, plus an epilogue, The Dead.

The style is essentially realistic, with a scrupulous cataloguing of details and remarkable moments of sudden insight, the so-called EPIPHANIES. The original meaning of the term "epiphany" is the showing of the Christ child to the three Magi, but Joyce adopts this expression to signify a moment of sudden revelation, soon followed by a process of meditation. There is an epiphany when events,

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buried for a long period of time in one's memory, suddenly come to surface and start a long, sometimes painful, mental labour.

One of the best examples of "epiphany" can be found in The Dead.

The Dead forms the climax to the theme of decay and stagnation that runs through all stories, to show the spiritual paralysis of Dublin. Here Joyce moves towards a more intimate study on his characters' inner lives. The story can be divided into two parts. The first takes place at a dinner party, shortly after Christmas, and represents the life of Dublin in its many facets. The second is like a musical coda, in which Gabriel Conroy, the protagonist, meditates on what has passed and is overwhelmed by the futility of his own life. All the events are viewed through Gabriel's eyes, a schoolteacher married to a beautiful woman, Gretta. The high point of the party for Gabriel is a speech he makes after dinner: he is very satisfied of that, and leaves the party feeling exultant. As he and Gretta walk home he is full of desire for his wife, and remembers the happy moment spent with her during the courtship and married life. But when they reach the intimacy in their hotel bedroom, he realized that his wife is crying: she has been shocked by an old song, which has reminded her of Michael Furey, who had been in love with her and died for her sake. After Gretta falls asleep, Gabriel starts thinking about the events of that night: his own complacency, his weak desires and the futility of the lives that surrounds him.

Second period

The second period of Joyce's production sees the transition from a traditional approach to a stage of experimentation, rich in symbolism and allegory. Themes and setting of the new works are the same as the previous phase; what changes is the language, which rejects logical sequences and conventional syntax.

The best-known work of the second period is Ulysses.

Ulysses is a very complex work; it takes place on a single day, June 16, 1904, in the life of three Dubliners (Leopold and Molly Bloom, Stephen Dedalus), and it is divided into three corresponding parts, Telemachus, Ulysses and Nostos.

The central character of the first part is Stephen Dedalus, the Joycean alter ego, and the protagonist of A Portrait of the Artist as a Young Man. Stephen is a young man with intellectual ambitions, the enemy of his own country and a martyr to art. His Christian name, Stephen, is that of the first Christian martyr, who was stoned to death for preaching the new religion (Stephen-Joyce thinks of himself as a victim of incomprehension in his own land). His surname, Dedalus, is that of the legendary Greek craftsman who was able to escape the confines of the labyrinth by creating two wax wings: Stephen desires to convert the philistine Irish to the cult of ancient beauty.

The second part is dominated by the figure of Leopold Bloom, the Ulysses of the title: a middle-aged married man, who wanders around Dublin as Ulysses wandered around the Mediterranean.

The third part is dedicated to Leopold's beautiful wife, Molly, who corresponds to Ulysses' wife Penelope, just as Stephen Dedalus represents Ulysses' son Telemachus.

The novel begins with Stephen evicted from home and forced to wander the streets of Dublin in search of a father and a home. He meets Leopold Bloom, who "adopts" him by offering to take him home and give him a shelter. At home is Molly Bloom, like Penelope (though not so faithful). The book ends with her thoughts, as she lies awake in bed.

Parallel with the Homeric Odyssey

In Joyce's Ulysses there are 18 chapters (or sections), each one corresponding to one of the episodes in the Odyssey, though not in the same order. For example, the first episode is called "Telemachus", and it reminds of the first book of the Odyssey, which describes Ulysses' son, forced to share his home with his mother's suitors, who maltreat him and deprive him of his rights. In Joyce's work, Stephen is shown living in a tower on the Irish coast with companions who mock him and evict him from home.

The point of the parallel between the two works is that it enables Joyce to give his book a symbolic and permanent structure at the same time as it documents, with several details, the assorted events and impressions of a single day in the life of his characters. Joyce suggests that Bloom is a modern Ulysses, and archetypal hero who stands for Everyman. The circumstances have changed, but the human quest continues unchanged.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

Molly Bloom's monologue is an extract from the last chapter "Penelope". Bloom is in bed asleep beside his wife, who lies awake reflecting on her past and present. The whole episode is made up of Molly's thoughts and sensations, which follow one another through her mind in an unbroken river-like flow. The technique Joyce adopts to represent her thoughts is the most complete experiment in Ulysses of the stream-of-consciousness method, which attemps to represent the natural, disordered sequence of thoughts and feelings as they build up in Molly's mind.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

Virginia Woolf

[ Mrs. Dalloway (1925)- Mrs. Dalloway Analysis - Modernist novel - Bergson's theory ]

Virginia Woolf was born in London in 1882, the third child of Sir Leslie Stephen and Julia Jackson. The girl was brought up in a household crowded with people and devoted to intellectual efforts of every kind. Virginia was educated at home, while her brothers went to university, reading in her father's library, meeting many men of letters and learning Greek from Walter Pater's sister. Her youthful paradise was her parents' big house at St. Ives, in Cornwall, where her family spent the summers with friends, such as Henry James.

1895 was a very difficult year for Virginia, because her mother died. This event was followed by a long period of depression for her, the first sign of a nervous fragility that would accompany her throughout her life. After her father's death, the Stephens moved in Gordon Square, in Bloomsbury, an area of London near the British Museum; their house became the centre for an important literary, artistic and philosophical group of writers known as the Bloomsbury Group, where Virginia met her future husband, Leonard Woolf, married in

1912. They founded The Hogarth Press, which became a major publishing house.

In 1930, Virginia tries for the first time to commit suicide, but this attempt is not successful; she succeeded in doing it in 1941. Before drowning herself, Virginia left a beautiful letter to her husband, where she explained that she had started hearing voices, and that she was afraid of becoming mad. Also the war could be considered a cause that led Virginia to kill herself: she was unable to face the terror and destruction that surrounded her. The war was too much for her.

Mrs. Dalloway (1925)

Set in London, it is the story of an irrelevant day in the life of Clarissa Dalloway. Nothing extraordinary happens and the significance depends on the characters' interior monologues, which express their inner lives, and the way their lives cross without their even realising it, showing the irony and mistery of destiny.

The story:

At 10 a.m. on a Wednesday early in June, Clarissa Dalloway goes to Bond Street to buy some flowers for a party she is giving that evening at her house. While she is in the flower shop, a car drives noisily past and shifts the attention to the street, where Septimus and Lucrezia Warren Smith are walking: he is an estate agent's clerk and shell-shocked veteran of the war, and she is an Italian girl. Doctors have been called in to deal with Septimus's mental disorder, first Dr Holmes and now Sir William Bradshaw, the famous nerve specialist. Clarissa walks back home and there she receives an unexpected visit from Peter Walsh, the man she once loved in her youth. He then leaves Clarissa's house and goes to Regent's Park, where he catches a glimpse of the Warren Smiths who are going to Sir William Bradshaw's for an interview. This interview lasts three-quarters of an hour and results in Sir William arranging for Septimus to go into one of his clinics. At six p.m. Septimus jumps out of the window of his room, and the ambulance carrying his body passes by Peter Walsh, who is going back to his hotel. All the characters who have been in some way important during the day are present at Clarissa's party. The Bradshaws arrive and Clarissa hears from them of Septimus's death, with which she feels a strong connection.

The characters

It is clear from the plot that the meaning of the novel does not lie in the sequence of evnets, but in the way a specific use of time and place holds them together. Clarissa does not simply walk up Bond Street, she also perceives, thinks, remembers, so that her present experience and future projects are suffused with the feelings of the past. The range of characters is small: they all belong to the upper-

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

middle class of doctors and lawyers, of intellectuals and politicians.

Clarissa Dalloway

The protagonist of the novel is a London society lady of fifty-one, the wife of a Conservative Member of the Parliament, Richard Dalloway, who holds conventional views on politics and women's rights. Clarissa is characterized by contrasting feelings: her need for freedom and independence and her class-consciousness. The fact that she continues to give parties (probably to gain admiration and approval by other people) shows a deep dissatisfaction with her. Her life seems to be an effort towards order and peace, an attempt to overcome her weakness; she needs to make her home perfect, to make her social position glitter, to become an ideal human being; she is perfectly conscious of her frigidity, of her inability to abandon herself. The splintering effect of her possessive father, the frustration of a genuine love, the need to refuse Peter Walsh have weakened her emotional axis and divides her in two: one part of her lives in helpless isolation, the other one lives in protective self-glorification.

Septimus Warren Smith

Septimus Warren Smith is an extremely sensitive man who can suddenly fall prey to panic and fear. Despite this, he considers himself as a Messiah come to renew society. The cause of the feelings that brutalize him is his inability to feel, especially in connection with his best friend's death during the war. Septimus himself is connected with the war; he is a "shell-shock" case, one of the victims of industrialized war. Evans's ghost haunts him, he suffers from headaches and insomnia, he cannot stand the idea of having a child, and he is sexually impotent.

The connection between Clarissa and Septimus

The plot does not connect directly Clarissa and Septimus, apart from the news of his death at her party. However, they are similar in different aspects:

● Their response to experience is always given in physical terms; ● Their emotional intensity; ● Her dependence upon Richard for stability, his dependence upon Lucrezia for protection; ● Their attitude towards their marriages, which are both founded on need rather than on true love; ● Clarissa's frigidity and Septimus's impotence.

The main difference between them, which has aroused the theory according to which Septimus is Clarissa's double, is that he is not always able to distinguish between his personal response and the nature of external reality. His psychic paralysis leads him to suicide, while Clarissa never loses ther awareness of the outer world as something external to herself. In the end she acknowledges her deceptions, accepts old age and the idea of death. The novel's last line "For there she was", suggests an image of selfhood, of a new, more conscious Clarissa. This is the Clarissa neither Peter Walsh nor Richard Dalloway will ever know as the reader knows her, having seen through her consciousness.

Setting in time and place

In its time and place setting, Mrs. Dalloway is similar to Joyce's Ulysses: it takes place on a single ordinary day, and it follows the protagonist through a very small area of London, from the morning to the night on which she gives a formal party. Unlike Joyce, however, Virginia Woolf does not elevate her characters to the level of myth, but shows their deep humanity behind their social mask. They all enjoy the sights and sounds of London, its parks, its changing life, its flavour.

The mind, however, has processes of its own, which obviously need different ways of narration. Aware of this fact, and according to Bergson's theory of "la durée", Virginia tried to compress these mental processes into minimum time units. The techniques she used, which earned her novels the definition of "experimental", show "her endless search for the novel-form which would substitute the single time unit of the fleeting instant for the restful time sequence of days, months and years" (quotation from G. Melchiori). This is why she set the plot in an ordinary way (Mrs. Dalloway), or in two different days (To the Lighthouse). Moreover, in her need to shift back and forth in time and intermingle past, present and future, like Joyce she used two methods which are similar to film montage:

● The subject can remain fixed in space and his consciousness can move in time (time-montage); ● Time remains fixed, while the spatial element changes (space-montage).

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The tension and concentration required to fix and sustain transient instant of consciousness for pages of writing was sometimes unbearable for her. She was also aware of the risk of incoherence and obscurity that these methods involved. Yet, she proved so brilliant in the use of the "stream of consciousness" technique, as to balance her characters' inner speculations and the realism of the situations.

Woolf's concept of the novel

Virginia Woolf's attacks on the realistic novel rose from her convinction that a novelist should try to describe not only the external facts of people, but especially the way they are inside, their elusive and hard-to-define personality. What became important for her was what she called "the moments of being", that is the moments of utmost intensity, of perception, of vision in the "incessant shower of innumerable atoms" that strikes our mind everyday (the "moments of being" can be compared to Joyce's "epiphany").

As a novelist, she was more interested in subjectivity of experience than in objectivity, which she refused; to her, reality was what impressed the human mind out of the myriad of impressions that fell on it daily. According to her belief, she rejected traditional eventful plots. All her attention was turned to describing what happened in her characters' mind, and to do so she made great use of the interior monologue, often at the expense of traditional dialogue. Dashes and semicolons, to reproduce the incessant flux of words as they build up in the mind often break her sentences. She uses a third-person narrator, only rarely to relate extrnal events, reserving the main part of her analysis to interior monologue.

Her use of time reflects her modernist ideas of plot, character and language. Like Joyce, she prefers short meaningful time units. These short time units that relate to external events are, however, expanded beyond limits by what happens in the characters' mind, which can cover years ranging through past, present and future. This was described by Virginia Woolf as the difference between "time of the clock" (externa events) and "time of the mind" (internal events).

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INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

MARCEL PROUST

[Henri Bergson - Petite madeleine. ]

Marcel Proust est parmi les écrivains les plus connus et significatifs en ce qui concerne la nouveauté introduite à propos de la conception du temps: en effet, à partir des premières années du XXème siècle, les romans étaient écrits pour raconter une réalité qui, intérieure ou extérieure à l'individu, n'est plus sûre et établie, mais irrationnelle; donc les évènements qui sont racontés ne sont plus constitués par une trame ordonnée avec un début, un développement et une conclusion, mais ils se succèdent l'un après l'autre selon un rhytme casuel, liés aux intuitions, aux souvenirs, aux émotions des gens. Le temps, comme toute la réalité qui nous entoure, pert sa certitude et détermination, parce-qu'il commence à être vu pas comme une entité absolue, mais à travers points de réferance rélatifs: ainsi, comme dans le champ de la physique le résultat sera la loi de la rélativité de Einstein, en littérature, surtout avec Proust, le temps sera interiorisé et il sera vécu par chaque individu en rélation à sa propre expérience et sensibilité.

Cette révolution est évidente dans l'œuvre la plus importante de Marcel Proust, À LA RECHERCHE DU TEMPS PERDU, qui représente le modèle des techniques narratives du XXème siècle, utilisées aussi par Virginia Woolf, James Joyce et Italo Svevo.

Dans cette œuvre Proust, influencé par les théories d' Henri Bergson et, partiellement, par Sigmund Freud, reduit chaque évènement, chaque situation et chaque réalité objective à quelque chose de purement subjectif, de façon qu'elles n'aient aucune consistence mais qu'elles aient un sens seulement pour l'auteur, parce-qu'elles sont le produit d'une récuperation de la mémoire dans la dimension inconsciente de l'homme.

La mémoire est l'unique instrument de connaissance que l'homme ait à sa disposition: seulement elle, stimolée par les objets extérieures, peut conduire à la lumière de la conscience l'expérience, les sensations, les émotions passées dont l'Ego de chaque individu est constitué. Le narrateur - qui, à la fin, se revèle nécéssairement être soit le narrateur, soit le protagoniste - doit donc se limiter à enrégistrer les faits qu'on se souvient à travers le travail de la mémoire, sans la possibilité de fonder réellement ce qu'on dit. Naturellement, pour accomplir à une telle opération, Proust ne peut pas utiliser un ordre précis e chronologique des évènements, mais doit changer les plans temporaux et spaciaux, et il doit raconter ses histoires en passant souvent du passé au présent, d'un lieu à un autre, d'un épisode à un autre, selon leur ordre d'apparition à la mémoire du narrateur.

La quête de l'identité exige qu l'on se tourne vers le passé pour essayer de comprendre ce qu'il a été. Or le Temps abolit tout et change tout, en particulier le "moi" qui évolue sans cesse. Les plus grandes douleurs comme les plus grands bonheurs qui semblent inoubliables au moment où on les vit se diluent dès que la cause qui les a provoqués disparaît.

C'est ce que Proust appelle les "INTERMITTENCES DU COEUR".

Pour retrouver dans leur vérité les émotions d'autrefois, il faut le secours de la mémoire involontaire. Une sensation actuelle (une vision, une odeur, un goût, etc.) peut faire remonter à la surface de la conscience les émotions d'autrefois. C'est cette théorie du souvenir, de la mémoire affective, que Proust explique dans le célèbre passage de la petite madeleine.

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FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

BERGSON

[Tempo, durata e libertà - Spirito e corpo: Materia e Memoria ]

Tempo, durata e libertà

Le radici della concezione del tempo secondo Marcel Proust sono da ricercare nel concetto di tempo come "durata della memoria" di Henri Bergson, il quale attua una netta distinzione tra tempo della scienza e tempo della vita.

Il tempo della scienza è fatto di istanti differenti solo quantitativamente, mentre il tempo vissuto è diverso anche qualitativamente. Il tempo della fisica può essere reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto un numero indefinito di volte, mentre il tempo della vita è fatto di momenti irripetibili. Il tempo della scienza è fatto di momenti distinti l'uno dall'altro, mentre il tempo dell'esistenza è costituito da momenti che si compenetrano uno nell'altro.

Quindi, il tempo della scienza è qualcosa di astratto, mentre quello della vita è concreto; Bergson paragona il primo ad una collana di perle sempre uguale, il secondo lo vede come una

valanga che, man mano scende a valle, s'ingrandisce sempre di più. Il tempo della vita è una creazione continua, perché vivere significa mutare, mutare vuol dire maturare e maturare vuol dire creare indefinitamente sé stesso.

Se la spazialità è la caratteristica delle cose, la durata è la caratteristica della coscienza. Durata vuol dire che l'io vive il presente e nel presente con la memoria del passato e l'anticipazione del futuro; passato e futuro possono vivere soltanto in una coscienza che li salda nel presente. La durata vissuta non è quindi il tempo spazializzato della meccanica e, sebbene il tempo meccanico funzioni bene per le finalità pratiche della scienza, ma essa è del tutto inadeguata per l'esame dei dati concreti della coscienza.

All'idea di durata, Bergson lega la sua difesa della libertà e la sua critica al determinismo, se esso presume di poter spiegare la vita della coscienza. Essa non è divisibile in stati separati e distinti, l'io è un'unità in divenire. Quindi, non vi è nulla di identico, non vi è nulla di prevedibile. Se la vita dell'io è presa nel suo flusso ininterrotto, allora si può scorgere che alcuni atti nascono dalla totalità della personalità e, proprio per questo, sono liberi: "Siamo liberi quando i nostri atti scaturiscono da tutta la nostra personalità, quando la esprimono, quando hanno con essa quella indefinibile rassomiglianza che si trova talora tra l'artista e la sua opera". La libertà non è quindi definibile, poiché ogni definizione è il risultato di un'analisi, la quale implica la trasformazione di un processo in una "cosa", mentre la libertà è qualcosa di cui noi siamo immediatamente consapevoli, ma che non può essere dimostrata.

Siccome poi essa è propria dell'io profondo, non sempre siamo veramente liberi nel nostro agire, anzi: spesso è l'io superficiale che predomina, l'io che subisce le varie determinazioni, tra le quali hanno particolare incidenza quelle sociali.

Spirito e corpo: Materia e Memoria

In Materia e Memoria (1896), Bergson cerca di "cogliere più chiaramente la distinzione del corpo e dello spirito e di penetrare più intimamente nel meccanismo della loro unione". Contro coloro che riducono lo spirito a materia, o che considerano gli stati mentali e quelli cerebrali come due diversi modi di riferirsi allo stesso processo, Bergson afferma che il cervello non spiega lo spirito e che "in una coscienza umana c'è infinitamente di più che nel cervello corrispondente". A questo proposito egli distingue tra memoria, ricordo e percezione.

La memoria coincide con la stessa coscienza, e non può essere collocata spazialmente nel cervello.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

Essa, per realizzarsi, ha bisogno dei meccanismi legati al corpo, ma ne è totalmente indipendente: infatti, una lesione al cervello non colpisce propriamente la coscienza, ma i ricordi, i collegamenti tra essa e la realtà (la coscienza resta intatta, sebbene perda il contatto con le cose). Da questa memoria spirituale, che è la durata della coscienza, si distingue il ricordo. La funzione del cervello consiste nel far filtrare solo quei ricordi che posso interessare l'azione da compiersi. La percezione è, per Bergson, "l'azione possibile del nostro corpo sugli altri corpi". Con tale definizione, egli intende affermare che la percezione non ha un carattere puramente conoscitivo ma pratico, operativo, perché percepire significa modificare la realtà materiale in base alle esigenze del nostro corpo, cioè agire.

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FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

ITALO SVEVO

[Cultura e Caratteristiche - "La Coscienza di Zeno" - Svevo & Joyce]

Aron Hector Schimtz nacque a Trieste (allora territorio dell'Impero asburgico) il 19 dicembre 1861. Il padre era un funzionario imperiale austriaco di origine ebraica, mentre la madre era friulana. Gli studi dei ragazzo vennero indirizzati dal padre verso il settore commerciale.

La sua aspirazione era comunque quella di diventare scrittore: compose così i suoi primi testi drammatici e, dal 1880, collaborò con il giornale "L'Indipendente", in cui venivano espresse le idee irredentiste, molto comuni all'epoca.

Il suo primo impiego in banca gli offrì lo spunto per il suo primo romanzo, Una Vita (nel quale utilizza per la prima volta lo pseudonimo Italo Svevo), il cui protagonista Alfonso Nitti incarnava la figura dell'inetto, stanco della sua semplice vita da bancario e sognatore di

una più brillante carriera come scrittore.

Dopo la morte della madre, Svevo si sposa con la cugina Livia Veneziani, proveniente da una facoltosa famiglia che lo proietta sempre più in alto nella scala sociale, entrando come dirigente nella ditta dei suoceri. Per lavoro deve compiere continui viaggi in Francia ed in Inghilterra, e questi gli permisero di venire a contatto con un mondo completamente differente da quello intellettuale in cui era vissuto. Divenuto ormai un importante uomo d'affari, lascia l'attività letteraria, addirittura considerandola come qualcosa di insidioso.

Il punto di svolta nella sua carriera di scrittore, che egli stesso aveva dato per conclusa, fu l'incontro con lo scrittore irlandese James Joyce nel 1906. Svevo, i cui romanzi non avevano riscosso un particolare successo in patria, li sottopone all'attenzione dell'amico, il quale li riempie di elogi e lo esorta a continuare la carriera letteraria; lo stesso Joyce mostra a Svevo le sue poesie ed i suoi racconti di "Dubliners".

Tra il 1908 e il 1910 un altro evento fondamentale cambiò il corso degli eventi nella carriera di Svevo: l'incontro con la psicanalisi. Infatti, il cognato aveva sostenuto una terapia a Vienna con Freud, e questo fu il tramite attraverso il quale Svevo venne a conoscenza delle teorie psicanalitiche.

Nel 1923, dopo che la sua fabbrica era stata requisita dalle autorità austriache, Svevo pubblica il suo terzo romanzo dopo Una Vita e Senilità, LA COSCIENZA DI ZENO. Un'altra volta, l'opera non sembra essere particolarmente accettata ma, dopo che egli ne ebbe inviata una copia a Joyce a Parigi, riuscì a conquistare il difficile pubblico francese, mentre in Italia continua ad essere presente un'atmosfera di diffidenza e disinteresse. L'unico in grado di apprezzare le opere e lo stile di Svevo fu Eugenio Montale, il quale ne riconobbe da subito il grande talento.

Il 13 settembre 1928 Svevo morì a causa di un incidente automobilistico nelle vicinanze di Treviso, lasciando incompiuto il progetto di un quarto romanzo, con protagonista lo stesso Zeno.

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FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

SURREALISMO

Il Surrealismo è un movimento d'avanguardia (dove per avanguardia si intendono quelle manifestazioni non legate alla cultura ufficiale e che, in contrasto con le idee e il gusto della tradizione, introducono nuove tendenze e nuove dottrine) nato in Francia nei primi anni Venti e che ebbe vasta diffusione nel periodo tra le due guerre mondiali.

Negli anni drammatici seguiti alla conclusione del primo conflitto, il Surrealismo si proponeva come un vero e proprio progetto di liberazione, sia sul piano creativo che su quello sociale. Al contrario del Dadaismo (movimento artistico e letterario nato come protesta contro l'assurdità universale: si proponeva di combattere la società, la cultura e l'arte tradizionali in nome dell'irrazionale, del caso, dell'intuizione), che è il suo diretto precursore e che ha mirato solamente a distruggere tutte le convenzioni che erano stabilite da secoli, il Surrealismo oppone alla pura distruzione dadaista una funzione costruttrice dettata dalla psiche e dall'interiorità dell'uomo.

Questa costruzione, essendo assolutamente libera da ogni condizionamento della ragione, obbedisce esclusivamente a ciò che la psiche le detta, e diventa così rivelatrice di una verità autentica, superiore a quella a cui siamo abituati, una sur-réalité, ovvero una surrealtà.

Gli strumenti assunti dagli artisti per realizzare questo progetto sono la teoria dell'inconscio di Sigmund Freud, su cui si basa l'automatismo (una dettatura del pensiero realizzata in assenza di ogni controllo razionale e al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale) e l'analisi marxista, riconosciuta come la prospettiva più coerente per raggiungere una radicale trasformazione della società.

André Breton, il fondatore del Surrealismo, è profondamente influenzato dal Dadaismo, ma anche dalla dialettica hegeliana, di cui però ne riconosce solamente la seconda tappa: la NEGAZIONE. La conquista del terzo momento della dialettica (la SINTESI) arriva, secondo lui, con una precisa rifondazione culturale, una ricostruzione dopo la distruzione operata dal Dadaismo: il MANIFESTO del SURREALISMO del 1924. In esso Breton espone organicamente le tesi del movimento, dalla condanna del realismo e del romanzo, alla necessità di tenere conto delle opere e delle scoperte di Freud, Einstein e degli altri fondatori della modernità novecentesca.

Il progetto del Surrealismo prevede quindi una rivalutazione di tutto ciò che il paradigma positivistico aveva escluso: il "meraviglioso", il sogno, la follia, gli stati allucinatori della coscienza, e quindi una notevole affinità con la sensibilità decadente di poeti come Baudelaire e Rimbaud.

Il fine del Surrealismo è quello di arrivare a cogliere l'essenza intima della realtà, prendere gli oggetti slegandoli dai nessi logici che li legano tra di loro, per riunire così due realtà inconciliabili su un piano a loro estraneo, che permette la loro trasfigurazione completa.

Pur obbedendo alle stesse necessità, fra le quali la più importante è l'assoluto automatismo creativo con il quale si rende esplicito il reale funzionamento del pensiero, i pittori surrealisti non appaiono come un gruppo omogeneo (come gli impressionisti francesi). In particolare, ognuno di loro ha un suo modo personale di portare alla luce la propria psiche, fra di essi Salvador Dalì si distingue per la sua originale teoria della "paranoia critica", definita come "metodo spontaneo di conoscenza irrazionale dei fenomeni deliranti", che mira ad oggettivare le immagini oniriche.

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LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

SALVADOR DALI'

[ Galleria Fotografica - "La Persistenza della Memoria" ]

Cenni biografici e l'avvicinamento all'arte

Salvador Felipe Jacinto Dalì nasce l'11 maggio 1904 a Figueras, una piccola città spagnola a poca distanza dalla costa mediterranea e dal confine francese; il padre è un importante notaio, mentre la madre proviene da una rinomata famiglia di Barcellona. Un elemento di importanza rilevante è che Salvador nasce esattamente 9 mesi e 10 giorni dopo la tragica morte del fratellino, scomparso all'età di 3 anni, ed il fatto di portarne lo stesso nome lo indurrà spesso a sentirsi come una sorta di rimpiazzo. L'educazione del giovane Dalì è influenzata dalle costanti premure delle donne di casa, ma è condizionata allo stesso tempo dal confronto con il padre: questi è un uomo autoritario e di vedute conservatrici, ateo e libero pensatore che sostiene la causa dell'indipendenza della Catalogna. Ricorrendo ad atteggiamenti improvvisi e stravaganti (come i continui colpi di tosse mentre si trova a tavola con i genitori), il giovane Salvador comincia a ribellarsi molto presto ai tentativi del padre di imporgli un'educazione improntata sulla disciplina.

Durante gli anni scolastici, Salvador prende lezioni di disegno, e nell'evoluzione del suo talento pittorico risulta decisivo il soggiorno compiuto nel 1916 al Muli de la Torre, nelle vicinanze di Figueras. Qui egli trova per caso una porta tarlata sulla quale dipinge delle ciliegie utilizzando solo tre colori: rosso cinabro per le superfici chiare, rosso carminio per quelle scure, bianco per i colpi di luce. I colori vengono presi direttamente dal tubetto, e nel pigmento ancora fresco vengono inseriti autentici gambi di ciliegie.

A partire da quell'anno, e per altri sei anni, il giovane Dalì segue i corsi di disegno tenuti presso la scuola cittadina dal professor Nuñez; in questo periodo, il futuro artista si esercita soprattutto nello stile impressionista, con notevoli influenze provenienti dal Fauvismo e dall'arte popolare catalana.

Nel 1918 le sue opere, per la prima volta esposte al pubblico nel teatro cittadino di Figueras, riscuotono un discreto successo di critica. In questa fase egli rivolge la propria attenzione, oltre che alla pittura impressionista, anche al Cubismo e nel 1919 fonda un giornale scolastico per il quale egli scrive articoli relativi alle opere di Goya, Michelangelo e Velàsquez. Egli inoltre si accosta a Nietzsche, Kant e Voltaire, iniziando ad interessarsi di psicologia.

Nonostante la sua carriera scolastica sia caratterizzata da risultati mediocri, all'esame di maturità Dalì consegue a sorpresa una valutazione elevata, la quale gli consente di partecipare all'esame di ammissione all'Accademia di Belle Arti, e nel 1922 egli inizia gli studi presso l'Accademia Reale di Belle Arti di Madrid; poco dopo l'immatricolazione, però, Dalì viene espulso perché ritenuto leader di una manifestazione studentesca. Tre anni dopo, a Barcellona, viene organizzata la sua prima mostra personale, la quale riscuote parecchi giudizi favorevoli da parte della critica ma, l'anno seguente, viene cacciato definitivamente dall'Accademia.

A causa di questo esilio forzato l'artista si stabilisce nuovamente a Figueras, anche se gli anni trascorsi a Madrid furono fondamentali per la fase successiva della sua vita, poiché coincisero con l'amicizia con lo scrittore Federico Garcìa Lorca e con i primi contatti con il Surrealismo.

Gli anni di studio a Madrid corrispondono ad una fase in cui il giovane artista giunge a padroneggiare gli stili più vari, senza però scartare o eliminare alcuni tratti originali, evitando quindi di cadere nella semplice imitazione.

Dalì si ispira al Dadaismo, da cui riprende il metodo compositivo basato sul collage, mentre del

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

Futurismo lo affascina il problema della rappresentazione del movimento.

A partire dal 1926 inizia a dipingere in modo estremamente preciso, quasi fotografico. Nei dipinti di questo periodo l'artista dimostra di padroneggiare in maniera ormai perfetta le tecniche pittoriche dei maestri antichi, e sarà proprio questa perfezione nel riprodurre i soggetti a essergli utile in seguito per rappresentare i temi più insoliti che nasceranno dai suoi incubi e dalle sue visioni fantastiche.

Successivamente, Dalì inizia a dipingere soggetti nati da libere associazioni mentali in paesaggi dall'aspetto irreale, in cui l'unico tema costante sono le scogliere della Costa Brava: parti del corpo, volti e arti, carcasse di asini e scheletri di volatili, tutti simboli di un'estetica basata sulla decomposizione e sul "putrefatto". Essi caratterizzano il passaggio alla fase surrealista, che ha inizio intorno al 1929.

L'approdo al Surrealismo

Il periodo tra il 1929 e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale coincide con la fase più prolifica e significativa dell'attività pittorica di Dalì. In questi anni, infatti, egli incontra Gala Eluard, allora moglie del poeta francese Paul Eluard, che diventerà poi sua consorte; successivamente entra nel gruppo dei Surrealisti e sviluppa il celebre "metodo paranoico-critico", un procedimento artistico al quale resterà legato per tutta la vita.

Per dare fondatezza a quel suo particolare metodo, Dalì si serve degli studi di Freud: attraverso un processo di allucinazione, l'artista cerca di mutare la percezione del reale. Egli sviluppa la tecnica pittorica della libera associazione e dell'automatismo elaborata dai Surrealisti, con l'intento di trasferire in maniera del tutto consapevole sulla tela le immagini viste nei propri sogni. Per dipingere questi quadri Dalì si serve di un procedimento che egli stesso definisce "paranoico-critico", attraverso il quale cerca di oggettivizzare e sistematizzare il proprio delirio soggettivo e gli elementi molto personali del proprio sogni, mantenendo il sogno durante il processo creativo (la fase REM, sigla per Rapid Eyes Movement) in uno stato di allerta continua.

Gli anni tra il 1936 e il 1939 sono fortemente condizionati dagli avvenimenti politici che si susseguono in Europa. Quando, nell'estate del '36 scoppia la guerra civile in Spagna, Dalì si trova a Londra: a causa della situazione riuscirà a tornare in patria soltanto due volte, prima di lasciare il Vecchio Continente per trasferirsi in America, nel 1940. Nel periodo americano, egli dipinge relativamente poco, poiché si dedica maggiormente alla stesura della sua prima biografia, e produce soprattutto opere su commissione. Poco prima dello scoppio della guerra civile l'artista dà vita ad una serie di dipinti che sembrano predire le atrocità della guerra imminente, mentre in altri quadri inserisce riferimenti espliciti alla realtà politica europea.

Con il passare degli anni Dalì constata di aver raggiunto i limiti della propria pittura, cercando quindi di ampliarli ricorrendo a nuove tecniche e a ricerche di percezione ottica; egli ora considera la pittura come uno strumento per rappresentare la propria immagine del mondo, in una commistione totale di vita ed esperienza.

A partire dagli anni Settanta Dalì dipinge sempre di meno, e si dedica in maniera sempre più assidua alla progettazione e all'allestimento del museo a lui dedicato nella città natale di Figueras. La sua costante presenza sui mass-media e alcune grandi retrospettive in importanti musei lo rendono popolare in tutto il mondo, oltre che ad avvicinarlo ad un nuovo pubblico, formato maggiormente da giovani. Contemporaneamente, egli compie vari esperimenti per la realizzazione di dipinti tridimensionali, che utilizzano sistemi di prismi e specchi, ed olografie artistiche.

Nel 1982 muore la moglie Gala. Nonostante il progressivo raffreddamento dei loro rapporti, Dalì rimane profondamente scosso dalla perdita della moglie, e si chiude ancora di più in sé stesso. Non dipinge più, ed è ossessionato dall'idea di diventare immortale. Il 23 gennaio 1989 l'artista si spegne nella Torre di Galatea nel museo di Figueras, dove risiede da alcuni anni.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

SALVADOR DALI'

[ Galleria Fotografica - "La Persistenza della Memoria" ]

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IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

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FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

CREDITS

PROFESSORI

Prof. Maria Cristina SollazzoProf. Maria Amodeo

Prof. Franca ManzoliniProf. Giorgio DogniniProf. Marta Ciaramella

Project Designer

Ferron GiovanniGvnnSuperstar ASP Developer

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

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FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

ITALO SVEVO

[Cultura e Caratteristiche - "La Coscienza di Zeno" - Svevo & Joyce]

CULTURA E CARATTERISTICHE

La figura di Italo Svevo appare profondamente diversa da quella del tradizionale letterato italiano. In primo luogo, ha un'importanza fondamentale l'ambiente della sua formazione: Trieste è una città di confine, in cui convergono tre culture diverse, quella italiana, quella tedesca e quella slava. Inoltre, il suo stesso pseudonimo letterario vuole mettere in evidenza come in lui confluiscano la cultura italiana (Italo) e quella tedesca (Svevo).

Ciò gli permetteva di assumere una ben più ampia prospettiva rispetto agli altri letterati dell'epoca, e soprattutto gli consentiva un rapporto molto più stretto con la cultura mitteleuropea, di cui l'Impero asburgico era il fulcro.

Alla base delle sue opere letterarie, vi è una robusta cultura filosofica, ed il filosofo che ebbe un peso determinante nella sua formazione fu di certo Schopenhauer, il quale indicava come unica via di salvezza dal dolore la contemplazione dell'arte e la rinuncia.

Svevo utilizzava gli insegnamenti dei suoi "maestri" in modo critico, cosicché essi potessero fornirgli risposte alle sue esigenze. Così, lo Schopenhauer a cui si ispirava era principalmente l'assertore del CARATTERE INCONSISTENTE DELLA NOSTRA VOLONTA', LO SMASCHERATORE DEGLI IMPLACABILI AUTOINGANNI. Infatti, nei suoi romanzi, Svevo si prepone sempre l'obiettivo di smascherare gli autoinganni dei propri personaggi, a smontare gli alibi che essi si costruiscono per nascondere i veri motivi delle proprie azioni, per mettere a tacere i sensi di colpa e sentirsi "innocenti".

Svevo fu profondamente influenzato anche dalla teoria della selezione naturale di Charles Darwin e indotto a presentare il comportamento dei suoi personaggi come il frutto di leggi immodificabili, totalmente indipendenti dalla volontà. Ma egli seppe anche cogliere come quei comportamenti avessero la loro origine nei rapporti sociali, e fossero quindi un prodotto storico.

Anche il suo rapporto con la psicanalisi non risultò privo di problemi, sebbene avesse avuto un ruolo di importanza fondamentale durante tutta la sua carriera. Fin dal primo incontro con Freud, avvenuto intorno al 1910, Svevo appariva particolarmente influenzato dalle tortuosità della psiche profonda. Ma egli non apprezzava la psicanalisi come mezzo terapeutico, che pretendeva di far guarire il malato di nevrosi, bensì come puro strumento di indagine conoscitiva, capace di esplorare più a fondo la realtà psichica.

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FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

ITALO SVEVO

[Cultura e Caratteristiche - "La Coscienza di Zeno" - Svevo & Joyce]

COSCIENZA DI ZENO

La Coscienza di Zeno appare ben 25 anni dopo la pubblicazione di Senilità: di conseguenza, la sua struttura appare nettamente diversa da quella dei due romanzi precedenti.

Questo ventennio di silenzio era stato particolarmente importante per la formazione interiore dello scrittore, ma anche molto densi di trasformazioni sociali; basti pensare alle distruzioni portate dal primo conflitto mondiale, il quale cambiò radicalmente la società, le tradizioni e anche la letteratura. Il nuovo romanzo non poteva non sentire questi cambiamenti, questa atmosfera: ne uscì arricchito di temi, l'impostazione narrativa si rinnovò completamente.

In primo luogo, Svevo abbandona il modulo ottocentesco, di impostazione naturalistica, con un narratore anonimo ed esterno alle vicende, con ampie descrizioni (fisiche e psicologiche) dei personaggi, e adotta soluzioni nuove.

La Coscienza è, per gran parte, costituita da un memoriale che il protagonista Zeno Cosini scrive su prescrizione del suo psicanalista, il dottor S., a scopo terapeutico e come preludio della cura vera e propria. E Svevo finge che il manoscritto di Zeno venga pubblicato dal dottor S., per vendicarsi del suo paziente, che si è sottratto alla cura. A questo memoriale si aggiunge un diario di Zeno, il quale vi spiega il suo abbandono della terapia e si dichiara guarito, proprio in coincidenza dei suoi successi professionali, ottenuti durante la guerra. Il racconto è quindi narrato dal protagonista stesso, dietro la finzione narrativa del diario (romanzo autodiegetico).

La trattazione del tempo viene fatta in un modo totalmente innovativo, introducendo ciò che Svevo chiama TEMPO MISTO. Il racconto non presenta gli eventi secondo uno schema cronologico e lineare, inseriti in un ordine oggettivo, ma in un tempo tutto SOGGETTIVO, che mescola piani e distanze, in cui il PASSATO (il tempo del vissuto) riemerge continuamente e si intreccia al PRESENTE (il tempo del racconto), in un movimento incessante, poiché resta impresso nella coscienza del personaggio narrante.

La struttura del romanzo, di conseguenza, si spezza in momenti distinti; la narrazione compie dei salti, seguendo la memoria del protagonista che si sforza di ricostruire il proprio passato.

La Coscienza di Zeno si compone di cinque episodi, ognuno dei quali concluso in sé e autosufficiente. In modo mediato ed ironico, il romanzo è introdotto e chiuso tra due "documenti": la lettera del dottor S., il quale dichiara che l'autobiografia che seguirà era un elemento della cura cui Zeno si era sottoposto; il diario di Zeno, in cui egli confessa che la cura è fallita.

● 1° episodio: è dedicato al motivo, di certo autobiografico perché molto spesso ricorre nelle lettere, dell'ultima sigaretta, e pone subito l'accento con grande sottigliezza e con l'inconfondibile timbro di "allegro" che sarà tipico di tutto il romanzo. Svevo pone mirabilmente in queste pagine le basi del ritratto di Zeno e introduce la decisiva novità di questo suo terzo romanzo rispetto ai precedenti, cioè un nuovissimo ed originale rapporto con il suo personaggio. Nei confronti di Zeno c'è, mediata dall'ironia, una sorta di complicità, di allegra comunanza nella malattia. Il tempo, che perde la sua linearità e si dilata, si contorce, torna indietro tra un "proposito" e l'altro, fa da sfondo al personaggio, ma in realtà è uno dei segni diagnostici della malattia dell'uomo. ● 2° episodio: è incentrato sul rapporto di Zeno con il padre. Viene enfatizzata la potenza della scena dello schiaffo che, proprio in punto di morte, il padre gli infligge nel disperato tentativo di districarsi dal figlio che, per osservare con zelo i consigli del medico, voleva costringerlo a stare sdraiato. ● 3°/4° episodio: sono i più felici narrativamente di tutto il romanzo, e trattano della storia del matrimonio di Zeno e quella di un suo placido adulterio. Ecco dunque il protagonista, in casa Malfenti, ove vi sono quattro figlie, di cui tre in età da marito. Egli s'innamora di Ada, la più bella, ma lei lo respinge; prova allora con la più giovane, Alberta, ma non ha maggior successo; con piene irresponsabilità e per capriccio, ripiega sulla meno carina, Augusta: il matrimonio con lei si rivelerà

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

essere felicissimo. Inesperto di Borsa, per una disattenzione che gli fa ritardare certe vendite, fa migliori affari del suocero Malfenti; nel frattempo, vede Ada, il suo vero amore, sfiorire in un matrimonio triste, umiliata da un terribile adulterio commesso dal marito. Guido, l'uomo che gliel'ha portata via, si rovina in affari e finisce suicida, e sarà proprio Zeno, con altre fortunate combinazioni in Borsa, a salvare la sua famiglia dalla bancarotta. ● 5° episodio: Zeno incontra Carla, una bella ragazza del popolo che, povera, ha bisogno di aiuto per continuare negli studi di canto; se ne innamora dopo essere passato per un breve stato di filantropia. Questa situazione rievoca la trama di Senilità, sebbene sia completamente rovesciata: Zeno non è più in ginocchio di fronte alla ragazza, è sposato e benestante, e poiché può permetterselo, non si lascia sfuggire l'occasione. Così, vediamo Zeno al centro di un triangolo, dove può tranquillamente esercitare il doppio gioco e se ne approfitta. Verso la fine, il romanzo prende la forma di pagine di diario fine al terribile impatto che il protagonista ha nei confronti del conflitto mondiale, che lo porterà a profetizzare un inquietante destino del mondo, che trova un parziale riscontro con la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il narratore della Coscienza, l'inetto Zeno, è considerato inattendibile, ed è il dottor S., nella prefazione a denunciarlo: lo psicanalista insiste sulle innumerevoli "verità e bugie" accumulate nel memoriale. L'autobiografia (contenuta nella prefazione) è tutta un gigantesco tentativo di autogiustificazione di Zeno, che vuole dimostrarsi innocente da ogni colpa con il padre, con la moglie, con l'amante: in realtà traspaiono ad ogni pagina i suoi impulsi reali, che sono ostili ed aggressivi. Ma non si tratta di menzogne intenzionali: sono semplicemente degli autoinganni determinati da processi profondi ed inconsapevoli, con i quali Zeno cerca di reprimere i propri sensi di colpa, e tutte le sue azioni sono il prodotto di questi impulsi.

Per tutto il romanzo ogni gesto, ogni affermazione di Zeno (sia dello Zeno-personaggio, che agisce nel racconto, sia dello Zeno che narra a distanza di anni) rivela un groviglio di motivazioni ambigue, sempre diverse e talvolta addirittura opposte a quelle dichiarate consapevolmente. Per questo motivo la "coscienza" di Zeno appare come una coscienza cattiva, falsa. La Coscienza di Zeno non è solamente uno smascheramento di una falsa coscienza e dei suoi autoinganni. Nei 25 anni che la separano da Senilità si è verificato in Svevo un profondo cambiamento di prospettive: a differenza di Emilio Brentani, Zeno non è solo un oggetto di critica, ma anche soggetto. Non vi è solo l'ironia oggettiva (l'autore non interviene per giudicare, chiarire o correggere, ma presenta delle situazioni paradossali che si vengono a creare tra le mistificazioni del personaggio e la realtà oggettiva) che pesa su Zeno: il romanzo è anche percorso dal distacco ironico con cui il protagonista guarda il mondo che lo circonda.

La sua "diversità", la sua "malattia", funzionano da strumento straniante nei confronti dei cosiddetti "sani" e "normali", come il padre, il suocero, la moglie. La "malattia" che impedisce a Zeno di coincidere interamente con la sua parte di borghese, porta alla luce l'inconsistenza della pretesa "sanità" degli altri, che in quella parte vivono soddisfatti, incrollabili nelle loro incertezze.

Zeno, nella sua imperfezione di "inetto", è inquieto e disponibile ai cambiamenti, a sperimentare le più varie forme di esistenza, mentre i "sani" sono bloccati in una forma rigida, immutabile, e proprio perché Zeno vede il mondo da questo punto di vista in divenire, può cogliere la paralisi dei sani, il "veleno" che li "inquina".

In Zeno non vi è un consapevole atteggiamento critico nei confronti del mondo attorno a lui; al contrario, vi è un disperato bisogno di "salute", di normalità: vorrebbe essere un buon marito e padre di famiglia, un abile uomo d'affari. Però, contro ogni sua volontà, non riesce mai a coincidere con quella forma e compiuta e definitiva di uomo. Di conseguenza, il suo sguardo da estraneo corrode il mondo, ne mina alle basi le certezze indiscusse; Zeno finisce così per scoprire che la "salute" degli altri anch'essa è "malattia".

In Zeno si fondono inestricabilmente cecità e chiaroveggenza, menzogna e acutezza critica, ed è impossibile tracciare confini certi. Egli fa parte di un mondo che critica e ne presenta alcuni limiti, soprattutto nell'incapacità di capire i meccanismi che dirigono i suoi atti: ma paradossalmente, in quanto "inetto", malato e diverso, riesce a chiarire la realtà degli altri. Zeno è dunque un personaggio a più facce, negativo da un lato, come perfetto campione di falsa coscienza borghese, positivo dall'altro, come strumento di conoscenza.

Le basi teoriche di questo cambiamento di prospettiva nei confronti dell'inetto sono da cercare nel saggio incompiuto "L'uomo e la teoria darwiniana", che si colloca tra la stesura di Senilità e della Coscienza. Qui, l'inetto appare come un "abbozzo", un essere in divenire, che può evolversi verso altre forme di vita, mentre i sani, che in sé sono già compiuti in tutti i loro aspetti, non possono trasformarsi ulteriormente, e sono bloccati nella loro situazione definitiva. L'inettitudine non è più considerata un marchio di inferiorità, ma è una condizione assolutamente aperta, disponibile ad ogni forma di sviluppo.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

Il cambiamento dell'impianto narrativo della Coscienza, il fatto che sia il protagonista stesso a narrare, non appare come pura soluzione tecnica, ma risulta una scelta quasi obbligata e densa di significato. Gli interventi del narratore, in Una vita e Senilità, servivano a tradurre il giudizio critico dello scrittore sui suoi eroi negativi; poiché Zeno non è un eroe completamente negativo, la presenza di un narratore esterno ai fatti, implacabile nel giudicare ogni azione e parola, non ha ragione d'essere; neppure sarebbe pensabile un giudizio in relazione ad un punto di riferimento fisso, come quello del narratore eterodiegetico, dinanzi ad un'entità in divenire come l'inetto. Non si possono più dare punti di riferimento stabili: per questo la narrazione viene affidata alla voce del personaggio.

La voce narrante inattendibile di Zeno è tutt'altra cosa rispetto alla prospettiva inattendibile di Alfonso Nitti o di Emilio Brentani: questa può essere facilmente smentita dalla voce esterna, antagonistica, del narratore; Zeno no, perché è l'unica fonte della narrazione. Filtrato attraverso la sua voce ambigua, il testo intero diviene aperto a molteplici interpretazioni; ciò che Zeno dice può essere verità o bugia, addirittura entrambe, e nessun punto di riferimento sarà mai in gradi di distinguerle con certezza.

Il mutare della fisionomia degli eroi sveviani, e dell'atteggiamento dello scrittore stesso nei loro confronti, rivela il passaggio da una visione chiusa del mondo, propria della cultura dell'Ottocento, alla visione aperta del Novecento, e l'evoluzione delle tecniche narrative segue puntualmente l'evoluzione ideologica.

Piazzoni Emiliana classe V sez.G Credits

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Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

ITALO SVEVO

[Cultura e Caratteristiche - "La Coscienza di Zeno" - Svevo & Joyce]

Il monologo interiore e lo stream of consciousness - Svevo e Joyce a confronto

Italo Svevo e James Joyce si conobbero a Trieste nel 1906 e tra loro nacque una stretta amicizia, che si tradusse anche nello scambio di esperienze letterarie; l'Ulisse dello scrittore irlandese propone una tecnica narrativa totalmente nuova, quella del monologo interiore diretto, ed anche l'opera di Svevo presenta un personaggio monologante: dalla combinazione di questi due fattori si è diffusa l'opinione (e la convinzione) che Svevo sia il "Joyce italiano", e che la Coscienza offre quanto viene offerto nel monologo interiore di Joyce.

Questa convinzione, se si presta molta attenzione alla struttura dei due libri, è infondata: l'Ulisse e la Coscienza sono opere profondamente diverse tra di loro, non solo per quanto riguarda i contenuti, ma anche per le strutture e le tecniche narrative.

Nell'Ulisse vi è la registrazione diretta dei contenuti della mente di un personaggio; viene più propriamente detto "flusso di coscienza" (in inglese, "stream of consciousness"), poiché i pensieri sono colti nel loro farsi immediato, nel loro scorrere, attraverso libere associazioni. Non vi è alcun intervento della voce narrante che selezioni materiali e imprima loro un ordine logico, ed è come se il lettore si tuffasse dentro la mente del personaggio ed assistesse al fluire dei suoi pensieri.

Nella Coscienza di Zeno il protagonista, attraverso il suo monologo, ricostruisce aspetti del suo passato, traccia ritratti di personaggi, dà vita a scene, introduce analisi psicologiche, commenti, come il narratore di un romanzo tradizionale. Fa tutto ciò per iscritto, redigendo una specie di memoriale.

Non si ha quindi il semplice germinare dei pensieri, il "flusso" disordinato ed illogico: il personaggio-narratore costruisce logicamente il suo discorso, gli dà un ordine, fa una selezione dei materiali, in base alla loro pertinenza con l'argomento che sta trattando.

E' molto importante il fatto che il monologo venga messo per iscritto: quelle di Leopold Bloom nell'Ulisse sono semplici associazioni libere, casuali, senza alcun controllo, mentre mettere i propri pensieri "nero su bianco", come Zeno, presuppone invece un controllo. Inoltre, se Bloom pensa tra sé e sé, Zeno si rivolge ad un destinatario preciso, il dottor S., ed anche questo obbliga ad un controllo molto attento.

Dalle differenze di impianto narrativo scaturiscono quelle stilistiche e linguistiche. Dato che in Joyce si ha il flusso disordinato della coscienza, la sintassi appare più frantumata, più caotica, priva di nessi logici. Al contrario, i discorsi di Zeno sono regolari, razionalmente strutturati.

Sul piano linguistico, Joyce mescola i registri più vari, deformando talvolta le parole, mentre Svevo utilizza una lingua comune, abbastanza scolorita, come deve essere il linguaggio colloquiale borghese.

I collegamenti tra l'Ulisse e la Coscienza non sono diretti, ma molto generici: le due opere sono accomunate solo dalla loro collocazione in un particolare periodo culturale, il Novecento, che ama esplorare la dimensione più profonda e soggettiva della mente umana, che mette in crisi la visione chiusa del mondo tradizionale sostituendola con una più aperta e mobile, che a sua volta rovescia le strutture ed i procedimenti narrativi. Ma poi, ciascuno dei due scrittori traduce questo clima in modo completamente soggettivo.

Piazzoni Emiliana classe V sez.G Credits

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INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

MARCEL PROUST

De "À la Recherche du Temps Perdu" par Marcel Proust

C'est peine perdue que nous cherchions à évoquer notre passé, tous les efforts de notre intelligence sont inutiles. Il est caché hors de son domaine et de sa porté, en quelque objet matériel (en la sensation que nous donnerait cet objet matériel), que nous ne soupçonnons pas. Cet objet, il dépend du hasard que nous le rencontrions avant de mourir, ou que nous ne le rencontrions pas.

Et tout d'un coup le souvenir m'est apparu. Ce goût, c'était celui du petit morceau de madeleine que le dimanche matin à Combray (parce que ce jour-là je ne sortais pas avant l'heure de la messe), quand j'allais lui dire bonjour dans sa chambre, ma tante Léonie m'offrait après l'avoir trempé dans son infusion de thé ou de tilleul. La vue de la petite madeleine ne m'avait rien rappelé avant que je n'y eusse goûté; peut-être parce que, en ayant souvent aperçu depuis, sans en manger, sur les tablettes des pâtissiers, leur image avait quitté ces jours de Combray pour se lier à d'autres plus récents; peut-être parce que, de ces souvenirs abandonnés si longtemps hors de la mémoire, rien ne survivait, tout s'était désagrégé; les formes - et celle aussi de petit coquillage de pâtisserie, si grassement sensuel sous son plissage sévère et dévot - s'étaient abolies, ou ensommeillées, avaient perdu la force d'expansion qui leur eût permis de rejoindre la conscience. Mais, quand d'un passé ancien rien ne subsiste, après la mort des êtres, après la destruction des choses, seules, plus frêles mais plus vivaces, plus immatérielles, plus persistantes, plus fidèle, l'odeur et le saveur restent encore longtemps, comme des âmes, à se rappeler, à attendre, à espérer, sur la ruine de tout le reste, à porter sans fléchir, sur leur gouttelette presque impalpable, l'édifice immense du souvenir.

Et dès que j'eus reconnu le goût du morceau de madeleine trempé dans le tilleul que me donnait ma tante (quoique je ne susse pas encore et dusse remettre à bien plus tard de découvrir pourquoi ce souvenir me rendait si heureux), aussitôt la vieille maison grise sur la rue, où était sa chambre, vint comme un décor de théâtre s'appliquer au petit pavillon donnant sur le jardin, qu'on avait construit pour mes parents sur ses derrières (ce pan tronqué que seul j'avais revu jusque-là); et avec la maison, la ville, depuis le matin jusqu'au soir et par tous les temps, la Place où on m'envoyait avant déjeuner, les rues où j'allais faire des courses, les chemins qu'on prenait si le temps était beau. Et comme dans ce jeu où les Japonais s'amusent à tremper dans un bol de porcelaine rempli d'eau, de petits morceaux de papier jusque-là indistincts qui, à peine y sont-ils plongés, s'étirent, se contournent, se colorent, se différencient, deviennent des fleurs, des maisons, des personnes consistantes et reconnaissables, de même maintenant toutes les fleurs de notre jardin et celle du parc de M.Swann, et les nymphéas de la Vivonne, et les bonnes gens du village et leurs petits logis et l'église et tout Combray et ses environs, tout cela qui prend forme et solidité, est sorti, ville et jardins, de ma tasse de thé.

Piazzoni Emiliana classe V sez.G Credits

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

JAMES JOYCE

[The Dead - Molly Bloom's monologue]

From "Dubliners" by James Joyce

"I think he died for me, " she answered.

A vague terror seized Gabriel at this answer, as if, at that hour when he had hoped to triumph, some impalpable and vindictive being was coming against him, gathering forces against him in its vague world. But he shook himself free of it with an effort of reason and continued to caress her hand. He did not question her again, for he felt that she would tell him of herself. Her hand was warm and moist: it did not respond to his touch, but he continued to caress it just as he had caressed her first letter to him that spring morning. "It was in the winter, " she said, "about the beginning of the winter when I was going to leave my grandmother's and come up here to the convent. And he was ill at the time in its lodgings in Galway and wouldn't be let out, and his people in Oughterard were written to. He was in decline, they said, or something like that. I never knew rightly." She paused for a moment and sighed.

"Poor fellow," she said. "He was very fond of me and he was such a gentle boy. We used to go out together, walking, you know, Gabriel, like the way they do in the country. He was going to study singing only for his health. He had a very good voice, poor Michael Furey."

"Well, and then?" asked Gabriel.

"And then when it came to the time for me to leave Galway and come up to the convent he was much worse and I wouldn't be let to see him so I wrote him a letter saying I was going up to Dublin and would be back in the summer, and hoping he would be better then."

She paused for a moment to get her voice under control, and then went on:

"Then the night before I left, I was in my grandmother's house in Nuns' Island, packing up, and I heard gravel thrown up against the window. The window was so wet I couldn't see, so I ran downstairs as I was and slipped out the back into the garden and there was the poor fellow at the end of the garden, shivering."

"And did you not tell him to go back?" asked Gabriel, "I implored him to go home at once and told him he would get his death in the rain. But he said he did not want to live. I can see his eyes as well as well! He was standing at the end of the wall where there was a tree."

She stopped, choking with sobs, and, overcome by emotion, flung herself face downward on the bed, sobbing in the quilt. Gabriel held her hand for a moment longer, irresolutely, and then, shy of intruding on her grief, let it fall gently and walked quietly to the window.

She was fast asleep.

Gabriel, leaning on his elbow, looked for a few moments unresentfully on her tangled hair and half-open mouth, listening to her deep-drawn breath. So she had had that romance in her life: a man had died for her sake. It hardly pained him now to think how poor a part he, her husband, had played in her life. He watched her while he slept, as though he and she had never lived together as man and wife. His curious eyes rested long upon her face and on her hair: and, as he thought of what she must have been then, in that time of her first girlish beauty, a strange, friendly pity for her entered his soul. He did not like to say even to himself that her face for which Michael Furey had braved death.

Perhaps she had not told him all the story. His eyes moved to the chair over which she had thrown some of her clothes. A petticoat string dangled to the floor. One boot stood upright, its limp upper fallen down: the fellow of it lay upon its side. He wondered at his riot of emotions of an hour before.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

From what had it proceeded? From his aunt's supper, from his own foolish speech, from the wine and dancing, the merry-making when saying good-night in the hall, the pleasure of the walk along the river in the snow. Poor Aunt Julia! She, too, would soon be a shade with the shade of Patrick Morkan and his horse. He had caught that haggard look upon her face for a moment when she was singing Arrival for Bridal. Soon, perhaps, he would be sitting in that same drawing-room, dressed in black, his silk hat on his knees. The blinds would be drawn down and Aunt Kate would be sitting beside him, crying and blowing her nose and telling him how Julia had died. He would cast about in his mind for some words that might console her, and would find only lame and useless ones. Yes, yes: that would happen very soon.

The air of the room chilled his shoulders. He stretched himself catiously along under the sheets and lay down beside her wife. One by one, they were all becoming shades. Better pass boldly into that other world, in the full glory of some passion, than fade and wither dismally with age. He thought of how she who lay beside him had locked in her heart for so many years that image of her lover's eyes when he had told her that he did not wish to live.

Generous tears filled Gabriel's eyes. He had never felt like that himself towards any woman, but he knew that such a feeling must be love. The tears gathered more thickly in his eyes and in the partial darkness he imagined he saw the form of a young man standing under a dripping tree. Other forms were near. His soul had approached that region where dwell the vast hosts of the dead. He was conscious of, but could not apprehend, their wayward and flickering existence. His own identity was fading out into a grey impalpable world: the solid world itself, which these dead had one time reared and lived in, was dissolving and dwindling.

A few light taps upon the pane made him turn to the window. It had begun to snow again. He watched sleepily the flakes, silver and dark, falling obliquely against the lamplight. The time had come for him to set out on his journey westwarId. Yes, the newspapers were right, snow was

general all over Ireland. It was falling on every part of the dark central plain, on the treeless hills, falling softly upon the Bog of Allen and, farther westward, softly falling into the dark mutinous Shannon waves. It was falling, too, upon every part of the lonely churchyard on the hill where Michael Furey lay buried. It lay thickly drifted on the crooked crosses and headstones, on the spears of the little gate, on the barren thorns. His soul swooned slowly as he heard the snow falling faintly through the universe and faintly falling, like the descent of their last end, upon all the living and the dead.

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Il tempo e la memoria tra XIX e XX secolo

IL TEMPO E LA MEMORIA TRA XIX E XX SECOLO

Liceo Scientifico - Linguistico "Galileo Galilei" Caravaggio (Bg)Esame di Stato A.S. 2000 / 2001

Presentazione

INGLESE Social Background 1910 Modernism JAMES JOYCE VIRGINIA WOOLF

FRANCESE MARCEL PROUST

FILOSOFIA BERGSON

LETTERATURA ITALIANA ITALO SVEVO

STORIA DELL'ARTE Il Surrealismo Salvador Dalì

JAMES JOYCE

[The Dead - Molly Bloom's monologue]

[Analysis ]

From "Ulysses" by James Joyce

[...] the sun shines for you he said the day we were lying among the rhododendrons on Howth head in the grey tweed suit and his straw hat the day I got him to propose to me yes first I gave him the bit of seedcake out of my mouth and it was leapyear like now yes 16 years ago my God after that long kiss I near lost my breath yes he said I was a flower of the mountain yes so we are flowers all a womans body yes that was one true thing he said in his life and the sun shines for you today yes that was why I like him because I saw he understood or felt what a woman is and I knew I could always get round him and I gave him all the pleasure I could leading him on till he asked me to say yes and I wouldnt answer first only looked out over the sea and the sky I was thinking of so many things he didnt know of Mulvey and Mr Stanhope and Hester and father and old captain Groves and the sailors playing all birds fly and I say stoop and washing up dishes they called it on the pier and the sentry in front of the governors house with the thing round his white helmet poor devil half roasted and the Spanish girls laughing in their shawls and their tall combs and the auctions in the morning te Greeks and the jews and the Arabs and the devil knows who else from all the ends of Europe and Duke street and the fowl market all clucking outside Larby Sharons and the poor donkeys slipping half asleep and the vague fellows in the cloaks asleep in the shade on the steps and the big wheels of the carts of the bulls and the old castle thousans of years old yes and those handsome Moors all in white and turbans like kings asking you to sit down in their little bit of a shop and Ronda with the old windows of the posadas glancing eyes a lattice hid for her lover to kiss the iron and the wineshops half open at night and the castanets and the night we missed the boat at Algeciras the watchman going about serene with his lamp and O that awful deeptown torrent O and the sea the sea crimson sometimes like fire and the glorious sunsets and the figtrees and the Alameda gardens yes and all the queer little streets and the pink and blue and yellow houses and the rosegardens and the jessamine and geraniums and cactuses and Gibraltar as a girl where I was a flower of the mountain yes when I put the rose in my hair like the Andalusian girls used or shall I wear a red yes and how he kissed me under the Moorish wall and I thought well as well him as another and then I asked him with my eyes to ask again yes and then he asked me would I yes to say yes my mountain flower and first I put my arms around him yes and drew him down to me so he could feel my breasts all perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will Yes.

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