Il Serrano n.109

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.109 Dicembre 2007 Per sostenere le vocazioni sacerdotali Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste eTelecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa ® XI Congresso nazionale a Collevalenza ® Il saper “guardare oltre” nell’epoca di internet ® Gesù di Nazaret di Papa Benedetto XVI ® ...“svegliati o tu che dormi”... ® La chiamata, cosa succede, cosa si sente ® Incontro con la Chiesa cattolica di Ucraina 4 5 7 12 18 22

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IL SERRANO: Organo dell’Associazione Serra International Italia

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.109Dicembre 2007

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® XI Congressonazionalea Collevalenza

® Il saper“guardare oltre”nell’epoca di internet

® Gesù di Nazaretdi PapaBenedetto XVI

® ...“svegliatio tu chedormi”...

® La chiamata,cosa succede,cosa si sente

® Incontro con laChiesa cattolicadi Ucraina

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 109ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

IV trimestre - dicembre 2007 (XXXI)

Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.109Dicembre 2007

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® XI Congressonazionalea Collevalenza

® Il saperguardare oltrenell’epoca di internet

® Gesù di Nazaretdi PapaBenedetto XVI

® Svegliatio tu chedormi!

® La chiamata,cosa succedecosa si sente

® Incontro con laChiesa cattolicadi Ucraina

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22sommario† 3 Editoriale

di Benito Piovesan† 4 XI Congresso nazionale - programma† 5 Il saper guardare oltre nell’epoca di internet

di Salvino Leone† 6 Maria Gemma Sarteschi Presidente eletto del CNIS† 7 Gesù di Nazaret di Papa Benedetto XVI

di Don Gustavo del Santo† 10 Tra rinnovamento e tradizione

di Alessandro Gnocchi† 11 Mettimi come sigillo sul tuo cuore

di Stella Laudadio Celentano† 12 ...”svegliati o tu che dormi”...

di Giulia Sommariva† 14 Testimoni come comunicatori

di Don Domenico Severo† 15 Chiamati alla testimonianza

di Lino Sabino† 17 A Cosenza si forma un Serra club

di Gianpiero Pitaro† 18 La chiamata, cosa succede, cosa si sente

di Don Stefano Rega† 20 In cammino per spendere il dono della vita

di Maria Luisa Coppola† 22 Incontro con la Chiesa cattolica di Ucraina

di F. Baratta, G. Barbieri, A. Coriandolo† 24 La posta dei lettori† 26 La biblioteca del serrano† 27 Il Serra è anche a Monreale

di Ferdinando Russo† 29 Il più bel dono sotto l’albero: Vigevano... sei serrana!

di Marco Crovara† 31 Il Patriarcato greco-melkita

di Alfredo Ranza† 33 IV Concorso scolastico nazionale

di Maria Madiai† 34 I premiati del 3° Concorso scolastico nazionale† 36 J.H. Newman “padre silente” del Concilio Vaticano II

di Elsa Vannucci Soletta† 38

In copertina: Vitagliano-Serpotta, La natività

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

Pubblicità inferiore 50%

Direttore ResponsabileGiulia Sommariva

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

[email protected]

Comitato di DirezioneBenito Piovesan, Presidente del CNISGemma Sarteschi, V. Presidente del C.N.I.S.Marco Crovara, V. Presidente del C.N.I.S.Giorgio Bregolin, V. Presidente del C.N.I.S.Donato Viti, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno collaborato a questo numero:Lidia Pistarino Lino SabinoVittorio Formenti Artimio RattiL. Cardilli M. SilvestriniFrancesco Di Bella Giuseppe MannoGemma Sarteschi Alessandro GelichAlberto Alfano Maria L. CoppolaAnna Bella Antonio ColosimoTeodato Pepe Michele CentraGabriella Gangemi Alberto FogliVittorio Dabizzi

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e nonoltre il 5 marzo 2008.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-drati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazionec/o Renato VadalàVia Principe di Belmonte, 7890139 PalermoTel. 091 331014 - Fax 091 6251622E-mail: [email protected]

Grafica: Anreproject

StampaLuxograph s.r.l. - Palermotel. fax 091 546543(e-mail: [email protected])

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Il Natale è l’inizio della speranza cristiana che si concretizza con la Risurrezione.È la speranza che ci permette di vivere ed accettare il nostro presente, anche se faticoso. Quanto sia stato deter-

minante per la consapevolezza dei primi cristiani l’aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta là doveviene messa a confronto l’esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre reli-gioni. Elemento distintivo dei cristiani è il fatto che essi hanno un futuro: non che sappiano nei particolari ciò che liattende, ma sanno che la loro vita non finisce nel vuoto. Il Vangelo non è soltanto una “buona notizia”, ma è una comu-nicazione che produce fatti e cambia la vita. È un’espressione del Santo Padre nella recente enciclica “Spe salvi”, ilquale ha anche scritto che ogni generazione ha il compito di ricercare i retti ordinamenti per le cose umane, anche peraiutare la generazione successiva al rispetto della dignità umana, offrendo così ad essa una certa garanzia anche peril futuro. Sua Santità infatti constata che il cristianesimo moderno si è concentrato soprattutto sull’individuo e sullasua salvezza, non riconoscendo sufficientemente la grandezza del suo compito.

Sono parole che devono far riflettere un cattolico, specie se lette alla luce del tema del Convegno Ecclesiale diVerona: “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”.

Quindi noi cristiani ed in particolar modo noi serrani siamo chiamati ad essere testimoni di Cristo nella societàper migliorarla e per offrire un futuro migliore ai nostri figli.

E perché in particolare noi serrani? Perché non possiamo dimenticare che le vocazioni sacerdotali scaturisconoquasi esclusivamente da famiglie e comunque da ambienti nei quali il cristianesimo viene vissuto concretamente.

Viviamo la luce del Santo Natale con i nostri cari, ma senza dimenticare coloro che soffrono. E, ricaricati dallaforza ricreatrice della Natività, proponiamoci di entrare nel 2008 con l’intenzione di rispondere positivamente ed effi-cientemente alla nostra vocazione serrana.

Auguro a tutti Voi e alle Vostre famiglie di vivere un Santo Natale e un felice 2008.Un fraterno abbraccio.

Benito Piovesan

Santo Natale!

Ci scusiamo con i lettori che riceveranno in ritardo questo numero che attendeva delle relazioni sul corsodi formazione di Viterbo e altro, relazioni promesse ma mai pervenute!

La redazione

Editoriale

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VENERDÌ 6ore 15.30 Accoglienzaore 16.30 Eucaristia

S. E. Mons. Giovanni ScanovinoVescovo di Orvieto-Todi

ore 17.30 Moderatore Dott. Cesare GambardellaPresidente Internazionale elettoSaluto del Governatore del Distretto 171Avv. Antonio Giovanni CiacciSaluto del Presidente Nazionalee inaugurazione del CongressoDott. Benito PiovesanPresidente del Congresso

ore 18.00 Relazione; Il serrano e l’impegno per levocazioni: capire il cambiamento e testimo-niare CristoMons. Lorenzo BozziVicario Episcopale della Diocesi di Siena

ore 18.15 Dibattitoore 19.30 Conviviale

SABATO 7ore 08.00 Eucaristia

Mons. Luca BonariDir. Em. del Centro Nazionale Vocazioni

ore 09.00 Colazioneore 09.30 Moderatore Dott. Vittorio Dabizzi

Past Presidente nazionaleRelazione: Le grandi sfide del nostro tempoad una visione cristiana della vita: luci edombreDott. Mimmo MuoloVaticanista di Avvenire e coll. di Radio Vaticana

ore 10.15 Dibattitoore 10.45 Pausa

SERRA INTERNATIONAL ITALIApag. 4

“I serrani, testimoni nella societàa sostegno delle vocazioni”Definito dal CNIS il programma dell’XI Congresso nazionaleche si terrà dal 6 all’8 giugno 2008presso la Casa del Pellegrino di Collevalenza

ore 11.15 Tavola Rotonda:L’esercizio della testimonianza del serranoa sostegno delle vocazioni negli ambiti:Affettività: Dott. Lucia Vannini RossiPresidente Fed. Tosc. Consult. Fam. Isp. Crist.Tradizione: Mons. Paolo GiuliettiDir. Em. Serv. Naz. Pastorale Giovanile C.E.I.Cittadinanza: Prof. Adriano FabrisOrdinario Filosofia Morale - Università di PisaModeratore Dott. Mimmo Muolo

ore 13.00 Convivialeore 15.00 Visita turistico-culturaleore 19.30 Conviviale, premiazioni, passaggio delle

consegne

DOMENICA 8ore 08.30 Moderatore Prof. Gianpietro Cellerino

Past Trustee internazionaleInterventi dei Governatori sul tema delCongresso

ore 10.00 Intervento sul Corso di comunicazioneProf. Elisabetta PavanCattedra di teoria e tecniche e tecniche dellecomunicazioni di massa - Università di Venezia

ore 11.00 Relazione: Quale testimonianza dei serranioggi a sostegno delle vocazioni: orienta-menti e prospettiveMons. Luca Bonari

ore 11.45 Chiusura del CongressoDott. Benito Piovesan

ore 12.00 EucaristiaS. Em. Card. Josè Saraiva MartinsConsulente Episcopale di Serra Italia

ore 13.00 Conviviale

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LA RIFLESSIONE pag. 5

Nel corso dei secoli le problematiche relativealla cultura della morte hanno contribuito a deli-nearne una certa «idea» o ancor meglio un diversomodo di «viverla» in rapporto alla diversa sensibi-lità culturale di un dato periodo storico. Non tantouna riflessione intellettuale, dunque, quanto piutto-sto un diverso vissuto che ha condizionato diffe-renti atteggiamenti nei confronti di un avvenimen-to di per sè immutato.

Rispetto alle epoche passate oggi è in atto unprocesso di profonda negazione della morte stessae di “proibizione sociale” della sua realtà. Quelloche era il ruolo tabuizzato della sessualità nel seco-lo scorso è stato oggi assunto dalla morte. Questosi esprime innanzitutto in varie “censure”: verbali(la persona cara “non c’è più”, “se n’è andata”, “ciha lasciati”); visive, non ammettendo alla vista deldefunto bambini o persone sensibili, per non parla-re del maquillage dei cadaveri che viene eseguitonegli Stati Uniti; fisiche con la crescente preferen-za per la cremazione al posto della più consuetainumazione; conoscitive, laddove la morte vienenascosta allo stesso morente. La morte, poi, vienesempre più privatizzata, deritualizzando il luttonon più caratterizzato da segni esteriori, semplifi-cando le cerimonie funebri, dispensando dalle visi-te, ecc. Particolarmente importante è poi la dimen-sione di profonda solitudine con cui oggi si tra-scorre l’ultimo tratto della propria esistenza terre-na. Tutti fuggono dal morente o dal malato termi-nale. Innanzitutto i familiari, estenuati dall’assiste-re impotenti a una lunga sofferenza o perché emo-tivamente incapaci di trasmettere alla persona caral’ineluttabilità dell’evento. Poi i sanitari sempreimbarazzati dal dover comunicare una verità sgra-devole al malato. Infine l’intera comunità, nonsolo civile ma anche ecclesiale. Manca, infatti,un’organica e ricca pastorale dei defunti. Nellecomunità parrocchiali i vari gruppi presenti sioccupano di tante attività, tutte lodevoli beninteso,ma trovano assai poco spazio per accompagnare altrapasso i malati della parrocchia. Ed è proprio in

quest’humus di solitudine che nasce il problemadell’eutanasia

Poi, ancora, la medicalizzazione. È uno degliaspetti più tristi e «disumani» della morte contempo-ranea. L’allungamento della vita media, le conquistedella medicina, l’aumentato benessere individuale esociale fanno sì che ogni cura medica, anche la piùestrema viene cercata, richiesta, pretesa con ognimezzo. La “morte in casa” viene riservata ai malatiterminali o alle persone anziane. In ogni caso diven-ta un evento quasi anomalo. Si può dire che non esi-sta più una morte naturale. È questo lo sfondo checaratterizza il problema dell’accanimento terapeuti-co, le richieste di testamento biologico, ecc.Infine lasecolarizzazione. In ambito religioso, infatti, dobbia-mo registrare un affievolirsi della originaria tensioneescatologica del messaggio cristiano. Naturalmentequesto non vuole dire assolutamente che si debbanorimpiangere o riproporre gli esercizi della buonamorte, le tuonanti prediche sul fuoco dell’inferno,l’offuscamento della gioia cristiana e così via ma sidevono trovare nuove vie con saggia creativitàpastorale per ridare slancio a una escatologia in for-mato terzo millennio. Fondata sulla resurrezione piùche sul castigo eterno ma informante di sé tutto ilcammino esistenziale dell’uomo.

Certo non é facile “accompagnare alla morte”sostenere il morente nelle sue paure, nel suo sco-raggiamento, nella sua tristezza. Anche perchètutte le volte che ci confrontiamo con la morte“degli altri” censuriamo l’idea e il confronto con lanostra stessa morte. Al moribondo non possiamolimitarci a dire: “non pensare a queste cose!”.Deve pensarci invece, guardare in faccia l’evento,quasi “conversare” con la morte, come avvienenella grande metafora che Bergman ci propone nel“Settimo sigillo”. E come ci ricorda Montaigne,giocando sull’ambiguità linguistica del terminefrancese sage-femme (che significa ostetrica): “Seé necessaria una donna saggia per aiutare l’uomoad entrare nel mondo, occorre una persona ancorapiù saggia per aiutarlo ad uscire da esso”.

Salvino LeoneDocente LUMSA e Pontificia Facoltà Teologica San Giovanni Evangelista

Il saper “guardare oltre”nell’epoca di internet

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pag. 6 LA RIFLESSIONE

A tal riguardo, può essere utile una riletturadell’antico esercizio di pietà cristiana che é la ViaCrucis il cui significato emblematico trascende ladimensione ascetico-devozionale ponendosi comemetafora di un grande “accompagnamento allamorte” per un soggetto giunto alla fase terminaledella sua esistenza.

In essa ritroviamo tutto il variegato universoemozionale che accompagna il processo del morire:dalla fuga delle persone care (leggiamo nell’abban-dono degli apostoli quello odierno di familiari edamici) all’insospettata presenza di persone non rite-nute forti (come, nella cultura del tempo, le donne).

L’evento morte, d’altra parte spesso “costrin-ge” ad aiutare il morente, magari familiare odamico, distogliendoci, come quell’uomo di Cirene,dalla nostra quotidianeità.

Ma se, da un lato, qualcuno è costretto dall’al-

tro c’è chi volontariamente si offre di raccoglierele lacrime del morente e, come quella donna a cuiun apocrifo ha dato in nome di Veronica, se netorna a casa recando impresso in sè qualcosa dellapersona che voleva consolare.

Persino dietro la spartizione delle vesti daparte dei soldati possiamo leggere il raccogliere,nel senso più alto e più nobile, l’eredità di chimuore. Ciò che rimane è di chi rimane. Non solouna tunica o una veste ma anche e soprattutto unamemoria.

Infine quando tutto sembra finito emerge ladeterminazione di chi ha il coraggio di toglieredalla croce. Compito non sempre attuabile sulpiano materiale ma sempre possibile su quello psi-cologico ed umano. Da una morte che appare comeinevitabile ed assurdo spettro ci si libera dandoleun senso, sapendo guardare “oltre”.

Maria Gemma Sarteschi in atto Vice presidente programmi nel Consiglio Nazionale ita-liano è nata a Lucca il 12 maggio 1953 da Aladino e da Lida Giusti che ha raggiuntonostro Signore il 18 dicembre scorso.Sposata dal 1972 con Enrico Mencarini, ha una figlia, Stefania, sposa di Luca Mochi.Ha compiuto gli studi a Viareggio dove ha conseguito il diploma di Ragioneria e suc-cessivamente si è iscritta alla Facoltà di Giurisprudenza di Pisa .Durante gli studi ha vinto il concorso indetto dall’istituto bancario CR Pisa fino a diven-tare responsabile del Servizio enti pubblici; nel 2001 è divenuta responsabile di proget-to (Enti pubblici) per uniformare il modello organizzativo dei tre istituti CR Pisa , CRLucca, CR Livorno.È socia del Serra club di Pisa dove ha ricoperto tutti gli incarichi di servizio dimostrando sempre un grandesenso dell’organizzazione e disponibilità ad impegnarsi in prima persona.È stata Governatore del Distretto 71 (2005-2006) e rappresentante distrettuale nella Fondazione Nazionale B.Junipero Serra. Segue l’associazione “corale di Torre del lago” per le manifestazione religiose ed è catechistapresso la Parrocchia S. Giuseppe di Torre del Lago. L’entusiasmo e la chiarezza dei concetti espressi nel corsodegli incontri periodici con i Governatori l’hanno posta alla loro attenzione ed ammirazione.Le sue manifestazioni di simpatia interpersonali non esprimono solo un cuore disponibile all’incontro gioiosocol prossimo, ma lo mettono in condizioni, a sua volta, ad aprirsi e a disporre il suo animo all’accoglienza.Oltre a queste sue qualità caratteriali, Gemma Sarteschi ha in ogni occasione evidenziato di essere una perso-na di grande Fede, espressa sempre in modo gioioso e comunicativo. Non è Fede introspettiva, silenziosa, asce-tica, ma Fede operosa e attenta alle necessità del prossimo.

Maria Gemma Sarteschiè la Presidente eletta di Serra Italia

Il consenso espresso dal CNIS nel corso della riunione del 14 dicembre

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CATECHESI pag. 7

Gesù di Nazaret di Papa Benedetto XVINel Verbo Incarnato si configura il dramma della Rivelazione

che si risolve nel massimo occultamento della divinità

Vorrei collocare la presentazio-ne del volume “Gesù diNazaret” di Benedetto XVI

nel contesto della sua teologia fonda-mentale, quale emerge dalla sua operadi grande rilievo teologico:“Introduzione al Cristianesimo”.Il discorso sulla fede in Dio in tale

lavoro parte da un presupposto moltoserio: “Tra Dio e l’uomo – scrive ilPapa – si spalanca un abisso infinito;sì, perché l’uomo è creato in modotale che i suoi occhi sono in grado divedere unicamente ciò che Dio non è,per cui Dio è e sarà sempre l’uomol’essenzialmente Invisibile, colui chesta fuori dal suo campo visivo”. Ora,quando recitiamo il Credo noi implici-tamente affermiamo che, al di là delsensibile, esiste una realtà che noncade sotto i nostri sensi, ma che è di

tale natura da dare significato proprioa quella realtà sensibile nella qualeviviamo. Con la parola “Credo” infondo noi affermiamo “l’opzione –afferma il Papa – che ciò che non puòesser visto, quello che non può assolu-tamente entrare nel nostro raggio visi-vo, non è affatto l’irreale, ma è anzil’autentica realtà. Quella che sorreg-ge e rende possibile ogni altra realtà”.Ma la fede cristiana non ha da fare

solo con il Dio invisibile, ma anchecon il Dio che entra nella storia, essen-dosi fatto uomo. Il Dio invisibile edeterno si rivela nella storia configuran-dosi in Cristo come il Rivelato e ilRivelante. Esemplare e significativo iltesto di Jo 1, 18: “Nessuno ha maiveduto Dio; soltanto l’UnigenitoFiglio che è nel seno del Padre ce loha fatto conoscere di persona”: “Egliè l’esegesi di Dio”, commenta il Papa.Sempre Giovanni nella sua prima let-tera ci dice che l’invisibile si è fattosensibilmente presente nella storia edè stato oggetto di esperienza per lasensibilità umana: “Ciò che era fin dalprincipio, ciò che noi abbiamo udito,ciò che noi abbiamo veduto con inostri occhi, ciò che noi abbiamo con-templato, e ciò che le nostre manihanno toccato (palpato, testo greco),ossia il Verbo della vita (poiché la vitasi è fatto visibile, noi l’abbiamo vedu-ta ...) ciò che abbiamo veduto e uditonoi l’annunziamo a voi, perché anchevoi siate in comunione con noi”. NelVerbo Incarnato si configura così ildramma della rivelazione di Dio che si

Da sinistra: Gov. eletto dr. G. Amoretti;past. v. Pres. Int. dr. L. Cazzadori;Cappellano Don Gustavo Del Santo;Presidente Comm. A. Brunetti.

Don Gustavo del Santo

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pag. 8 CATECHESI

risolve nel massimo occultamentodella divinità.Ma come arrivare oggi a credere

che nel Gesù di Nazaret si è incarnatoil Verbo, che il Dio, che non è conte-nuto nell’universo, si è congelato eristretto in un unico punto della storia?Siamo in qualche modo costretti aripetere l’interrogativo che Giovanni,attraverso i suoi discepoli, ha rivolto aGesù: “sei davvero tu, o dobbiamoaspettare un altro? Osserva a questopunto Papa Ratzinger: “Questo inter-rogativo ce lo dobbiamo porre nonsolo per onestà nei confronti del pen-siero e per senso di responsabilitàverso la ragione, ma anche per osse-quio all’intima legge dell’amore chedesidera conoscere sempre più emeglio colui al quale ha detto il suo‘sì’ per essere in grado di amarlo piùintensamente”. Si tratta in fondo potergiustificare la nostra professione difede in Gesù di Nazaret, quale sensodel mondo e della nostra vita.L’aiuto per rispondere a questo

interrogativo ci viene proprio dalvolume “Gesù di Nazaret” di PapaRatzinger.Cresciuto nell’ambito della cultura

tedesca, in cui le ricerche su Gesùsono state affrontate con il metodostorico-critico, Papa Ratzinger, sabene che con tale metodo si è venutoprogressivamente staccando il Cristostorico dal Cristo della fede. Studiosodi grande valore, egli tuttavia non si èsentito di abbandonare tale metodoche ha prodotto, soprattutto attraversol’opera di Schnackenburg, “una gran-de quantità di materiali – sono paroledel Papa – e di conoscenze, attraversole quali la figura di Gesù può divenir-ci presente con una vivacità e profon-dità che pochi decenni fa non riusci-vamo neppure a immaginare”. Talemetodo tuttavia Papa Ratzingerdichiara di voler integrare applicando“i nuovi criteri metodologici che ciconsentono un’interpretazione pro-priamente teologica della Bibbia e cheperò richiedono la fede, senza con ciò

volere e poter per nulla rinunciarealla serietà storica”.Ed è proprio da un’applicazione

seria del metodo storico-critico chenell’ambito dei cultori della SacraScrittura si è venuto formulando unaproposta di lettura unitaria del testosacro, il cosiddetto progetto dell’“ese-gesi canonica” che invita a leggere isingoli testi, biblici nel complesso del-l’unica Scrittura facendoli così appari-re in una nuova luce. Già il Vaticano IInella Costituzione sulla DivinaRivelazione aveva messo in evidenzala necessità di una lettura che privile-giasse visione unitaria del contenutodella Sacra Scrittura, ma PapaRatzinger sottolinea che tutto ciò nonviene applicato dall’esterno ma da unattento esame della formazione ellaSacra Scrittura che si configura come“un processo della parola – scrive ilPapa – che a poco a poco dischiude lesue potenzialità interiori che in qual-che modo erano presenti come semi,ma si aprono solo di fronte alla sfidadi nuove situazioni, nuove esperienzee nuove sofferenze”.Sarà da precisare subito che l’“ese-

gesi canonica” non è in tensione con ilmetodo storico-critico ma lo sviluppasino a diventare vera e propria teolo-gia. Se è vero che tale metodo indivi-dua con precisione il senso origirariodelle parole secondo l’interpretazioneche tempo e luogo davano ad esse, èanche vero che la visione unitariadella Sacra Scrittura, suggerita dell’e-segesi canonica, ci ricorda che lo scrit-tore sacro non opera in solitudine maagisce con le sue parole nel contestodella storia di un popolo, di una comu-nità viva nella quale è all’opera unasuperiore forza guida. In questo modola Scrittura, scrive Papa Ratzinger “ècresciuta nel e dal soggetto vivo delpopolo di Dio... questo popolo non èautosufficiente, ma sa di essere con-dotto da Dio stesso, che, nel profondo,parla attraverso gli uomini e la loroumanità”.Naturalmente questo rapporto del

popolo di Dio con la Scrittura si per-

Coniugare la ragionestorica con la fede: sela prima mi accerta ifatti, la seconda me nerivela il significato.

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pag. 9CATECHESI

feziona in modo definitivo quando laParola si fa carne, l’AnticoTestamento trova il suo inveramentonel Nuovo e dall’accoglienza del mes-saggio dei Vangeli nasce il nuovo edefinitivo popolo di Dio, la Chiesa.Condizione indispensabile per ottene-re questo risultato: la lettura che pre-suppone la collocazione degli eventinella totalità della Scrittura. Taleatteggiamento consente, a parere dipapa Ratzinger, di constatare “chenell’insieme c’è una direzione, chel’Antico e il Nuovo Testamento sonointimamente collegati tra loro. Certo,l’ermeneutica cristologica, che inGesù Cristo vede la chiave del tutto e,partendo da Lui, apprende a capire laBibbia come unità, presuppone unascelta di fede e non può derivare dalpuro metodo storico, ma questa sceltadi fede ha dalla sua la ragione – unragione storica – e permette di vederel’intima unità della Scrittura e dicapire in modo nuovo i singoli trattidi strada, senza togliere loro la pro-pria originalità storica”.Da questo testo un po’ lungo emer-

ge con chiarezza che si tratta insommadi coniugare la ragione storica con lafede: se la prima mi accerta i fatti, laseconda me ne rivela il significato. Percui solo abbracciando in un unicosguardo l’Antico e il NuovoTestamento si comprende il disegno diDio nella storia, compiuto attraversol’incarnazione del Verbo in Gesù diNazaret.Dai Vangeli letti in quest’ottica

appare che Gesù vive un rapporto pri-vilegiato con Dio, che Egli chiamaPadre. Giustamente Papa Ratzingerriconosce in Gesù il Profeta annunzia-to da Mosè nel Deuteronomio: “IlSignore tuo Dio susciterà per te, inmezzo te ...un profeta pari a me, a luidarete ascolto”, con questa differenzache Mosè si sentì dire dal Signore“Vedrai le mie spalle, ma il mio voltonon lo si può vedere”, mentre al nuovoprofeta sarà concesso di vedere davve-ro e immediatamente il volto di Dio epoter così parlare in base alla piena

visione di Dio per cui Giovanni puòaffermare alla fine del prologo del suoVangelo: “Dio nessuno l’ha mai visto:proprio il Figlio unigenito, che è nelseno del Padre, lui lo ha rivelato” (Jo,1-18).Papa Ratzinger accostando questi

due testi àncora la fede cristiana alleradici ebraiche e ad un tempo, attra-verso la compenetrazione tra metodostorico e conoscenza di fede, ci pre-senta un Gesù in carne ed ossa, la cuivicenda storica, drammaticamente

Metodo storico e dimensione

di fede, ci aiutano nel difficile

compito di affermare che

Gesù di Nazaret è il Cristo, il

Figlio di Dio.

conclusa sulla Croce, non ha impedi-to ai suoi discepoli, in verità congrande fatica, di credere in Lui eproclamarlo, a vent’anni dalla suacrocifissione, nell’inno cristologicodella lettera di Paolo ai Filippesi:“Abbiate in voi gli stessi sentimentiche furono in Cristo Gesù, il quale,pur essendo di natura divina, nonconsiderò un tesoro geloso la suauguaglianza con Dio, ma spogliò sestesso, assumendo la condizione diservo divenendo simile agli uomini,apparso in forma umana”. A Luidunque, commenta Papa Ratzingerparafrasando Paolo, “spetta l’omag-gio del creato, l’adorazione che nelprofeta Isaia Dio aveva proclamatocome dovuta a Lui solo”.Tutto ciò si comprende solo se era

successo qualche cosa di straordina-rio: la sua risurrezione.Allora a buon diritto, metodo stori-

co e dimensione di fede, ci aiutano neldifficile compito di affermare che Gesùdi Nazaret è il Cristo, il Figlio di Dio.

L’Eucarestia è principioe progetto di missione...È un modo di essereche da Gesù passanel cristiano e,attraverso la sua testimonianza,mira a irradiarsinella società e nella cultura.

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Prima notizia: con la liberalizzazione della Messa diSan Pio V viene restituito alla Chiesa un tesoro millena-rio che rischiava di andare perso per sempre. Secondanotizia: l’amministrazione di questo tesoro viene toltaalle cure restrittive dei vescovi e affidata a quelle ordi-narie dei parroci, vale a dire ai sacerdoti che vivono astretto contatto con il popolo cattolico. Terza notizia:tutto questo avviene per esplicito volere di PapaBenedetto XVI, come spiega la natura stessa del docu-mento che definisce la materia un “motu proprio“.È bene dirlo perché da quando il provvedimento è

stato emanato da Papa Ratzinger si è fatto un gran par-lare del suo contenuto, ma pare che molti abbiano, comesi suol dire in gergo giornalistico, “bucato la notizia“. Cisi è preoccupati di parlare della storia della liturgia o diquestioni di politica ecclesiastica, ma si sono trascuratiil significato e la portata storica dell’evento. Ci si èaffrettati a mettere subito in chiaro che questo non è unpasso indietro rispetto ai documenti del ConcilioVaticano II e al loro vero spirito e si è lasciata perdere lavera natura dell’evento che, prima di tutto, non è di poli-tica ecclesiale ma semplicemente religiosa.Uno dei pochi ad averlo colto, sulla prima pagina di

un giornale laicissimo come “La Stampa”, è statoMassimo Gramellini, il quale, all’indomani della pub-blicazione del documento, ha compiuto un ragionamen-

to semplicissimo: era ora che si suonasse nuovamente lacampana del senso del sacro andato perso in questi ulti-mi decenni, era ora di finirla con quei sacerdoti in jeanse chitarra che pensavano di essere più vicini ai lorofedeli e, invece, erano solo più lontani dal Cielo.Fra i molti distinguo, le numerose prese di distanza e

i troppi “comunque non cambia nulla perché noi ci atte-niamo allo spirito del Concilio”, fino ad ora nessuno, oquasi, ha detto che questa rigorosa constatazione di unintellettuale è la stessa che invade gioiosamente l’animadi una marea infinita di fedeli; che riempie il cuore diuna moltitudine di cattolici ordinari che per anni hannosubito mugugnando tutti gli orrori liturgici perpetrati innome di un’ideologia ecclesiale che definire “rivoluzio-ne” è solo darle il nome che le compete. “Rivoluzione”:perché la degenerazione liturgica è sempre preceduta,accompagnata e seguita da un errore dottrinale. Perchéè criterio che da sempre vige nella Chiesa: lex orandi,lex credendi. Oppure bisogna temere che i troppi chegridano allarmati alla marcia indietro preconciliarepaventino l’eventualità di tornare a ciò che la Chiesa hasempre creduto e professato, invece che continuare acrogiolarsi nel fai da te liturgico e dottrinale di cui tantosi beano?Ma, a quanto pare, molti intellettuali non riescono o

non vogliono capirlo. E, come capita sempre più di fre-quente, vengono scavalcati da questo Papa teologo nelrapporto con il popolo. Mentre loro si attardano insacrestia a capire chi si gioverà della ricaduta ecclesio-

IL PUNTOpag. 10

Fra rinnovamento e tradizioneIl 14 settembre 2007 segna una data storica nella Chiesa cattolica, l’entrata in vigore del “Motu proprio” concui papa Benedetto XVI riporta agli onori degli altari – è il caso di dirlo – la Messa in latino secondo il messa-le antico: quel rito tridentino che da ora in avanti potrà essere affiancato – a richiesta di gruppi di fedeli o comu-nità – al rito riformato e potrà fare quindi il suo rientro nelle chiese del mondo.La promulgazione del “motu proprio” ha suscitato nel mondo cattolico reazioni contrastanti: perplessità e cri-tiche da quanti temono che le conquiste in campo liturgico degli ultimi trent’anni potrebbero essere cancellatedalla riproposizione del rito di San Pio V (facoltativa); soddisfazione fra quanti desiderano pregare con la vocedella liturgia romana tradizionale, recuperare la ricchezza e le preghiere cresciute da secoli nel grembo Chiesa,restituendo ad esse il giusto valore.Nel coro di questi ultimi si leva la voce di Alessandro Gnocchi, noto editorialista, saggista e conferenziere, delquale volentieri ospitiamo l’articolo che segue inteso a chiarire le ragioni positive di questo ritardo alla tradi-zione. È chiaro che il suo pensiero dovrà essere considerato come espressione di una personale e libera opi-nione.

Alessandro Gnocchi

Page 11: Il Serrano n.109

Mettimi come sigillo sul tuo cuore

pag. 11IL PUNTO

logica del “motu proprio”, Benedetto XVI è già in chie-sa a parlare con il suo gregge. E più parla chiaro, più ilsuo gregge lo comprende e lo ama. Come quando dis-cute dei principi non negoziabili. Che cosa voglionodire le sue prese di posizione sulle questioni etiche senon un semplice, inequivocabile e non negoziabile“Basta”?Lo stesso accade per la riconsegna della piena citta-

dinanza nella Chiesa a una liturgia millenaria comequella della Messa tradizionale. In questo caso. PapaBenedetto ha preso una posizione anche più forte diquelle prese sull’etica e sul concetto di democrazia. Hascoperto un nervo che molti cattolici, e non solo tra iprogressisti, avrebbero preferito lasciare sottopelle: hadetto che un’intelligente fedeltà alla propria storia è piùforte e più cattolica di una stupida infatuazione per unconcetto utopistico di progresso, ha detto che la tradi-

* Presidente Serra Club di Latina

zione è connaturale al cattolicesimo mentre l’ideologiaè il suo esatto contrario.Guardiamoci negli occhi con onestà per un istante:

che cosa può averlo fatto riflettere con dolore su unaquestione come questa, lui che fu perito al ConciclioVaticano II, se non la deriva ideologica di gran parte delmondo cattolico?Molti si stracceranno le vesti davanti a osservazioni

come queste. Ma bisogna avere il coraggio di ricono-scere che il famoso “Basta” non lo ha detto un fedelequalsiasi, ma il Vicario di Cristo. E il popolo cattolicodimostra sempre più di ascoltare lui e non i cosiddettiintellettuali di riferimento. Che cosa può importare a unfedele ordinario pensare se, in questo modo, vienemesso in discussione lo spirito del Concilio, piuttostoche la sua interpretazione o la lettera dei suoi documen-ti? Francamente poco.

Noi Serrani siamo chiamati ad indossare l’abitodel cristiano intessuto delle quattro virtù cardi-nali: prudenza, fortezza, giustizia, temperanza.

La post-modernità ha frantumato l’orizzonte metafisicofavorendo una mentalità che assolutizza il frammentodello spazio e del tempo. Qui, e ora, c’è tutto. Hic etnunc, senza passato e senza futuro. L’assolutizzazionedel frammento induce a bere a sorsi ingordi l’attimopresente, a consumarlo il più rapidamente possibile.Qoelet, sapiente biblico, non esita a ripetere per bensette volte nel suo libretto, la necessità di assaporare lepiccole cose della vita, oasi di quiete della quotidianità,che fanno scoprire le energie per continuare a respiraree a sperare. Lo schiacciamento del futuro sull’attimopresente rende difficile l’anelito alla speranza, la qualepresuppone l’attesa e il desiderio.E la speranza è il tema portante dell’ultima enciclica

di Benedetto XVI “Spe Salvi”. Il Papa si richiama al“pensiero negativo” di Horkheimer e Adorno i qualiaffermano che solo una vera giustizia potrebbe annulla-re la sofferenza e si richiamano alla speranza in unmondo migliore. Benedetto XVI afferma che speranza èequivalente di fede e, dunque nella fede trova la propria“sostanza” e il proprio argomento come scriveva Dante,

traducendo San Tommaso: «fede è sostanza di cose spe-rate / et argomenti delle non parventi». Questo significache la realtà della speranza porta l’uomo ad affacciarsisulle cose ultime, appunto l’orizzonte di eternità.È necessario passare da una concezione cronologica

del tempo ad una antropologica: dal kronos, tempo cro-nologico segnato dall’orologio, al Kairos che è il nostrotempo colmo di atti e parole, di scelte e di emozioni.Ogni attimo è generato dal passato, è gravido di futuroma, soprattutto è abitato dalla totalità della personacome diceva Don Milani. L’uomo di oggi immerso nelrelativismo, se ne può liberare solo guardando all’altroche ci chiede di uscire dal nostro isolamento per riper-correre la strada della donazione. Offrire se stessi comerisposta ai bisogni dell’altro: quello è il dono: la metafi-sica della creazione, l’appello all’uomo samaritano è ilfilo conduttore del nostro andare. Il questo contesto pos-siamo dire che “finché c’è vita c’è speranza”, ma èsoprattutto vero che “finchè c’è amore c’è speranza”.E per finire, voglio ricordare le parole del Libro dellaSapienza:

“Mettimi come sigillo sul tuo cuore,come sigillo sul tuo braccio:forte come la morte è l’amore…”

CONTRIBUTI

Stella Laudadio Celentano*

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Organizzato dalle Comunità Missionarie delVangelo, in collaborazione con la Pro CivitateCristiana di Assisi, si è svolto a Cefalù l’annua-

le convegno incentrato questa volta su un tema partico-larmente ricco di spunti e di riflessioni “Quando lacoscienza è addormentata… Svegliati o tu che dormi”...L’uomo con il suo torpore, i suoi dubbi, la sua indiffe-renza, la sua cronica mancanza di tempo, messo a con-fronto con la propria coscienza (un contesto di amore edi rapporti), con le ricadute sociali e planetarie delle suescelte, soprattutto per quanto riguarda lo stile di vita,l’ambiente (meglio il “creato”) e l’economia.Una partecipazione come sempre intensa e sentita,

un convegno che da dodici anni puntualmente a novem-bre richiama nella cittadina normanna relatori di altissi-mo livello per serieta’ e competenza che affrontano inuna prospettiva etica e religiosa alla luce di un Vangelo“riattualizzato”, (leggi: di una nuova fraternità), i pro-blemi più dibattuti del nostro tempo, lanciando nuoveproposte di ricerca e di dialogo per meglio comprende-re il nostro modo di essere e di rapportarci, i tempi cheviviamo e la realtà che cambia attorno a noi.Le Comunità Missionarie del Vangelo sono sorte nel

1971, sono gruppi di laici che, alla luce delle direttive delConcilio, percorrono un cammino di fede e un serviziodi apostolato attraverso l’annuncio diretto del Vangelo.Il convegno di quest’anno, inaugurato dagli

Arcivescovi di Monreale, Mons. Di Cristina, diPalermo, Mons. Romeo e dal Vescovo di Cefalù, Mons.Sgalambro, è stato preceduto da una introduzione delpresidente Nino Trentacoste, e quindi da S. Ecc. PaoloRomeo con una stimolante prolusione la quale, già nel

titolo, sottendeva al variegato campo di riflessione e diindagine proposto dal convegno di oggi: “Svegliati o tuche dormi, il futuro ci attende”.In questo campo aperto a tutti, ha spaziato (e scava-

to) una coralità di notissimi relatori che, ciascuno nel-l’ambito delle proprie competenze, in una visione d’in-sieme pluralistica, ha dibattuto problemi riguardantisocietà, teologia, etica, economia, ambiente.I nomi dei relatori e i temi in discussione sono già di

per sé efficacemente esemplificativi dell’importanzadegli argomenti trattati, come pure delle singole espe-rienze di vita e di impegno.Fulcro del convegno è stato, come sempre, padre

Alberto Maggi, biblista e figura carismatica dell’Ordinedei Servi di Maria di Montefano: si debbono a lui le trerelazioni centrali del convegno le quali, alla luce di unnuovo Vangelo in sintonia con i tempi attuali e le pro-blematiche dei nostri giorni, hanno avuto per tema:“Avevo fame e non mi avete dato da mangiare…”, “Eroin carcere e non mi avete visitato…”. “Ero forestiero enon mi avete accolto…”: tre cammini diversi uniti dalfilo comune sul valore dell’essere, del dare, la ricerca diuna nuova qualità della vita, dei rapporti, dell’amore.Allo stesso Ordine appartiene Giancarlo Bruni della

comunità monastica di Bose, con la relazione “Mio fra-tello il monaco: la solitudine vitale”. Eppoi, la teologaLilia Sebastiani “La mia coscienza di fronte ai mali delmondo”; l’economista Luigino Bruni “L’economia soli-dale: un’utopia? Sergio Marelli, direttore della FOCSIVsul tema “Che c’entro io col flagello della fame nelmondo?”; Salvino Leone della Facoltà Teologica diSicilia “Violenti contro l’estrema debolezza: l’eutana-sia”; la saggista Giuliana Martirani “La mia coscienzadi fronte ai mali del mondo”; lo psicologo PieroCavalleri “Il dramma del coniuge abbandonato e solo”;

...”svegliati o tu che dormi”...Il Convegno delle Comunità Missionarie del Vangelo e della Pro Civitate Cristiana

Quando la coscienza è addormentata...

Giulia Sommariva

Page 13: Il Serrano n.109

pag. 13CONTRIBUTI

Giuseppe Savagnone, editorialista e direttore della“Pastorale della Cultura di Palermo” Chiesa: madre omadrigna di fronte ai “diversamenti normali”?Coordinatore e moderatore Tonio dell’Oglio, respon-

sabile di “Libera International” di Roma, il quale ha gui-dato gli incontri di preghiera, autentico nutrimento dellospirito.All’interno del convegno ha trovato spazio e voce

anche una delegazione palermitana rappresenta da padreCosimo Scordato, Giuseppe Savagnone, Rita Borsellinovice presidente di “Libera” e parlamentare dell’ARS eVittorio Teresi della Procura antimafia.Padre Scordato, parroco di frontiera della chiesa di

San Francesco Saverio all’Albergheria, uno dei quartie-ri endemicamente più poveri della città, ha svolto unarelazione cruda ed essenziale, com’è nel suo stile, par-lando sul tema “I diritti negati. Istruzione, salute, lavo-ro”. Provocatoriamente si è chiesto come si può parlaredi pari opportunità o “diritti negati”, in una città daglialti indici di disoccupazione, di dispersione scolatica esanità al collasso che obbliga a lunghissimi turni di atte-sa. Evvero, in teoria la Costituzione garantisce a tuttiquesti diritti ma nella realtà solo pochi riescono a rea-lizzarsi nell’istruzione, nella salute e nel lavoro perchéil sistema non a tutti concede le cosiddette ‘pari oppor-tunità’. E allora, occorrerebbe ripensare diversamente leIstituzioni che offrono servizi, tenendo conto che nontutti partono dalla stessa posizione di privilegio; occor-rerebbe ripensare le comunità ecclesiali anche comeluoghi di solidarietà, di assunzione di problematiche perle persone in difficoltà, così come la parrocchia di SanFrancesco Saverio sta cercando di fare e di essere, unachiesa “viva”, “accogliente” e “presente” nell’ambitodelle frange piu’ deboli, più bisognose.Giuseppe Savagnone, reduce dalla sua più recente fati-

ca letteraria “Dibattito sulla laicità” e già sul punto di con-segnarne altra alle stampe, ha trattato il tema dei “diversa-mente normali” in una analisi lucidissima rivolta ad abbat-tere le artificiose barriere e i pregiudizi che tendono ademarginare il mondo della omosessualità nelle sue diver-se sfumature ma, nello stesso tempo, intesa a fare chiarez-za su un problema (o sulle tante problematiche) di forteimpatto sociale ed umano nel mondo che viviamo.C’è stata anche una tavola rotonda su giustizia e lega-

lità di fronte al dilagare delle mafie (traffici di droga, diesseri umani, controllo del territorio etc.)con l’interven-to di Rita Borsellino e Vittorio Teresi hanno evidenziatocome Palermo stia vivendo un particolare momento diriscatto.In questa direzione un segnale di grandissimaforza ci viene anche dalla recente Conferenza episcopa-le, vale a dire dalla Chiesa siciliana la quale oggi hapreso una posizione decisa contro ogni forma di sopraf-fazione e violenza, per una giustizia credibile.

Le Comunità Missionarie del Vangelo nascononegli anni del fervore post conciliare come rispostaoperativa al ruolo e responsabilità del laicato che ilConcilio Ecumenico Vaticano II andava scolpendo.Nel nome è già indicata la specificità del servizio

che è reso alla Chiesa e alla società, ed è quello dellamissionarietà attraverso l’annuncio esplicito dellaParola, e la mediazione culturale vissuti all’internodella condizione laicale così come configurata dall’in-segnamento del magistero ecclesiale.In conseguenza di questo carisma le Comunità

Missionarie del Vangelo svolgono missioni popolariovunque chiamate. La vita comunitaria viene vissutacome incontro di fraternità per vivere insieme la stes-sa fede nell’ascolto della Parola di Dio, nella celebra-zione della liturgia e nella preghiera.La spiritualità si caratterizza per una vita sotto la

Signoria di Cristo, si esprime attraverso lo spiritodelle Beatitudini, si completa con l’essere uomini dipreghiera e di contemplazione con Maria Madre emodello.Lo stile è determinato dalla disponibilità al dialo-

go e alla comunione, dal coraggio nel proclamare ilVangelo, dalla volontà di scrutare senza alcun pregiu-dizio le vie nuove e misteriose della nuova evangeliz-zazione.I tempi e i ritmi della ordinaria vita comunitaria

sono segnati da due incontri settimanali, uno dedica-to alla catechesi permanente (perché la Parola siaannunciata con competenza e dignità), l’altro allaliturgia e alla preghiera. Per una verifica del cammi-no comunitario, mensilmente è tenuta una giornata dispiritualità.Annualmente un convegno di studio, aperto a

chiunque voglia parteciparvi, richiama l’attenzione ela riflessione su temi di scottante attualità nella vitaecclesiale e sociale.

Pino Valenti

Le comunità missionariedel Vangelo:storia e servizio

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VII CORSO DI FORMAZIONEpag. 14

Percorrendo le pagine della Bibbia ci si rende contoche il nostro Dio chiama. Prima di tutto chiamaall’esistenza, poi al dialogo in vista della comunione.

ChiamaAdamo ed Eva dopo il peccato, chiama Noè, chia-ma Abramo, chiama i profeti, chiama Maria di Nazareth.Mandando il suo Figlio, il Verbo/Parola, chiama gli apo-stoli e tutte le creature umane alla salvezza. Potremmo dire,con un teologo, che il nostro Dio è “Il Chiamante”.Ma chi chiama vuole comunicare. Il nostro Dio, che

è comunione trinitaria, chiama ogni essere umano adentrare nel circuito del dialogo e della comunionemediante il dono della fede e dello Spirito, che provocail grido/risposta: “Abbà, Papà”.In questo Convegno di formazione sulla comunica-

zione prendiamo atto con gioia che il Signore è il grandecomunicatore, che ci ha ideati e creati perché diventassi-mo comunicatori/testimoni del suo progetto d’amorerealizzato nella Pasqua di Gesù. Sono illuminanti a que-sto proposito le parole della Costituzione del Conc. Vat.2° sulla Rivelazione: “Con questa rivelazione infatti Dioinvisibile cf. Col 1, 15; 1 Tim. 1, 17) nel suo immensoamore parla agli uomini come ad amici (cf. Es. 33, 11;Gv. 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cf. Bar. 3, 38), perinvitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa eco-nomia della rivelazione avviene con eventi e parole inti-mamente connessi tra loro, in modo che le opere, com-piute da Dio nella storia della salvezza, manifestano erafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole,e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero inesse contenuto. La profonda verità, poi, su Dio e sullasalvezza degli uomini, per mezzo di questa rivelazionerisplende a noi nel Cristo, il quale è insieme il mediato-re e la pienezza di tutta la rivelazione”. (DV, 2).Ma cosa è stato il Beato, nostro protettore e modello,

se non un grande comunicatore? Percorse, per lo più apiedi, fino ad avere i piedi orribilmente piagati, più didiecimila chilometri e, con imbarcazioni di fortuna,altre cinquemila miglia sulle acque del mare e dei fiumi.Da che cosa è stato spinto? A Lui si possono applica-

re le Parole del profeta Geremia: “Nel mio cuore c’eracome un fuoco ardente,chiuso nelle mie ossa; mi sforza-vo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20, 9). E anche le

parole dell’apostolo Paolo:”L’amore del Cristo ci spinge,al pensiero che uno è morto per tutti” (2 Cor 5, 14).Dal Signore e dai Santi dobbiamo apprendere l’arte

della comunicazione.Dio è stato spinto dall’amore a comunicare. I Santi

sono stati spinti dall’amore di Dio e dei fratelli a comu-nicare e testimoniare.Nell’era della comunicazione è molto diffusa la

malattia dell’incomunicabilità. Si sente, ma non siascolta, si vede ma non si guarda. Sembra la reazione aduna comunicazione invadente ed ipertrofica, unita alladifesa istintiva della propria identità e privasy.D’altra parte i messaggi che ci giungono vogliono

essere “vincenti”, ma noi non vogliamo essere terra diconquista e ci difendiamo come possiamo, magarifacendo zapping negli spazi pubblicitari.Per fortuna la comunicazione cristiana del Vangelo

non è legata ai canoni della comunicazione pubblicita-ria e socio/politica. Questa è efficace nella misura in cuiè “vincente”, piazzando il prodotto e coinvolgendo nelprogramma o nel partito. La comunicazione/testimo-nianza del Vangelo paga di persona, si fa non “vincen-te” (se uno vince, l’altro è sconfitto), ma “con-vincen-te”, cioè si vince insieme, in quanto seguiamo lo stessomodello, il Signore Gesù.Ma per essere convincenti bisogna essere convinti,

cioè vincere con il Signore Gesù, seguendo Lui.Il Beato Junipero interceda per noi perché possiamo

essere comunicatori/testimoni di una salvezza che ci haraggiunto cambiando la nostra vita, mediante l’incontropersonale con il Signore Risorto. Il Papa ci indica lastrada con queste parole:” Voi potrete portare a compi-mento questa vostra importante missione,– se coltiverete sempre un amore profondo verso ilSignore e

– una docile ubbidienza ai vostri pastori.…Per comunicare ai fratelli la tenerezza provviden-

te del Padre celeste è, tuttavia, necessario– attingere alla sorgente, che è Dio stesso, grazie asoste prolungate di preghiera,

– al costante ascolto della sua Parola e– ad un’esistenza tutta centrata nel Signore ed– alimentata dai sacramenti, specialmente dall’Euca-ristia e nel sacramento della riconciliazione”.

Testimoni come comunicatoriDon Domenico Severo

Cappellano del Serra Club Viterbo

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Chiamatialla

VII CORSO DI FORMAZIONE pag. 15

Spesso la nostra scarsa lungimiranzanon ci consente di percepire in modocompleto l’utilità di un rituale cheperiodicamente si ripete ed a volte cre-diamo che un incontro che potrebbeapparire di semplice routine, pur di persé utile, ad un certo punto non possapiù esserlo per noi perché ci riteniamoormai esperti. Però ci accade pure diparteciparvi ugualmente, anche se conqualche scetticismo e ci accorgiamoche, invece, la partecipazione ci hanuovamente arricchiti. Questo mi èaccaduto in occasione dello svolgimen-to del “VII Corso di Formazione” che siè tenuto in Viterbo dal 19 al 21 ottobre2007 a cura del Consiglio NazionaleItaliano dei Club Serra. La mia riservaderivava dalla erronea convinzione chemolto difficilmente un ennesimo corsodi formazione potesse efficacementeinfluire su soggetti già da tempo forma-ti. Mi sbagliavo nel modo più assolutoperché, partecipandovi, ho constatatocon piacere che la manifestazione diViterbo è stata in concreto rivolta ad unnecessario aggiornamento di una for-mazione già dalla maggior parte deipartecipanti acquisita, per uniformarlasempre meglio ai valori per i quali noitutti abbiamo aderito al Serra Club.“Chiamati alla Testimonianza” è

stato il tema conduttore della manife-stazione viterbese che ha visto la parte-cipazione di numerosi soci.Grande interesse ha suscitato la

lezione della prof.ssa Elisabetta Pavan,docente universitaria esperta di didatti-ca e di comunicazione interculturale,tra l’altro titolare della cattedra di“Teoria e Tecniche delleComunicazioni di Massa” presso

l’Università di Venezia. È l’autricedelle dispense riguardanti “la comuni-cazione dentro e fuori il Serra” che cipervengono unitamente alla nostra rivi-sta “il serrano”. La sua dissertazione,più che una lezione a carattere didatti-co, ci ha dato in sostanza spunti perl’applicazione di tecniche teorico-prati-che di comunicazione dinamica che,certamente, hanno migliorato la nostracapacità di entrare in contatto con ilnostro prossimo, di stabilire con piùfacilità relazioni personali, specialmen-te di gruppo, e di interagire con piùdimestichezza anche in contesti comu-nicativi differenti dal nostro.Tra le varie relazioni, quella del

Vescovo di Viterbo, l’Eccellenza mons.Lorenzo Chiarinelli ci ha introdotto inun percorso di orientamento speculati-vo-dottrinale che, partendo dal ricono-scimento della paura di Adamo chenell’Eden si è nascosto a Dio dopo averpeccato, ha proseguito in chiave teolo-gica sul tema delle “esistenze parados-sali nella storia”. Persona di grande cul-tura che certamente è in grado di legge-re gli autori greci nella lingua originalee, quindi, non sempre facile da seguire,il Vescovo ha impressionato per i con-cetti espressi e per le sue riflessioniesposte sempre in modo profondo edattento. Infatti non è stato facile capire,per esempio, come il paradosso dellastoria, quale racconto degli avvenimen-ti, possa essere considerato testimo-nianza, cioè esperienza. Adamo, haspiegato il Presule, si nascose perché haavuto paura quando ha scoperto di esse-re nudo, ma questo atteggiamento dipanico è insito nell’uomo in ogniepoca, anche in quella moderna.

Nobisca

testimonianza

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pag. 16 ATTUALITÀ

L’insegnamento impartiteci e che dob-biamo comprendere consiste nel nonfarci costringere dalla paura in unimmobilismo di rassegnata attesa, maparadossalmente nel doverci contrap-porre alla paura con atteggiamento atti-vo e di azione. Con la realizzazione dìquelle grandi opere che hanno consen-tito il progresso, l’umanità ha ritrovatole proprie vesti ed ha superato la pauraattingendo alla speranza della vita eter-na. Ma, ci ha fatto notare il relatore, lapaura di Adamo oggi è ancor più vicinaall’uomo perché ogni avvenimentonegativo che si verifica in un luogodella terra, si estende poi in altre zoneanche lontane e influenza la vita dimolti. Infatti è noto a tutti come unevento negativo che si registra inAmerica (crisi del petrolio, svalutazio-ne del dollaro, contrazione della borsaed altri) si ripercuote negativamentenon solo negli U.S.A. ma anche sull’e-conomia europea. Nel “De vita beata”di Seneca, ha osservato mons.Chiarinelli, il filosofo si occupava dellafelicità dell’uomo, stato di appagamen-to che oggi però è considerato merautopia, perché essa si è realisticamentetrasformata nella ricerca dello stato dibenessere.Proseguendo nella disamina dei suoi

paradossi, Mons. Chiarinelli ha poispiegato che anche la fede, cardine dellanostra religione, presenta il suo para-dosso, quello per cui essa non può pre-scindere dalla razionalità perché, quan-do all’uomo viene meno la ragione, lafollia ne prende il posto; per cui è com-pito di chi rivendica l’originalità delproprio credere, cioè di noi cattolici perfede, dover difendere la ragione. Senzadi essa non c’è fede, ne libertà, ma esi-stenza nella “bruttura dell’orrore”. Allarazionalità, ancora per paradosso, nonpuò essere estraneo il fattore della rela-zionalità, perché ogni persona ha neces-sità di avere relazioni e di vivere in rap-porto con gli altri, similmente al miste-ro della Trinità di Dio che, come civiene insegnato, si manifesta nella stret-

ta relazione tra le identità delle personedel Padre, del Figlio e dello Spirito.L’ultimo giorno del corso tutti noi

siamo stati coinvolti in un incontro par-tecipativo di gruppo col compito di ela-borare proposte pratiche, possibilmenteoriginali, che sono state esposte in sin-tesi all’assemblea a conclusione deilavori. Abbiamo operato divisi in tregruppi distinti, a ciascuno dei qualisono stati assegnati tre diverse proble-matiche: una prima in ordine alla con-duzione di un Serra Club, la seconda inordine alle azioni da intraprendere perfavorire le vocazioni, la terza intesa allaindividuazione di modi nuovi peraffrontare il confronto con le realtàlocali laiche e religiose.Mi è parso che, forse per la prima

volta anche se non in piena consape-volezza, abbiamo introdotto il meto-do statunitense del “problem solving”ed esattamente la tecnica del “brain-storming”, termine che nella tradu-zione letterale significa “tempesta dicervelli”. Questa tecnica consiste nel-l’utilizzare la creatività del gruppoper far emergere idee volte alla rea-lizzazione di un comune obbiettivo.Tale metodo prevede di utilizzaretutte le idee, gli spunti di riflessionied i suggerimenti, anche quelli appa-rentemente insignificanti ma che,coordinati ed armonizzati dai mode-ratori del gruppo, possono consentirealla dirigenza di identificare ideeinnovative valide per la gestione e lasoluzione del problema che si è inte-so affrontare. Sono certo che ilC.N.I.S. ha raggiunto il suo obiettivofinale per migliorare il funzionamen-to dell’attuale organizzazione.Queste ed altre impressioni, che

per brevità di spazio non è stato possi-bile riportare, hanno di per sé costitui-to motivazioni di apprezzabili rifles-sioni più che sufficienti per partecipa-re utilmente ad un corso di formazio-ne, nella considerazione che ancheuna semplice riunione di routine ciarricchisce se vi partecipiamo col giu-sto spirito.

Adamo si nascose per-ché ha avuto pauraquando ha scoperto diessere nudo, ma questoatteggiamento di panicoè insito nell’uomo inogni epoca, anche inquella moderna.La paura di Adamo oggiè ancor più vicinaall’uomo perché ogniavvenimento negativoche si verifica in unluogo della terra, siestende poi in altrezone. Infatti è noto a tutticome un evento negati-vo che si registra inAmerica (crisi del petro-lio, svalutazione del dol-laro, contrazione dellaborsa ed altri) si riper-cuote negativamentenon solo negli U.S.A.ma anche sull’economiaeuropea.

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ATTUALITÀ pag. 17

A Cosenza si forma un Club SerraIn un’atmosfera di sì grande pregnanza, dovuta all’Avvento di Gesù Cristo nostro Signore, ha avuto inizio quel

percorso, già annunciato nei mesi passati e fortemente desiderato, di formazione del movimento laicale denomi-nato Serra International, che ha dato vita alla formazione del Serra Club di Cosenza.L’incontro che ha sancito tale evento è avvenuto in Seminario alla presenza del Padre Arcivescovo Metropolita

della Diocesi di Cosenza-Bisignano Mons. Salvatore Nunnari, del Vicario generale ed ex Rettore Mons. LeonardoBonanno, del Rettore don Mario Corraro, del Vice Rettore, dei Seminaristi, del Consigliere del Serra nazionale dr.Renato Vadalà.Il dr. Vadalà, appositamente venuto dalla Sicilia per incoraggiare i partecipanti al Serra di Cosenza e ringra-

ziarli per l’impegno profuso in quest’ultimo periodo, ha illustrato con dovizia di particolari e con grande caloreumano cosa è il Serra, i principi statutari di questa associazione laicale al servizio della Chiesa cattolica per favo-rire e sostenere le vocazioni sacerdotali e a testimoniare il cattolicesimo tramite i propri membri, la vita del mis-sionario francescano Padre Junipero Serra – talmente stimato e onorato da essere inserito fra i Padri della Patriadegli Stati Uniti – della nascita del movimento negli USA, nel mondo e in Italia e tante altre notizie.Sono inoltre da sottolineare gli interventi del prof. Walter Trignani, da sempre convinto sostenitore d’iniziati-

ve riguardanti la crescita spirituale dei giovani chiamati al sacerdozio e quello del dott. Carmelo Caputo, che dafervente cattolico e stimato medico del cosentino ha espresso con fraterna partecipazione lo spirito vocazionale eil servizio al prossimo.Grande soddisfazione è stata manifestata dal Padre Arcivescovo Mons. Salvatore Nunnari che durante l’omelia

della celebrazione Eucaristica tenuta nella Cappella del Seminario, ha posto l’accento sulla vocazione dell’uomo esullo sguardo di Dio rivolto alla Sua creatura, sì peccatrice ma allo stesso tempo redenta dal Sangue del Suo unicoFiglio ed ha concluso, auspicando che il Serra dia nuovi stimoli alla cultura del seminario e delle vocazioni.A conclusione della serata si è svolta in un clima di gioia e serenità, un’agape insieme ai Seminaristi, con una

particolare attenzione alle varie attività che il Serra Club si appresterà a svolgere e che vedrà Cosenza fucina dirinnovate e sante vocazioni sacerdotali.

Gianpiero Pitaro

L’Eucarestia officiata dall’Arcivescovo Il dibattito a sx S. Ecc. Nunnari e il Rettore Don Carraro

Uno scorcio dei partecipanti Una parte dell’uditorio Un gruppo di seminaristi

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L’APPROFONDIMENTOpag. 18

Sembra una richiesta inoltrata ad un operatore tele-com, invece è la frequente domanda di tanti cheincuriositi dalla scelta vocazionale di alcuni

ragazzi o giovani, si interrogano sul senso e sulla moda-lità di tale scelta. Non diciamo subito ch’è un mistero,anche se una buona dose di mistero c’è, per non termi-nare in fretta questa riflessione, per non lasciare i curio-si senza una risposta e perché è possibile capire comeDio chiama e come nasce nel cuore di un giovane ildesiderio di rispondere ad un invito cosi particolare.Per spiegare come avviene questa chiamata, che non

ha uno schema definito e uguale per tutti, è necessariopartire da più lontano e cioè analizzare prima la situa-zione (il contesto) in cui essa avviene e poi la chiamatae di conseguenza la risposta. Prendiamo come riferi-mento per questa analisi, il brano evangelico di Lc 5,1-11 in cui l’evangelista Luca racconta la situazione, lachiamata e la risposta dei primi Apostoli con il miraco-lo della pesca.La scelta di questa pericope lucana non presuppone

certo che in essa si trovi descritto l’intero evento dellavocazione anche se con le sue ricche sfaccettature iltesto ci fornisce una base assai favorevole. È di grandeimportanza avvertire subito che Lc 5,1-11 non rappre-senta ne vuol essere una cronistoria, un resocontoparticolareggiato che registra come sia avvenuta lavocazione nella nuda successione dei fatti. La chiamatadi Gesù e l’adesione a lui dei pescatori di Galilea sisaranno svolte in modo graduale e più complesso. Lanarrazione che appare fortemente stilizzata va semplice-mente all’essenziale dell’evento e compendia il signifi-cato della vocazione.Da un lato, la narrazione rivela il valore della voca-

zione dei discepoli “storici”, dei più ragguardevoli men-

zionati ai primi posti nel catalogo dei “Dodici” (Mc3,16-18): Simone-Pietro, Giacomo, Giovanni. Da unaltro lato, il racconto consente e rende legittima una tra-sposizione del contenuto, per comprendere la vocazionedi ogni discepolo nel tempo della Chiesa. L’evangelistascopre l’unica radice che accomuna ogni discepolo coni discepoli “storici”, tale radice è un evento d’incontrointerpersonale. La pericope indica quale dovrà essere, ecome andrà compresa e vissuta, nelle situazioni piùvarie l’autentica risposta di fede alla chiamata di Gesù.Usando un’immagine di qualità teologica, la perico-

pe lucana appare come un’icona orientale. Ogni ele-mento di essa, tratto, colori, atteggiamenti dei perso-naggi, particolari minimi, impostazione strutturale, haun significato preciso, evoca un universo teologico,divino e umano, parla di un’esperienza di fede oranteche ha guidato l’autore non a “dipingere”, ma a “scrive-re” l’icona.

1. La situazioneIniziamo ad analizzare il contesto, la situazione in

cui nasce la chiamata. Esso presenta le seguenti caratte-ristiche:

a. Lo status sociale, la posizione economica e reli-giosa dei primi apostoli non sono presentati da Luca inmodo tale da condizionare la scelta che Gesù fa. Nonsono segnati da particolari pregi, non occupano un postoelevato nella scala sociale, pur praticando un mestieredecoroso e pur avendo agiatezza che distingue la fami-glia zebedeide. Gente comune, libera e laboriosa, ipescatori del lago vivono e anticipano profeticamentel’archè della sequela come puro dono. L’essere primo ol’essere ultimo non costituisce né un titolo di merito néla rivendicazione di un diritto, che determini la chiama-ta. Essa si offre incondizionata in partenza.

b. Il racconto di vocazione non è esaltato da una sce-nografia solenne. L’ambiente descritto dalla “situazio-ne” è un habitat normale dove i chiamati svolgono laloro attività feriale. Il lago, le sue sponde, l’acqua, lereti, una barca: luoghi e attrezzi coi quali i pescatorihanno un’antica familiarità. Nessun tratto eccezionale

La chiamata, cosa succede, cosa si sente?Don Stefano Rega

Cappellano del Serra Club Aversa

È il tema su cui spesso la gente si pone diversedomande e cioè il senso e la modalità della chiamataalla vita sacerdotale, come avviene, cosa succede,cosa si avverte. Per la vastità l’argomento è diviso intre parti (1. Situazione - 2. Chiamata - 3. Risposta).In questo numero trattiamo “Situazione”

Page 19: Il Serrano n.109

pag. 19L’APPROFONDIMENTO

che interagiscono con la realtà circostante e che nel con-tempo, amano, fruiscono delle cose, modellano conimpronte inconfondibili gli strumenti d’uso e l’ambientedomestico. Perciò il distacco dal “tutto”, non si presen-ta come l’effetto di un facile e disincantato cinismo nécome la comoda quanto disumana separazione da qual-cuno e da qualcosa, che non hanno veramente fatto partedi noi.La “situazione” consente dunque di contemplare il

prodigio della metamorfosi del chiamato. Nel contem-po, fa comprendere che la trasformazione non si produ-ce per “autogènesi”. Nessuno “si fa” discepolo di Gesù.Non è l’uomo che, avendo visto Gesù, si decide da soload incamminarsi con lui. Il volontario e responsabileseguire è costantemente preceduto, trasceso e alimenta-to dal dono dello sguardo e della parola di Gesù, così

come “cercare Dio” significa anzi-tutto “essere trovati” e “lasciarsiamare” da Lui. Traspare così un’al-tra funzione di rilievo, svolta dallasituazione non soltanto nella peri-cope lucana, ma anche in ogni rac-conto vocazionale dei vangeli:manifestare la “chiamata” di Gesùquale evento di gratuità originaria, ela “risposta” dell’uomo quale possi-bilità effettiva di partecipare dellagratuità, per una nuova esistenzavissuta nel segno della gratuità.Questo messaggio interpella

ogni generazione di credenti finoalla nostra, e oltre; sottopone ad unascossa salutare le coscienze in cia-scuna tappa del cammino di fede.Non ci si può sottrarre ad una sere-na quanto seria autocritica, in unarilettura coinvolgente della “situa-

zione” che Luca e gli altri evangelisti descrivono. Lecomunità e i singoli che pensano di vivere “ovviamen-te” la sequela, nelle vie laicali, religiose, del sacramen-to dell’Ordine, sono stimolati a interrogarsi se il loronon sia un discepolato abitudinario, tendente a chiuder-si in se stesso o a difendere privilegi discriminanti, e senon abbiano bisogno di operare un ritorno alle origini,anzi all’origine, segnata dalla gratuità del dono e dallaradicalità dell’esigenza, rinnovando l’esperienza del-l’incontro col Signore Gesù che oggi passa, vede e chia-ma “lungo il mare di Galilea”. Galilea non ha confini.Ogni luogo può essere Galilea, e la Galilea si profiladovunque risuoni il messaggio evangelico, si sia chia-mati a seguire Gesù e ci si appresti alla missione.Galilea è passaggio tra la ferialità del servire con amoree la solennità che si celebra nel donarsi del martire.

rende quell’ambiente più favorevole di altri all’accade-re della vocazione, né più di altri dispone gli abitanti afarne l’esperienza. La “profanità” del luogo potrebbeanzi esservi di ostacolo.

c. La vocazione dei primi discepoli non avvieneneanche nella cornice sacra del tempio, dentro cui lavisse per esempio Isaia (Is 6,1-13). I pescatori sono sor-presi dalla chiamata mentre svolgono il lavoro giorna-liero nell’ambiente abituale. Secondo Lc 5,1-11, ilprimo incontro di Gesù con l’uomo si attua nel quoti-diano. Già nell’Antico Testamento Dio “prende” e sor-prende semplici pastori o agricoltori nella guida delgregge o nel lavoro dei campi, per mutarne il destino efarne re, profeti, liberatori carismatici del suo popolo.Di fronte a Dio, nessun luogo è talmente sacro da farscattare per incanto la sua chiamata, cosi come nessunluogo è talmente profano da impe-dirla. La stessa cosa vale per il me-stiere che l’uomo esercita. Gesùincarna e rende definitivamentechiara la libertà che Dio possiede diraggiungere l’uomo in ogni tempo eluogo della storia. Gesù non habisogno di spazi o di momenti pri-vilegiati. La vocazione penetranella quotidianità dell’esistenza edel lavoro, e si spingerà fin nellesituazioni che non sono soltantoprofane, ma addirittura negative,“impure”, cioè diametralmenteopposte alla santità del Dio vivente.Cosi Gesù chiamerà Levi il pubbli-cano mentre conta i soldi, e Saulomentre perseguita “i discepoli delSignore” (At 9,1-19).

d. Un’altra funzione importantedella “situazione” consiste nel se-gnalare che i chiamati, in questo caso, non sono gentedisorientata, senza radici, in cerca di miglior fortuna,costretta a rifarsi un’identità e una sicurezza con uninserimento adeguato nel tessuto dell’umana conviven-za. Al contrario, i pescatori sono ben piantati nel proprioambiente. La trama di relazioni in cui vivono consenteloro di orientarsi, di riconoscersi e di realizzarsi secon-do le dimensioni strutturanti della persona umana.Hanno un nome che li identifica, un lavoro decente;usano e posseggono delle “cose” che costituiscono illoro piccolo capitale; hanno un certo benessere; nel loropiccolo, hanno accesso anche alla sfera del “potere”,precisamente sui dipendenti salariati. Hanno radicifamiliari profonde e appaganti. Già il rapporto di fratel-lanza costituisce un presupposto di solidarietà affettivae operativa. I primi chiamati sono persone impegnate,

La posizione economica e reli-

giosa dei primi apostoli non è

segnata da particolari pregi, non

occupano un posto elevato nella

scala sociale, pur praticando un

mestiere decoroso e pur avendo

agiatezza che distingue la fami-

glia zebedeide, gente comune,

libera e laboriosa

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TESTIMONIANZE DI VITApag. 20

In cammino per spendereil dono della vitaSull’atlante geografico, le Filip-

pine sono un arcipelago nel-l’Oceano Pacifico di oltre sette-

mila isole, di cui solo 2000 abitate da87 milioni di persone e ben 18 milionidi anime solo nella capitale Manila,una megalopoli segnata da mille pro-blemi e contraddizioni di caratteresocio-ambientale. Nelle campagnevige ancora un’economia agricola,basata sul lavoro duro ed antico deicontadini nelle risaie, il cui raccolto èmesso a dura prova dalle improvvisealluvioni che tracimano cose, capanneed uomini sospinti dalla furia delleacque e dei monsoni. C’è poco da stareallegri, in una terra ancora così pove-ra, che ha sopportato dittature edimposizioni durissime, che stenta adassicurare target di vita accettabile atutti i suoi abitanti.Questa è terra di missione, questo è

porto di solidarietà per quanti null’altrohanno se non il senso della condivisio-ne della vita. I filippini, che abbiamoimparato a conoscere numerosi nellenostre città, sono d’aspetto minuto,gentili e sorridenti, sembrano portaresulle spalle il retaggio ancestrale di unavita semplice ed umile nella quale sipuò godere di tante piccole cose, affi-dandosi con la preghiera al buon Dio.Cattolicissimi, si sono trovati a con-frontarsi con i musulmani dell’Indone-sia confinante e con l’immigrazione

interna di Mindanao, la più meridiona-le delle isole; qui la Chiesa missionariaha il suo gran da fare, per far conviverei cristiani con 38 gruppi musulmani,138 gruppi tribali, che parlano 138 dia-letti, in una relativa pax di convenienza.C’è la necessità di far superare le diver-sità, perché abbia fine un conflitto chedura da più di 65 anni e rappresenta lostridente contrasto tra la politica deigovernanti e quel che sono i bisogni ele aspettative degli abitanti.L’epicentro della tensione è proprio

a Mindanao, l’unica isola dove lapopolazione musulmana è il 35%, coninsediamenti a chiazze di leopardo ezone dove gli islamici arrivano al 90%.La diversità di Mindanao ha radicimolto antiche. Quando sbarcòMagellano nel 1521, scoprì che duesecoli prima lo avevano preceduto ipredicatori musulmani dall’Indonesia.Quando il re di Spagna Filippo II siappropriò di queste isole affibbiando-gli il proprio nome nel 1565, la flottadell’ammiraglio Miguel Lopez deLegazpi si trovò di fronte un avversa-rio che conosceva molto bene. Eranopassati appena pochi decenni da quan-do la Reconquista ispanica aveva cac-ciato gli Arabi dall’Andalusia. E quigli Spagnoli furono subito alle presecol sultanato maomettano di Jolo,ponte strategico fra Mindanao el’Indonesia. La sfida tra il cristianesi-mo e l’islam si riproduceva identica; la

Maria Luisa CoppolaGovernatore eletto Distretto 72

Ad Aversa in occasione dell’apertura del nuovo anno pastorale, organizzata dalCDV alla presenza di tanti giovani, il missionario Padre Nicelli presentando l’ope-ra insostituibile e gratuita dei nostri missionari, che nonostante le comprensibili dif-ficoltà sono sempre pronti a ripartire verso terre lontane e disagiate, ha dato unalezione di vita che rincuora e rivitalizza la fede, nutre di operosità il servizio allaChiesa, insegna che è possibile un altro modo di spendere il dono della vita.

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pag. 21TESTIMONIANZE DI VITA

linea del conflitto che aveva insangui-nato la vecchia Europa attraversavaqueste settemila isole in capo almondo. Gli spagnoli li chiamaronosubito “moros”, come quelli di casaloro. Attualmente sull’isola di Jolo ilVescovo ed i sacerdoti possono giraresolo sottoscorta, perché la loro vita èappesa ad un filo.Il pregiudizio spesso non permette

di vedere una realtà diversa e il nonvoler leggere dentro le cose generadissenso e spesso odio. Il musulmanointegralista ingabbia la sua vita nel-l’applicazione rigida della legge divi-na, senza tener conto dell’altra facciadell’islam fondamentalista, che oggisembra in crisi perché combattuto dalprogresso e dalla modernità. Se i rapi-tori di Padre Bossi pregavano con ilkalashnicov imbracciato e considera-no noi cattolici infedeli e peccatori, èperché ancora hanno una visione tale-bana della religione e della vita; que-sto è un aspetto dell’islam, non tuttol’islam. Ne è del tutto convinto padreNicelli, missionario del Pime nelleFilippine, confratello ed amico diPadre Bossi, per il quale ha fortemen-te temuto durante il rapimento adopera degli integralisti musulmani.Lui che per sette anni è stato in quellaterra di missione, da testimone vero diuna realtà che noi conosciamo solotramite l’informazione (spesso diparte )dei mass-media, ci ha racconta-to della bontà, della solidarietà, del-l’operosità del popolo filippino, chepure tra tante angustie, non ha perso ilsorriso e la speranza. È questa ancorala Chiesa della povertà e dell’umiltà,pronta a soccorrere il fratello in diffi-coltà, a spezzare il pane della soffe-renza, a condividere una ciotola diriso in un atto di agape fraterna.Quando la ragione del particolare edell’interesse privato non schiaccia leregole della convivenza, quando alcentro dell’attenzione c’è la persona enon l’ideologia, è possibile il dialogoe l’accettazione dell’altro in un con-

fronto di civile dialettica, ma se lapolitica degli Stati regolata da ragionidi carattere economico e sociale con-diziona pesantemente la vita dellepersone, la tensione aumenta ed illavoro paziente e certosino di tantioperatori di pace viene annullato esacrificato in un batter d’occhio sul-l’onda della violenza che si propagacieca e distruttiva. Ai tanti missionariche hanno offerto la propria vita pertestimoniare il Vangelo e portare labuona novella fin laggiù, dedichiamoil nostro grato ed affettuoso ricordo,perché essi sono i nuovi martiri dellaChiesa, forse più numerosi di quellidelle origini.Questo e tanto altro ha raccontato

padre Nicelli nel corso dell’appassio-nata relazione che ha tenuto, alla pre-senza di tanti giovani della nostraDiocesi, domenica 11 novembre, inoccasione della prima giornata orga-nizzata dal CDV, diretto con avvedutalungimiranza dal Rettore delSeminario Vescovile, don StefanoRega. Gli interventi ed i calorosiapplausi hanno sottolineato il gradi-mento del pubblico presente, che hapotuto “de visu” conoscere l’operainsostituibile e gratuita dei nostri mis-sionari che, nonostante le comprensi-bili difficoltà, sono sempre pronti aripartire verso terre lontane e disagia-te. La lezione di vita di padre Nicellirincuora e rivitalizza la fede, nutre dioperosità il servizio alla Chiesa, inse-gna con i fatti che un altro modo dispendere il dono della vita è possibile.In precedenza, ai tanti convenuti nellaCappella, in un clima di sincero rac-coglimento e di fervida preghiera perle vocazioni, S.E. il Vescovo MarioMilano non aveva lesinato l’invito atrovare con il cuore il senso della vita,a non lasciarsi ingannare dai falsi deidella società consumistica ma, invece,a trovare in tanto buio la speranza del-l’incontro con il Signore che sa orien-tare i nostri timidi passi e sostenere ilnostro cammino.

I cattolici si sono tro-vati a confrontarsicon i musulmani del-l’Indonesia e con l’im-migrazione interna diMindanao, qui laChiesa missionariaha il suo gran da fareper far convivere icristiani con 38gruppi musulmani,138 gruppi tribali,che parlano 138 dia-letti, in una relativapax di convenienza.

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POI ME LO DICEpag. 22

UOMINI VERI, DALLA PARTE DI CRISTO

“Pronti a morire per Cristo in ogni momento”. CosìMonsignor Vasyly Semenyuk, Eparca di Ternopil’ dellaChiesa Greco Cattolica di Ucraina ha descritto la vitaquotidiana di questi nostri fratelli d’Oriente, al tempodella dominazione sovietica.La loro storia di fede e di martirio è riecheggiata

sulle rive del Tigullio grazie ad una serata promossa dalSerra Club al Villaggio del Ragazzo di San Salvatore diCogorno seguita il giorno dopo dalla Divina Liturgiacelebrata alla Chiesa delle Clarisse di Via Entella aChiavari, celebrazione conclusasi con l’abbraccio tral’Eparca di Ternopil’ e il nostro Vescovo, MonsignorAlberto Tanasini, ai piedi dell’Icona della Madre di Dio.Nell’incontro conviviale al Villaggio del Ragazzo,

l’Eparca di Ternopil’ era accompagnato dal Priore dellaComunità Ucraina Ligure Padre Vitaly Tarasenko, dalSegretario e dall’interprete, ma la barriera della linguasi è ben presto sciolta dando vita ad un momento di

comunione particolarmente intenso. Non pochi gli occhilucidi, al momento del congedo, e la consapevolezza diaver vissuto un momento di grazia che non potrà esserepresto dimenticato.La Chiesa greco cattolica i cui fedeli, a motivo della

comunione con Roma, venivano spregiativamente chia-mati “uniati” (uniti, per l’appunto, a Roma) è stata dura-mente perseguitata da Stalin e dal regime comunistasovietico per la sua fedeltà al Vangelo e al Papa. Lo stes-so Monsignor Semenyuk è una figura leggendaria perquei cristiani perseguitati: arrestato e perseguitatoanch’egli, seminarista clandestino, poi sacerdote clan-destino e infine vescovo clandestino, ha ordinato ben 16sacerdoti negli anni bui della repressione: una cifraenorme, in quegli anni nei quali uomini e donne, giova-ni e anziani, non hanno rinunciato al dono della fede,ben sapendo quello che rischiavano: l’arresto, lunghenotti di spossanti interrogatori, percosse, torture, la per-dita del posto di lavoro e della potestà familiare, ladeportazione nei Gulag della Siberia dal quale benpochi facevano ritorno.L’Eparca ha ricordato molti episodi degli anni del

ministero clandestino: ciò che maggiormente ha colpitoi presenti è stata la serenità con la quale li esponeva e lacapacità di intravedere costantemente la mano dellaProvvidenza anche in circostanze completamente ostili,come la volta in cui, per sfuggire agli sgherri del regime

Incontro con la Chiesa cattolica di Ucrainaa cura di F. Baratta, G. Barbieri, A. Coriandolo

Serra Club Genova Tigullio

...duramente perseguitata dal regime sovietico,quasi dimenticata dall’occidente. L’Eparca mons.Vasyly Semenyuk in visita al club e alla Diocesi diChiavari, porta la testimonianza dei cristiani greco-cattolici d’Ucraina del XX secolo.

Monsignor Vasyly Semenyuk, Eparca di Ternopil’ della Chiesa GrecoCattolica di Ucraina racconta la sua Chiesa Greco Cattolica.

L’Eparca mons. Vasyly Semenyuk con un gruppo di serrani in visita alCentro di Formazione Professionale Villaggio del Ragazzo - Sede delSerra Club Tigullio.

Page 23: Il Serrano n.109

pag. 23POI ME LO DICE

canti liturgici bizantini del Coro della ComunitàUcraina del Tigullio.Nell’Omelia Monsignor Semenyuk ha esortato tutti

ad avere fiducia nella Provvidenza e nella Madre di Dio,che “ci è sempre accanto ed intercede presso Suo Figlio,è la madre di tutti e non lascia nessuno“. A questo pro-posito l’Eparca di Ternopil’ ha riferito un episodio real-mente accaduto, quello di una madre disperata per lafame che non aveva cibo per i figli e per questo volevasuicidarsi nel fiume. Lungo la strada è passata accantoad una chiesa e, attraverso la porta aperta, ha intravistol’icona della Madre di Dio. Non ha potuto non entrare eha confidato tutto il suo dolore in una preghiera allaMadre di Dio. Sembrava che lo sguardo della Madre diDio volesse dirle “non farlo”. Rinunciando all’insanoproposito, uscita di chiesa, ha trovato un fazzoletto conall’interno varie banconote. Ha cercato il legittimo pro-prietario, senza trovarlo. Rientrata a casa ha detto aisuoi figli: Guardate alla Madre di Dio, è lei che ci hasalvati. “Lo racconto a voi – ha concluso MonsignorSemenyuk – perché mi è stato chiesto di raccontarlo”.Al termine della Divina Liturgia è arrivato Monsignor

Tanasini, accolto dal canto augurale “Mnogaia Lità” (let-teralmente molte primavere, cioè molti anni, traduzionedel latino Ad Multos Annos) al quale l’Eparca diTernopil’ ha regalato un quadro della Madre di Dio diGarvanitsa, (veneratissima dagli Ucraini, il cui santuarioè stato inserito dal Servo di Dio Giovanni Paolo II° nelnovero dei principali santuari mariani di Europa), invi-tando il nostro vescovo a visitare quel santuario.Momenti di commozione molto forti, per tutti, italia-

ni e ucraini, quando i due presuli, insieme, hanno into-nato un canto di ringraziamento alla Madre di Dio e,sempre insieme, hanno benedetto i fedeli.Subito dopo i prelati ucraini, accompagnati dagli

amici italiani, si sono recati in pellegrinaggio al Santuariodi Nostra Signora di Montallegro per la celebrazione delCanto dell’Akathistos, in lode della Madre di Dio.

comunista tentò di fuggire dalla finestra: “Mi afferraro-no per il collo e solo dopo mi sono accorto che eravamoal terzo piano – ha raccontato l’Eparca – Avevo rischia-to di volare di sotto e in quel momento ho pensato che laProvvidenza aveva disposto che io avessi salva la vita”.Vasily Semenyuk e altri cristiani coraggiosi conti-

nuavano a vivere nella Verità e la loro fedeltà al Vangelodi Cristo li portava a celebrare Messa di nascosto neiboschi. Ha ricordato Monsignor Semenyuk: “Spesso ilmio altare era un tronco d’albero tagliato a metà”. Quellegno troncato a metà divenuto tabernacolo di GesùEucaristia, è stato il germoglio dei cristiani ucraini delXXI secolo.Lo conferma il fatto, riferito da Monsignor

Semenyuk, che alcuni funzionari del regime comunistasovietico, impressionati dalla testimonianza fede di que-sti cristiani, hanno chiesto ai sacerdoti della ChiesaGreco Cattolica Ucraina di battezzare i loro figli:“Vorremmo che anche loro – spiegavano – divenisserouomini veri, come siete voi”.

***

FEDELI A CRISTO, GUARDANDO MARIA

L’abbraccio della Diocesi di Chiavari e del VescovoMonsignor Alberto Tanasini

Nella Chiesa delle Clarisse di Chiavari, MonsignorVasyly Semenyuk ha celebrato la Divina Liturgia per laSolennità di San Giosafat, Vescovo eMartire della ChiesaGreco Cattolica, presente nel martirologio romano.Moltissimi fedeli ucraini e italiani hanno preso parte

alla funzione, apertasi con il Rito di Accoglienza delVescovo, celebrato all’esterno e animato dai suggestivi

Un Santuario Mariano in Ucraina.

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Page 24: Il Serrano n.109

LETTERE AL DIRETTOREpag. 24

La posta dei lettori

L’intento di questa rubrica è di dare la possibilitàai lettori di manifestare il loro pensiero per un confronto reciproco

Gentile Direttore,riscontro il Suo email, per riassu-

mere la struttura del FORUM SANMAURELIO, che è un sodalizio con-sortile di interesse giovanile e voca-zionale (che ha avuto come ideatoree Presidente il compianto RomeoSgarbanti) e costituito da: Serra ClubFerrara, Serra Club Pomposa, Centrodi Spiritualità Eucaristica, Organiz-zazione Giovanni Grosoli eCollegium Culturale PAIDEA. L’as-sociazione PAIDEA è formata da ungruppo di docenti per le attività diaggiornamento su tematiche culturalie dottrinali.

In questo periodo ed in seguitoalla scomparsa di Romeo in data 11ottobre 07, con i responsabili dellevarie organizzazioni del Forum (tutte‘ideate e create’ da lui) si stannoorganizzando incontri per gestire tuttele attività già in essere e programma-re quelle future, soprattutto per PAI-DEA.

Per quanto riguarda la ‘Stella diPomposa‘, a parte le sue origini, sitratta di un ‘riconoscimento’ che vieneconferito a quanti si sono dimostratimeritevoli per il loro sostegno alvolontariato educativo/vocazionale.

Consideri che, in occasione delnostro prossimo incontro convivialedel 20 dicembre 07, organizzato dalSERRA Club Ferrara (in effetti, comeogni anno, si tratta di un Interclub diconcerto con Pomposa) presso il ns.Seminario Arcivescovile, verrannoconferite ben 10 Stelle di Pomposa, dicui una a ricordo anche del caroRomeo Sgarbanti.

All’incontro di quest’anno avremoil piacere di avere anche, quali gra-

ditissimi ospiti, il Dott. B. Piovesan,Presidente del Consiglio NazionaleItaliano del SERRA Club (C.N.I.S.) edil Prof. R. Roncuzzi, Governatore delnostro Distretto 76 Emilia Romagna.

Saranno con noi, inoltre, tutti gliamici e sostenitori del su citatoFORUM SAN MAURELIO, unitamenteai Cavalieri del Santo Sepolcro,

per rinnovare l’affettuosa vicinan-za ai Seminaristi nello spirito di unincontro ormai entrato nella tradizio-ne del laicato cattolico

per raccomandare la partecipazio-ne, oltre che dei propri associati,anche di quanti si sono resi benemeri-ti nella cultura e nelle opere cattoliche.

Questo incontro diventa, dunque,un’occasione non solo per attestare lanostra concreta solidarietà alSeminario, ma anche per ritemprareinsieme le nostre forze umane così daproseguire, con nuovo vigore e soste-nuti dalla Divina Grazia, il nostro cam-mino di Fede nel prossimo anno 2008.

Giuseppe MiccoliPresidente Serra Club Ferrara

Illustre Direttore, mi permetta di utiliz-zare la Sua rubrica per dialogare conl’amico Verger sul tema degli “ISMI”

Caro Aurelio,

Non ci conosciamo,serrano a ser-rano mi rivolgo a te in termini confi-denziali.

Grazie per il tuo commento al mioNO agli ….ISMI riportato nel numero106 del “il Serrano”.

Credo che il mio scritto necessiti diqualche precisazione dato che ti hainteressato, spero non infastidito.

Nella diversità di opinioni si cre-sce.

Non tutti gli ISMI sono certo daabbattere.

Quelli che sono contrari allanostra fede,alla dottrina dellaChiesa,che minano o tendono a farlole nostre Verità, certo SÌ.

A questi evidentemente va il mioNO assoluto.

E sono quelli citati dall’allora car-dinale Ratzinger nella omelia pronun-ciata nella Messa “pro eligendoPontefice” celebrata prima del concla-ve.

Marxismo, liberalismo, liberismo,collettivismo, individualismo radicale,ateismo, vago misticismo religioso,agnosticismo, sincretismo. E poi altrima solo per citarne alcuni tra quelli dipiù frequente trattazione: il nichilismo,il pensiero debole, lo stesso plurali-smo quando “nega l’esistenza di unaverità universale ed oggettiva e per-tanto ritenuto un pericolo per certeverità tipicamente religiose”.

Il NO a questi ISMI ripeto non puòche essere assoluto.

E vengo al mio NO al RELATIVI-SMO che certamente più ti ha colpito.

Quello che desideravo mettere afuoco è la frase ratzingeriana del“non lasciarsi trasportare qua e là dalvento di dottrina (che) appare comeunico atteggiamento alla altezza deitempi moderni (che) non riconoscenulla come definitivo che lascia comeultima misura solo il proprio io e lesue voglie. Noi abbiamo un’altramisura il Figlio di Dio,il vero UOMO”.

E mettere in guardia le insidie diuna epoca, con l’autorevolezza di unGIOVANNI PAOLO II quando ci dicedel pericolo che incombe su di noiquando “ci si accontenta di verità par-ziali e provvisorie” e di “non perdere

* * *

Page 25: Il Serrano n.109

pag. 25LETTERE AL DIRETTORE

la passione per la verità ultima e l’an-sia per la ricerca unite all’audacia discoprire nuovi percorsi. È la fede cheprovoca la ragione a uscire da ogniisolamento e a rischiare volentieri pertutto ciò che è bello,buono e vero…”.

Quando non si tende ad acquisiree vivere la VERITÀ in assoluto e tutto sicolloca nel RELATIVO rifugiandosinelle liceità, il mio, il nostro NO nonpuò non essere totale.

I cristiani non possiamo non con-dannare il detto di NIETZSCHE: ”Nonesistono fatti, solo interpretazioni“.

Se poi vogliamo solo lambire ilmare magnum della filosofia sul RELA-TIVISMO allora SÌ che entreremmo inun campo minato, dove c’è tutto ed ilcontrario di tutto.

Io non voglio affogare in questomare, ben altri possono navigarvi edifficilmente stare a galla.

Poi la filosofia non mi appartieneanche se l’ho amata in tempi remoti ene conservo reminiscenza.

Io dico NO a quel RELATIVISMOperché è tenebra e non conoscenza ecerco la VERITÀ ”nucleo distruttore diogni forma di RELATIVISMO”.

Mutuo da J. MARITAIN, che “visono delle asserzioni puramente esemplicemente vere (assolutamentevere) e delle asserzioni vere sotto uncerto rapporto(relativamente vere).

Dunque condivido il tuo pensiero,della necessità della prudenza, per-ché le affermazioni assolutistiche pos-sono ingenerare vulnus nella acquisi-zione della VERITÀ.

Questo spero ti soddisfi.Nei miei NO a quei ISMI non si

può essere teneri, non si può dire enon dire.

E veniamo al mio antidoto: che sidovrà essere ADULTI nella FEDEanche per dire NO ai tanti ISMI.

SÌ e lo confermo: bisogna crescere“per non essere sballottati dalle ondee portati qua e là da qualsiasi ventodi dottrina”.

“L’UOMO, colui che cerca laVERITÀ, può acquisirla solo se nonrimane FANCIULLO NELLA FEDE”.Nel suo DNA sono indovate tantepotenzialità (quante ancora le scono-sciute!), comprese quella di diventareADULTO, acquisire LA VERITÀ che hainiziato a cercarla fin da fanciullo.

Ciò nulla toglie alla sua bellezza,alla sua innocenza che ci dovrà sem-pre essere maestra e alla bella ed effi-cace affermazione di CRISTO: senon... diventerete come fanciulli, nonentrerete nel Regno dei cieli.

Caro Aurelio,Grazie ancora per la sana dialetti-

ca che hai provocato. Nella sostanzacredo che siamo d’accordo in tutto,nelle espressioni forse no.

Abbiti la mia ammirazione perquanto hai scritto sugli incriminatiISMI e la mia assicurazione che ti holetto con tanto interesse e tanta, dovu-ta umiltà.

Un affettuoso saluto serrano

Paolo MirendaPresidente Serra Club Livorno

Gentile DirettoreHo apprezzato molto anche la

seconda dispensa del “Corso diComunicazione” della prof.ssaPavan, nonostante la mia lunga espe-rienza dovuta all’attività professionaledi docente universitario e di medico e

perciò abituato ad un’attività matura-ta, oltre che in vari congressi, anche acontatto continuo sia con studenti ecolleghi che con pazienti e loro fami-liari.

Certamente, nella comunicazioneconto molto la innata facilità diespressione, la conoscenza accura-ta dell’argomento da comunicare,l’interesse con cui si comunica, mala tecnica della comunicazione nonè congenita, né ereditaria, va ap-presa.

Perciò plaudo a questa vostra ini-ziativa ed alla professoressaElisabetta Pavan, tanto più dopo aver-la conosciuta ed apprezzata al VII°Corso di Formazione a Viterbo.

Direi che tanto la prima, quanto laseconda dispensa sono entrambemolto chiare ed utili, anche se laprima è sembrata necessariamentepiù arida perché introduttiva.

In attesa quindi delle dispense suc-cessive, valuterei in modo molto posi-tivo quanto per ora propostoci dalConsiglio Nazionale.

Molti distinti e cordiali saluti.

Mario MontagnaniPast Governatore Distretto 171

... Ora occorre una Fondazione molto piùforte, perché gli scopi della Fondazionesaranno sempre più importanti.

GIOVANNI CASALEGGIOPast Presidente della FIBJS

(dalla fondazione)

FONDAZIONEITALIANADI RELIGIONEE CULTO«B. JUNIPERO SERRA»

Il Tuo contributo può essere inviato tramite bonifico bancario a:Cassa di Risparmio di Lucca Pisa Livorno Ag. 8 - Via Bargagna, 36 - 56124 Pisa

PAESE: IT - C.D.: 13 - CIN H - ABI 06200 - CAB 14028 - C/C 234002intestato: Fondazione Italiana B. Junipero Serra

* * *

Page 26: Il Serrano n.109

La biblioteca de “il serrano”

In questa rubrica trovano spazio recensioni di libri o pubblicazioni che trattanoprevalentemente argomenti legati alle finalità ed alla attività della nostra Associazione.

La preghiera che libera: ostacoli,deviazioni e tendenze magichenella preghiera cristianadi Leoluca Pasqua

Dopo il notevole riscontro de“L’inganno della Magia”, edito daCittà Nuova, Leoluca Pasqua tornasugli scaffali delle librerie cattolichecon un nuovo ed interessante testo:“La preghiera che libera. Ostacoli,deviazioni e tendenze magiche nellapreghiera cristiana”.La nuova fatica di don Pasqua non

è un semplice libro di preghiere, néun libro sulla preghiera, ma, credo siabene definirlo un libro di preghiera.Questo testo nasce proprio dall’espe-rienza di preghiera, personale ecomunitaria, dell’autore che nella suaarticolata riflessione si “immerge” nel-l’essenzialità della preghiera e la qua-lifica essenzialmente come esperien-za propria dell’uomo.Don Pasqua, rifuggendo da facili

spiritualismi oggi molto in voga, indi-vidua il topos della preghiera cristia-na nell’uomo, l’uomo preso per interocon tutti i suoi pregi e i suoi difetti, conle sue straordinarie potenzialità, maanche con le sue abbondanti debo-lezze.Nel solco della tradizione orante

della cristianità l’autore afferma: «nonesiste la preghiera in astratto, ma esi-ste la persona che prega anche attra-verso le proprie debolezze. Non esi-ste una preghiera disincarnata inquanto essa passa necessariamentedall’esperienza umana che deve sem-pre più trasformarsi in una esperienzaspirituale».Senza dubbio è l’orante, l’uomo

che prega, che si afferma come part-ner essenziale di Dio nell’esperienzaorante, cosicché la preghiera, chesgorga dal cuore e dalla mente delcredente, viene a delinearsi comedono di Dio e vera e propria “fatica”.Non è concesso nulla nel nostro testoa visioni idilliache secondo cui la pre-ghiera sarebbe un moto del cuore chenaturalmente va a Dio, anzi l’autore sisofferma molto e acutamente sullemolteplici deviazioni e devianze dellapreghiera, sugli ostacoli che la nostrastessa umanità produce nell’autenticocammino di orazione.Ma più che di cammino don

Pasqua preferisce parlare di “campodi battaglia” richiamando alla nostramente quel famoso detto del padredel deserto Agatone per cui «la pre-ghiera esige lotta fino all’ultimo respi-ro». Così la preghiera si configuracome la lotta delle lotte, la lotta cheattraversa ogni momento della nostravita, sforzo di trasformare tutta l’esi-stenza in pensiero rivolto a Dio.In questa prospettiva l’analisi del-

l’esperienza della preghiera non puònon aprirsi all’aspetto della preghieradi liberazione. E proprio a questamodalità di preghiera l’autore dedicala seconda parte della sua riflessionein cui avverte la necessità di volerridare significatività alla preghiera diliberazione “liberandola” (è proprio ilcaso di dirlo!) dalla “deviazionemagica” che, secondo don Pasqua, èuna vera e propria «manipolazioneche fa della preghiera, non un eventodi grazia dove si incontra Dio e sisperimenta il suo amore, ma unaesperienza semplicemente umana dalcarattere egocentrico con quella dia-

bolica pretesa di piegare Dio ai pro-pri bisogni ricorrendo anche allemodalità meno opportune».Leoluca Pasqua si premura di far

emergere, anche attraverso itinerariconcreti, il valore liberante della pre-ghiera, che consiste, in ultima analisi,nella capacità di trasformare e con-vertire l’esistenza intera. Così anche icosiddetti “momenti forti” di preghie-ra, carichi di emotività, acquistanosignificato ed importanza nella misu-ra in cui pian piano trasformano e tra-sfigurano il quotidiano ed isolano lesempre presenti ed insidiose devianzedi tipo magico.In definitiva il nostro libro con la

sua intensa carica umana e la profon-dità dei suoi contenuti si configuracome un prezioso vademecum percoloro che vogliono iniziare a prega-re o per quanti avendo già iniziato apregare, si sono già stancati o si sonoaccorti di essersi allontanati dall’au-tentica preghiera cristiana.

Adriano Frinchi

RECENSIONIpag. 26

Page 27: Il Serrano n.109

scia delle intuizioni degli ideatori, alle Parrocchie, aimovimenti ed alle associazioni ecclesiali.

In una società attraversata, anche nel sud, da un pro-cesso di secolarizzazione, di destrutturazione e distru-zione di valori, quali quelli della famiglia, cellula pri-maria d’educazione alla scoperta delle vocazioni deisingoli componenti, l’esigenza di una formazione, daparte di Club di volontari, per l’alimentazione dellevocazioni laiche alla famiglia, alla professione, come aquelle essenziali alla vita religiosa e sacerdotale, acqui-sta valenza universale per la Chiesa e tende a responsa-bilizzare tutte le sue componenti.

Dai Serra Club diocesani a quelli interparrocchiali ilcammino sarà possibile e prevedibile, ed il nuovoPresidente internazionale Gambardella si troverà a spe-rimentarne tale fattibilità, specie nei grandi centri; inol-tre l’esistenza di un laicato, che ha annoverato, tra le suefile, beati come Pina Suriano, educatori e cittadinimodello e che trova nella diocesi, figure e modelli divescovi, sacerdoti e laici, da additare quali esempi disantità, non poteva, infatti, lasciare indifferenti quantiavvertono l’urgenza di un’azione comunitaria per levocazioni.

Tra i primi obiettivi, il nascente Club ha avuto quel-lo di proporre alle aggregazioni laicali, diocesane e

Alla presenza di S.Ecc.za Mons. Salvatore DiCristina, Arcivescovo di Monreale e Cappellano delClub, dei presidenti dei Club del Distretto 77, il 20dicembre presso il Seminario di Monreale è stata conse-gnata da Cesare Gambardella, recentemente eletto adAtlanta Presidente di Serra International, il riconosci-mento del Club, attraverso la charter d’incorporazione.

Quest’ambito atto istituzionale per il Club, giungedopo un lungo lavoro svolto dal nucleo dei fondatori, edalcune iniziative, nella fase preparatoria d’avviamento,imperniate sull’esperienza ed la collaborazione con loormai storico Club palermitano, che annovera tra gliiscritti professionisti, docenti, educatori, animatori cul-turali

La costituzione del Club di Monreale a suo tempo,era stata proposta al laicato della diocesi ed incoraggia-ta dall’amato Arcivescovo Cataldo Naro, purtroppo pre-maturamente scomparso, nel quadro di un’azione alivello internazionale per sostenere le vocazioni religio-se e sacerdotali, aperta, ora, anche alle sezioni giovani-li per tracciare itinerari generazionali percorribili sulla

ATTUALITÀ pag. 27

Il Serra è anche aMonreale

Ferdinando RussoPresidente del club

Alla presenza di S. Ecc. l’Arcivescovo Di Cristina, il Dott. Gambardellaconsegna al Presidente Russo la statuetta del Beato Junipero Serra.

La consegna della “campana”.

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pag. 28 CRONACA

regionali, vivaci nella diocesi di Monreale, con il sitowww.cdal-monreale.it, una maggiore condivisioneall’azione per le vocazioni religiose e di vivere mag-giormente vicino ai seminaristi ed ai sacerdoti, collabo-rando alle giornate ed alle iniziative per le vocazioni.

Il nascente Club ha proposto al suo interno, offren-done conoscenza ai giovani in preparazione del sacerdo-zio, in sintonia con gli eventi promossi dalla Facoltà teo-logica della Sicilia e della Chiesa diocesana. l’approfon-dimento di alcuni temi della società contemporanea, cheinterferiscono con i problemi della fede, della religiosità,della vita civile, culturale e sociale, e intercettano, quan-do non ostacolano, le vocazioni laiche e religiose.

La diffidenza diffusa verso la partecipazione politi-ca dei cattolici ha portato, il nascente Club ad inserirenel suo programma l’approfondimento dei temi delladottrina sociale della chiesa, del bene comune, dellafamiglia, primaria fonte delle vocazioni e dellaParrocchia, in una società che cambia anche i luoghi dilavoro, d’abitazione e di socializzazione, per vivere inun contesto sempre più interculturale.

Sul piano culturale, non è mancato sin da ora, invista dell’accademia diocesana di musica sacra, unprimo recupero delle migliori tradizioni musicali deimaestri diocesani Sgarlata, Liberto, Colletti, per faredella musica un alto momento di raccoglimento, di pre-ghiera e di culto, portando alla Settimana di musicasacra di Monreale alcune opere (tra cui il Pantocratore)del serrano Maestro Saro Colletti. Ed ora il Serra Club,con l’ambito riconoscimento internazionale, riapre ilsuo primo anno sociale al servizio delle vocazioni, perl’irradiazione della fede e del magistero della Chiesa.

La consegna del “distintivo”.

John Henry Newman

Io sono creatoper realizzare un progettoper cui nessun altro è creato.Io occupo un posto mionei consigli di Dio,nel mondo di Dio:un posto da nessun altro occupato.Poco importa che sia ricco,povero, disprezzatoo stimato dagli uomini:Diomi conosceemi chiama per nome.Egli mi ha affidato un lavoroche non ha affidato ad altri.Io ho la mia missione.In qualche modo sono necessarioai suoi intenti,tanto necessario al mio postoquanto un arcangelo al suo.Dio non mi ha creato inutilmente.Io farò del bene, farò il suo lavoro:sarò un angelo di pace,un predicatore della veritànel posto che Dio mi ha assegnatoanche senza che io lo sappiapurché segua i suoi comandamentie lo serva nella mia vocazione.

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CRONACA pag. 29

Il più bel dono sotto l’albero:Vigevano... sei serrana!

È motivo di gioia aver trovato nuovi amici che condividono gli ideali serranie vogliono impegnarsi a testimoniare la fede e condividere con i Pastori le preoccupazioni per le vocazioni

Cosa potrebbe desiderare di piùun serrano se non vedere con lapropria fatica realizzarsi un

nuovo club Serra.Quale gioia infinita condividere

con nuovi amici gli ideali di un Serraattuale, vivo, impegnato a seguireNostro Signore nel difficile camminonella società per testimoniare la pro-pria appartenenza, la propria cultura.Dopo quasi due anni di incontri di

formazione, Mercoledì 5 Dicembrenella splendida e significativa cornicedel Duomo di Vigevano prima e delSeminario Vescovile poi, alla presenzadel Vescovo S. Ecc. Mons. ClaudioBaggini, che ha celebrato la S. Messa,del Presidente Nazionale del Serra,

Benito Piovesan, del Sindaco diVigevano e di autorità religiose, civilie militari, di rappresentanti di altriclub Serra della Liguria e delPiemonte, si è svolta la cerimonia diconsegna della charter al Serra ClubVigevano-Lomellina.“Stiamo festeggiando il battesimo

di un nuovo club” ha dichiarato com-mossa la Presidente Sig.ra Carla SalaBonomi “rendendo pubblica la suapresenza nella nostra diocesi... avrem-mo voluto, forse, fare il nostro ingres-so in punta di piedi, quasi in sordina,rispondendo a questa chiamata nelprofondo dei nostri cuori... tra le muraprotettive del nostro Seminario... ma,proprio perché il nostro servizio vuoleessere risposta, proprio perché la gioianel Signore è contagiosa, non poteva-mo nascondere questo momento diimpegno comunitario e di intensacomunione... Comunione intornoall’Eucarestia, con il nostro Vescovoche ci ha sollecitati ad assumere que-sto impegno a favore delle vocazioni eci ha accompagnati nel cammino diformazione promosso dal vicePresidente Nazionale, Marco Crovara,dalla Presidente del club sponsor ValleScrivia-Oltrepò, Carla Chiolini, e dalnostro diacono permanente, AngeloCapittini... Ci siamo impegnati in que-sti due anni a conoscere e comprende-re sempre più il Movimento Serra e,volendo ascoltare la voce dello Spiritoche, come ci ricorda il nostro Vescovo

L’intervento del Presidente del Consiglionazionale Dott. Benito Piovesan.

Marco CrovaraV. Presidente del CNIS

Page 30: Il Serrano n.109

pag. 30 ATTUALITÀ

nella sua lettera pastorale, invita allaconversione e ad osare cose nuove,abbiamo detto si confidando nella Suaopera... abbiamo detto si al servizio edal sostegno alle vocazioni... a tessereuna tela di rapporti umani veri e since-

ri con il nostro Seminario, i nostrisacerdoti, le realtà religiose della dio-cesi, consapevoli che il problema delleVocazioni non deve rimanere unapreoccupazione dei soli Pastori, madeve suscitare la sensibilità di tutti,coinvolgendo in particolare le fami-glie e gli educatori... allora Serra ClubVigevano-Lomellina riannoda le tuereti e gettale senza timore, con la fidu-cia che Gesù, Buon Pastore, e Maria,Madre della Chiesa, ti sosterrannoovunque e sempre!...”.Nell’omelia Mons. Vescovo aveva

già sottolineato il particolare ed origi-nale impegno di ogni serrano al servi-zio delle vocazioni e gli altri interven-ti, del Sindaco e del Rettore delSeminario, Don Luca Pedroli, chiude-vano la serata evidenziando le nume-rose realtà di servizio vigevanesi e lagioia di avere questi nuovi amici afianco dei seminaristi. Come nonricordare la consegna del distintivo alCappellano, Mons. Elio Caspani, giàRettore del Seminario, che con la suaassidua presenza agli incontri ha con-tribuito a gettare le fondamenta persostenere questa nuova, bella realtà.

Il Presidente del CNIS, Piovesan, da lettu-ra della charter d’incorporazione.

Le... dolcezze finali...

...dopo la consegna dei distintivi

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ATTUALITÀ pag. 31

Il Patriarcato greco-melkitaLa Chiesa greco-melkita cattolica è una Chiesa distribuita in tutto il Medio Oriente arabo e nella diaspora;

le sue origini si confondono con la predicazione del Vangelo nel mondo greco-romano

Gli incontri serrani oltre al piacere divivere in amicizia un momento con-viviale dopo la rituale celebrazione

della S. Messa si propongono pure di svilup-pare approfondimenti spirituali e culturali: èil nostro nostro stile abituale e pure il nostromodo di farci conoscere, di dare contenuto aun programma che vuole essere di esempio edi stimolo a una società che sempre più cipare allontanarsi dai valori e dalle prospetti-ve cristiane; a una società votata all’indiffe-renza e alla progressiva perdita di identità erivolta più all’effimero, all’inconsistentebenessere fisico e materiale, al relativismo –come ha gridato forte e chiaro, più di unavolta, il Santo Padre Benedetto XVI.

La premessa è indispensabile per raccon-tare l’occasione di un incontro particolar-mente impegnativo promosso dal Serra Clubdi Piacenza e che ha visto protagonista DonRiccardo Alessandrini, sacerdote dal 1967 eattualmente parroco della SS. Trinità(Piacenza), una delle più popolose parroc-chie della città.

Nel 2005 ha ricevuto la nomina diArchimandrita del Patriarcato cattolicogreco-melkita di Antiochia e di tutto

l’Oriente. Proprio in tale veste e per parlarcidi questa realtà, il presidente della SerraClub di Piacenza Alfredo Ranza l’ha volutofra noi.

La Chiesa greco-melkita cattolica è unaChiesa distribuita in tutto il Medio Orientearabo e nella diaspora, ereditaria di tre sediapostoliche: Antiochia, Alessandria eGerusalemme. Le sue origini si confondonocon la predicazione del Vangelo nel mondogreco-romano del Mediterra-neo orientale.La Chiesa melkita deve il suo carattere a duefedeltà: quella ai primi sette concili ecumeni-ci e quella dell’Impero di Bisanzio. Il suonome si deve alla sua fedeltà all’imperatore(malka, in siriano) che aderì al concilio diCalcedonia per cui in Gesù Cristo ci sonodue nature, quella divina e quella umana, inuna sola persona, quella divina.

La conquista arabo-islamica del VII sec.portò i patriarcati melkiti sotto la dominazio-ne non cristiana, successivamente l’imperobizantino riconquistò quelle terre (960-1085)e questo ebbe come conseguenza la bizanti-nizzazione della liturgia dei tre patriarcati.Con le Crociate i patriarchi e i vescovi latinirimpiazzarono le gerarchie melkite (ad ecce-zione di Alessandria).

Le vicende storiche che si susseguironoportarono profondi cambiamenti e soprattuttoun forte decremento delle comunità cristianeche si ridussero a un piccolo nucleo di testi-monianza e di fedeltà a Cristo. Nel XVII sec.tuttavia i rapporti fra latini e melliti si incre-mentarono e nel 1709 il patriarca diAntiochiariaffermò l’autorità del Papa sulla Chiesagreco-melkita.

Fu a questo punto che il clero si divise trachi vedeva nella Chiesa Occidentale un’oc-casione di riconciliazione e salvezza e chi

Lo stemma del Patriarca

Alfredo Ranza

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pag. 32 ATTUALITÀ

considerava Roma incapace di comprenderela tradizione orientale. Nel 1724 avviene cosìla divisione dei melliti in due rami: uno sottol’influenza di Costantinopoli (gli ortodossiantiocheni) e l’altro che dichiara formalmen-te l’unione con Roma (melkiti cattolici).Avendo vissuto al proprio interno la lanci-nante ferita delle divisioni nella sua purrecente storia con Roma la Chiesa melkita èsempre stata impegnata per un dialogocostruttivo fra Oriente e Occidente. Dialogo

tenuto vivo da GiovanniPaolo II in occasione diuna sua visita storica aDamasco durante la qualeun papa entrava per laprima volta in unamoschea (dove secondola tradizione si trova latomba di San GiovanniBattista).

Attualmente la Chie-sa melkita conta circadue milioni di fedeli dis-tribuiti in quattordicidiocesi in Siria, Libano,Giordania, Israele; cin-que diocesi negli StatiUniti, in Brasile, Mes-sico, Australia e Canada;due esarcati patriarcaliin Iraq e Kuwait, dueesarcati apostolici inArgentina e Venezuela;mentre Egitto, Sudan eGerusalemme sono con-siderati territori patriar-cali.

Ma non solo il passa-to è suggestivo e interes-sante; c’è pure un presen-te vissuto intensamente e

riempito dalle tante opere in Terra Santa,come i “progetti per alloggi”, programmatiper ovviare alle difficoltà economiche esociali dei fedeli di rito greco cattolico, inmodo particolare delle giovani coppie chealtrimenti sarebbero spinte ad emigrareanche per le difficoltà nel reperire un allog-gio. Proprio per questo, quindi, sono natedelle cooperative edili in diverse parrocchie.Il primo progetto è stato realizzato aGerusalemme nel 1983 e comprendeva 36

appartamenti abitati da 200 persone. Altriprogetti per un totale di 200 appartamentisono in atto a Ramallah, Bait Sahour, Taybehe ancora a Gerusalemme.

Come il grande centro comunitario “AL-Liqa (che significa incontro) a Beit Hanina,nei pressi di Gerusalemme, realizzato perospitare un complesso sanitario, un giardinod’infanzia, dei locali per la pastorale e unagrande sala polivalente. Ci sono pure centrimedici-sociali, quattro per l’esattezza, pertutti coloro che non dispongono di un servi-zio sanitario: un baby center nella città vec-chia a Gerusalemme, che ospita circa 10.000bambini e nel quale è attivo anche un dis-pensario e un gabinetto dentistico; il centromedico “San Lazzaro” a Beit Hanina; il cen-tro medico Beit Sahour con una sala per pic-cola chirurgia e radiografie, e un altro dis-pensario con gabinetto dentistico ad Al-Mahaba. Ai quattro centri fanno riferimentocirca 80.000 persone all’anno.

Numerosi poi sono i centri per la gioven-tù a Gerusalemme, Ramallah, Betlemme,Beit Sahour e Rafidia: rappresentano unluogo di istruzione e di incontro.

Il Centro San Cirillo a Gerusalemme,nato nel 1981 è il luogo della formazionereligiosa e pastorale, integrato conl’Università cattolica di Betlemme: preparacatechisti laici e professori di religione per lescuole della Terra Santa.

Da segnalare infine i centri di formazio-ne religiosa femminile, attivi nelle parroc-chie di Gerusalemme, Beit Sahour,Ramallah, Rafidia, Taybeh e Jaffa, con circa150 ragazze che prendono parte ai corsi diformazione; e i seminari di Beit Sahour cheoperano per formare sacerdoti, seminaristi elaici interessati agli argomenti biblici, litur-gici, spirituali e storici relativi alla TerraSanta e alla tradizione orientale.

In conclusione, Don Alessandrini si èsoffermato a considerare la presenza dellaChiesa greco-melkita in Italia, che ha la suasede in Roma presso la Chiesa di SantaMaria in Cosmedin assegnata da Papa PaoloVI al Patriarcato greco-melkita cattolico, eche opera attraverso gli archimandriti, fra iquali appunto Don Riccardo Alessandrini,con lo scopo di creare “ponti fra la Chiesalatina e quella orientale”.

Nel XVII sec. tuttavia i rapportifra latini e melliti si incrementa-rono e nel 1709 il patriarca diAntiochia riaffermò l’autorità delPapa sulla Chiesa greco-melkita.Fu a questo punto che il clero sidivise tra chi vedeva nellaChiesa Occidentale un’occasio-ne di riconciliazione e salvezza echi considerava Roma incapacedi comprendere la tradizioneorientale. Nel 1724 avviene cosìla divisione dei melliti in duerami: uno sotto l’influenza diCostantinopoli (gli ortodossiantiocheni) e l’altro che dichiaraformalmente l’unione con Roma(melkiti cattolici).

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Premessa

Nel quadro delle iniziative finalizzate alla diffusionedegli scopi serrani, il Consiglio Nazionale Italiano delSerra (in seguito indicato CNIS) intende promuovere, intutti i contesti sociali tramite le scuole, la cultura catto-lica e la sensibilizzazione alle vocazioni religiose.In tale ottica, il CNIS, consapevole dell’utilità dei

concorsi scolastici promossi a livello locale e diffusiin tutta Italia, bandisce il IV concorso scolasticonazionale.

BANDO DI CONCORSO

Art. 1Obiettivi

Il concorso è finalizzato:– a dare una rilevanza a livello nazionale dei concor-

si locali;– a promuovere la cultura cattolica;La partecipazione al concorso prevede, secondo le

modalità descritte all’art. 2, la presentazione di lavoriche illustrino con originalità e immediatezza le rifles-sioni elaborate attraverso le azioni della scuola perattualizzare gli obiettivi e le finalità del concorso.Per questo IV concorso la traccia consigliata è la

seguente:“Per il SI detto da una donna, è nato ‘uno dei grandi

profeti’, ‘il più grande comunicatore’, per noi ‘il figlio diDio, il salvatore degli uomini’... GESÙ. Storia, filosofia,arte, etica e religioni negli ultimi duemila anni di vita inOccidente. Cosa resta di questo percorso? Cosa restadella valorizzazione di una DONNA di 2000 anni fa?”

Art. 2Destinatari e modalità di partecipazione

Al concorso nazionale possono partecipare i primi 3

(tre) vincitori di ogni ordine e grado di scuola (elemen-tari, medie e superiori) con i lavori realizzati per il con-corso scolastico organizzato da un Serra club italianoche intende aderire successivamente al concorso nazio-nale.Gli elaborati vincitori del concorso locale saranno

inviati al Consiglio Nazionale Italiano a cura del Serraclub organizzatore.

Art. 3Valutazione degli elaborati

I lavori saranno valutati dalla Commissione concor-so nazionale, appositamente nominata dallaCommissione cultura del CNIS, che sarà composta da 5membri serrani o no, esperti e/o docenti particolarmen-te attenti e sensibili.La Commissione nazionale valuterà gli elaborati, a

suo insindacabile giudizio, tenuto conto degli elementidi particolare originalità e significatività, sia sotto ilprofilo dei contenuti che della modalità di realizzazio-ne, in relazione alle tematiche assegnate dal concorsolocale.La Commissione sceglierà, individuando per ognuna

delle tre fasce (elementare, media e superiore) tre ela-borati (temi o poesie o disegni) meritevoli dei premi dicui all’art. 5.

Art. 4Termini

I lavori dovranno essere inviati, a cura dei singoliclub organizzatori dei concorsi scolastici locali, conl’indicazione della scuola del partecipante o partecipan-ti, i dati anagrafici dei partecipanti, una copia del bandodi concorso locale e l’indicazione del premio assegnatoa livello locale, alla Segreteria del Concorso nazionaleentro il 30 maggio 2008, indirizzandoli a:

Bando del 2007-2008

Page 34: Il Serrano n.109

pag. 34 CRONACA

SEGRETERIA SERRA INTERNATIONAL ITALIAConcorso Scolastico NazionaleCooperativa Fani ServiziPiazza San Lorenzo, 1001100 VITERBO

Tel. 0761.303231 - Fax 0761.306006E-mail: [email protected]

La Commissione nazionale comunicherà al CNIS irisultati finali del concorso entro il 30 settembre 2008.Ad ogni fase, sia locale che nazionale, sarà dato il

massimo rilievo sia attraverso apposite cerimonie cheattraverso la pubblicazione dei risultati delle selezioni.

Art. 5Premiazione

A ciascuno dei tre vincitori delle tre fasce verrannoassegnati i seguenti premi:– 1) Premio: un computer portatile– 2) Premio una macchina fotografica digitale– 3) Premio un lettore DVD

Nel caso che l’elaborato meritevole di premiazionesia stato presentato da un gruppo, il premio potrà essereconsegnato a un componente del gruppo delegato e afavore del gruppo.L’esito della selezione sarà comunicato entro il 15 di

ottobre al club organizzatore aderente al concorsonazionale. Il presidente, a sua volta, lo comunicherà aipartecipanti e ai vincitori.La premiazione avverrà in luogo e data che stabilirà

il Consiglio Nazionale di Serra Italia, possibilmente inoccasione di un Consiglio nazionale.Nel caso di difficoltà dei vincitori a partecipare alla

premiazione nazionale, il premio nazionale, verrà con-segnato in sede locale (in luogo e data da stabilirsi) dalPresidente del CNIS e/o dal Coordinatore dellaCommissione cultura e/o dal Governatore delDistretto.Gli elaborati vincitori del concorso nazionale saran-

no menzionati sulla rivista a tiratura internazionale “ilserrano” e sul sito internet.Notizie relative al concorso ed ai risultati saranno

inviati ai media e pertanto la partecipazione al concorsoimplica l’autorizzazione esplicita al trattamento dei datipersonali.

Il Bando è consultabile sul sito WEB:http://www.serraclubitalia.it

Per ulteriori informazioni contattarela Segreteria nazionale - tel. 0761 303231

I premiati del 3˚

In occasione dell’ultimo Consiglio nazionalesvoltosi a Roma dal 14 al 16 dicembre 2007, si èproceduto alla premiazione dei vincitori del 3°Concorso scolastico nazionale. Credo sia superfluoricordare che lo strumento in questione è stato ed èelemento di grande importanza per la divulgazionedel carisma serrano e che la sua utilizzazionedovrebbe entrare nel programma di ogni Club. Matornando all’ultima premiazione, confesso che, puressendo da me tanto attesa e preparata con gioia epassione, sicuramente avrei trasmesso questi senti-menti ai ragazzi che vi avrebbero partecipato, manon l’ho potuta vivere in prima persona. Sono sicu-ra che chi mi ha sostituito, e che ringrazio profonda-mente avrà di sicuro dato il massimo, affinché iragazzi presenti portino nel cuore il bel momentoche il Serra ha fatto loro vivere, insieme ai loro geni-tori ed ai loro insegnanti. Soprattutto mi auguro cheportino sempre nel cuore e li custodiscano comedoni preziosi, quei valori che hanno dimostrato dipossedere nella realizzazione degli elaborati presen-tati. Colgo altresì l’occasione, attraverso questepagine, di ringraziare chi è stato prezioso per lavalutazione dei lavori pervenutici, in particolare leprofessoresse Rosanna Ballan, Maria Luisa Coppolae Paola Mariani, che con grande competenza, sensi-bilità e soprattutto concordanza di giudizio, hannopermesso la segnalazione dei vincitori.

Maria MadiaiResponsabile Comissione cultura CNIS

Il Presidente Piovesan nel corso della premiazione.

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pag. 35CRONACA

Concorso scolastico nazionaleSecondaria II gradoPrimo Premio: Fantoni Angelica, Montepulciano. Motivazione: tema ben svolto, fresco ma soprattutto appas-

sionato nell’esprimere la necessità del dialogo interreligioso e appassionato anche nel ritenere importanti i sim-boli della nostra fede che sono tra l’altro i segni delle nostre radici culturali.Secondo Premio: Casaccia Chiara, Rovigo. Motivazione: un seme del “dopo Verona” molto bello. È il pro-

getto di una adolescente permeato dalla sua fede. Tema ben scritto, scorrevole.Terzo Premio: Classe II Istituto Statale “Sacro Cuore”, Cerignola. Motivazione: delicato nei toni ma incisi-

vo nel messaggio. È questo l’amore di Dio che si manifesta nel sacrificio del suo unico Figlio, nell’Eucarestia.

Secondaria I gradoPrimo Premio: Agù Marta, Torino. Motivazione: le tecnonologie devono essere al servizio dell’uomo e non

viceversa. Anche Gesù, il più grande comunicatore di tutti i tempi, si è isolato pochissime volte. Dobbiamo finda piccoli imparare già dalla famiglia a comunicare.Secondo Premio: Manganelli Francesco, Acireale. Motivazione: “Amore indiscriminato”: l’uso di questo

aggettivo vuole dare l’idea della grandezza e della potenza che l’amore avrebbe sulla violenza del mondo e cheda solo potrebbe togliere “il male di vivere”.Terzo Premio: Milanesi Andrea, Massa Carrara. Motivazione: il valore della famiglia è molto radicato e vis-

suto con tanto affetto, grazie anche all’insegnamento di Gesù.

PrimariaPrimo Premio: Cappelli Matteo, Grosseto. Motivazione: ci si può commuovere di gioia quando si ascoltano

i suggerimenti di un bambino. Il componimento di Matteo dovrebbe mettere in ascolto molti adulti in particola-re i sacerdoti.Secondo Premio: Amodeo Francesco, Pinerolo. Motivazione: fresco, gioioso, carico di amore per la famiglia.Terzo Premio: Mariani Diego, L’Aquila. Motivazione: elaborato in versi liberi, singolari immagini sul mondo

dei diseredati e sulla potenzialità di ognuno di noi di amare e di essere al servizio del prossimo.Molti gli elaborati pervenuti e difficile la scelta dei premiati; non si potevano così non menzionare altri lavo-

ri di buon livello e carichi di ottimi spunti e riflessioni nell’ambito della morale della fede:Pizzoni Maria, TorinoMerli Andrea, PontremoliMugnos Michele, MontepulcianoVentura Ginevra, L’AquilaBen Aida Sanae, RovigoDe Stefani Rita, RovigoV Classe di catechismo del Santuario delleGrazie, Cairo Montenotte - Acqui

Alcuni genitori e alunni durante la premiazione.

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J. H. Newman “padre silentedel Concilio Vaticano II”

Anticipò riflessioni teologiche ed orientamenti di pensiero che risuonarono abbondantementenell’ultimo Concilio Ecumenico, tanto da far dire a molti che egli è il moderno “Dottore della Chiesa”

Il nome di Tony Blair, ex premier della Gran Bretagna, è associato dal2001 e per i successivi sei anni all’amicizia che lega questo personag-gio a GeorgeW. Bush al punto da divenire il suo più grande alleato nelle

due successive guerre in Afganistan e Iraq.Improvvisamente Blair fa sapere al mondo che rinuncerà al suo incari-

co di premier ed altrettanto improvvisamente, alcune settimane fa, si recain visita dal Papa Benedetto XVI e fa sapere al mondo la sua intenzione di farsi cattolico. Igiornali inglesi non hanno scritto parole di fuoco per la ventilata conversione come, invece,accadde 162 anni fa allorché in blocco si espressero furiosamente per la conversione al catto-licesimo del grande John Henry Newman. Recentemente questo nome è tornato alla ribaltapiù volte, riportando lo scandalo che la sua conversione produsse nella società inglese nel XIXsecolo.Chi era dunque questo personaggio? Da qualche tempo egli aveva incominciato a sentire

di non occupare più il posto giusto nell’Anglicanesimo. Era Vicario di St. Mary the Virgin, lapiù importante chiesa universitaria di Oxford, tempio dell’Anglicanesimo ed in quei criticigiorni si mise a studiare la Chiesa primitiva e formulò l’idea di una “via media” tra la dottri-na cattolica e i 39 articoli che compongono il credo anglicano. Queste considerazioni preserocorpo nei trattati scritti da lui e da un gruppo di oxfordiani che furono denominati trattariani

Elsa Vannucci Soletta

e la loro azione “Movimento di Oxford”. Tuoni e fulmini! La reazione inInghilterra fu terribile: 42 vescovi anglicani sconfessarono la “viamedia”, furono bruciate alcune cappelle cattoliche, si parlò di oscuranti-smo, di romanismo, di diavolo. A questo punto Newman dette le dimis-sioni da vicario e si ritirò con altri trattariani in un piccolo eremo aLittlemore, nei pressi di Oxford. La sua vita si era fatta spinosa: volevacompiere il grande passo, ma quanto era difficile tagliare conl’Anglicanesimo. Diceva: ”Se i cattolici vogliono convertirel’Inghilterra, che vengano a piedi nudi nelle nostre città industriali, chesi lascino malmenare e così comproveranno che essi sono la Chiesa”. Inquei giorni egli non sapeva nulla di un povero passionista viterbese, P.Domenico Berberi, che da alcuni mesi camminava per le strade inglesi apiedi nudi, povero, malvestito, malandato in salute, preso a sassate daglianglicani, deriso e oppresso in chiesa anche dai suoi parrocchiani catto-lici.Durante l’anno 1845 quasi tutti i trattariani avevano deciso di conver-

tirsi al Cattolicesimo, ma Newman era tormentato dall’indecisione. Da12 anni ormai aveva scritto l’inno più bello che mai sia stato elevato allavoce della coscienza: “Lead me kindly light” (Guidami luce gentile) ed

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ora quella luce stava diventando sempre più forte egli faceva da guida verso la nuova vita spirituale.La sera del 9 ottobre 1845 un povero prete pas-

sionista, P. Barberi, si presentò all’eremo diLittlemore, chiedendo asilo per la notte, stanco etutto gocciolante per aver viaggiato tutto il giorno,diretto a Dover, accanto al postiglione sotto unapioggia battente. Fu introdotto subito nella stanzadove ardeva un bel fuoco e lì entrò sommessamenteNewman e venne ad inginocchiarsi ai suoi piedi,chiedendo di essere ammesso nella Chiesa Cattolica.Nei giorni successivi in Inghilterra infuriò un verodiluvio. Il “The Times” parlò di aggressione cattoli-ca e l’Alleanza protestante organizzò conferenzeanticattoliche per tutta l’isola.L’ordinazione anglicana non era riconosciuta

valida dalla Chiesa Cattolica per cui Newman dovet-te venire a Roma per un anno e qui tornare sui ban-chi di scuola come semplice seminarista, lui che adodici anni leggeva il Nuovo Testamento dal greco eda adulto aveva sempre insegnato teologia a livello

universitario. A Roma si innamorò della personalità di San Filippo Neri, il santo dell’alle-grezza cristiana e decise così di diventare oratoriano, il che avvenne il primo giugno 1847 nelcollegio di Propaganda Fide a Roma. Iniziò il suoministero tra i poveri di Birmingham, città doveprese dimora in una vecchia distilleria. Non glimancarono mai le spine: fu attaccato sui giornali,accusato di menzogna, multato ed egli rispose conun’appassionata “Apologia pro vita sua”.Si avvicinava l’apertura del Concilio Vaticano I

del 1870 ed il Papa Pio IX, che aveva dimostratosimpatia e stima per Newman, manifestò l’intenzio-ne di mandargli la nomina a vescovo, ma poi dellacosa non si fece più nulla. Così ancora una voltaNewman pagò per le sue idee, tese sempre allaricerca della verità. A distanza di poco meno dicento anni inizierà un nuovo Concilio, il VaticanoII, e molti degli insegnamenti spirituali di Newmansaranno messi in risalto, tanto che molti padri con-ciliari lo definiranno “Padre silente del Vaticano II”.Nel 1879 Papa Leone XIII lo nominò cardina-

le: a settantotto anni entrava nella sua “Secondaprimavera”, scegliendo per stemma un motto cheBeethoven aveva scritto sul proprio messale “Corad cor loquitur”. Newman non dimenticò mai ilpovero prete passionista, P. Barberi (fatto beato nel1963 da Papa Paolo VI), che lo aveva introdottonella Chiesa Cattolica. Le sofferenze di entrambidivennero, nelle mani di Dio, strumenti incom-mensurabili di fede.Newman morì in tarda età, a 89 anni, nel 1890.

Sulla sua tomba a Birmingham è scritto “Exumbris et imaginibus in veritatem”.

Newman fu creato Cardinale daPapa Leone XIII, che in tal modogli riconobbe “genio e dottrina”.Il neo Cardinale scelse comemotto “cor ad cor loquitur”, per-ché egli non pretese mai di farequalcosa di grande che fosseammirato dagli altri, ma dicomunicare con la semplicità ela cordialità dell'amico quantoera richiesto dal principio:“prima di tutto la santità”.