Il sentimento europeo. Gli ostacoli all'europeizzazione oggi

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MARCO MARTINI IL SENTIMENTO EUROPEO. GLI OSTACOLI ALL’EUROPEIZZAZIONE OGGI.

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Un articolo per ricostruire le tappe del processo di unificazione europeo, in un contesto di globalizzazione, ma anche di pericolosi nazionalismi risorgenti di fronte agli accordi di Schengen, alla xenofobia dell'estrema destra, alla "dittatura" tedesca sulla moneta unica. Un articolo quindi di storia economica, per la realizzazione del quale ringrazio il mio ex studente Andrea Bertacchi per la preziosa collaborazione.

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MARCO MARTINI

IL SENTIMENTO EUROPEO. GLI

OSTACOLI ALL’EUROPEIZZAZION

E OGGI.

EDIZIONI ISSUU.COM

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IL SENTIMENTO EUROPEOGli ostacoli all’europeizzazione oggi

TAPPE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA

1. 1946 Trattato di Bruxelles: alleanza militare dei paesi occidentali

2. 1947 Piano Marshall: Piano americano di aiuti economici agli Stati reduci dalla guerra

3. 1949 nasce la NATO: organizzazione militare paesi occidentali

4. 1949, 5 maggio nasce il consiglio d’Europa: organo di cooperazione internazionale

5. 1951 nasce la CECA: comunità europea del carbone e dell’acciaio. Prima comunità economica. Aderiscono Italia, Germania, Francia e il Benelux.

6. 1957 nascono la CEE e il MEC: Comunità Economica Europea e il Mercato Comune Europeo su “incoraggiamento” degli Stati Uniti che non vi partecipano.

7. 1971 prende vigore la UEM: Unione Economica Monetaria8. 1973, 1 gennaio Europa dei 9: entrano Regno Unito,

Danimarca e Irlanda.9. 1979 il Parlamento Europeo: si riunisce per la prima volta

a Strasburgo il PE eletto a suffragio diretto.10. 1981 adesione della Grecia: Europa dei 10.11. 1986 adesione di Spagna e Portogallo: Europa dei

12.12. 1989, 9 novembre: si riunisce il PE a Strasburgo per

l’annessione dei paesi dell’Europa centrale ed orientale a seguito del crollo del muro di Berlino.

13. 1990 trattato di Schengen: vengono soppressi i controlli a persone e merci alle frontiere dei paesi della CEE. Completa abolizione di barriere fisiche e fiscali.

14. 1993, 1 novembre nasce l’Unione Europea: a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Maastricht (1992) le comunità diventano UE (Unione Europea).

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15. 1995 aderiscono Austria, Finlandia e Svezia: Europa dei 15.

16. 1999 l’Euro diventa moneta ufficiale di 11 Stati. Nasce la BCE (Banca Centrale Europea), responsabile della politica monetaria europea.

17. 2000, 7 dicembre: il PE proclama la Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

18. 2002 entra in vigore l’Euro in 15 Stati europei. 19. 2004 aderiscono all’UE Cipro, Estonia, Lettonia,

Malta, Lituania, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Nel 2007 anche Romania e Bulgaria e nel 2013 la Croazia (Europa dei 28).

SENTIRSI EUROPEI OGGIIl sentimento Europeo non è certo qualcosa di così attuale come crediamo, infatti iniziò a prendere forma molti secoli fa. Già nel medioevo era stata ipotizzata in Francia una sorta di alleanza economica con l’Inghilterra per dare nuovamente impulso all’economia distrutta dalla guerra dei Cent’Anni e dalla Peste. Durante il Settecento gli ideali della Rivoluzione Francese diedero una spinta a questo progetto di collaborazione tra Stati. Pacifismo e Cosmopolitismo però erano valori che trovavano spazio solamente all’interno dei circoli intellettuali, specialmente in Francia, mentre nella società si stavano sviluppando sempre di più le idee nazionalistiche che caratterizzeranno i due secoli successivi. Solamente le due grandi guerre spingeranno le potenze mondiali a trovare, attraverso vie diplomatiche, una sorta di collaborazione economica e politica. Nel 1919 nasce la “Società delle Nazioni” grazie all’incoraggiamento americano del presidente Wilson. Era un’organizzazione nata con l’intento specifico di mantenere la pace in Europa a seguito della “grande guerra” e ne facevano parte 27 paesi, USA esclusi. Nel 1945, a seguito della Seconda Guerra Mondiale, prenderà il nome di ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). La prima idea di una

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organizzazione europea prese forma proprio durante la Seconda Guerra con il Manifesto di Ventotene. Osservando le principali tappe dell’unificazione Europea ci accorgiamo che l’effettivo processo ha impiegato circa 60 anni per raggiungere solo l’introduzione della moneta unica ed è intuibile che l’Europa è ancora in via di formazione. Considerare l’attuale situazione come ultimo stadio di questo processo è assolutamente errato. Oggi però sembra essersi diffusa in Europa e in tutto il mondo un’idea negativa, critica e non costruttiva delle istituzioni e delle organizzazioni europee in un filone definito “euroscetticismo”. Le cause di questo pensiero possono a mio avviso essere ricondotte a due motivi principali:La crisi economica mondiale, scoppiata nel 2008 e ancora in atto, e il terrorismo islamico dilagante soprattutto in Europa, centrale ed orientale, e in Nord-Africa e i conseguenti flussi migratori.Entrambi risultano in ambito elettorale i cavalli di battaglia di vari partiti nati o “cresciuti” durante questi anni in tutta Europa. Essi chiedono un ritorno alla vecchia moneta nazionale e l’uscita dall’Europa che ritengono la causa dell’impoverimento degli Stati nazionali. Si appellano inoltre ai dati sull’emigrazione per violare i princìpi cardine dell’UE, come ad esempio il trattato di Schengen e la libertà del traffico internazionale. Analizzerò i partiti o i movimenti che indirizzano i loro sforzi in una politica anti-Europea ma anche i casi di attualità che riguardano questo tema.

L’ESTREMA DESTRA EUROPEA Lo spettro che si aggira per l’Europa non è più il comunismo ma l’estrema destra europea e il populismo.Il collante tra i partiti dell’estrema destra è il problema dell’immigrazione che la comunità europea, nonostante le varie operazioni di aiuti umanitari come “Triton”, non riesce a controllare e a tenere a freno. Nella galassia dell’estrema destra

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europea individuiamo partiti di stampo dichiaratamente fascista e nazista, basti pensare ai movimenti tedeschi come Republikaner, NDP e DVU o anche, nel nostro territorio, ai vari Forza Nuova, Fronte Sociale Nazionale e Ms-Fiamma Tricolore. Questi movimenti non sono nati però solamente nelle terre d’origine dei due regimi totalitari di inizio secolo ma anche in Spagna (DM, Democrazia Nazionale), in Ungheria (Partito della giustizia e della vita) o in terre Fiamminghe (Vlaams Blok). Nella maggior parte dei casi invece gli influssi neo nazi-fascisti sono stati assorbiti e diluiti in una sorta di socialismo di destra con venature antiglobaliste e antiliberiste. È il caso del partito francese di Marie Le Pen il “Fronte Nazionale” che porta avanti una politica di chiusura delle frontiere ma anche anti-europea comune al movimento “Vlaams Blok” fiammingo e alla “Lega Nord” di Matteo Salvini, in Italia. Questa alleanza partitica si oppone agli organismi comunitari, ai partiti europei (Partito popolare europeo e Partito socialista europeo), ai loro programmi politici, ad una maggiore integrazione, al Parlamento, alla Commissione europea e alla moneta unica. I rimasugli nazionalistici ottocenteschi sembrano prendere vigore nelle mosse politiche dei partiti dell’estrema destra che promuovono un ritorno all’Europa dei popoli. Temono infatti che i sempre maggiori poteri delle istituzioni europee possano violare o danneggiare le particolarità dei singoli Stati andando ad intaccare le specifiche culture nazionali. Secondo lo storico francese Fernand Braudel alla base di un’unione tra Stati è necessaria la partecipazione ad un’idea di cultura, valori e civiltà. È dunque chiaro che alla base dell’Unione Europea ci sia una comunanza di valori e che l’organizzazione sovranazionale non debba inevitabilmente distruggere ciò che caratterizza una nazione.In testa alla compagine europea dei partiti di destra risulta quindi la Francia di Le Pen, la stessa Francia che negli anni ’20 con De Moulin ipotizzava una sorta di Stati Uniti d’Europa, seguendo il modello statunitense. Insieme alla Francia anche l’Italia stava gettando le basi per un processo di unificazione prima ideologico e poi pratico, con Cabiati, Agnelli, Spinelli,

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Einaudi, Rensi ed i fratelli Rosselli. Anche grazie a questi uomini nacque l’idea di un organismo sovranazionale, di un’unione federale e di un mercato comune europeo che agevolasse le economie delle singole nazioni.

“I partiti antieuropeisti sbagliano in quanto danno la colpa della crisi alla moneta, invece che alle politiche sbagliate” [Romano Prodi]

NORBERT HOFER E L’IMPORTANZA DI SCHENGEN

Un altro esempio di partito di estrema destra è quello austriaco di Norbert Hofer, l’FPOE (Partito della libertà austriaco). Il caso Austria ha sconvolto l’Europa ma si è risolto in un inaspettato lieto fine. Alle elezioni dello scorso maggio infatti il partito ultranazionalista dell’FPOE è stato battuto solo grazie al voto per posta di poche centinaia di migliaia di voti dal Partito dei verdi di Van der Bellen. Dopo il primo turno, che vedeva Hofer in vantaggio sul rivale, l’intera Europa ha tremato almeno per un giorno. Colui che era stato appellato “ultranazionalista” aveva fatto capire chiaramente che in caso di vittoria avrebbe costruito un vero e proprio muro lungo il confine austriaco per impedire al flusso migratorio di giungere nel territorio nazionale. Anche il cancelliere austriaco Faymann aveva annunciato una sospensione temporanea dell’accordo di Schengen. Le proteste e le manifestazioni contro questa politica definita razzista e xenofoba sono state represse e la costruzione del muro era anche stata avviata. Ciò che sorprende però è il numero di sostenitori al seguito del politico austriaco che in piena rotta di collisione con i princìpi europei aveva minacciato seriamente di sconvolgere i traffici internazionali. Oltre che contro diritti umani Hofer si sarebbe scagliato a gamba tesa su uno degli accordi cardine dell’UE, Schengen. Nato come un

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accordo economico per favorire i traffici tra nazioni esso assume un valore fondamentale alla base dell’Europa moderna: riguarda ben 27 paesi e permette ad un cittadino di viaggiare senza sottoporsi a controlli e dogane. È considerato uno dei pilastri dell’appartenenza europea ed un’eventuale rottura danneggerebbe un gran numero di imprenditori che vedrebbero aumentare notevolmente il costo delle merci, fatto che sconvolgerebbe l’intero sistema economico europeo ma diminuirebbe le possibilità per i migranti di oltrepassare i confini nazionali. Permette inoltre ai cittadini possibilità di studio, di lavoro e di movimento in paesi dell’Unione e garantisce il diritto di voto.Un altro ostacolo a Schengen si sono rivelati il terrorismo islamico e i grandi flussi migratori che gli Stati non riescono a controllare. Gli attentati di Parigi e Bruxelles hanno terrorizzato i paesi europei. I confini sono Stati sottoposti a maggiori controlli, a scapito dell’accordo stesso. In questo caso è più difficile scegliere una posizione e ancora più difficile capire quale sia la scelta migliore. Sicuramente i controlli sono necessari in quanto i confini risultano le parti più “indifese” di una nazione ma la soluzione dovrebbe essere un compromesso tra la sicurezza e il diritto di spostamento di un cittadino europeo. Nell’estate scorsa l’Europa ha assistito alla costruzione di un muro di filo spinato in territorio ungherese, che il premier Viktor Orbàn ha voluto per “bloccare i migranti”, ma in definitiva l’aumento dei controlli da parte dei vari paesi (Francia, Svezia, Belgio, Austria e Danimarca) non risulta meno severo. L’aumento di controlli alle frontiere rappresenta una sorta di muro invisibile con i medesimi effetti del muro ungherese. In Germania il caso è al centro del dibattito politico. Il ministro delle finanze Shauble ha dichiarato che la prassi dei confini aperti potrebbe essere vicina alla fine e alcuni documenti confidenziali da Bruxelles rivelano che la commissione europea avrebbe proposto una sospensione temporanea di Schengen per tutelare gli Stati del pericolo del terrorismo islamico.

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Ciò che preoccupa è il fatto che i casi Austria, Germania e Francia possano riflettersi ad effetto domino sugli altri paesi dell’UE facendo collassare il sistema Schengen. Oltre che per i migranti e i grandi commercianti questo crollo sarebbe dannoso anche per i cittadini europei costretti dal volere degli Stati nazionali a vivere in un’Unione ormai priva di un’appartenenza comune, frammentata e ostaggio dei micro-Stati nazionali e dei loro nazionalismi.

DA PAESE SCONFITTO A PAESE EGEMONE, LA GERMANIA

Il mondo occidentale ha avuto più esperienze di Stati egemonici: dalla pax romana all’impero di Napoleone, dalla Spagna di Carlo V alla dominazione sui mari della Gran Bretagna durante l’età Elisabettiana e quella Vittoriana. Durante il corso del secolo precedente la Germania ha tentato due volte di imporsi come potenza egemone, prima con il secondo Reich della dinastia Guglielmina e poi con il terzo di Adolf Hitler. Entrambi i tentativi, sfociati nelle due guerre mondiali, hanno provocato sciagure non solo agli Stati di tutto il mondo, impegnato nei conflitti, ma anche al popolo tedesco stesso. A seguito della guerra la Germania fu divisa nel blocco capitalista ad Ovest e quello comunista ad Est. Con il crollo del muro a Berlino, il 9 novembre 1989, la Germania ha intrapreso una rigida politica economica e, “liberata” dal senso di colpa rappresentato dallo stesso muro, è riuscita a imporsi nel corso degli anni sugli altri paesi dell’UE. La Germania deve la sua stabilità e superiorità economica alla severa disciplina e agli ottimi governi che si sono susseguiti nell’ultimo ventennio, ed è riuscita ad imporsi come leader europeo a livello industriale, in particolare nel settore metallurgico, automobilistico e dell’elettronica. Con la crisi economica scoppiata in tutto il mondo nel 2008 la Germania ha avuto l’occasione di diventare l’indiscussa prima potenza europea ed imporre la propria ideologia politica ed economica. Attualmente la maggior parte delle istituzioni risponde in prima istanza alle scelte del paese

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dell’attuale cancelliera Angela Merkel e la funzione degli organi istituzionali è limitata ad un ruolo decorativo e di retroscena. Basti pensare che i principali vertici europei come la BCE o Ecofin, nonostante abbiamo potere assoluto sulle decisioni economiche, sembrano essere influenzate dall’egemonia tedesca. La politica economica si basa sulla austerità, sulla rigidità e sulla continuità insistendo sul risanamento del deficit finanziario in nome della competitività. L’Europa, a seguito del trattato di Maastricht, seguendo il modello USA, ha adottato una politica economica basata sul capitalismo e sulla ideologia neoliberale che esalta l’economia di mercato. Molti paesi sono riusciti a farne un punto di forza, ma altri hanno subito disastrose conseguenze. L’Europa si è dunque divisa in due grandi blocchi: quello settentrionale dei paesi dominatori in particolare Germania, Francia e Gran Bretagna, e quello meridionale dei cosiddetti PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) ovvero i paesi più colpiti dalla crisi economica e più in difficoltà nel mantenere i passi imposti da Bruxelles. È ormai noto che la politica finanziaria di Berlino ha fallito e molti economisti europei e americani vedono nella Germania stessa la causa dei fallimenti dei paesi del sud, in particolare la Grecia. I prestiti per la penisola ellenica sono risultati quasi punitivi in quanto il valore degli interessi è ancora molto elevato e inoltre il paese dell’attuale primo ministro Alexis Tsipras viene considerato al pari di paesi come la Bulgaria e la Lettonia non tenendo conto delle enormi potenzialità economiche e politiche del paese co-fondatore dell’UE. La mancanza di un preciso piano finanziario che non ha saputo tenere conto delle specificità dei singoli paesi e che non è riuscito a vedere oltre il risanamento del debito pubblico ha portato ad un aumento della disoccupazione, alla possibilità di bancarotta di alcuni Stati e anche ad una condizione di scontro sociale e di competitività tra nazioni che va ad intaccare lo stesso sentimento europeo.

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IL CASO GRECIA E IL CASO GRAN BRETAGNAIl caso britannico e quello greco per quanto riguarda il rapporto con l’UE presenta aspetti comuni ma anche delle differenze sostanziali.La Grecia del “Libertà o morte” è ormai un ricordo lontano: soppressa dall’egemonia tedesca ha rischiato il fallimento ed è sprofondata in una gravissima crisi economica. La Gran Bretagna invece ha mantenuto una posizione di distacco dalla politica economico-finanziaria europea forte del sentimento patriottico, nazionalista e imperialista che è insito nell’animo degli inglesi dal diciannovesimo secolo quando, con la regina Vittoria l’Inghilterra era la prima potenza al mondo. Gran Bretagna e Grecia entrano a far parte dell’UE rispettivamente nel 1973 e nel 1981 ma solamente la Grecia ha adottato nel 2002 l’Euro mentre l’Inghilterra ha mantenuto la Sterlina.Nel luglio del 2015 in Grecia si è tenuto un referendum per l’uscita dall’Unione Europea ma al “SI” vincitore è stato sostituito un rigido “NO” da Bruxelles e sono arrivate vere e proprie minacce come quelle di ritirare i fondi previsti per gli aiuti economici. A quasi un anno di distanza invece la possibile uscita della Gran Bretagna a seguito del referendum previsto per il 23 giugno 2016 risulta concreta. L’uscita dall’UE ha preso il nome di “Brexit” (Britain-Exit), ripreso da “Grexit” (Greece-exit) ma le differenze sono sostanziali in quanto l’uscita greca aveva un carattere economico e di resistenza alla Germania in un tentativo intimidatorio mentre quello britannico fa leva più su caratteristiche politiche. Il principale motivo non è tanto quello di proteggere la parte finanziaria, in quanto L’Inghilterra è uno dei paesi più ricchi dell’UE e la sterlina nonostante in calo ha ancora un elevato valore monetario. L’intento è quello di limitare l’immigrazione proveniente dai paesi del blocco europeo, soprattutto dalla Francia, e un’eventuale uscita consentirebbe pieni poteri decisionali da parte del governo sulla politica dei migranti. È infatti compito delle istituzioni europee quello di regolare e distribuire i migranti, e i paesi che fanno parte dell’UE devono rispettare le decisioni. L’uscita porterebbe

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inoltre un nuovo panorama economico a causa della rottura dei rapporti tra le nazioni e l’interruzione degli scambi ma i “favorevoli” al Brexit insistono sui 13 miliardi destinati a Bruxelles che la Gran Bretagna risparmierebbe annualmente e sul fatto che l’Europa sarebbe costretta a mantenere i rapporti attuali. Tra i contrari, tra i quali spicca la figura dell’attuale primo ministro David Cameron che ha definito l’uscita come un salto nel buio economico, si parla di minori investimenti sul territorio britannico da parte delle grandi multinazionali e la conseguente perdita di posti di lavoro ma anche di un notevole aumento dei costi delle esportazioni che limiterà il mercato estero. Inoltre i cittadini stranieri in Gran Bretagna vedrebbero sfumati i diritti concessi dagli accordi europei (su tutti Schengen) e Londra perderebbe il ruolo di capitale finanziaria europea a seguito della ricollocazione di molti lavoratori a favore di Parigi o Berlino. Cameron appartiene al partito dei conservatori inglesi ed ha assunto una posizione contraria rispetto alle ideologie euroscettiche tradizionalmente vicine al partito, ma ha chiesto alle istituzioni europee una serie di riforme da rispettare. Per primo il divieto per i migranti di inviare all’estero fondi economici indirizzati a parenti che vivono fuori dal paese; in secondo luogo di non considerare coloro che entrano in Gran Bretagna come candidati ad alloggi statali per almeno 4 anni di residenza. È dunque una posizione media tra le pretese di laburisti e conservatori che risulta un ottimo compromesso capace di mantenere un clima di tranquillità e moderazione nel paese. Infatti pochi giorni prima del referendum la situazione si è fatta particolarmente accesa e tesa ed è stato raggiunto il culmine con l’uccisione della deputata anti-brexit Jo Cox, appartenente al partito laburista, da parte di un folle che al grido “Britain first” ha posto fine alla sua esistenza. Il caso Brexit è un caso limite in quanto la Gran Bretagna non deve passare dall’Euro alla moneta nazionale ma la sterlina ha toccato i minimi da 7 anni dopo l’annuncio del referendum e solo se la Gran Bretagna rimarrà in Europa riuscirà ad ottenere un ruolo da leader. L’ex sindaco di Londra Boris Johnson ha

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dichiarato di votare a favore dell’uscita ponendosi a capo dei conservatori inglesi mirando, secondo Cameron, ad ottenere il consenso per le prossime elezioni mentre l’attuale sindaco Sadiq-Khan ha iniziato una campagna per il NO facendo appello ai valori di cosmopolitismo e apertura mentale, gli stessi che hanno consentito a lui e alla sua famiglia di origine pachistana di mettere radici in una metropoli ultra globalizzata come Londra . L’uscita minimizzerebbe l’importanza del paese di fronte agli accordi internazionali e metterebbe la Gran Bretagna sullo stesso piano della Norvegia che non appartiene all’UE ma ne subisce le normative.Il caso Grexit invece avrebbe implicato il cambio di moneta e lo implicherebbe anche l’uscita da parte dei paesi aderenti all’accordo firmato a Bruxelles nel 2002, tra cui l’Italia.Attualmente vi è un vivacissimo dibattito sull’uscita dall’Euro e la maggior parte degli economisti, su tutti l’italiano Mario Draghi, presidente della BCE dal 2011, è d’accordo che un ritorno alla moneta nazionale porterebbe a conseguenze disastrose dal punto di vista economico. Il valore della nuova moneta sarebbe basso rispetto alle altre e assolutamente non competitivo nei mercati mondiali. Inoltre arrecherebbe danno pure ai cittadini in quanto essi vedrebbero un aumento spropositato dell’inflazione e la conseguente perdita del potere d’acquisto. Questo è stato capito anche a Bruxelles e si è cercato di impedire in tutti i modi l’uscita della Grecia che avrebbe potuto far cadere il primo tassello scatenando un effetto domino prima sui paesi del sud europeo e poi di conseguenza anche su quelli del nord.*Mi riservo di trattare, durante il colloquio, di questo tema, dopo aver analizzato le conseguenze del referendum del 23/06/2016 aggiungendo considerazioni e commenti.

“uscire dall’Euro per rilanciare l’economia!” è il nuovo “bruciamo le streghe per togliere il malocchio!”. Pura mentalità medioevale.

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VOLONTA’ DI MIGLIORAMENTOCome detto l’Europeizzazione è ancora in via di sviluppo e saranno necessari ancora alcuni decenni affinché si realizzi nella sua forma finale. Nonostante tutti i traguardi raggiunti c’è ancora la necessità di miglioramenti.Lo storico Zeffiro Ciuffoletti afferma che l’Europa è una confederazione di Stati, che critica contrapponendole il termine federazione. Il primo implica che ogni stato mantenga autonomia e diritto di veto sulle decisioni mentre quando si parla di federazione si intende un’unione tra Stati con istituzioni comuni che eleggono un presidente comune. L’Europa ha in questo mancato coordinamento un punto debole e necessita della formazione di organi comuni tra Stati che diano una linea guida da seguire per quanto riguarda l’istruzione, gli investimenti, l’economia, lo sviluppo dei tre settori (primario, secondario e terziario), i diritti dei cittadini e dei lavoratori…Le istituzioni risultano dunque distanti e impossibilitate ad ottenere risultati concreti soprattutto a causa della frammentazione decisionale e dei partiti che si impongono come ostili all’UE.In particolare la BCE, la Banca Centrale Europea, il cui nome può trarre in inganno in quanto sì, gestisce le risorse comuni europee e ha il compito di mantenere la stabilità dei prezzi nell’area euro, preservando in tal modo il potere di acquisto della moneta unica, non è a tutti gli effetti un debitore di ultima istanza, ovvero quell’organismo disposto a concedere credito in una situazione di crisi, credito che non può essere di certo concesso da una banca privata, il cui scopo è prevenire il collasso delle istituzioni che stanno attraversando difficoltà finanziarie spesso vicine al tracollo.La mancanza di un debitore di ultima istanza ha reso dunque la crisi economica più “amara” per molti Stati europei che hanno

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rischiato il collasso dei loro sistemi economici. Non è stato questo invece il caso di USA e Inghilterra che, grazie rispettivamente alla Federal Reserve (FED) e alla Banca d’Inghilterra, sono riuscite ad uscire velocemente dalla crisi pressoché indenni.L’Europa dovrebbe quindi seguire il filone statunitense e tentare di realizzare una sorta di Stati Uniti d’Europa con la creazione di ministeri e ministri europei a tutti gli effetti e anche con la nomina da parte del Parlamento Europeo di un presidente federale. Inoltre lo sviluppo di partiti europeisti porterebbe ad un piano di riforme più definito e aumenterebbe sicuramente il consenso. Al momento i partiti europei sono blande confederazioni che non riescono a sintetizzare una linea politica capace di eliminare specifiche scelte prese all’interno dei propri paesi, in quanto essi non rispondono ad un elettorato europeo ma ad uno nazionale e limitato. L’Europa ha bisogno di strumenti più efficaci per affrontare le nuove sfide internazionali riuscendo a reagire, grazie a strutture e organizzazioni solide ed efficienti che smaltiscano la burocrazia e semplifichino le proposte legislative, di fronte ad ogni eventuale ostacolo. È compito inoltre di ogni cittadino dare il massimo in uno sforzo politico, economico ed ideale affinché si realizzi un’Unione Europea stabile, e abbandonare quei sentimenti di ultranazionalismo che rallentano un processo di sviluppo. Credere nei valori dell’unione significa non far riaffiorare le pulsioni razziste che erano state abbandonate ma che stanno emergendo nuovamente. Ciò non deve però comportare una perdita dei valori e delle tradizioni nazionali che devono anzi essere conservate e ancor più valorizzate grazie ad un’alleanza tra paesi che non può che giovare all’economia, al turismo e al commercio:“UNITED IN DIVERSITY” [motto dell’Unione Europea].

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“Non siamo più inglesi né francesi né tedeschi. Siamo europei, siamo uomini. Non ci resta che abdicare dal più grande degli egoismi: la nostra patria!” [Victor Hugo]

“L’Europa è il futuro. Qualsiasi altra politica è il passato” [Roland Dumas]

“L’Europa è più sana di quanto molti credono. La vera malattia in Europa sono i suoi oppositori” [Jacques Jean Delors]

Bibliografia:-The Business way –P. Fiocchi & David Morris-Dentro la storia -- Z.Ciuffoletti & U.Baldocchi-Enciclopedia “LA biblioteca della repubblica”-Appunti anno scolastico 2015/2016-Quotidiani: La Repubblica, Il corriere della sera, Il sole 24 ore Sitografia:-www.Wikipedia.com-www.laRepubblica.it-www.Geopolitica.it-www.SkyNews.it-www.theguardian.com -www.DWNews.com

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