Il Responsabile di Nucleo

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1 Molto spesso, chiedendo a chi si proponeva per partecipare ad un corso di formazione per Responsabile di nucleo delle attività assistenziali cosa aveva capito della figura in oggetto e quali fossero i suoi compiti, mi sentivo rispondere quanto vedete nella slide. L’ultima risposta è più una lamentela di alcune mie responsabili in un momento di sconforto, anche se c’è del vero… 2 3 4

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Molto spesso, chiedendo a chi si proponeva per partecipare ad un corso di

formazione per Responsabile di nucleo delle attività assistenziali cosa aveva

capito della figura in oggetto e quali fossero i suoi compiti, mi sentivo

rispondere quanto vedete nella slide. L’ultima risposta è più una lamentela di

alcune mie responsabili in un momento di sconforto, anche se c’è del vero…

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C’è del vero perché effettivamente una figura professionale come il RdN, che

non ha una giornata scandita in modo preciso, con scedenze improrogabili e

gode quindi di una certa libertà e flessibilità, si presta ad assolvere una serie di

compiti più o meno estemporanei e a coprire le lacune del servizio inteso in

senso globale. Faccio un esempio: il RdN non ha compiti specifici

nell’assistenza diretta, ma se manca un’OSS in turno e non si è potuto

provvedere alla sostituzione, sarà portata ad offrire una mano in certe fasi della

giornata, così come, se manca il fattorino è c’è qualcosa di urgente per i reparti

da consegnare o da ritirare, ecco che si chiede al RdN di uscire… non

rappresenta l’ideale, ma è importante, per tutti, fornire disponibilità ad

eseguire compiti inferiori o superiori rispetto al proprio profilo per il bene del

servizio. L’importante è che il tappabuchi non venga considerato una soluzione

definitiva, un modus operandi che diventa consuetudine…perchè il RdN ha

ben altri compiti e responsabilità…

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Eccole, sintetizzate nel nuovissimo documento dell’accreditamento in Emilia

Romagna, le vere responsabilità del RdN, da cui poi discendono i vari compiti.

Per quello che interessa a noi adesso, focalizzerei l’attenzione sulla

promozione della qualità della vita e del benessere degli utenti e sulla gestione

dei processi, cominciando a dire che il secondo è il presupposto per garantire il

primo….infatti se il benesssere lo garantiamo con l’assistenza adeguata e

questa è erogata per processi e secondo procedure, comprendiamo che è nella

competenza della gestione per processi (e dei processi) che poniamo una base

solida alla qualità dell’assistenza.

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Prima di addentrarci nel cuore della relazione, qualche breve considerazione sui processi

nell’ambito socio sanitario. L’intervento nel processo assistenziale di una pluralità di unità

funzionali rischia di generare inefficienze, riduzione della qualità percepita,

deresponsabilizzazione rispetto al primario obiettivo di tutela della salute. Una visione per

processi dell’attività socio-sanitaria consente di risolvere tali problemi. Ogni organizzazione

dovrebbe procedereUn’organizzazione, in relazione ai processi, deve:

individuare quelli critici;

stabilirne la sequenza e le interazioni;

Individuare i process owners;

assicurarne l’efficace funzionamento ed il controllo;

assicurare la disponibilità di risorse per farli funzionare,

monitorarli, misurarli ed analizzarli;

attuare le azioni per il miglioramento continuo.

PECULIARITA’ DEI PROCESSI IN ASSISTENZA

i) La difficoltà di standardizzazione. Tipicamente il processo di erogazione di un servizio

non è statico, ma varia fortemente a seconda delle situazioni; spesso abbiamo un processo

differente, anche se non nelle linee fondamentali, per ciascun utente (produzione “custom”).

2) La contestualità. Il servizio viene fruito dal cliente nello stesso luogo e nello stesso

momentoin cui è prodotto. Non c’è possibilità di “sostituire” il servizio difettoso, poiché non

abbiamoun “magazzino”, come nel caso dei prodotti, in cui mantenere i prodotti finiti e

successivamente controllarne la qualità ed, eventualmente, sostituirli (produzione “just in

time”). Questo inoltre rende scarsamente utili, se non in fase consuntiva, quando il danno è già

stato percepito dal cliente, le attività di controllo: la qualità deve essere prodotta

direttamente dall’operatore ed i suoi superiori non possono impedire che il servizio “difettoso”

giunga all’utente; questa constatazione pone l’accento sull’importanza delle risorse umane

impiegate (vedi il punto 4).

3) La partecipazione del cliente al processo. Molto spesso lo stesso cliente partecipa al

processodi erogazione e ne influenza fortemente il risultato (si pensi ad una visita medica ed

all’importanza che può avere in essa la collaborazione del paziente). (Comakership). Il cliente

non percepisce solo la qualità del servizio finale erogato, ma anche la qualità di tutto il

processo di erogazione (qualità del processo e non solo del prodotto).

4) La fondamentale importanza delle risorse umane. La qualità di un servizio è in genere

strettamente dipendente dalla professionalità di chi lo eroga. È da osservare che l’erogatore del

servizio, colui che è a contatto con il cliente, (il cosiddetto personale di “front line”) ricopre

spesso nell’azienda le posizioni ritenute più modeste, ovvero quelle che vengono meno pagate,

o che comunque consentono più difficilmente di ottenere gratificazioni di qualsiasi genere, e

per le quali è richiesta una qualificazione minima. Per ottenere una buona, e costante, qualità

del servizio è invece indispensabile che tale personale riceve adeguate

formazione e motivazione, così come è richiesto dalle moderne filosofie gestionali ispirate al

Total Quality Management (“la qualità è fatta dall’operatore”).

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Questo ci porta ad una considerazione: non esiste un’assistenza ed

un’assistenza per progetti, come ho avuto modo di sentir dire non solo da

personale di base, ma, purtroppo anche da responsabili. Una volta mi fu detto

da stimabilissimo collega che i progetti individualizzati si fanno solo quando

c’è un problema particolare…sarebbe interessante trovare un’anziano non

autosufficiente senza bisogni da affrontare in modo personalizzato. Non esiste

che ci sia un’alternativa al lavoro per progetti: l’assistenza la si eroga solo per

progetti, l’alternativa è un’improvvisazione da dilettanti allo sbaraglio.

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Questa è la interrelazione fra il processo primario, quelli secondari e le attività

di supporto. A noi interessa notare come il servizio socio assistenziale e quello

sanitario (composto da quello medico, infermieristico, riabilitativo) siano le

componenti di quello primario…

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Per meglio sottolineare il rapporto fra il processo primario e i sottoprocessi, lo

possiamo intendere come quello fra la luce ed i colori che la compongono,

visibili quando la luce stessa viene scomposta passando attraverso un prisma.

Cosi come i colori dell’iride, fusi insieme danno luogo alla luce bianca, così i

processi assistenziale, infermieristico, medico, riabilitativo, ecc, a seconda

delle risorse delle varie organizzazioni, una volta fusi danno luogo al processo

primario. Ma per fare in modo che questo processo funzioni, è bene lavorare

sulla qualità dei singoli sottoprocessi.

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Ma che ruolo ha il RdN nell’ambito del processo di progettazione ed

erogazione dell’assistenza? È il proprietario del sottoprocesso assistenziale. Il

"process owner" è una figura che va necessariamente individuata all'interno

dell'azienda, processo per processo, per il presidio delle prestazioni di questo

ed il continuo miglioramento dei suoi output.

In caso di disegno di un processo, di sua implementazione o di suo ridisegno,

al "process owner" spetta l'analisi degli interventi da effettuare ed il rispetto

dei tempi di realizzazione.

Il ruolo centrale riconosciuto al "process owner" deriva dalla visione d'insieme

che tale figura deve possedere e dalla maggiore sensibilità e competenza che

deve continuamente dimostrare nell'analisi delle attività critiche presenti

all'interno del processo.

Process owner = coordinatore rsponsabile

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Abbiamo visto come il processo assistenziale sia soltanto una parte del

processo primario, che racchiude al suo interno anche quello sanitario

(medico+infermieristico + riabilitativo). Parlare del RdN senza parlare del

responsabile delle attività sanitarie è praticamente impossibile. Ci proviamo

facendo un’operazione di ritaglio, tipo quella che si può fare con le immagini

al computer.

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Nel definire come si esplica il ruolo del RdN in questo tipo di processo

partiamo dalla prima difficoltà / responsabilità: garantire la sostenibilità

degli interventi assistenziali. Questa considerazione sulla sostenibilità dei

processi socio sanitari ci illustra sulla complessità e delicatezza della gestione

di tali processi. Il processo di progettazione ed erogazione dell’assistenza non

sfugge a tale principio, anzi, la sostenibilità dell’intervento assistenziale è un

presupposto dell’intervento stesso, un criterio inderogabile che sta alla base di

tutto il lavoro dell’èquipe. Chi governa tali processi, su mandato del

responsabile ultimo del servizio, deve garantire che che ogni progetto sia

sostenibile sia a livello economico che organizzativo.

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Vediamo ora su quali componenti del processo assistenziale, interviene il RdN

al fine di contribuire alla efficace ed efficiente realizzazione del processo

primario di progettazione ed erogazione dell’assistenza. La prima componente

è sicuramente la risorsa umana, in questo caso l’OSS. Per comprendere

l’intervento del RdN vediamo però quale ruolo recita l’OSS all’interno del

lavoro per progetti, in particolare facciamo uno zoom sul ruolo dell’OSS tutor.

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In virtù dei compiti assegnati all’OSS tutor, il RdN è chiamato a…

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Non meno importante è il compito della Raa all’interno delle riunioni d’équipe per la discussione del PAI. Si tratta, fondamentalmente,

di indossare le vesti di conduttore della discussione, garantendo a tutti il diritto di esprimere la propria opinione, sollecitando coloro

che sono un po’ reticenti, richiamando l’attenzione dei partecipanti quando si accorge che qualcosa sta sfuggendo, stoppando sul

nascere divagazioni “pericolose” per garantire il rispetto dei tempi. Inoltre, è molto importante che controlli la corretta

formalizzazione del documento in cui è contenuto il PAI, in modo che siano espressi chiaramente gli obiettivi, le azioni, gli indicatori,

le responsabilità ed i tempi. Un PAI formalizzato in modo chiaro ed univoco può già costituire un buon presupposto per l’integrazione

e quindi per la buona riuscita dell’intervento assistenziale

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L’ attività di verifica del PAI viene svolta dall’ equipe interdisciplinare e si fonda

quindi sulla corrispondenza del progetto ai dati in ingresso.

Attraverso l’attività di verifica l’equipe indica gli eventuali scostamenti del progetto

elaborato (e ritenuto necessario) da quello attuabile in ordine ai seguenti elementi:

Disponibilità delle risorse umane

Disponibilità delle risorse strumentali ( mezzi, strumenti)

Coinvolgimento fornitori

Coinvolgimento dei parenti

Coerenza degli obiettivi rispetto al VAOR

Se dopo questa attività di verifica del PAI non si evidenziano scostamenti e

tutti gli obiettivi sono coerenti rispetto alla valutazione multidimensionale e sono

“coperti” dalla disponibilità di risorse, la RAA, la RAS e RRC, ognuno per quanto di

sua competenza, appongono una firma sul PAI e di fatto approvano il Progetto dal

punto di vista tecnico. Attraverso tale approvazione, RAA, RAS e RRC valutano anche

la fattibilità operativa del progetto (Riesame del Progetto) e avviano l’attività dierogazione del Servizio.

Nel caso in cui i Responsabili di Servizio evidenzino incoerenze fra gli obiettivi del PAI

e le risultanze della VMD (VAOR) non dovute a mancanza di risorse ma a sviste o

dimenticanze, non firmano il PAI e lo sottopongono, durante la stessa seduta, ad una

nuova valutazione da parte dell’équipe. Se, per motivi vari, non è possibile rivedere il

PAI immediatamente, RAA e/o RAS lo ripresentano all’équipe entro 5 giorni.

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