Il Riso di Sibari

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La riseria MAGISA S.r.l. è una giovanissima realtà imprenditoriale della

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zione.

Nata nel 2004, è divenuta operante nel 2006, per volontà di 5 uomini che

hanno interessi diversi nella coltivazione del riso (coltivatori, tecnici, pro-

prietari di risaie), ma accomunati dalla ferrea volontà di voler, a tutti i costi,

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L’obiettivo è molto semplice: esaltare le qualità organolettiche del riso

prodotto nella Piana di Sibari, attraverso un sistema di lavorazione del tutto

artigianale per mantenere quelle che sono le tradizioni della lavorazione

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nutritive del prodotto.

Il Territorio

In Calabria la coltivazione del riso della Piana di Sibari si estende su una

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l’impianto delle risaie, in questa zona, si sposa perfettamente con

l’equilibrio pedologico locale. Le qualità di riso qui organoletticamente e

qualitativamente si distinguono tra tutti quelli coltivati in altre zone d’Italia

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Lo Stabilimento

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lavorativa di oltre 700 metri quadri dove viene effettuata la lavorazione ed

il confezionamento di riso proveniente esclusivamente dalla Piana di Sibari.

E’ costituito da un fabbricato diviso in due corpi: il deposito del risone e dei

sottoprodotti; l’impianto principale per la lavorazione del risone, stoccaggio

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deposito del risone avviene in silos con capacità di 25.000 q.li in metallo

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resche e lo spaccio.

Il Riso di Sibari _

Con questo marchio sono prodotte e distribuite le varietà di riso caratteri-

stiche del patrimonio italiano, quelle tipiche da risotto che rendono il riso

italiano unico nel mondo quali Gange, Thaibonnet, Carnaroli, Karnak,

Arborio, Originario.

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RASSEGNA STAMPA

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Il Riso in Calabria

12 Novembre 2009Qualcuno potrebbe dire come mai il riso in Calabria?Questo qualcuno potrebbe sbagliarsi ed io ve lo porto sulla vostra tavola dopo averlo personalmente assaggiato. E posso garantirvi che ha un sapore ed un aroma tutto particolare grazie al sole che irradia la Calabria e che permette al riso di maturare al punto giusto.Nella nostra regione esistono, concentrate nella Piana di Sibari, antiche risaie, che con il passare degli anni, hanno raggiunto la ragguardevole superficie di 562 ettari.Queste risaie producono una quindicina di varietà di riso (sia di tipo Indica che Japonica), tra queste si coltivano anche risoni particolari, come quelli aromatici, che trovano difficile allocazione agronomica in altre zone risicole italiane. Il risone prodotto nella Piana di Sibari (35/40.000 quintali) viene riconosciuto, dalle più importanti riserie italiane, di alta qualità.Oltre a produrre di qualità, queste risaie si sposano perfettamente con l’equilibrio podologico della zona, perché permettono di tenere sotto controllo le risalienze saline di vaste aree della Piana.Nei soli comuni di Corigliano, Cassano allo Ionio e Villapiana sono stimate in oltre 4.000 gli ettari interessati dalle risalienze saline (salmastro) che troverebbe notevole giovamento dalla coltivazione di questo cereale, soprattutto con le nuove tecniche che consentono la coltivazione quasi in asciutta, con consumi di acqua simili a quelli di una comune coltura di mais, medica o bietola di zucchero.Un impulso alla coltivazione del riso deriverebbe dall’aumento dei consumi dello stesso come alimento dovuto alle scoperte sulle sue proprietà salutistiche: alta digeribilità, vitaminico, notevole presenza di Sali minerali, proprietà antiossidanti, antiurico per ammalati di gotta, uricemia, colesterolo e arteriosclerosi, adatto alla prima alimentazione dell’infanzia e indispensabile per chi soffre di celiachia.Tra le principali aziende che producono riso nella Piana di Sibari, c’è la MAGISA s.r.l. con 250 ettari di risaie, edun opificio adibito alla lavorazione. Il sistema di lavorazione di tale riseria è di tipo del tutto artigianale proprio per mantenere quelle che sono le tradizioni della lavorazione del riso, ma soprattutto non modificando le sostanze organolettiche e nutritive del prodotto.Dopo un’attenta ricerca storica e di mercato la MAGISA s.r.l. è uscita con un marchio che evidenzia oltre la suaposizione geografica anche un prodotto di nicchia che è: IL RISO DI SIBARI.La riseria attualmente lavora quattro varietà di riso, due di tipo Indica (Gange, Thaibonnet), e due di tipo Japonica (Karnak, Balilla) con una produzione di circa 15.000 q.li annuo.Un Augurio per questa produzione che possa sempre fare meglio.

http://www.periodicoilfaro.netIl "Riso di Sibari" diventa un marchio

30 Novembre 2009Nella Piana di Sibari c’è una coltivazione del riso che si estende su una superficie che supera i 600 ettari ed è in continuo aumento. L’impianto delle risaie, infatti, in questa zona si sposa perfettamente con l’equilibrio pedologico locale.Le qualità di riso, organoletticamente e qualitativamente, si distinguono tra tutti quelli coltivati in altre zone d’Italia perché godono dei vantaggi naturali e climatici della Calabria. L’intensità del sole e la temperatura mite consentono alla spiga di raggiungere una maturazione completa. La vicinanza al mare permette, grazie alla salsedine, di creare un microclima particolare per la coltivazione del riso. Questi fattori uniti alla purezza dell’acqua e al vento contribuiscono ad ottenere una qualità eccellente di riso. Il clima, inoltre, non consente lo sviluppo di malattie fungine. La società Magisa ha creato il marchio “Il Riso di Sibari” che, oltre a sottolineare la posizione geografica, riunisce la produzione locale e ne cura la lavorazione e distribuzione. Con questo marchio sono prodotte e distribuite le varietà di riso caratteristiche del patrimonio italiano, quelle tipiche da risotto che rendono il riso italiano unico nel mondo quali Balilla, Baldo, Roma, Carnaroli, Volano, Karnak, Lido, Arborio.

http://www.sibarinet.it

COSENZA – Forse pochi lo sanno, ma nel cuore della piana di Sibari, ricca zona agricola dello jonio cosentino, si estendono ben seicento ettari di risaie. La sibaritide si propone sui mercati non solo e non più con la produzione degli agrumi e delle ormai famose clementine, ma anche con il riso che grazie alle condizioni climatiche particolari, il caldo, la vicinanza al mare, la purezza dell’acqua, la giusta intensità dei venti presenta proprietà organolettiche eccellenti che lo rendono diverso da tutte le altre varietà prodotte in Italia. Il riso coltivato e prodotto dalla Magisa nella sibaritide è tra i migliori in commercio e ora ha anche un suo marchio “Il Riso di Sibari”.

http://www.tenonline.it

CASSANO ALLO IONIO. Nella Piana di Sibari c’è una coltivazione del riso che si estende su una superficie che supera i 600 ettari ed è in continuo aumento. L’impianto delle risaie, infatti, in questa zona si sposa perfettamente con l’equilibrio pedologico locale. Le qualità di riso, organoletticamente e qualitativamen-te, si distinguono tra tutti quelli coltivati in altre zone d’Italia perché godono dei vantag-gi naturali e climatici della Calabria. L’intensità del sole e la temperatura mite consentono alla spiga di raggiungere una maturazione completa. La vicinanza al mare permette, grazie alla salsedine, di creare un microclima particolare per la coltivazione del riso. Questi fattori uniti alla purezza dell’acqua e al vento contribuiscono ad ottenere una qualità eccellente di riso. Il clima, inoltre, non consente lo sviluppo di malattie fungine. La società Magisa ha creato il marchio “Il Riso di Sibari” che, oltre a sottolineare la posizione geografica, riunisce la produzione locale e ne cura la lavorazione e distribuzione. Con questo marchio sono prodotte e distribuite le varietà di riso caratteristiche del patrimonio italiano, quelle tipiche da risotto che rendono il riso italiano unico nel mondo quali Balilla, Baldo, Roma, Carnaroli, Volano, Karnak, Lido, Arborio. La Rosa nel bicchiere ha quindi deciso di proporre una serata a tema dedicata proprio al “riso di Sibari”. Lo chef Antonio Torchia proporrà una cena a base di questo prodotto: Dall’insalata di riso karnak con gamberetti di fiume e tartare di trota, crudité di ortaggi e maionese fatta in casa al tortino di riso biologico allo zafferano con salsa ai formaggi, vellutata di Pomodoro e julienne di indivia belga; dal risotto carnaroli all’erbette aromatiche con petto di quaglia al vino rosso ai filetti di coniglio avvolti nel lardo, zoccolo di riso integrale e concassé di peperoni. Per concludere una mousse al cioccolato con riso Gange aromatizzato alla vaniglia, salsa di mango e cialda di miele.

http://www.giornaledicalabria.it

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Le origini del riso in Asia e la sua diffusione nel Mediterraneo e in ItaliaOrigine e DomesticazioneIl riso asiatico (Oryza sativa) è originario di una vasta regione che si estendeva dall’India orientale fino alla Cina meridionale nella quale, agli inizi dell’Olocene, crescevano i suoi progenitori selvatici. In quei territori, compresi nella fascia tropicale e sub-tropicale delle piogge monsoniche, il riso sviluppò una sorprendente variabilità che gli consentì di colonizzare i più diversi ecosistemi. Il riso selvatico è ancora oggi presente in molte aree della pianura del Gange in India, nelle regioni settentrionali di Burma, Thailandia e Vietnam e in quelle continentali e insulari dell’Asia sud-orientale.

Il processo di domesticazione ebbe luogo all’interno del centro di origine della pianta ad opera di comunità di proto-agricoltori i quali, dopo una prima fase di semplice raccolta dei semi, avviarono la coltivazione dei campi naturali di riso selvatico e, solo successivamente, cominciarono a seminarlo. La coltivazione del riso selvatico sfruttava la capacità delle giovani piante di resistere al trapianto da un campo all’altro. Questo carattere può essersi sviluppato precocemente solo nelle regioni dove, a seguito di forti alluvioni, i campi di riso selvatico venivano periodicamente inondati da masse d’acqua abbastanza veloci che erano in grado di strappare le giovani piante di riso dal loro ambiente origina-rio, per depositarle più a valle, in campi melmosi, al defluire delle acque. L’osservazione di questo fenomeno può aver stimolato alcuni gruppi di proto-agricoltori a sfruttarlo a proprio beneficio per ottenere campi di riso selvatico in aree più accessibili o in terreni più vicini ai villaggi. Questo evento potrebbe essersi sviluppato indipendentemente e, forse, anche contemporaneamente in più luoghi della stessa regione, per soddisfare le necessità alimentari dei diversi gruppi umani. Le scelte operate dai primi agricoltori, che videro nel riso selvatico una possibile fonte alimentare, cambiarono il destino di molte popolazioni, favorendo la crescita sociale e culturale di quei gruppi che sul riso fondarono la loro economia.

La conoscenza e la coltivazione del riso nel Mediterraneo e in ItaliaIl mondo classico mediterraneo conobbe il riso orientale solo dopo la conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno. Teofrasto, contemporaneo di Alessandro, fu il primo a descrivere il riso nel suo trattato sulla storia delle piante. Ne parlò come di un cereale che cresceva in acqua per lungo tempo e i cui semi erano particolarmente idonei ad essere bolliti per soddisfare le esigenze alimentari dei popoli dell’Asia. Ancora più dettagliata è la descrizione lasciataci da Aristobolo, compagno di Alessan-dro nelle spedizioni in Asia, secondo il quale il riso veniva coltivato in aiuole chiuse e ben irrigate; era un pianta alta quattro piedi, abbondante di spighe e ricca di semi. Secondo Aristobolo il riso si coltivava nella Battriana (Afghanistan) e nelle terre del basso corso del Tigri e dell’Eufrate dove, evidentemente, era arrivato prima del passaggio dell’esercito di Alessandro. Il riso, quindi, prima del quarto secolo avanti Cristo aveva già raggiunto il Vicino Oriente, ma non si era diffuso nelle regioni limitrofe.

[...]La conoscenza del riso nel mondo romano non fu quella di un cereale adatto all’alimentazione umana ma piuttosto quella di un prodotto medicamentoso che, sotto forma di decotto, veniva prescritto dai medici ai pazienti più ricchi per curare le malattie del corpo, come ricordato da Orazio.

L’Egitto fu la prima tappa del percorso che portò il riso a diffondersi nel Mediterraneo. Si deve alla colonizzazione araba il trasferimento della coltivazione del riso dall’Egitto alla Spagna, probabilmente poco dopo il 1000 d.C. La conquista araba delle terre del Mediterraneo occidentale favorì la diffusione della coltivazione del riso sia per soddisfare le esigenze degli stessi arabi, sia perchè il riso cominciava ad entrare nelle abitudini alimentari dei popoli conquistati.Il riso era conosciuto in Italia molto prima che ne iniziasse la coltivazione, perchè era considerato una spezia ed era venduto per scopi terapeutici. Qualche traccia della presenza del riso in Italia si trova già in documenti del 1390, però non è chiaro a chi si deve l’introduzione di questo cereale nella penisola. Nel 1468 fu inaugurata la prima risaia, mentre il primo documento che dimostra la coltivazione del riso in Italia risale al 1475 ed è una lettera di Galeazzo Maria Sforza, il quale prometteva di inviare dodici sacchi di riso al Duca di Ferrara. Con l’avvio della coltivazione in Lombardia il riso, da prodotto di uso esclusivo degli speziali, divenne un elemento dell’alimentazione dei Lombardi.Dalla Lombardia la coltivazione del riso si estese con rapidità a tutte le zone paludose della Pianura Padana. A tale diffusione seguì però un aumento dei casi di malaria e furono molti i provvedimenti che cercarono di limitarne la coltivazione in prossimità degli abitati. Nonostante i divieti, la coltivazione del riso continuò ad espandersi perchè la sua resa e il conseguente guadagno, rispetto ai cereali tradizio-nali erano così alti da far prevalere il fattore economico sul rischio di malattie. Il riso ebbe dunque una immediata diffusione, malgrado i rischi che derivavano dalla sua coltivazione, i dazi e i divieti, e, probabilmente, il suo successo si deve anche alla crisi alimentare che si registrò in tutto il Mediterra-neo occidentale nel XVI secolo. Le carestie si alternavano alla peste, i raccolti scarseggiavano e non era facile approvvigionarsi all’estero. In queste condizioni il riso fu visto come il cereale che poteva in qualche modo far fronte alle richieste di una popolazione sull’orlo della fame.Dalla Pianura Padana la coltivazione del riso si diffuse anche in Emilia e in Toscana, dove però la penetrazione fu più lenta a causa della minore disponibilità di acqua da destinare al nuovo cereale. Alla fine del XVII secolo il riso si coltivava ormai largamente nella pianura del Po, in Toscana ed in qualche area della Calabria e della Sicilia. Nel 1700 le risaie del territorio milanese coprivano una superficie di oltre 20.000 ettari, mentre un secolo e mezzo dopo le sole risaie del vercellese raggiunge-vano i 30.000 ettari.

Articolo a cura di:Lorenzo Costantini, Loredana Costantini BiasiniMuseo d’Arte Orientale "Giuseppe Tucci", Roma

CuriositàEra il Settembre del 1574. Da quasi duecento anni, ormai, erano in corso i lavori per la fabbrica del Duomo, alle cui spalle si era formata una vera e propria citta' di baracche e porticati in cui alloggiavano marmisti, falegnami, scultori, carpentieri venuti da ogni parte d'Europa. In una spcie di cascina di quella babele multilingue, viveva una piccola comunita' di belgi: Valerio di Fiandra, maestro vetraio, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di Sant'Elena, s'era infatti portato a Milano i piu' bravi dei suoi discepoli. Uno, in particolare, spiccava tra gli altri per la sua straordinaria abilita' nel dosare i colori, ottenendo effetti a dir poco sorprendenti. Il suo segreto? Un pizzico di zafferano, aggiunto con maestria all'impa-sto gia' pronto. E proprio per questa sua abitudine, era stato soprannominato "Zafferano". Il suo nome vero quasi non lo ricordava nessuno, e s'e' perso nei secoli. Maestro Valerio, naturalmente, non era all'oscuro della mania zafferanesca del suo allievo piu' promettente, ma faceva sempre finta di nulla, limitandosi a canzonarlo ed a ripetergli che, andando avanti cosi' avrebbe finito per infilare lo zafferano anche nel risotto.Fu cosi' che, dopo tanti anni di canzonatu-re, il giovane decise di giocare un tiro mancino al maestro: il giorno della Madonna si sarebbe sposata la figlia di Valerio, e quale migliore occasione per spruzzare davvero un po' di polverina gialla nel risotto per il pranzo di nozze?Non ci volle molto a corrompere il cuoco... Ed immaginate lo stupore di tutti i commensali quando a tavola comparve quella stranissima piramide di risotto color zafferano!Qualcuno si fece coraggio ed assaggio'. E poi un'altro, e poi un altro ancora. In un batter d'occhio, dell'enorme montagna di risotto giallo non rimase neanche un chicco. Il tiro mancino di "Zafferano" era decisa-mente andato male. In compenso, pero' era nato il risotto alla milanese.

Il Risotto allo Zafferano

"Un tempo lontano, quando gli dei ancora passeggiavano sulla terra, il dio Shiva voleva sposare una bellissima fanciulla, Retna Dumilla, "Gioiello splendente". Ella però non lo amava e, per sfuggire alle nozze, pretese dal dio che prima le portasse in dono un cibo da poter mangiare ogni giorno senza stancarsene. Poiché ovviamente egli non riuscì nell'impresa, adirato con la giovane per il tranello tesogli, la costrinse ugualmente alle nozze. Retna Dumilla, sconvolta dal dolore, ne morì. Dopo quaranta giorni, al tramonto del sole, sulla tomba della fanciulla cominciarono a risplendere tante piccole luci. Venuto il giorno, al posto delle luci, spuntarono delle piantine mai viste prima: dai semi di quelle piante nacquero i chicchi di riso, gli unici in grado di saziare l'anima della giovane sposa senza stancarla mai.”

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Uno Mattina Estate

Risotto di Sibari con Finocchietto e Germogli di Vitalbe

Abbiamo partecipato alla trasmissione televisiva “Uno Mattina Estate” del 24 Agosto 2009

portando in tavola una ricetta della nostra Terra.

Con l’Oste Custode Antonio Raffaello prepariamo una tipica ricetta della Calabria, un piatto

dal sapore forte, ricco ed intenso. Un piatto che soddisfa il palato ma anche il gusto visivo.

Zona Industriale - 87076 VILLAPIANA (CS)

Tel. 0981.56220 - Fax 0981.902208

[email protected] - www.risodisibari.com

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Zona Industriale - 87076 VILLAPIANA (CS)

Tel. 0981.56220 - Fax 0981.902208

[email protected] - www.risodisibari.com

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