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IL RISCHIO DA RADIAZIONI NON IONIZZANTI NEGLI AMBULATORI DELLA AUSL DI VITERBO (Fisioterapia, Dermatologia, Neonatologia, Oculistica) UU.OO. Fisica Sanitaria, S.P.P., S.P.T.S.R.eAs, S.A.I.O., Risk Management Settembre 2009 Rev. Gennaio 2011

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IL RISCHIO DA RADIAZIONI NON IONIZZANTI NEGLI AMBULATORI DELLA AUSL DI VITERBO

(Fisioterapia, Dermatologia, Neonatologia, Oculistica)

UU.OO. Fisica Sanitaria, S.P.P., S.P.T.S.R.eAs, S.A.I.O., Risk Management

Settembre 2009 Rev. Gennaio 2011

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INDICE INTRODUZIONE 1. CAMPI ELETTROMAGNETICI IN FISIOTERAPIA

1.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO

1.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI 1.3 INSTALLAZIONE DEI SITI DI MAGNETOTERAPIA 1.4 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE 1.5 NORME COMPORTAMENTALI IN MAGNETOTERAPIA 1.6 CONTROLLO DI QUALITÀ

2. LASER IN FISIOTERAPIA

2.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO

1.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI

2.3 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE 2.4 INSTALLAZIONE DEI SITI DI LASERTERAPIA 2.5 NORME COMPORTAMENTALI NELL’ USO DI SORGENTI LASER 2.6 CONTROLLO DI QUALITÀ

3. SORGENTI OTTICHE INCOERENTI IN FISIOTERAPIA

3.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO

3.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI

3.3 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE 3.4 INSTALLAZIONE DEI SITI

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3.5 NORME COMPORTAMENTALI NELL’ USO DI SORGENTI OTTICHE INCOERENTI (LAMPADE PER TERAPIA)

3.6 CONTROLLO DI QUALITÀ

4. ULTRASUONOTERAPIA 5. FOTOTERAPIA DI ALTRO GENERE (ITTERO PEDIATRICO, DERMATOLOGIA) 6. AMBULATORI DI OCULISTICA APPENDICE BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE Con il Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro (D. Lgs 81/2008) la legislazione italiana si è finalmente

dotata di uno strumento normativo chiaro, seppur certamente perfettibile e bisognevole di

approfondimenti, in tema di sicurezza degli operatori esposti a Radiazioni non Ionizzanti (NIR, dall’

inglese Non Ionising Radiation). Infatti, per la prima volta nel nostro paese, la esposizione

professionale alle sorgenti ottiche artificiali coerenti ed incoerenti ed ai campi elettromagnetici è

regolata da specifici articoli di legge (Titolo VIII, rispettivamente Capi V e IV) e sono fissati, in

appositi allegati tecnici, limiti di azione e di esposizione.

Il recepimento di questa normativa nel contesto della Azienda ha richiesto lo sforzo congiunto di più

strutture. Alcune di queste (S.P.P. e Fisica Sanitaria) già operanti da anni anche sul fronte del rischio

N.I.R. –sebbene in maniera francamente non organica e talvolta rapsodica- altre di più recente

istituzione, come il S.P.T.S.R.eAs, il S.A.I.O. e il Risk Management. Alla luce della filosofia integrata

della qualità e della sicurezza sono infatti apparsi evidenti, fin dalle prime riunioni organizzative, due

fatti:

1) nell’ uso di queste sorgenti di radiazioni, l’ aspetto della sicurezza dell’ operatore non può

essere disgiunto da quello della sicurezza del paziente e della qualità del trattamento;

2) la consapevolezza dell’ operatore, la linearità dei percorsi e la chiarezza organizzativa sono i

primi fattori della qualità e della sicurezza.

È quindi di tutta evidenza che non si tratta semplicemente della esecuzione di sopralluoghi e di misure

finalizzata al rispetto formale di una normativa (peraltro limitata al solo aspetto, seppur

importantissimo, della sicurezza dell’ operatore), da delegare a dei professionisti del settore fisico o

ingegneristico. La sfida è piuttosto quella di una rimodulazione globale dei processi, della

organizzazione e dei percorsi in funzione di una maggiore appropriatezza, qualità e tracciabilità delle

prestazioni e quindi di una maggiore sicurezza per operatore e paziente.

Il programma stabilito nelle prime riunioni organizzative prevedeva i seguenti passi:

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1) La individuazione delle attività svolte in Azienda con uso delle sorgenti NIR indicate dal

Decreto;

2) La esecuzione di un tour di sopralluoghi preliminari presso tutti i siti dove quelle attività sono

svolte, con un censimento delle sorgenti ed una valutazione preliminare delle situazioni e degli

eventuali rischi, anche clinici, presenti;

3) La redazione di una linea guida interna, costituita dal presente documento;

4) La promozione di detta linea guida anche attraverso un evento formativo tenutosi nel 2010;

5) L’ avvio di una collaborazione con il personale degli ambulatori interessati, mirante alla

applicazione della linea guida entro un periodo di tempo ragionevole (che si può stimare in uno

o due anni). Infatti la presa in carico della tematica da parte degli operatori coinvolti e l’

incremento della percezione del rischio sono fattori chiave nella ridefinizione degli stili di

lavoro. Ridefinizione che, da sola, è in grado di risolvere quasi completamente la problematica

trattata.

Dalla attuazione dei primi due passi è risultato evidente che, escludendo i bisturi laser e gli

elettrobisturi per i quali si rinvia a separati documenti, le strutture AUSL interessate alla tematica sono

da individuarsi negli ambulatori di fisioterapia, di oculistica e di dermatologia. Va subito precisato che

mentre sorgenti NIR sono dislocate in quasi tutte le strutture di fisioterapia e di oculistica, solamente

gli ambulatori dermatologici dotati di lampade UV per trattamento fototerapico della psoriasi sono

risultati essere interessati al problema.

Per una trattazione organica delle NIR abbiamo ritenuto opportuno inserire in questo documento anche

alcune indicazioni concernenti la ultrasuonoterapia, applicata normalmente negli ambulatori

fisioterapici, e la fototerapia dell’ ittero neonatale svolta in alcuni presidi ospedalieri della Azienda.

Infatti, sebbene queste metodiche terapeutiche non costituiscano la benché minima fonte di rischio per

l’ operatore e non rientrino quindi nel novero delle sorgenti indicate dal Decreto, nondimeno ci è

sembrato opportuno sottolineare alcuni aspetti atti a garantire la qualità dei trattamenti e la sicurezza

del paziente.

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1. CAMPI ELETTROMAGNETICI (da 0 a 300 GHz) IN FISIOTERAPIA 1.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO Tipo di sorgenti rilevate : esclusivamente apparecchi per magnetoterapia, con emissione continua o

pulsata a 50 Hz.

Caratteristiche principali delle sorgenti ♦ diversi tipi di applicatori (bobine, nuclei, portatili) ♦ diverse modalità di funzionamento (protocolli con campi pulsati) ♦ apparati in genere facilmente spostabili

Locali di utilizzo ♦ ambulatori di fisioterapia ♦ strutture edilizie differenti: murature, box prefabbricati, tendaggi, a volte presenza di strutture

metalliche ♦ in stanze o box contigui vengono utilizzati a volte più apparati contemporaneamente

♦ apparecchi portatili in uso presso i servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (sono usati nel

domicilio dell’ utente)

Obiettivi primari di intervento ♦ Giustificare la esposizione del paziente dovuta a motivi terapeutici

♦ Eliminare o, comunque, ridurre al minimo l’esposizione del personale sanitario

♦ Eliminare o, comunque, ridurre al minimo la esposizione di persone del pubblico (accompagnatori, pazienti sottoposti ad altre terapie in locali attigui, pazienti presenti in attesa)

♦ Contenere comunque tali esposizioni entro i limiti fissati dalla normativa legislativa e tecnica vigente

♦ Formalizzare le operazioni di filtro dei pazienti controindicati alla procedura (portatori di pacemaker, donne in stato di gravidanza)

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Riferimenti normativi (legislativi e tecnici) Per la magnetoterapia vengono assunti i seguenti limiti di esposizione per i lavoratori e per la popolazione:

Campo elettrico Campo magnetico Lavoratori 10 kV/m 0,5 mT Popolazione 5 kV/m 0,1 mT

I limiti per la popolazione sono desunti dalla Raccomandazione del Consiglio della Unione Europea del 12/07/1999, recepita nella normativa nazionale con il DPCM 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”; infatti anche se quest’ultimo è espressamente riferito al problema della esposizione a campi derivanti dalla generazione, trasformazione e trasporto dell’energia elettrica, il limite fissato può ritenersi valido anche per la magnetoterapia, in quanto la frequenza dei campi indotti è la stessa o molto vicina (massimo 100 Hz). I limiti per i lavoratori sono invece quelli fissati dal D. Lgs. 81/2008, allegato XXXVI, quali limiti di azione. Il rispetto di tali limiti assicura il rispetto dei limiti di esposizione. I livelli di esposizione verranno misurati secondo le procedure espresse nella norma CEI 211-6 (2001) “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell’intervallo di frequenza 0 Hz - 10 kHz, con riferimento all’esposizione umana”. In linea di massima si useranno sonde isotrope di opportuna sensibilità per campi magnetici ed elettrici alternati a bassa frequenza. Le misurazioni verranno eseguite dalla U.O. di Fisica Sanitaria. Dalle misure effettuate dalla U.O. Fisica Sanitaria su bobine circolari per applicazioni pelvico-lombare, con diametro massimo di 80 cm, generanti un campo all’ asse di 160 G, risulta che una distanza di 50 cm dal centro della bobina sia in direzione assiale che laterale è sufficiente per garantire il rispetto del limite per la popolazione. Per applicatori a nucleo è invece sufficiente una distanza di 20 cm in tutte le direzioni. Il posizionamento degli apparecchi richiede determinate cautele. Si potrebbe pensare che una esposizione occasionale della popolazione (es. pazienti posizionati in box adiacenti o sale di attesa) possa costituire un problema relativo; tuttavia va tenuto presente che la soglia di attenzione per il malfunzionamento di eventuali dispositivi elettromedicali di sopravvivenza come i pacemaker è di 0,1 mT. Ai portatori di siffatti dispositivi dovrebbe quindi essere comunque interdetto l’ accesso alla zona racchiusa entro la isomagnetica di 0,1 mT. Inoltre la presenza continuativa di popolazione (in gergo radioprotezionistico, possiamo considerare “popolazione” anche i lavoratori di altri ambulatori separati da un muro) deve essere esclusa. Ad esempio, non possono essere posizionate scrivanie o altre postazioni di lavoro fisso entro la isomagnetica di 0,1 mT. Pertanto, per ogni installazione va eseguito il tracciamento della zona interdetta; il posizionamento dell’ apparecchio deve essere tale da eliminare la presenza non filtrata – e comunque la presenza continuativa- di popolazione entro tale zona. Non sussiste invece alcun problema con il campo elettrico, in quanto i valori misurati di tale campo nelle condizioni cliniche risultano di diversi ordini di grandezza inferiori al valore limite per la esposizione della popolazione.

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Considerazioni Le valutazioni svolte nel paragrafo precedente sono importanti per impostare la radioprotezione relativa alle attività di magnetoterapia in maniera corretta. Risulta che i fattori essenziali da tenere presente sono, per le apparecchiature fisse:

o una adeguata distanza degli operatori – quando non impegnati nelle attività di assistenza- e della popolazione dall’ apparecchio, quando questo è in funzione;

o la delimitazione della zona di rispetto a 0,1 mT;

o la filtrazione delle persone che accedono a tale zona, con divieto assoluto di accesso ai portatori

di pacemaker o altri elettromedicali di sopravvivenza. Tali fattori sono anche sufficienti, nel senso che non sembra necessaria la adozione di altre contromisure per la prevenzione del rischio. Un dato confortante è che, avendo sufficienti spazi a disposizione, tali contromisure sono quasi a costo zero. La spesa è infatti limitata alla apposizione di apposita cartellonistica ed all’ eventuale apprestamento di delimitazioni basate su barriere fisse (box). Per quanto riguarda gli apparecchi mobili, molto usati nella assistenza domiciliare, si consiglia agli operatori, quando non richiesto dalla assistenza, di tenere una distanza di cautela dall’ utente durante l’ applicazione. Tale distanza, considerato che gli applicatori sono in questo caso “a nucleo” ed il campo è estremamente concentrato, può essere stimata in circa venti centimetri. 1.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI Ovviamente, nell’ acquisto di un apparecchio fisso o mobile deve essere richiesta la conformità alle direttive in materia di sicurezza e qualità degli apparecchi elettromedicali. Un elenco incompleto minimo può essere il seguente: 93/42/CEE – direttiva del Consiglio del 14 giugno 1993 concernente i dispositivi medici; 98/37/CE – direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine (cosiddetta “Direttiva Macchine”); Norma CEI EN 60601-1(1990) Apparecchi elettromedicali. Parte 1: prescrizioni generali per la sicurezza; Norma CEI EN 60601-1-2 (1993) Apparecchi elettromedicali. Parte 1: norme generali per la sicurezza. Parte 2: norma collaterale; compatibilità elettromagnetica; prescrizioni e prove – fascicolo 2235;

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La verifica di queste ed altre similari conformità di ordine generale è normalmente a carico della U.O. Ingegneria Clinica, alla quale gli Economi competenti all’ acquisto sono invitati a rivolgersi per avere informazioni dettagliate aggiornate (la materia è infatti in continua evoluzione). A parte ciò, non vi sono requisiti obbligatori specifici di carattere radioprotezionistico cui vincolare l’ offerta del venditore. Tuttavia, allo scopo di agevolare il lavoro di collaudo e verifica della sicurezza NIR, che a regime dovrà essere svolto dalla U.O. Fisica Sanitaria, è necessario richiedere al venditore informazioni sulle seguenti caratteristiche tecniche (informazioni che devono essere fornite in un apposito allegato tecnico alla offerta):

1) Tipo di apparecchio (mobile o fisso); 2) Tipi di applicatori forniti (bobine circolari, nuclei o altro) e numero di applicatori di ciascun

tipo; 3) Frequenza di oscillazione del campo (50 Hz, 100 Hz o altro); 4) Intensità massima della induzione magnetica sull’ asse (in mT o G); 5) Programmi terapeutici disponibili (frequenza di ripetizione, durata degli impulsi e loro

combinazioni; eventuali forme d’ onda diverse da quella quadrata); 6) Nome e recapito di un referente tecnico da contattare per il collaudo e la segnalazione di

eventuali anomalie; Si tenga presente che la documentazione tecnica allegata a queste macchine è risultata molte volte carente o evasiva in merito alle informazioni sopra elencate, pertanto esse devono essere richieste espressamente. 1.3 INSTALLAZIONE DEI SITI DI MAGNETOTERAPIA Gli apparecchi di magnetoterapia fissi devono essere installati in appositi box o, alternativamente, in un locale sufficientemente ampio. Certamente, la allocazione all’ interno di un box chiuso è preferibile per ragioni di privacy del paziente durante il trattamento. Tuttavia, è possibile garantire la privacy anche piazzando l’ apparecchio all’ interno di un locale destinato ad altre attività (per es. una palestra), a patto che non vi sia presenza di altri utenti durante i trattamenti e che questi siano effettuati quando non sono effettuate le altre attività (modalità alternata). Dal punto di vista radioprotezionistico il fattore che garantisce la popolazione ed i lavoratori è la distanza. Gli apparecchi fissi devono essere piazzati a congrua distanza dalle zone dove prestano il loro servizio i lavoratori adibiti ad altre attività ed il pubblico. Dalle misure eseguite si può ritenere che una distanza di 0,5 metri dal centro dell’ applicatore sia sufficiente per garantire il rispetto del limite per la popolazione. La presenza di popolazione (utenti o accompagnatori) ad una distanza inferiore dall’ apparecchio deve essere consentita solamente per esposizioni occasionali e motivate (es. utenti che ricevono trattamento in un box adiacente o accompagnatori) e solamente se lo spazio a disposizione è insufficiente. In tal caso, le persone che dovessero entrare nell’ area dovrebbero essere state preventivamente filtrate, con le procedure descritte nella sezione successiva. In nessun caso deve essere consentita la esposizione continuativa di personale a distanze dall’ applicatore in funzione inferiori a due metri. I coordinatori ed i responsabili dei servizi ambulatoriali, nell’ organizzare gli ambienti di lavoro, devono essere consapevoli che le barriere normalmente disponibili in un ambulatorio (muri, pannellature in cartongesso o simili, tende) non offrono alcuna protezione al campo magnetico.

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Pertanto un apparecchio dislocato a ridosso di una parete interesserà l’ ambulatorio o l’ ufficio dislocato al di là di quella parete. Quella particolare dislocazione sarà quindi regolare solo se si potrà escludere la presenza umana al di là della parete, per una distanza pari a quella sopra indicata, durante i trattamenti. I box per accogliere gli apparecchi di magnetoterapia possono essere indifferentemente realizzati con sistemi di tende scorrevoli o semifisse oppure con pareti rigide. Dal punto di vista radioprotezionistico, non ci si attende che questo comporti una qualche percettibile differenza. Sarebbe invece importante disporre di box sufficientemente ampi. Una soluzione con box più piccoli potrebbe essere quella di programmare cronologicamente gli appuntamenti in modo da eseguire i trattamenti di magnetoterapia avendo vuoti i box circostanti; questi verrebbero utilizzati a magnete disattivato garantendo così la massima protezione. Se si riesce ad organizzare il lavoro in questo modo, minimizzando il contraccolpo sulle liste di attesa, le verifiche di fase 5 non dovrebbero condurre a sorprese. Una altezza del box di 2-2,2 m è sufficiente. Sulla parete esterna dei box (se questa è rigida) o lungo il corridoio di accesso alla zona di trattamento dovrebbe essere affissa la seguente cartellonistica:

Divieto di accesso a pazienti ed operatori portatori di pacemaker

ATTENZIONE !!!!

CAMPO MAGNETICO VARIABILE

DIVIETO DI INGRESSO AI PORTATORI DI PACEMAKER, DEFIBRILLATORI, VALVOLE O PROTESI METALLICHE,

POMPE DI INSULINA ED ELETTROMEDICALI IN GENERE, DONNE IN STATO DI GRAVIDANZA

IN CASO DI DUBBIO, INFORMARE IL PERSONALE

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Ci si deve assicurare della visibilità delle segnalazioni. Esse dovrebbero essere ingrandite almeno alle proporzioni di un foglio formato A3 ed affisse in maniera da attirare l’ attenzione.

1.4 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE Sebbene il rischio per il paziente, in un trattamento di magnetoterapia, sia estremamente modesto, la esposizione indebita dovrebbe essere evitata, in accordo alla filosofia generale della radioprotezione ed al principio di cautela. Per prima cosa le richieste di magnetoterapia, come quelle di fisioterapia e di terapia fisica e strumentale in generale, dovrebbero essere avanzate da uno specialista (ad esempio un ortopedico, come parte di un processo riabilitativo) o, se provenienti da medici di base, filtrate da un fisiatra. Questa prima, basilare regola dovrebbe garantire la appropriatezza delle prestazioni con eliminazione delle richieste inappropriate e quindi, di riflesso, anche il contenimento delle esposizioni indebite. Noi insistiamo su questi aspetti della organizzazione del lavoro perché, oltre a garantire un abbattimento dei costi associati a prestazioni inappropriate ed una ottimizzazione nell’ uso delle risorse umane e strumentali, sono quelli che sicuramente incidono in modo più rilevante sulla esposizione di operatori e popolazione. Gli utenti che accedono alla prestazione dovrebbero recarsi, prima dell’ effettuazione della stessa, dal coordinatore dell’ ambulatorio o suo delegato e dovrebbero compilare una form di consenso informato per la procedura. La form dovrebbe recare la intestazione del Presidio Ospedaliero o del Distretto cui l’ ambulatorio afferisce, con una chiara indicazione identificativa dell’ ambulatorio stesso. Essa dovrebbe contenere le seguenti domande di minima : È portatore di stimolatore cardiaco (pacemaker) o di defibrillatore ? SI NO È portatore di pompe ad insulina o altri elettromedicali ? SI NO È portatore di valvole cardiache o altre componenti metalliche chirurgicamente impiantate ? SI NO È portatore di protesi metalliche ortopediche o di altro genere ? SI NO È in stato interessante ? SI NO

Data, Firma leggibile del paziente, Firma leggibile dell’ operatore Una risposta affermativa ad una delle prime due domande dovrebbe comportare l’ esclusione del paziente dal trattamento, in quanto si tratta di controindicazioni assolute. Una risposta affermativa ad una delle successive due domande rende sconsigliabile l’ esecuzione del trattamento, perché si tratta di controindicazioni dettate dal principio di cautela. In una simile circostanza, si dovrebbe riferire ad una figura medica (per es. un fisiatra) che può decidere di procedere con il trattamento assumendosi la responsabilità della decisione.

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Il rischio che il paziente portatore di protesi corre non è tanto associato alla forza meccanica esercitata dal campo sulla protesi, che è assai modesta trattandosi di valori massimi di campo di 160 gauss=16 mT, relativi oltretutto alla ampiezza di un campo alternato. Il rischio è piuttosto quello associato al possibile riscaldamento della protesi per effetto Joule. Si tenga presente che questo fenomeno si ha con tutte le protesi metalliche, e non solamente con quelle ferromagnetiche di vecchia produzione. Sebbene l’ esperienza accumulata con protesi non ferromagnetiche in procedure ben più critiche (risonanza total body) faccia propendere per un rischio notevolmente contenuto, in assenza di indicazioni specifiche è bene procedere con cautela. Invece i pazienti le cui funzioni vitali dipendono da apparecchi elettrici quali pacemaker, defibrillatori etc. devono essere senza alcun dubbio esclusi dal trattamento, perché la inevitabile influenza del campo magnetico variabile sui circuiti dell’ apparecchio potrebbe alterarne in modo incontrollabile le funzioni o deprogrammarlo, con esiti che in circostanze sfavorevoli potrebbero essere persino letali. Pure da escludere sono i pazienti con parti metalliche possibilmente ferromagnetiche non ancorate (es. clips). Per motivi puramente cautelativi, inoltre (sebbene non ci siano conclamate evidenze scientifiche in merito) vanno escluse le donne in gravidanza. 1.5 NORME COMPORTAMENTALI IN MAGNETOTERAPIA Possono essere riassunte come segue:

L Dopo aver avviato l’erogazione di potenza l’operatore deve uscire dal box. O comunque

allontanarsi portandosi oltre la distanza di rispetto. L Se l’ operatore è richiamato dal paziente, le operazioni di assistenza del paziente o di

sistemazione degli applicatori vanno effettuate interrompendo il trattamento. L Durante il trattamento, non deve essere permessa ad altre persone la sosta all’interno del box o a

distanza dall’ apparecchio inferiore a quella di rispetto.

L Nel caso di spazi angusti, programmare i trattamenti in modo che durante ogni seduta di magnetoterapia nessun altro utente stazioni nell’ area di rispetto.

Fino a quando non saranno state effettuate le pertinenti misurazioni, la distanza di rispetto da prendere in considerazione è di circa 2 metri. 1.6 CONTROLLO DI QUALITÀ Al momento non sono svolte attività di controllo di qualità sulle apparecchiature di magnetoterapia (eccetto, naturalmente, il collaudo generale e le verifiche di sicurezza elettrica svolte dalla U.O. Ingegneria Clinica). Non si prevede di iniziarle, fondamentalmente per due ragioni: 1) la assenza di protocolli nazionali ed internazionali in materia, 2) la assenza dei presupposti, ossia di protocolli clinici condivisi sulla base dei quali individuare dei parametri da sottoporre a test di accettazione o costanza. Si comprende facilmente che non essendovi delle linee guida condivise su come usare la magnetoterapia, quali sequenze impostare, quali frequenze usare eccetera, non si può neanche isolare

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un gruppo di grandezze fisiche in base alle quali caratterizzare la performance clinica dell’ apparecchio e sul quale impostare un programma di controllo di qualità. Per quanto riguarda invece i controlli di sicurezza relativi alla delimitazione della zona di rispetto, si prevede di attivarli nel corso del 2011. Essi verranno eseguiti all’ atto della installazione di ogni nuovo apparecchio fisso ed ogni volta si renda necessario lo spostamento di un apparecchio fisso esistente. Per gli apparecchi mobili si prevede invece uno studio su un campione, mirante soprattutto alle caratteristiche di esposizione dei vari modelli. È assolutamente indispensabile che i coordinatori o i direttori di Distretto informino la U.O. Fisica Sanitaria e la U.O. Ingegneria Clinica delle nuove installazioni, al fine di poter procedere, PRIMA DELLA ENTRATA IN ESERCIZIO CLINICO DELL’ APPARECCHIO, alle verifiche sopra menzionate. Nel caso di spostamento di apparecchiature già in dotazione, si dovrà richiedere l’ intervento della sola U.O. Fisica Sanitaria per la verifica della congruità della ridislocazione e la ridefinizione delle zone di rispetto. 2. LASER IN FISIOTERAPIA 2.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO Tipo di sorgenti rilevate: Laser per terapia di classe IIIB delle seguenti tipologie:

I) Lunghezza d’ onda = 689 nm; diodi; emissione continua alla potenza di 300 mW.

II) Lunghezza d’ onda = 904-910 nm (Ga:As o similia); potenza di picco tra 25 e 70 W; potenza media tra 17 e 120 mW; durata massima degli impulsi tra 200 e 600 ns; frequenza di ripetizione degli impulsi tra 10 e 5000 Hz. Spot di 2-3 mm.

Normalmente, questi apparecchi usano, come puntatore del fascio (che è invisibile, trattandosi di radiazione infrarossa) un laser ausiliario HeNe di classe II.

Caratteristiche principali delle sorgenti Si tratta di apparecchiature facilmente spostabili, nella maggior parte dei casi trasportabili anche in valigia per l’ uso domiciliare. È bene richiamare le caratteristiche essenziali che definiscono le classi II e IIIB (norma CEI EN 60825-1; Pubbl. 2003-02) : Classe 2: laser che emettono radiazione visibile nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 400 e 700 nm, in cui la protezione dell’occhio è normalmente assicurata dalle reazioni di difesa compreso il riflesso palpebrale. Questa reazione può essere prevista per fornire una protezione adeguata nelle condizioni di

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funzionamento ragionevolmente prevedibili, compreso l’impiego di strumenti ottici per la visione diretta del fascio. Classe 3B: laser che sono normalmente pericolosi in caso di visione diretta del fascio (all’interno della DNRO). Le riflessioni diffuse sono normalmente sicure. Queste definizioni richiedono alcune precisazioni. I laser di classe II, quali sono i laser di puntamento normalmente utilizzati con questi apparecchi, sono PERICOLOSI in caso di visione DIRETTA o RIFLESSA del fascio, la quale deve quindi essere assolutamente evitata. La sicurezza rispetto a tale visione è assicurata solamente dalla confidenza nel riflesso automatico di chiusura delle palpebre alla percezione di luci intense. Si tratta infatti di laser VISIBILI (gli HeNe presentano una tipica emissione rossa). Se il riflesso viene inibito, il danno oculare si manifesta inevitabilmente. Pertanto la visione DIRETTA e quella RIFLESSA del fascio devono essere assolutamente evitate. La radiazione visibile diffusa da superfici non riflettenti è invece innocua. Il laser di classe IIIB sono certamente pericolosi in caso di visione DIRETTA o RIFLESSA del fascio. Il danno oculare non può essere evitato dal riflesso palpebrale. Quest’ ultimo, tra l’ altro, non si attiva perché la radiazione infrarossa è invisibile. La radiazione diffusa da superfici non riflettenti è invece normalmente non pericolosa. Noi consigliamo tuttavia di evitare la esposizione anche a questo tipo di radiazione, anche in considerazione del fatto che alle lunghezze d’ onda infrarosse è praticamente impossibile evitare una intensa diffusione da praticamente qualsiasi oggetto (tavoli, stoffe, lo stesso paziente). Il danno oculare da visione diretta può essere evitato solamente se l’ operatore mantiene una distanza dall’ apparecchio pari alla Distanza Nominale di Rischio Oculare (DNRO). Questa distanza viene stimata, sulla base della norma CEI EN 60825-1, dal Tecnico addetto alla Sicurezza Laser (TSL), partendo dai dati tecnici forniti dal costruttore (potenza del fascio, ecc…). Le funzioni del TSL sono svolte, all’ interno della AUSL di Viterbo, dalla U.O. Fisica Sanitaria. Nel caso dei laser di uso comune in ambiente medico la DNRO è di parecchi metri (circa 3 m per il tipo II elencato in premessa). Quindi non si sfrutta la distanza per ottenere la protezione per l’ operatore, bensì barriere opache (tende o materiali rigidi) e DPI. In altri termini, questi laser (se usati in postazione fissa) devono essere posizionati all’ interno di un box, delimitato da barriere opache alla radiazione (normalmente tende abbastanza spesse o cartongesso). Durante la emissione, l’ operatore può stazionare all’ interno del box solamente se provvisto di DPI oculari (occhiali antilaser). QUESTI DPI DEBBONO ESSERE FORNITI ANCHE ALL’ UTENTE. La radiazione diffusa dai laser rilevati non produce alcun danno alla pelle. L’ unico organo a rischio è l’ occhio. Naturalmente, in luogo del box può essere usato un locale aperto ma, in tal caso, nessun altro paziente od operatore deve essere presente all’ interno della stanza durante la emissione. E questo comporta normalmente uno spreco di spazio a detrimento della lista d’ attesa. La presenza dell’ operatore all’ interno del box deve essere minimizzata. In particolare, nel caso di trattamenti statici effettuabili con un manipolo in posizione fissa, debbono essere utilizzati appositi stativi. L’ operatore deve operare con il manipolo solo se richiesto dalle esigenze della terapia e, in tal caso, egli deve rimanere nel box indossando gli occhiali prescritti.

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Considerazioni I principali danni oculari da sorgenti laser sono riassunti nella seguente tabella (da un seminario di F. Marciano). Essa mostra le strutture oculari più a rischio per le diverse lunghezze d’ onda della radiazione incidente ed alcune delle più comuni patologie indotte. Come si può vedere, i laser che ci interessano (terzo rigo) possono procurare danni sia a livello del cristallino (insorgenza di cataratta) che della retina (degenerazione). Mentre i primi possono essere indotti dai fasci terapeutici, i secondi possono essere indotti dai fasci di puntamento. Il danno retinico non è praticamente curabile e quindi si capisce l’ importanza di una corretta valutazione e prevenzione del rischio, e la necessità di una opera di informazione efficace. Tali danni possono essere prevenuti seguendo gli accorgimenti sintetizzati nel paragrafo precedente.

La normativa nazionale in materia di sicurezza del lavoro con esposizione a radiazioni ottiche (coerenti ed incoerenti) è contenuta nel Testo Unico, D. Lgs 81/2008, Titolo VIII, Capo V. Il testo di legge suggerisce una metodica di valutazione quantitativa del rischio – articolata per tipologia di effetto, banda di frequenza, banda di intensità, eccetera - che tuttavia è estremamente macchinosa e difficile da applicare nei singoli contesti. In attesa che gli enti preposti varino delle linee guida sulla applicazione di queste norme, l’ intenzione è quella di integrare la legge con l’ osservanza della normativa tecnica già vigente in materia, e che si può così riassumere:

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CEI EN 60825 – 1: Sicurezza degli apparecchi laser, Parte 1: Classificazione delle apparecchiature, prescrizioni e guida per l’utilizzatore; CEI EN 60825-1/A11 (1999-01): Sicurezza degli apparecchi laser, Parte 1: Classificazione delle apparecchiature, prescrizioni e guida per l'utilizzatore (Variante); CEI 60601-2-22 (1998-04): Apparecchi elettromedicali. Parte 2: Norme particolari per la sicurezza degli apparecchi laser terapeutici e diagnostici; CEI 76-6 (2001-02): Sicurezza degli apparecchi laser, Parte 8: Guida all'uso degli apparecchi laser in medicina; UNI EN 12626 (Luglio 1998): Sicurezza del macchinario . Macchine laser. Requisiti di sicurezza; UNI EN 207 (Settembre 2000): Protezione personale degli occhi. Filtri protettori dell'occhio contro radiazioni laser (protettori dell'occhio per laser); UNI 7545 (Maggio 1976): Segni grafici per segnali di pericolo (Laser); CEI 76 (fasc. 3849 R): Guida per l’utilizzazione di apparati laser; L’ osservanza di questa normativa tecnica, concretizzata nelle prescrizioni contenute in questa linea guida, dovrebbe garantire il rispetto dei limiti di esposizione previsti dal Testo Unico. Successivamente si procederà a misurazioni di controllo in contesti tipici che ci si riserva di definire in seguito. 2.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI Nei capitolati per l’ acquisto di queste sorgenti deve ovviamente essere richiesta la conformità alle direttive in materia di sicurezza e qualità degli apparecchi elettromedicali, già indicate nel paragrafo 1.2. Tuttavia si dovranno inserire richieste addizionali specifiche di sicurezza e dovranno essere poste al fornitore domande precise allo scopo di caratterizzare in maniera non ambigua, dal punto di vista radioprotezionistico, l’ apparecchio offerto. La procedura di acquisto, installazione, collaudo deve avvenire in sinergia con le UU.OO. Ingegneria Clinica e Fisica Sanitaria. Nel richiedere un apparecchio per laserterapia, deve essere specificato (nella richiesta):

a) il tipo di generatore (normalmente, un diodo) b) la banda di frequenza (normalmente, 900-910 nm) c) i programmi terapeutici desiderati (irradiazione CW, pulsata, range di durata degli impulsi e di

frequenza di ripetizione) d) ingombro, alimentazione, eventuale portabilità e) il numero e la tipologia di manipoli f) lo stativo per appoggiare il manipolo, qualora già non disponibile g) due paia di occhiali di protezione norma UNI EN 207 (e non la sola EN 166 !!!!) adatti all’

apparecchio, uno ad uso del paziente, l’ altro dell’ operatore, qualora questi non siano già disponibili

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Si dovranno chiedere al fornitore i seguenti dati (eventualmente da specificare per singolo manipolo)

a) area dello spot b) banda di frequenza in nm c) potenza di picco e potenza media per i vari programmi disponibili d) classe dell’ apparecchio (norma CEI EN 60825-1) e) programmi disponibili (CW, pulsata, durata degli impulsi, frequenza di ripetizione)

Sono requisiti obbligatori:

a) classificazione dell’ apparecchio (norma CEI EN 60825-1) con etichettatura affissa sullo chassis

b) cartellonistica di avvisazione rischio laser affissa sullo chassis e su ciascun manipolo (apertura laser)

c) laser di puntamento visibile classe max II d) tasto a fungo di spegnimento di emergenza e) comando a chiave con chiave estraibile f) segnalazione ottica/acustica di emissione g) dispositivo interno di misurazione e controllo dell’ output h) manuale con descrizione delle sicurezze e dei programmi terapeutici forniti

Il possesso di questi requisiti obbligatori e di quelli specifici richiesti verrà verificato al momento del collaudo, che dovrà essere effettuato con la partecipazione del coordinatore dell’ ambulatorio interessato o suo delegato, della U.O. Ingegneria Clinica e della U.O. Fisica Sanitaria. Questi soggetti dovrebbero inoltre intervenire nella fase di valutazione tecnica delle offerte, allo scopo di eliminare in partenza quelle certamente non rispondenti alle richieste. 2.3 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE In termini generali, si ribadisce quanto già detto per la magnetoterapia. Sebbene il rischio per il paziente, in un trattamento di laserterapia, sia estremamente modesto, la esposizione indebita dovrebbe essere evitata, in accordo alla filosofia generale della radioprotezione ed al principio di cautela. Per prima cosa le richieste di laserterapia, come quelle di fisioterapia e di terapia fisica e strumentale in generale, dovrebbero essere avanzate da uno specialista o, se provenienti da medici di base, filtrate da un fisiatra. Questa prima, basilare regola dovrebbe garantire la appropriatezza delle prestazioni con eliminazione delle richieste inappropriate e quindi, di riflesso, anche il contenimento delle esposizioni indebite. Noi insistiamo su questi aspetti della organizzazione del lavoro perché, oltre a garantire un abbattimento dei costi associati a prestazioni inappropriate ed una ottimizzazione nell’ uso delle risorse umane e strumentali, sono quelli che sicuramente incidono in modo più rilevante sulla esposizione di operatori e popolazione.

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Diversamente dalla magnetoterapia, comunque, non ci sembra sussistano, almeno sotto il profilo radioprotezionistico, ragioni cogenti per acquisire dal paziente il consenso informato precedentemente alle applicazioni. Infatti non vi sono azioni di filtro particolari da svolgere sui pazienti in ingresso alla laserterapia. 2.4 INSTALLAZIONE DEI SITI DI LASERTERAPIA I laser di classe IIIB devono obbligatoriamente essere utilizzati in ambienti chiusi, delimitati da barriere opache alla radiazione. Quindi il loro impiego deve essere confinato ai box costruiti con barriere quali tende sufficientemente spesse scorrevoli o semifisse, o da pareti fisse in cartongesso. Gli spifferi devono essere eliminati. Ogni volta che sia possibile all’ interno di tali box deve rimanere, durante l’ irradiazione, il solo paziente. IL PAZIENTE DEVE ESSERE FORNITO DEGLI OCCHIALI PROTETTIVI IDONEI PER QUEL TIPO DI LASER. Il manipolo deve essere installato su un apposito stativo possibilmente articolato, per facilitarne il direzionamento. Qualora si vogliano adottare tecniche di irradiazione con movimentazione manuale del manipolo, l’ operatore che rimane nel box deve essere dotato di occhiali protettivi idonei per il laser impiegato. Quindi per ciascun laser vanno previsti in dotazione almeno due paia di occhiali. Non vi sono dimensioni minime per i box; ovviamente vanno salvaguardate la facilità di spostamento dell’ operatore al suo interno ed il comfort del paziente. Una altezza del box di 2,2 m dovrebbe essere sufficiente, anche per box aperti (senza tetto). ALL’ INTERNO DEL BOX TUTTE LE SUPERFICI METALLICHE O COMUNQUE RIFLETTENTI DEVONO ESSERE RIMOSSE. Sulla eventuale parete fissa del box o sulla zona di accesso ai laser box delimitati da tendaggi va affisso in maniera chiaramente visibile il seguente cartello:

PERICOLO LASER

La ZNRO (Zona Nominale di Rischio Oculare) sarà allora definita dalle pareti del box, ed all’ esterno di essa ci si potrà muovere senza accorgimenti radioprotezionistici particolari. Per quanto riguarda invece l’uso dei laser in Assistenza Domiciliare, l’ operatore dovrà rimanere da solo con il paziente nel locale prescelto per il trattamento. Entrambi dovranno indossare gli occhiali.

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2.5 NORME COMPORTAMENTALI NELL’ USO DI SORGENTI LASER Ad ulteriore coronamento di quanto già riportato nel paragrafo precedente, vorremmo sottolineare l’ importanza dell’ uso dei DPI (occhiali antilaser) per l’ operatore che opera all’ interno del box e per il paziente. Ricordiamo che gli occhiali sono specifici per ogni tipo di laser e quindi, a meno che non si lavori in una struttura con laser tutti uguali, si devono indossare occhiali diversi per laser diversi. La raccomandazione, per evitare smarrimenti, danneggiamenti o confusione tra i vari occhiali, è di riporre ciascun occhiale all’ interno del proprio astuccio subito dopo l’ uso. Sull’ astuccio potrà essere applicato un adesivo con sopra scritto il laser cui quel paio di occhiali è associato. L’ astuccio potrà essere collocato in un cassettino all’ interno del box (preferibile) oppure in un armadio. 2.6 CONTROLLO DI QUALITÀ Al di fuori delle operazioni di collaudo sulle nuove apparecchiature, già descritte e che dovranno essere attivate con i nuovi acquisti, e fatte salve le verifiche di sicurezza previste in fase 5, ulteriori specifici interventi di controllo di qualità potranno essere effettuati in base a protocolli che tuttavia restano ampiamente da determinare. L’ obiettivo che a nostro avviso andrebbe perseguito dovrebbe essere quello di rinnovare il parco laser aziendale, dotandosi di modelli nuovi che prevedano, tra l’ altro, un controllo interno dell’ output. In questo modo il controllo sulla costanza di erogazione potrebbe essere eseguito localmente dall’ operatore stesso, su una base circa mensile (richiede normalmente pochi minuti). Questo limiterebbe l’ intervento del controllore centrale (in questo caso, la U.O. Fisica Sanitaria) ai soli casi di ripetuto o frequente fallimento del test. Questo consentirebbe un indubbio aumento della qualità dei trattamenti senza sensibili aumenti di spesa. Il rinnovo del parco non dovrebbe costituire un obiettivo troppo oneroso, dato il basso prezzo delle apparecchiature e gli sconti che si potrebbero spuntare in una gara su base aziendale. 3. SORGENTI OTTICHE INCOERENTI IN FISIOTERAPIA 3.1 RISULTATI DELLA VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO Tipo di sorgenti rilevate Sono state rilevate le seguenti tipologie di sorgenti:

1) irradiatori infrarossi costituiti da array di 2-3 lampade IR2 della potenza di 250 W cadauna installate su stativo direzionabile ed elevabile con regolazione a timer della durata dell’ irradiazione.

2) Sorgenti IR o UV di altro genere, assai vetuste.

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Nessuna di queste sorgenti è etichettata ai sensi della famiglia di norme UNI EN 12198. Non è stata rinvenuta documentazione tecnica alcuna. Caratteristiche principali delle sorgenti Si tratta di una categoria di irradiatori abbastanza disomogenea, costituita da lampade installate su stativi orientabili ed elevabili in modo da favorire il puntamento sulla zona o distretto anatomico da irradiare. È sempre disponibile un timer per impostare il tempo di irradiazione, generalmente nell’ ordine di una decina di minuti. Le sorgenti ottiche incoerenti sono classificate, relativamente al rischio, secondo la citata famiglia di norme UNI EN 12198 oppure secondo la norma CIE 5009-IEC 62471. Non fu possibile però dedurre alcuna classificazione di questo tipo per le sorgenti rilevate, data la completa mancanza di documentazione. Solamente in un caso il costruttore raccomandava l’ uso di occhiali protettivi per il paziente ed una distanza minima lampada-paziente di 50 cm. Tale raccomandazione riguardava una sorgente del tipo I. Neanche lo spettro è noto. Dal nome “IR2” si desume una banda di emissione compresa tra 926 e 956 nm. In via cautelativa, queste sorgenti vanno poste in esercizio entro un box delimitato da pareti opache alla radiazione infrarossa, esattamente come raccomandato per i laser. Dato che si tratta di irradiatori su stativo, la presenza dell’ operatore all’ interno del box durante la irradiazione non è necessaria. Dunque si può stabilire la regola che nessuno, all’ infuori del paziente, deve stazionare nel box durante il trattamento. Il paziente deve essere munito di una protezione oculare abbastanza forte, per evitare danni alla retina ed al cristallino. Un paio di comuni occhiali opachi per esposizioni estetiche va benissimo, garantendo una protezione oculare pressocché totale ad un costo praticamente nullo. Il personale circolante all’ esterno del box e la popolazione non avrebbero così bisogno di protezione individuale alcuna. 3.2 PROCEDURE DI ACQUISTO DELLE SORGENTI Nei capitolati per l’ acquisto di queste sorgenti deve ovviamente essere richiesta la conformità alle direttive in materia di sicurezza e qualità degli apparecchi elettromedicali, già indicate nel paragrafo 1.2. Tuttavia si dovranno inserire richieste addizionali specifiche di sicurezza e dovranno essere poste al fornitore domande precise allo scopo di caratterizzare in maniera non ambigua, dal punto di vista radioprotezionistico, l’ apparecchio offerto. La procedura di acquisto, installazione, collaudo deve avvenire in sinergia con le UU.OO. Ingegneria Clinica e Fisica Sanitaria. Si dovranno chiedere al fornitore i seguenti dati (obbligatori)

a) numero e forma delle lampade b) banda di frequenza in nm di ciascuna lampada c) potenza in W di ciascuna lampada d) classe di rischio dell’ apparecchio rispetto alla emissione di radiazioni ottiche (UNI EN 12198

oppure CIE 5009-IEC 62471)

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f) eventuali raccomandazioni da seguire pertinenti la radioprotezione del paziente (DPI oculari, eccetera)

Sono requisiti obbligatori:

a) classificazione dell’ apparecchio (UNI EN 12198 oppure CIE 5009-IEC 62471) con etichettatura affissa sullo chassis

b) temporizzatore meccanico o elettrico della emissione c) stativo con possibilità di elevazione e direzionamento della sorgente d) segnalazione ottica di emissione e) manuale d’ uso e caratteristiche tecniche

Il possesso di questi requisiti obbligatori verrà verificato al momento del collaudo, che dovrà essere effettuato con la partecipazione del coordinatore dell’ ambulatorio interessato o suo delegato, della U.O. Ingegneria Clinica e della U.O. Fisica Sanitaria. Questi soggetti dovrebbero inoltre intervenire nella fase di valutazione tecnica delle offerte, allo scopo di eliminare in partenza quelle certamente non rispondenti alle richieste. 3.3 PROCEDURE DI AMMISSIONE ALLE TERAPIE Si può fare riferimento a quanto già espresso nel paragrafo 2.3 circa la laserterapia. Il prescrittore deve però tenere presente che la irradiazione è locoregionale (mentre nel caso della laserterapia è estremamente localizzata). Quindi dovrà preavvisare il paziente di eventuali effetti sinergici con la radiazione naturale, soprattutto a carico della cute (scottature da sovraesposizione dovute alla somma con trattamenti estetici o esposizione solare). Questi andranno evitati. Il fototipo del paziente è importante in queste valutazioni. Si può fare riferimento alla seguente tavola sinottica (da un seminario di F. Marciano).

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3.4 INSTALLAZIONE DEI SITI Si possono allestire box mediante tende scorrevoli o semifisse sufficientemente spesse da impedire il passaggio della radiazione (da evitare gli spifferi !) . Ancora meglio sono pareti in cartongesso. Sulla parete esterna del box, o comunque in una posizione ben visibile antistante l’ ingresso, apporre la seguente segnalazione: Non vi sono specifiche regole sulla dimensione dei box. La dimensione minima sarà chiaramente quella necessaria per garantire il comfort del paziente e la facilità di operazione. Un box di due metri per due dovrebbe essere sufficiente. Una altezza del box di 2,2 m è sufficiente, anche per box aperti (cioè senza tetto). ALL’ INTERNO DEI BOX TUTTE LE SUPERFICI METALLICHE O COMUNQUE RIFLETTENTI DEVONO ESSERE RIMOSSE.

ATTENZIONE !!!!

SORGENTE OTTICA INFRAROSSA/ULTRAVIOLETTA

INDOSSARE OCCHIALI PROTETTIVI

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3.5 NORME COMPORTAMENTALI NELL’ USO DI SORGENTI OTTICHE INCOERENTI (LAMPADE PER

TERAPIA) Dato che si tratta di irradiatori su stativo, la presenza dell’ operatore all’ interno del box durante la irradiazione non è necessaria. Dunque si può stabilire la regola che nessuno, all’ infuori del paziente, deve stazionare nel box durante il trattamento. Il paziente deve essere munito di una protezione oculare abbastanza forte, per evitare danni alla retina ed al cristallino. Un paio di comuni occhiali opachi per esposizioni estetiche va benissimo, garantendo una protezione oculare pressoché totale ad un costo praticamente nullo. Il personale circolante all’ esterno del box e la popolazione non hanno così bisogno di protezione individuale alcuna. 3.6 CONTROLLO DI QUALITÀ In linea di massima, si può pensare di sottoporre a controllo periodico due parametri, che sono quelli più influenti sulla qualità delle prestazioni erogate: la costanza della erogazione e la accuratezza del timer. La costanza della erogazione può essere controllata misurando una grandezza fisica che la caratterizza, ad esempio l’ irradiamento di una superficie sensibile standard irradiata in condizioni geometriche standard. Con il passare degli anni il rendimento delle lampade diminuisce e diminuisce perciò anche la efficacia terapeutica. Entro certi limiti si può sopperire allungando in maniera corrispondente i tempi di esposizione. Quando l’ allungamento dei tempi è tale da provocare discomfort nel paziente l’ elemento radiante va sostituito. Diciamo perciò che almeno una volta ogni due-tre anni la costanza dell’ erogazione andrebbe controllata. La accuratezza del timer è essenziale per evitare sovra- o sotto-esposizioni del paziente. Essa può essere controllata misurando la differenza tra tempo impostato e tempo effettivo di irradiazione, quest’ ultimo determinato con un cronografo di riferimento. In linea di principio, si tratta di controlli che nel settore radiologico si fanno da anni. La U.O. Fisica Sanitaria sta valutando la loro estensione alle sorgenti usate in fisioterapia. 4. ULTRASUONOTERAPIA Negli ambulatori fisioterapici sono normalmente disponibili anche irradiatori per ultrasuonoterapia (US). Dal punto di vista tecnologico si tratta di generatori di corrente alternata di qualche decina di watt, che alimentano trasduttori piezoelettrici circolari (montati o no su stativo) o rettangolari (per applicazioni statiche) della superficie di circa 5 e, rispettivamente, 100 cmq. La potenza radiante è impostabile su un range che va da 0,1 a 4 W/cmq. Le frequenze maggiormente usate sono quelle di 1 e 3 MHz. Si usa sia la modalità continua che quella pulsata. In modalità pulsata gli impulsi hanno una durata che normalmente è di circa 200 ns, con frequenze di ripetizione impostabili da 1 a 100 Hz. Gli applicatori possono essere usati a secco per applicazioni a contatto o, se idonei, anche in immersione.

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È bene precisare che la terapia ad ultrasuoni non pone problema alcuno di radioprotezione per l’ operatore. Il suono, alle frequenze usate nella terapia US, non si propaga in aria e dunque non può giungere in alcun modo all’ operatore partendo dall’ applicatore. Si consideri che lo spessore di dimezzamento della intensità sonora in aria è di 0,25 cm ad 1 MHz, e di soli 0,03 cm circa a 3 MHz (ad 1 atm di pressione e 25 °C di temperatura). Quindi sull’ operatore incide un livello di pressione sonora che, considerando una distanza dall’ applicatore di 50 cm, è al più di

(4 W/cmq) x (2-50/0,25) = 2,5 x 10-60 W/cmq , un valore praticamente nullo. Pertanto, se si considerano solamente gli aspetti radioprotezionistici dimenticando per un momento la privacy del paziente, non è assolutamente necessario effettuare la terapia US all’ interno di un box o locale delimitato. Questa terapia è infatti, al pari della TENS, assolutamente innocua dal punto di vista delle emissioni. Il motivo per il quale è opportuno segnalare la terapia US in questa linea guida ha invece a che fare con la sicurezza del paziente e la qualità del trattamento. Al di là delle specifiche controindicazioni (applicazioni su occhio ed utero, su protesi o parti metalliche, su pacemaker o apparecchi similari) per la elencazione delle quali si rinvia ai manuali di fisiatria, ci preme qui segnalare due aspetti relativi alla terapia ad immersione e alla costanza di erogazione. Terapia con immersione; non dovrebbe essere praticata a meno che non vi sia una specifica dichiarazione SCRITTA del fabbricante che l’ applicatore è idoneo all’ uso in immersione. Il rischio è che vi sia penetrazione di acqua all’ interno dell’ applicatore e contatto della medesima con i cavetti di alimentazione del trasduttore. L’ effetto potrebbe essere la folgorazione del paziente, avendo egli parte del suo corpo immerso in quella stessa acqua. Se il trasduttore è alimentato a bassa tensione, si ha comunque il rischio di un corto circuito dell’ apparecchio. Pertanto tale dichiarazione, se non risultante dalla documentazione tecnica fornita dal fabbricante o dal distributore, va richiesta ed i trattamenti in immersione con l’ applicatore “sospetto” dovrebbero essere sospesi fino a quando essa non fosse disponibile. Costanza della erogazione; è presumibile che la potenza radiante degli applicatori vari nel tempo. Gli apparecchi rilevati non hanno un misuratore interno per controllare la costanza della erogazione. Se l’ erogazione diminuisce, il trattamento può diventare inefficace. Se l’ erogazione cresce può sussistere il rischio di un danno termico al paziente. In questo caso, però, è plausibile che tale danno si limiti ad una bruciatura localizzata e reversibile, anche perché il surriscaldamento verrebbe immediatamente avvertito dal paziente stesso che rimuoverebbe l’ applicatore. Anche se il rischio corso dal paziente per eccesso/difetto di erogazione è assai modesto (tenendo conto che la terapia ha per lo più finalità antalgiche) un controllo della costanza di erogazione sarebbe utile. Sfortunatamente, non è facile effettuare un simile controllo e non sono reperibili protocolli di quality assurance in materia. L’ argomento è comunque allo studio da parte della U.O. Fisica Sanitaria. Si raccomanda di segnalare alla U.O. Ingegneria Clinica qualsiasi applicatore che venga avvertito come eccessivamente “caldo” dai pazienti, in modo da predisporne almeno un controllo di funzionalità e deciderne l’ eventuale sostituzione. Nella richiesta di apparecchi per ultrasuonoterapia devono essere chiaramente specificate le frequenze operative (in genere 1 o 3 MHz), i livelli desiderati di pressione sonora (in W/cmq) e le superfici radianti (in cmq), perché queste grandezze determinano l’ estensione del trattamento e la sua profondità. Deve essere chiaramente specificato il numero di applicatori richiesti per ciascun tipo

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(circolare, rettangolare, per trattamento a contatto o in immersione). L’ idoneità alla immersione deve essere chiaramente dichiarata dal fabbricante. Eventuali stativi necessari per sostenere gli applicatori dovrebbero essere forniti con la stessa procedura di acquisto, se non già disponibili. 5. FOTOTERAPIA DI ALTRO GENERE (ITTERO PEDIATRICO, DERMATOLOGIA) Nella terapia neonatale dell’ ittero si utilizzano sorgenti ottiche visibili (VIS) costituite da array di lampade emittenti luce blu (425-480 nm) o bianca. Normalmente si tratta di sei lampade lineari parallele a fluorescenza, inserite in un box riflettente installato su stativo, con possibilità di regolazione della elevazione e dell’ orientamento. La potenza totale è di solito nell’ ordine di 150-200 W e l’ emissione UV è irrilevante, per cui queste lampade non costituiscono in nessun modo un problema per la sicurezza del neonato o per quella dell’ operatore. Ai fini della efficacia del trattamento è però raccomandabile il controllo periodico (diciamo annuale o al più biennale) della costanza della erogazione. Questo controllo può essere fatto con un opportuno misuratore (radiometro) e deve essere presa ad esempio la U.O.S. di Terapia Intensiva Neonatale di Belcolle che si è autonomamente attrezzata in questo senso. In questo reparto, quando l’ esito della misurazione è inferiore a 400 µW/cmq (una soglia raccomandata dal fabbricante) viene avvisata la U.O. Ingegneria Clinica che provvede alla sostituzione degli elementi radianti. Al momento attuale non risultano attive sorgenti UV per il trattamento dermatologico della psoriasi, sebbene si stia pensando di muoversi in questa direzione. Tali sorgenti sono costituite normalmente di cabinet rivestite da lampade UV, all’ interno delle quali il paziente viene trattato sotto stretto controllo dermatologico per quanto riguarda l’ indicazione al trattamento e le modalità della sua esecuzione. Queste sorgenti devono essere installate in un locale apposito separato dal resto dell’ ambulatorio. Nessuno deve essere presente all’ interno del locale durante l’ irradiazione, eccetto il paziente. Il paziente deve essere munito di protezione oculare consistente in occhiali opachi. Le norme comportamentali previste sono le stesse già viste per gli irradiatori incoerenti in fisioterapia. Anche per queste sorgenti è altamente raccomandabile un controllo periodico della costanza di erogazione mediante un radiometro, ed un controllo periodico della accuratezza del timer mediante cronometro, al fine di garantire la conservazione nel tempo della efficacia potenziale del trattamento. 6. AMBULATORI DI OCULISTICA Negli ambulatori oculistici della AUSL di Viterbo sono normalmente usati laser delle seguenti tipologie:

Tipo I) λ = 532 nm (ND:Yag raddoppiato); potenza massima 1,2 W con durata degli impulsi variabile da 0,02 a 2 s ed intervallo interimpulso tra 0,1 e 0,7 s; spot di 50-500 micron.

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Tipo II) λ = 1064 nm (ND:Yag); energia circa 45 mJ/impulso con impulsi di durata fissa pari a 4 ns; emissione a singoli impulsi. Spot come nel caso precedente.

Per una disamina del rischio associato a queste sorgenti (la prima visibile nel verde, la seconda infrarossa) si rimanda a quanto già detto per la laserterapia in ambito fisioterapico. In particolare:

1) Questi laser sono usati all’ interno di locali di ambulatorio e non di box. Durante i trattamenti, nessuno deve essere presente nel locale all’ infuori del medico che esegue il trattamento e del paziente.

2) All’ esterno del locale deve essere affissa la cartellonistica di avvisazione del rischio laser. 3) Se è necessaria la presenza di un operatore addetto alla assistenza del paziente, questo operatore

deve indossare gli occhiali di protezione specifici per quel particolare tipo di laser, indicati dalla U.O. Fisica Sanitaria. Il medico è invece protetto dal sistema ottico dell’ apparecchio (fotocoagulatore o simili).

4) Devono essere eliminate tutte le superfici metalliche o comunque riflettenti (vetri etc.) sulla traiettoria del fascio o nelle immediate vicinanze. Se vi sono finestre o altre superfici di questo tipo, esse vanno coperte con un drappo durante l’ intervento.

5) L’ acquisto, l’ affitto o il comodato di queste sorgenti deve essere concordato con le UU.OO. Ingegneria Clinica e Fisica Sanitaria, che provvederanno al collaudo ciascuno per la parte di sua competenza. La U.O. Fisica Sanitaria potrebbe anche rilasciare prescrizioni sul sito o, d’ intesa con l’ S.P.P., sui DPI.

6) L’ apertura di ambulatori oculistici nuovi, anche con laser già in uso ed ivi ridislocati stabilmente o a turnazione, deve essere segnalata dalla Direzione di Presidio alla U.O. Fisica Sanitaria per la valutazione della idoneità del sito.

7) Quanto detto vale anche per i laser “itineranti” quali quelli utilizzati per la terapia fotodinamica (PDT) o quelli condivisi tra più ambulatori a turno in ambito provinciale.

8) Il controllo di qualità periodico sui laser dedicati alla interventistica in ambito oculistico, in particolare per quanto riguarda la costanza di erogazione, la forma del profilo e la focalizzazione, sarebbe estremamente utile come garanzia della qualità dei trattamenti. Purtroppo le procedure di controllo sono estremamente complesse ed al momento attuale esse rimangono nel regno delle possibilità da sviluppare.

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APPENDICE ELENCO DEI DPI NECESSARI PER LA PROTEZIONE OCULARE DA RADIAZIONI OTTICHE NEI VARI PRESIDI SCRUTINATI NEL CORSO DEL 2008

PRESIDIO

Occhiali antilaser n° pezzi

Classificazione

Occhiali opachi anti infrarosso o

UV; n° pezzi

Note

Oculistica Belcolle

2 2

D 532 L7 IR 1064 L6

0 Per Vitra; per Laserex

Viterbo FKT 2 DI 800-1100 L4 2 Per ASA Orte FKT 4 I 900-910 L5 0

Civitacastellana FKT

4 I 900-910 L5 0

Civitacastellana Oculistica

2 IR 1064 L6 0 Per Laserex

Vetralla FKT 3 DI 790-910 L4 0 Vetralla ADI 2 I 900-910 L4 0

Acquapendente- Via Matteotti

2 I 900-910 L4 2

Valentano FKT 2 I 900-910 L4 2 Montefiascone

FKT 2 I 900-910 L4 0

Montefiascone ADI

2 I 900-910 L4 0

Bagnoregio FKT 0 2 Tuscania FKT 2 I 900-910 L4 2 Tarquinia FKT 2 I 900-910 L4 0

Viterbo ADI 2 I 900-910 L4 0

Nota; I DPI presenti alla data di settembre 2009 soddisfano i requisiti di protezione indicati in questo elenco.

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BIBLIOGRAFIA

1) Prevenzione dei rischi da sorgenti di radiazioni non ionizzanti impiegate in ambito sanitario. Linea Guida Regione Lombardia, 2005

2) AAPM Report 73; Medical Laser: quality control, safety standards and regulations, 2001

3) Direttiva 2006/25/CE del Parlamento Europeo sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative alla esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali); 5 aprile 2006

4) G. D’ Amore, S. Adda; Prorezione dei lavoratori dai campi elettromagnetici: presentazione di casi studio in ambiente industriale e in ambienti sanitari; ARPA Piemonte 2005

5) Gruppo di Lavoro NIR della Associazione Italiana di Fisica in Medicina, sito www.aifm.it

6) Report AIFM n. 5 (2009) – Gruppo di Lavoro NIR – Laser medicali: tipologie, analisi dei rischi, procedure di sicurezza, controlli