Il ruolo della Svizzera e la persecuzione degli ebrei in ... · e la persecuzione degli ebrei in...

13
37 Il ruolo della Svizzera e la persecuzione degli ebrei in Italia fra il 1938 e il 1945 Conferenze, cinema, teatro e una mostra di grande interesse a Bellinzona di Francesco Scomazzon A Bellinzona un ciclo di conferenze, cinema, teatro e una mostra di grande interesse con la partecipazione di storici di vari Paesi europei per non dimenticare il passato e riflettere sul presente. È in corso di svolgimento un’importante ricerca coordinata dal ticinese professor Fabrizio Panzera sul ruolo del fascismo italiano nella Confederazione elvetica. A sette anni dall’istituzione del “Giorno della Memoria” anche in quest’ultimo 27 gennaio sembra essere stato riproposto il medesimo tra- gico capitolo di una storia difficile non solo da com- prendere ma addirittura co- noscere. Quasi un obbligo del ricordo, uno sforzo im- posto tra la stanca prassi de- gli assessorati e un revisioni- smo illusoriamente redditi- zio, poco convincente, ma certo più affascinante di una seria e motivata analisi stori- ca. Così la lontananza tem- porale dalla liberazione di Auschwitz sessantadue anni fa, sembra rendere quella tormentata e assurda stagio- ne sempre più sfumata e in- certa agli occhi di noi italia- ni, quanto la sua distanza geografica. L’impressione alquanto sconcertante che riemerge annualmente, è in- fatti quella di ricordare epi- sodi cui noi stessi ci raffigu- riamo ben volentieri vittime sacrificali di un potere rima- sto a sua volta intrappolato in un’alleanza scellerata, di- menticandoci invece che quella piccola località polac- ca stretta tra Cracovia e Katowice, fu soltanto il pun- to d’arrivo di un percorso che ebbe inizio in paesi e città a noi ben più vicine. A partire dai tormentati confini con la Confederazione elve- tica. Paese libero e democratico, negli anni bui della Re- pubblica sociale italiana stretto tra due forze dittato- riali, la Svizzera dovette pre- sto fare i conti con un cre- scente numero di profughi e sbandati, che iniziavano ad affollare i suoi confini meri- dionali alla ricerca disperata di un’ancora di salvezza. Ingressi non sempre accor- dati e tragici refoulement causati da un’ambigua poli- tica interna, non hanno tutta- via impedito alla Con- federazione di avviare serie e mature ricostruzioni di quei tragici momenti. Percorso iniziato già a metà degli anni Cinquanta con uno studio del professor Carl Ludwig di Basilea, poi ripreso e naturalmente ap- profondito in tempi più re- centi, con il corposo lavoro della Commissione Bergier. Il 13 dicembre 1996 infatti, il parlamento federale decise di istituire una commissione indipendente d’esperti per lo studio della storia, prima, durante e immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale. Fulcro del mandato fu l’ana- lisi dell’atteggiamento adot- tato dalla Confederazione verso i profughi all’epoca del nazionalsocialismo, con particolare riferimento alla delicata questione delle rela- zioni economiche e alle transazioni finanziarie con la Germania. Un lavoro cer- to complesso, ma che ha tra- lasciato vistosamente i rap- Bambini di tante famiglie ebree riuniti a Finhaut (Valais), nell'estate del 1944. Questa foto e quella della pagina seguente sono tratte dall'album della famiglia Sacerdoti, rifugiata in Svizzera.

Transcript of Il ruolo della Svizzera e la persecuzione degli ebrei in ... · e la persecuzione degli ebrei in...

37

Il ruolo della Svizzera e la persecuzione degli ebrei in Italia fra il 1938 e il 1945

Conferenze, cinema, teatro e una mostra di grande interesse a Bellinzona

di Francesco Scomazzon

A Bellinzona un ciclo di conferenze, cinema,teatro e una mostra di grande interesse con lapartecipazione di storici di vari Paesi europei pernon dimenticare il passato e riflettere sul presente.È in corso di svolgimento un’importante ricercacoordinata dal ticinese professor Fabrizio Panzera sul ruolo del fascismo italianonella Confederazione elvetica.

A sette anni dall’istituzionedel “Giorno della Memoria”anche in quest’ultimo 27gennaio sembra essere statoriproposto il medesimo tra-gico capitolo di una storiadifficile non solo da com-prendere ma addirittura co-noscere. Quasi un obbligodel ricordo, uno sforzo im-posto tra la stanca prassi de-gli assessorati e un revisioni-smo illusoriamente redditi-zio, poco convincente, macerto più affascinante di unaseria e motivata analisi stori-

ca. Così la lontananza tem-porale dalla liberazione diAuschwitz sessantadue annifa, sembra rendere quellatormentata e assurda stagio-ne sempre più sfumata e in-certa agli occhi di noi italia-ni, quanto la sua distanzageografica. L’impressionealquanto sconcertante cheriemerge annualmente, è in-fatti quella di ricordare epi-sodi cui noi stessi ci raffigu-riamo ben volentieri vittimesacrificali di un potere rima-sto a sua volta intrappolato

in un’alleanza scellerata, di-menticandoci invece chequella piccola località polac-ca stretta tra Cracovia eKatowice, fu soltanto il pun-to d’arrivo di un percorsoche ebbe inizio in paesi ecittà a noi ben più vicine. Apartire dai tormentati confinicon la Confederazione elve-tica.Paese libero e democratico,negli anni bui della Re-pubblica sociale italianastretto tra due forze dittato-riali, la Svizzera dovette pre-sto fare i conti con un cre-scente numero di profughi esbandati, che iniziavano adaffollare i suoi confini meri-dionali alla ricerca disperatadi un’ancora di salvezza.Ingressi non sempre accor-dati e tragici refoulementcausati da un’ambigua poli-tica interna, non hanno tutta-via impedito alla Con-federazione di avviare seriee mature ricostruzioni di

quei tragici momenti.Percorso iniziato già a metàdegli anni Cinquanta conuno studio del professorCarl Ludwig di Basilea, poiripreso e naturalmente ap-profondito in tempi più re-centi, con il corposo lavorodella Commissione Bergier.Il 13 dicembre 1996 infatti,il parlamento federale decisedi istituire una commissioneindipendente d’esperti per lostudio della storia, prima,durante e immediatamentedopo il secondo conflittomondiale. Fulcro del mandato fu l’ana-lisi dell’atteggiamento adot-tato dalla Confederazioneverso i profughi all’epocadel nazionalsocialismo, conparticolare riferimento alladelicata questione delle rela-zioni economiche e alletransazioni finanziarie conla Germania. Un lavoro cer-to complesso, ma che ha tra-lasciato vistosamente i rap-

Bambini di tante famiglieebree riuniti a Finhaut(Valais), nell'estate del 1944.Questa foto e quella dellapagina seguentesono tratte dall'albumdella famiglia Sacerdoti,rifugiata in Svizzera.

38

IL RUOLO DELLA SVIZZERA E LA PERSECUZIONE DEGLI EBREI IN ITAcerca di rifugio. La vicinanza e il regolareconfronto con le provincesettentrionali italiane, rap-presentò infatti nel corso delventennio, una costante nel-le relazioni tra i due Paesi,partendo dal periodo imme-diatamente successivo l’in-staurazione del regime ditta-toriale, e ancor più dalla se-conda metà degli anniTrenta, con l’approvazionein Italia delle leggi razziali.Una prima tappa che, pas-sando attraverso l’afferma-zione del nazismo inGermania, i conflitti etiopi-co e spagnolo, aprì le porte auna nuova stagione di rela-zioni con uno Stato che, purlibero e democratico, lascia-va trasparire sia a livello fe-derale e talvolta cantonale,pregiudizi razziali masche-rati da improbabili fattorieconomici, dalla lotta al co-siddetto “inforestierimen-to”, fino a un concetto piut-tosto sfumato di sicurezzanazionale.Da questi presupposti, è sta-ta aperta recentemente aBellinzona, presso l’Ar-chivio di Stato del CantonTicino, una mostra dal titoloLa Svizzera e la persecuzio-ne degli ebrei in Italia,1938-1945. Per non dimen-ticare il passato; per riflette-re sul presente.

Lo scopo dell’esposizione,inquadrata nel più ampioprogetto di ricerca guidatodal professor Panzera e ri-masta aperta al pubblico fi-no al 10 marzo, è stato di ri-pensare alle cause e alle con-seguenze di tale tragica per-secuzione, nonché le riper-cussioni che essa ebbe sullavicina Confederazione.Strutturata in due parti, l’e-sposizione ha infatti intesoillustrare scientificamente econ completezza storica,dapprima le vicende degliebrei italiani dal 1938 al1945, con specifico riferi-mento all’ultimo biennio diguerra, per poi passare adanalizzare e ricostruire l’at-teggiamento politico, assun-to dalla Svizzera e dal Ticinoa cavallo tra XIX e XX seco-lo. In questa seconda sezio-ne, si è voluto in particolarecreare un breve e agile per-corso che ha permesso di ri-salire alle cause del manife-starsi di un brutale antisemi-tismo elvetico, da un latoriesaminando gli atteggia-menti assunti dalla Con-federazione dinanzi alla per-secuzione degli ebrei inEuropa negli anni Trenta,per poi focalizzare l’atten-zione sulle reazioni federali(ma anche dei Cantoni meri-dionali) assunte dopo l’ar-mistizio del 1943. Il sottotitolo che ha accom-pagnato la mostra Dirittod’asilo e antisemitismo.Rifiuto dello straniero e tra-dizione umanitaria ieri e og-gi, è diventato occasioneperché l’esposizione non re-stasse un esclusivo ed isola-to momento di studio sul no-stro passato, ma strumentodi riflessione e paragone conil mondo attuale.In questo modo si è potutoinnestare un ben più ampiopercorso di analisi e dibattitiche stanno attualmente coin-

volgendo un cospicuo nu-mero di docenti italiani, stra-nieri e giovani ricercatori,chiamati a confrontarsi suidelicati temi del razzismo edelle persecuzioni ai due latidel confine. Partendo dalle più recentipubblicazioni, è in corso fi-no alla prossima metà dimaggio alla Biblioteca can-tonale di Bellinzona, unconsistente programmad’incontri pubblici organiz-zato dal dottor FabrizioPanzera, con la collabora-zione del Centro interdipar-timentale di storia dellaSvizzera “Bruno Caizzi”dell’Università degli Studidi Milano e dell’“As-sociazione per la storia delmovimento cattolico nelTicino” di Lugano. Il ciclo di conferenze avvia-to il 1° dicembre con un in-tervento d’apertura dellaprofessoressa MarinaCattaruzza di Berna, ha tro-vato forse il suo momentopiù significativo il 25 gen-naio, giorno d’inaugurazio-ne dell’esposizione, antici-pata da un dibattito riguar-dante l’ospitalità accordatadalla Svizzera ai profughirazziali. Il colloquio, coordi-nato dalla professoressaRenata Broggini, già notaper l’impegno nel ricostruirele vicende dei fuorusciti inTicino sul finire della guer-ra, ha visto infatti l’interven-to di alcuni ex-rifugiati ebreiche, attraverso testimonian-ze personali, hanno assicu-rato un momento di con-fronto tra i presenti decisa-mente interessati a riannoda-re i fili del loro passato pros-simo.I dibattiti con il pubblico, so-no infatti proseguiti nellesettimane successive con ul-teriori importanti incontri tradiversi docenti italiani e al-cuni giovani studiosi.

porti intercorsi prima con ilRegno, poi dall’autunno1943 con il governo di Salò,determinando una valutazio-ne certo approfondita, ma li-mitata a un contesto geogra-fico circoscritto ai confinisettentrionali.Proseguendo sulla linea diquesta cosciente e maturarevisione del proprio recentepassato, peraltro avviata daldibattito sui “fondi in gia-cenza” e la poca attenzioneriservata agli aspetti finan-ziari e patrimoniali dei rifu-giati, nel 2003 il Fondo na-zionale svizzero per la ricer-ca scientifica, ha accordatoun finanziamento a un grup-po di ricerca diretto dal dott.Fabrizio Panzera dell’Ar-chivio di Stato del CantonTicino, perché venisserochiariti gli altrettanti com-plessi risvolti intercorsi dallametà degli anni Venti fino altermine del conflitto, tra ilregime fascista e i cantonimeridionali della Con-federazione. Rapporti politi-ci, culturali, economici eumani con Vallese, Ticino eGrigioni, stanno diventandocosì ulteriore occasione perripensare ad una politicad’asilo diversa da quella de-gli omologhi cantoni situatinel cuore della Svizzera,causa il coinvolgimento di-retto nel flusso di persone in

Un gruppo di rifugiati ebrei nella cucina dell'hotel Baumen diWeggis (Lucerna)nella primavera del 1945. La cucina eragestita direttamente dagli ebrei che risiedevano nell'albergo.

Una mostra per non dimenticareil passato e riflettere sul presente

39

ALIA FRA IL 1938 E IL 1945

si e stimati ricercatori italia-ni e svizzeri, tra i quali i pro-fessori Jean-Christian Lam-belet di Losanna, CarloMoos di Zurigo, il torineseAlberto Cavaglion e RuthFivaz di Ginevra, apprezza-ta e seria studiosa impegna-ta da diversi anni in un al-trettanto importante lavorodi ricostruzione sui flussimigratori provenienti dallaFrancia negli anni Quaranta. Incontro che ha favorito si-curamente uno scambio diidee e una maggiore rifles-sione sui risultati ottenutidalla precedente Commis-sione Bergier che, pur solle-vando dubbi tra alcuni par-tecipanti al convegno, ha di-mostrato tuttavia la neces-sità di proseguire con ulte-riori indagini, coinvolgendoun più ampio numero di ri-cercatori.Auspicio a quanto pare ac-colto con indifferenza dalpubblico italiano. La poca attenzione e la scar-sa partecipazione agli in-contri - piuttosto pubbliciz-zati anche al di qua del con-fine - ha sollevato ancorauna volta quell’insolito eparadossale destino dellamemoria. Pur nelle profonde diver-genze maturate in questi ul-timi recenti dibattiti, stupi-sce infatti la necessità di do-ver ricordare vicende chehanno colpito tragicamentel’Italia, causa per anni e perinnumerevoli persone disofferenze e privazioni, dacoloro che - a partire dal1943 - ne subirono in primapersona le dirette conse-guenze. Come detto all’inizio, nonsenza momenti d’ombrache, tuttavia, non hanno im-pedito una seria ricerca conil proprio passato e un matu-ro confronto con il mondoattuale.

Particolarmente inte-ressante e seguito, èstato il dibattito aperto

una decina di giorni dopo traFranco Giannantoni diVarese e il professor GiorgioVecchio dell’Università diParma.Partendo da due recenti pub-blicazioni sullo sviluppodell’antisemitismo nel bassoPiemonte, e la caccia agliebrei nel Varesotto durantegli anni della Repubblica so-ciale, l’incontro ha suscitatoinfatti notevole interesse trapersone particolarmente at-tente ad approfondire vicen-de i cui contorni sembrano

Introdotto da una relazio-ne di Fabio Levi, docen-te all’Università di

Torino, già noto per l’atti-vità di ricostruzione dei beniconfiscati agli ebrei torinesi,il lavoro si è focalizzato suun attento studio della stam-pa di oltre confine, riferitaall’anno della legislazionerazziale promulgata inItalia. Con un’attenzionespecifica al ruolo del letto-re-spettatore che - scrivel’autrice nella prefazione alvolume - “può sentirsi insintonia sia con il persecuto-re che con il perseguitato,può essere solidale, indiffe-rente, ostile verso i protago-nisti della tragedia che sicompie». Parole che ricordano a noispettatori delle tragediecontemporanee, che essereanche soltanto passivi e in-differenti, può essere il pri-mo passo verso la compli-cità.Dopo un successivo incon-tro con Michele Sarfatti, re-sponsabile del Centro di do-cumentazione ebraica con-temporanea di Milano, invi-tato a presentare insieme al-la professoressa ElisaSignori di Pavia, la nuovaedizione del suo già fortu-nato e importante volume ri-guardante Gli ebrei nel-l’Italia fascista. Vicende,identità e persecuzioni, piùrecentemente Bellinzona haospitato un’interessante ta-vola rotonda nella sala delGran consiglio, sul tema LaSvizzera giudicata: profu-ghi alle frontiere, dirittod’asilo, immagine dellaConfederazione.Diretta da Michele Ferrariodella Televisione svizzeraitaliana e come sempre dalprofessore Fabrizio Pan-zera, organizzatore anchedei precedenti incontri, il di-battito ha coinvolto numero-

Gli incontri, organizzati sempre dall’Archivio di Statodel Canton Ticino, proseguiranno ancora nei mesi suc-cessivi, alternando dibattiti scientifici a letture sulla vio-lazione dei diritti dei popoli perpetrati nel ventesimo se-colo, a più ampie rassegne cinematografiche e teatrali incartellone al Teatro Sociale di Bellinzona. Meritevole di attenzione è la mostra prevista a Luganoalla Biblioteca Salita dei Frati nel prossimo mese di mag-gio dal titolo La memoria dell’indicibile orrore, esposizio-ne fotografica curata da Fabiana Conti-Bassetti sul me-moriale dell’Olocausto a Berlino. Il ciclo si chiuderà nella serata del 22 maggio pressoSpazio Aperto di Bellinzona, con un forum di discussio-ne diretto da padre Callisto Caldelari e i rappresentantidelle comunità straniere, sui problemi d’integrazionesollevati dall’attuale presenza in Ticino di una nuova im-migrazione.

L’ampio cartellone delle iniziative

sfuggire irrimediabilmentedi fronte a una storia genera-lista, incapace per sua naturadi riportare in vita esperien-ze e talvolta tragici episodiaccaduti a pochi chilometridal confine elvetico. La necessità quindi di avvi-cinare e riportare la Svizzerain quel contesto, è stato in-fatti il tema trattato duranteun successivo incontro conSilvana Calvo, ricercatricelocarnese che ha avuto l’in-dubbio merito di presentarea metà gennaio un lavoro fo-calizzato sull’analisi dei pe-riodici ticinesi risalenti al1938.

Per saperne di piùPer maggiori informazioni sulle singole manifestazio-ni, contattare:Archivio di Stato del Canton Ticino/Biblioteca canto-naleV.le Stefano Franscini 30/a 6501 Bellinzona (CH)

tel. 0041.91.814.13.20 fax. 0041.91.814.13.29

e-mail. [email protected] - www.storiarifugiati.ch

Un ricco dibattito con il pubblicoe l'intervento di docenti italiani

Uno studio sulla stampa riferita all'anno delle leggi razziali italiane

40

I GRANDI

PERSONAGGI

DELLA

DEPORTAZIONE

Piero Caleffi: da Mauthausen Piero Caleffi nacque aSuzzara, in provincia diMantova, il 9 giugno 1901.Accostatosi in giovane età almovimento socialista, nel1919 fu tra i fondatori delCircolo giovanile socialistadella sua città, ed entrò a farparte degli organismi diri-genti della Federazione man-tovana del Psi.Incarcerato una prima voltanel 1922, nel 1923 vennecondannato ad un anno di re-clusione per la sua attività an-tifascista; scontata la pena, sitrasferì a Milano, dove, intor-no alla fine degli anni '20, siavvicinò alla neo costituitaformazione di Giustizia eLibertà, stringendo rapportipersonali con RiccardoBauer ed Ernesto Rossi.Deferito al Tribunale specia-le per la difesa dello Statosotto l'accusa di attività co-spirativa, nel 1930, venne as-solto in istruttoria, ma, persottrarsi alla vigilanza dellapolizia, si trasferì da Milanoa Roma e poi a Genova. Nel1936 venne di nuovo arresta-to: messo in libertà dopo duemesi di carcere, tornò aMilano, dove, nel 1938, entròin contatto con FerruccioParri.Dopo il 25 luglio 1943,Caleffi aderì al Partitod'Azione nelle cui fila preseparte alla Resistenza.Arrestato a Genova il 27 ago-sto 1944, fu trasferito nelcampo di concentramento diBolzano e poi a Mauthausen.

Rientrato in Italia alla finedel 1945, prese parte al dibat-tito interno al Partitod'Azione, dal quale si di-staccò, nel febbraio 1946, peraderire al Psiup: in seno aquesto partito si riconobbenelle correnti autonomistichee nel gennaio 1947 aderì alPsli di Giuseppe Saragat.Due anni più tardi, nel 1949,aderì al Psu, una formazioneche si proponeva la riunifica-

zione dei due partiti sociali-sti, della quale seguì attiva-mente la vicenda, fino all'u-nificazione con il Psli cheportò, nel maggio del 1951,alla nascita del Partito socia-lista (sezione italianadell'Internazionale socialista)che, nel gennaio 1952, assun-se la denominazione definiti-va di Psdi.Dal partito socialdemocrati-co si staccò alla fine del

1952, assumendo una posi-zione contraria al progetto diriforma della legge elettoralein senso maggioritario che loportò ad aderire al gruppo diUnità popolare, guidato daParri e Calamandrei.Nel 1958 Caleffi rientrò nelpartito socialista e venne elet-to senatore nel V collegio diMilano. Durante la III legislatura fumembro della 6ª Com-missione permanente (Istru-zione e belle arti).Rieletto nella successiva legi-slatura, entrò a far parte delsecondo e del terzo governoMoro (rispettivamente dal 22luglio 1964 al 23 febbraio1966 e dal 23 febbraio 1966al 24 giugno 1968) in qualitàdi sottosegretario alla Pub-blica istruzione, e del primogoverno Rumor (dal 12 di-cembre 1968 al 5 agosto1969) in qualità di sottose-gretario al Turismo e spetta-colo. Il 13 maggio 1970 ven-ne eletto vicepresidente delSenato, carica che occupò fi-no alla fine anticipata dellalegislatura, nel 1972, annoche coincise con la conclu-sione della sua carriera parla-mentare.Negli anni successivi dedicògran parte della sua attivitàall'Associazione nazionaleex deportati politici, al-l'Istituto milanese per la sto-ria della Resistenza e del mo-vimento operaio e del-l'Associazione Italia-Israele.Morì il 7 marzo 1978.

Sandro Pertini – «I saggi di Caleffi riassumono il trava-glio ideologico e politico del movimento socialista diquesto mezzo secolo, le inquietudini intellettuali, i dis-sensi, le scissioni, l'impatto dei grandi eventi internazio-nali sulla situazione italiana, sicché gli articoli e le testi-monianze che si succedono costituiscono, anche per l'o-nestà intellettuale e l'acuta intelligenza, quasi un discorsoininterrotto e coerente sul processo di maturazione com-piuto dai movimenti popolari del nostro Paese in tanti an-ni di sofferenze, di lotte e di occasioni anche perdute».

Gaetano Salvemini – «Pochi libri ho letto che mi ab-biano sconvolto eppure elevato sopra di me stesso, co-me questa relazione semplice, scarna, nella quale nonsi inciampa mai - sia ringraziato il cielo - su la parolaeroismo. Grazie, caro Caleffi, amico a me prima sco-nosciuto.»

Piero Calamandrei – «Pensose e penetranti queste pagi-ne dell'amico Piero Caleffi, autore del libro Si fa presto adire fame che è giustamente annoverato tra i capolavoridella letteratura sulla Resistenza, e che non è possibileleggere senza rimanere sconvolti, più che dagli orrori deiquali riesce a darci pacata testimonianza, dalla magnani-mità di questo spirito umilmente impavido, che è riuscitoa trarre in salvo attraverso l'inferno, la speranza nella fra-ternità umana».

Così hanno detto di lui

41

a primo presidente dell’Aned

Incarcerato più volte durante il fascismo

Da questo numero iniziamo aricordare grandi figure delladeportazione. Il primo ricordo èdedicato a Piero Caleffi, exdeportato nel campo di sterminiodi Mauthausen, autore del famosolibro Si fa presto a dire fame,edito dalle Edizioni Avanti!,sedici edizioni in breve tempo e,

successivamente, dalle edizioniMursia, sette edizioni. Caleffi è stato senatore dellaRepubblica e primo presidentedell’Aned con vicepresidenteGianfranco Maris. Qui di seguito pubblichiamoun profilo biografico e diversigiudizi sulla sua figura.

Arrestato nell’agosto del ’44 e deportato nel campo di sterminio tedesco

Autore del famoso libro“Si fa presto a dire fame”

42

I GRANDI

PERSONAGGI

DELLA

DEPORTAZIONE

Un frammento da “Si fa presto a dire fame”

Dopo il rancio, nel pomeriggio, il capo e gli inser-vienti ci "visitano": guardano nelle scarpe, nella

cinghia se abbiamo nascosto qualche cosa, denaro ogioielli. Con le dita frugano anche nel nostro corpo…Passiamo poi alla visita di un vero medico, un giovanepolacco villano e violento che ci guarda appena, e tut-tavia riesce a maltrattarci chiamandoci "badoglio" o"fascisti" o "macaroni".Più tardi un omino infagottato in cenci entra e cerca tranoi i milanesi e chiede notizie: chi siamo, dove eravamoeccetera. È Gigi Martello. Non ci incuora. È sicuro chenessuno sopravviverà; e continua a lamentarsi e a de-scrivere a quadri foschi l'ambiente. Mi dice che al bloc-co 8, nel campo 1, vi sono Giuseppe Pugliesi e FrancoAntolini. Lo incarico di salutarli.Poco dopo sopraggiunge un altro italiano. È un giovinealto e snello, dallo sguardo acuto e autoritario, robustonaso a vela, denti in fuori. Si informa, parla a lungo conqualcuno, si interessa a me. Gli chiedo: "Chi sei?"."Giuliano"."Giuliano e poi?"."E poi niente. Ti deve bastare", mi risponde brusco.Intanto mi dà una fetta di pane.

Gregori mi informa, quando se ne è andato, che èGiuliano Pajetta, un comunista. Ha fatto la guerra

di Spagna che era appena un ragazzo, è stato in campodi concentramento in Francia, ora è qui. In Italia suofratello è stato in carcere molti anni. Giuliano è riuscitoa fermarsi qui come interprete. Conosce molte lingue. Èin relazione con i comunisti di altri Paesi che hanno ot-tenuto nel campo qualche posizione di privilegio. Aiutai suoi compagni di partito, ma anche gli altri, quantopiù gli è possibile. Aspro, ma un cuore d'oro.

Al tramonto il blocco è invaso da un'altra torma didisgraziati in camicia e mutande, tremanti di fred-

do. Russi, polacchi, ebrei. Dio sa da dove arrivano. I"castelli" vengono tolti dallo stanzone di destra, ora do-vremo dormire tutti a terra. Ma dove? Saremo un mi-gliaio di uomini…Appello e rancio, poi a dormire. Ora so dove e comedormiremo. Fanno stendere i pagliericci l'uno accantoall'altro, in quattro file; ci fanno spogliare e ci allineano

di qua e di là di ciascuna fila, di fianco, a ridosso; e poici ordinano di buttarci giù, a "forbice", in modo che citroviamo in quattro su ogni pagliericcio, e ognuno hadinanzi al viso i piedi di un altro.

Passata mezz'ora e calmata un poco la stanchezza,inizia un nuovo tormento. Non ci si può muovere

dalla posizione assunta nel primo momento, ché ognitentativo suscita le proteste dei vicini. Qualcuno, ad-dormentandosi, mette un piede sul viso di un altro.Questo urla e allontana il piede nemico che resiste. Èimpossibile intendersi, se si è stranieri. Allora ci si bat-te a pugni e a colpi di scarpe o di cinghia.

Si mettono a urlare anche i Prominenten, il capo-blocco e lo spagnolo, risvegliati dal baccano che

non si placa: e allora i due accorrono menando bottedove capita.A quando a quando uno due tre devono correre ai gabi-netti. In quel groviglio tentano di passare senza calpe-stare i corpi: ma se partono dal fondo dello stanzone perarrivare fino all'uscita, incespicano in una gamba, inuna testa, in un braccio. Proteste e pugni. E il malcapi-tato corre nonbadando più do-ve mette i piedi.Tale fu il nostroriposo, nei bloc-chi di quarante-na, per tuttoquel mese digennaio.

Pochi giorni dopola Liberazionesoldati inglesisorvegliano adarmi imbracciatecivili e prigionieritedeschi rimuoveredal campomontagne dicadaveri.

Piero Caleffi da Mauthausen a primo presidente dell’Aned

43

La nudità dell’orrorein un libro indimenticabile

Terribile diventa il tuo libro, caro Piero,e la sua stessa semplicità, la sua nu-

dità ne accresce l'orrore. E difficile diven-ta scriverne. Un gesto, un'invettiva, unamaledizione: a questo ridurrei l'introdu-zione. È l'ultima pagina, l'ultima riflessio-ne, dolente e rasserenata ed umana, a ri-chiamarmi da questa tentazione di fuga,perché sia fatta nostra e serva anche a noil'infinita sofferenza di questo compagnoritornato e dei molti che non sono tornati.

Migliaia e migliaia dei nostri sono fi-niti nei campi tedeschi; poche centi-

naia i sopravvissuti. Caleffi è tra essi; maè un mero caso: un soffio di resistenza dimeno, più di spirito forse che di corpo,una tortura di più, un'assenza del dottoreche lo protegge, e Piero Caleffi sarebbeanch'egli un mesto ricordo, comeErmanno, come Eros e tanti altri. È torna-to, e scava per il nostro rimorso dalla suamemoria implacabile i ricordi di quell'in-ferno. Quando voi siete tornati, distruttifisicamente e psichicamente, non abbia-mo quasi osato interrogarvi, quasi temes-simo di scuotervi dall'incubo che leggeva-mo nei vostri occhi e nel vostro volto,quasi temessimo la rivelazione degli abis-si di bestialità umana che intendevamodietro di esso, quasi che una parte di col-pa del vostro martirio cadesse su di noi.

Ferruccio Parri,dalla prefazionedel libro

É deceduto alla vigilia del suo no-vantesimo compleanno il partigia-no sloveno Pis̆ot Radivoj, il leg-gendario “Sokol” (Falco) che hacombattuto contro il governo diMussolini durante l’occupazionefascista della sua terra. Pis̆otRadivoj era nato nel 1917 a Selo,presso Aurisina. Membro delPartito comunista jugoslavo dal1941, aveva preso parte alla lotta diliberazione dopo l’occupazionedella Jugoslavia da parte dell’eser-cito fascista. Nel corso della sua at-tività illegale “Sokol” è stato incar-cerato a Trieste dalla famigerata“banda Collotti”; i segni di quelletorture le ha portati per tutta la vitasulla sua pelle. Pis̆ot Radivoj rap-presentava gli antifascisti sloveni

La morte di Pis̆ot Radivoj,il partigiano “Falco”

all’interno del Comitato internazio-nale del lager nazista della Risieradi San Sabba, di cui era vice presi-dente. Nel corso della commemo-razione funebre, il presidentedell’Aned di Trieste, ErnestoArbanas, ha portato il saluto degliantifascisti italiani al valoroso parti-giano sloveno. Arbanas ha ricorda-to i rapporti che fin dal 1941, quan-do l’Italia fascista aggredì laJugoslavia, un gruppo di antifascistiitaliani ebbero con “Sokol” e con ilmovimento partigiano jugoslavo.Fui quello l’inizio della lotta di libe-razione nel Litorale Adriatico.Alla famiglia di Pis̆ot Radivoj giun-gano le più sentite condoglianze de-gli ex deportati italiani e delPresidente Gianfranco Maris.

I NOSTRI LUTTIMARIO ALLIEVI

sezione di Milano, deportato aBolzano con matricola n.7644.

ALDO BATTAGIONiscritto alla sezione di Milano, fudeportato a Dachau e immatricolatocon il n.113154.

LORENZO BISIOdella sezione di Torino, fu deportatoa Mauthausen con matricolan.63685.

OLIMPIO BOLCHINIiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Bolzano con matricolan.6611.

GIUSEPPE BRUNOiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Dora e immatricolato conil n. 0172.

BERNARDINO FERREROiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Magdeburgo con matrico-la n. 136693.

RAFFAELE POGNANT GROSiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Bolzano con matricola n.7667.

PIETRO GHIAZZAdella sezione di Torino, fu deportatoa Bolzano e immatricolato con il n.7824.

MARIO MARITANOiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Mauthausen con matricolan.115598.

GIOVANNI MOGLIOTTIiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Bolzano con matricola n.7780.

CESARE PASQUALIiscritto alla sezione di Imola, fu de-portato a Dachau e immatricolatocon il n. 113480.

GIUSEPPE PETRINIdella sezione di Torino, fu deportatoa Mauthausen e immatricolato conil n. 115657.

GIUSEPPE VALENTEiscritto alla sezione di Torino, fu de-portato a Mauthausen con matricolan. 115754.

GIUSEPPE CAMPOMORIiscritto alla sezione di Imola e de-portato a Mauthausen

44

Costituisce una pietramiliare della storiografiasu Auschwitz l’opera diuna studiosa polacca,Danuta Czech, dal titoloKalendarium. Gliavvenimenti del campo diconcentramento diAuschwitz-Birkenau1939-1945, che - messaon line nel 2002 per lacura della sezionemilanesedell’Associazionenazionale ex deportatipolitici nei campi nazisti- è ora uscita presso leedizioni Mimesis, nellatraduzione di GianlucaPiccinini e conl’introduzione di DarioVenegoni. Come risultaevidente già dal titolo,non si tratta di unastoria del Lager simbolodello sterminio degliebrei ma di unacronologia del diveniredel Lager.

di Enzo Collotti

Un’opera fondamentaleper conoscereAuschwitz

P rima ancora di forni-re i materiali per per-venire alla ricostru-

zione storica, però, la vi-cenda del Kalendarium èsignificativa delle modalitàattraverso le quali si è ve-nuto formando il patrimo-nio documentario di cui sialimentano la storia e lamemoria di Auschwitz.Figlia di un resistente po-lacco deportato a Aus-chwitz, Danuta Czech, cheaveva essa stessa militatogiovanissima nella Resi-stenza, fece parte dallametà degli anni ‘50 dell’é-quipe di ricerca del Museostatale del Lager nella ripo-lonizzata città di Oswie-cim, che i tedeschi avevanoincorporato al GrandeReich, espropriandola dellasua nazionalità e attribuen-dole quel destino di anusmundi che le rimarrà inde-lebilmente cucito addosso.A partire dal 1956 l’autricesi dedicò incessantemente araccogliere dalle fonti piùdiverse le notizie che, ordi-nate giorno per giorno, sa-rebbero sfociate nel Kalen-darium. Per l’edizione te-desca del 1989, la primadiffusa in occidente, che si-stematizzò i materiali pub-blicati in precedenza in or-gani ufficiali polacchi a usoinformativo e prevalente-mente giudiziario e che sa-

rebbe servita per le succes-sive edizioni, compresa oraquesta italiana, la Czechscrisse un’introduzionenella quale dava conto dellamolteplicità delle fonti allequali aveva attinto per lacronologia. A partire dagliatti processuali relativi al-l’ex comandante adAuschwitz Rudolf Hoss(processo di Varsavia del1947) e al processo diCracovia contro quarantaappartenenti alla guarnigio-ne del Lager, la Czech risalìa una prima serie di docu-menti provenienti diretta-mente dagli uffici di gestio-ne del Lager, in aggiuntaalla documentazione origi-nale tedesca sopravvissutaalla distruzione ordinatanelle settimane che prece-dettero l’arrivo del-l’Armata rossa e già raccol-ta nell’Archivio del Museo.Una documentazionesenz’altro lacunosa che cifa solo immaginare qualeimmensa mole di materialiavesse prodotto la burocra-zia del Lager, al di là delletestimonianze di sopravvis-suti, ex deportati e resisten-ti.

Ancorché carenti,però, i documentitedeschi da cui pro-

veniva la maggior partedelle notizie di prima ma-

no, rispecchiavano puntual-mente l’organizzazione in-terna del campo, le moda-lità di gestione, l’attuazio-ne delle disposizioni disci-plinari e comprendevanofra l’altro le liste d’ingressocon attribuzione dei numeriche venivano tatuati sulbraccio di coloro che nonvenivano selezionati imme-diatamente per le camere agas, i registri dei detenutipresenti nel campo a deter-minate date, le carte del di-partimento che si occupavadell’impiego della mano-dopera, lo schedario deiprigionieri di guerra sovie-tici e il registro dei relativimorti, i registri dellaCompagnia disciplinare, iregistri dell’obitorio, il re-gistro del campo degli zin-gari, le statistiche dell’in-fermeria, le liste di quaran-tena e le disposizioni aduso delle unità delle SS e ingenerale della guarnigione.Una quantità di materiali adisposizione per il lavoroscientifico ma anche perprocedimenti giudiziari,come il processo diFrancoforte aperto nel1963 contro alcuni deimaggiori responsabili deicrimini commessi nelLager.Sarebbe difficile sottovalu-tare il significato del com-plesso delle notizie su cui si

Kalendarium

45

basa il corpo del Kalen-darium, che tende a coprirel’intera rete delle articola-zioni che si aggregavanointorno al Lager - Aus-chwitz I, Auschwitz II(Birkenau), Auschwitz III(Buna o Monowitz) - e l’in-tero arco temporale dellasua esistenza attraverso lefasi della sua trasformazio-ne, da originario campo perprigionieri di guerra polac-chi e sovietici a campo disterminio per ebrei, zingarie deportati politici, conl’appendice (Monowitz)dei deportati affittati alleindustrie di guerra per il la-voro forzato: quest’ultimorimane tuttavia nell’operadella Czech marginale, da-to che per rintracciare lasorte dei deportati al lavoroforzato bisognerebbe attin-gere, ove esistessero, allefonti prodotte dalle grandiaziende (IG Farben, Krupp,Siemens e via dicendo) cheprofittarono del loro sfrut-tamento.

Sfogliare il Kalen-darium potrebbe si-gnificare a prima vi-

sta passare con incessantemonotonia da un episodioraccapricciante a un altro,in una galleria degli orroriapparentemente priva disenso. In realtà l’orrore e ilterrore avevano un metodo.

Il vertice del funzionamen-to della macchina per tritu-rare vite di uomini, donne,bambini è il risultato di unprocesso di graduale ap-prossimazione all’orgia disangue e di distruttività chesi compendia nel nome diAuschwitz.

L’estrinsecazione deimille modi di tortura-re e annientare il

prossimo purtroppo non èaffatto monotona. Il 6 lu-glio 1940 a seguito dellaprima fuga di un detenutodal Lager «durante l’appel-lo punitivo è eseguita pub-blicamente per la primavolta la fustigazione sullosgabello costruito nella fa-legnameria del lager». Il 23aprile 1941 il comandanteHoss «sceglie per la primavolta... dieci detenuti delblocco 2 come ostaggi e licondanna a morte per famecome rappresaglia per lafuga di un detenuto...Vengono rinchiusi in unacella nel sotterraneo delBlocco 11 e non ricevononé cibo né acqua. La cella,completamente buia, èaperta a distanza di alcunigiorni per portare fuori i ca-daveri dei detenuti morti».Il primo muore il 27 aprile,il 26 maggio l’ultimo.Con il passare del tempo aipolacchi si aggiungono i

russi; il primo trasporto dinon slavi arriva il 30 marzo1942: sono ebrei di diversanazionalità provenienti dal-la Francia.Seguiranno tedeschi, au-striaci, olandesi, tra gli ulti-mi italiani e ungheresi.Festeggiamenti di varia na-tura danno occasione a va-riazioni nel rituale di morte. L’11 novembre 1941 “in oc-casione del giorno della fe-sta nazionale polacca, haluogo la prima esecuzionecon un colpo di arma da fuo-co di piccolo calibro sparatoalla nuca da distanza ravvi-cinata». Ricorrenze nazistesono festeggiate con impic-cagioni, alla maniera di ritiantichi con sacrifici umani.Dalle esecuzioni più primiti-ve si passa con un crescendoalla morte tecnologica (legassazioni). La prima sele-zione con gas ha luogo il 4maggio 1942. Il 2 settembre 1942 la Czechannota: «Il medico di campoSS Kremer scrive nel suodiario: “Presente per la pri-ma volta a un’azione specia-le; fuori alle 3 di notte. Inconfronto a qui l’Inferno diDante mi sembra quasi unacommedia. Non per nienteAuschwitz è definito campodi sterminio!”». Potrebbeessere l’epigrafe dell’interoKalendarium.Un’ultima annotazione, alla

data del 22 febbraio 1943:«Il comando del KL Ausch-witz decide che in futuro inumeri dovranno essere ta-tuati sull’avambraccio sini-stro non solo agli ebrei, ma atutti gli uomini e donne in-ternati nel lager, in modo dafacilitarne il riconoscimen-to. Il tatuaggio dei detenutiebrei è stato introdotto nelcorso del 1942. Non vengo-no tatuati solo i detenuti“cittadini tedeschi” e “tede-schi etnici», oltre ai detenutida rieducare e ai “detenuti dipolizia”.

Queste citazioni do-vrebbero bastare perfare comprendere la

ricchezza degli spunti cheoffre il prezioso repertoriocronologico redatto dallaCzech.Naturalmente, rispetto allaredazione del Kalendariumdel 1989, che fu supervisio-nata dall’autrice (morta nel2004) negli ultimi anni dellasua attività, la ricerca è an-data avanti, ma questo nonsminuisce l’importanza diun lavoro che, proprio per ilmodo in cui è stato concepi-to, registrando giorno pergiorno una pluralità di even-ti, si può prestare a più di unpercorso di lettura: per cuinon sembri fuori luogo, adonta della mole, suggerirnel’uso anche in sede didattica.

■Di questo libro pubblichiamola recensione del prof.essorEnzo Collotti, il maggiorstudioso italiano del nazismo,membro autorevole delComitato storico scientificodella Fondazione Memoriadella Deportazione, apparsasul Manifesto del 9 febbraio2007 e un commento di ItaloTibaldi, ex deportato aMauthausen, studioso ericercatore della deportazione.

■È uscito nei mesi scorsi in lingua italiana il libroKalendarium - Gli avvenimenti del campo diconcentramento di Auschwitz-Birkenau 1939-1945 diDanuta Czech, traduzione di Gianluca Piccinini,edito da Mimesis, realizzato dall’Aned e da AliceCasa di produzione samisdat, in collaborazione conMuseo statale Auschwitz-Birkenau, con il patrociniodel Comune di Milano e della Provincia di Milano,coordinamento redazionale di Dario Venegoni, difondamentale importanza per la conoscenza degliorrori perpetrati dai nazisti nel campo di sterminiodi Auschwitz.

46

di Italo Tibaldi

Le emozioni di un ex deportatonella lettura del libro della Czech

Kalendarium

Quando mi è stato chiesto di leggere approfonditamen-te il Kalendarium. Gli avvenimenti del campo di con-centramento di Auschwitz-Birkenau 1939-1945 di

Danuta Czech e raccogliere qualche pensiero, ho lungamen-te esitato. Un blocco emotivo mi strozzava il flusso delle ideee dello scrivere, creandomi un ritegno confuso, perché mi sichiedeva di pensare intensamente su una documentata testi-monianza sul lager nazista di Auschwitz e su un difficile pe-riodo della mia vita di deportato, sopravvissuto al lager diMauthausen.Ho quindi seguito passo passo le pagine del Kalendarium eancora una volta mi sono imbattuto nell’altra motivazioneche mi ha aiutato a soddisfare il solo scopo cosciente e pre-ciso del superstite: continuare a portare testimonianza a chiancora oggi non vuole sapere; a chi, volente o no, ha accon-sentito all’offesa; a chi da spettatore indifferente diventeràlettore; a chi, tentando di rivisitare “revisionando” il mondodolente del KZ, non ne accetta la verità incancellabile. Dalnegazionismo esasperato si è lentamente passati al revisioni-smo e ora si evidenzia la nuova categoria dei “rovistatori”,che grattano il fondo del barile per vedere se e dove si puòannidare l’errore.

Danuta Czech, fra i modi di raccontare la storia diAuschwitz sceglie quello di dare voce alla impressio-nante quotidianità, di comporre un monumentale dia-

rio degli avvenimenti giornalieri di Auschwitz, seguendo ilsemplice svolgersi dei vari momenti di quelle impossibiligiornate. È la lettura di una testimonianza corposa e ininter-rotta, dal 1939 al 1945, che fornisce elementi essenziali perricostruire analiticamente quel “mondo fuori dal mondo”.Consapevole che gli oltre sessant’anni trascorsi dalla libera-zione dei campi nazisti non sono stati sufficienti agli storiciper capire una tragedia di tanta dimensione, vorrei coglierein questa lettura così assorbente le sensazioni più intime emai rilevate, che sono l’autentica interpretazione di quelgrande filo dell’orrore.Ricordo le parole vere e profonde del noto scrittore IvanStadniut: “Di quello che non hai visto non puoi narrare.

Di quello che non hai pianto non puoi cantare.”

Danuta Czech, ripercorrendo le tappe, tutte significative, del-la storia del campo di Auschwitz, non trascura i drammiumani che la costellarono. Avvicinandomi maggiormente alvolume, incontro le tante, troppe pagine di un’umanità di-strutta.Chi come me è sopravvissuto a un lager nazista legge ilKalendarium con una particolare sensibilità, sapendosi anco-ra attraversato da un livello insopportabile di angoscia, tanta èla forza con cui nella narrazione “quotidiana” di DanutaCzech si riaffaccia anche il lungo, forzato silenzio, così sottil-mente distruttivo, che si annidava in noi sopravvissuti ora do-po ora, mentre avremmo voluto gridare che per gli ebrei e ideportati politici ad Auschwitz, Mauthausen, Ravensbrück,Buchenwald, Dora, Theresienstadt, Bergen-Belsen, Natzwei-ler… vi era soltanto sofferenza, solitudine e morte.Nel Kalendarium tutti gli aspetti del lager di Auschwitz sileggono in modo “scoperto”, ricostruiti con rigore storico.Ne scaturisce una testimonianza documentata, appassionatae appassionante, che giunge quanto mai opportuna e attuale,quasi superando l’impossibilità di tradurre la sofferenzaestrema in dolore condiviso e pronunciando un’implacabilecondanna dell’odio, della violenza, del razzismo, dell’intol-leranza.

Certamente nei lager alcuni deportati reagirono alla cat-tività con un atteggiamento di totale passività di fron-te alla premeditata distruzione, preferirono morire psi-

chicamente per sopravvivere, mentre altri, che avevano con-sapevolezza politica, non vollero ridursi a un “gruppo di sof-ferenza insensata”, vincendo talvolta l’estrema vicinanza al-la morte. D’altra parte la vita e il pensiero di molti di noi so-no stati fortemente segnati dall’oscillazione e dall’ambiva-lenza fra la vita e la morte. Le esperienze di Auschwitz e de-gli altri lager nazisti non si elaborano scrivendo un saggio oun libro di memorieRimangono ferite non ancora rimarginate, sono offese chenessuna cura può riparare e che ci accompagnano sino alla fi-ne. Noi deportati nei lager nazisti abbiamo conosciuto la so-litudine e la solidarietà, la ricchezza della vita e il suo con-trario, il nulla.

47

Danuta Czech, con il messaggio contenuto nel Kalendarium,richiama noi tutti al concetto più puro di libertà e ci invitaa sostituire Arbeit macht frei con Wissen macht frei, la co-noscenza rende liberi. La composizione analitica delKalendarium nasce dalla preveggenza dell’autrice, che sindal 1956 ha ricercato e ordinato il patrimonio di fonti a di-sposizione.Non posso non evidenziare l’impegno del movimento diResistenza nel lager e richiamare l’attenzione sullo sforzodegli appartenenti ai gruppi di lotta di redigere illegalmen-te copie di documenti e farle uscire dal lager comeKassiber, cioè messaggi segreti, comunicazioni e rapporticonsegnati all’organizzazione di soccorso ai detenuti e ri-guardanti gli aiuti alimentari procurati, ma anche la prepa-razione di fughe dal lager. Ora sono raccolti in un fondodell’archivio del Memoriale di Auschwitz sotto il nome“Materiali del movimento di Resistenza del lager”, tra cuiparecchie liste di nomi compilate in pochi giorni nel set-tembre 1944.

Nel 1955, quando ho iniziato la ricerca dei deportatiitaliani, la ricostruzione delle liste nominative, cheha ampiamente superato le 40.000 persone, e dei

trasporti dall’Italia e fra i campi principali, ricostruzioneche ha raggiunto ormai il 290° trasporto, non ero a cono-scenza che era in gestazione questo Kalendarium che stu-dia la deportazione ad Auschwitz. Questa mia lunga ricer-ca è sinteticamente pubblicata nel Calendario della depor-tazione italiana negli anni 1943-1945, in edizione specia-le in cinque lingue.Il lettore sa che ogni descrizione o rappresentazione dellamacchina mortale di Auschwitz è insufficiente rispetto al-la realtà. È impossibile far rivivere tutto il dolore, l’orroredi quanti furono destinati a una vita provvisoria verso l’ul-tima tappa di un tragico calvario vissuto con dignità, nellapiena consapevolezza che nessuno sarebbe uscito alla lucedella libertà.

Auschwitz aveva le camere a gas e lo Zyklon B, ave-va forni crematori ampi ed efficienti per realizzarelo sterminio degli ebrei. A chi visiti un lager nazi-

sta, capita di considerare con un attimo di imbarazzo la

propria indifferenza. In realtà questa indifferenza corri-sponde a una percezione inavvertita, ma profonda ed è lamiglior forma di riflessione. La visione di quei luoghi, an-che se breve, si fisserà nella sua memoria come un sigilloe, fra tante sollecitazioni che passano, rimarrà nei suoi oc-chi. Sì, perché i lager nazisti sono ancora oggi stimoli visi-vi molto differenziati, capaci di fermare il visitatore sullasoglia stessa dell’immagine e di farlo procedere versoqualcosa che emotivamente coinvolge e che vorrebbe qua-si conoscere più “profondamente“, più “familiarmente”.

Le pagine di Danuta Czech tradotte in lingua italianacon particolare sensibilità da Gianluca Piccinini econ le premesse di Walter Laqueur e di Lucio Mona-

co, sviluppano le immagini scritte dai compagni caduti,pensando a ciascuno di loro senza gerarchia di valori, per-ché quelle sono i veri tasselli di quella realtà.Dopo le quasi mille pagine in cui Danuta Czech ha deci-frato, riconosciuto e documentato la macchina dello ster-minio, non sarà più possibile alcuna revisionistica banaliz-zazione.Ringrazio l’autrice con un sentimento di vivo apprezza-mento per avere inciso nel Kalendarium i giorni, i mesi, glianni della morte; nel suo epitaffio finale si augura che il li-bro sia letto con un particolare pensiero a quanti dopo il lo-ro arrivo furono uccisi nelle camere a gas, morti di unamorte senza nome.Ai tanti giovani e meno giovani, che in questi sessanta an-ni hanno voluto e accolto la nostra testimonianza e ai qua-li lasciamo la nostra memoria per il futuro, vorrei dire conanimo certo che i lager nazisti resteranno ancora fisica-mente dopo di noi e la loro minacciosa presenza non ces-serà di incombere sul mondo presente con l’ultimo so-pravvissuto… ma solo se tutti voi lo vorrete!!!

Il modo più autentico ed efficace per rendere omaggio aimiei 40.000 compagni di viaggio è, insieme al loro ri-cordo, impegnarsi fermamente per salvaguardare i

“campi della memoria” nella “memoria dei campi”.Le camere a gas di Auschwitz-Birkenau sono ancora là. Lascala della morte di Mauthausen, di cui ho sentito cantaree piangere le pietre, non è un ameno sentiero di collina.

Italo Tibaldi Mauthausen 42307Partigiano combattente di“Giustizia e Libertà”, depor-tato a Mauthausen all’età disedici anni, vicepresidentedel Comitato internazionaledel KZ di Mauthausen, ri-cercatore, autore di Com-pagni di viaggio, Geografiadella deportazione italiana edel Calendario della depor-tazione italiana negli anni1943-1945, edito in cinquelingue.

48

Storia generaledella deportazione italiana

Prossima uscita

Ha presieduto il convegnoDario Disegni, responsabi-le dell’Area Cultura, Arte eBeni ambientali della Com-pagnia, il quale ha ricorda-to come la fondazione per-seguendo finalità di interes-se pubblico e di utilità so-ciale, sia attiva nei settoridella ricerca nei suoi più di-versificati aspetti: scientifi-ci, economici e culturali,tra questi ultimi la conser-vazione della memoria sto-rica, per cui ha con orgo-glio sostenuto il progetto,propugnato da BrunoVasari, di una storia delladeportazione italiana; ini-ziativa che rientra nell’am-bito della collaborazionecon l’Aned risalente al1999. Ricordato l’impegno diquanti hanno lavorato allarealizzazione del progetto,che essi stessi in seguito il-lustreranno, ha voluto infi-ne anticipare che sono in

di Piero Ramella

corso i lavori per la costitu-zione di un Centro interna-zionale di studi dedicato aPrimo Levi, di cui ricorre ilventennale della morte, do-ve saranno conservati l’ar-chivio dello scrittore, tesidi laurea e documenti ita-liani ed europei attinenti al-la deportazione.

«Cari amici» è stato l’esor-dio con cui Bruno Vasarisi è rivolto all’assemblea,che non ha nascosto il suoorgoglio perché la ricercaera giunta a compimento,Doverosi i ringraziamentialla Compagnia di SanPaolo, ai professori del-l’Università e ai loro colla-boratori, alle istituzioni delPiemonte, che è l’unica re-gione d’Italia ad aver rea-lizzato una simile opera.

Gianfranco Maris, ha por-tato i ringraziamenti del-l’Aned nazionale, lamen-

tando come la scuola italia-na non abbia saputo rende-re partecipi i giovani dellatragedia della deportazio-ne, auspicando che la ricer-ca possa dare nuovo spronea rompere il muro del silen-zio.Sergio Roda, pro rettoredell’Università, ha ricorda-to come in quegli stessigiorni, in occasione delleUniversiadi, fossero pre-senti a Torino 2.500 delega-ti delle associazioni univer-sitarie europee, l’élite didomani, che ha bisogno dimemoria, il cui deficit èuna delle cause della perdi-ta di valori dei giovani tan-to che si è dovuto ricorreread una legge per difenderla.È impegno dei media man-tenerla viva per infonderemaggior ottimismo ai gio-vani per il futuro.

Il prof. Nicola Tranfaglia,coordinatore della ricerca

con il prof. Mantelli, ha ri-cordato come il progettodella storia fu subito inqua-drato nella più ampia ricer-ca sul nazismo e fascismo,con l’intento di dare all’o-pera un valore culturalescientifico che potesse es-sere una piccola pietra con-tro il revisionismo da salot-to che non fa storia ma met-te in dubbio quanto è acca-duto. I negazionisti ciarla-tani che hanno messo indubbio quanto è successo,trovano purtroppo seguitoanche in alcune universitàitaliane. Mentre la storiografia euro-pea ha privilegiato la lottaarmata al nazifascismo, ildisegno nazista di elimina-zione fisica degli ebrei edegli avversari politici èsempre stato studiato inmodo frammentario, tantoche uno storico del valoredi Enzo De Felice ha potu-to affermare: «L’Italia è

Il 26 gennaio presso il Museo Diffuso dellaResistenza, Deportazione, Guerra, Diritti e dellaLibertà di Torino è stata presentata la Ricerca sullaStoria della Deportazione dall’Italia nei campi disterminio nazionalsocialisti, realizzata dall’Aned incollaborazione con l’Università degli Studi di Torinoe con il sostegno della Compagnia di San Paolo.

49

stata fuori della Shoah». Ladifficoltà di acquisire lefonti è stata superata grazieal fondamentale apportodelle ricerche di ItaloTibaldi. Lavoro lungo e fa-ticoso ma che via via haportato a sviluppare l’inte-resse su determinati temisociali che la storiografiaaveva quasi ignorati. È emerso come il lavorodei deportati abbia avuto unimportante significato eco-nomico per la guerra delReich, Qui ha ricordato unsuo zio morto di fame e sfi-nimento a Dachau. I ricercatori hanno postodomande che gli storici disolito non fanno, si è accer-tato chi era stato deportato,la sua condizione sociale,lavorativa, politica, razzia-le, la divisione a secondadelle regioni di provenien-za, ad esempio il Litoraleadriatico è la zona che hadato il maggior numero dideportati, dato che era sot-toposta alla dominazionetedesco.

Il professor BrunelloMantelli, ha ricordato ilgruppo di ricercatori chehanno cooperato alla ricer-ca e gli obbiettivi loro asse-gnati: a Giovanna D’Ami-co, Francesco Cassata eGiovanni Villari la ricostru-zione delle biografie di tut-

ti i deportati; a BrunoMaida la stesura di una bi-bliografia generale delleopere di storiografia e me-morialistica sul tema; aFiammetta Balestracci lamappatura dei rastrella-menti messi in atto da re-parti tedeschi e salodiani econclusasi con il trasferi-mento nei lager dei rastrel-lati. Quest’ultimo aspetto hamesso in evidenza come itedeschi privilegiasserol’invio nei Lager dei parti-giani catturati mentre i “ra-gazzi di Salò” provvedeva-no alla loro rapida elimina-zione, fucilandoli o impic-candoli. La ricerca si è focalizzatasulla deportazione nel si-stema dei lager controllatidalle SS, non sono statiperciò presi in considera-zione gli Internati militariitaliani ed i lavoratori coat-ti se non nei casi in cui sia-no stati deportati in detti la-ger.

Liliana Picciotto delCentro di documentazioneebraica di Milano, si è di-chiarata soddisfatta dellaricerca che evidenzia l’or-ganizzazione della deporta-zione e la differenziazione,razziale per gli ebrei, politi-ca per gli italiani, che com-portava all’arrivo nel lager

l’assassinio per le famiglieebraiche ed il lavoro forza-to, che avrebbe portato aduna morte lenta per gli anti-fascisti italiani.

Ha chiuso il convegnoAmos Luzzato ex presi-dente delle Comunitàebraiche italiane che hamesso in evidenza la diffe-renza tra il fare una ricercaoggi dal farla nel 1948.Grato ai ricercatori per avermesso insieme, pur facendorisaltare le differenze, ladeportazione ebraica equella politica. Non fu fol-lia hitleriana ma un lucido erazionale disegno. Il momento attuale devefarci pensare alle parole diGoebbels: «Vedrete quantopoco ci vorrà a distruggerele democrazie europeeusando l’arma dell’antise-mitismo». Anche oggi bisogna vigila-re perché l’antisemitismoutilizzato come strumentopolitico è sempre presente.Ricorda due manifestazionisvoltesi in contemporaneaa Berlino, una di naziskincui parteciparono un centi-naio di giovani ed una anti-fascista in cui erano presen-ti 100.000 persone.

Ciò a dimostrazione cheesiste una nuova Germania,mentre l’Italia non ha mai

fatto i conti con il passato.La scuola italiana non co-munica ciò che è accadutonel 1922, nel 1938 e dopo il1940, ma stende un velopietoso sulla nostra storiarecente da cui traggono lin-fa vitale i negazionisti. Sipensi alle difficoltà incon-trate per fare accettare ilGiorno della Memoria. Le eccezioni pretestuose: ele foibe? Allora un’altra ec-cezione: ma quali foibe?Tutte le foibe? Anche quel-le fasciste in Croazia eSlovenia? Se è necessariauna legge per contrastare ilnegazionismo, allora vuoledire che la gente non sa. Sipensi all’ultima conferenzadi Teheran voluta per nega-re l’Olocausto.

Ma la cultura e l’informa-zione non bastano, bisognalottare contro i privilegi,una parte del mondo nuotanell’abbondanza l’altraparte, la maggior parte, vi-ve conoscendo fame, mise-ria e povertà. Problema esplosivo che gliestremismi cavalcano, so-prattutto quelli religiosi,con le conseguenze che tut-ti vediamo. È difficile portare alla de-mocrazia e quindi alla paci-fica convivenza chi crede diessere vittima di un’ingiu-stizia planetaria.

Il “Dizionario del comunismo nel XX secolo”ignora Longo, Terracini e Ingrao

Chissà se Luigi Longo, Pietro Ingrao,Umberto Terracini hanno avuto qual-cosa a che fare col comunismo. A giu-dicare dalla lettura del recenteDizionario del comunismo nel XX se-colo, ed. Einaudi, a cura di Silvio Ponse Robert Service, si direbbe di no.

Infatti, nelle 535 pagine del primo vo-lume, che comprende personaggi chevanno da Amendola Giorgio a RosaLuxemburg non c’è traccia né diIngrao né di Longo, ce n’è traccia

nell’anticipazione del lemmario rela-tivo all’opera completa di Terracini.

E dunque, a meno che i curatori nonstiano covando l’intenzione di revi-sionare anche l’alfabeto della linguaitaliana, si deve ritenere che i tre per-sonaggi citati siano considerati figureirrilevanti nella storia del comunismo.

Nei circa 400 lemmi, gli italiani sonosoltanto 4: Amendola, Berlinguer,Gramsci e Togliatti. Naturalmente

ognuno è padrone di fare le propriescelte, ma allora non si presenti comeopera seria questo dizionario, a menoche non ci vengano spiegati i motividi tali stravaganti esclusioni, comequelle di Ingrao, (mentre è presenteAmendola) di Terracini, fondatoredel PcdI e presidente della Co-stituente, di Longo, dirigente delleBrigate internazionali in Spagna, co-mandante dei Garibaldini nellaResistenza e segretario generale delPci dopo Togliatti.