Il Serrano n.128

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.128 Dicembre 2012 Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa Per sostenere le vocazioni sacerdotali Il Natale dell’Anno della Fede

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IL SERRANO: Organo dell’Associazione Serra International Italia

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.128Dicembre 2012

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Il Natale dell’Anno della Fede

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 128ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

IV trimestre - dicembre 2012 (XXXVI)sommario

In copertina: Renato Guttuso: «La fuga in Egitto»

Registrato presso il Tribunale di Palermon. 1/2005 del 14 gennaio 2005

Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

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Direttore responsabileMimmo Muolo

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

Comitato di DirezioneAntonio Ciacci, Presidente del CNISGiampiero Camurati,V. Presidente del C.N.I.S.Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S.Gino Cappellozza, V. Presidente del C.N.I.S.Renato Vadalà, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero:Sergio Borrelli Stella LaudadioAlessandro Gelich Michele GiuglianoGancarlo Callegaro Lino JacobinoLino Sabno Marco CreatiniAlessandro Bassi L.

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e nonoltre il 20 Febbraio 2013.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-drati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazione

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Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Il Natale dell’Anno della Fede

Gli articoli pubblicati esprimono il pensierodei rispettivi autori e non rispecchiano neces-sariamente la linea editoriale della testata.La Direzione si riserva di pubblicare in tutto oin parte le foto, gli articoli e i servizi pervenu-ti, secondo le esigenze di spazio. Il materiale,anche se non pubblicato, non sarà restituito.

® 3 tre motivi per fare natale sul seriodi Mimmo Muolo

editoriale

® 30 Notizie ed iniziativedai club e distretti

® 35 Lettere al Direttorein dialogo

® 4 rinnovare il mondo secolarizzatodi Stefania Careddu

® 6 per una nuova pentecostedi Massimo Bianchi

® 8 collegare il vangelo al quotidianodi Mario Anselmi

® 10 la ragionevolezza dell’atto di fededi Giuseppe Savagnone

® 12 il «mattino di gesù» nel libro di benedetto XVIdi Massimo Lanzidei

® 14 la vita è buonawww.copercom.it

vita della chiesa

® 16 debora caprioglio: grazie al matrimonio ho ritrovato la fededi Mimmo Muolo

le interviste

® 28 vocazione e vocazioni: percorsi molteplici, sempre aperti alla novitàdi Maria Lo Presti

vocazioni

® 20 «quando venne la pienezza del tempo...»di M.A.L.

® 22 leggere la provvidenza nelle vicende della vitadi Maria Luisa Coppola

® 24 la confessione e le indulgenzedi Cosimo Lasorsa

® 26 il serra in visita all’ufficio nazionale per la pastorale delle vocazionidi Mario Montagnani

® 27 il serra e il sostegno economico della chiesadi Francesco Baratta

vita del serra

® 18 «montismo» o no?di Domenico delle Foglie

cultura

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editoriale

motivi per fare Natale sul seriodi Mimmo Muolo

Un vecchio adagio dice che “Natale quando arriva arriva”. E poiché i pro-verbi hanno sempre un fondo di saggezza popolare, questo detto viene a ricor-darci che la festa della nascita di Gesù non è nella nostra piena e insindaca-

bile disponibilità. Semmai è vero esattamente il contrario. In altri termini non siamo noia dettare i tempi dell’agenda a Dio, anzi è l’Eterno che entrando nel tempo cambiaradicalmente il senso del tempo stesso e ci chiama a viverlo in un modo completamentediverso. Questo è vero per ogni Natale che si è susseguito nel mondo fin da quel fati-dico 25 dicembre di oltre 2000 anni fa (pare infatti, secondo recenti studi, che la scel-ta della data non sia solo simbolica, la festa pagana del sole invitto soppiantata daquella cristiana, ma qualcosa di più). Ed è vero specialmente per il Natale del 2012che cade proprio nell’Anno della fede.

Perché questo Natale è diverso dagli altri? Per una serie di motivi che vale la penadi esaminare. Prima di tutto è – di nuovo – un Natale in tempo di crisi. Tante famigliesono costrette a fare i conti con le ristrettezze imposte dalle mutate condizioni econo-miche e questo non può lasciarci indifferenti. Ma mentre è bene moltiplicare gli slancidella generosità e della condivisione con chi è nel bisogno, dobbiamo anche ricono-scere che la crisi può e deve indurci a rivedere anche il nostro rapporto con la festache ci accingiamo a celebrare. Per troppo tempo il Natale ci è stato scippato dal con-sumismo e come sotterrato da una montagna di pubblicità, di pubblicazioni, di film edi strenne che nulla avevano a che vedere con l’autentico spirito natalizio. È ora direcuperare l’essenziale e l’essenziale è proprio quel Bambino che sceglie di nascerepovero in una mangiatoia al fine di salvarci, ricordandoci nel contempo che anche l’ul-timo tra gli uomini e le donne è amato da Dio.

Il secondo elemento che dà una coloritura differente a questo Natale è propriol’Anno delle fede. Il Papa, proclamandolo, ha voluto mettere l’accento su quello che ineffetti è il problema dei problemi della nostra epoca. La fede affievolita, intorpidita, intie-pidita, a volte addirittura morta, di molti battezzati. Il Natale dell’Anno della Fede cioffre invece lo spunto per riattizzare la brace del credere liberandola dalla cenere delladominante cultura relativista che la soffoca. Guardiamoci intorno. Non è più tempo dicristiani tiepidi. Bisogna riscoprire l’impeto delle prime comunità. Se infatti le cose nellasocietà, nell’economia, nella politica e in generale nella vita di tutti i giorni non vannobene, non è perché siamo cristiani, ma anzi perché non lo siamo abbastanza.

Infine c’è un terzo elemento che deve rendere speciale il prossimo 25 dicembre (etutti i mesi a seguire). Viviamo in un momento in cui il bene più raro (e quindi più pre-zioso) non è l’oro, ma la speranza. Lo vediamo da tanti particolari e più di tutti dallamancanza di fiducia che alberga nel cuore dei giovani, vittima del precariato inven-tato da noi adulti. In passato erano i giovani a trascinare il mondo verso il cambia-mento. Oggi anche loro sembrano aver smarrito la forza propulsiva. Allora il Natalecapita proprio a proposito. Accanto alle luci esterne, che adornano alberi, strade,negozi e finestre delle nostre città, noi credenti siamo chiamati a riaccendere le lucidella speranza interiore. E non solo di quella con la “s” minuscola. A Natale infattientra nel mondo la Speranza vera, Gesù Cristo, ed è compito nostro annunciarlo atutti gli uomini. Anzi, per usare un termine caro a tutti i serrani, direi che questa è lanostra vocazione.

E allora, buon Natale, amici. Un Natale vero, non quello fatto di pacchi regalo edi confusione che stordisce. Natale festa che quando arriva, cambia davvero la fac-cia della Terra. Come ha fatto 2000 anni fa e continua a fare anche oggi.

Tre

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vita della chiesa

La Chiesa deve allargare le braccia peraccogliere “le persone battezzate cheperò non vivono le esigenze del

Battesimo”. È questo per Benedetto XVI il messaggioemerso dal Sinodo che ha riunito per tre settimane inVaticano 262 vescovi dei cinque Continenti e 94 invi-tati, tra uditori ed esperti, per riflettere sulla NuovaEvangelizzazione. Nel contesto attuale, segnato dallasecolarizzazione, serve, ha spiegato il Papa nell’o-melia della messa conclusiva, “un’attenzione partico-lare” verso le persone lontane “affinché incontrino nuo-vamente Gesù Cristo, riscoprano la gioia della fede eritornino alla pratica religiosa nella comunità dei fede-li”. Per questo, secondo i padri sinodali, oltre “ai meto-di pastorali tradizionali, sempre validi”, la Chiesadeve “adoperare anche metodi nuovi, curando purenuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture delmondo, proponendo la verità di Cristo con un atteg-giamento di dialogo e di amicizia che ha fondamen-to in Dio che è Amore”.

Nel dibattito sinodale (condensato poi in 58 pro-positiones) sono stati affrontati vari temi, tra i qualiad esempio l’istituzionalizzazione del ministero perla catechesi ed i “cammini di conversione e riconci-liazione” per i divorziati risposati, mentre è statoespresso “rammarico” per gli abusi compiuti dasacerdoti che ostacolano l’annuncio del Vangelo.Ancora una volta poi è stata messa in evidenza “lacentralità della parrocchia”. “La pastorale parroc-chiale dev’essere sempre più, diventare sempre piùla pastorale integrata con tutti i nuovi movimenti, lenuove comunità, le associazioni, perché la parroc-chia, pur nella sua necessità assoluta, non è piùautosufficiente”, ha osservato il cardinale AngeloBagnasco, arcivescovo di Genova e presidentedella Cei. Sebbene, come ha avvertito da parte suamonsignor Nicola Eterovic, segretario del Sinodo,sia “troppo presto per fare un bilancio esaustivo”, ècerto che il dato principale è stato proprio il rilanciodel valore della famiglia e della parrocchia in unapastorale integrata, che si apra cioè anche a nuoviambiti come il mondo della cultura e internet.“Mantenendo i valori tradizionali di entrambe, biso-gna cercare – ha spiegato l’arcivescovo croato -

modi nuovi per aiutare la famiglia che, in questomomento, si trova sotto attacco da diverse parti, mabisogna cercare nuovi modi per evangelizzare lagente nelle parrocchie, non accontentandosi solo diquelli che le frequentano, ma anche andando allaricerca di altre persone, che hanno ricevuto il sacra-mento del Battesimo e che non sono praticanti”.

Di grande rilievo, per il segretario generale del

rinnovareil mondo secolarizzato

speciale anno della fede

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vita della chiesa

Sinodo, è il dialogo che si è svolto tra il Papa e i padrisinodali che spesso hanno basato i loro interventi pro-prio sulle analisi e le aperture del Pontificato diRatzinger. “Benedetto XVI - ha ricordato monsignorEterovic - ha potuto incoraggiare i pastori, soprattuttoquelli che si trovano nei Paesi in cui i cristiani sono indifficoltà, a continuare ad annunciare la BuonaNotizia anche in mezzo alle sofferenze, alle persecu-zioni, perché la croce, per noi cristiani, è la via dellarisurrezione”.

Nel Sinodo sulla nuova evangelizzazione, ha rias-sunto padre Adolfo Nicolas, il “papa nero” dei gesui-ti, sono stati messi in rilievo argomenti strategici come“il riconoscimento dell’importanza dell’esperienza reli-giosa (l’incontro con Cristo); l’urgenza di una buonaformazione spirituale e intellettuale dei nuovi evange-lizzatori; il ruolo centrale della famiglia, luogo privile-

giato per la crescita nella fede; l’importanza della par-rocchia e delle sue strutture che hanno bisogno diessere rinnovate per diventare sempre più aperte a unpiù vasto impegno e ministero dei laici; la prioritàall’evangelizzazione piuttosto che all’espressionesacramentale”.

“Da questo Sinodo esce rafforzato l’impegno per ilrinnovamento spirituale della Chiesa stessa, per poterrinnovare spiritualmente il mondo secolarizzato”, hadetto il Papa ricordando che la nuova evangelizza-zione è una sfida che chiama in causa tutti. Perché“tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere GesùCristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il doveredei cristiani, di tutti i cristiani, sacerdoti, religiosi elaici, di annunciare la Buona Notizia”.

SStteeffaanniiaa CCaarreedddduu

visto dai vescovi

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care con mano la presenza del Dio-amore e la solle-citudine della Chiesa verso i suoi fedeli».

Anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, hamesso in rilievo l’insostituibile ruolo dei religiosi all’in-terno di una società in forte trasformazione.«Nell’esperienza delle vostre comunità – ha infatti sot-tolineato rivolgendosi ai padri provinciali – c’è una ric-chezza che non può restare chiusa in se stessa. Voitestimoniate ogni giorno che c’è un altro modo di vive-re, rispetto alle tendenze disgregatrici imposte dallacultura dominante e amplificate da una certa cupolamediatica».

Tarquinio ha citato a questo proposito i cambia-menti in atto nella famiglia, nella scuola e nella politi-ca, ha ricordato come «un clima e una serie di rego-le, che possiamo inserire nell’alveo del “politicamentecorretto”, rischino di interrompere la trasmissione dellafede». Ma ha anche sottolineato che, nonostante tutto,«l’Italia continua a respirare aria cristiana, anche sequalcuno vorrebbe privarla di questo respiro». Di quila sua conclusione improntata alla speranza. «Lasocietà italiana ha bisogno del cristianesimo. E i reli-giosi possono appagare questo bisogno, continuandoad essere quello che sempre sono stati e a testimo-niarlo nelle forme richieste dall’oggi».

Il tutto, naturalmente, secondo lo stile che ha sempreconnotato ciascuna famiglia religiosa. Secondo monsi-

L’anno della fede, visto dai religiosi, è unmomento assai propizio per rinnovareinnanzitutto il servizio della vita con-

sacrata all’evengelizzazione. E poi anche perriflettere sul momento che i “frati d’Italia stanno attra-versando. Diciamo subito che nel nostro Paese c’è un“esercito” sempre pronto a intervenire su tutte le fron-tiere della carità. È l’”esercito” formato dai circa18mila religiosi italiani, che gestiscono scuole e ospe-dali, che animano santuari e parrocchie e sono ancheben presenti nel campo dell’editoria e della culturacon le loro apprezzate pubblicazioni. Si pensi a checosa sarebbe l’Italia senza la presenza dei religiosi osenza città come Assisi e San Giovanni Rotondo,oppure ancora senza santuari grandi e piccoli, antichie moderni. Insomma, anche in tempo di inquinamen-to materialista, la vita religiosa continua a costituire unpolmone di autentica spiritualità che assicura l’ossige-nazione dell’anima, sottoposta al bombardamentodelle polveri sottili dell’ideologia relativista.

In questo anno della fede i religiosi sono pronti adare “battaglia” anche sul piano della nuova evange-lizzazione e intendono farlo con le loro “armi”, chesono quelle dell’accoglienza, della preghiera e delloro stesso stato di vita. Lo ha ricordato ad esempio,nel suo intervento filmato all’assemblea generale dellaCism, la Conferenza dei Superiori maggiori d’Italia,svoltasi a novembre ad Acireale (Catania) il cardina-le Angelo Scola, arcivescovo di Milano. «La vita reli-giosa può contribuire a far passare gli uomini e ledonne del nostro tempo da una fede per convenzionea una fede per convinzione». E questo passaggio, peril porporato, avviene quando ognuno può verificareconcretamente che «l’umano viene chiarito, potenzia-to e salvato dall’incontro con Cristo».

In sostanza ha aggiunto un altro cardinale, l’arci-vescovo di Palermo, Paolo Romeo, «la gente devevedere Gesù brillare sul vostro volto. I vostri carismidevono far trasparire l’amore di Dio per tutti gli uomi-ni e in particolare per i poveri. Le vostre case religio-se devono essere luoghi di eccellenza dove si può toc-

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vita della chiesa

di Massimo Bianchi

per una nuovapentecoste

speciale anno della fede visto dai religiosi

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gnor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, questostile è fatto soprattutto di «gratuità, umiltà, accompa-gnamento delle persone, per cercare insieme Dio». Epoi attenzione ai bisogni, «sull’esempio del buon sama-ritano, che non passa oltre, ma si china sulle ferite del-l’uomo lasciato al margine della strada e paga di per-sona anche le sue cure». A parere del presule, tuttavia,il contributo più originale che i “frati d’Italia” possonooffrire è quello di coniugare profezia e testimonianza.«Ad esempio guardare la storia dalla prospettiva dellarisurrezione e non da quella della morte. Oppure esse-re come il vento, continuamente in movimento, senzamai stancarsi di cercare la novità. Oppure ancora –ricorda il vescovo di Caltagirone – adottare la meto-dologia dell’esodo, cioè passare all’altra riva senzavoltarsi indietro, e non quella dell’Odissea, che segnail ritorno al punto di partenza».

In sostanza, come ha aggiunto, don PascualChavez, rettor maggiore dei Salesiani, «la nuovaevangelizzazione deve essere come una nuovaPentecoste, che fa diventare i discepoli di Cristo auten-tiche lingue di fuoco capaci di infiammare i cuori».Questo ha detto il Sinodo dei vescovi celebrato inVaticano nello scorso mese di ottobre e questo biso-gna fare «di fronte a sfide epocali come il secolarismoe la globalizzazione». Il Sinodo, però, non deve esse-re confinato nella prossima esortazione apostolica del

Papa, con il rischio che vada tutt’al più ad arricchirele biblioteche teologiche. «Dobbiamo portare ilSinodo e le sue intuizioni nella vita della Chiesa – haaffermato padre Ornelas Carvalho, superiore genera-le dei Dehoniani –. Soprattutto noi religiosi cerchiamodi fare comunità e di generare comunione». Da padreMauro Johri, ministro generale dei Cappuccini è inol-tre giunto l’invito a «non sprecare le occasioni di evan-gelizzazione», come ad esempio le confessioni. Epoi, ha aggiunto, «è importante la preghiera». Infineper Silvio Sassi, superiore generale dei Paolini, «l’e-vangelizzazione chiede umiltà: persone che si sieda-no accanto agli altri non per insegnare, ma per capi-re e accompagnare». Insomma una questione di stile.Proprio quello invocato anche padre Luigi Gaetani,carmelitano scalzo, nuovo presidente della Cism. «Ladomanda decisiva non è cosa fare di nuovo – ha spie-gato –, ma come essere in se stessi luoghi e spazi diVangelo», cioè «luoghi in cui si vive la grazia dell’in-contro con Cristo». «Occorre dunque dimorare nel piùprofondo dell’anima, sapendo accogliere le sfide delmondo moderno e contemporaneo, senza chiudersi ariccio o continuando a ripetere ciò che si è sempredetto». In altri termini, «la fede non va solo dimostrata,ma testimoniata, vissuta, raccontata». E i religiosi ita-liani questo lo sanno fare da sempre. Perché è propriola loro vocazione.

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vita della chiesavisto dai religiosi

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Mentre mi accingevo a scrivere queste righesull’Anno della fede visto dai laici, mi sonoimbattuto in una bella lettera pastorale del

vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro,che si intitola “Credo in te”. Emblematica, a mioavviso, è la foto di copertina, che lo stesso autore havoluto inserire non a caso, ma come un precisomessaggio. Si tratta di un quadro di Van Gogh,intitolato “I primi passi”.

Al centro della scena c’è un bambino che lamamma, poco fuori dal cancello di casa, tiene per lebraccia aiutandolo a muovere, appunto, i primi passi.Dall’altra parte il padre, che giunto dal lavoro neicampi, ha posato a terra gli arnesi e sta aspettando ilfiglioletto a braccia aperte. Il resto possiamoimmaginarlo, commenta monsignor Semeraro, cisiamo passati tutti.

Ma l’immagine è emblematica perché descrivebene, persino al di là delle intenzioni del pittore,proprio la nostra condizione umana riguardo allafede. Il bambino è ogni uomo che la Madre Chiesaguida a fare i primi passi verso il Padre, cioè Dio, ilquale ci aspetta a braccia aperte e ci accoglierà conil suo abbraccio.

Ecco, l’Anno della Fede per noi laici dovrebbeessere proprio questo. Riscoprire questo itinerario cheporta verso l’Eterno, rinvigorire la nostra traballanteandatura e camminare sempre più gioiosi e speditiverso la meta dell’approdo definitivo alla vita eterna.

Nel quadro di Van Gogh, infatti, c’è una distanzanotevole – ancorché non incommensurabile – tra ledue figure della madre e del bambino e quella delpadre. Questa distanza è la nostra vita terrena, cioèlo spazio che ci è dato per irrobustire con le nostrescelte personali la fede donataci da Santa MadreChiesa, attraverso il battesimo e gli altri sacramenti.Oggi, molto spesso, accade che i laici battezzati

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vita della chiesa

collegare il vangelo

al quotidianodi Mario Anselmi

speciale anno della fede visto dai laici

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proprio con questo spirito. Per quelli che si sonoallontanati dalla pratica della fede possono essereuna bella occasione per riprenderla. Per coloro cherischiano di viverla come una routine, questo periodopuò e deve riaccendere la scintilla di un piùconsapevole collegamento del Vangelo con la vita ditutti i giorni. Per coloro che infine hanno già raggiuntotale consapevolezza è il momento di condividerla congli altri, aiutando chi si trova di più in difficoltà.

Per tutti l’Anno delle fede deve essere una potentespinta a riprendere in mano gli insegnamenti delConcilio Vaticano II e il magistero dei Pontefici (siveda ad esempio la Christifideles laici di GiovanniPaolo II) sul ruolo dei laici nella Chiesa e nellasocietà. Soprattutto oggi l’Italia ha bisogno di laicicristiani ben formati in tutti i campi più importanti:dalla politica all’economia, dalle arti alle scienze,anche in settori apparentemente secondari come losport e il tempo libero.

rimangano per tutta la vita ai primi passi in fatto difede. L’anno che Benedetto XVI ha voluto proclamaredeve essere invece una palestra in cui impariamo adassumere la giusta andatura, proprio come è successoad ognuno di noi con l’esercizio del camminare.Certo, poiché la condizione umana è fallace e ilpeccato è sempre dietro l’angolo, qualche volta cicapiterà di cadere, qualche altra volta di assumere unatteggiamento zoppicante, ma proprio come avvienenel quadro, l’Anno della fede ci ricorda che alle nostrespalle c’è una madre amorevole – la Chiesa appunto –sempre pronta a sostenerci e a rialzarci, ad esempiocon la forza del sacramento della misericordia.

I mesi che sono davanti a noi vanno dunque vissuti

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vita della chiesavisto dai laici

“Il bambino è ogni uomo che la MadreChiesa guida a fare i primi passi verso ilPadre, cioè Dio, il quale ci aspetta a bracciaaperte e ci accoglierà con il suo abbraccio”

La posta in gioco è troppo importante per lasciareche altri possano impadronirsi della scena (comepurtroppo stanno facendo). Occorre dunque tornare adispiegare gli insegnamenti dell’antropologia cristianache possono influenzare positivamente tutti i campidell’attività umana. Faccio un solo esempio:l’urbanistica. L’arte di progettare le città è fortementetributaria della visione dell’uomo che si ha comeriferimento.

Vi siete mai chiesti perché i nuovi quartieri sono cosìanonimi? Perché ad esempio rarissimamente vengonoprogettate nuove piazze e si prevedono solo strade,grandi palazzi e viali interminabili? Tutto ciò è ispiratoalla logica dell’individualismo che fa di ogni uomoun’isola. La piazza invece è sinonimo di socialità emette le persone, non gli individui, in relazione tra loro.

Come si vede, dunque, se lasciamo l’urbanistica inmano ad architetti e politici che si ispirano ad unaantropologia non cristiana, poi non potremo tantolamentarci della bassa qualità della vita nelle nostre città.

Per concludere la nostra riflessione, dunque, vogliolanciare un appello: per noi laici, specie per i laici delSerra Club, questo Anno della Fede deve esseredavvero un anno di vita. La vita buona del Vangelo. Lavita buona che ci porta all’incontro con il Padre.

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bene in una determinata situazione (...) Ci si è orien-tati a concedere alla coscienza dell’individuo il privi-legio di fissare, in modo autonomo, i criteri del benee del male (...) Tale visione fa tutt’uno con un’eticaindividualistica, per la quale ciascuno si trova con-frontato con la sua verità, differente dalla verità deglialtri» (ivi, n.98).

Da qui anche il venir meno della volontà di farescelte radicali: «Non si deve assumere più nessunimpegno definitivo, perché tutto è fugace e provviso-rio» (ivi, n.46).

La fede è cieca? Nell’opinione corrente,quasi. La si contrappone spesso alla ragio-ne, come se fossero nemiche o almeno

estranee. Le si attribuisce una valenza prevalente emo-tiva e le si assegna il compito di dare senso alla vita,ma si separa questo problema da quello della verità, dicui sarebbero depositarie solo le scienze o che, in unaversione ancora più radicale, sarebbe inconoscibile. Ilrisultato è una diffusa tendenza a sostenere che “ognu-no ha la sua verità”, dando luogo a quella «dittatura delrelativismo» che, nell’omelia della messa pro eligendopontifice l’allora card. Joseh Ratzinger denunziavacome la più grave minaccia per la nostra società. Inquesto quadro, credere si riduce a una fuga consolato-ria in un mondo illusorio, che non può reggere il con-fronto con gli argomenti di chi non crede. A questopunto, la fede diventa un soprammobile e, separatadalla verità, non può più pretendere di orientare la vita.

Già Giovanni Paolo II, nell’enciclica Fides et ratio,notava che questo ha delle conseguenze gravissimesul piano etico: «Persa l’idea di una verità universalesul bene, conoscibile dalla ragione umana, è inevita-bilmente cambiata anche la concezione della coscien-za: questa non è più considerata nella sua realtà ori-ginaria, ossia un atto dell’intelligenza della persona,cui spetta di applicare la conoscenza universale del

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vita della chiesa speciale anno della fede

la ragionevolezzadell’atto di fede di Giuseppe Savagnone

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volta danno il loro assenso quasi dandoli per sconta-ti, senza coglierne la portata. Dallo stupore di questapresa di coscienza potrà derivare la forza di unannunzio missionario di cui la nostra società ha oggiun disperato bisogno.

Ma veramente fede e ragione, sono separabili? Èlo stesso Giovanni Paolo a rispondere, nella Fides etratio: esse, egli scrive, «sono come le due ali con lequali lo spirito umano s’innalza verso la contempla-zione della verità» (Preambolo). Senza l’una, anchel’altra è compromessa, perché non si vola con un’alasoltanto.

Su questa linea, Benedetto XVI non si è stancato disottolineare la inscindibile connessione del cristianesi-mo con la sfera dell’umana ragione, nella prospettivadella verità. Ben lungi dal favorire un affidamentocieco, la riscoperta della fede nel Dio del Logos incar-nato (logos, in greco significa pensiero, ragione, oltreche parola) rende «di nuovo possibile allargare glispazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi que-stioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teolo-gia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei lorometodi propri e della loro reciproca autonomia, maanche nella consapevolezza dell’intima unità che letiene insieme».

È questa la grande sfida a cui gli intellettuali cattoli-ci devono far fronte e di cui l’anno della fede costitui-sce un’importante tappa. In un mondo che, rigettandola fede, ha perduto anche la ragione e vede il dilaga-re delle superstizioni settarie e della magia, oppure deifondamentalismi fanatici, si tratta di riportare alla lucela profonda ragionevolezza dell’atto di fede, in cuisenso e verità della vita possono trovare il loro fonda-mento anche da un punto di vista razionale.

Ma per questo, i primi a riscoprire questa valenzadel cristianesimo devono essere i cristiani. Troppospesso gli stessi credenti vivono la loro adesione inmodo abitudinario, tradizionalista, senza un’autenticaconsapevolezza e senza collegare la proposta delVangelo ai grandi problemi culturali ed esistenziali delnostro tempo. Perciò l’anno della fede deve costituireper loro, per i credenti, innanzi tutto, un momento diriflessione sui contenuti della Rivelazione, ai quali tal-

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vita della chiesaspeciale anno della fede visto dagli intellettuali

Il quadro riprodotto in copertina è ritenuto il bozzet-to per un’opera eseguita nel 1983 in una cappelladel Sacro Monte di Velate a Varese. Il Sacro Montedi Varese sorge su un’altura della città omonima edè uno dei più noti itinerari mariani a livello naziona-le e non solo.Quest’opera colpisce da lontano l’attenzione del visi-tatore per la vigorosa intensità dei colori e la com-posizione “narrativa”. Giuseppe, infatti, non è apiedi secondo la tradizione, ma in groppa all’asinoinsieme a Maria. L’opera cattura dunque il momentoin cui la Madonna – con in braccio il Bambino anco-ra in fasce – e Giuseppe, sono in sella a un esile asi-nello e scappano da Erode verso una nuova meta,l’Egitto.La presenza di qualche masserizia, di arnesi da fale-gname nel ridotto bagaglio con pochi viveri e ladescrizione del paesaggio desertico con i suoi tonidorati, le rocce, le palme e i cactus, caratterizzanonon poco questa opera del pittore bagherese. Nella illustrazione della fuga della Sacra Famiglia,inoltre, chi li accompagna nel corso di questo lungoviaggio, non è un Angelo, come vorrebbe l’icono-grafia canonica, ma una colomba, simbolo di purez-za, fratellanza e pace.“Il racconto evangelico, secondo la lettera diMatteo, si ripete ai nostri giorni (…)”– scrisse Guttusoin un noto articolo allora comparso sul Corriere dellaSera (6 novembre 1983). Una rappresentazione,dunque, dal significato universale: il riproporsi neltempo presente del dramma di coloro che devonolasciare la terra natia per sfuggire a oppressioni opersecuzioni.

La commissione dell’opera al pittore venne affidatadirettamente dall’ex segretario di papa Giov. BattistaMontini, monsignor Macchi, suo segretario persona-le e arciprete della cappella del Sacro Monte diVelate e il tema a cui l’artista si indirizza è, appun-to, un episodio biblico.Guttuso non fu religioso in senso letterale ma forte-mente schierato su delle posizioni di forte laicismodove si radica la protesta proletaria, tuttavia affrontò,con coinvolgente sensibilità, tanti altri temi religiosi.

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Cosicché, ha aggiunto il “ministro”della cultura della Santa Sede,«Benedetto XVI ha messo in praticaciò che un filosofo del linguaggiodel secolo scorso ha dichiarato,ma non ha mai fatto: tutto quelloche si può dire, si può dire chiara-mente».

Infine una raccomandazione ailettori, anche alla luce del fattoche il volume esce a ridosso delperiodo natalizio. «Vi sconsiglio –ha detto Ravasi – di incartarequest’opera nella carte per i rega-li natalizi con le stelline». Unametafora, naturalmente, per direche non si tratta di una semplicestrenna natalizia o di un instantbook, ma «di un libro serio, il cuicontenuto è per persone adulte».Su questa suggestione sono poitornati il presidente di Rcs libri,

Consiglio della cultura, il quale neha sottolineato i diversi piani di let-tura. Ad esempio il rapporto conl’attualità. «Penso al grido dellemadri nella strage degli innocenti –ha detto il porporato –, un gridouniversale che risuona ancora ainostri giorni, mentre muoiono ibambini a Gaza». Dunque, haricordato Ravasi, «non siamo difronte a un testo solo informativo,ma anche performativo, che cicoinvolge e artiglia la nostracoscienza».

Naturalmente non si tratta delsolo pregio del volume. Un’altraqualità dell’opera ratzingeriana èinfatti, per il porporato, «la chiarez-za del pensiero, che si riflette nellachiarezza dello stile. Questo libro,infatti, non ha l’autoreferenzialitàoracolare esoterica di certe pagineteologiche o filosofiche illeggibili».

C’è la storia e c’è l’attua-lità. La profezia veterote-stamentaria e il Gesù dei

Vangeli di Luca e Matteo, cioèquelli che parlano espressamentedei primi anni della vita terrena diCristo. Ma soprattutto c’è un libroofferto a tutti, e in special modo aicristiani adulti nella fede, perchéapprofondiscano questa loro fede.Per il cardinale Gianfranco Ravasi,sono «i fili principali con cuiBenedetto XVI ha tessuto la stoffa»di “L’infanzia di Gesù”, il libro checompleta la sua trilogia cristologi-ca, da qualche settimana nellelibrerie di 50 Paesi (e in 9 lingue)per una tiratura complessiva di oltreun milione di copie. Il volume,edito da Rizzoli e dalla LibreriaEditrice Vaticana (Lev), è stato pre-sentato recentemente alla stampaproprio dal presidente del Pontificio

il «mattino»di gesùnel libro dibenedetto XVI

di Massimo Lanzidei

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dottori del Tempio. È un’anteprimadella sua vita pubblica e, nellostesso tempo, il principio del dis-tacco dalla Madre.

Il resto Benedetto XVI lo ha giàraccontato nei due volumi del suo“Gesù di Nazaret”. Il primo volu-me fu pubblicato ad aprile del2007 (41 edizioni e 2 milioni dicopie), il secondo a febbraio del2011 (40 edizioni e un milione dicopie). Ora questo terzo volumecostituisce una specie di «sala diingresso» agli altri due e ci favedere «il mattino di Gesù».

neando come quell’umanissimo sus-seguirsi di generazioni non sia altroche una preparazione al manife-starsi del Logos. Si sofferma in par-ticolare sul ruolo delle quattrodonne rievocate da Matteo: Tamar,Rahab, Rut, la moglie di Uria.Quattro non ebree, mediante lequali la missione di Gesù si apreda subito alle «genti». Ma il puntod’approdo è la stessa Maria, il«nuovo inizio» sul quale si diffon-dono le pagine seguenti, dedicateall’Annunciazione.Insomma l’intentodegli Evangelistinon è di «racconta-re delle “storie”,bensì scrivere storia,storia reale, avvenu-ta, certamente sto-ria interpretata ecompresa in basealla Parola di Dio».

Nel cuore dellibro non mancanoi riferimenti agliscritti dei Padridella Chiesa,oltre che le cita-zioni tratte dallacultura latina del-l’epoca (l’attesa diuna nuova etàdell’oro cantatada Virgilio nelle“ B u c o l i c h e ” ,l’impero di Augusto come tempopropizio al manifestarsi delMessia). Benedetto XVI non si sot-trae nemmeno a un impegno ditipo quasi didascalico, si soffermasulle peculiarità della vita quotidia-na e spiega come e perché bue easinello, mai menzionati neiVangeli, finiscano nondimeno neinostri presepi.

Resta centrale la «primogenitu-ra» di Gesù, nella quale già siannuncia in chiave mistica il miste-ro della Risurrezione. L’epilogo èriservato all’episodio di Gesù tra i

Paolo Mieli («non è solo l’operadi un Papa ma anche di un uomo,come Joseph Ratzinger, che è trale persone più importanti dellacultura europea») e la teologabrasiliana, Maria ClaraBingemer. «Preparandoci a cele-brare la grande festa del Natale– ha fatto notare quest’ultima –,questo libro può aiutarci in modomolto profondo ad aprire in noiuno spazio affinché il Salvatorepossa nascere e manifestarsi, inun mondo come il nostro che hatanto bisogno del suo Vangelo».

Alla conferenza stampa eranopresenti, tra gli altri, i cardinaliStanislaw Rylko, presidente delPontificio Consiglio per i laici eCamillo Ruini, già presidente dellaCei, oltre all’arcivescovo GerhardLudwig Müller, prefetto dellaCongregazione per la dottrinadella fede e a monsignor GeorgGänswein, segretario personaledel Pontefice. Padre FedericoLombardi, direttore della SalaStampa vaticana, ha ricordato lostraordinario sforzo che JosephRatzinger ha compiuto per comple-tare la trilogia. «Solo un grandecoraggio e una grande passionepotevano permettergli di arrivare inporto in anni in cui gli impegni delgoverno della Chiesa universalesono così grandi. Per molti di noi,che il Papa vi sia riuscito ha del-l’incredibile e suscita ammirazionee gratitudine».

Quanto infine alla struttura, le176 pagine scritte da PapaRatzinger partono in pratica dallafine, e cioè dalla domanda chePilato rivolge a Cristo: «Di dove seitu?». Vero uomo e vero Dio, Gesùha già esibito le sue generalitànella duplice genealogia cheincontriamo in Matteo e in Luca.Qui come altrove, Benedetto XVIinvita a incrociare l’apparentelinearità dei Sinottici con l’esplicitavisionarietà di Giovanni, sottoli-

vita della chiesa

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La nuova evangelizzazione necessita di nuovi linguag-gi e non può eludere la sfida delle tecnologie chehanno letteralmente rivoluzionato le forme della comunica-

zione, sia istituzionale sia personale. Con questa consapevolezzail Copercom (Coordinamento delle Associazioni per laComunicazione) ha lanciato un filmato dal titolo “La vita èbuona…”, in sintonia con il piano decennale della Chiesa italiana“Educare alla vita buona del Vangelo”. Il Copercom raggruppaben 29 associazioni grandi e piccole del mondo cattolico e inten-de così contribuire, con originalità, alla scelta pastorale operatadai vescovi italiani, con un occhio particolare alla comunicazioneche è la mission del Coordinamento.

Inevitabilmente la scelta del mezzo attraverso il quale veicolareil filmato è caduta principalmente sulla Rete, non solo per evidentiragioni economiche ma anche per la consapevolezza che se oggisi vuole incontrare i giovani, bisogna andare a cercarli là dove essivivono, dialogano e si esprimono. E la Rete, conle sue svariate offerte eoccasioni è un luogoprivilegiato per l’in-

contro con le ragazze e i ragazzi di oggi. Il video è già in cir-colazione dai primi di ottobre ed è visibile sia sul sito delCopercom (www.copercom.it) sia su quello delle 29 asso-ciazioni aderenti. Il filmato, di cui è protagonista il poetaDavide Rondoni, è disponibile anche sui canali You Tubedel Copercom e di diverse associazioni. Mentre scrivia-mo è stato già visionato da oltre duemila persone.Inoltre i video dei giovani hanno già collezionato oltreseimila visualizzazioni, per un totale che superaampiamente le 8mila. Cifre destinate inesorabil-mente a crescere, vista l’attenzione che i giovanistanno manifestando.

Con le sue splendide parole, supportate dauna suggestiva location, il testimonial invita igiovani a raccontare “la loro vita buona e ilbuono della loro vita”. L’invito è già statoaccolto con slancio e generosità da alcu-ne associazioni (Acli, Mcl e Azione cat-tolica) e da molti giovani che, autono-mamente, hanno provveduto a metterein Rete le loro testimonianze attraverso

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vita della chiesa

la vita è buonannuuoovvii lliinngguuaaggggii ddeellllaa tteeccnnoollooggiiaa ppeerr llaa nnuuoovvaa eevvaannggeelliizzzzaazziioonnee

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i video. Tutto trova spazio nel canale You Tube e nellapagina Facebook del Copercom, così da realizzare,come è negli auspici del presidente Domenico DelleFoglie, “una grande narrazione popolare della vitabuona, in un Paese troppo spesso segnato dalla malavita. Un Paese, invece, che ha solo bisogno di ritro-

vare fiducia in sestesso, magari risco-prendo le proprieradici cristiane, fontiinesauribili di spe-ranza”.A cominciare dalla

necessità di essereconcisi, ma questo i gio-vani lo sanno benissimo,abituati come sono ai lin-guaggi dei socialnetwork. Ivideo vanno inviati a un indi-rizzo dedicato: [email protected] Alleragazze e ai ragazzi ilCopercom suggerisce di nonpreoccuparsi troppo della qualitàdelle immagini, anche se tutti lorovogliono sempre apparire bellissimi.Ciò che conta, suggerisce il presi-dente Delle Foglie, è soprattutto “losplendore dei vostri volti, il fascinodelle vostre parole, la bellezza della

vostra vita buona”.

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dicembre 2012

IIll ssaalloonnee ddeellll’’AArrcciivveessccoovvaaddoo ddii TTaarraannttoo eerraa ppiieennoo ppeerr uunnaaiinniizziiaattiivvaa iinntteerrcclluubb ffoorrtteemmeennttee vvoolluuttaa ddaall SSeerrrraa IInntteerrnnaattiioonnaallddii TTaarraannttoo.. IInnddiiccaattaa ccoommee uunn aavvvveenniimmeennttoo ddii ttiippoo ccuullttuurraallee,,llaa ccoonnvveerrssaazziioonnee ddeellll’’AArrcciivveessccoovvoo mmoonnss.. FFiilliippppoo SSaannttoorroo ““DDaallSSiinnooddoo aa TTaarraannttoo,, llee lliinneeee ddeellllaa nnuuoovvaa eevvaannggeelliizzzzaazziioonnee”” èèssttaattaa mmoollttoo ddii ppiiùù,, uunn eevveennttoo ddii ggrraazziiaa.. ““IIll sseennttiimmeennttoo ddii ppaarr--tteecciippaazziioonnee ee ddii ggiiooiiaa cchhee hhaa ccooiinnvvoollttoo ii pprreesseennttii ssiinn ddaallll’’iinnii--zziioo –– ssoottttoolliinneeaa MMaarriiaa SSiilleessttrriinnii,, pprreessiiddeennttee ddeell SSeerrrraa ddiiTTaarraannttoo,, ddiissttrreettttoo 7733 –– nnee hhaa ssoottttoolliinneeaattoo llaa vvaalleennzzaa ee iill ddeessii--ddeerriioo ddeeii sseerrrraannii ddii aapprriirrssii aall mmoonnddoo,, ppoorrttaannddoo uunn aaffffllaattoo ddiieevvaannggeelliizzzzaazziioonnee””..

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GGaabbrriieellllaa RReessssaa

alla ricercadella luce

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il serrano n. 12816

Sul tavolino del soggiorno, tra il portafiori e i ninnoli, DeboraCaprioglio tiene in bella vista il libro che ha letto in questo periodo.Non è uno dei best seller del momento. E neanche un testo da cui trarre la

parte di una delle sue prossime interpretazioni. Anche se qualche tempo fa a Romal’attrice veneziana ha dato voce ad alcune di quelle pagine, durante la presenta-zione ufficiale del volume. «Questo libro, che qualcuno ha definito un «fantasy meta-fisico» – spiega – è in realtà una storia d’amore, scritta da un sacerdote. E viene aricordarci che l’amore è capace di abbattere tutti i muri e di far ripartire la nostravita. Un po’ come è successo a me».

Il libro è <+corsivo>Abelis<+tondo> di don Mauro Leonardi (edizioni Lindau), efunge da punto di partenza anche per la chiacchierata con la bella attrice, che sem-bra vivere una seconda giovinezza artistica (fra teatro e fiction), dopo aver ritrova-to la fede, proprio grazie alla sua storia d’amore con l’attore e regista AngeloMaresca, culminata nel 2008 nel matrimonio. «Eravamo due single convinti – dicecon un sorriso – ma ci siamo sposati in Chiesa. E lì è iniziato tutto».

CChhee ccoossaa ssiiggnniiffiiccaa ““èè iinniizziiaattoo ttuuttttoo””??Intendo dire il percorso, mio e di Angelo, alla riscoperta della fede, che ha avuto

di Mimmo Muolo

grazieal matrimonioho ritrovatola fede

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nel corso prematrimoniale il suo momento di inizio. È stato il parroco di SanSalvatore in Lauro, a Roma, a indirizzarci da don Antonio Pinzello, un sacerdotedell’Opus Dei, il quale ci ha preparato alle nozze, attraverso un itinerario non solospirituale, ma anche culturale. Non è stata una folgorazione, ma un progressivo riav-vicinamento alla pratica religiosa dalla quale mi ero allontanata, pur essendo sem-pre stata cattolica.

QQuueessttaa ffeeddee rriissccooppeerrttaa iinnfflluueennzzaa aanncchhee llee ssuuee sscceellttee aarrttiissttiicchhee??Certo, tante cose sono cambiate. Non solo per quanto riguarda le mie scelte arti-

stiche. Per molti, lo so, io sono ancora quella del film di Tinto Brass. Ma quell’e-sperienza mi ha insegnato moltissimo. E prima di tutto mi ha fatto capire che non sipuò essere famosi solo per la propria bellezza fisica. Dentro ogni essere umano c’èmolto di più. Dobbiamo lavorare sui nostri talenti e accrescerli. Per me, questo hasignificato studiare recitazione e dizione, impegnarmi fino in fondo nel lavoro, sce-gliere in qualche caso di stare ferma, piuttosto che accettare cose discutibili.Insomma, anche certe scelte, che ora appaiono discutibili, aiutano a crescere.

CCoommee ssii rraappppoorrttaa aa DDiioo DDeebboorraa CCaapprriioogglliioo??Anche in questo sono fondamentalmente cambiata. Per esempio nelle mie preghie-re prima chiedevo soltanto, oggi sono capace di ringraziare per quanto ho ricevu-to e di pensare anche alle necessità degli altri. La vita matrimoniale ha completatoquesto percorso e la particolare spiritualità dell’Opus Dei (cioè la santificazioneattraverso il lavoro) mi ha insegnato a coniugare fede e lavoro, che in altre fasi dellamia vita consideravo nettamente distinte. L’esempio tipico che faccio sempre par-lando di queste cose è la scelta dei ruoli. Mai più certe cose. Ovviamente nessunaparte blasfema, ma personaggi con profili psicologici importanti e soprattutto chetrasmettano, loro personalmente o per l’opera in cui sono inseriti, insegnamenti posi-tivi.

ÈÈ ssttaattoo ccoossìì aanncchhee nneell ccaassoo ddeellllaa rreecceennttee ffiiccttiioonn ddii RRaaiiuunnoo ““QQuueessttoo nnoossttrroo aammoorree””,,ccoonn NNeerrii MMaarrccoorrèè ee AAnnnnaa VVaallllee,, iinn ccuuii lleeii iinntteerrpprreettaa iill rruuoolloo ddeellllaa mmoogglliiee cchhee rriittoorr--nnaa ddooppoo ttaannttoo tteemmppoo ee iinn ccuuii ssii ppoottrreebbbbee ssccoorrggeerree ddaa uunn llaattoo uunnoo ssppoott aa ffaavvoorree ddeellddiivvoorrzziioo ee ddaallll’’aallttrroo uunnaa ccrriittiiccaa aall mmoonnddoo ccaattttoolliiccoo rraapppprreesseennttaattoo ccoommee bbiiggoottttoo ee ppeerr--bbeenniissttaa??

No, non era uno spot a favore del divorzio. Tra l’altro nella fiction si parlava dinullità matrimoniale e il mio personaggio non era cattivo. Si trattava di una donnache a suo tempo aveva fatto degli errori e che, vent’anni dopo cercava di metterviriparo. Quando però si è resa conto che le sue pretese, al limite ammissibili sotto ilprofilo squisitamente legale, configgevano con i diritti acquisiti da altre persone,soprattutto i bambini, si è tirata indietro. Insomma soprattutto di fronte alla scopertache il marito aveva avuto dei figli con la sua compagna, dentro di lei è scattata unamolla buona e ha concesso la possibilità di ottenere la nullità matrimoniale.

IInnssiieemmee ccoonn llaa ffeeddee hhaa ssccooppeerrttoo aanncchhee cchhee llaa vviittaa èè vvooccaazziioonnee??Sì, mi sono sentita chiamata al matrimonio e ho corrisposto a questa vocazione,

che ogni giorno cerco di rinnovare insieme a mio marito. Da quando ci siamo spo-sati andiamo a Messa tutte le domeniche e non ci vergogniamo di dirlo.

EE ppeerr iill ffuuttuurroo?? Mi piacerebbe interpretare un film in costume – risponde l’attrice –. E intanto ho

fatto “La donna di garbo” di Goldoni al Parioli, insieme con Marco Messeri. Poi,perché no, vorrei interpretare anche la vita di qualche santa».

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le interviste

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recente passato. Non solo con il pirotecnico prede-cessore, ma soprattutto con i vizi degradanti dellaSeconda Repubblica, erede diretta della Prima.

Capire e decifrare la discontinuità rappresentatadal governo tecnico serve anche a spiegare perché il“montismo” abbia fatto breccia nell’opinione pubblicaitaliana, e in particolare in quella porzione significati-va della società civile che è costituita dal mondo cat-tolico. I credenti, infatti, sembrano apprezzare, forsepiù di altri, la ricetta montiana. Consensi a Monti sem-brano anche venire dai vertici vaticani e dellaConferenza episcopale italiana. Individuarne le ragio-ni può aiutarci ad orientarci meglio in questa stagionedifficile.

Innanzitutto il rispetto della verità. È questo il primoelemento del “montismo” largamente apprezzato. IlPaese ha tirato un sospiro di sollievo, dopo anni dipropaganda e di menzogna programmatica. Quandoun giorno gli storici analizzeranno il berlusconismo,forse potranno scrivere una pagina così titolabile: “IlRegime della Comunicazione”. Dove il racconto pub-blico non era esattamente rispondente ai dati di real-tà, ma veniva metodicamente riletto e ripresentato alpopolo nella versione edulcorata del governo e dellasua maggioranza. Un’autentica illusione ottica chenon ha risparmiato tutte le altre forze in campo, che sisono adattate ad un confronto politico su un terrenofalsato e avvelenato. Non offrendo, oggettivamente, ilmeglio di sé.

Monti, invece, sin dall’esordio ha preferito la veritànuda e disarmante: “L’Italia è sull’orlo del fallimento eper salvarla il mio governo chiederà grandi sacrifici”.A questa affermazione impietosa, come sappiamo,sono seguiti i fatti. Dolorosi per tutti. Ma per onestà varicordato che, nella Prima come nella SecondaRepubblica, la politica ha interpretato la propria fun-zione come gestione del denaro pubblico. Ha così pre-miato corporazioni e clientele ed anche se stessa,facendo un ricorso indiscriminato e irresponsabile all’in-debitamento. Con Monti possiamo dire che “la festa èfinita”. Infatti, non si possono chiedere sacrifici al Paesee continuare nello sperpero del denaro pubblico.

Nell’immaginario collettivo l’Italia è pas-sata dal carnevale perpetuo del berlu-sconismo alla quaresima del “monti-

smo”. C’è un fondo di verità in questo fermo-immagi-ne che sintetizza quanto è accaduto nel nostro Paesenel volgere di un solo anno. Di sicuro, sappiamo cheMario Monti ha riscritto con realismo e pazienza l’a-genda del Paese, con l’obiettivo di mettere in sicurez-za il bilancio dello Stato e recuperare quella credibili-tà internazionale che può garantirci il rifinanziamentodell’enorme debito pubblico (quasi 2mila miliardi dieuro) che grava su tutti noi.

Dunque può essere utile ragionare sul “montismo”che, sia chiaro, non è una categoria dello spirito.Piuttosto, uno stile di governo (pensate alle ironie sulloden del premier approdate persino al festival diSanremo) che ha segnato un vallo di discontinuità col

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cultura

«montismo» o no?di Domenico delle Foglie

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non è un esercizio facile o trascurabile. Il perseguirela giustizia sociale, ad esempio attraverso una lottasenza quartiere all’evasione fiscale, oggettivamenterientra in questo orizzonte di traduzione della propriafede senza bisogno di sbandierarla. Forse in quest’ot-tica va persino inquadrata la scelta del governo Montidi applicare, con tutte le cautele necessarie, l’Imuanche agli immobili commerciali della Chiesa. Senzaperaltro entrare in rotta di collisione né con l’Europache la pretendeva, né con la Chiesa che la subiva. Unpiccolo capolavoro di realismo che ci auguriamopossa, con le opportune modifiche, non penalizzare ilmondo vasto del sociale.

Ricapitolando: rispetto della verità, sobrietà e serie-tà. Quanto basta per convincere tanti italiani sullanecessità e validità delle ricette montiane che dovreb-bero portarci fuori dalla più grande crisi finanziaria edeconomica del dopoguerra. Certo, se mai un Montibis ci sarà, molto si dovrà alle simpatie e ai consensiche il premier si è conquistato fra i ceti popolari e frai credenti. Guai a catalogare Monti come il prodottodelle tecnocrazie. Se così fosse, crediamo che lui stes-so si sentirebbe tradito. E noi tutti insieme con lui.Piuttosto, gli chiediamo di volgere lo sguardo con sem-pre maggiore attenzione ai ceti popolari e alla fami-glie in grande sofferenza. Un segnale di equità perloro, nel 2013, sarebbe frutto di saggezza politica.

In secondo luogo, la sobrietà. Il “montismo” è unostile che sposa la sobrietà come metodo. Basti pen-sare alle brevi vacanze in montagna con la famiglia(ricordano più De Gasperi che le feste in CostaSmeralda) e al crollo dell’utilizzo degli aerei diStato. Piccole cose? No, se è vero che l’antipoliticaè cresciuta esattamente a causa dello sfoggio di ric-chezza e potere da parte dei politici, oggi tutti acco-munati sotto l’etichetta di approfittatori, se non addi-rittura di “ladroni”. Ma la sobrietà sta anche nellamisura delle parole e più in generale nella comuni-cazione pubblica. Il “montismo” non prevede offeseo risse, al massimo l’uso dell’ironia di stampo anglo-sassone. Eppure il premier, dinanzi a certe specula-zioni giornalistiche sulle sue battute, si è persinoripromesso, con l’avvicinarsi della campagna eletto-rale, di farne a meno. Monti ha inoltre cercato diestendere la sobrietà a tutti i comportamenti di gover-no. E, al momento, non ci sono stati né scandali néeccessive sovraesposizioni.

Infine la serietà. I tempi seri e severi che vive ilPaese, esigono persone serie. Monti certamente lo è.Il suo passato testimonia la serietà personale, figlia diuna borghesia lombarda che non esibisce la fede cat-tolica, ma cerca di viverla nell’ordinario. Anche la tra-duzione della propria fede religiosa in atti di governoimpregnati di profonda laicità, come è giusto che sia,

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il serrano n. 128

Vi è un tempo che èqualificato come par-ticolare, e che è

segnato dall’evento dell’in-carnazione del Figlio di Dio:«Quando venne la pienezza deltempo, Dio mandò il suo Figlio»(Gal 4,4).

Così come vi è un tempo par-ticolare, vi è un luogo particola-re: la nascita di Gesù rimandaalla cittadina di Betlemme, la‘casa del pane’.

A Betlemme, Dio che nessunoprima aveva visto si rende visibi-le nel volto di un Bimbo (cf. Gv1,18), stravolgendo tutti i criteriumani: proprio Colui che domi-nerà e regnerà per sempre èposto, inerme, nelle mani diMaria e Giuseppe. Nella ‘casadel pane’, si offre colui che,quale Pane di vita (cf. Gv 6), èdonato per noi e posto nellenostre mani. Il piccolo è al cen-tro della scena, così come tutti i‘piccoli’ dovrebbero ritrovarsi alcentro della nostra attenzione.

A Betlemme, luogo dellanascita del Dio Bambino, ope-rano, tra le tante realtà curateda religiosi, il Baby Hospital cheè l’unico centro pediatrico deiterritori palestinesi, e la Crèche,cioè ‘presepio’, l’orfanatrofioche accoglie bimbi abbandona-ti e se ne prende cura. Questestrutture sono punto di riferimentonel territorio palestinese che si

trova in condizioni di disagio edi povertà. Vi sono l’accoglien-za della vita e la sua custodia.Ancora può essere annunziatauna grande gioia!

I pastori, all’annunzio dell’an-gelo, si recarono a Betlemme:«Andiamo… fino a Betlemme,vediamo questo avvenimentoche il Signore ci ha fatto cono-scere» (Lc 2,15). Ogni anno,nella notte di Natale, gruppi difedeli si recano a piedi daGerusalemme a Betlemme –attraversando i campi, e nonseguendo la strada asfaltata –per celebrare l’evento dellanascita del Salvatore. È unbreve percorso, di circa 8 Km,ma è segno di un camminoverso Colui che gli angeli annun-ziarono come il Salvatore:«Oggi, nella città di Davide ènato per voi un Salvatore, che èCristo Signore» (Lc 2,11).

Oggi la città di Betlemme faparte del territorio palestinese e,per arrivarvi, si deve passareattraverso un controllo: un murochiude il territorio palestinese elo divide dal territorio dello Statodi Israele. È uno dei motivi disconcerto per ogni pellegrinoche si reca in Terra Santa: laterra è divisa e contesa, e dal1948 ad oggi non si è ancoraarrivati ad una ‘pace duratura’,da tutti auspicata. Le notizierecenti degli eventi occorsi tra lo

«quandovennelapienezzadeltempo...»La nascita di Gesùin una grotta,spesso suscitadei sentimentidi attenzione versoi più poveri nelperiodo delle festenatalizie, ancheda parte di chicon i suoi sprechinon si accorgedi aggravarela condizione dicoloro che sonomiseri: la corsaalle compereè in contraddizionecon la povertàdi quel Bambinonato a Betlemme!

riflessioni di natale

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Stato di Israele e il territorio diGaza fanno percepire come sianonecessari il concorso di tutti, il dia-logo, la disponibilità per giungeread accordi per una pace reale eduratura nel rispetto di tutti. Le paro-le del coro degli angeli, «pace agliuomini» (Lc 2,14), si fanno auspi-cio, desiderio, attesa. Vengono inmente le parole del Salmo 122,6:«Chiedete pace per Gerusalemme:vivano in pace quelli che tiamano»; è un invito a pregare perla pace che viene dalle parole stes-se della sacra Scrittura.

Nel narrare l’evento della nasci-ta di Gesù, i testi di Matteo e Lucamettono in evidenza che i primidestinatari della lieta notizia sonogli emarginati e gli stranieri, e que-sti la accolgono con gioia. I pasto-ri, emarginati dal contesto sociale,accolgono l’annunzio e si dirigonoverso il Bambino segno della gioialoro annunziata; i Magi si prostra-no davanti al Re che è nato; men-tre gli abitanti di Gerusalemme –che aspettavano il Messia – nehanno paura.

Nel 2001 nel tempo di Nataleero presso una parrocchia aTamale, in Ghana: nella notte delCapodanno una celebrazioneeucaristica festosa ha accompa-gnato il passaggio da un anno alnuovo. Durante la celebrazione si èmessa in risalto l’accoglienza reci-proca nel nuovo anno; è seguito unmomento semplice di convivialità

con dei gustosi pezzetti di pollo edella birra, per lo scambio degliauguri. Il giorno dopo, al mattino,ci si è recati dal capo villaggio perfargli gli auguri: si trattava di unmusulmano che ha gradito gliauguri e i canti, sottolineando chegli piaceva intrattenersi con i cri-stiani, perché non portano conflitti.Nel pomeriggio un catechistaaveva organizzato nel suo villag-gio una festa: un incontro condanze ritmate da tamburi. UnNatale e una festa di Capodannointensi e gioiosi, nella semplicità:indimenticabili!

È giusto nei giorni di Natalericordarsi dei più poveri, masarebbe opportuno estenderequesta attenzione agli altri giornidell’anno, soprattutto correggen-do quei comportamenti che sonocausa di impoverimento per ipaesi poveri. Si può cominciarecol modificare l’uso degli acquistiper i regali, per esempio, utiliz-zando oggetti offerti dal commer-cio equo e solidale nelle variebotteghe presenti nel nostro terri-torio: si unirebbe così al donoalla persona cara una attenzioneverso i più poveri. E se poi dall’e-vento della festa si opera un cam-biamento più duraturo, si fa diven-tare un episodio una vera ‘occa-sione’, molto più che un acquistoconveniente!

Nonostante durante le festeemergano il frastuono, l’eccesso

di cibo, lo spreco, permane ilvalore del raduno familiare.Infatti, il tempo delle vacanzenatalizie si caratterizza per i radu-ni in famiglia, e questo è certa-mente positivo; per alcuni è peròun fatto isolato, rispetto ad unanno in cui i rapporti interperso-nali sono generalmente affrettati.E vi sono anche coloro che pro-prio nel periodo delle feste siaccorgono di essere particolar-mente soli. Non ci dovrebbe esse-re spazio per la tristezza nel gior-no che celebra il Signore cheviene: così si esprime san LeoneMagno.

Comunque, l’arte bizantina rap-presenta il Bimbo avvolto nellefasce tipiche della sepoltura: quelBimbo è lo stesso che offre la suavita per tutti. Quindi il messaggiodel Natale è forte, anche se pienodi dolcezza: da una parte inteneri-sce il ricordo del Bimbo deposto infasce in una mangiatoia, mentrenon si perde di vista che quelBambino compirà la sua vita sullacroce.

Quando i pastori arrivarono allagrotta «trovarono Maria eGiuseppe e il bambino» (Lc 2,16).Accogliamo il Signore Gesù eprendiamo esempio da Maria cherimane in ascolto di quegli eventistraordinari (cf. Lc 2,19), e ci invitaad accoglierli nella meravigliadella fede.

MM..AA..LL..

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vissuta con molta sobrietà, poca esteriorità e nessunfanatismo. Ho sempre cercato di restare vicino a que-sto stile. Non mi sento, perché ho fede, migliore di chinon ce l’ha, mi ritengo solo molto più fortunato epenso che la fede si riconosca dalle opere, dai com-portamenti, non dalle etichette. Ho sempre frequenta-to Chiese e Parrocchie; a quattordici anni, a Siena,presso i Frati Cappuccini di Poggio al Vento, sonoentrato nella Gioventù Francescana. Quella è stata lamia palestra. Ho fatto esperienza di fraternità, volon-tariato in Missione (in Tanzania) e tante altre cose; daallora non è cambiata la mia scala di valori: ho sem-pre cercato di leggere in tutte le vicende della vita ildisegno che la Provvidenza ha per ognuno di noi.Certo, non sempre sono stato fedele, ma il potenterichiamo che viene direttamente da Cristo anche oggimi induce a migliorarmi e, soprattutto, a non lamen-tarmi troppo.

NNeellllaa ttuuaa vviittaa,, qquuaallee ffiigguurraa ddii rriiffeerriimmeennttoo ppeerr llaa ttuuaaccrreesscciittaa uummaannaa ee ssppiirriittuuaallee??

Le mie figure di riferimento sono numerose, ne hosempre avuto bisogno. Il mio babbo, che anche oggi,anzianissimo, distilla preziose pillole di saggezza; lamia mamma, dalla quale ho imparato che esiste unavirtù, ormai estinta o quasi: il buon senso; mia moglie,Luana, senza la quale non riesco neppure a pensarmi;il mio Padre spirituale, FràCorrado Trivelli, unCappuccino livornese per 36 anni a Siena, decedutolo scorso anno, da anziano, in un tragico incidentestradale proprio in quella Tanzania che mi aveva fattoconoscere. Anche oggi il mio comportamento lo ispi-ro ai suoi insegnamenti di francescano gioioso, entu-siasta, concreto, positivo, dolce e severo, pronto all’i-ronia. I cattolici impegnati, cosiddetti, a volte si pren-dono troppo sul serio. La vita cristiana richiede scelte

UUnnaa ccoonnvveerrssaazziioonnee ccoonn iill PPrreessiiddeennttee nnaazziioonnaallee Tra amici è sempre interessante conversare ed io,

in prossimità del S. Natale, rivolgo ad Antonio Ciaccialcune domande per conoscere meglio chi guida ilnostro Movimento, anche a beneficio di quanti nonfrequentano il Cnis e non possono parlargli da vicino.Ha la responsabilità di “traghettare” il Serra Italia inquesto difficile momento storico di crisi sociale, eco-nomica ma soprattutto antropologica, in cui tutti i valo-ri sembrano perduti in una società liquida e tendenteall’individualismo. Consapevole di quanto sia delica-to il suo compito istituzionale, ma certa che lo assol-verà con fermezza e con discrezione, come è il suostile relazionale, provo a chiedergli di raccontarsi e diraccontare i suoi prossimi impegni.

AAnnttoonniioo CCiiaaccccii,, cchhii èè??Sono nato a Montalcino (SI) il 22/12/1952, spo-

sato con Luana dal 1982,ho una figlia, Maria Teresa,laureata in lettere ed esperta di editoria informatica,prossima alle nozze con Dario, medico anestesista.Avvocato a Siena dal 1976, Vicepresidente delConsiglio dell’Ordine degli Avvocati di Siena,Giudice della Commissione Tributaria Regionale diFirenze, appassionato ciclista e contradaiolodell’Istrice.

AA cchhii ddeevvii llaa ttuuaa ffoorrmmaazziioonnee rreelliiggiioossaa??Il mio babbo e la mia mamma (l’uno direttore didat-

tico, oggi 93 anni, l’altra maestra elementare, morta31 anni fa) mi hanno educato e trasmesso la lorofede, testimoniandola con il loro esempio; una fede

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leggere la provvidenzanelle vicende della vita

LLaa mmiissssiioonn ddeell SSeerrrraa,, nneellll’’aannnnoo ddeellllaa FFeeddee,, èè qquueellllaa ddii ooggnnii bbaatt--tteezzzzaattoo cchhee vvoogglliiaa ddaarree sseennssoo ccoommppiiuuttoo aall ssuuoo BBaatttteessiimmoo.. ÈÈsseemmpplliiccee aa ddiirrssii,, ddiiffffiicciillee aa ffaarrssii;; mmaa llaa FFeeddee mmuuoovvee llee mmoonnttaa--

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nati a spengersi come fuochi di paglia. Molti, anchedi coloro che hanno posti di responsabilità nei Club,nei Distretti, nel CNIS, in realtà non hanno capitobene cosa sia il Serra. Dobbiamo rivolgerci ad uncerto target di persone (professionisti, imprenditori,medici, docenti, funzionari ecc.) che, come diceva ilCard. Siri (padre del Serra italiano), magari non tro-vano congeniali altri gruppi e che possono megliotestimoniare la loro fede con lo stile tipico dei Club ser-vice, con quel certo understatemen raro nei gruppi cat-tolici, e così rivolgersi al mondo esterno. Oggettodella nostra azione è il mondo laico, spesso laicista,dove occorre che si apprezzino i valori universali cheil cristianesimo propugna (pace, giustizia, solidarietà)per creare ambienti culturali favorevoli alle vocazionidi speciale consacrazione. Se riuscissi a far percepirel’essenza di tale specificità, mi riterrei molto soddisfat-to e convinto; da qui potremmo ben proseguire ilnostro viaggio o, se ci fossimo fermati,ripartire.

EE ssee qquuaallccuunnoo ttii ddoommaannddaassssee:: ””CChhee ffaa uunn bbuuoonnSSeerrrraannoo””??

Un buon serrano è un buon cristiano convinto econtento di essere nel Serra, che si trova bene inamicizia ed ha a cuore le vocazioni, operando con-cretamente per favorirle e sostenerle, che sceglie ditestimoniare con coraggio e nella vita reale il propriocredo. Un buon serrano è un uomo concreto, chesceglie il servizio come missione e non ha paura dimanifestarsi liberamente. Chi, invece, entra nel clubper aggiungere un distintivo a quelli che ha, per pas-sare un po’ di tempo o, peggio, per acquisire visibi-lità’ e conoscenze utili ai propri fini, forse ha propriosbagliato indirizzo.

II ppuunnttii ccaarrddiinnee ddeell ttuuoo mmaannddaattoo,, ppuuooii rriiaassssuummeerrllii iinnuunn’’eesspprreessssiioonnee??

Il mio mandato sarà ispirato a rigenerare entusia-smo fra i soci; vorrei che essere serrano fosse consi-derato bello e divertente perché si sta fra amici e sifanno cose buone.

Al nostro Presidente, che con semplicità e schiet-tezza ci ha raccontato aspetti della sua vita professio-nale e familiare,svelando con quali sentimenti intendeperseguire i suoi propositi, auguro buon cammino,nella certezza che persevererà nell’impegno di riac-cendere l’entusiasmo nei cuori tiepidi e di rinnovarel’amicizia tra noi serrani, che è il primo motore dellanostra avventura umana. Buon Natale!

MMaarriiaa LLuuiissaa CCooppppoollaa

radicali e difficili, ma dev’essere vissuta con legge-rezza e nella concretezza. Infine l’Avv. Luigi Becchi, ilmio maestro professionale; era molto lontano dal cat-tolicesimo impegnato, ma testimone instancabile delvalore del lavoro, dell’etica professionale, dell’amici-zia. Conosceva il mondo e non si faceva illusioni, maera un ottimista, credeva nelle persone e, quindi, con-fidava nel futuro, aveva fede.

QQuuaannddoo sseeii eennttrraattoo nneell SSeerrrraa,, cchhii ttee nnee aavveevvaa ppaarrllaattoo??Nel Serra ci sono entrato presto, avevo 37 anni.

Ero un avvocato abbastanza giovane e me ne parlònientemeno che il Presidente del Tribunale di Siena,Lorenzo Ponticelli, persona nota in città per il proprioimpegno cristiano. Mi presentai un po’ timoroso, pen-sando chissà cosa di quel gruppo di “notabili” che miparevano molto austeri e ingessati nel loro ruolo.Bastò una conviviale per capire che il fondamento erauna sana e simpatica amicizia, ispirata ad una vitacristiana coerente. Poi, grazie all’amicizia con SergioPicciolini, ebbi una vera scuola serrana: Presidente,Governatore, Consigliere Nazionale ed oggi...lagatta da pelare della Presidenza Nazionale. Credo,però, di sapere bene cosa sia il Serra e questo miaiuta molto.

HHaaii uunn oonnoorree eedd uunn oonneerree:: gguuiiddaarree iill MMoovviimmeennttoo ppeerruunn bbiieennnniioo.. QQuuaallii llee ttuuee pprriioorriittàà??

Le mie priorità le ho espresse in due slogan lancia-ti all’inizio del mio mandato: “Parlare poco ed opera-re molto”, “Estensione o estinzione”. Sembra semplici-stico, ma dobbiamo creare eventi e curare la forma-zione dei soci perché essi aumentino e il movimentovada avanti. Non credo ai progetti troppo ambiziosi,che magari provocano entusiasmi momentanei desti-

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vita del serra

leggere la provvidenzanelle vicende della vita

ggnnee.. PPrreegghhiieerraa,, aazziioonnee ee ccoonnccrreettaa vviicciinnaannzzaa aaii ssaacceerrddoottii,, aaii rreellii--ggiioossii,, aaii sseemmiinnaarriissttii.. VViivveerree ccoonn ccrreeaattiivviittàà uunn rriinnnnoovvaammeennttoo ddeeiivvaalloorrii eetteerrnnii cchhee iill SSiiggnnoorree hhaa iimmpprreessssoo nneellllee nnoossttrree aanniimmee..

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la confessionee le indulgenze

Definito nel Catechismo della Chiesa Cattolica il sacramento dellaPenitenza e della Riconciliazione perché concede la remissione dei pec-cati e riconcilia il peccatore con Dio, la Confessione è il processo di purifi-

cazione che consente la riammissione allo stato di grazia di chi è venuto meno ai precettidella conversione ricevuti con il Battesimo.

a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi nonli rimetterete resteranno non rimessi”. Gesù che è Dioe che ha il potere di rimettere i peccati, dona agliApostoli, e quindi alla Chiesa, l’esercizio di questostesso potere di rimettere i peccati.

Non c’è dubbio che il potere di assolvere o con-dannare sia un potere giudiziario e che per poterloesercitare è necessario che i peccati siano confessatialla Chiesa, e per la Chiesa ai sacerdoti che sono isuccessori degli Apostoli.

Una accurata analisi storica ci consente di asserirecome l’esercizio del sacramento della Confessione,dalle origini della Chiesa, sia stato assolto sempre dal-l’ordine sacerdotale.

Una prima traccia la troviamo sin dal I secolo nel“Didachè” o “Dottrina dei dodici Apostoli”, anti-chissimo scritto quasi contemporaneo ai Vangeli diMatteo, Marco e Luca, che rappresenta la sintesidell’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristoagli Apostoli, dove si legge: “nella Chiesa confes-serai i tuoi peccati”.

Un’altra traccia antica è quella di San Cipriano,Vescovo di Cartagine (205 d.C.), che rivolgendosi aicristiani li esorta con queste parole: “vi prego, fratelli,di confessare ciascuno il proprio delitto, mentre chi hapeccato è ancora su questa terra, mentre è ancorapossibile confessarsi, mentre la soddisfazione, comepure la remissione fatta per mezzo dei sacerdoti è gra-dita al Signore”.

Altre testimonianze autorevoli sono quelle di SanMetodio, (311 d.C.), Vescovo di Olimpo nella Licia:“al vescovo, sacerdote figlio del vero arcisacerdote,manifesti ognuno la sua propria piaga” e di San Basilio(379 d. C.), Vescovo di Cesarea: “i preposti dellaChiesa ricevono dai colpevoli la confessione dei lorosegreti di cui non è stato testimonio nessuno tranne Dio”.

La Confessione è chiamata anchesacramento del Perdono perché, attra-

verso l’assoluzione sacramentale del sacer-dote, Dio accorda al penitente il perdono e

la pace.Per i cattolici la Confessione è il sacramento più

ostico e difficile da accettare perché impone al peni-tente di rivelare i suoi peccati ad altra persona, anchese questi è un sacerdote, che è ministro di Dio, e nelsegreto confessionale. Sono molti, infatti, i credenti cherinunciano a confessarsi e partecipano ugualmente alsacramento dell’Eucarestia, perché ritengono che siapiù giusto chiedere direttamente perdono a Dio delleproprie colpe, come avviene per i protestanti, senza lamediazione del sacerdote. La rinuncia del mondo pro-testante al rito della Confessione è sostenuta dal con-vincimento che sia stata la Chiesa e non Gesù Cristoa istituire e imporre questo sacramento per ottenere ilperdono dei propri peccati.

Per rispondere a questa errata interpretazioneoccorre rifarsi alle Sacre Scritture dalle quali si evinceinconfutabilmente che non è stata la Chiesa a conce-pire il sacramento della Confessione ma lo stessoNostro Signore Gesù Cristo, perché solo Dio ha ilpotere di rimettere i peccati, e che l’esercizio di que-sto potere è stato affidato da Dio stesso a Cristo e,quindi, alla Chiesa.

Questo principio è stato assunto dal Concilio diTrento come verità dogmatica e per questo motivo chisi pone contro questa verità non manifesta tutta interala fede cattolica.

In un passo del Vangelo si legge di come Gesùesercitò questo potere divino dicendo al paralitico chegli Scribi gli avevano portato davanti: “ti siano rimes-si tuoi peccati” e di come abbia dato questo potereagli Apostoli quando disse: “ricevete lo Spirito Santo;

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attraverso le implorazioni ai martiri. Con il lorosacrificio, i martiri, in punto di morte, trasmettevanoal Vescovo una supplica, detta “supplices bellimartyrum”, con la quale si invocava l’applicazionedell’indulgenza a favore del penitente che ne avreb-be fatto richiesta.

In un secondo periodo, che si estende dall’VIII alXIV secolo, si pervenne a una attenuazione della seve-rità della penitenza, che da pubblica divenne privata,consentendo la concessione dell’indulgenza a quantiacquisivano meriti per la loro partecipazione a operedi misericordia, alle crociate e ai pellegrinaggi.Significativo di questo periodo è l’indulgenza conces-sa da Papa Bonifacio VIII in occasione del primoGiubileo nel 1300, applicata ai pellegrini che si fos-sero recati a Roma in visita alle Basiliche.

Il terzo periodo, che va dal XIV al XVI secolo,vide l’allargamento della pratica dell’indulgenza,che divenne un vero e proprio abuso quando fuintrodotta l’usanza di poterla ottenere con offerte didenaro a favore di opere di apostolato, le cosid-dette “oblationes”. L’errata convinzione che con leofferte di denaro era possibile liberarsi non soltantodalla pena temporale ma anche dalla colpa, smi-nuiva fortemente il concetto della Confessione e delPerdono e diede luogo a una dura reazione daparte di alcuni teologi, tra i quali San Tommasod’Aquiino, e allo scisma protestante di MartinLutero. Il “mercato delle indulgenze”, che tanti danniprocurò alla Chiesa, ebbe fine con il Concilio diTrento (1545-1563), che mise ordine agli abusi conl’abolizione della raccolta di denaro e con la riaf-fermazione delle dottrine della Chiesa.

Nel quarto periodo, che parte dal XVI secolo finoai nostri giorni, la concessione delle indulgenze èstata regolamentata dai Pontefici che si sono succedutisempre nel segno della continuità del significato origi-nario. L’ultima riforma in materia è stata quella di PapaPaolo VI che, con la Costituzione apostolica“Indulgentiarum doctrina et usus” del 1967, pone ifondamentali dottrinali delle indulgenze e contienenorme che ne regolano l’uso e la concessione. Nelredigere le nuove norme, si è cercato, in particolarmodo, di stabilire una nuova misura con l’indulgenzaparziale, di apportare una congrua riduzione al nume-ro delle indulgenze plenarie e di dare alle indulgenzecosiddette reali e locali una forma più semplice edignitosa. L’indulgenza è plenaria o parziale a secon-da che liberi in tutto o in parte dalla pena temporaledovuta per i peccati.

CCoossiimmoo LLaassoorrssaa

Conseguenza della confessione e dell’assoluzionedel peccatore è la remissione della colpa e dellapena eterna. Pur nella riconciliazione con Dio restano,tuttavia, gli effetti derivanti dalla natura stessa del pec-cato che necessitano di una successiva purificazione,la cosiddetta pena temporale. Per superare ed elimi-nare il debito della pena temporale, la Chiesa ha fattoricorso alle indulgenze.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’in-dulgenza “la remissione dinanzi a Dio della pena tem-porale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa,remissione che il fedele acquista per intervento dellaChiesa, la quale, come ministra della redenzione,autorativamente dispensa ed applica il tesoro dellesoddisfazioni di Cristo e dei santi”.

La storia delle indulgenze inizia con l’età apo-stolica, che si identifica con l’epoca dei dodiciApostoli. Nell’arco di tempo dall’età apostolica finoall’VIII secolo, il cammino della penitenza era pub-blico e comportava severe mortificazioni; in talecontesto le indulgenze avevano lo scopo di ottene-re una riduzione o la remissione della pena canoni-ca (privazione di un bene spirituale o temporale)

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vita del serra

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nazionale Ciacci a prendere la parola. Dopo uncortese saluto di ringraziamento, Ciacci ha espressoda par suo prima di tutto l’importante significato delpresente invito e della piena disponibilità deiserrania collaborare, quindi ha parlato degli scopie delle finalità del Movimento Serra,l’organizzazione, la sua storia; tutto questo graziealla fattiva collaborazione di tanti serrani autenticitestimoni e soprattutto di molti presbiteri da mons.Noli al Cardinal Siri fino all’attuale consulenteepiscopale italiano il Card. Sarajva Martins.

Da questa partecipazione del Presidente e del suodelegato Montagnani al Consiglio dell’UfficioNazionale per la Pastorale delle Vocazioni della CEI,

scaturisce anche un’altraimportante ffuunnzziioonnee ddiipprroommoozziioonnee,, e cioè che i SerraClub d’Italia, mediante laindispensabile opera deiGovernatori e di concerto con ilVice Presidente Nazionale alleVocazioni, Gino Cappellozza,facciano tutti la proposta-richiesta di nominare unrappresentante del Serra pressoi rispettivi Uffici Diocesani Italianiper la Pastorale Vocazionale.

La sessione di lavoro è poiproseguita con l’intervento delvice-direttore Don LeonardoD’Ascenzo. Ha fatto seguito lasuddivisione dei presenti in tregruppi di lavoro per riflettere sultema “Le Vocazionitestimonianza della Verità”(Caritas in Veritate, n.9).

Il Presidente Nazionale, Antonio Ciacci, conMario Montagnani, quale suo delegato, sonostati ospiti dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale

delle Vocazioni”. Si ricorda che il ConsiglioPermanente della Conferenza Episcopale Italiana(C.E.I.) il 29 settembre scorso ha ufficialmente integratotra gli Uffici della Segreteria Generale l’““UUffffiicciiooNNaazziioonnaallee ppeerr llaa PPaassttoorraallee ddeellllee VVooccaazziioonnii””((UUNNPPVV)),, inconsiderazione dell’evoluzione delle esigenzepastorali e dell’esperienza maturata nel tempo.

I rappresentanti del Serra hanno ricevuto unastraordinaria accoglienza, particolarmentecalorosa dal confermato Direttore Mons. DomenicoDal Molin, dal vice direttore Don LeonardoD’ascenzo, dal personaledell’Ufficio e dai numerosisacerdoti provenienti da tuttaItalia. Nel corso del Con-siglio sono intervenuti iiDirettori Regionali Vocazionaliche hanno riferito sullasituazione attuale della Pa-storale Vocazionale nellapropria regione con commentie proposte. Ha fatto seguitoun’ampia e approfonditadiscussione con i vari relatori ein ultimo una nota di sintesi delDirettore Mons. Domenico DalMolin auspicando sempremaggiore unione con i laici, econcludendo che “bisognaquindi rimboccarsi le manichee risolvere i problemi”.

A questo punto Mons. DalMolin ha invitato il Presidente

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vita del serra

il serra in visitaall’ufficio nazionale perla pastorale delle vocazioni

MonsignorNico Dal Molin

di Mario Montagnani

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il serrae il sostegno economicoalla chiesa

È necessario innanzi tutto ricordare ai parroci e aireferenti parrocchiali incaricati per il sostentamentoalla Chiesa e ai suoi Sacerdoti di utilizzare con impe-gno i sussidi messi a disposizione da parte delServizio nazionale della Cei, e di spendere in questiultimi giorni dell’anno qualche parola per ricordare ildovere che i cristiani hanno di “sovvenire alle neces-sità della Chiesa”. Il che significa anche contribuire alsostentamento dei loro sacerdoti.

Siamo consapevoli delle difficoltà che stannoincontrando le famiglie italiane e insieme ad esseanche le nostre parrocchie; proprio per questo ènecessario che tutti facciano la loro parte perché conil poco di molti si può fare tanto.

La Chiesa ha fiducia della comprensione e generosi-tà dei fedeli, che hanno sempre dato prova di affetto evicinanza ai preti. Certo oggi la situazione di crisi si fasentire e quindi potrebbe succedere che le Offerte per ipropri Sacerdoti, che vivono per darci i Sacramenti, pre-dicarci la bellezza del Vangelo, aiutare i bisognosi, pos-sano ridursi. È importante che i preti stessi non temano difar conoscere ai fedeli il modo e il mezzo per il lorosostentamento per vivere dignitosamente.

Aiutiamoli in questa forma di comunicazione cheper alcuni di loro potrebbe risultare non facile.

In questi ultimi giorni di dicembre il Serra Club Italiachiede uno sforzo finale per sensibilizzare alla raccol-ta di fondi per il sostentamento del clero nella formadi solidarietà nazionale.

La quarta di copertina del Serrano (questa rivista)riporta uno spot di pronta efficacia.

L’emolumento mensile del prete, anche con il con-tributo delle offerte dei fedeli (che lo scorso anno nonhanno superato il 2,5% delle necessità) è compresotra 800 euro mensili, per il prete giovane e 1400euro per il vescovo all’età dei 75 anni. Tutti, in ugua-le misura! Sia per il prete, parroco di una parrocchiacittadina di 5000 anime, che per il parroco di unaparrocchia di 100 persone, magari in condizioni dis-agiate e povere del territorio nazionale.

I Serrani si devono attivare per migliorare quelmisero due e cinque per cento, proprio in virtù del loroscopo ideale scritto nei loro statuti!

Desidero ricordare a me stesso, innanzitutto, e agli amici serrani italiani che loscopo essenziale del nostro essere serrani è

quello ben conosciuto di favorire e sostenere le voca-zioni al sacerdozio ministeriale…e sostenere i sacer-doti nel loro sacro ministero.

Sostenerli innanzi tutto con la preghiera, ma inco-raggiarli, valorizzare le loro vocazioni alla vita con-sacrata, nella nostra famiglia, nel luogo del nostrolavoro e in ogni circostanza della nostra vita quoti-diana. Siamo certi di fare ciò con costanza e soprat-tutto con la nostra testimonianza?

Siamo al termine dell’anno e come sempre vale lapena di verificare come quest’ impegno, nel sostene-re le vocazioni anche sul versante del sostegno eco-nomico ai Sacerdoti della Chiesa cattolica (che vivo-no accanto a noi e per noi cattolici serrani), lo ricor-diamo e soprattutto lo esercitiamo?

O frequentemente lo dimentichiamo? Dicendoci quanto siamo bravi cattolici noi fedeli,

quando incontriamo gli stessi sacerdoti o il nostroVescovo, magari nell’ incontro per lo scambio degliauguri natalizi?

La Giornata di sensibilizzazione per le offerte per isacerdoti, che quest’anno è stata celebrata domenica25 novembre, ha trovato nelle varie diocesi una verapartecipazione di noi credenti serrani nelle nostre par-rocchie? Si ha l’impressione che non sia data impor-tanza alla cosa e di conseguenza che i fedeli nonsiano aiutati da noi, come è scritto nel nostro impegnoassociativo, nel sostenere i sacerdoti anche per fareuna offerta per i sacerdoti.

Dispiace che non siano ancora conosciuti i mecca-nismi del sistema di sostegno economico alla Chiesa;non si sa, per esempio, che le offerte per i sacerdoti difatto liberano denaro per le finalità di culto e di carità.Questo disinteresse purtroppo diffuso sta diventandopure pericoloso, perché i discorsi contro la Chiesaanche a questo riguardo stanno aumentando e non civorrà molto ai politici di turno vendere il sistema attua-le di sostegno alla Chiesa per un pugno di voti.

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vita del serra

di Francesco Baratta

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Ogni percorso personale è unico, e la vocazionedi ciascuno si manifesta e si comprende per vie diver-se. Dio ha preparato ‘il meglio’ per ciascuno, e lo hapensato da sempre: una cosa per noi inimmaginabi-le, perché abbiamo categorie di tempo limitate. DiSara, di Geremia, di Paolo si legge che sono statiscelti ‘da sempre’ per una vocazione: Sara è statascelta dall’eternità per essere la sposa di Tobia (cf. Tb6,18); Geremia è stato plasmato-creato per essereprofeta (cf. Ger 1,3); Paolo è stato scelto fin dal grem-bo materno per essere testimone di Cristo Risorto tra leGenti (cf. Gal 1,15).

Il progetto di Dio è spesso diverso da quello checiascuno ha immaginato, ma sicuramente è il miglio-re. Nel Nuovo Testamento più volte si fa riferimento acose più grandi, migliori, da realizzare e a cui aspi-rare (cf. Gv 5,20; Eb 11,40).

Certamente i genitori vogliono ‘il meglio’ per i lorofigli, e per questo può sembrare strana la vicenda diSamuele e della sua vocazione, narrata in 1 Samuele3,1-20: Anna, la madre di Samuele, riconosce che ilfiglio è un dono e, così come lo ha ricevuto, lo offreal Signore (cf. 1 Sam 1,26-27). Potrebbe sembrareuna madre snaturata, perché lascia il fanciullo presso

di Maria Lo Presti

vocazione e vocazioni:percorsimolteplici,sempreapertialla novità

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vocazioni

il tempio del Signore, ma l’esito della vita di Samueleci dice che non è così: «Samuele crebbe e il Signorefu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sueparole. Perciò tutto Israele… seppe che Samuele erastato costituito profeta del Signore» (1 Sam 3,19-20).Samuele era nato per realizzare qualcosa di grande,e la generosità della madre pone le premesse perchéciò si realizzi: ogni persona non nasce per caso, ognivita è un dono, e per ciascuno Dio ha un progetto.

Nella Lettera ai Filippesi Paolo invita a discerneresempre ‘il meglio’ (cf. Fil 1,10). A volte si sceglie ciòche appare più semplice, anche se non potrà renderesoddisfatti appieno: il cuore dell’uomo ha desideri infi-niti, e non si accontenta facilmente.

Ciascuno dovrebbe incoraggiare a scoprire e col-tivare ciò che si va percependo come ‘il meglio’ perl’altro, anteponendo il bene altrui al proprio: il sacer-dote Eli comprese che il Signore chiamava il giovaneSamuele (cf. 1 Sam 3,8); e prima di Eli, la madreAnna, felice della maternità, non tenta di legare a séil figlio, che avrebbe potuto essere un conforto per leinella vecchiaia. I genitori non sono i ‘proprietari’ deifigli ma ne sono i custodi.

Mentre il genitore accompagna la crescita delfiglio, realizza la vocazione alla quale è chiamato nelmomento in cui riceve il dono della maternità-paterni-

tà. Così l’itinerario vocazionale di ciascuno si apre acontinue novità.

D’altra parte, non tutte le vocazioni si manifestanoin età giovanile, alcune si svelano o vengono ‘conse-gnate’ nel tempo: dopo un largo tratto della sua vita,un giorno Pietro pescatore è stato chiamato a diven-tare pescatore di uomini (cf. Lc 5,10); così una cop-pia, che è stata chiamata al matrimonio, riceve ad untratto una vocazione nuova con l’affidamento di untesoro prezioso, una vita nuova, come capita adAbramo e Sara (cf. Gen 18,1-15; 21,1-7), aZaccaria ed Elisabetta (cf. Lc 1,5-25.57-80). Allavocazione matrimoniale se ne aggiunge un’altra, especiale.

Anche Anna, madre di Samuele, ricevette ad uncerto punto della sua vita, quando sembrava che ciòle fosse precluso, la vocazione alla maternità e vi cor-rispose con gratitudine al Signore fonte di ogni dono.Paolo scrive che ogni paternità discende dal Padre:da lui ogni paternità nei cieli e sulla terra prendenome (cf. Ef 3,14). Paolo indica insieme l’origine e lapartecipazione ad un dono-compito grande. Ciò cheè prerogativa di Dio è da Lui stesso assegnato agliuomini: all’umanità è dato il compito di condurre ilcreato, al re di avere cura del popolo di Dio che neè il vero re, ai genitori di manifestare la maternità-paternità di Dio.

Per tutti, e così per genitori e figli, saranno spessogli eventi della vita a guidare il discernimento, a sol-lecitare delle scelte, a richiedere particolari e nuoviimpegni, aperti alla comprensione di ciò che ilSignore propone giorno per giorno.

In Paolo vi è un riferimento alla formazione ricevu-ta nel contesto familiare da Timoteo, quale fonte dellamaturazione della sua fede: «Mi ricordo… della tuaschietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tuamadre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche inte» (2 Tim 1,5). È posto in evidenza il valore dell’e-sempio e della testimonianza nel contesto familiare.

È nella quotidianità che si innestano quelle piccoleo grandi scelte che richiedono una risposta personale,mentre quotidianamente si invoca nella preghiera:«sia fatta la tua volontà» (Mt 6,10). Tale invocazioneè tipica del credente, di colui che realmente e costan-temente si affida a Dio, in lui ha fiducia, confida nelSignore che ha progetti di pace, di bene, di salvez-za. La fiducia nel Signore ispira ogni parola della pre-ghiera che Gesù ha insegnato.

In sintonia con ciò, emerge la risposta di Samuelealla voce del Signore che lo chiama, una rispostapronta: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1 Sam3,10).

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Nel primo incontro dell’anno, don Carlo Migliori, cappellano del Serra di Genova Nervi, ha introdotto il tema dell’anno sociale 2012/13,soffermandosi sul grande impegno cui siamo chiamati per la ri-evangelizzazione della società occidentale

L’anno della Fede, ha esordito don Carlo, è un tempo favorevole per riflettere sul calo dei cattolici praticanti in Occidente. E se è veroche con la crescita demografica aumentano i battezzati (17,4% della popolazione mondiale), sul modo di vivere la fede non disponiamo dinotizie altrettanto rassicuranti. Di qui l’urgenza di attivarci affinchè i cristiani tiepidi riescano a riappropriarsi della gioia della fede e a offri-re una testimonianza autentica del Vangelo!

Citando la prima omelia di Benedetto XVI, il relatore ha rilevato che spesso i cristiani si preoccupano più delle “conseguenze sociali, cul-turali e politiche del loro impegno“, ritenendo che la fede sia ancora “un presupposto ovvio del vivere (…), ma così non è.” Non solo quelpresupposto viene negato, ma in larghi strati sociali è venuto meno quel “tessuto culturale unitario“, che si richiamava ai contenuti e ai valo-ri della fede. E così “l’ambito delle certezze razionali” viene ridotto “a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche.” Ma per la Chiesanon ci sono conflitti tra fede e scienza “perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità.”

Don Carlo si è poi soffermato sulla Nota dottrinale che la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2007 ha dedicato alla ri-evan-gelizzazione di quanti hanno ricevuto l’annuncio del Vangelo ma vivono una fede superficiale, lontana dai Sacramenti e dalla Chiesa. È l’atei-smo debole, che si distingue dall’ateismo dogmatico: mentre quest’ultimo è stazionario, il primo è in continua crescita, anche a causa dellalimitata attuazione degli insegnamenti conciliari, secondo cui evangelizzare non è solo insegnare una dottrina, ma “annunciare il Signore Gesùcon parole e azioni.”

Ma oggi, osserva la Nota, si teme “di proporre ad altri ciò che si ritiene vero per sé“, come se ciò attentasse “alla libertà altrui.” Lalibertà, invece, se prescinde dall‘“inscindibile riferimento alla verità“, scivola nel relativismo, che non riconosce nulla come definitivo. E quan-do l’uomo non crede nella possibilità di conoscere la verità, finisce col perdere “ciò che in modo unico può avvincere la sua intelligenza” e ilsuo cuore. La ricerca della verità è personale, ma non solitaria… Chi ignora quanto trasmesso dalla propria cultura o scoperto da altri,rinuncia ad arricchire se stesso.

L’annuncio di Cristo rappresenta “una legittima offerta ed un servizio” capace di arricchire i rapporti fra gli uomini. Grazie al dono dellafede, intuisco la grandezza del progetto che dà senso e pienezza alla mia vita. E allora sento il bisogno di partecipare il dono che ho ricevu-to, senza con questo limitare la libertà dell’altro che, anzi, ne viene esaltata. Non solo, l’evangelizzazione, oltre ad arricchire i suoi destina-tari, ha un ritorno positivo per la Chiesa, attraverso l’inculturazione della fede.3 Lo Spirito Santo, protagonista dell‘inculturazione, rinnovanella storia l‘evento “della Pentecoste, che si arricchisce mediante la diversità dei linguaggi e delle culture.”

La Nota della Congregazione, in linea con i Padri conciliari, ritiene che la grazia, “che Dio dona attraverso “vie a Lui note”, può salvareanche i non cristiani. Ad essi, però, mancano due beni essenziali: la conoscenza del “vero volto di Dio e l’amicizia con Gesù Cristo, il Dio-con-noi.”

Il cappellano del Genova Nervi ha poi sottolineato come la totalità del dono di Gesù (fino alla morte di Croce) abbia contagiato i suoidiscepoli. Essi, infatti, nel continuare la sua missione, non di rado hanno affrontato il martirio. Il martirio cristiano, ancora diffuso in alcuniPaesi, è molto più di un donarsi per la causa, è un atto di amore estremo che il cristiano, a imitazione di Gesù, compie quando percepisceche si risolverà in un bene grande per gli altri. Il martirio, dunque, “dà credibilità ai testimoni, che non cercano potere o guadagno ma dona-no la propria vita per Cristo.”

Il relatore ha poi accennato alla conversione, affermando che essa implica “un cambiamento di mentalità e di azione“. È un cambiamen-to che, come ha testimoniato di sè san Paolo, equivale alla liberazione dal regno delle tenebre e all‘inizio di una “vita nuova in Cristo”, versoil quale tendiamo a identificarci. E la Chiesa, strumento del Regno di Dio, è già presenza del Signore nella storia, in attesa del pieno com-pimento, quando Egli sarà “tutto in tutti” Il Regno non è “una realtà generica“, ma la persona di Gesù, “immagine del Dio invisibile”(Redemptoris missio).

La Chiesa, i suoi pastori ma anche i laici, rileva Papa Ratzinger, hanno un impegno apostolico irrinunciabile, quello di mettersi in cam-mino per portare l’uomo fuori dal deserto, nella terra promessa ove troverà “Colui che ci dona la vita” E la dimensione ecumenica, osservala Nota, riguarda ogni fedele, “anzitutto mediante la preghiera, la penitenza, lo studio e la collaborazione.” Quando l’uomo conosce Gesù, haaggiunto don Carlo, non può non innamorarsi del suo messaggio! E scopre che Dio ci ha lasciato lo Spirito Santo, che è Amore e guida lanostra crescita umana e spirituale. Per il credente sono riconducibili all’azione dello Spirito anche le scoperte della scienza.

Il relatore, facendo suo il messaggio di speranza della Nota circa l’azione evangelizzatrice della Chiesa, ha rimarcato che “mai verrà amancarle la presenza del Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo.” Come ha scritto san Paolo “caritas Christi urget nos.” (2 Cor 5,14)La storia della Chiesa è ricca, anche nei periodi bui, di testimonianze luminose, di cristiani che hanno dato vita a iniziative e opere incredi-bili, con le quali hanno portato il Vangelo ”fino agli estremi confini della terra”. Il relativismo, oggi così diffuso in Occidente, alla fine non pre-varrà.

Don Carlo ha concluso il suo ampio intervento invitando i serrani, nell’Anno della fede, a vivere con coerenza la loro vocazione. Potrannocosì aiutare le donne e gli uomini dell’Occidente secolarizzato ad accogliere l’amore di Dio, presente in pienezza in Gesù crocifisso e Risorto.

Sergio Borrelli

La Fede: dal dono alla ricercanel mondo occidentale

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È una gioiosa giornata d’autunno – particolarmente calda – quella che ha accolto i serrani di Latina guidati dal neo presidente LidanoSerra. Don Libardo Rocha, vice cappellano del movimento Serra, dà il benvenuto ai convenuti. È intervenuto il nostro Vescovo, mons.Giuseppe Petrocchi. Hanno presenziato all’incontro il dott. Giovanni Sapia, Governatore del Distretto 72, e il prof. Ugo La Cava del C.N.I.S.L’introduzione ai lavori offerta dal Governatore Sapia, ha permesso di scorgere l’orizzonte di senso entro il quale inserire i vari temi; egli pre-cisa che l’antropologia del Serra non si pone in discontinuità del passato e della tradizione, ma, si aggancia ad una prospettiva evolutiva:“L’indizione dell’Anno della Fede il giorno 11 ottobre 2012 offre ai serrani l’accesso alla comunione trinitaria, rendendoli partecipi e testi-moni credibili di una missionarietà e di un diaconato consapevole della presente e travagliata fase di storia che stiamo attraversando”. Il50esimo del Concilio Vaticano II – che ha rinnovato la Chiesa e i suoi rapporti con il mondo – costituisce per i serrani l’occasione preziosae irripetibile per una rinnovata evangelizzazione. Il serrano è l’homo viator e, come il grande frate Serra che percorse a piedi 8.850 km evan-gelizzando e portando la Parola, è chiamato al dialogo, al confronto.

Il prof. Ugo Cava, sempre attento al segno dei tempi, dirige l’attenzione sulla relazione d’amore che deve permeare ogni azione del ser-rano. “Il suo carisma, l’attenzione ai giovani, ai seminaristi in particolare per seguirli e aiutarli a coniugare idealità e concretezza, è la diret-trice verso cui orientare, la nostra missione per il futuro. L’unità nella molteplicità”. Romano Guardini – pedagogista – scrive: parlare deigiovani significa aprire alla vita, incontrarla e dialogare con lei. L’uomo, qualunque sia la sua età, si sviluppa e procede nella realizzazione dise stesso. Il mondo giovanile è profondo e complesso, la sua sete d’infinito travalica il tempo: un deposito culturale immenso, una granderisorsa per il futuro del nostro paese”. Il professore richiama l’attenzione sulla fraternità che il Serra attiva attraverso la Fondazione JuniperoSerra promuovendo tramite attenta programmazione, con borse di studio e iniziative varie, il sostegno e l’assistenza ai sacerdoti anziani omalati. Ugo La Cava ricorda infine l’incontro ecumenico di Assisi – uno dei luoghi più significativi della spiritualità francescana – voluto daBenedetto XVI, che ha messo in evidenza come il credere sia il comune denominatore per la fede e lo stesso Papa ne ha sottolineato i puntidi connessione con l’altra ricorrenza ventennale del Catechismo della Chiesa cattolica.

Il presidente Lidano Serra, dopo il saluto, sollecita i soci alla costruzione di un sodalizio fraterno attraverso una rinnovata grammaticadel dialogo, capace di costruire nella reciprocità, la civiltà dell’amore. La partecipazione alla S. Messa celebrata dal Vescovo mons. Petrocchi,con il richiamo alla grandezza delle Beatitudini, ha costituito l’anelito di concordia non più assetato di primati personali, ma pronto alla dia-konia e al patrimonio prezioso dell’alterità come Levinas ci ricorda: “Io sono per gli altri”.

Sono i momenti così alti di con-vocazione e con-divisione che “offrono lo slancio alle generazioni di domani, ragioni di vita e di speranza”(Gaudium et Spes, 31).

Stella Laudadio Celentano

Nell’anno della Fedeil Serra rilancia la sfida dell’annuncio

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I soci del “Serra Club” di Udine si sono ritrovati nella chiesa di San Bernardino presso il Seminario Interdiocesano in Udine per assiste-re alla Messa solenne.

In occasione della prima riunione mensile del nuovo anno sociale i partecipanti con le gentili signore e graditi ospiti hanno salutato, inuna attigua saletta, don Dino Bressan che lascia l’incarico di assistente spirituale del Club a don Maurizio Zenarola nuovo Rettore delSeminario Interdiocesano di Castellerio.

Il Presidente uscente, dott. Cesare Alessandrini e quello entrante, ing. Sergio Satti, hanno ricordato le figure di due nostri soci recen-temente scomparsi, rag. Giovanni Biasutti e la signora Edvige Tonini Madrassi esaltandone le doti di carità cristiana.

Dopo i dovuti e sentitissimi ringraziamenti per il sempre attento e concreto contributo dato al nostro Club, da parte del Presidente,Satti, ha preso la parola, don Dino Bressan facendo notare come in questi dieci anni ci sia stato un avvicinamento sempre più stretto delSerra Club al Seminario attraverso frequenti visite grazie alle quali si sono rinsaldati i legami tra le persone. I seminaristi hanno moltoapprezzato tutto questo affiatamento al punto da chiedersi se questa esperienza poteva essere estesa anche ad altre Diocesi.

A conclusione, nell’augurare a don Dino Bressan i migliori auspici per l’incarico che andrà ad assumere nella forania di Variano, ilPresidente si è detto certo che egli avrà anche la gioia di osservare l’operato dei giovani preti da lui formati e di raccogliere così tutto quel-lo che ha seminato.

Alessandro Gelich

Catechesi di commiatodel nostro Cappellano don Bressan

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AuguriDon Fernando

“Compleanno di Don Fernando Fragola Arciprete della Parrocchiadi Chiusavecchia “Santi Biagio e Francesco di Sales”.

30 settembre 1920 / 2012:Novantadue anni.Chi puo dire quale sia il senso di una vita….. e di una vita così lunga?Una così lunga vita da parte mia merita stima silenziosa e un

inqueto grazie.

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Apertura anno socialeL’incontro si è tenuto c/o Villa S. Giuseppe e si è articolato

essenzialmente nella riunione di Consiglio, nella S. Messa e nellameditazione/riflessione guidata da Don Alberto, che ha illustrato lelinee guida del programma dell’anno, relativo al tema della Fede.

Nel commento finale Don Alberto ha riferito in sintesi l’obiettivodell’anno e il percorso che seguiremo per poter diventare veramente“ credenti”, in sintonia con l’anno della Fede voluto da Benedetto XVI.

Nella riunione di Consiglio, il Presidente Romano Gallizio e ilTesoriere Antonio Travaglio hanno presentato il rendiconto.

– È stato distribuito dal Presidente Romano Gallizio un docu-mento di riferimento relativo alle Commissioni del Club(Programmi, Estensioni, Vocazioni, Comunicazioni, Nomine,Finanze, Statuto e Regolamenti, Rapporti con i Club del nostro edaltri Distretti), contenente l’indicazione dei temi di attività propostie i nominativi coinvolti: è stata richiesta ai membri del Consiglio un’analisi critica con commenti e proposte.

– Sono state proposte le prime date di servizio di Portineria alSeminario Maggiore di Torino, e sono già state raccolti alcuni nomi-nativi (al solito n. 2 turni Domenicali 8.30-13; 13-18).

È stata quindi celebrata la S. Messa da Don Alberto Piola. Allafine della Celebrazione e dopo la cena, don Alberto ha provvedutoad evidenziare i principali aspetti del tema degli incontri di confe-renza e meditazione dell’anno: il tema della Fede ed in particolare ilpercorso da seguire per “diventare veramente credenti”, in sintoniacon l’anno della Fede voluto da Papa Benedetto XVI.

Il programma proposto da Don Alberto Piola si articola in unaserie di incontri su vari temi di grande attualità: dalla Fede nellasocietà secolarizzata, alle ragioni per credere,ai dubbi nel cammi-no di Fede, alla Fede come chiave per interpretare il male nelmondo,etc. Molto significativa la meditazione finale dell’incontro,ispirata da un brano del Cardinal Ballestrero: “Signore, lo dici Tu,credo, perché lo dici Tu”. R. G.

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Il 31 scorso si è svolto nel salone del San Paolo di Ovada lapre miazione delle classi vincitrici al concorso scolastico indettodal Serra Club acquese nell’anno sociale 2011/12.

Sono risultate vincitrici le ex classi 3ªA/3ªB e 5ªA/5ªB dellaScuola Primaria “Da Milano”. Gli alunni di queste classi hannorealiz zato significativi ed appropriati disegni sul tema propostodal Serra. Disegni riproducenti quindi le me raviglie del Creato,testimonianze di vita cristiana attraverso l’esem pio dei Santi,riferimenti impor tanti a passi della Bibbia e del Vangelo. Leclassi partecipanti al concorso si sono così classificate al primoposto regionale ed al terzo as soluto nazionale, ricevendo i rela-tivi attestati di merito. Vera mente tutti bravi i ragazzi per illavoro svolto con tanto impegno ed altrettanto brava l’inse-gnante di Religione Anna Nervo, che ha sviluppato e coordinatoassai bene l’insieme dei disegni. Il Serra club acquese fa partedel Distretto 69 - Piemonte; presidente è Michele Giugliano, ilpresidente eletto è Giulio Santi; past-president GiovanniOldrado Poggio mentre il Cappellano è il Vescovo diocesanomons. Pier Giorgio Micchiardi.

Ha precisato il dott. Pestarino che il Serra, a differenza de -gli altri gruppi similari di volon tariato (come i Lions e Ro tary) èanch’esso formato da laici di ispirazione cattolica ed ha aggiun-to: “Ogni mese si organizza un meeting e, tra i maggiori obiet -tivi, c’è quello di promuovere ed essere supporto alla vocazionesacerdotale, di aiutare,quindi, giovani studenti che manifestanola volontà di diventare sacerdoti. Un altro obiettivo da raggiun-gere è uscire dalle canoniche per diffondere i contenuti e gliargomenti del nostro gruppo, come stiamo ora facendo in que-sta sala”.

In precedenza il parroco don Giorgio aveva introdotto la ma -nifestazione, presentando le classi, accompagnate dall’inse -gnante Anna Nervo e dalla diri gente scolastica Patrizia Grillo.presente anche il vicesindaco Sabrina Caneva, con l’assessorePaolo Lantero; nel suo intervento il Vice sindaco anche comemadre ed inse gnante, si è basata sull’acqui sizione dei veri valo-ri della vita, di cui anche la scuola, come la famiglia, costituisceun veicolo assai importante. An che l’intervento della dott.ssaGrillo è servito sostanzialmen te a sottolineare il senso della vitaattraverso la conquista dei suoi giusti valori fondamentali.

Il Vescovo mons. Micchiardi, accompagnato dal Vicario dio -cesano don Paolino Siri, nel complimentarsi con l’insegnan teNervo e gli alunni per l’inte resse dimostrato e per l’alto valoredei bei disegni realizzati, ha sotto lineato, riferendosi inparticola re alla vita ed all’esempio dei Santi, “l’evidenza el’importan za di certi valori per cui la vita diventa bella e si rea-lizzano cose molto utili per la comunità”. Ha poi citato una frasemolto significativa della beata Chiara “Luce” Badano: “ColVangelo sotto braccio, possiamo fare tante cose”.

Michele GiuglianoGuiancarlo Callegaro

Premiatele classi vincitrici

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I compleanni dei longevi sono stati trasformati, nella societàmoderna in riti festosi pieni di auguri. Ma il solo numero degli anni èsenza senso.

Il senso della lunga vita di don Fragola non è nel numero di anni manella durata della sua – esplosione di amore – per coloro che l’hannoconosciuto, che lo conoscono e che gli sono vicino.

Don Fragola si erge ancora come – sentinella sugli spalti della cit-tadella cristiana... questo coriaceo sacerdote piemontese veglia anco-ra nell’oggi della storia della fede cattolica.

Vale per lui, come per ogni buon cristiano il versetto del salmo...“Insegnami, Signore, a saper contare i miei giorni ed avrò la sapienzanel cuore”.

A don Fernando Giuseppe Fragola porgo vivissimi auguri fraternianche a nome dei colleghi serrani – Il buon Dio gli conceda particolaridoni di Grazia e una serena “veneranda vita terrena”

Un Serrano d’occh.Lino Jacobino

MMaatteerraa 446633

«Fede»: dono o ricerca?“La fede e la ragione sono come due ali, con le quali lo spirito umanosi innalza verso la contemplazione della verità” è il tema che que-st’anno svolgeranno i ragazzi delle scuole del territorio in cui operail Serra Club di Matera e che parteciperanno al concorso scolasti-co diocesano abbinato alla seconda edizione del “Premio LetterarioMons. Francesco Saverio Conese”. Nell’aula magna del locale LiceoScientifico “Dante Alighieri” si è svolta la prima giornata del per-corso formativo propedeutico che è stata condotta da un giovane,qualificato sacerdote, don Ennio Tardioli.L’incontro con gli alunni referenti, tutor nella propria classe, è mira-to a mettere tutti i ragazzi che parteciperanno al concorso in condi-zione di affrontare e svolgere la non facile tematica concorsuale. Perquesta giornata di lavoro don Ennio ha trattato il tema: “Fede: donoo ricerca?” Proprio il punto di domanda è stato il cardine della con-versazione e delle riflessioni avute con i ragazzi ed il sacerdote perquesto ha addirittura ampliato il numero delle domande per portarei ragazzi ad una maggiore consapevolezza sulla contrapposizionedella fede alla ragione, atteso che la stessa non può conoscere tuttala realtà e che la fede non può avere timore dell’intelligenza e dellaragione. Fede e ragione sono entrambe virtù che provengono da Diocome doni elargiti a tutti con il sacramento del battesimo.Don Ennio si è poi intrattenuto, in un dibattito con un’ adolescentein crisi sul suo Credo. Il sacerdote ha citato i dubbi affrontati daSant’Agostino prima di approdare alla fede. Con la ragione ci si pon-gono tante domande, anche quelle che riguardano noi stessi. Poi ilsenso della fede e la fiducia in Dio dà la forza che consente di supe-rare ogni ostacolo.Alla fine del laboratorio sono stati posti ai ragazzi degli interrogati-vi con l’invito ad indicare le parole od i concetti che nella conversa-zione li hanno maggiormente interessati. Sorprendente, ma geniale, è stata la risposta di un ragazzo: “Fede:dono e ricerca”. Il semplice cambio di una vocale ha eliminato ilpunto di domanda. Lino Sabino

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Passaggio della campana tra il presidente uscente dott.Mario Di Bella e il nuovo designato avv. Salvatore Peluso.

Come da tradizione ormai irrinunciabile, l’incontro ha avutoinizio con la celebrazione della Santa Messa officiata dal vescovodella diocesi (e cappellano del club) mons. Antonino Raspanti, ilquale nell’omelia ha voluto soffermarsi sulla figura e sull’operaimponente della santa del giorno (15 ottobre), Teresa di Avila,ricordandone la infaticabile azione apostolica e il ruolo distraordinaria importanza nel cammino della Chiesa post-tridentina.

I lavori dell’assemblea del club hanno avuto come primorelatore l’uscente dott. Di Bella, che ha tracciato una sinteticame completa relazione sull’anno trascorso, un anno ricco direalizzazioni e iniziative; in particolare, egli ha accennato alconcorso riservato agli alunni ha avuto un esito esaltante per ilclub, il cui albo d’oro si è arricchito di una medaglia d’oro, grazieal primo premio nazionale assoluto conquistato dalla studentessaGrace Mary Chisari della scuola media “Galilei-Pirandello” diRiposto (alla quale è stato formalmente consegnato il premio).

Un caloroso indirizzo di ammirazione e di incoraggiamentorivolto ai presenti da S. Ecc. Mons. Raspanti ha concluso l’intensopomeriggio di lavori.

C.N.

AAcciirreeaallee 11003355

Concorso scolastico

Il 26 Novembre 2012 alle ore 15,30 inGenova, nei locali della Chiesa di SantoStefano, sono stati sorteggiati i premi dellalotteria della Fondazione Italiana BeatoJunipero Serra.

Risultano vincenti:

1° Premio - TV Samsung 32”n. 3566 Club di Assisi (Distretto 171)

2° Premio - iPAD 2 MC773n. 2354 Club di Catania ( Distretto 77)

3° Premio - Videocamera Sonyn. 2816 Club di Bologna (Distretto 76)

4° Premio - Cornice Digitale Kraun 15”n. 4084 Club di Lugano (Distretto 70)

5° Premio - Fotocamera Sonyn. 2006 Club di Aversa ( Distretto 72)

Lotteria F.I.B.J.S.

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Il pensiero di noi serrani livornesi verso le vocazioni sacerdotali vivrà un momento di massima sensibilità nella settimana dal 19 al 25Novembre, che la nostra Diocesi ha voluto dedicare al Seminario. Avvenimento che desta in noi riflessioni di particolare intensità.

Parlando di vocazioni, il Papa ha detto: “Ogni vocazione nasce dall’iniziativa di Dio, che ne fa dono e salvezza, regalando pace e amore inchi è chiamato a servirlo”.

La nostra città ha visto recentemente concretizzarsi questa iniziativa del Cielo, in un tempo livornese di rinascita delle vocazioni, realizza-ta con la vitalizzazione del Seminario di V. Galilei, guidato da Mons.Razzauti. È stato un segno insperato, il rinascere di un ambiente della fedee della speranza, che ha ripreso vita dopo un periodo di silenzio. Ci è d’obbligo ricordare... che tutto cio’ è frutto della volontà del nostroVescovo, del suo entusiasmo e delle sue illuminazioni.

In questo momento e in questa situazione, sarà ancora più importante che i laici operino, insieme a rinnovate preghiere, affinché il loroatteggiamento verso la vita cristiana e verso i seminaristi, manifesti accresciute quella tensione morale e quella sensibilità, che li facciacapaci di essere loro fratelli in ogni circostanza e in ogni situazione.

Sarà necessario che sappiano offrire questo esempio, con la costante consapevolezza di chi siamo.Se dobbiamo essere testimonianza, dobbiamo conoscere, ricordare, trasmettere.È imperativo ricordare sempre più la nostra identità e la nostra vocazione alla vicinanza col fratello. Gli antichi Romani non sapevano

bene come chiamare i primi cristiani, ma per indicarli li definivano “coloro che si vogliono bene”. Uno schietto e insolito riconoscimento, daparte di reggitori duri qual’erano i Romani, una attestazione ammirata da parte di un popolo pagano.

Di altre cose, oltre il ricordo, è nostro dovere conservare intatta, anzi accresciuta, la formidabile valenza. Su tutte primeggia il ricordodell’alba della cristianità. Duemila anni fa, in una terra di pastori, undici uomini furono inviati da soli in direzioni diverse, con l’unico ausiliodello Spirito Santo, in un mondo sconosciuto e spesso ostile… Undici….Chi, oltre ai pochi credenti, avrebbe creduto che i cristiani sareb-bero diventati cio’ che sono. Il primigenio Mare di Galilea è divenuto un oceano.

E ogni volta che l’Osservatore Romano spinge la sua voce fino ai confini del mondo, porta con sé lo stesso messaggio, la stessa frase,che spicca sempre sotto il titolo: ”Non praevalebunt”. Non prevarranno. È la citazione del passo del Vangelo, riferito alle forze del male, maè e deve essere il nostro viatico per ogni nostro pensiero, per ogni azione che ci riguardi. È l’imperitura fiducia che nutriamo nel braccio diDio.

Quante volte, forse troppe, sentiamo dire ” ci sono pochi seminaristi, ci sono pochi sacerdoti. Ma dobbiamo sapere, dobbiamo cono-scere, che questo non è vero in assoluto.

Si scorge certamente, nel nostro Occidente, una presenza sacerdotale che vorremmo più nutrita, più numerosa. Ma sulla Terra, in Paesilontani e fecondi, i cristiani stanno aumentando. Nei secoli, il lievito della chiamata ha visto crescere nuovi pani in posti differenti. È cosi’ancora adesso.

Quindi, fiducia, ricordo e fierezza, traguardando ogni cosa nell’immutabile sentire della pietà cristiana, che deve sempre informare ogniazione della nostra vita.

È questo atteggiamento, questa speranza, questa forza, che dobbiamo costantemente ricreare, fortificare e mantenere, per trasmet-terle intere ai nostri fratelli, ai nostri sacerdoti, ma soprattutto, ai nostri seminaristi, la splendente speranza futura.

Per loro preghiamo, a loro guardiamo, in una vicinanza fraterna capace di far loro superare il deserto dei momenti difficili.

Marco Creatini

«Coloro che si vogliono bene»

Pellegrinaggio al Santuario di MonteneroIl Serra Club di Livorno (Presidente Dott. Emanuele Tattanelli) è stato incaricato dalla Diocesi di Livorno di animare il Santo Rosario che

viene recitato nel corso del pellegrinaggio mensile al Santuario della Madonna di Montenero. Il pellegrinaggio, che è presieduto dal Vescovo,Mons. Simone Giusti, consiste nel percorrere, a piedi, l’erta salita di circa un km che conduce, appunto al Santuario.

Il Santuario, curato dai monaci Vallombrosani, è dedicato alla Madonna delle Grazie Patrona della Toscana. I livornesi sono particolar-mente devoti alla “Madonna di Montenero”, anche da coloro che sono dichiaratamente non praticanti. La città di Livorno è legata alla VergineMaria anche per un voto che venne stretto nel 1742, quando la città ebbe a soffrire per un terremoto e per il conseguente maremoto. Tuttigli anni, il 27 gennaio, si rinnova, con grande partecipazione cittadina, la cerimonia dello scioglimento del voto, che consiste nel pellegri-naggio al Colle, nella offerta in cera al Santuario e nel non festeggiare il carnevale fino al 28 gennaio di ogni anno.

Dal 2001 l’allora Vescovo Mons. Diego Coletti decise di effettuare un pellegrinaggio diocesano ogni terzo sabato del mese: l’iniziativaraccolse consensi e da allora viene sempre praticata, con buona partecipazione di fedeli. L’iniziativa continua con Mons. Giusti fin dall’iniziodel suo mandato episcopale diocesano.

Quest’anno ha partecipato anche S. E. Mons. Gervas Nyaisonga, Vescovo di Dodoma (Tanzania) la cui diocesi � stata, questa estate,visitata dal nostro Vescovo e da un gruppo di fedeli livornesi.

Alessandro Bassi Luciani

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Valorizzare il Seminarioancheconi media

Caro Direttore,leggo con molta attenzione il nostro “Serrano”, cui ovviamente sono affezio-nata! Innegabile lo sforzo editoriale di rendere la pubblicazione al passo deitempi, di aprire il dibattito interno sui temi della fede con gli interventi di gior-nalisti professionisti di altre testate, poiché in cambio si ottiene la conoscen-za del nostro Movimento laicale il cui carisma da solo dovrebbe costituire unaspecificità per la vita della Chiesa. Permettimi allora una mia breve considerazione: si dice con insistenza che leaggregazioni laicali ed i Movimenti in genere soffrono di un lento ricambiogenerazionale e, benché si auspichi un rinnovamento di idee e di contributidei giovani, in realtà ad essi non viene offerta una valida occasione per espri-mersi, per far sentire la loro voce così difforme dai nostri stili comunicativi.Tenendo in conto che il “Serrano” viene letto dai nostri seminaristi che, comegli altri coetanei, usano tutti gli strumenti multimediali, e frequentano assidua-mente i social network , perché non strutturare una pagina dialogante sulleloro esperienze e sulla loro scelta di vita non solo spirituale ma che com-prenda la loro preparazione, i loro linguaggi relativi alla musica, all’arte, allascrittura creativa? Spesso si ha un’opinione troppo desueta del cammino didiscernimento vocazionale, credendo sia costituito esclusivamente dallo stu-dio dei testi sacri e della teologia; in realtà molti seminaristi studiano musica,sono lettori di romanzi e di poesia, arricchiscono il loro bagaglio culturalecon esperienze di teatro ed altro...insomma, si preparano ad essere anche esoprattutto uomini calati nel reale, sacerdoti pronti alla nuova evangelizza-zione per sostenere il dialogo con i giovani che affollano le nostre piazze.Mettendomi nei panni di un giovane lettore del “Serrano”, vorrei trovarvi arti-coli adatti alla mia età e soprattutto scritti con ….penna facile ed immediata! E potrebbe darsi che così guadagneremmo l’attenzione di qualche sponsorsostenitore della nostra rivista…non sarebbe male, non credi?.

Maria Luisa Coppola

VISITATE IL PORTALE: www.serraclubitalia.it ovvero com

Cara Maria Luisa, ti ringrazio per i tuoi suggerimenti e pubblico con molto piacere la tua lettera. Fin daquando ho assunto la direzione del Serrano ho cercato di valorizzare la presenza dei seminari e deiseminaristi sulla nostra rivista. È mia intenzione continuare a farlo sempre di più. Anche e soprattutto conl'apporto degli amici Serrani dei vari club e distretti, ai quali chiedo di portare la rivista stessa nei seminari edi farsi da tramite perché dai candidati al sacerdozio possano giungere quei contributi che tu solleciti. Anchela redazione, naturalmente, farà la sua parte, promuovendo contatti e scambi con questo mondo che è puntodi riferimento essenziale per il Serra Club.

dicembre 2012 35

Lettere al Direttore • Lettere al Direttore

in dialogo

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