Il Serrano n.107

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.107 Giugno 2007 Per sostenere le vocazioni sacerdotali Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste eTelecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa ® Dialogo tra fede e ragione: il primato della persona 4 ® Leggere il tempo: Ritorno dell’ateismo? 14 ® Al via il Corso di Comunicazione: la prima dispensa 24 ® Dopo Verona: il Cantiere del Progetto Culturale 8

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IL SERRANO: Organo dell’Associazione Serra International Italia

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.107Giugno 2007

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® Dialogotra fede e ragione:il primato della persona 4

® Leggere il tempo:Ritornodell’ateismo? 14

® Al via il Corsodi Comunicazione:la prima dispensa 24

® Dopo Verona:il Cantieredel Progetto Culturale 8

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Direttore responsabileCesare Gambardella

Direzione-Amministrazionec/o Cesare GambardellaV.le Principe Umberto, 7 - 90149 Palermo

Comitato di DirezionePresidente del CNIS, Trustees e Coordinatori delle Comissioni(Vocazioni, Programmi, Soci ed Estensione, Comunicazioni) in carica

Redattori distrettuali(Si veda il «Bellringers»)

StampaLuxograph s.r.l. - Palermo - tel. fax 091 546543 (e-mail: [email protected])

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV / Pubblicità inferiore 50%

II trimestre 2007 (XXXI) - Giugno 2007n. 107

In copertina: L’abside del Duomo di Monreale con lo stupendomosaico raffigurante la figura del Cristo Pantocratore.

Editoriale (Cesare Gambardella) Pag. 3� Dialogo tra fede e ragione... (S. Ecc. Mons. G. Merisi) » 4� Il Cantiere del Progetto Culturale (F. Lalli) » 8� La famiglia, scuola di santità (M. Crovara) » 10� Che senso ha appartenere al Serra (Don Ezio Morosi) » 12� Una laude allo Spirito Santo (V. Dabizzi) » 13� In punta di piedi (Don Ezio Morosi) » 15� In principio era il Verbo... (L. Cardilli) » 16� La nuova sede romana di Serra International (G. Novelli) » 18� Intervista a... P. Boschetto (G. Bregolin) » 20� Un concorso riservato ai soli serrani (B. Piovesan) » 22� Al via il corso di comuncazione del serrano » 24

RUBRICHELeggere il tempo (G. Savagnone) » 14Recensioni » 25

CRONACHE DEI CLUB E DEI DISTRETTIDistretto 68L’Aquila 444: Assemblea di fine anno pag. 26Distretti 69-70Congresso Interdistrettuale » 27Distretto 69Acqui 690: Acqui premia i vincitori del concorso » 27Distretto 70Genova Nervi 476: Partecipazione alla GMPV » 28Genova Nervi 476: Premiazione del concorso scolastico » 29

Distretto 71Livorno 486: Maria, madre delle vocazioni, prega per noi » 30Firenze 512: Serra e Rotary commemorano Mons. Tagliaferri » 31Cascina 573: Giampiero Ricci ci ha lasciato » 31Distretto 72Roma 304: Ricordo di Carlo Alberto Ciocci » 32Latina 420: La mente di S. Agostino nella città di Dio » 33Latina 420: La tua vita per la sinfonia del si » 33Aversa 1002: La laude della passione » 34Distretto 73Incontro distrettuale ad Altamura » 34Incontro distrettuale a Potenza » 35Matera 463: Celebrata la GMPV » 36Distretto 76Interclub Ferrara e Pomposa » 37Bologna 481: In ricordo di un protagonista » 37Rubicone 569: Tre religioni: un unico Dio » 38

Distretto 77Catania 717: Premiazione del concorso scolastico » 39Catania 717: Il Serra alla Veglia di Pentecoste » 40Caltanissetta 729: Concorso scolastico » 41Distretto 78Congresso distrettuale a Trieste per i 30 anni del club » 41Padova 591: Conclusione dell’anno sociale » 42Distretto 170 (Croazia)A Zagabria il 3° Consiglio Distrettuale » 43Distretto 171A Perugia il Serra Day » 44Siena 555: Il club incontra... » 45Siena 555: Un organo storico per un concerto serrano » 46Montepulciano 777: Concorso scolastico » 47Arezzo 887: Il serra sponsorizza il concerto di Pasqua » 47

SOMMARIO

Norme essenzialiper redattori e collaboratori1. Inviare il materiale per la stampa entro il 5 settem-

bre 2007 e non oltre tale data.2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inquadrati

da vicino.I Redattori distrettuali, i Collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunicazionisono pregati di attivarsi per l’inoltro di brevi crona-che relative alle attività svolte dai Club e dai Distrettial Direttore responsabile Cesare Gambardellaviale Principe Umberto, 790149 Palermo (Mondello)Tel. 091 455949 - Fax 091 6251622E-mail: [email protected]

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EDITORIALE pag. 3

Come è bello il Serra!Credo che una delle cose che può rendere realmente ricco e felice un essere umano, è l’ampiezza e

la profondità delle sue sfere affettive. Di queste la principale è certamente quella strettamentefamiliare, la più intima, di cui si imparano i valori da fanciullo e in cui è importante e bello coglie-

re le diverse sfumature degli affetti, via via che la vita ci porta a cambiare i ruoli da figlio a coniuge, apadre, a nonno.Ma nella vita sociale attribuisco un immenso valore a quella sfera affettiva che è propria dell’amicizia.Condivido in pieno il detto che un parente si può anche subire, ma un amico si sceglie. Con l’amico siha la volontà di istituire un rapporto basato su un affetto gratuito e disinteressato e tutto ciò perché in luisi riscontra una sintonia intellettuale, una serie di comuni denominatori che attraggono reciprocamente.Perché vi dico tutto ciò? Solo per parteciparvi un mio sentimento.Nelle mia esperienza serrana, devo riconoscere che il dono più bello che ho ricevuto è l’amicizia di quan-ti ho incontrato sul mio cammino. Il Serra mi ha reso ricco, non solo perché ho avuto la sensazione difare qualcosa di concreto per il raggiungimento di un obiettivo in cui credo, ma soprattutto perché haarricchito la mia sfera affettiva con amicizie forti. Di queste, grande valore hanno certamente quelle con-tratte nel mio Club: amicizie fraterne, anche perché alimentate da una maggiore frequentazione; ma contutti i serrani incontrati in questi anni posso assicurarvi che mi lega un analogo rapporto.I miei incarichi nel Serra hanno notevolmente agevolato tutto ciò, procurandomi tantissime occasioni diinstaurare ed approfondire rapporti amichevoli. Ora il mio orizzonte si allarga ulteriormente.Con la designazione a Presidente Internazionale sono combattuto da sentimenti diversissimi: il peso diuna responsabilità enorme e la paura di una inadeguatezza ad affrontarla, l’entusiasmo di poter servireancora il Serra nei cui valori credo fortemente, la certezza di un arricchimento personale sia da un puntodi vista culturale che spirituale, la consapevolezza dei sacrifici cui sarà sottoposta anche la mia famiglia.Ma mi vengono in aiuto ancora una volta le parole di un amico, un grande serrano, parole che lascianoin me sempre un segno; alcuni anni fa Gian Pietro Cellerino scrisse una indimenticabile lettera aperta aiserrani a proposito dello spirito di servizio, e ancora recentemente mi è stato vicino stimolandomi edincoraggiandomi ad affrontare da Cireneo le nuove responsabilità che mi attendono.Responsabilità per un incarico impegnativo e che dovrà richiedere l’impiego di ogni mia risorsa fisica edintellettuale.Dovrà comportare però anche delle rinunzie e la prima, e forse la più dolorosa per me, seppure inevita-bile, è quella della direzione della nostra rivista.È un compito che ho svolto con grande amore, oltre che impegno; un lavoro che mi ha appassionatoanche per quanto dicevo prima, in quanto mi ha tenuto in costante contatto con tanti serrani italiani. Manon farei un buon servizio a voi ed alla rivista se volessi rimanere ancorato ad essa, non potendole piùdedicare l’attenzione che merita.Voglio ringraziare i Direttori responsabili Patti, Capezzali e Pecora che mi hanno preceduto e che hannoconsentito che “il serrano” arrivasse a me; Vittorio Dabizzi che, da Presidente Nazionale, me lo ha affida-to; Benito Piovesan, attuale Presidente Nazionale, che mi ha confermato la sua fiducia e nelle mani delquale rimetto oggi il mio mandato. Ma voglio soprattutto ringraziare quanti hanno creduto nella rivista, col-laborando attivamente con i loro scritti e voglio incoraggiarli a continuare il loro lavoro; voglio anche rin-graziare quanti, in questi anni, mi hanno supportato con manifestazioni di apprezzamento e validi suggeri-menti.Alla fine del mandato a cui sono stato chiamato, sarò felice di tornare a servire il Serra italiano, cercan-do di trasmettere agli altri quell’entusiasmo che ho sempre provato per esso, ulteriormente arricchito daquesta esperienza internazionale che mi aspetto faticosa, ma fantastica.Spero che tutti vedano nel Serra – e ne “il serrano” che ne è la voce – al di là dei suoi scopi istituziona-li una fucina di amicizie; che si rendano conto di come è bello il Serra e che si adoperino perché semprepiù persone possano entrarvi per servirlo, ricevendone tanto in cambio.

Cesare Gambardella

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Riportiamo la relazione tenuta da S. Ecc. Mons. Giuseppe Merisi al Serra Club di Verona.La trattazione del tema, partendo dai tre ultimi importanti eventi del nostro cammino ecclesialeha lo scopo di aiutare l’uomo e la società di oggi ad aprirsi alla verità delle cose e della vita umana

S. E. Mons. Giuseppe Merisi*

Legnago, 13 marzo 2007

“Dialogo tra fede e ragionesul tema della scienza,della malattia,del primato della persona”

Prima di affrontare il tema che mi è stato pro-posto vorrei soffermarmi a titolo di premessasu tre recenti avvenimenti del nostro cammino

ecclesiale. Innanzitutto sul Convegno EcclesialeNazionale di Verona (16-20 ottobre 2006) che ci hainvitato a riflettere sulla testimonianza dei credenti,quindi anche dei laici nel mondo della cultura e delleprofessioni, a partire dalla speranza che nasce dalla fedenel Risorto, speranza che riveste particolare importanzanei vasti ambiti delle fragilità umane.

In secondo luogo sul recente Forum del ProgettoCulturale (Roma, 2-3 marzo 2007) sul rapporto fra laragione umana e la ragione creatrice di Dio.

In terzo luogo, anche se in data precedente ai dueeventi ricordati, sulla pubblicazione della Nota pasto-rale dei Vescovi italiani dal titolo “Predicate ilVangelo e curate i malati. La comunità cristiana e lapastorale della salute” (4 giugno 2006). In quella Notapastorale, dopo le pur necessarie valutazioni sullasituazione sociologica del mondo della salute e dellacura della malattia, i Vescovi si erano soffermati sualcuni valori molto importanti per la nostra riflessionedi questa sera, come ad esempio quello della umaniz-zazione della sanità, della ospitalità nei confrontidegli ammalati, del passaggio dal curare al prendersicura.

Questa sera siamo invitati a raccordare fra di lorotre termini (scienza - salute - persona) in modo che

l’uno non venga perseguito a danno dell’altro: lascienza a danno della salute e della persona o la salu-te (o la cura) a danno della persona. Più difficile èpensare che la realtà della persona possa essere con-seguita a danno della scienza o della salute, perchénella nostra tradizione culturale la persona è connota-ta essenzialmente dal suo rimando alla coscienza equindi alla responsabilità morale. Così certo nonsarebbe se si assumesse il termine persona in sensopiù generale e indifferenziato, o anche in modo atten-to solo alle trasformazioni storiche della soggettività.In questa seconda prospettiva anche la personapotrebbe essere assunta senza il suo strutturale riman-do alla coscienza, come sembra spesso accadere nelledeclinazioni antropologiche o nelle costellazioni civi-li della postmodernità.

Mi rifaccio anche per la trattazione di questo tema alSimposio che si è tenuto sempre a Verona il 13 ottobrescorso in preparazione al Convegno EcclesialeNazionale.

1 - SCIENZA, RICERCA E COSCIENZA

C’è nelle forme della scienza contemporanea,anche e soprattutto biomedica, una spinta oggettiva inquesta direzione, nella direzione cioè del progressoscientifico come valore assoluto. Mentre il rinvio alla

* Vescovo di Lodi. Membro della Commissione Episcopale CEI per la carità e la salute

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casi più gravi, al dibattito pubblico. Per i temi piùimportanti interverranno anche i mezzi di comunicazio-ne di massa, con dibattiti pubblici, e, alla fine, le deci-sioni saranno assunte con metodi democratici sia rap-presentativi (leggi parlamentari) che diretti (referen-dum).

Nel corso di questa procedura sarà utile, spessonecessaria, una moratoria delle ricerche in corso.

Gli scienziati continuamente si interroghino sullepossibili conseguenze delle loro scoperte per la natu-ra, per l’uomo e per tutti i valori etici che sono allaradice della vita sociale, accettando il fatto che lescelte etiche trascendono il sapere scientifico e chenella società coesistono scelte etiche diverse dallaloro; in caso di dubbio, gli stessi scienziati si sentanoin obbligo di discutere tra di loro e, poi, di manifesta-re le proprie preoccupazioni in seno alle istituzionipolitiche portandole infine, se il tema è grave, aldibattito pubblico; i cittadini si impegnino ad acquisi-re una comprensione del sapere scientifico – in parti-colare dei meccanismi della sua costruzione – e amantenersi aggiornati sui suoi principali contenuti, inmodo da poter prendere posizione su temi scientifico-tecnici difficili con conoscenza di causa senza affidar-si passivamente alle indicazioni del partito per cuivotano alle elezioni politiche.

“Patto sociale” è un concetto che molti consideranodesueto, ma mi è stato qui utile per trasmettere in pochefrasi l’essenza di una proposta che, a mio giudizio,arricchirebbe la nostra società trasformando il rapportoscienziati-cittadini da conflittuale e asimmetrico in col-laborativo e paritario».

A sua volta il Cardinale Ruini disse al Consigliopermanente della CEI del settembre 2005: «Occorreaver chiaro, in concreto che gli sviluppi delle biotec-nologie possono indirizzarsi, come già avviene in largamisura, su una strada che prescinde dall’indole speci-fica del soggetto umano, o anzi espressamente la negae la contesta, considerando l’uomo soltanto un esseredella natura e giungendo anche a teorizzare il supera-mento del livello attuale dell’umanità proprio attraver-so il ricorso alle biotecnologie (rivelatore in propositoun articolo pubblicato già nel 2001 sul settimanale DieZeit dal giovane filosofo tedesco Mare Jongen, con iltitolo “L’uomo è il suo proprio esperimento”). Perchéuna simile linea non prevalga non sono sufficienti i purfondamentali richiami etici e nemmeno le affermazio-ni di principio che non vi è contrasto tra scienza edetica: è necessario incrementare e sostenere concreta-mente le ricerche e le tecnologie che si muovono, adifferenza dalle altre, nel rispetto e nella valorizzazio-ne della specificità e dignità irriducibile del soggettoumano. È questo un obiettivo decisivo nel medio e

responsabilità morale viene in qualche modo previstosolo in sede di applicazione delle scoperte scientifiche,viene tenuto invece ai margini quando si tratta del pro-gresso della conoscenza: qualunque intrusione moralein questo campo viene spesso vista come intollerabilecon la cosiddetta libertà della ricerca. Questa rigidaripartizione di campo: sì al giudizio morale sulle rica-dute tecnologiche o applicative di una scoperta scien-tifica, no al c.d. controllo morale sulla libertà dellascienza, è superata nei fatti dallo stesso procederedella scienza contemporanea, che richiede grandi inve-stimenti nella ricerca per poter produrre risultati inqualche modo apprezzabili. E sembra giusto invocareun giudizio sulla legittimità morale di questi investi-menti e programmi di ricerca. C’è dunque da chieder-si non soltanto se è moralmente legittimo lo scopo concui si progettano applicazioni tecnologiche su vastascala di determinate scoperte scientifiche, ma anche sesia morale il processo che caratterizza un determinatoprogetto di ricerca e se sia perciò legittimo finanziarloe meno. Lungi dall’essere un vincolo intollerabile allalibertà della ricerca, questo processo decisionale resti-tuisce in qualche modo coscienza alla scienza, omeglio restituisce la scienza alla persona, perché lapratica scientifica venga tolta dall’isolamento autore-ferenziale dietro cui talvolta si trincera in nome dellalibertà della ricerca per entrare nello spazio della dis-cussione e della decisione pubblica.

Disse il professor Ugo Arnaldi dell’Università diMilano alla Settimana sociale dei cattolici di Bolognadel 2004: «Non è logicamente coerente che la societàstessa, attraverso le sue strutture democratiche, lasciogni libertà alla ricerca scientifica di base confinandol’intervento regolatore alle sole attività tecnologiche.Infatti i due rami del ciclo si intrecciano continuamentee spesso sfumano l’uno nell’altro tanto che è difficiledistinguere dove finisce la scienza e dove comincia latecnologia.

Un nuovo sapere di base può avere conseguenze nonpreviste e deleterie per la sopravvivenza dell’umanità edei suoi individui. Ma il controllo delle idee nascenti,ancora chiuse nei laboratori dove si produce scienzafondamentale, non può essere fatto con regolamenti eleggi, che invece ben si applicano alle fasi tecnologichedel ciclo. Chi allora deve controllare?

A mio giudizio gli scienziati stessi, quali cittadiniresponsabili, devono continuamente interrogarsi sullepossibili conseguenze delle loro scoperte per la natura,per l’uomo e per i valori etici che sono alla base dellavita sociale. In caso di dubbio devono discuterne tra loroe, se necessario, manifestare le proprie perplessità primaall’intemo della comunità scientifica e ai suoi Comitatiad hoc e poi alle istituzioni politiche sino a giungere, nei

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umani che rinviano ad un senso e chiedono al soggettouna decisione su di sé in merito al significato della pro-pria vita.

Prendiamo ad esempio il fenomeno per il quale lapratica medica è chiamata sempre più spesso ad inter-venire non più soltanto per riportare alla salute, maper migliorare la condizione di vita dei soggetti. Larecente Nota della Commissione della CEI per il ser-vizio della carità e della salute “Predicate il Vangelo ecurate i malati. La comunità cristiana e la pastoraledella salute” lo definisce come il passaggio da unamedicina dei bisogni a una medicina dei desideri. «Sefino a ieri – scrive la Nota ai nn. 10 e 11 – l’obiettivoprioritario della medicina era quello di far vivere, oggiessa si pone anche quello di far vivere bene. Nellamentalità di molte persone, infatti, non è più suffi-ciente non ammalarsi o guarire, ma è necessario ten-dere verso una pienezza in cui siano soddisfatti nonsolo i bisogni primari ma anche quelli subordinati,sconfinando impercettibilmente nel dominio del desi-derio. Tale tendenza, favorita da alcuni elementi tipicidella cultura postmoderna, quali l’attenzione alledimensioni della corporeità e della sessualità, la riva-lutazione del piacere, la cura dell’ambiente e il prima-to delle relazioni, se da un lato è positiva, esprimendola nostalgia di una vita buona, dall’altro non è priva diesiti potenzialmente problematici o addirittura negati-vi. Una delle conseguenze negative è identificabilecon la tendenza a rimuovere gli aspetti faticosi dell’e-sistenza: la sofferenza è considerata scomoda compa-gna di cui l’uomo diventa silenzioso spettatore impo-tente; la malattia è vissuta come evento da cui liberar-si più che evento da liberare; il naturale processo diinvecchiamento è rifiutato, dal momento che la vec-chiaia viene considerata un tempo dopo la vita vera enon tempo della vita; la morte è vista come eventoindicibile e inaudito; la disabilità è considerata solocome ostacolo e non anche come provocazione, piùcome bisogno assistenziale che non come domanda diriconoscimento esistenziale».

A questo proposito la stessa Nota pastorale dellaCEI (al numero 9) segnala il pericolo che il progressobiomedico possa ingenerare un “atteggiamento pro-meteico” nella comprensione che l’uomo di oggi ha dise stesso: «L’impiego di strumenti sempre più sofisti-cati consente alla medicina di migliorare la qualitàdell’esistenza, di prolungare la vita, di combattere piùefficacemente il dolore, intervenendo sull’organismoumano fin nel suo assetto genetico. Accanto a innega-bili e provvidenziali benefici, il progresso della scien-za e della tecnica non manca d’ingenerare, come hafatto notare Giovanni Paolo II, “una sorta di atteggia-mento prometeico dell’uomo che, in tal modo, si illu-

lungo periodo, sul quale occorre un impegno forte econvergente che superi i confini degli Stati ... e raccol-ga tutte le capacità e le risorse disponibili: a un taleobiettivo non potranno mancare la nostra collaborazio-ne e il nostro appoggio».

Aggiungiamo che diventa indispensabile offrire unapporto consistente alla crescita di una scienza del-l’uomo, che favorisca e giustifichi il doveroso dialogomultidisciplinare, sforzandosi di fondarlo adeguata-mente, allo scopo di evitare la deriva tecnocratica (congli evidenti pericoli di disumanizzazione) a cui laconoscenza scientifica moderna sembra potersi avvia-re. Una scienza dell’uomo – congetturale e ‘modesta’nei risultati, ma sempre aperta a reali e ‘vere’ acquisi-zioni – sarà anche una scienza per l’uomo, una scien-za che aiuti a costruire condizioni soddisfacenti peruna sopravvivenza pacificata dell’umanità sulla terra,con il contributo di tutti.

2 - SALUTE E COSCIENZA

Meno perspicuo appare il rinvio del secondo termi-ne, “la salute”, alla coscienza. Eppure anche di questosi da una “coniugazione etica” che nella società di oggirischia di non venire più percepita. La salute e lamalattia, si dice, sono medicalizzate, vale a dire defi-nite per riferimento non tanto alla vicenda esistenzia-le, agli interrogativi di senso e ai significati che metto-no in gioco la coscienza del singolo, quanto in riferi-mento alle pratiche cliniche, agli interventi specialisti-ci che richiedono, quasi che la medicina possa essereguardata e giudicata solo dal punto di vista fisico ochimico. La salute e la malattia diventano oggetto diuna competenza tecnica e non etica e il compito chesalute e malattia impongono al soggetto, quello di daresenso alla propria condizione, viene trasferito ad altri,diversi dal soggetto stesso. A fare da discrimine trasalute e malattia stanno sempre più degli standard diprestazioni psico-fisiche che rimuovono i percorsiulteriori attraverso i quali i soggetti arrivano ad asse-gnare senso alle vicende in cui sono implicati. Nellasocietà di oggi a volte basta non essere più all’altezzadelle prestazioni richieste per essere giudicati malati eper rivolgersi al medico. Il disagio invece di essereascoltato e ricondotto al punto in cui si origina – lacoscienza e la fatica del senso – sempre più spessoviene aggredito con farmaci e terapie, mentre il cultodi una forma fisica perfetta semina in molti il dubbiodi essere ammalati.

Ricondurre la salute e la malattia alla coscienzasignifica trattare salute e malattia non soltanto sotto ilprofilo biochimico ma per quello che esse sono: eventi

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to la decisione morale propizia. I tempi che viviamonon giustificano fino in fondo la responsabilità mora-le, perché se anche la richiedono a gran voce per supe-rare gli esiti negativi del presente non offrono però lecondizioni perché il singolo ascolti e raccolga la sfidamorale che nasce dall’oggi. Più radicalmente la cultu-ra nella quale viviamo rende difficile raccordare lacostruzione di un’identità matura, che tutti reclamano,con il necessario compito morale, come se l’identitàfosse legata appunto al frammento e non alla faticadella decisione su di sé per una vita buona.

Occorre dunque aiutare a coniugare persona ecoscienza, a ritrovare nella responsabilità morale ilcompito più alto e la dignità della persona stessa.Questo è il compito dell’etica che, «come istanza dellapersona, vive scorrendo per così dire tra due poli fon-damentali. Il primo polo è il vero bene dell’uomo [...]. Ilsecondo polo è la libertà dell‘uomo» (Card. D.TETTAMANZI, La ricerca al servizio della persona: istan-ze etiche).

Le considerazioni che abbiamo fin qui fatto ci aiuta-no a intendere il compito della Chiesa nei confrontidella coscienza e delle difficoltà che abbiamo ricordato:essa se ne prende cura anzitutto custodendo e illumi-nando il mistero che in essa si mostra, come insegna ilConcilio Vaticano II nella Gaudium et Spes al numero16: «Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre unalegge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deveobbedire e la cui voce che lo chiama sempre, ad amare,e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chia-ramente dice alle orecchie del cuore: fà questo, fuggiquest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Diodentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessadell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. Lacoscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo,dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nel-l’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscerein modo mirabile quella legge, che trova il suo compi-mento nell’amore di Dio è del prossimo. Nella fedeltàalla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini percercare la verità e per risolvere secondo verità tanti pro-blemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoliquanto in quella sociale».

Per concludere: si tratta di aiutare l’uomo e la socie-tà di oggi, con atteggiamento di dialogo responsabile, adaprirsi alla verità delle cose e della vita umana, chia-mando in causa la coscienza di ciascuno e di tutti. E altempo stesso si tratta di aiutare il discernimento dellacoscienza offrendole il frutto della Rivelazione e dellaTradizione viva della Chiesa, anche in questo Maestradi umanità.

Il tutto nel clima del dialogo rispettoso di cui si èdetto.

de di potersi impadronire della vita e della morte”.Tale atteggiamento porta larghi settori della scienza edella medicina a ignorare i limiti inerenti alla condi-zione umana, contribuendo a coltivare l’immagine diun uomo padrone assoluto dell’esistenza, arbitroinsindacabile di sé, delle sue scelte e delle sue deci-sioni. Due sintomi molto evidenti di questa concezio-ne sono, pur nella diversità delle motivazioni e degliesiti, da un lato l’accanimento terapeutico e dall’altrol’eutanasia. A ben vedere, tra accanimento terapeuti-co ed eutanasia vi è una certa continuità logica, per-ché in essi è sempre l’uomo a non accettare di misu-rarsi in maniera umana con la morte: con l’accani-mento terapeutico l’uomo usa tutti i mezzi per posti-cipare la morte, mentre con l’eutanasia l’uomo si arro-ga il diritto di anticipare e determinare la morte. Inambedue i casi, egli intende esercitare un dominioassoluto sulla vita e sulla morte.

3 - PERSONA E COSCIENZA

Se l’analisi che le scienze sociali e l’antropologiadella cultura danno della soggettività frammentata edispersa del postmoderno registra ormai un ampioconsenso, appare con sempre maggiore evidenza chela domanda di una coscienza “forte”, capace di impe-gnare la persona in un cammino di autentica umaniz-zazione, minaccia di restare inevasa. Se la crisi delsoggetto postmoderno è ormai accertata, per qualcunonon c’è da operare per nuovi “irrobustimenti”, masemplicemente da congedarsi definitivamente dal sog-getto moderno e dalle sue idee forti di coscienza, diidentità responsabile, di cittadinanza solidale. Cosìperò non si vede come sia possibile assumere in modoautentico la domanda di una scienza e di una salute perla persona che abbiamo visto abitare le forme contem-poranee del nostro mondo. Ci troviamo di fronte alparadosso per il quale mentre la situazione che stiamovivendo, proprio per la sua problematicità e per laminaccia di esiti anche negativi che porta con sé,appella a una soggettività responsabile, che sia ingrado di onorare il debito morale della coscienza, dal-l’altra parte le forme del sapere riflesso e le costella-zioni storico-civili rendono sempre più difficile allacoscienza del singolo di impegnarsi in un cammino dicostruzione morale della propria identità. Il relativi-smo, che scaturisce dalla pratica sostituzione dell’eti-co con l’estetico, dal collezionismo di sensazioni, dallasindrome del consumatore non soltanto di prodotti, maanche di sentimenti e di relazioni, ha spesso la meglioe la coscienza del singolo ne esce oltremodo indeboli-ta, incapace di darsi quella forma compiuta che soltan-

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Un appuntamento con cadenza triennale che ha visto impegnati gli operatori concreti del Progettoper fare il punto della situazione

Francesco Lalli*

Dopo Verona

Il Cantieredel Progetto culturale

Il cantiere del progetto culturale ha posto un’ulte-riore impalcatura a sostegno del suo compito, rin-novato nel segno del Convegno ecclesiale. Un dopo

Verona che punta all’oltre, al guardare avanti dopo gliundici anni di cammino compiuti, i semi innestati, letante attività sorte. In questo periodo che ha visto fiori-re e rinvigorirsi una coscienza consapevole della cultu-ra dell’evangelizzazione e dell’evangelizzazione dellacultura, si è tracciato con evidenza sempre crescente ilprofilo di un’iniziativa non imposta dall’alto, ma attra-verso lo sviluppo di una rete di proposte e di rapportiche abbia i suoi snodi nelle diocesi; lasciando spazioalla spontaneità che è frutto dell’iniziativa e della crea-tività delle persone o dei gruppi.

Proprio questi ultimi sono stati coinvolti dal 4° Incontronazionale del progetto culturale, dedicato al “DopoVerona”, che si è svolto a Roma dal 26 al 28 aprile. Unappuntamento con cadenza triennale che ha visto impe-gnati gli operatori concreti del progetto, dai centri cultura-li ai referenti diocesani e regionali, per fare il punto dellasituazione e rilanciare un’azione efficace e duratura perquelle sfide che, a partire proprio da Verona, costituirannoun’idea e una prospettiva di partecipazione per il prossimofuturo. Come ha ricordato Benedetto XVI in occasione delConvegno ecclesiale, infatti, “l’unione con Cristo, generauna forza mite da spendere a tutto campo” e grazie ad essa“è possibile allargare gli spazi della nostra razionalità,riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniuga-re tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pienorispetto dei loro metodi”. Aspetti che hanno caratterizzatoanche i contenuti del Dvd “Il progetto culturale: un cantie-re di popolo”, presentato nel corso dell’apertura dei lavori,che ha riproposto sotto il segno dell’impegno per Verona

gli esempi e gli esperimenti sorti dalle diocesi, dalle asso-ciazioni, dai movimenti, dai centri culturali, nella soggetti-vità articolata del cattolicesimo italiano.

Dopo l’apertura dell’appuntamento a cura del coordi-natore del progetto culturale, Francesco Bonini, l’eventosi è snodato attraverso le due sezioni che hanno contrad-distinto i lavori, “Le sfide pubbliche” e “Le sfide eccle-siali”. Temi che hanno visto impegnati numerosi relatori.Sul primo aspetto, infatti, hanno dato il loro contributoLucio Romano, di Scienza e Vita, Paola Soave, VicePresidente del Forum delle Associazioni Familiari,Edoardo Patriarca, di Retinopera, e Giuseppe Dalla Torre,Rettore della Lumsa, che hanno sviscerato aspetti incen-trati sulla vita, la famiglia e i percorsi educativi, i nuovimodelli di solidarietà sociale e il rapporto tra democrazia,bene comune e persona. Di non minore interesse la partededicata alle sfide ecclesiali che ha visto la partecipazio-ne di Ernesto Diaco, Viceresponsabile del Servizio nazio-nale, Don Luca Bressan, docente del Seminario diVenegono, Cristian Carrara, portavoce del Forum nazio-nale dei Giovani, Don Alessandro Andreini, referentediocesano per il progetto culturale della diocesi diFiesole. Anche in questo caso, sono stati numerosi gliaspetti affrontati: dalla Comunione e dal senso di appar-tenenza ecclesiale, al tema dell’annuncio e della forma-zione, fino alla ricerca di senso dei giovani e al rapportotra spiritualità e bellezza. L’ultima giornata è stata carat-terizzata dalla presenza e dall’intervento di S.E. Mons.Giuseppe Betori, Segretario Generale della Cei, che haribadito come: “Scoprire le strutture portanti di unacomunità locale con la sua cultura, avvicinare i diversisoggetti ed elaborare cammini di collaborazione con loro,mettere in sinergia le persone e le realtà che disegnano lavita in un determinato territorio: ecco quel che – in una

* Addetto alla comunicazione del Servizio Nazionale del Progetto Culturale della CEI

CRONACApag. 8

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pag. 9CRONACA

Alcuni dei relatori: Paola Soave, Mons. Gianni Ambrosio, Lucio Romano ed Edoardo Patriarca.

società spesso frantumata e dis-inte-grata come la nostra – può essere alivello locale il progetto culturale,nello spirito di un Logos che, semprenel discernimento, a tutti parla e atutti invita”. Infine è toccato alresponsabile del progetto culturale,Vittorio Sozzi, definire le linee dilavoro per il futuro. Tra esse partico-lare evidenza assume l’idea di ripro-porre l’esperienza dei Forum matura-ta in questi anni a livello locale e nonpiù soltanto nazionale, sostenereseminari di studio dedicati alla pro-posta pastorale scaturita da Verona,proporre incontri regionali e interre-gionali per i referenti diocesani e peri responsabili dei centri culturali, inmodo da vivificare le forme di con-tatto e i rapporti in modo che il livel-lo centrale e quello locale s’integrinomeglio e di più per una capillare ecorale testimonianza ecclesiale.

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Per rispondere alla sua particolare chiamata di testimonianza, al laico serranooggi è richiesta formazione, comunione, secolarità

Marco Crovara*

Vigevano, 26 maggio 2007

La famiglia, scuoladi santità

Anche noi abbiamo riflettuto sul tema dellafamiglia aggiungendoci a tutte le altre asso-ciazioni cattoliche chiamate a difendere que-

sto fondamento della società ma anche a rimarcarecome le radici cristiane abbiano valorizzato il concet-to di famiglia rendendolo fulcro insostituibile dell’eti-ca sociale.

Naturalmente il nostro lavoro ha cercato di avere untaglio tipicamente serrano che vede nella famiglia unprimo seminario dove le vocazioni fondamentali porta-no ad ascoltare e a rispondere a quella chiamata deter-minante verso il sacerdozio e la vita consacrata.

Dopo aver ascoltato le risultanze delle nostre rifles-sioni, non posso far a meno di portare tutto quantoconcettualmente è stato proposto su un piano di “ser-vizio di opinione” come concreta azione operativa diun gruppo, il nostro, che cerca di essere protagonistanel tempo.

Quindi permettetemi una breve riflessione su questogruppo. Consideriamola una conclusione che ci riportanei nostri ambiti serrani, nell’operatività dei nostriclubs.

Allo scorso Congresso Interdistrettuale del Santuariodella Madonna della Guardia (Genova - Giugno 2005 -Distretti 69 e 70) potevamo riassumere genericamentecosa bisognasse fare per incrementare il numero dei sociper continuare a rendere efficace “il servizio serranonella società contemporanea”.

Pertanto l’obiettivo era: lavoriamo con la famigliaserrana per combattere il concetto di individualismo cheporta l’uomo ad allontanarsi dall’associazionismoimpegnato.

Ci si chiedeva:…. “è ancora valida una certa meto-

dologia associativa che si distingue, si caratterizzaoppure le sollecitazioni del mondo tengono a polveriz-zare i sentimenti o semplicemente a disorientarli inun’identificazione virtuale che ci impedisce di vivereappieno il quotidiano se non inserito in sistemi omolo-gati, in atteggiamenti comuni?”.

Ecco la relazione con l’attuale tema congressuale:consideriamo anche la nostra una famiglia.

Rileggendo gli atti del Convegno EcclesialeNazionale di Verona mi ha colpito il concetto “dell’uo-mo nuovo” come sfida culturale e civile: è ritrovare inun contesto più significativo quanto da noi già espresso.

La sfida della nuova generazione, e qui dobbiamometterci anche noi impegnati nella ricerca di nuovigiovani soci, è quella di “cominciare a testimoniare almondo una visione positiva dell’uomo………… primadi dire dei no…” (Benedetto XVI). Come dire: testi-moniamo la speranza senza lasciarci andare ad un las-sismo operativo rassegnato ad occupare spazi obsole-ti che rifiutano…., dicono no, ….le esigenze deltempo.

Le nostre strutture sono state concepite con quanto dipiù moderno allora l’associazionismo offriva: il clubservice di tipo anglosassone. Sono state poi arredate econdotte con i mezzi del tempo. Ma tanto all’avanguar-dia ed efficaci che il Cardinale Siri (padre del SerraItaliano), ancor prima del Vaticano II, ne aveva intuitole potenzialità. Però, non possiamo pretendere che oggiquegli arredi e mezzi siano ancora validi. Il tempo scor-re velocissimo, non torna mai indietro. Guardarsi allespalle serve solo a confortarci per trarre vigore a conti-nuare il nostro cammino. Pertanto, solo le strutture sono

* Vice Presidente Nazionale Estensioni

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pag. 11CRONACA

sta alla chiamata serrana non può essere completa, con-vinta e convincente.

La formazione …….., che dovrebbe essere presentein ogni club e curata in maniera tale da renderla unaconseguenza logica della nostra appartenenza. Una for-mazione solida da desiderare, non da subire, per capirecome il nostro carisma testimoniato ed operato possaessere utile alla chiesa.

Sempre da Verona: “Dove sono oggi i credenti cheabbiano la fierezza di dirsi cristiani, dove il nome cat-tolico non sia un’etichetta per schierarsi ma l’indica-zione di una sorgente di speranza viva…………..?”*

La comunione …….. che è quella tipica di un clubche partecipa “al carattere corale della testimonianzaparlando i molti linguaggi della testimonianza”*.

La nostra associazione è valida, nel momento in cuirende testimonianza, perché è espressione di una comu-nità: quella serrana. Di una comunità che si relazionanella società di oggi perché.. deve.. essere espressionedella società di oggi, come diceva il Card. Siri già cin-quant’anni fa!

Non possiamo restare isolati a guardare il mondoche cambia senza pensare che ormai questo ci chiedepres-san-te-men-te di essere missionari al suo servizio:ne va della nostra esistenza. Riflettiamoci!

Ancora Verona: “il laico deve promuovere la corren-te viva della pastorale d’insieme, della lettura dei segninuovi della vita della Chiesa, dell’animazione di pro-getti, della capacità di abitare linguaggi della cultura,della socialità, della cittadinanza, soprattutto presso lenuove generazioni”*.

Questa affermazione mi richiama molte nostre risul-tanze del Congresso Interdistrettuale della Madonnadella Guardia, appunto, ……. due anni fa.

Ma anche quelle del Congresso Interdistrettuale delSantuario di Oropa (Biella), …… cinque anni fa.

E perché non quelle che abbiamo portato come lavo-ro del Distretto 70 al Congresso Nazionale di Zara del2000?

Vedete, le cose le sappiamo, ce le comunichiamo, marestano sempre in quella parte di memoria virtuale chenon riusciamo a scaricare nel vissuto.

E non si capisce perché!!!Per ultimo resta la vocazione alla secolarità.Bene, questa, che logicamente viviamo appagati

come protagonisti nella società (così sono i serranicome donne e uomini di qualità), dovrebbe collaborareanche per agire come serrani…. in maniera geniale….negli spazi che viviamo.

La chiesa oggi chiede alla nostra famiglia serranasolo e tutto questo.

Pertanto, questa è la conclusione: ecco come anchela famiglia serrana può essere scuola di santità.

ancora valide e siamo chiamati ad usarle con modernovigore nel quotidiano.

Ecco la famiglia serrana: la struttura.Questa ci unisce, appunto, come una famiglia ma

dobbiamo viverla nel tempo. E non possiamo ignora-re le sue regole, le sue sollecitazioni, le sue esigenze,si cadrebbe, come già accade, in un reale relativismosimile a quello che la società oggi vorrebbe per lafamiglia. La struttura dobbiamo usarla nei suoi valoriessenziali per crescere, formarci ed agire come andia-mo ripetendo già da tanti anni! Il cardinale Siri dice-va che i serrani erano così naturalmente inseriti nellasocietà che per loro veniva facile la testimonianza inambienti dove le altre associazioni avevano difficoltàad entrare.

Ma questo è ancora valido oggi?Non dimentichiamoci che i serrani di allora erano

mediamente giovani e la vita meno freneticamentecreativa nella tecnica e nel pensiero e quindi unalinea di azione restava valida per un tempo oggiimpensabile.

L’odierna realtà dei nostri club ci mostra, nella gran-de maggioranza dei casi, una notevole difficoltà nell’ac-cettare il tempo. Una mancanza di comunicazione-testi-monianza e, quando c’è, superata. Esiste un troppoguardarsi indietro compiaciuti addottando atteggiamen-ti e mezzi ormai inutili al concetto moderno di chiesa edi testimonianza. Oppure una rassegnazione inaccetta-bile, …..autolesionista.

Ritorno ancora a prendere qualche spunto da Verona.Ma se ai tempi del Card. Siri il laico era efficace in

quella maniera, quali cose vengono richieste oggi allaico, ed aggiungo anche serrano, per soddisfare alla suaparticolare chiamata di testimonianza?

Sapete qual è la risposta di Verona?: la formazione,la comunione e la secolarità.

Vedete come assomigliano ai nostri concetti, piùvolte ribaditi, di essere per agire.

Essere - formazione, …….per agire con spirito di club - comunione, ……….nel tempo - secolarità.Nel tempo …… nel tempo!!!La formazione ……… :“La formazione con una

forte connotazione spirituale che sappia rinnovarsi aifondamenti della vita battesimale radice che alimentatutte le vocazioni e le missioni della chiesa”*.

È chiaro il concetto che senza quella spiritualità inte-riore, anche semplice ed elementare, che ci deriva dallanostra convinzione di essere figli di Dio, la nostra rispo-

* Estratto dagli atti del Convegno Ecclesiale di Verona

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È una domanda che prelude ad un esame di coscienza che ogni serrano dovrebbe frequentemente fare

Don Ezio Morosi*

Camminare insieme

Che senso ha apparteneread un movimentoecclesiale come il Serra?

Che senso ha appartenere ad un club religioso,ad un movimento ecclesiale come il nostro?Altre volte abbiamo avuto modo di ricordare che

la Chiesa, popolo di Dio, è un popolo in cammino(Esodo), che prega (Salmi), che sogna (Apocalisse).

Siamo quindi un popolo pellegrinante verso il regnodi Dio, e come tutti i pellegrini quando vanno verso unameta non amano stare soli. Si formano gruppi, tutti nellastessa direzione, ma tutti con una loro varietà, pur nellacomune solidarietà. Ognuno sceglie quello in cui si trovapiù a suo agio o quello che la Provvidenza gli propone.

Perché si preferisce camminare insieme e non dasoli?

Perché si può essere utili vicendevolmente, c’è menopericolo di sbagliare strada, ci si incoraggia a vicenda neitratti più faticosi, ci si aiuta reciprocamente a portare inostri pesi, ci si illumina con i valori che ognuno puòoffrire all’altro (“Chi entra veda la luce!”), si offre qual-cosa di nostro come segno di fraternità, si prega insiemecon la stessa fede, come figli dello stesso Dio che ci ama.Si è guidati dallo stesso Spirito che cerchiamo di ascol-tare, meditando e riflettendo sulla parola di Dio.

Il cammino è bello, anche se impegnativo, quandosentiamo che ci avvicina al Signore e ci fa vivere inamicizia tra noi e con lui.

Non è bello quando, pur essendo nel gruppo, rima-niamo isolati, pensiamo solo a noi stessi, non collabo-riamo, non offriamo nulla di nostro, con l’esempio, lapreghiera, il servizio. Quando facciamo prevalere inostri difetti invece delle nostre virtù. Quando non sap-piamo dire le cose con serenità, con calma, con rispetto

delle diversità, con la dovuta pazienza, con cristianaumiltà.

Come pellegrini verso il regno di Dio dobbiamoavvicinarci sempre più alla meta, e questo avvicina-mento è naturalmente spirituale. Ci sentiamo tutti impe-gnati a vivere secondo il vangelo, alla pratica dellanostra fede, a migliorarci nel nostro carattere, a daretestimonianza, esempio di vita cristiana, ad approfondi-re la Parola di Dio che va sempre meglio ascoltata.

Far parte del Serra Club, non è un’amicizia qualun-que, deve farci desiderare il nostro miglioramento spiri-tuale, esprimere la nostra disponibilità al servizio dellaChiesa, pregare per i candidati al sacerdozio, favorire unclima adatto al sorgere delle vocazioni presbiterali chevengono sempre da Dio ma necessitano della collabora-zione dell’uomo, come ci ricorda San Paolo in quellanota frase: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dioche ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né che irriga èqualcosa, ma Dio che fa crescere. Non c’è differenza trachi pianta e chi irriga ma ciascuno riceverà la sua mer-cede secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collabora-tori di Dio” (I Cor 3,6). Si collabora con l’esempio dellavita, con la preghiera, col disporre del nostro tempo,delle nostre capacità, anche dei nostri mezzi per favori-re la diffusione del Regno di Dio in questo nostromondo. Ci siamo messi nel Serra perché nelle sue strut-ture, nei programmi, nelle sue iniziative possiamo tro-vare le occasioni e gli incoraggiamenti necessari alnostro cammino sulle strade di Dio. Ecco quindi il valo-re della presenza, della partecipazione, del servizio,della ricerca del nostro miglioramento spirituale, del-l’approfondimento della nostra fede, tenendo conto che

* Cappellano del Club di Livorno

CONTRIBUTIpag. 12

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pag. 13CONTRIBUTI

illumina dov’è il bene e dov’è il male che a volte noiconfondiamo, ci sostiene nei momenti di stanchezza, cidà il coraggio necessario al nostro cammino e, se loascoltiamo, suscita in noi i frutti della sua presenza cheSan Paolo enumera nella lettera ai Galati (5,2): “I fruttidello Spirito sono: amore, pace, gioia, pazienza, bene-volenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé...”. Chi lipossiede ha la certezza di essere in armonia con lavolontà di Dio che coincide con il nostro bene.

il Regno di Dio si conquista con fatica, e che ogni fati-ca è divinamente ricompensata dal Signore.

Stare nel Serra non è tempo perso se non per chi lovuol perdere, non è un optional tra i tanti, è un’occasio-ne che il Signore ci offre per essergli più vicini, piùfedeli, più amici.

In questo lavoro lo Spirito Santo, che abbiamo rice-vuto nel Battesimo e nella Cresima, si è posto accanto anoi, ci suggerisce che cosa fare e che cosa evitare, ci

Una laudeallo Spirito Santo

In una raccolta di “laudari” del Quattrocento,di solito anonimi, ho trovato una laude delpoeta Francesco d’Albizo, probabile mio antena-

to, vissuto tra la fine del ’300 e gli inizi del ’400, diparticolare interesse, dedicata allo Spirito Santo eche vorrei condividere con gli amici serrani.

I “Laudari” erano raccolte di canti ad uso delleConfraternite laiche, per le varie festività liturgi-che dell’anno e venivano cantate e recitate dagliiscritti, nelle feste religiose, per meditare sui

misteri della fede e per trovare spunto di preghierae di vita.

Questa laude allo Spirito Santo è una invocazio-ne semplice e spontanea, divisa in due parti: da unaparte c’è una professione di fede e di amore intenso,dall’altra c’è una implorazione a essere difesi nelmomento della tentazione, con la speranza di salvez-za alimentata dal sostegno dello Spirito.

Ecco il testo della laude scritta da Francescod’Albizo:

O Colomba santa e bella,dove sta l’eterno amore,refulgente più che stella,col tuo foco ardimi il core,che col tuo santo splendoretutto il mondo illuminastie con quello tu consumastinostro uman peccato tanto:

Spirito Santo.

Fammi del tuo amore acceso,o Spirito Santo eternoche con quel sarò difeso

dal demonio e dall’inferno:fammi scritto nel quaderno

della vita degli elettie gustar quei gran diletti

su nel ciel fra il divin canto,Spirito Santo.

Quando penso al vero statodel divino amor perfetto,

col cor puro costante e nettoamo te sopra ogni santo,

Spirito Santo.

Concludo con l’augurio che quanti leggeranno questa curiosità, possano terminare le loro operose gior-nate, con la spontanea intensa invocazione, che è anche professione di fede, con la quale il poeta d’Albizo,ha chiuso la sua laude “amo te sopra ogni santo, Spirito Santo”.

Vittorio Dabizzi

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“Le vicende che si svolgono nel tempo, a livello individuale e collettivo, sono per il cristianol’oscuro sacramento del progetto di Dio. Decifrarne il senso, coglierne l’appello, non è dunqueper lui un optional, ma costituisce il compito fondamentale della sua vita. Questa rubrica sipropone di aiutare i lettori in questo compito, mettendo a fuoco, di volta in volta, un aspettodella realtà presente e offrendo alcune riflessioni su di essa, nella speranza che ognuno le pro-lunghi poi per proprio conto”.

Dopo una fase storica in cui sem-brava scomparso, l’ateismo ritorna afarsi vivo nella società occidentale.Dal fatidico grido di Nietzsche – «Dioè morto!» – molto tempo è passato.L’ateismo era diventato la bandiera diuno dei grandi blocchi nati all’indo-mani della seconda guerra mondiale,quello comunista, e anche nel mondocapitalista si era assistito a una derivadi secolarizzazione che sembravadestinata a relegare il fenomeno reli-gioso se non nei musei antropologici,in alcune sacche di superstizione e disottosviluppo culturale.E invece, gli ultimi decenni del

secolo scorso hanno visto il ritornotrionfale del sacro nelle sue forme piùsvariate: il dilagare delle sette religio-se, la crescente suggestione delle spi-ritualità orientali, il New Age, la dif-fusa percezione dell’esistenza di unasfera irriducibile ai fenomeni naturali,studiati dalla scienza, e il conseguen-te diffondersi della magia, dello spiri-tismo, perfino del satanismo. E, nelnostro paese, non erano più gliambienti depressi di alcune regionidel sud a ospitare questi fenomeni,ma le zone più evolute e industrializ-zate. Parallelamente, i frequentatoridei gruppi religiosi o i clienti deimaghi non erano vecchiette ignorantie contadini, ma professionisti, impren-ditori, divi.Anche la Chiesa cattolica ultima-

mente ha goduto, a livello planetario,di un prestigio che forse aveva avuto

solo nella fase culminante del Medioevo. I funerali di papa GiovanniPaolo II possono essere ricordati comeun momento emblematico di questacontingenza storica: il mondo intero siè fermato e ha reso al capo dellaChiesa un omaggio le cui dimensioni,anche solo quantitative, non avevanoforse precedenti nella storia. Certo,non si deve confondere questo conuna più ampia e profonda adesionedelle masse al cattolicesimo: già neigiorni dell’entusiasmo non era man-cato chi aveva sottolineato il parados-so di piazze piene di gente che inneg-gia al papa e di chiese vuote, ladomenica, durante i riti liturgici. In uncerto senso il trionfo del sacro hasegnato una erosione e una destruttu-razione delle forme di religiosità piùdirettamente legate a una ortodossia,a una precisa e vincolante dottrina e,da questo punto di vista, proprio laChiesa cattolica, con i suoi dogmi e lesue rigide norme morali, ha subito unpesante attacco da parte della nuovacultura. Ciò non toglie che questa cul-tura sia stata intrisa di religiosità.Così è del resto ancora adesso, in

una certa misura. Ma qualcosa stacambiando. Ce lo segnala un datoevidente: fino a pochi anni fa, era dif-ficilissimo trovare qualcuno dispostoad assumersi l’identità di “non cre-dente” o, più brutalmente ancora, di“ateo”. Nei dibattiti, si doveva ricorrea circollocuzioni per indicare che unodei due partecipanti era comunque in

posizioni diverse da quelle delleChiese tradizionali. Oggi non è piùcosì. Le opere che dichiaratamente sipongono in una posizione di rifiutoesplicito non solo del cattolicesimo o,più in generale, del cristianesimo, madella stessa dimensione religiosa inquanto tale, si moltiplicano sotto inostri occhi. Si va dal Corso accele-rato ateismo, di A. Lopez Capillo e J.I. Ferrera, al Trattato di ateologia diM. Onfray, da Un’etica senza Dio, diE. Lecaldano, a Dio non è grande, diC. Hitchens. Sono solo alcuni dei tantititoli che, da alcuni mesi, affollano levetrine delle librerie europee e italia-ne.I toni sono tutt’altro che moderati.

Il sottotitolo del libro di Hitchens è:«Come la religione avvelena ognicosa». E, scorrendo l’indice, si trova-no espressioni del tipo: «La religioneuccide»; «La religione può far malealla salute»; «Le pretese metafisichedella religione sono false»; «La reli-gione come peccato originale».Non sono meno aspre le accuse

da parte di autori italiani. Nel suoLaici in ginocchio, uno storico stimatoe autorevole quale C. A. Viano hascritto, recentemente, che «le religio-ni, come ha rilevato un’ampia lettera-tura, oggi purtroppo poco frequenta-ta, generano superstizioni, paure,soggezioni intellettuali, tendono acoprire condotte negative e si reggo-no su imposture e promesse inattendi-bili» e che esse oggi «sono le princi-pali minacce per la vita degli uomi-ni».Dietro questa sollevazione contro

la religione, in realtà, si nascondespesso un rigetto viscerale o meditatonei confronti della Chiesa cattolica.L’ateismo è inscindibile, nella maggior

a cura di Giuseppe Savagnone

LEGGERE IL TEMPOpag. 14

Ritorno dell’ateismo?

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pag. 15LEGGERE IL TEMPO

parte dei casi, da quei rigurgiti di lai-cismo che hanno trasformato il dibat-tito politico, per esempio nel nostropaese, in uno scontro permanente tra“laici” (leggi: “laicisti”) e cattolici. Maanche da un senso di delusione e didisaffezione suscitato in fasce più lar-ghe da alcuni comportamenti dellaChiesa istituzionale e dei suoi rappre-sentanti , non sempre coerenti col van-gelo,Di tutto questo è bene tener conto,

se non si vuole che la nostra pastora-le si rivolga ad interlocutori inesisten-ti, ma intercetti le reali domande dellagente. Bisogna chiedersi se nonsiamo sulla soglia di una nuova situa-zione culturale, in cui non sarà piùsuperfluo cominciare dal risvegliarenegli interlocutori il senso del Misteroe del Divino, con ciò che questo impli-ca sul piano della ricerca personale,del cammino di scoperta di senso, maanche di verità, a cui ogni uomo eogni donna sono chiamati davantialla complessità del reale e dell’esi-stenza umana. Da questo punto divista, ritorniamo forse alle questioni difondo, che sembravano ormai relega-te nell’astratto dibattito dei filosofi, edobbiamo chiederci in che modoaffrontarle se vogliamo evitare,appunto, l’astrattezza.Al tempo stesso, però, dobbiamo

prendere coscienza che, come sem-pre è stato, i problemi teorici sonospesso condizionati da esperienze vis-sute e che dunque, nel caso della reli-gione, nessuna argomentazione logi-ca potrà sostituire una testimonianzapiù convincente da parte dei credenti,in particolar modo – se quello chedicevamo circa il rifiuto della Chiesaè vero – da parte di noi cattolici. Sela nostra impressione è fondata, ilritorno dell’ateismo può essere bloc-cato non solo da una pastorale capa-ce di fare i conti con il problema del-l’esistenza e della natura di Dio, maanche e forse soprattutto da un mag-giore rigore della comunità cristiananel suo sforzo di essere fedele, effetti-vamente, al vangelo.

Signore,quando sei nato tra noisei venuto in punta di piedi,nel silenzio della nottenella solitudine della campagnanell’umiltà di una grotta,senza tutto quel chiasso gioiosoche caratterizza i nostri giorni di festa,senza quella pubblicitàche accompagna i grandi avvenimentinelle vicende umane.Solo gli angeli hanno fatto festae non potevano non farla,non cantare la tua gloria.Ma tu sei voluto venire in punta di piediquasi allergico a quel trionfoche hai sempre cercato di evitarequando le folle, entusiaste di te,te lo volevano offrire.Sei venuto in punta di piedi,è il tuo stile, anche oggi,quando vuoi nascere nella vita di ogni uomo,lo cerchi nel silenzio, nell’umiltà,nella solitudine.Fa che anch’io impari da tee mi possa accorgeredella tua presenza solo nel raccoglimento,nel silenzio, «nella brezza di un vento leggero»come accadde al profeta Elia.Aiutami a cercare questi valorianche nel frastuono della mia giornataperché possa incontrarmi con teche vieni in punta di piedi,che parli sottovoce.Insegnami come avvicinarein punta di piedi, con grande rispetto,per lui devo essere portatoredi quella delicatezza, di quell’attenzione,di quell’amoreche tu, così divinamente, offrialle tue creature.

Don Ezio Morosi

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Fra le diverse tappe del Santo Padre Benedetto XVI, una molto importante è stata la lezione teologicache tenne nella sua facoltà in Germania

Luigi Cardilli*

Una attenta meditazione

“In principio era il Verboil Verbo era presso Dio,il Verbo era Dio”

Questo mio contributo che oggi vi partecipo èfrutto di una lettura attenta della lezione del-l’ex prof. Ratzingher, oggi Papa Benedetto

Decimosesto, Pontefice felicemente regnante. La lezio-ne che ha avuto nella sede della facoltà di Teologiaaveva per tema l’interpretazione del Logos ovvero laParola, ovvero la fusione di due circostanti elementi laFede e la ragione e i valori che essi esprimono. Tenendomaggiormente una particolare attenzione all’inizio delVangelo secondo Giovanni:

“in principio era il Verbo,il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio”.

Quale sia l’approccio al problema, sarà il singoloindividuo a trovare in sé la via per ottenere la risposta:alcuni si affideranno all’ascolto di docenti sapienti edaccetteranno passivamente le loro indicazioni, altri per-correranno le medesime vie dei docenti sapienti e trove-ranno le medesime risposte, altri cercheranno altre viesolitarie: ma tutti, alla fine, dovranno credere.

La lettura di quei versi a mio avviso significa unacertezza: l’indicazione che vi è una religione rivelata,dove il Verbo (logos ovvero ragione) è espressione diDio e dove la fede – ragione è con Dio.

Il Logos era presso DioÈ scritto che prima che ogni cosa venisse creata,

era il logos: nulla poteva essere al di fuori, nulla potevaessere altro, nulla avrebbe potuto essere più perfetto,nulla avrebbe potuto essere altrettanto completo.

Quella interezza, tuttavia, nella razionalità umanavenne meno: perché l’uomo non essendo preparato adaccogliere questa verità assoluta ritenne di procedere aduna differenziazione, scindere l’universo tra spazio emateria: ovvero la materia ciò che vede, che tocca, chesente e lo spazio l’entità superiore dove solo la fede –ragione può essere presso Dio.

L’essere umano però non si è fermato alla sola dif-ferenziazione tra spazio e materia ma attraverso la filo-sofia ovvero scienza umana con i suoi ben noti limiti hainteso dare una spiegazione al tema Spazio ovveroTempo e quindi dare forza alla conquista della fisicacontemporanea che il mondo sensibile si fonda sulnumero 4. Quattro le stagioni, quattro le età dell’uomo,quattro le fasi della luna, quattro i punti cardinali, ecc.

A questo punto qualcuno potrebbe essere portato achiedersi: “Questo nostro mondo è nuovo rispetto alLogos iniziale? Oppure, è sempre lo stesso, perché lacomprensione di esso avviene solo tramite gli strumen-ti della ragione, dell’intelletto, della fede?”.

In altre parole, dato per acquisito il significato sim-bolico di quanto sopra, ci si chiede: “quale è il ruolo cheattiene a noi Cattolici, sia quando ci riuniamo o quandopercorriamo le vie della vita?

Il filosofo Kant, disse:

“sopra di me il cielo stellato,dentro di me la legge morale?”.

Quale senso e interpretazione vogliamo dare?Ed è a questo punto che è importante riportare ciò

che Benedetto XVI ha detto nel suo pregevole interven-* Socio fondatore e Past - Presidente Serra Club l’Aquila

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pag. 17CONTRIBUTI

La storia ci insegna che, laddove l’ignoranza èsovrana, la mente trascinatrice (nel caso specificol’Imam del paese anche più piccolo del mondo musul-mano) può provocare una elevazione di scudi che amacchia d’olio lentamente si espande. E di questo imass – media occidentali ne dovranno rendere contoall’umanità intera se dovesse verificarsi qualcosa di tra-gico ed orrendo da parte di qualche esaltato che nelrispetto della guerra santa opera al grido di Allah.

Per concludere credo, e sono convinto assertore,che il Papa e la nostra Chiesa universale a differenzadelle altre religioni, lottano contro l’errore e non controchi sbaglia, contro l’ignoranza e non contro chi ignora,contro il peccato e non contro il peccatore, contro tuttociò che è nemico dell’uomo e non contro l’uomo.

Infatti Benedetto Decimosesto* in una conferenzatenuta da Cardinale sul tema l’Ecclesiologia nella“Lumen Gentium” disse: “la Chiesa non esiste per sestessa, ma dovrebbe essere lo strumento di Dio, perradunare gli uomini a lui, per preparare il momento,in cui “Dio sarà tutto in tutto” (1 Cor 15, 28).”

* Così a me piace chiamarlo, e credo sia più rispettosorispetto alla parola “sedicesimo” che sa più di una classifi-ca sportiva e di un linguaggio qualunquistico.

to: “ Nel mondo occidentale domina largamente l’opi-nione che soltanto la ragione positivista e le forme difilosofia da essa derivanti siano universali. Ma le cul-ture profondamente religiose del mondo vedono pro-prio in questa esclusione del divino dall’universalitàdella ragione un attacco alle loro convinzioni più inti-me. Una ragione, che di fronte al divino è sorda erespinge la religione nell’ambito delle sottoculture, èincapace di inserirsi nel dialogo delle culture.”

Quindi alla frase del Filosofo intendo dargli questamia interpretazione: “ Il Cattolico non deve limitarsi aconsiderare la vita come un insieme di atti che si con-cludono, anche se con riflessi verso l’esterno e dentro disé; pertanto oggi detta frase potrebbe con certezza esse-re modificata come appresso:

“sopra di me la protezione del cielo stellato;fuori di me la ricerca e l’applicazione della legge morale;dentro di me la fiamma vivente della Fede - Ragione”.

Nell’ottica di considerare la catena naturalecosmo-legge-uomo, si può ritenere che il mondo sensi-bile coincida con il logos primigenio, senza corruzionené di qualità né di quantità, ossia che questo mondocoincida con l’unità iniziale ancorché scissa nei suoicomponenti fondamentali, e che per questo motivo,essendosi il Logos reso più semplice, possa essere com-preso anche da noi che siamo parte del tutto.

La Parola era Dio.Il compito che deve attendersi, il più arduo di tutti

ma anche il più appagante è quello di dare una spiega-zione al Logos iniziale.

Per fare ciò occorre percorrere una via di appro-fondimento, distillare in una goccia l’essenza delmondo e farne dono all’Umanità.

Trovare la spiegazione del Logos, ovvero dellaParola, è stato l’assillo della Chiesa perchè tutte le tra-dizioni mistiche sono basate sul concetto del principioprimo unitario. Ma in tutto ciò ecco la presenza di CristoUomo e Dio che racchiude in se la Parola che è Dio eche potrà essere pronunciata solo da Lui a vantaggiodell’intera umanità.

Successivamente, a seguito dell’evento che ilSanto Padre raccontava che non bisogna uccidere innome di Dio, di quel Dio che è amore universale, ci fuuna sconsiderata reazione dell’ignoranza del mondoislamico, a causa, a mio avviso, voluta e intenzional-mente estrapolata dal contesto, da quella società occi-dentale, magari proprio la sua di estrazione tedesca eluterana insieme, che in virtù proprio di quella filosofialimitata e fondamentalmente razionale, l’ha trasmessa almondo islamico attraverso i mass - media.

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Su proposta di Giovanni Novelli, rappresentante di Serra International presso la Santa Sede,il Board nella seduta di febbraio ha deliberato di stabilire la sua sede di rappresentanza in Roma

presso il Patriarcato della Chiesa di Antiochia dei Siri, messo cortesemente a disposizioneda S. Ecc. Mons. Mikhael al Jamil che ne è il procuratore patriarcale.Riportiamo alcune notizie storiche di questo prestigioso immobile.

Giovanni Novelli

Presso il Patriarcato Antiocheno

La nuova sede romanadi Serra International

Dopo altri interventi a seguito delle innovazio-ni introdotte dalla Repubblica Romana del1849, nel 1851-53 il complesso, rientrato in pos-

sesso delle monache, diviene oggetto dell’ultimo inter-vento importante: l’edificazione dell’unità compresa trail vicolo Valdina e la via Metastasio, ancora raffiguratacome giardino nel Catasto Gregoriano. Nell’ambito deilavori ritornano in luce alcune antichità, come unacolonna utilizzata nel 1854 per il monumentoall’Immacolata Concezione in Piazza di Spagna e labase con festoni e bucrani attualmente sulla piazza diCampo Marzio.

L’assetto definitivo del Monastero è documentato inuna serie di sei tavole ed in una relazione datate 30 gen-naio 1873, preparate per l’esproprio decretato il 21 gen-naio dello stesso anno, a seguito del quale esso divienesede dell’Archivio di Stato di Roma, prima dell’attualedestinazione come Camera dei Deputati.

Le tavole ottocentesche mostrano il complesso nellasua massima estensione, tranne che per alcune unitàmancanti, forse a seguito di vendite. Il monastero appa-re espanso e ristrutturato lungo la via di Campo Marzioe soprattutto sulla piazza omonima e sulla via diMetastasio. Sono condotti lavori per adattare il com-plesso alla nuova funzione e nel 1876 sono staccati gliaffreschi già ricordati dalla chiesa di S. Gregorio, ora alMuseo di Roma.

Le monache sono costrette in un numero di ambien-ti sempre inferiore, finchè nel 1914 vengono trasferitenel monastero delle Oblate di Tor de’ Specchi.

Some informations about the AntiochPatriarchate seat in Rome near the Holy See

The History of this building is rather old and before,for long time, it was property of a nun monastery. Weare just remembering here the rather modern part.

After different intervention following the innova-tions introduced by “Roman Republic”(*) of 1849,being the Monastery, during the years 1851-53, returnedto the nuns, the building was the object of the lastimportant interventions.

This was the edification of the unity structure includ-ed between “Valdine” lane and “Metastasio” street,remembered as a garden in the Gregorian register of land-ed property. During the relevant works the excavationsbrought to light some antiques, like the column used in1854 for the Immaculate Conception monument in“Spagna” Square (in Rome) and the basis with festoonsand bucrania today still in “Campo Marzio” square.

The final bond of the Monastery was documented bya set of six tables and a report dated on January 30th1873 (**), prepared in order to proceed to the expropri-ation based on decree of the January 21 of the sameyear. This following the decision to transform the build-ing in a Record Office in Rome, before the today (par-tial) destination to the Chamber of Deputies.

The ’800 tables shows the bond in the maximum ofextension except for some incomplete visit, may besold. The Monastery was looking expanded and restoredalong the “Campo Marzio” street and particularly in“Campo Marzio” square and the “Metastasio” street.

Some works where arranged to adapt the complex tothe new function and in 1876 some frescos where taken

ATTUALITÀpag. 18

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pag. 19ATTUALITÀ

down from the S. Gregorio church and now are locatedin the Rome Museum.

In the year 1920 the pope Benedictus XV handedover the “S. Maria in Campo Marzio” church and thenuns rooms to the Catholic Community of Syro-Antiochien rite, as seat of representation of thePatriarchate in Rome and new works where developedin the whole during the 1921-1926. In 1937 the conces-sion was expanded in occasion of the nomination, as aCardinal, of the Patriarch I.G. Tappouni, that here fixedthe roman residence; and some works where carried outin the years 1937-38. In the year 1963 was formalisedthe purchase of the “Procura” palace, that is retainingnumerous inscriptions and work of art. In the years1950-64 some restoration works where ordered by theAntiquity and Fine Arts Superintendence, at care of O.Montenovesi. In 1954 also the external part of the S.Gregorio church was restored.

Reduced to a deposit of Record Office and the AuditOffice, the Monastery himself in 1973 was given in useto the Chamber of Deputies. A new set of restorationworks starting in 1975 till the 1983 was organised by thespecial office for the Civil Genius for the Building Worksof Rome (architect F. Borsi consultant). During the years1993-94 some interventions to reinforce the dome vaultof the church was ordered by the special Office for theCivil Genius for the building works in Rome.

Nel 1920 Benedetto XV cede la chiesa di S. Maria inCampo Marzio ed i locali delle monache alla comunitàcattolica di rito siro-antiochieno, come sede della rap-presentanza del Patriarcato in Roma, e sono condottilavori nel complesso nel 1921 e nel 1926. Nel 1937 laconcessione viene ampliata in occasione della nomina acardinale del patriarca I.G. Tappouni, che vi stabilisce lasua dimora romana, facendovi realizzare alcune operenel 1937-38 e nel 1963 viene formalizzato l’acquisto delpalazzo della Procura, che conserva numerose iscrizio-ni ed opere d’arte.

Nel 1950-61 sono condotti lavori di ripristino curatida O. Montenovesi, commissionati dalla Soprintendenzaalle Antichità e Belle Arti, e nel 1954 viene restauratol’esterno della chiesa di S. Gregorio.

Ridotto a deposito dell’Archivio di Stato e dellaCorte dei Conti, il monastero nel 1973 viene dato in usoalla Camera dei Deputati; a partire dal 1975 vengonocondotti lavori di restauro, che si concludono nel 1983,eseguiti a cura dell’Ufficio Speciale del Genio Civileper le Opere Edilizie della capitale (consulente arch. F.Borsi).

Nel 1993-94 sono condotti interventi di rinforzodelle volte e della cupola della chiesa a cura dellaSoprintendenza per i BeniAmbientali eArchitettonici diRoma.

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Chi esce dalla “Fraternità” ha il “cuore caldo”; è pronto a ricominciare con entusiasmo e coraggio

Giorgio Bregolin*

Il microfono a...

Intervista a...P. Alberto Boschettoresponsabile della “Fraternità”

Sono andato a Vittorio Veneto a conoscere la“Fraternità” di cui è Padre Guardiano eresponsabile P. Alberto Boschetto. La casa, addos-

sata alla chiesa, dove lavorò e visse molta parte dellasua vita religiosa il Beato Granzotto eccellente scultoreche riposa a Chiampo nella Grotta da lui costruita, è

accogliente, moderna con un chiostro del 600 (comple-tamente ricostruito nel 1968), confortevole; un’oasi dipace immersa in un sereno paesaggio circondato dalleprealpi trevigiane e bellunesi. Il borgo antico e le villesignorili hanno l’impronta della Serenissima. Si respira“un’aria buona”. Padre Alberto è un frate affabile, aper-to e disponibile al dialogo; è consapevole di essere statochiamato dalla Provvidenza ad aiutare ed accompagna-re i consacrati in difficoltà. Ora gli ospiti sono 5 e pro-vengono dalle diverse diocesi. Dal 2001 in “Fraternità”sono stati ospitati 35 consacrati di cui il 65% è ritorna-to al ministero con grande gioia di P. Alberto, dei con-fratelli e dei Vescovi. Gli altri si sono inseriti, come laiciimpegnati, nella società civile con armonia e serenità.Chi esce dalla “Fraternità” – come nota P. Alberto – hail “cuore caldo”; è pronto a ricominciare con entusiasmoe coraggio. Sa di essere stato “acciuffato” nuovamentedal Signore che lo ha chiamato e continua a chiamarloal suo servizio.

DomandaPadre, mi vuoi parlare della tua vocazione sacerdotale?

P. AlbertoPer parlare della mia vocazione occorrerebbe moltotempo a disposizione; è un argomento che non si puòesaurire in poche battute. In breve: sono entrato nell’or-dine a 23 anni, ero già infermiere professionale, con lavocazione missionaria. Sono partito per l’Africa: 12anni tra i lebbrosi (lebbrosario di Cumura - GuineaBissau, West Africa) come diacono permanente. Poi,dopo varie vicissitudine, nasce in me la vocazionesacerdotale; così torno in Italia anche a causa di una

* Vice Presidente Nazionale Vocazioni

INTERVISTEpag. 20

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pag. 21INTERVISTE

genere; fra Antonio che è psicoterapeuta lavora a strettocontatto con me; infine c’è Daniele che si interessa delleattività ricreative, lavorative, di prima accoglienza, disistemazione delle stanze.

Dal 2001 sono passati in “Fraternità” quanti sacerdoti?35 ospiti. Annualmente i permanenti sono 7/8 e manmano che alcuni escono altri entrano per dare continui-tà al progetto. Il percorso è sempre personalizzato, stu-diato sulla persona; è la ricerca di un cammino progres-sivo dalla situazione di crisi all’armonizzazione, allaripresa eventuale del ministero. Noi siamo molto feliciquando un sacerdote ritorna a celebrare Messa; siamoaltrettanto contenti quando un sacerdote decide di ritor-nare a casa sua o di iniziare un’esperienza di lavoro,anche una vita di coppia quando ci siano le condizioni.Purché la scelta sia stata fatta con serenità e pondera-tezza, con genuino discernimento.

L’intervista è finita. Ci sarebbero ancora tante cose dachiedere a P. Alberto ma rispettiamo la sua riservatezza,il lavoro delicato che insieme ai confratelli sta portandoavanti con entusiasmo e dedizione. Abbiamo una cer-tezza tuttavia in comune: recuperare un sacerdote che ha“sbandato” è ricostruire in parte la Chiesa di Cristo; sul-l’esempio di Francesco è “riparare” la sua Casa; è sal-vare – chissà – molte anime…

malattia, concludo gli studi e sono ordinato sacerdotenel 1997.

Che cosa è successo poi nel tuo percorso di sacerdote?I superiori mi hanno mandato a Barbarano Vicentinocome superiore: una bella esperienza. Nel frattempo erasorto in me il desiderio, sulla scia di P.Teobaldo DeFilippo a Genova, di far sorgere all’interno della nostraprovincia francescana una “Fraternità”. Così il capitoloprovinciale, sotto nostra richiesta e alla luce di uno spe-cifico progetto, approvò la nascita di questa “Fraternità”di servizio ai sacerdoti e religiosi in difficoltà.

Gli inizi sono stati difficili?Difficili per un verso ma anche facili. Facili perchévenivo già da un po’ di esperienza in questo campo.Difficili perché bisognava strutturare una casa;soprattutto far crescere una “Fraternità” che si mettes-se a disposizione, al servizio dei consacrati in crisi.Ovviamente preparare le strutture, i muri e gli acces-sori è stato ovvio, quasi automatico; preparare invece“i cuori” occorre molto più tempo e fatica. Perchébisogna attuare un cammino di conversione, di aper-tura, di disponibilità. Il nostro progetto era proprioquello di creare una casa dove regnasse laMisericordia.Dove ci si alleava sempre con il consacrato, anche sesembrava che non ne avesse voglia e che facesse faticaa rimettersi in discussione. L’aiuto più importante per“preparare i cuori” l’ho avuto dai sei frati della comuni-tà. Una disponibilità incredibile.

Ricordi i primi incontri con i sacerdoti in difficoltà?Il primo che ho incontrato è stato a Verona; era però ungiovane studente che, dalla mattina alla sera, era statomesso alla porta da un istituto. Si è trovato in mezzo aduna strada. Abbiamo cominciato ad ospitarlo in unastanza, anche senza il permesso dei superiori. Poi gliabbiamo trovato una casa. Oggi, all’interno dellaChiesa, è un sacerdote impegnato ed importante. Questoè uno dei ricordi più belli, anche perché l’ho rivisto,dopo tanti anni, proprio 15 gironi fa.

Mi puoi parlare ora del percorso che attua la“Fraternità”, cioè l’accompagnamento spirituale e psi-cologico?La “Fraternità” è a completa disposizione degli ospiti,che arrivano, con un servizio che chiamiamo “testimo-niale”, cioè di risposta al bisogno del consacrato.Diventiamo quindi un po’ tutti testimoni del servizio edel ministero che noi svolgiamo. Nello specifico siamoin tre: io seguo la parte spirituale e quella logistica in

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Un concorso riservatoai soli Serrani: perché

Il presente anno sociale è caratterizzato dallariscoperta e dalla riappropriazione dei “princi-pi fondamentali” del nostro essere Serrani.Abbiamo incominciato col chiederci qual’è la

nostra identità, cioè il “chi siamo”; siamo dei cristia-ni che si impegnano a spianare la via al Signore.

Poi ci siamo chiesti “cos’è” il Serra International;è un’associazione che accoglie persone scelte per leparticolari qualità morali, umane, professionali, ecc.,un’associazione differente dalle tradizionali presentinelle Diocesi, che non può quindi avvalersi di unampio numero di associati, bensì della qualità dellavoro svolto dai propri membri. È necessario resiste-re alla tentazione di allinearsi alle associazioni pre-senti nelle Diocesi ed orientare invece ogni nostroprogramma ed ogni nostra attività ai “principi fonda-mentali” che vengono qui esposti.

Abbiamo considerato come il Serra si colloca nel-l’ambito delle associazioni cattoliche o comunque dicattolici; “la preghiera” rappresenta non un obiettivo,ma il punto di partenza, che motiva e dà significatoall’attività serrana.

Abbiamo anche considerato il rapporto Serra -Vescovi, che attualmente vede il Serra a chiedere aiutoe considerazione; se la nostra associazione fosse ingrado, come potrebbe e dovrebbe, di determinare conla propria presenza un valore aggiunto, sarebbero iVescovi a chiedere la costituzione di un Serra Clubnella propria Diocesi. Ai Vescovi noi dovremmo pre-sentarci sempre con le mani piene di realizzazioni, diattività pratiche, di progetti.

Poi l’interpretazione delle finalità statutarie appli-cata alla società italiana del giorno d’oggi. “Favorirele vocazioni”, intesa a favorire le condizioni che faci-

Art. 1 - DestinatariPossono partecipare al concorso tutti i

Serrani italiani.

Art. 2 - Modalità di partecipazioneRedigere un elaborato contenente la pun-

tuale descrizione di un aspetto della società

odierna, svolgendone un esame approfonditoin maniera personale ed originale (ma nellarigorosa osservanza della dottrina cattolica).In particolare, come punto di riferimento vaconsiderato uno dei dieci comandamenti,mettendo a confronto gli insegnamenti diCristo con le deformazioni poste in essere

Il Consiglio Nazionale Italiano di Serra InternationalItalia (C.N.I.S.), su indicazione della CommissioneRicerche e Studi coordinata da Angelo Magrì, indice unConcorso tra tutti gli iscritti al Serra italiano. L’iniziativascaturisce dal desiderio di contribuire ad una verificadelle cause dello stato di disagio esistenziale della societàodierna ed alla ricerca di realistiche vie di uscita da esso.

Considerazioni preliminariI dieci Comandamenti non sono solo regole reli-

giose, ma regole di vita; il loro rispetto, anche a pre-

scindere dalla prospettiva soprannaturale, consenti-rebbe il ripristino di una scala di valori capace di per-mettere un’armoniosa convivenza degli esseri umani,rappresentando un’espressione privilegiata dellalegge naturale (Compendio della dottrina socialedella Chiesa).

Purtroppo in molti cattolici si realizza una sorta disdoppiamento interiore tra una fede religiosa (spessopersonalmente riveduta e corretta alla luce di un sot-tofondo laico) ed un tollerante pensiero laicista cheaccetta (o tollera, per rispetto umano) le aberrazioni diuna libertà snaturata in licenza.

BA N D O D I C O N C O R S O

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dagli uomini di oggi ed evidenziando le incon-gruenze che ne derivano.

Art. 3 – Invio degli elaborati

Gli elaborati, che dovranno avere dimen-sioni massime di tre cartelle dattiloscritte incarattere “Times New Roman – 12”, interli-nea singola, dovranno riportare sulla primapagina, in alto, le generalità del partecipante,il Club di appartenenza, l’argomento trattatoe il “Comandamento” di riferimento.

Essi dovranno pervenire entro il 30 set-tembre 2007 al seguente indirizzo:

Segreteria Nazionale di SerraInternational Italia:

e-mail: [email protected]

L’invio a mezzo e-mail è necessario perconsentire una più rapida selezione degli ela-

borati, il loro inoltro ai membri dellaCommissione esaminatrice nominata dalC.N.I.S. e la successiva stampa.

Il materiale inviato rimarrà di proprietàdel Serra, che lo potrà utilizzare per i suoiscopi statutari.

Art. 4 - Premiazione

Il concorso non prevede premi “venali”. Ipartecipanti avranno la personale soddisfa-zione di aver concorso alla definizione dei“messaggi” che il Serra dovrà trasmetterealla società italiana in attuazione delle finali-tà statutarie.

Una selezione del materiale sarà pubblica-ta su “Il Serrano” ed una sua analisi potràessere oggetto di successivi approfondimenti.

Il presente concorso è un primo tentativodi coinvolgimento “corale” di tutti i Soci delSerra Italiano e potrebbe essere l’inizio di un“modo nuovo di stare insieme”.

litino l’”ascolto” di una “chiamata” che continua perl’incessante azione dello Spirito Santo. Partendo dallaconsiderazione che, di norma, le vocazioni maturanoin famiglie che vivono il cristianesimo, è necessariointervenire nella società per richiamare i principalivalori etici e la giusta scala dei valori. “Sostenere levocazioni”, rappresenta non una generica amiciziacon i sacerdoti né un intervento assistenziale, bensì unattento ed accurato studio delle situazioni che metto-no in crisi i sacerdoti e la loro vocazione, con un’at-tenzione particolare per quelli da poco ordinati, equindi più deboli, e un’intelligente presenza accanto aloro per assicurare amicizia, confidenza e reale aiuto.

Abbiamo anche definito i Serra Club come “ilvolto” e “le mani” del Serra; sono essi infatti che pos-sono rendere interessante ed auspicabile la presenzadel Movimento serrano sul territorio e nella Chiesalocale. Non quindi una presenza formale e di maniera,ma seriamente orientata a perseguire materialmenteed in modo riconoscibile le finalità serrane in sensostretto, come appena sopra delineate.

Una volta definiti i “principi fondamentali”, abbia-mo cominciato a dotarci della strumentalità di baseper poter realmente e praticamente sviluppare i nostriprogrammi operativi. Il più importante è senz’altro ilCorso di Comunicazione, indispensabile per consen-tirci di entrare in relazione con il mondo che ci cir-conda; non più rimanere al chiuso delle nostre sedi,

ma aprirci alla società. Nella nostra esperienza profes-sionale ci siamo quasi sempre confrontati con personeche erano obbligate ad ascoltarci ed a capirci, mentreora noi dobbiamo suscitare interesse e curiosità nellepersone con le quali veniamo in contatto, tanto dainvogliarle ad ascoltarci. E’ una grossa rivoluzioneche ci impone di prepararci seriamente; per tale ragio-ne è stato organizzato un corso in dispense, in modoche ogni Serrano possa trarne il giusto beneficio.

Non basta però saper comunicare, è necessariosaper cosa comunicare. Un’interessante proposta èstata avanzata da Angelo Magrì, Coordinatore dellaCommissione Ricerche e Studi, che propone di analiz-zare la vita quotidiana alla luce dei Comandamenti. Eglipropone ai Serrani di verificare le cause dello stato didisagio esistenziale della società odierna e di ricercare levalide vie di uscita dallo stesso; lo strumento di tale ini-ziativa è un Concorso riservato agli stessi. È un concor-so un po’originale perché privo di premi venali, ma con-fidiamo nella partecipazione di molti Serrani, i qualiavranno la soddisfazione di aver portato il loro persona-le contributo alla formazione dei messaggi che il Serraporterà nella società e quindi nelle famiglie, nella scuo-la, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, ecc., affinché vengaprestato maggior ascolto alla “chiamata”.

Benito PiovesanPresidente Nazionale di Serra Italia

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abbiamo concordato con la prof.ssa Pavan, in uno alprimo elaborato che Vi giunge con la nostra rivista inmaniera da poter essere conservato con i prossimi, si ècercato di affrontare il tema della “Comunicazione” daogni latitudine possibile, al fine di rendere il Serranopadrone di tecniche di trasmissione per far conoscere,per diffondere, per divulgare messaggi significativi – inparticolare il nostro messaggio – ad un pubblico anoni-mo, indifferenziato e disperso.

Rammentiamo che la “Comunicazione” è“Trasmissione”. La trasmissione è però utile nella misu-ra in cui il destinatario l’accolga. E per facilitare questaricezione, l’informazione deve ricorrere alla ripetizione,alla persuasione, insomma a fattori colorati d’affettività.

A noi far sì che comprendendo l’importanza dell’in-vestimento che ci apprestiamo a compiere possiamoessere ripagati con risultati soddisfacenti come Serrani ecome persone.

Ricordiamo che l’uomo si capisce come essereessenzialmente dialogico.

C’è un intreccio che lega l’io e il tu fin dall’originedell’esistenza personale. In principio era la Parola (cf.Gv.1,1), era il dialogo, era la “comunicazione” e laparola era Dio.

Buona lettura.

Donato Viti

FORMAZIONEpag. 24

Dalla Commissione Comunicazione

La sfida continua...al via il corsodi comunicazionedel Serrano

Sin dalle prime riunioni il C N I S, avvertendo che lacomunicazione costituisce una dimensione fondamenta-le per capire l’uomo e la sua natura, si è reso conto dellanecessità che i Serrani imparassero a “comunicare” inmaniera “da suscitare l’interesse su quello che vienedetto”. Difatti, se per un verso abbiamo visto quelli chesono i rischi attuali di una comunicazione sempre piùambigua e problematica, per un altro verso non si pos-sono tacere le potenzialità e risorse che la comunicazio-ne possiede in sé, perché l’uomo si realizzi nella suaumanità.

Il paradigma di una comunicazione riuscita si svi-luppa nel faccia a faccia della relazione interpersonale.La relazione tra i soggetti costituisce l’ambito in cui èpossibile cogliere il valore della comunicazione: quellacircolarità spontanea in cui un Io incontra un Tu. Unincontro fatto di riconoscimento e dialogo rispettoso. Èla relazione in cui si instaura una reciprocità di scambiotra i soggetti, in cui le persone si lasciano coinvolgere inuna relazione armonica, progressiva, sempre più aperta.La comunicazione come valore si manifesta come ambi-to privilegiato e caratterizzante l’esperienza umana,come esperienza di dialogo, esperienza di chiamata erisposta di soggetti che interagiscono, che si incontranointerloquendo.

Come ricorderete, in tale ottica e dopo varie analisi ilConsiglio Nazionale dava incarico alla prof.ssaElisabetta Pavan, titolare della Cattedrale di Teoria eTecniche delle Comunicazioni di Massa pressol’Università di Venezia, in uno con la commissionecomunicazione, di predisporre delle dispense tese a for-nire ai Serrani tutti “ nuove e più efficienti strumentali-tà “ per affrontare l’impegno nella Società e nelleChiese in particolare.

Come potrete verificare dal piano delle dispense che

Se ognuno di noi analizza il proprio comportamento,senz’altro scopre alcune stranezze. Per esempio, l’im-pressione ricavata dalla lettura delle prime tre o quattrorighe ci spinge a leggere o meno il resto di un articolo.La nostra decisione dipende quindi da una impressioneistintiva e non meditata.

Quasi tutti, nella nostra esperienza lavorativa, cisiamo confrontati con persone che erano obbligate adascoltarci e cercare di capirci. Ora, da Serrani, dobbia-mo cercare di interessare persone che non conosciamo eche probabilmente sono poco interessate a quello chediciamo; non è una cosa facile! Quindi comunicare nonè facile, ma si impara. Ecco il motivo per cui è statoorganizzato il Corso di Comunicazione. È uno sforzoche dobbiamo fare, senza scoraggiarci di fronte alleprime difficoltà, se vogliamo “favorire le vocazioni”.

Piuttosto, teniamoci in contatto, evidenziamo le dif-ficoltà che abbiamo trovato, in modo da cercare assiemele modalità per superarle.

Benito Piovesan

Imparare a comunicare, perché

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RECENSIONI pag. 25

Biblioteca de “il serrano”

In questa rubrica trovano spazio recensioni di libri o pubblicazioni che trattanoprevalentemente argomenti legati alle finalità ed alla attività della nostra Associazione.

I lettori sono invitati a segnalare opere che abbiano tali caratteristiche.

ANTONIO SOCCI, Il genocidio cen-surato. Aborto: un miliardo di vittimeinnocenti, Edizioni Piemme, pp. 175

In maniera diretta, provocatoria,coinvolgente e coraggiosa AntonioSocci denuncia quello che sicuramen-te è il peggior crimine commesso dal-l’umanità contro se stessa nel corsodell’ultimo secolo. Senza mezzi termi-ni, con obbiettività e lucidità, il libroparla dell’uccisione di un numero pra-ticamente incalcolabile di bambininon nati, raccontando tutta la veritàsulla terribile realtà dell’aborto procu-rato a livello mondiale con chiari eopportuni approfondimenti sulla real-tà italiana.Il libro descrive, in maniera detta-

gliata, il dramma dell’aborto dalle ori-gini del dibattito morale alle sceltepolitiche italiane, dalle politiche anti-nataliste cinesi all’attuale orientamen-to dell’ONU e delle varie Istituzionieuropee, dalle polemiche sullaRU486 alle coraggiose iniziative delMovimento per la vita. A guidare illettore nell’appassionante e per certiversi sofferta lettura (dovuta alla gra-vita dell’argomento) del libro, risulta-no molto efficaci i vari documenti, datie testimonianze, spesso coinvolgenti edrammatiche. Il libro aiuta i lettori acapire i silenzi dei mass media, l’o-mertà che spesso si riscontra a livello-politico e sociale su un tema cosìimportante, il prezioso lavoro dellaChiesa Cattolica ed il paradosso deisistemi democratici che uccidono conl’aborto più di qualsiasi regime totali-tario. Bellissimo e commovente l’ulti-mo capitolo che si consiglia di legge-re attentamente. Il libro è indirizzato a

tutti quei lettori curiosi di conoscere laverità, in particolare ai giovani, per-ché essi aprano gli occhi su una verae propria piaga della nostra società(Dante Coltelli).

MASSIMO INTROVIGNE, Il drammadell’Europa senza Cristo. Il relativismoeuropeo nello scontro delle attività,Edizioni Sugarco, pp. 192

Partendo da incontri, dialoghi,esperienze personali maturate nei luo-ghi più diversi del mondo, il libro simuove su temi fondamentali: l’identitàcristiana dell’Europa, insidiata dallaminaccia del relativismo, e il ruoloche l‘Europa potrebbe svolgere – mapurtroppo non svolge – nel dialogodelle civiltà, unica alternativa ai peri-coli apocalittici di un mondo dove,secondo un’espressione ripresa dallostesso Benedetto XVI, «non a torto si èravvisato il pericolo di uno scontrodelle civiltà». Molto interessante risul-ta il commento alle varie crisi chel’Europa sta attraversando, in partico-lare quella demografica e quella diidentità non solo a livello di popola-zione ma anche politico ed istituzio-nale. Molto efficace e veritiero è ladescrizione della “Cristofobia” euro-pea e dell’ignoranza sui temi religiosidel cittadino europeo (il caso di “IICodice Da Vinci” docef). Per spiega-re tutto questo e rendere la lettura piùefficace ed accattivante, anche per unpubblico più ampio, Introvigne utiliz-za figure, eventi e personaggi talorainattesi – dal sociologo Rodney Starkal pittore cattolico canadese WilliamKurelek, da un vecchio film di Gerard

Depardieu a Diabolik, dai nomadidella Mongolia all’islamologo LouisMassignon, dalla caccia alle streghealla rivolta delle periferie parigine del-novembre 2005. Tutti questi “testimo-ni” sono chiamati su un ideale bancoper essere interrogati su quantohanno da dire a proposito del dram-ma dell’Europa. L’autore raccoglie unpo’ dovunque esempi e insegnamenti:un fatto di cronaca, un film, un eventostorico del passato, una ricerca socio-logica, un personaggio di successo. Ilcredente, specialmente se colto, deveavere il coraggio di trasformarsi inapologeta, facendo della “discesa incampo un obbligo morale e un dove-re religioso, una risposta entusiasta esenza riserve all’invito lanciato ai laicie agli uomini di cultura dal già riccomagistero di papa Benedetto XVI”. Laconclusione è che questo dramma sirisolve nell’avere voltato le spalle aCristo e nel aver tentato di costruireuna torre di Babele europea senzaDio e senza la Chiesa, destinatacome quella antica a un crollo frago-roso (Dante Coltelli).