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G. V. Pallottino Maggio 2011 Appunti di Elettronica - Parte IX pag. 1 Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica PARTE IX IL RUMORE 1 1. Introduzione al rumore La precisione delle misure fisiche, come è noto, trova il suo limite negli errori di misura: questi sono una manifestazione del rumore (noise), al quale si devono anche gli effetti di deriva (drift) che sono associati alle sue componenti a bassissima frequenza. E’, ancora, il rumore, che limita le prestazioni dei sistemi di comunicazione: nei sistemi telefonici e radiofonici questo fenomeno si manifesta con un caratteristico soffio o fruscio, 2 da cui derivò appunto, all’inizio del secolo scorso, la denominazione di “rumore”. E fu proprio nei laboratori di ricerca della Bell Telephone, con J.B. Johnson e H. Nyquist, che furono svolti studi essenziali sul rumore elettrico derivante da fluttuazioni di natura fondamentale in condizioni di equilibrio termodinamico (rumore termico). Ricordiamo a questo proposito che la quantità d’informazione (a volte chiamata entropia) H associata a un campione (cioè il valore assunto a un dato istante) di un segnale è dato dalla formula di Hartley H = log 2 n, dove n è il numero dei diversi valori che il campione può assumere, nell’ipotesi che tali valori siano equiprobabili 3 . Ne consegue che la quantità d’informazione di un segnale diminuisce all’aumentare del rumore, che riduce il numero di valori effettivamente distinguibili: ciò spiega l’importanza del rumore nei problemi di comunicazione e i n generale di elaborazione dell’informazione. Va ricordato tuttavia che lo studio delle fluttuazioni di grandezze fisiche non elettriche basato sugli sviluppi della meccanica statistica ha preceduto lo studio del rumore elettrico. Si deve a un fondamentale lavoro di Einstein del 1905, in particolare, la spiegazione del fenomeno del moto browniano, che era stato osservato dal botanico Robert Brown nel 1827. 1 Una versione estesa di questo capitolo è costituita dal seguente libro: G.V. Pallottino, Il rumore elettrico dalla fisica alla progettazione, Springer, 2011 2 Nei televisori “analogici” il rumore si manifesta come “neve”, negli schermi radar come “erba”. 3 La generalizzazione al caso di valori non equiprobabili, dovuta a Claude E. Shannon, è la seguente: H = i p i log 2 (1/p i ), dove p i è la probabilità del generico valore che può assumere il segnale.

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G. V. Pallottino – Maggio 2011 Appunti di Elettronica - Parte IX pag. 1

Università di Roma Sapienza - Dipartimento di Fisica

PARTE IX

IL RUMORE1

1. Introduzione al rumore

La precisione delle misure fisiche, come è noto, trova il suo limite negli errori di misura:

questi sono una manifestazione del rumore (noise), al quale si devono anche gli effetti di deriva

(drift) che sono associati alle sue componenti a bassissima frequenza. E’, ancora, il rumore, che

limita le prestazioni dei sistemi di comunicazione: nei sistemi telefonici e radiofonici questo

fenomeno si manifesta con un caratteristico soffio o fruscio,2 da cui derivò appunto, all’inizio del

secolo scorso, la denominazione di “rumore”. E fu proprio nei laboratori di ricerca della Bell

Telephone, con J.B. Johnson e H. Nyquist, che furono svolti studi essenziali sul rumore elettrico

derivante da fluttuazioni di natura fondamentale in condizioni di equilibrio termodinamico (rumore

termico).

Ricordiamo a questo proposito che la quantità d’informazione (a volte chiamata entropia) H

associata a un campione (cioè il valore assunto a un dato istante) di un segnale è dato dalla formula

di Hartley H = log2 n, dove n è il numero dei diversi valori che il campione può assumere,

nell’ipotesi che tali valori siano equiprobabili3. Ne consegue che la quantità d’informazione di un

segnale diminuisce all’aumentare del rumore, che riduce il numero di valori effettivamente

distinguibili: ciò spiega l’importanza del rumore nei problemi di comunicazione e in generale di

elaborazione dell’informazione.

Va ricordato tuttavia che lo studio delle fluttuazioni di grandezze fisiche non elettriche

basato sugli sviluppi della meccanica statistica ha preceduto lo studio del rumore elettrico. Si deve a

un fondamentale lavoro di Einstein del 1905, in particolare, la spiegazione del fenomeno del moto

browniano, che era stato osservato dal botanico Robert Brown nel 1827.

1 Una versione estesa di questo capitolo è costituita dal seguente libro:

G.V. Pallottino, Il rumore elettrico – dalla fisica alla progettazione, Springer, 2011

2 Nei televisori “analogici” il rumore si manifesta come “neve”, negli schermi radar come “erba”.

3

La generalizzazione al caso di valori non equiprobabili, dovuta a Claude E. Shannon, è la seguente:

H = i pi log2 (1/pi), dove pi è la probabilità del generico valore che può assumere il segnale.

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Il rumore, del quale ci occupiamo per la sua importanza centrale in elettronica e in tutta la

fisica sperimentale, consiste di fluttuazioni dovute a proprietà fondamentali della materia e in

quanto tali di origine “interna” e ineliminabili in linea di principio: fluttuazioni di natura spontanea

(rumore termico) oppure associate a flussi di oggetti quantizzati (rumore shot). Queste fluttuazioni,

che si osservano a livello macroscopico, costituiscono una finestra aperta sul mondo microscopico

in quanto derivano da fluttuazioni di grandezze microscopiche. Esse si manifestano nella forma di

segnali casuali, il cui andamento nel tempo non è descrivibile analiticamente ma soltanto in termini

statistici e il cui spettro non è costituito da righe ma è di tipo continuo, cioè si estende su una

regione di frequenze più o meno vasta.

Le proprietà precedenti distinguono il rumore propriamente detto dai disturbi, cioè dai

segnali di origine esterna rispetto ai sistemi considerati (interferenze radio, rete elettrica e sue

armoniche, effetti atmosferici, rumore sismico e vibrazioni meccaniche che producono il cosiddetto

rumore “microfonico”, ecc.). Questi disturbi, infatti, si possono considerare, almeno in linea di

principio, eliminabili con opportune tecniche di filtraggio o di schermaggio e spesso il loro spettro

non è di tipo continuo, ma è costituito da righe.

Nello studio del rumore, di solito, più che il

suo valore in termini assoluti, ha importanza la sua

entità rispetto al segnale, che è rappresentata

usualmente dal rapporto segnale/rumore (signal-to-

noise ratio) SNR, definito4 come rapporto fra il

valore quadratico medio del segnale e quello del

rumore (un concetto analogo a quello di errore

relativo nelle misure):

(1) SNR = <s2(t)>/<n

2(t)>

La figura rappresenta la somma di una sinusoide e di rumore

gaussiano per tre diversi valori del rapporto segnale/rumore: 10 in alto, 1 al centro, 0.1 in basso.

4 Ingrediente essenziale di questa definizione è la banda di frequenza di osservazione, dato che le distribuzioni spettrali

del segnale e del rumore sono generalmente assai diverse. Sicchè, modificando la banda, il rapporto SNR può cambiare

a sua volta. Nel caso rappresentato in figura, per esempio, il rapporto SNR aumenterebbe qualora si restringesse la

banda. E perché?

0 20 40 60 80 1002

0

2

s t( )

t

0 20 40 60 80 1005

0

5

s t( )

t

0 20 40 60 80 100

0s t( )

t

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Nella maggior parte dei casi di interesse pratico il rumore si combina linearmente con il

segnale (rumore additivo), cioè vale il principio di sovrapposizione degli effetti. Non mancano però

casi in cui il rumore interviene attraverso fluttuazioni dei parametri del sistema considerato, che

introducono quindi effetti di modulazione del segnale e si parla allora di rumore moltiplicativo.

Questo si verifica, ad esempio, a proposito dell’evanescenza (fading) nella ricezione di segnali

radio, che è dovuta a fluttuazioni della costante di propagazione.

Notiamo per concludere che sebbene il rumore costituisca generalmente, per quanto detto

sopra, un fattore indesiderato, non mancano esempi di sue applicazioni utili5. Citiamo fra queste,

perché di particolare rilievo in fisica, la misura di talune costanti fondamentali (fra cui la costante di

Boltzmann e la carica dell’elettrone) e di determinate grandezze fisiche (fra cui la temperatura).

Prospettive interessanti, sia in termini applicativi che a livello interpretativo, offre poi il rumore nel

quadro del fenomeno della “risonanza stocastica”6. Menzioniamo anche l’impiego del rumore come

segnale a larga banda nella misura della caratteristica di risposta di circuiti e sistemi (eccitandone

l’ingresso con rumore a larga banda, dallo spettro d’uscita se ne ricava la funzione di trasferimento)

e i molteplici impieghi di “rumore artificiale” nelle telecomunicazioni (sistemi a spettro disperso o

spread spectrum e tecniche di codificazione).

2. Aspetti matematici del rumore

Dal punto di vista matematico il rumore viene rappresentato e caratterizzato dalle sue proprietà

statistiche, utilizzando la teoria dei processi stocastici7

(per processo stocastico s’intende una

famiglia di funzioni del tempo, dette realizzazioni del processo, alle quali sono associate delle

distribuzioni di probabilità). In particolare si assume di solito che il rumore sia rappresentato

mediante un processo stazionario, cioè con proprietà statistiche invarianti rispetto a traslazione

temporale, ed ergodico, cioè tale che tutte le proprietà del processo (proprietà d’insieme) siano

estraibili dall’osservazione di una singola realizzazione.

La caratterizzazione completa di un processo stocastico, in generale, richiede di conoscere

un insieme infinito di funzioni di distribuzione o di densità di probabilità. Se tuttavia, come spesso

5 M.S. Gupta Applications of Electrical Noise Proc. IEEE, vol. 63, pp. 996-1010, luglio 1975

S. Engelberg, Y. Bendelac Measurement of physical constants using noise IEEE Instrumentation & Measurement

Magazine, vol. 6, dic. 2003, pp. 49-52

6 L. Gammaitoni, P. Hänggi, P. Jung, F. Marchesoni Stochastic resonance Review of Modern Physics, vol. 70, pp.

223–287, 1998 http://www.physik.uni-augsburg.de/theo1/hanggi/Papers/195.pdf.

7 A. Papoulis Probability, Random Variables, and Stochastic Processes McGraw-Hill, 3

a Edizione, 1991

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avviene, il rumore è “gaussiano”, il processo stocastico x(t) che lo rappresenta è completamente

caratterizzato qualora se ne conosca una funzione statistica del primo ordine8, per esempio la

funzione densità di probabilità fx(x), che nel caso stazionario non dipende dal tempo:

(2)

2

2

1exp

22x

xf x

dove rappresenta il valor medio e la deviazione standard (entrambi costanti nel tempo se il

processo è stazionario), e una funzione statistica del secondo ordine, per esempio la funzione di

autocorrelazione, che è così definita:

(3) Rxx() = E[x(t+) x(t)]

dove E[∙] è l’operatore di aspettazione (media d'insieme) e è una variabile indipendente. Nel caso

dei processi stazionari ergodici la precedente media d’insieme può essere sostituita con una media

temporale su una qualsiasi realizzazione e allora l’autocorrelazione assume la forma seguente:

(4) lim 1

2

T

xxTT

R x t x t dtT

La funzione di autocorrelazione rappresenta la dipendenza statistica, cioè il grado di

correlazione, fra due generici campioni del processo a distanza . Questa correlazione9 è

evidentemente massima per ritardo zero (= 0), per cui la funzione di autocorrelazione rappresenta

il valore quadratico medio10

del processo: Rxx(0) = E{x2(t)} =

+

Per ritardi diversi da zero, si

può interpretare l’autocorrelazione di un processo stocastico come il grado di prevedibilità di una

realizzazione al tempo t+ (oppure t-) quando se ne conosca il valore assunto al tempo t. La

prevedibilità totale, naturalmente, si ha quando l’autocorrelazione è una costante, indipendente da :

in tal caso anche il processo presenta valore costante nel tempo. La massima imprevedibilità si ha

invece quando l’autocorrelazione è rappresentata da una delta di Dirac nell’origine (()); in tal

caso la conoscenza del valore del processo a un certo istante non consente alcuna previsione sui

valori assunti agli altri istanti perché l’autocorrelazione è nulla per qualsiasi 0.

8 Per ordine di una funzione statistica s’intende il numero di diversi istanti di tempo ai quali è necessario considerare il

processo per poterla calcolare.

9 La correlazione normalizzata nell’intervallo –1,1 si ottiene dividendo l’autocorrelazione per il suo valore a ritardo

zero: xx() = Rxx()/Rxx(0).

10 Il valore quadratico medio si riduce alla varianza

quando il processo ha valor medio nullo, come avviene

usualmente nel caso del rumore.

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La distribuzione dell’energia di un processo stocastico sull’asse delle frequenze è

rappresentata dal suo spettro di potenza o densità spettrale (power spectrum, power spectral

density). Si può immaginare di ottenere questa funzione applicando il processo all’ingresso di un

filtro passabanda ideale con banda passante unitaria e frequenza centrale variabile e misurando la

varianza all’uscita del filtro in funzione della frequenza (e questo è ciò che fanno gli analizzatori di

spettro, operando peraltro contemporaneamente a una molteplicità di frequenze). Nei calcoli

analitici si utilizzano le relazioni di Wiener-Kintchin per cui lo spettro di potenza di un processo

x(t) è dato dalla trasformata di Fourier dell’autocorrelazione:

(5) SxxB() = F[Rxx()] ; Rxx() = F

-1[Sxx

B()]

Dato che l'autocorrelazione è una funzione pari del suo argomento , lo spettro di potenza è

reale e a sua volta pari nel suo argomento : esso ha dunque lo stesso valore a e a -, per

qualsiasi . Si noti che nella

definizione precedente l’integrale di

Fourier si estende da - a + e

pertanto lo spettro, che nelle formule

precedenti abbiamo indicato con

SB() è definito per frequenze sia

positive sia negative, cioè è uno

spettro bilatero (two-sided spectrum).

Figura – Autocorrelazione e spettro di potenza

bilatero di alcuni processi stocastici. Gli

spettri unilateri usati correntemente sono nulli

per frequenze negative e hanno ampiezza

doppia per frequenze positive.

Ma nel seguito, come si fa usualmente, considereremo spettri unilateri (one-sided spectra), cioè

definiti soltanto per frequenze non negative, per cui le relazioni di Wiener-Kintchin assumono la

forma seguente:

(6) 2 expxx xxS R j d u

;

0

1exp

2xx xxR S j d

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L’unità di misura dello spettro di potenza di una grandezza fisica è quella della grandezza

elevata al quadrato e divisa per hertz; perciò lo spettro di potenza di una tensione si misura in

V2/Hz, quello di una corrente in A

2/Hz. E quello di una frequenza?

Assai spesso, nella pratica, sono usati gli spettri di ampiezza dei segnali casuali. Lo spettro

di ampiezza di un dato segnale è definito come la radice quadrata dello spettro di potenza unilatero

del segnale. Ne consegue che lo spettro di ampiezza di una tensione, che indichiamo con Vn( =

Svv(), si misura in V/Hz; quello di una corrente in A/Hz. Per calcolare il valore efficace in una

banda f utilizzando gli spettri di ampiezza (supposti costanti nella banda) si deve moltiplicare lo

spettro per la radice quadrata della banda:

(7) Vneff = Vn(∆ff

dove Vneff è misurato in volt, Vn(∆fin V/Hz e f in hertz.

Lo spettro costante di un processo stocastico totalmente imprevedibile, rappresentato nella

parte in alto della figura alla pagina precedente viene usualmente chiamato spettro bianco

ricorrendo a un’analogia, corretta solo qualitativamente, con la luce bianca. Ma spesso si dice anche

che uno spettro è “bianco” in un dato intervallo di frequenze se ivi è costante. Allo stesso modo si

parla anche di spettri rosa o violetti, a seconda della forma del loro andamento in funzione della

frequenza.

Come si modifica lo spettro di potenza di un segnale stocastico quando questo attraversa un

sistema lineare e stazionario? Esprimendo la relazione ingresso-uscita del sistema nel dominio del

tempo mediante l’integrale di convoluzione, utilizzando la definizione (3) di autocorrelazione e la

prima relazione di Wiener-Kintchin (5), si dimostra il

teorema

(8) Syy() = Sxx() |H(j)|2

che presenta grande utilità, come vedremo in seguito.

Se lo spettro d’ingresso Sxx è costante con la frequenza, il calcolo del valore quadratico

medio all’uscita del sistema si riduce all’integrale 22 xx

0

S <y > = H j d

2

, che dipende dal

valore massimo HM di |H(j| e dalla forma della funzione di trasferimento. Normalizzando rispetto

ad HM si definisce banda equivalente di rumore del sistema H(j la grandezza

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(9) 2

n 2 0

1 B = j d

2 M

HH

che rappresenta la banda passante di un filtro ideale rettangolare equivalente al sistema in termini di

valore quadratico medio in uscita per ingresso bianco. E quindi per ottenere il valore quadratico

medio del rumore in uscita basterà moltiplicare lo spettro d'ingresso per la banda equivalente di

rumore e per il massimo del modulo quadro della funzione di trasferimento:

(10) <y2> = Sxx |HM|

2 Bn

Nel caso di una funzione di trasferimento del primo ordine con frequenza di taglio fo = 1/2

si ha:

(11) n 20

0

1 1B arctan

2 2 4 21

o o o

o

o

fd

cioè la banda equivalente di rumore è /2 volte maggiore della banda a –3dB. Tuttavia questo

rapporto si riduce, tendendo all’unità, all’aumentare della pendenza del filtro.

Il calcolo della banda equivalente di rumore per funzioni di ordine superiore richiede

l’esecuzione di integrali non banali, ma il compito è facilitato da apposite tabelle11

. Per esempio, nel

caso della funzione

(12) 1 0

2

2 1 0

c s cH s

d s d s d

dalle tabelle si ha

(12a) 2 2

2 1 0 0 2

00 1 2

1( )

2 4

c d c dH j

d d d

Esempio. La banda equivalente di rumore di un sistema con due costanti di tempo.

Riconducendo alla (12) la funzione 1/(1 + 1s)(1 + 2s), si ha: co = 1, c1 = 0, do = 1, d1 = (1 + 2),

d2 = 12. Utilizzando la (13), essendo HM = 1, otteniamo: Bn = 1/(4(1 + 2)).

Esercizio. Calcolare la banda equivalente di rumore Bn per la seguente funzione di trasferimento risonante:

H(s) = (s/oQ)/(1 + s/oQ + s2/o

2) e confrontarla con la banda a -3 dB (B=fo/Q).

11

G.C. Newton, L.A. Gould, J.F. Kaiser Design of Linear Feedback Controls John Wiley, 1961

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3. Il rumore termico

Il rumore termico (thermal noise) è il rumore più comune, dato che si manifesta in

qualsiasi sistema fisico dissipativo (che si trovi a temperatura diversa dallo zero assoluto, dove

peraltro si manifesta una componente non termica dovuta alle fluttuazioni di punto zero). La

funzione densità di probabilità del rumore termico è una gaussiana con valor medio nullo, come si

comprende facilmente alla luce del teorema del limite centrale12

, dato che questo rumore proviene

dalla somma di un numero enorme di contributi elementari indipendenti incoerenti.

In particolare il rumore termico elettrico, o rumore Johnson, rappresenta la manifestazione

a livello macroscopico del moto casuale dei portatori di carica in un corpo conduttore. Ai terminali

di un resistore a circuito aperto, nel quale dunque non scorre corrente, si osserva infatti una tensione

vn(t) variabile nel tempo con andamento irregolare; cortocircuitando i terminali del resistore, in

assenza dunque di una tensione esterna, si osserva una corrente di intensità in(t) = vn(t)/R, dove R è

la resistenza dell'elemento. Questo effetto fu messo in evidenza sperimentalmente da J.B. Johnson e

spiegato teoricamente da H. Nyquist in due lavori paralleli13

pubblicati nel 1928.

Consideriamo la tensione di rumore vn(t) di un resistore a circuito aperto: il suo valore

quadratico medio (quadrato del valore efficace, essendo nullo il valor medio) per unità di frequenza

è proporzionale alla temperatura assoluta T a cui si trova il resistore e alla resistenza R del resistore.

Più precisamente, come trovato sperimentalmente14

da Johnson e interpretato da Nyquist in base a

considerazioni termodinamiche, in una banda di osservazione f si ha:

(13) <vn²> = Vneff2 = 4kTRf

dove k=1.38∙10-23

J/K è la costante di Boltzmann, e quindi lo spettro di potenza (unilatero) del

rumore di tensione vn(t) è dato dall'espressione:

(14) Svv() = 4kTR

12

Il teorema del limite centrale stabilisce che, in condizioni piuttosto generali, la densità di probabilità della somma di

un gran numero di grandezze casuali indipendenti, comunque distribuite ma nessuna delle quali dominante, tende alla

legge normale di Gauss, con valor medio dato dalla somma dei valori medi delle grandezze componenti e varianza pari

alla somma delle loro varianze. 13

J.B. Johnson Thermal agitation of electricy in conductors Physical Review, vol. 32, pp. 97-109, 1928

H. Nyquist Thermal agitation of electric charge in conductors Physical Review, vol. 32, pp. 110-113, 1928 14

Johnson dimostrò che la (13) non dipende dal tipo di resistore (utilizzando resistori realizzati con i più vari materiali)

ed è valida su un esteso intervallo di frequenze.

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Corrispondentemente, lo spettro di potenza della corrente di rumore di un resistore di resistenza R

collegato in cortocircuito è:

(15) Sii() = 4kT/R.

Una importante conseguenza della (13) è che la potenza di rumore massima (chiamata

potenza disponibile) che un resistore può erogare a un carico (cioè quando questo è adattato) non

dipende dal valore della sua resistenza ma soltanto dalla temperatura. Si ha infatti, in una banda f:

Pdisp = Vneff2/4R = kTf. In particolare a temperatura ambiente (290 K) e nella banda di 1 Hz,

Pdisp = 4.004∙10-21

W.

Esempio 1. Il rumore di due resistori disposti in parallelo.

Vogliamo calcolare il rumore termico a circuito aperto di due resistori R1 e R2 disposti in parallelo.

Rappresentiamo il rumore degli elementi con un generatore di tensione in serie a ciascuno di essi

(vn1(t) e vn2(t)). La tensione di rumore totale è dunque:

vn(t) = vn1(t) R2/(R1+R2) + vn2(t) R1/(R1+R2).

Per ottenere il valore quadratico medio della tensione di rumore totale, i due contributi, trattandosi

di segnali incoerenti, vanno sommati in energia cioè quadraticamente. Si ottiene così:

(16)

2 2

2

2 2

1 2 2 1

2

1 2

n eff n eff

neff

V R V RV

R R

Sostituendo nella precedente le espressioni del valore quadratico medio del rumore dei due

resistori ottenute dalla (13) si ricava:

2

2 2

1 1 2 2 2 1 1 2 1 2 2 1

2 2

1 2 1 2

4 44n eff

f kT R R kT R R R R T R T RV k f

R R R R

Questa, quando i due resistori si trovano a una stessa temperatura T, si riduce all’espressione

21 2

1 2

4neff

R RV kT f

R R

che si sarebbe potuta ottenere immediatamente considerando il bipolo

costituito dai due resistori come un unico resistore di resistenza R1//R2.

Dalla (16) dell’esempio precedente, riguardante due resistori disposti in parallelo, si può ricavare la potenza di

rumore P21 che il resistore R1 eroga al resistore R2 e la potenza P12 che il resistore R2 eroga al resistore R1. Se i due

resistori si trovano a una stessa temperatura T, queste potenze devono essere uguali altrimenti uno di essi si

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riscalderebbe e l’altro si raffredderebbe, violando così il secondo principio della termodinamica. Dall’uguaglianza fra le

potenze P21 e P12 deriva la necessità che il valore quadratico medio della tensione di rumore di un resistore sia

direttamente proporzionale alla sua resistenza. Si noterà poi che quando i due resistori si trovano a temperature diverse,

le due potenze saranno diverse, in modo che il più caldo dei due ceda energia all’altro.

L’espressione (13) indica che il valore quadratico medio del rumore termico tende

all’infinito all’aumentare della banda di osservazione, e ad analoga conclusione conduce la (14)

quando la si utilizza per calcolare l’autocorrelazione a ritardo zero, che rappresenta appunto il

valore quadratico medio del processo. Ma chiaramente questa divergenza non ha senso fisico.

L’incongruenza si risolve a due livelli. In termini classici, considerando che in parallelo a

qualsiasi resistore reale si trova sempre una capacità parassita, che limita dunque la banda passante,

come discusso nel paragrafo seguente; in termini quantistici, tenendo presente che gli stati di

energia non sono continui ma quantizzati sicché la formula (14), in particolare, non è esatta, ma

costituisce un’approssimazione dell’espressione più generale

(17) vv

4 1S

2exp 1

2

h R

h

kT

dove h = 6.63∙10-34

J/s è la costante di Planck. La (14) si ottiene dalla precedente espressione (17)

quando kT >> hω/2, cioè per T/f >> k/h ~ 2∙1010

K/Hz. A temperatura ambiente questa condizione

è soddisfatta fino a frequenze di 1012

Hz.

La tabella che segue rappresenta il rumore termico, a temperatura ambiente e alla

temperatura di ebollizione dell’elio a pressione ordinaria, espresso nelle unità usate comunemente,

per alcuni valori di resistenza. Il valore efficace del rumore in una banda f si ottiene moltiplicando

il valore dello spettro d’ampiezza per la radice quadrata della banda.

spettro di ampiezza della tensione di

rumore termico in unità di nV/Hz spettro di ampiezza della corrente di rumore

termico in unità di fA/Hz

resistenza 1 10 100 1 k 10 k 100 M 1 G 10 G 100 G 1 T

T = 293 K 0.127 0.402 1.27 4.02 12.71 12.7 4.02 1.27 0.402 0.127

T = 4.2 K 0.015 0.048 0.152 0.481 1.523 1.52 0.481 0.152 0.048 0.015

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4. Il teorema di Nyquist e la sua generalizzazione

Lo spettro di potenza della tensione di rumore termico a circuito aperto per un bipolo passivo di

impedenza Z(j) è data dal seguente teorema, dovuto a H. Nyquist, che si dimostra esprimendo

l’impedenza come somma delle sue parti reale e immaginaria, e attribuendo quindi l’effetto di

generazione del rumore alla parte reale:

(18) Svv() = 4kT Re[Z(j)]

Per lo spettro di potenza della corrente di rumore in cortocircuito si trova analogamente:

(18a) Sii() = 4kT Re[Y(j)]

Le relazioni precedenti sono valide per un bipolo (o una porta di una rete elettrica) qualsiasi purché

"strettamente passivo", cioè costituito esclusivamente da elementi passivi (R, L e C, induttori

accoppiati e trasformatori), e soltanto se gli elementi dissipativi si trovano tutti a una stessa

temperatura15

.

Utilizziamo il teorema di Nyquist (18) per calcolare il rumore termico del circuito costituito

dalla disposizione in parallelo di un resistore e di un condensatore. Dato che il bipolo ha impedenza

Z(j) = R/(1+jRC), lo spettro di potenza del rumore di tensione è

(19) 2 2 2

44 Re

1vv

kTRS kT Z j

R C

A questo stesso risultato, naturalmente, si arriva anche considerando separatamente il

resistore, a cui si attribuisce lo spettro 4kTR, e il condensatore, che non contribuisce al rumore, ma

esercita su di esso un’azione di filtraggio fra il resistore e i terminali del circuito con funzione di

trasferimento H(j) = 1/(1+jRC), e applicando poi il teorema (8).

Questa volta, come mostra la (19), la distribuzione spettrale del rumore non è uniforme e si

annulla a frequenza infinita. Dato che lo spettro non è costante con la frequenza, non si può

evidentemente usare la (13) per calcolare il valore quadratico medio della tensione di rumore del

bipolo. Questo si ottiene utilizzando la nozione di banda equivalente di rumore, oppure integrando

lo spettro (19) da 0 a per ottenere il valore dell'autocorrelazione per =0. Così procedendo si ha:

15

Altrimenti si dovranno considerare separatamente gli elementi dissipativi che costituiscono il bipolo, assegnare a

ciascuno di essi un generatore di rumore con spettro appropriato, determinare la funzione di trasferimento fra ciascun

generatore e i terminali del bipolo, applicare il teorema (8) per calcolarne il contributo allo spettro d’uscita e poi

sommare i singoli contributi.

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(21) 22 2 20 0

1 1 402 2 1n eff vv vv

kTR kTV R S d dR C C

in accordo con il principio di equipartizione dell'energia. Si trova infatti che l'energia media di

fluttuazione del condensatore è ½CVneff² = ½kT. E questo è un risultato generale, valido per

qualsiasi grado di libertà di un sistema fisico in equilibrio termodinamico.

La (21) mostra che il valore quadratico medio Vneff2 del rumore non dipende dal valore della

resistenza R. Da R dipende però la distribuzione spettrale del rumore, espressa dalla (19): al

crescere di R, in particolare, aumenta il valore dello spettro a bassa frequenza, ma si restringe la

regione in cui esso è approssimativamente bianco. La funzione di autocorrelazione, che si ottiene

antitrasformando lo spettro, segue la legge esponenziale ( figura a pag. 5): Rvv() =

(kT/C) exp(-||/RC), con costante di decadimento data dal prodotto RC, che qui assume il

significato di “tempo di correlazione”.

La relazione fondamentale che esiste fra rumore termico, dissipazioni e temperatura, non

riguarda soltanto i circuiti elettrici. In effetti il teorema di Nyquist è stato generalizzato da Callen e

Welton nel teorema fluttuazione-dissipazione16, che si applica a qualsiasi sistema fisico (meccanico,

termico, ecc.) purché lineare e stazionario, e dunque tale da ammettere una rappresentazione in

termini di impedenza, e purché passivo.

Consideriamo un oscillatore armonico meccanico smorzato, governato dall’equazione

( )mx x kx f t mx x kx f tmx x kx f tmx x kx f tmx x kx f tmx x kx f tmx x kx f t mx x kx f tmx x kx f tmx x kx f t mx x kx f tmx x kx f t , dove rappresenta l’attrito, cioè [ms + +k/s]sX(s) = F(s). L’impedenza

meccanica, definita come rapporto fra le trasformate della forza F(s) e della velocità sX(s), è allora:

ZM(s) = ms + + k/s

Ponendo poi s = j si ha: ZM(j) = (1 + jQ(/

dove 0 m è la pulsazione di risonanza e Q = mω0/β è il fattore di merito.

Applicando il teorema fluttuazione-dissipazione, lo spettro Sff() della forza di rumore termico

agente sull’oscillatore (forza di Langevin) si ricava dalla (18) analogamente al caso elettrico:

Sff() = 4kT Re[ZM(j)] = 4kT. Ciò consente, per esempio, di ricavare lo spettro di potenza della

velocità utilizzando il teorema (8):

S()= Sff()/|ZM(j)|2 = 4kT jQ(/.

16 H.B. Callen, T.A. Welton Irreversibility and generalized noise Physical Review, vol. 83, pp.34-30, 1951.

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5. Il rumore shot

Il primo studio sul rumore shot (in tedesco schrot) fu svolto da W. Schottky nel 1918

considerando le fluttuazioni della corrente nei tubi elettronici a vuoto (diodi, triodi, ecc.). Questo

tipo di rumore, infatti, si manifesta quando una corrente elettrica, cioè un flusso di portatori di

carica, attraversa una barriera di potenziale, come nei tubi a vuoto o nelle giunzioni p-n. Esso deriva

dalla natura discreta della carica elettrica e dall’indipendenza statistica dei singoli eventi di

attraversamento da parte di ciascuna carica elementare e per questo è chiamato anche rumore

granulare.

La corrente i(t) può essere rappresentata come un processo stocastico di Poisson con valor

medio I = qe, dove è la frequenza media di attraversamento della barriera e qe è la carica

dell’elettrone. Calcolando la funzione di autocorrelazione della corrente si ottiene:

(22) Rii() = qe2() +

qe

2

dove il primo termine rappresenta le fluttuazioni, il secondo il quadrato della corrente media (la

corrente continua) con intensità I = qe. Considerando soltanto le fluttuazioni e utilizzando la prima

relazione di Wiener-Kintchin (6), si ottiene lo spettro di potenza (unilatero) del rumore shot nella

forma:

(23) Sii() = 2qe2 =qe

Questo spettro è bianco perché è stato ricavato

nell’ipotesi che la corrente sia costituita da una

sequenza di funzioni delta di Dirac, ciascuna

corrispondente al passaggio istantaneo di una carica elementare, con autocorrelazione data

conseguentemente dalla (22). Ma se si tiene conto del tempo di transito delle cariche attraverso la

barriera di potenziale, rappresentandone il passaggio con un impulsetto di durata finita, e la formula

(22) viene modificata corrispondentemente, si trova che lo spettro tende a zero al crescere della

frequenza oltre l’inverso del tempo di transito.

E’ importante notare che quando il flusso della corrente viene regolarizzato in qualche modo

(per esempio, nei tubi a vuoto, da effetti di carica spaziale) allora il rumore shot diventa inferiore a

quello calcolato sopra, detto full shot noise, mentre la corrente continua resta evidentemente

costante. Deboli effetti di regolarizzazione sono frequenti; un caso estremo è quello del passaggio

della corrente attraverso un conduttore metallico, dove non si considera il rumore shot perché non si

spettro di ampiezza della corrente di rumore shot in

unità di fA/Hz per alcuni valori di corrente continua

1 pA 10 pA 100 pA 1 nA 10 nA

0.566 1.79 5.66 17.9 56.6

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manifesta apprezzabilmente; il motivo è che il moto degli elettroni è soggetto a correlazioni a

distanza che lo regolarizzano fortemente.

Quando si impiegano le formule precedenti nel calcolo del rumore shot nei dispositivi

elettronici occorre attenzione nell’attribuire il corretto valore all’intensità della corrente a cui è

associato il rumore in base alla (23). Consideriamo per esempio un diodo a giunzione, governato

dalla legge di Shockley I = Io(exp(V/VT - 1), polarizzato con V = 0. Applicando la legge precedente

si trova che in tale caso I = 0 e pertanto si potrebbe concludere pedissequamente che non si ha

rumore. E invece si deve notare che la corrente totale è nulla perché consiste nella differenza fra due

correnti che hanno uguale intensità Io ma sono dirette in versi opposti. Ma ciascuna di queste

produce indipendentemente rumore shot sicché lo spettro totale17

è Sii() =qe e il corrispondente

spettro di ampiezza è Sii() =(qe). Con Io=10 pA si avrebbe Sii() = 2.5 fA/Hz.

Considerazioni simili vanno fatte anche nel caso della corrente di perdita IG che attraversa la

porta di un transistore FET a giunzione, che a volte viene misurata (in continua) per stabilire il

rumore di corrente all’ingresso del dispositivo18

. Anche tale corrente ha origine dalla differenza di

correnti dirette in versi opposti sicché il rumore effettivo può risultare maggiore di quello calcolato

utilizzando il valore misurato di IG.

Notiamo infine che il rumore shot, in sostanza, rappresenta un effetto di “fluttuazione di

numero”, lo stesso che si manifesta nel conteggio di eventi casuali che seguono la statistica di

Poisson. Esso perciò è generalizzabile anche a sistemi fisici diversi da quelli elettrici.

6. Il rumore 1/f e altri tipi di rumore

Vi sono numerosi altri tipi di rumore, fra cui menzioniamo il rumore di “generazione e

ricombinazione”, che si verifica nei semiconduttori quando si crea una coppia elettrone libero-

lacuna (generazione) o quando un elettrone libero viene catturato da un atomo del reticolo

(ricombinazione), il rumore di “partizione”, che si verifica nei tubi a vuoto con più di due elettrodi

quando il flusso di elettroni proveniente dal catodo si suddivide per raggiungere due diversi

elettrodi, e il rumore associato al principio di indeterminazione, che menzioneremo nel paragrafo 8.

Vi è poi il cosiddetto rumore 1/f, chiamato anche rumore flicker (tremolio) oppure rumore

di eccesso (excess noise), che si manifesta con uno spettro di potenza che segue, su un’estesa

17

Si noti che allo stesso risultato si arriva considerando il rumore termico associato alla resistenza differenziale del

diodo, che nella condizione V = 0 vale rd = VT/Io. Si ha infatti, ricordando che VT = kT/qe: Sii( = 4kT/rd = 4Ioqe. 18

Questo metodo viene impiegato in alternativa alla misura diretta del rumore di corrente, che è assai delicata dato il

valore assai basso di tale grandezza rispetto alla sensibilità degli strumenti di misura.

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gamma di frequenze, una legge del tipo 1/f, dove è un parametro prossimo all’unità

(generalmente compreso fra 0.8 e 1.3), e quindi è un rumore “rosa”. Fluttuazioni con andamento

spettrale di questo tipo non si osservano soltanto nei dispositivi elettronici “attivi” e nei resistori

percorsi da corrente (cioè in condizioni di non equilibrio), ma anche in una estesissima varietà di

fenomeni19

. Fra questi, le fluttuazioni di frequenza dei campioni di frequenza, il rumore nelle

membrane biologiche, e le fluttuazioni dell’intensità del traffico sulle autostrade, delle piene del

fiume Nilo, dell’intensità dei suoni che costituiscono un brano musicale, dell’attività solare...

Non si dispone di una teoria generale del rumore 1/f, che ne giustifichi la presenza in ambiti

così diversi: l’ipotesi più accettata è che questo rumore sia la risposta a una eccitazione bianca e

gaussiana da parte di sistemi caratterizzati dalla presenza di un gran numero di costanti di tempo

con determinate caratteristiche. Un buon esempio a tale riguardo, dovuto a V. Radeka20

, è costituito

da una linea di trasmissione RC, che presenta impedenza caratteristica Zo(s) = 1/(sRC)1/2

, dove R e

C sono la resistenza e la capacità della linea per unità di lunghezza: se la linea è alimentata da

rumore di corrente con spettro bianco, lo spettro della tensione lungo la linea seguirà la legge 1/f.

Assumendo un modello con spettro di potenza 1/fα con α = 1, si osserva che la potenza del

rumore è la medesima in ogni decade di frequenza, con conseguente divergenza a bassa frequenza.

Per questi processi non è dunque possibile definire un valore quadratico medio. Per evitare la

divergenza lo spettro dovrebbe tendere a un valore finito quando la frequenza tende a zero; tuttavia,

in vari casi, le osservazioni sperimentali mostrano che, anche a frequenze molto basse, fino al limite

pratico determinato dall’inverso del tempo di osservazione, lo spettro mantiene l’andamento 1/f.

Rumore di tipo 1/f, in eccesso a quello termico (da cui la denominazione ricordata sopra), si

manifesta generalmente nei resistori percorsi da una corrente continua I, con spettro di ampiezza del

rumore di tensione descritto dalla legge empirica

(24) Svv(f) = mIR/f

dove il parametro m dipende dal materiale e dalla tecnologia costruttiva, che si interpreta in termini

di fluttuazioni relative della resistenza. I valori piú bassi di m, per cui l’eccesso 1/f è trascurabile

rispetto al rumore termico, si hanno per i resistori a filo metallico; valori più elevati si hanno,

19

A Bibliography on 1/f Noise http://www.nslij-genetics.org/wli/1fnoise/index-by-category.html

W.R. Press Flicker Noises in Astronomy and Elsewhere Comments Astrophys, vol. 7, n. 4, pp, 103-119

http://www.nr.com/whp/Flicker_Noise_1978.pdf

M. Gardner Musica bianca, musica scura, curve fratte e fluttuazioni uno-su-effe Le Scienze, n.120, agosto 1978.

E. Milotti Il rumore 1/f Le Scienze, n.334, pp. 74-79, giugno 1996. 20

V. Radeka 1/f Noise in Physical Measurements IEEE Trans. Nucl. Sci., vol. NS-16, pp.17-35, ottobre 1969.

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nell’ordine, per i resistori a strato metallico, per quelli a carbone e per quelli a impasto o a

composizione (m ~ 10-610

-7), indicando una palese dipendenza dal grado di disuniformità del

materiale. In alternativa, il rumore dei resistori si caratterizza con l’indice di rumore (noise index) in

termini di Veff di rumore in una decade di frequenza per volt in continua ai capi del resistore: per

un resistore a impasto questa grandezza ha valori tipicamente compresi fra 0.3 e 3 Veff/IR.

Figura – Spettro d’ampiezza del rumore di tensione di un

resistore, in unità di dB rispetto al rumore termico.

La figura rappresenta lo spettro d’ampiezza del

rumore di tensione di un resistore: il contributo 1/f

prevale fino alla frequenza d’incrocio oltre la quale

domina invece il rumore termico.

Esercizio. Calcolare il rumore 1/f nel caso in cui un resistore

di resistenza R attraversato da una corrente continua I venga sostituito con n resistori di resistenza R/n, se il rumore 1/f

dei resistori segue la legge (24).

Andamento analogo presenta generalmente il rumore di tensione e di corrente dei transistori

e degli amplificatori, il cui spettro di potenza viene per questo espresso di solito nella forma:

(25) S(f = Sbianco(1 +f0/f)

dove f0 è la frequenza d’incrocio del rumore 1/f. I valori della frequenza d’incrocio sono

generalmente compresi fra 1 Hz e 1 MHz, a seconda del tipo di dispositivo.

Le tecniche per ridurre le fluttuazioni basate su medie temporali, che sono efficaci nel caso

di rumore con andamento spettrale bianco o approssimativamente tale, sono di scarsa utilità nel

caso del rumore 1/f. Ciò si dimostra facilmente calcolando il valore quadratico medio del rumore

all’uscita di un filtro passabanda in funzione della frequenza limite inferiore fT , corrispondente al

tempo d’integrazione, cioè integrando uno spettro 1/f fra fT e un limite superiore fisso fM. Si capisce

allora che il rumore 1/f, praticamente onnipresente, costituisce generalmente il limite alla sensibilità

delle misure alle frequenze più basse. E per questo, quando è possibile, si cerca di spostare i segnali

utili dalla continua a frequenze dove il contributo 1/f della strumentazione di misura sia minore.

Menzioniamo infine un altro tipo di rumore, il rumore di quantizzazione, dovuto appunto

all'incertezza introdotta dalla quantizzazione in ampiezza di un segnale. Per esempio quando esso

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viene convertito dalla forma analogica a quella digitale utilizzando, di necessità, un numero finito di

bit. Chiamando q il quanto di conversione, che nel caso di un convertitore a n bit con dinamica

d’ingresso fra 0 e VM vale q = VM/(2n-1), osserviamo che un campione digitale di valore V può

provenire da un campione analogico avente qualsiasi valore nell’intervallo V-q/2, V+q/2. L’effetto

della quantizzazione, pertanto, è equivalente a un rumore additivo a media nulla con densità di

probabilità uniforme fra –q/2 e +q/2. A un rumore siffatto compete deviazione standard = q/12

0.289 q. E quindi il valore quadratico medio del rumore di quantizzazione è

(26) 2 = q

2/12

Come si combatte questo tipo di rumore? Sommando del rumore al segnale, campionando a

velocità decisamente più elevata e poi mediando opportunamente (con numero di bit maggiore di n)

i campioni digitali d’uscita. Ma perché questa tecnica funziona?

Esercizio. Il foglio tecnico dell’amplificatore AD8510 fornisce i seguenti valori tipici del rumore di tensione:

34 nV/Hz a 10 Hz, 12 nV/Hz a 100 Hz, 8 nV/Hz a 1 kHz, 7.6 nV/Hz a 10 kHz. Ricavate graficamente la frequenza

d’incrocio f0 del rumore.

Esercizio. Il rapporto segnale/rumore di un convertitore A/D. Ricavate una espressione per il rapporto

segnale/rumore, espresso in unità di decibel, di un convertitore analogico-digitale in funzione del numero n di bit,

considerando il rapporto fra il valore efficace della sinusoide di massima ampiezza che rientra nella dinamica del

convertitore e il valore efficace del rumore di quantizzazione.

7. Rappresentazione del rumore nelle reti elettriche.

Se la rete elettrica è costituita da elementi strettamente passivi, che si trovano tutti alla stessa

temperatura e che non manifestano eccessi di rumore, il calcolo del rumore a una sua porta può farsi

in modo immediato, come già detto, impiegando il teorema di Nyquist (18). Nel caso più generale,

invece, si dovrà assegnare a ogni elemento rumoroso il generatore di rumore che gli compete, per

esempio di tensione con spettro Sk(), stabilire le funzioni di trasferimento Hk(j) fra ciascun

elemento e la porta e calcolare infine lo spettro totale nella forma21

:

(27) S() = k Sk()|Hk(j)|2

A questo punto si può applicare il teorema di Nyquist per individuare la temperatura equivalente

della rete, attribuendo il rumore calcolato sopra (o misurato) a rumore Johnson di opportuna

temperatura. Se l’impedenza della porta è Z(j), questa temperatura è

21

In tal caso ammettendo che tutti i generatori di rumore siano scorrelati fra loro.

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(28) 4 Re

EQ

ST

k Z j

E’ importante osservare che la temperatura equivalente a una porta di una rete può essere minore

della temperatura termodinamica a cui questa si trova effettivamente. Ciò può verificarsi, come

vedremo nell’Esempio 2 a pag. 20, in presenza di reazione negativa.

Nel seguito ci occupiamo della caratterizzazione esterna delle

reti elettriche, considerando sia bipoli che reti a due porte.

La tensione v(t) ai terminali di un bipolo nel quale vi siano

sorgenti di rumore additivo è data dalla somma della tensione che si

avrebbe in assenza di rumore e di quella di un opportuno generatore di

tensione vn(t) che ne rappresenta complessivamente il rumore. Ne

consegue che un bipolo rumoroso può essere rappresentato con la

disposizione in serie del bipolo privo di rumore con il generatore equivalente vn(t). Utilizzando il

teorema di Norton, si ottiene una rappresentazione equivalente in termini di un bipolo non rumoroso

disposto in parallelo a un generatore di corrente di rumore in(t)={z(t)}-1

vn(t), dove z(t) è l’operatore

caratteristico del bipolo.

Questi generatori di rumore saranno specificati mediante i relativi spettri di potenza o di

ampiezza. Nel seguito indicheremo gli spettri di ampiezza con simboli maiuscoli, come nella figura

precedente, considerandoli, per comodità, come se si trattasse di grandezze sinusoidali rappresentate

nel dominio della frequenza. Precisando tuttavia, quando è necessario, i limiti di validità di questa

rappresentazione.

Nel caso delle reti a due porte, rappresentate da due equazioni, è necessario considerare due

generatori di rumore, specificando separatamente due spettri di rumore e l’eventuale correlazione

esistente fra essi. Secondo la teoria dei processi stocastici ciò richiede in generale di specificare

quattro funzioni della frequenza: due spettri reali e la parte reale e quella immaginaria dello spettro

incrociato, definito come antitrasformata di Fourier della funzione di correlazione incrociata

Rxy() = E{x(t+y(t)} fra le due grandezze.

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La rappresentazione usuale22

del rumore di una rete rumorosa consiste nel riportare il

rumore in ingresso, impiegando un generatore di tensione in serie alla porta d’ingresso della rete

(rumore serie) e un generatore di corrente in parallelo (rumore parallelo), come mostrato nella

figura a pagina precedente.

Con questo modello il calcolo dello spettro totale di rumore totale St( all’ingresso della

rete non rumorosa è particolarmente agevole. Se la porta d’ingresso della rete è terminata su

un’impedenza di sorgente Zs=Rs+jXs,

considerando il rumore termico della

sorgente, trascurando la correlazione fra i

generatori e applicando al solito il teorema

(8), si ottiene23

:

(29) St(4kTRs + Vn2() + In

2()|Zs(j)|

2

Conoscendo la funzione di trasferimento fra la porta d’ingresso e quella d’uscita, si potrà poi

calcolare lo spettro del rumore all’uscita della rete.

La forma della (29) mostra che si possono generalmente distinguere tre diverse regioni di

funzionamento al crescere del modulo dell’impedenza della sorgente. Per bassi valori di |Zs| domina

il rumore di tensione, poi interviene il rumore termico della sorgente e infine domina l’effetto del

rumore di corrente.

E’ importante osservare che la corrente di rumore In attraversa la sorgente “riscaldandola”.

Questo effetto è particolarmente vistoso nel caso di una sorgente di alta impedenza, in particolare

per una sorgente risonante ad alto Q.

22

Non è detto però che questa sia la rappresentazione migliore ai fini del calcolo del rumore. La rappresentazione più

conveniente sotto questo punto di vista è infatti quella nella quale i due generatori di rumore non sono correlati o

presentano minima correlazione. Nel caso dei dispositivi elettronici, ciò dipende dalla fisica del dispositivo. Ad

esempio, i due generatori di rumore di tensione e di corrente in ingresso potrebbero essere correlati fra loro, ma non così

due generatori di corrente disposti in parallelo alle due porte.

23

In questo calcolo si è supposta infinita l’impedenza della porta d’ingresso della rete. In realtà questa non sarà infinita

e quindi introdurrà un fattore di attenuazione. Ma questo sarà il medesimo, a ogni frequenza, per tutti i contributi al

rumore come pure per l’eventuale segnale proveniente dalla sorgente, lasciando quindi invariato il rapporto SNR

spettrale.

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Esempio 1. L’effetto di “riscaldamento” di una sorgente ad alto Q da parte del rumore di

corrente di un amplificatore.

Consideriamo un circuito risonante RLC parallelo che si trova a T = 4.2 K (la temperatura di

ebollizione dell’elio a pressione ordinaria), rappresentandone il rumore termico con un generatore

di corrente disposto in parallelo con spettro di potenza Sii = 4kT/R. Lo spettro della tensione ai capi

del circuito sarà evidentemente Svv() = Sii |Z(j)|2 , con andamento risonante e valor massimo, alla

frequenza di risonanza: Svv(o) = 4kTR. Quando questo circuito, per esempio per osservarne il

rumore, viene collegato a un amplificatore, esso sarà attraversato dalla corrente di rumore con

spettro In2, che supponiamo bianco, almeno localmente. Alla risonanza, ora, lo spettro del rumore di

tensione ai terminali del circuito sarà: Svv(o) = (4kT/R + In2)R

2 = 4kTEQR, dove TEQ = T + In

2R/4k.

Se In = 50 fA/Hz e R = 100 k si ha TEQ = 4.2 + 4,5 = 8.7 K.

Esempio 2. Un resistore “freddo” ottenuto mediante la controreazione24

.

Consideriamo il rumore alla porta della rete attiva in

figura, costituita da un amplificatore invertente di

guadagno A controreazionato con un resistore RF. Qui la

resistenza, applicando il teorema di Miller e trascurando

l’impedenza d’ingresso dell’amplificatore è: R =

RF/(1+A). Lo spettro del rumore alla porta si ottiene

considerando separatamente, e poi sommandoli, i contributi dei tre generatori di rumore in figura:

Svv = 4kTRF/(1+A)2 + A

2Vn

2/(1+A)

2 + RF

2In

2/(1+A)

2

La temperatura equivalente della rete, impiegando la (28), è:

TE Q = Svv/4kR = T/(1+A) + (A2Vn

2/RF + RFIn

2)/(4k(1+A))

Esercizio 1. Analizzate il circuito in figura per ricavare l’espressione dello spettro Svv data sopra.

Esercizio 2. Calcolate il valore del resistore di reazione che rende minima la temperatura equivalente della rete alla

porta d’ingresso e ricavate una espressione per tale grandezza.

24

M.J.Buckingham, E.A. Faulkner The principles of pulse signal recovery from gravitational antennas Radio

Electronic Engineer, vol. 42, pp. 163-171, aprile 1972.

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8. Fattore di rumore e temperatura di rumore

Le prestazioni di rumore delle reti a due porte, e in particolare degli amplificatori, vengono spesso

caratterizzate in base al rapporto F fra lo spettro del rumore totale e quello del rumore termico della

sorgente, chiamato fattore di rumore (noise factor), grandezza evidentemente dipendente dalla

frequenza. In tale definizione, naturalmente, occorre assegnare alla sorgente una data temperatura25

,

che per convenzione si sceglie pari a T=290 K. Si noti inoltre che questa definizione non ha senso

nel caso di una sorgente con impedenza zero oppure puramente reattiva. Utilizzando la (29) si ha:

(30) F = St(4kTRs = 1 + Vn2()/4kTRs + In

2()|Zs(j)|

2/4kTRs

che quando la sorgente è puramente resistiva assume la forma

(31) F = 1 + Vn2()/4kTRs + In

2()Rs/4kT.

Per quanto sopra il fattore di rumore ha valore unitario per un amplificatore privo di rumore e valori

via via crescenti al crescere della sua rumorosità. Più spesso si utilizza in pratica la figura di

rumore (noise figure) NF, cioè il fattore di rumore espresso in decibel:

(32) NF = 10 log10 F

Oltre che come misura dell’incremento del rumore introdotto dalla rete, rispetto al rumore

termico della sorgente, il fattore di rumore, in presenza di un segnale con spettro dato, si può anche

interpretare come rapporto fra il rapporto SNR alla sorgente, dove interviene soltanto il suo rumore

termico, e quello all’uscita della rete rumorosa. Naturalmente si tratta di rapporti spettrali, a

differenza di quello definito dalla (1).

La formula (30) mostra che per bassi valori dell’impedenza di sorgente il fattore di rumore è

dominato dall’effetto del rumore di tensione, per alti valori di Zs da quello del rumore di corrente, e

che in una regione intermedia si ha un minimo. Ricercando il minimo rispetto all’impedenza della

sorgente, cioè uguagliando a zero le derivate del fattore di rumore rispetto a Rs e a Xs, si trovano le

seguenti condizioni :

(33) Rs0 = Rn = (Vn2()/In

2())

1/2 ; Xs0 = 0

25

Ovvia, ma indesiderabile, conseguenza di questa definizione è che essa perde significato quando la sorgente si trova

a temperatura diversa da 290 K. Si definisce anche un fattore di rumore “operativo” in cui come temperatura di

riferimento si considera quella effettiva della sorgente; ma in tal caso un dato amplificatore, con date caratteristiche di

rumore, presenterà valori diversi del fattore di rumore a seconda della temperatura della sorgente.

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Queste costituiscono una particolare condizione di adattamento (noise matching) che non è sempre

facile realizzare in pratica26

. Si noti che la resistenza ottima coincide con il rapporto Rn, chiamato

resistenza di rumore, fra gli spettri di ampiezza del rumore di tensione e del rumore di corrente

della rete. Il fattore di rumore minimo si ottiene sostituendo le condizioni (33) nella (30):

(34) Fmin = 1 + (Vn2()In

2())

1/2/2kT

La figura seguente mostra che quando il fattore di rumore minimo è relativamente alto, cioè

alquanto maggiore dell’unità, il minimo rispetto a Rs è piuttosto pronunciato, mentre quando è

relativamente basso, cioè poco maggiore dell’unità, esso mantiene approssimativamente questo

valore per un esteso intervallo dei valori della resistenza di sorgente. 100 1 10

31 10

41 10

51 10

61 10

71 10

81 10

91 10

100

10

20

Fs

1

FFs

Rs

100 1 103

1 104

1 105

1 106

1 107

1 108

1 109

1 1010

0

3

6

9

12

NFs

NFFs

Rs

Per esempio, nel caso rappresentato dalla curva in basso nella figura sopra, questo intervallo

si estende da poco meno di 10 k fino oltre 100 M, avendo fissato a 3 dB i valori massimi

accettabili per la figura di rumore. Una situazione di questo tipo è certamente vantaggiosa nel caso

di uno strumento di impiego generale. Per caratterizzare il rumore di questi strumenti, tenendo

presente che il fattore di rumore definito dalla (30) dipende dalla frequenza, si utilizzano di solito i

cosiddetti contorni di rumore (noise contours) che rappresentano nel piano frequenza, resistenza di

sorgente le curve costituite dai punti per cui la figura di rumore è costante.

Ma spesso si preferisce svincolare la rappresentazione del rumore di un circuito dalle

caratteristiche della sorgente e dal valore della temperatura a cui questa si trova. A questo scopo si

utilizza una grandezza fisicamente molto significativa, chiamata temperatura di rumore (noise

temperature) Tn, che esprime in unità di kelvin l’energia di fluttuazione all’ingresso del circuito,

tipicamente all’ingresso di un dispositivo o di un amplificatore. La temperatura di rumore è legata

come segue al prodotto degli spettri di rumore:

26

Sia i trasformatori sia i componenti reattivi reali presentano infatti dissipazioni che costituiscono ulteriori sorgenti di

rumore termico. A radiofrequenza, d’altra parte, l’adattamento può essere realizzato con uno spezzone di linea di

trasmissione, ma soltanto a banda stretta.

Grafico delle figura di rumore, in

unità di decibel, in funzione della

resistenza di sorgente.

In basso per Vn = 10 nV/Hz e

In = 10 fA/Hz (Tn = 3.6 K).

In alto per Vn = 100 nV/Hz e

In = 100 fA/Hz (Tn = 360 K).

In entrambi i casi la resistenza

ottima è Rs0 = Rn = 1 M.

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(35) 2 2

nT2

n nV I

k

cioè, esprimendo gli spettri di ampiezza nelle unità pratiche usuali (nV/Hz e fA/Hz):

(36) Tn = 36.2 Vn In millikelvin

Questa grandezza può essere interpretata anche come la temperatura a cui va portata la sorgente,

quando siano verificate le condizioni di adattamento (33), perché lo spettro del rumore totale si

raddoppi rispetto al caso in cui la sorgente si trova allo zero assoluto.

Sostituendo la definizione di temperatura di rumore nell’espressione del fattore di rumore

minimo (34), si ricava la seguente relazione fra le due grandezze:

(37) Fmin = 1 + Tn/T

dove ricordiamo che T = 290 K è la temperatura di riferimento usata nella definizione del fattore di

rumore.

La temperatura di rumore non può mai annullarsi a causa delle incertezze fondamentali

riconducibili al principio di indeterminazione di W. Heisenberg. Il limite inferiore per questa

grandezza, all’incirca pari all’energia di un fotone, è stato trovato da H. Heffner27

:

(38) minTln 2

h f

k

E quindi il limite di Heffner dipende dalla frequenza f: a 1 kHz si ha Tmin = 6.93∙10-8

K.

Notiamo tuttavia che quanto detto finora riguarda gli amplificatori lineari, ma non altri

schemi, i quali consentono di ottenere amplificazione con rumore inferiore al limite quantistico.

Amplificazione idealmente senza rumore è fornita dagli amplificatori parametrici, in particolare

dagli up converters nei quali la frequenza del segnale viene convertita, in uscita, in una più elevata,

grazie all’interazione con un’onda di alimentazione (segnale di “pompa”) a frequenza fissa in un

elemento non lineare (e non dissipativo, per evitare fluttuazioni addizionali). Qui, ragionando in

termini di fotoni, il loro numero resta invariato, ma aumenta la loro energia grazie alla conversione

a una frequenza più alta, senza violare quindi il principio di indeterminazione. Altri schemi di

amplificazione, chiamati ad evasione quantistica (quantum evading), aggirano i vincoli posti dal

27

H. Heffner The fundamental noise limit of linear amplifier Proc. IRE, vol. 70, pp. 1604-1608, 1962.

Si noti che il limite di Heffner riguarda gli amplificatori lineari, ma non le tecniche di “evasione quantistica” che

consentono di eseguire misure estremamente precise di un grandezza a spese di una maggiore incertezza sulla

corrispondente grandezza coniugata.

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principio d’indeterminazione consentendo di eseguire misure estremamente precise di un grandezza

a spese di una maggiore incertezza sulla grandezza coniugata (per esempio, l’energia e il tempo).

La caratterizzazione del rumore dei circuiti può essere orientata alla misura di una

particolare grandezza fisica. Un caso particolare è costituito dai cosiddetti amplificatori di carica,

cioè gli amplificatori con reazione capacitiva ( Appendice A, §5), che sono usati per misurare, in

regime impulsivo28

, la quantità di carica elettrica rilasciata da un trasduttore che presenta impedenza

di natura essenzialmente capacitiva. In questi strumenti il rumore viene infatti caratterizzato in

termini del valore efficace della carica equivalente al loro ingresso dovuta al rumore, chiamata

equivalent noise charge ENC. Un impiego tipico degli amplificatori di carica consiste nel misurare

la carica generata da un rivelatore a giunzione, che è proporzionale all’energia persa da una

particella ionizzante quando attraversa la regione attiva del rivelatore.

Il sistema di misura della carica consiste nell’amplificatore di carica, che ha il compito di

integrare l’impulso di corrente d’ingresso, molto breve (alcuni nanosecondi), che rappresentiamo

con i(t) = Q(t), producendo un gradino di tensione proporzionale alla carica, e in un circuito

formatore (shaper). Quest’ultimo provvede a trasformare il fronte del gradino in un impulso di

tensione con durata di solito dell’ordine dei microsecondi (allo scopo di evitare la sovrapposizione

fra le risposte prodotte da impulsi d’ingresso che si susseguono a breve distanza, e quindi poter

misurare correttamente la carica associata a ciascun evento).

Il generatore di rumore In congloba tutto il

rumore di corrente nel nodo d’ingresso

(rumore shot del rivelatore, rumore

dell’amplificatore, ...)

Chiamiamo ora Ct la somma della

capacità del rivelatore, della capacità d’ingresso dell’amplificatore e di tutte le capacità parassite

(incluse quelle del cavo di collegamento fra rivelatore e amplificatore), CF la capacità di reazione e

C la capacità totale del nodo d’ingresso, (C = Ct + CF). Se il guadagno A dell’amplificatore è

molto maggiore dell'unità e la capacità Miller (ACF) è molto maggiore di Ct, allora la risposta al

segnale all’uscita dell’amplificatore di carica è un gradino di tensione di ampiezza Q/CF.

28

Non lavorano in regime impulsivo gli amplificatori di carica utilizzati nella misura delle vibrazioni meccaniche,

perchè la loro funzione è quella di convertire in una tensione la carica elettrica, funzione del tempo, generata da un

trasduttore piezoelettrico in risposta alle vibrazioni a cui è soggetto.

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Calcolando l’uscita del formatore, con funzione di trasferimento è H(s) = s/(1+s)2, si trova un

impulso di ampiezza Q/eCF (dove e = 2.718...).

Lo spettro del rumore all’uscita dell’amplificatore (conglobando in In2 qualsiasi altro

contributo al runore di corrente) è

S() = In2/

2CF

2 + Vn

2C

2/CF

2

Il corrispondente valore quadratico medio Vn eff2 all’uscita del formatore si calcola utilizzando il

metodo della banda equivalente di rumore trattato nel paragrafo 2, applicandolo separatamente ai

due contributi dello spettro (a cui competono due diverse funzioni di trasferimento). Si ottiene così:

Vn eff2 = (1/8CF

2)[In

2 + Vn

2C

2/]

che al variare di τ presenta il minimo

Vn eff2 = (Vn

2In

2C)/ (4CF

2) per = C (Vn

2/In

2)1/2

= CRn.

Imponendo l’uguaglianza, all’uscita del formatore, del valore efficace Vn eff del rumore e

dell’ampiezza Q/eCF del segnale, si ricava la seguente espressione per la carica equivalente di

rumore in ingresso:

(39) e

ENC = e2 2

nn n

C k TCV I

che ne evidenza la dipendenza dalle capacità del circuito e dalla temperatura di rumore

dell'amplificatore. La carica ENC può essere espressa in unità di carica elementare, dividendola per

qe, oppure in energia, ricordando che la rottura di un legame covalente nel silicio richiede circa 3,6

eV.

9. Cenni sul rumore dei dispositivi29

Tutti i dispositivi a giunzione pn sono evidentemente soggetti a rumore shot in relazione alle

correnti che ne attraversano le giunzioni. Allo stesso modo tutti i dispositivi nei quali sia presente

una resistenza sono soggetti a rumore termico.

In generale gli spettri di rumore dei dispositivi elettronici sono approssimativamente costanti

in una regione di frequenza che è più o meno estesa a seconda del tipo di dispositivo, con

29

C.D. Motchenbacher, J.A. Connelly Low-Noise Elctronic System Design, J.Wiley&Sons, 1993

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particolare riguardo alle tecnologie realizzative30

. In questa regione il rumore è dominato dagli

effetti fondamentali anzidetti; a frequenze inferiori si manifesta l’eccesso 1/f; a frequenze superiori

il rumore riportato in ingresso tende ad aumentare sia a causa di accoppiamenti capacitivi sia per

l’inevitabile riduzione del guadagno, e si manifestano inoltre effetti di correlazione fra gli spettri di

rumore di tensione e di corrente.

Nel caso dei transistori a giunzione, nella connessione a emettitore comune, l’effetto shot si

manifesta indipendentemente all’ingresso (corrente di base IB) e all’uscita (corrente di collettore IC)

e si può rappresentare pertanto con due generatori di rumore di corrente disposti rispettivamente fra

base ed emettitore e fra collettore ed emettitore. Si deve poi considerare il rumore termico della

resistenza di base rbb’, che si rappresenta con un generatore di rumore di tensione disposto in serie

alla base.

Volendo rappresentare il rumore nella forma standard introdotta nel §7, occorre riportare in

ingresso il rumore shot d’uscita, dividendolo per la transconduttanza del dispositivo: gm 1/re, dove

re VT/IC = kT/qeIC è la resistenza dinamica della giunzione base-emettitore. Gli spettri di potenza

dei due generatori in ingresso sono pertanto:

(40) In2 = 2qeIB

(41) Vn2 = 4kTrbb’ + 2qeIC/gm

2 = 4kTrbb’ + 2k

2T

2/qeIC

dove il contributo shot allo spettro di tensione, inversamente proporzionale a IC, domina a basse

correnti di collettore mentre a correnti più elevate (IC > kT/2qerbb’) domina il contributo termico di

rbb’. Si noti però che le espressioni date sopra forniscono soltanto dei limiti inferiori per il rumore,

dato che in pratica esso è soggetto anche a contributi di tipo 1/f (fra cui l’effetto della corrente di

base che attraversa la resistenza rbb’).

Nel caso dei transistori FET a giunzione31

, il rumore shot all’ingresso è assai minore rispetto

ai BJT, dato che riguarda la corrente IG di una giunzione polarizzata inversamente (sia pure con le

cautele menzionate a pag. 14). Il rumore termico del canale, che si manifesta all’uscita del

dispositivo con spettro di potenza dato approssimativamente32

da 4kT(2gm/3), può essere riportato

30

Queste tecnologie possono essere diverse anche per dispositivi con la stessa sigla, ma che per esempio provengono

da costruttori diversi.

31

P. Rako Your friend, the JFET http://www.edn.com/blog/Anablog/35759-Your_friend_the_JFET_.php

32

Il fattore 2/3 deriva dalla natura distribuita del canale dei dispositivi a effetto di campo.

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G. V. Pallottino – Maggio 2011 Appunti di Elettronica - Parte IX pag. 27

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in ingresso, anche in questo caso dividendolo per la transconduttanza del dispositivo. Gli spettri di

potenza dei due generatori in ingresso sono pertanto:

(42) In2 = 2qeIG

(43) Vn2 = 4kT (2/3gm)

dove si ricorda che la transconduttanza aumenta con la corrente di polarizzazione di drain

proporzionalmente a ID e si nota che al rumore di corrente, al di sopra di una frequenza

tipicamente dell’ordine di 10 kHz, va aggiunto un contributo (dovuto all’accoppiamento capacitivo

fra drain e gate) che presenta correlazione con il rumore di tensione. In questi dispositivi l’eccesso

1/f si manifesta nel rumore di tensione, con frequenze d’incrocio tipicamente fra 1 e 100 Hz, mentre

è generalmente trascurabile nel rumore di corrente. Quest’ultimo, peraltro, dipende assai

vivacemente dalla temperatura. Si noti anche che nei transistori MOS il rumore 1/f domina fino a

frequenze relativamente elevate (100 kHz – 1 MHz), tanto maggiori quando minori sono le

dimensioni della regione attiva dei dispositivi.

Le prestazioni di rumore dei dispositivi possono essere migliorate raffreddandoli: in tal

modo, naturalmente, si riduce il rumore di origine termica ma non il rumore shot, se non

indirettamente. La tecnica del raffreddamento, in effetti, presenta scarsa utilità nel caso dei

transistori bipolari, perché il guadagno di corrente diminuisce abbastanza rapidamente al calare

della temperatura. Più vantaggiosa si presenta invece questa tecnica nel caso dei FET. Riducendone

la temperatura, infatti, non solo diminuisce il rumore termico del canale ma si ha anche un aumento

della mobilità dei portatori e quindi della transconduttanza, con una corrispondente riduzione del

rumore. E diminuisce anche il rumore shot associato alla corrente di gate, perché questa corrente si

riduce fortemente al diminuire della temperatura. Per questi dispositivi si ha una condizione di

ottimo attorno a 120-150 K.

Dato che nelle due famiglie di dispositivi le tensioni di rumore sono dello stesso ordine di

grandezza, ma nei FET le correnti di rumore sono assai minori, ne consegue che questi ultimi

presentano le temperature di rumore più basse e le resistenze di sorgente ottimali più alte, come

mostrato nella tabella qui sotto.

Notiamo infine che per ottenere prestazioni di rumore decisamente migliori rispetto a quelle

dei dispositivi usuali occorre fare ricorso ai dispositivi elettronici superconduttori basati sull’effetto

Josephson. Gli SQUID a radiofrequenza (rf SQUID), in particolare hanno temperature di rumore

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attorno a 10-3

K, mentre gli SQUID in continua (dc SQUID) consentono di arrivare fino a 10-510

-6

K.

Valori indicativi approssimati del rumore a 1 kHz di alcuni dispositivi elettronici

Dispositivo spettro d’ampiezza del

rumore di tensione

[nV/Hz]

spettro d’ampiezza del

rumore di corrente

[fA/Hz]

Temperatura

di rumore

[K]

Resistenza

di rumore

[]

BJT, IC=0.2 mA 1.8 1000 65 1.8 k

BJT, IC=1 A 14 50 25 300 k

LM394, IC=1 A

BJT superbeta 2.5 160 15 15 k

FET 4 10 1.5 400 k

FET a basso rumore 0.6 2 0.043 300 k

FET raffreddato 0.9 0.5 0.015 2 M

ampl. op. 741 30 300 320 100 k

ampl. op. OP-27 3 300 33 10 k

ampl. op. OPA-111 6 0.4 0.09 15000

ampl. EL2125 0.83 2400 72 350

9. Cenni sulla progettazione a basso rumore.

I criteri generali per la progettazione di amplificatori a basso rumore consistono innanzitutto nella

scelta del dispositivo amplificatore d'ingresso più adatto all’applicazione considerata, definita dalla

regione di frequenza di interesse e dal valore dell’impedenza della sorgente del segnale, e poi

nell’adozione di scelte circuitali mirate a degradare il meno possibile le prestazioni di rumore del

dispositivo. Un indice assai efficace della qualità di un progetto è infatti il rapporto fra la

temperatura di rumore del dispositivo e quella complessiva del circuito.

Ciò significa in primo luogo assegnare allo stadio d’ingresso un guadagno tale da poter

trascurare il rumore degli stadi successivi. In secondo luogo è necessario curare con estrema

attenzione il circuito d’ingresso, nella scelta dei valori e dei tipi di componenti, analizzando per

ciascuno il contributo al rumore totale. Particolarmente insidiosa a tale proposito può risultare la

scelta dei condensatori.

Esercizio. Il contributo di rumore di un condensatore. All’ingresso di un amplificatore con rumore di tensione di 1

nV/Hz viene disposto in serie un condensatore da 10 nF con tang = 10-3

. Calcolate il rumore di tensione complessivo

Vn del circuito alla frequenza di 100 Hz.

Nel caso di sorgenti di impedenza relativamente bassa (approssimativamente fino a 10 k),

nel circuito si potrà utilizzare un transistore bipolare, polarizzato a correnti tali da rendere

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trascurabile l’effetto shot dovuto alla corrente di collettore e scelto fra i dispositivi che presentano

basso valore di rbb’.

Nel caso di impedenze di sorgente più elevate converrà invece utilizzare un transistore a

effetto di campo. Per ottenere un basso valore del rumore di tensione si sceglierà un dispositivo con

elevata transconduttanza, polarizzandolo a corrente di drain prossima a quella di saturazione (IDSS),

ma con basso valore di caduta VDS, in modo da ridurre la dissipazione di potenza e quindi il

riscaldamento del FET, che presenta, per quanto detto sopra, varie conseguenze negative ai fini del

rumore. Per ottenere un basso valore del rumore di corrente si sceglierà un FET con basso valore di

IG, ma occorrerà attenzione al resistore di polarizzazione della porta, che dovrà presentare un

elevato valore di resistenza effettiva alle frequenze di interesse anche tenendo conto dell’effetto

Boella ( parte II, pag. 15).

Poichè, in generale, l’impedenza della sorgente di segnale è data a priori, può darsi che si

ponga il problema di realizzare il corretto adattamento d’impedenza fra la sorgente e la resistenza di

rumore del dispositivo prescelto, più precisamente quella dello stadio d’ingresso. I trasformatori

offrono grande flessibilità di adattamento, ma limitano la banda, introducono a loro volta rumore e

possono anche creare problemi di captazione di disturbi. In alternativa, quando è possibile, conviene

utilizzare la tecnica di Faulker, che è meno flessibile ma fornisce ottime prestazioni.

In alternativa all’impiego di un trasformatore, una soluzione spesso adottata per ridurre il

rumore di tensione (tecnica di Faulkner) consiste nel disporre in parallelo N dispositivi. Si dimostra

facilmente che se questi hanno tutti lo stesso rumore di tensione Vn e di corrente In, e la stessa

transconduttanza, il rumore di tensione complessivo è Vn/N e il rumore di corrente è InN,

mantenendo quindi costante il valore della temperatura di rumore, ma alterando, in modo simile a

un trasformatore, il valore dell’impedenza di rumore. C’è, tuttavia, un prezzo da pagare: la capacità

d’ingresso vista dalla sorgente aumenta corrispondentemente, come del resto usando un

trasformatore in salita