Il regolamento è pubblicato all’indirizzo ... · Quest’anno si parte con un mistero...

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Parte la 2 a edizione del Concorso “Diffusione della Cultura scientifica - Federico II”. Il regolamento è pubblicato all’indirizzo www.concorsodcs.unina.it I temi scelti per la seconda edizione sono: LE CELLULE STAMINALI I NUMERI PRIMI

Transcript of Il regolamento è pubblicato all’indirizzo ... · Quest’anno si parte con un mistero...

Parte la 2a edizione del Concorso “Diffusione della Cultura scientifica - Federico II”.

Il regolamento è pubblicato all’indirizzo www.concorsodcs.unina.it

I temi scelti per la seconda edizione sono:

LE CELLULE STAMINALI

I NUMERI PRIMI

Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo

www.comeallacorte.unina.it

Se state leggendo queste poche righe, vuol dire che avete davanti agli occhi l’inserto speciale del Corriere

del Mezzogiorno “Come alla corte”.

Parte il quarto ciclo dell’iniziativa di divulgazione scientifica della Federico II. Iniziativa fino ad oggi

baciata dalla fortuna, vista la straordinaria cornice di pubblico presente agli interventi di personaggi tutti

di grande levatura.

Quest’anno si parte con un mistero intrigante: la scomparsa di Ettore Majorana. Intorno alla vicenda del

grande fisico siciliano ed alla sua misteriosa sparizione molto si è parlato. Molto si è scritto. Ricordiamo,

ad esempio, il bellissimo volume di Erasmo Recani, fisico milanese, vero e proprio biografo di Ettore

Majorana. Così come ricordiamo il bellissimo romanzo di Sciascia. Nonostante tanta attenzione e tante

ricerche, il mistero è giunto fino ai giorni nostri. Ce ne parlerà Carlo Lucarelli, scrittore e giornalista molto

noto per le sue qualità e per il suo acume.

Di fianco a questo articolo, troverete il calendario degli altri incontri. Si tratta ancora una volta di un

parterre straordinario per qualità dei relatori ed interesse delle tematiche trattate. Lasciatemi esprimere

la grande soddisfazione per questa iniziativa così ben riuscita. A tutta l’équipe buon lavoro ed a tutto il

pubblico, buon ascolto.

Guido Trombetti

Carlo Lucarelli

Nato nel 1960 a Parma, vive tra Mordano (Bo) e San Marino. Affermato scrittore di letteratura gialla e noir, sa mescolare sapientemente i generi tra loro ottenendo risultati sorprendenti. Il suo percorso narrativo va dai racconti brevi sparsi nelle varie antologie del "Gruppo 13" (di cui fa parte) alla trilogia giallo-storica con il commissario De Luca pubblicata dalla Sellerio (Carta bianca, L'estate torbida e Via delle Oche); dai fumetti alle sceneggiature; e ancora, racconti saggistica e teatro. È membro di varie associazioni: l’AIEP (Associazion Internazional Escritor de Poliziaco, fondata a Cuba da Paco Ignatio Taibo II) e dell’Associazione Scrittori-Bologna. E' stato docente di scrittura creativa alla Scuola Holden di Alessandro Baricco a Torino e nel carcere "Due Palazzi" di Padova. Ha creato e curato la rivista telematica "Incubatoio 16". Ha vinto il "Premio Alberto Tedeschi" con il romanzo "Indagine non autorizzata" nel 1993, il "Premio Mistery" con "Via delle Oche" nel 1996, con il romanzo L'Isola dell'Angelo Caduto è stato finalista al "Premio Bancarella" nel 2000, e nello stesso anno ha vinto il "Premio Franco Fedeli". Collabora alla collana Stile libero Einaudi nella quale sono inseriti i suoi romanzi Il Giorno del Lupo, Almost Blue e Guernica. Ha condotto per la RAI il

programma televisivo Mistero in Blu successivamente intitolato Blu notte: in ogni puntata narra un caso insoluto di omicidio come fosse un giallo e ricostruisce la storia dell'Italia attraverso i suoi misteri insoluti ed è ora giunta alla sesta serie. Ha sceneggiato il radiodramma Radio Bellablù per RadioTre. Ultimamente ha pubblicato Un Giorno dopo l'altro per Einaudi nel quale riprende il personaggio Grazia Negro apparso per la prima volta in Lupo Mannaro che in Almost Blue .Tra le sue numerose altre attività: scrive soggetti per videoclip (l’ultimo, per Vasco Rossi, ha avuto la regia di Roman Polansky). Da un suo racconto (LaTenda Nera in "Nero Italiano" Mondadori) è stato tratto uno sceneggiato televisivo con Luca Barbareschi e dal suo romanzo Almost Blue, Alex Infascelli ha tratto il film omonimo. Inoltre ha collaborato con Dario Argento per il suo ultimo film Nonhosonno. Il suo libro Lupo Mannaro è diventato un film di Antonio Tibaldi con sceneggiatura sua e di Laura Paolucci. Sono pronte le sceneggiature e sono stati acquistati i diritti anche di diverse sue opere quali Laura di Rimini. Ha scritto le sceneggiature di 4 film per la Tv andate in onda su RAI 2 con protagonista l’Ispettore Coliandro dirette da I Manetti Bros. E' sempre in movimento da un capo all'altro dell'Italia e anche all’estero. Partecipa volentieri a quante più manifestazioni e incontri letterari può (soprattutto se dedicati alla letteratura gialla e noir). Quasi tutti i suoi romanzi sono stati tradotti e pubblicati in Francia, Olanda, Grecia, Spagna, Germania, U.S.A., U.K., Islanda, Norvegia, Portogallo, Brasile, Giappone e Romania. Altri suoi libri sono: Compagni di Sangue (Le Lettere, Rizzoli), Medical Thriller (Einaudi 2002) con Eraldo Baldini e Giampiero Rigosi, Misteri d'Italia - i casi di Blu Notte (Einaudi 2003), Serial Killer - Storie di ossessione omicida, (Mondadori 2003), Il Lato Sinistro del Cuore Nuovi Misteri d'Italia - i casi di Blu Notte(Einaudi 2004), il dvd La Mattanza (Einaudi 2004), La scena del crimine (Mondadori 2005), Tracce Criminali (Mondadori, 2006) con Massimo Picozzi.

Nel romanzo di Sciascia, Majorana diventa una figura simbolica

dei rapporti tra scienza e storia, un anti-eroe della responsabilità dello scienziato.

Crediamo che Majorana di questo tenesse conto, pur nell’assoluto e totale desiderio

di essere “uomo solo” o di “non esserci più”;

che insomma nella sua scomparsa prefigurasse, avesse coscienza di prefigurare un mito:

il mito del rifiuto della scienza”.

COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

IL MISTERO MAJORANA

Carlo Lucarelli

Scrittore

Ci sono alcuni misteri della nostra storia

che noi scrittori di romanzi gialli vorremmo non

fossero mai accaduti. In molti casi perché così si

sarebbero risparmiate reali sofferenze a reali

personaggi, ma in altri anche perché avremmo

voluto inventarli noi e scriverli in un romanzo

invece di trovarceli già fatti in ricordi,

testimonianze e saggi.

Il “caso Majorana” è uno di questi e non

per nulla ha suscitato, tra gli altri, l’interesse di

un grande scrittore di mistero e inquietudine

come Leonardo Sciascia che a quello dedicò uno

dei suoi libri.

Ettore Majorana scompare all’improvviso

il 26 marzo del 1938. In ogni scomparsa c’è

sempre qualcosa di misterioso ma in questa ci

sono tutti gli elementi in grado di fare di un caso

di cronaca, per quanto importante e doloroso, un

caso da romanzo, destinato a restare impresso

nell’immaginario. Già l’ultimo luogo in cui viene

visto, il piroscafo che da Napoli porta a Palermo,

una nave, un viaggio, il mare, e poi il momento

in cui questo accade, gli anni ’30, gli anni del

fascismo e del nazismo, con la guerra in arrivo, i

tempi più oscuri e sconvolgenti che il secolo

abbia vissuto, ma anche l’ambiente di lavoro di

Majorana, quello di scienziati come Enrico Fermi

e di Emilio Segrè, dell’istituto di via Panisperna,

della fisica delle grandi scoperte in grado di

rivoluzionare la storia stessa dell’umanità, tutto

concorre a fare di questo mistero un Mistero con

la emme maiuscola.

Ma soprattutto lui, Ettore Majorana, con

la sua genialità ma anche con i suoi silenzi, le

sue contraddizioni, le sue inquietudini, visibili

fino dal suo aspetto saraceno, dal ciuffo che gli

scende sugli occhi accigliati, dagli appunti scritti

in fretta su un pacchetto di sigarette, mentre

viaggia sul tram.

Quello che gli è successo, dove sia finito

e perché resta un mistero, e anche questo,

naturalmente, contribuisce ad alimentare il mito.

Di ipotesi ce ne sono tante, tutte affascinanti e

suggestive, convento, Argentina, Germania,

suicidio, follia, e credo che se alla fine saltasse

fuori un documento o un atto giudiziario che ne

certificasse una qualunque il mistero resterebbe

ugualmente, come è accaduto per altri

personaggi ugualmente geniali, inquieti e

misteriosi, Luigi Tenco, per esempio.

A meno che la soluzione del mistero non

arrivasse al nocciolo delle questione. Che è

sempre lo stesso. Lo diceva il commissario De

Vincenzi, che proprio in quegli anni prendeva

vita nelle pagine di Augusto De Angelis, quello

che ci interessa non è il nome dell’assassino, ma

il mistero del cuore umano.

Perché non dobbiamo dimenticarci che

Ettore Majorana non è soltanto il “caso

Majorana”, ma un uomo, reale e concreto, che

ha agito, pensato e sentito nella realtà della vita.

Con buona pace di noi giallisti.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

MAJORANA E CAFFÈ. MISTERI NON RISOLTI

Ermanno Rea

Scrittore

Questa è una congettura. Da prendere,

come del resto tutte le congetture, con le molle

del dubbio e dello scetticismo. Ruota intorno al

nome di un convento – quello di Serra San

Bruno, in Calabria – dove lo scrittore Leonardo

Sciascia, in un libro dedicato a Ettore Majorana,

immaginò che fosse potuto andare a nascondersi

il più dotato dei “ragazzi” che si raccolsero nella

“scuola di Roma” intorno a Enrico Fermi (il libro

affaccia il dubbio che nello stesso convento,

come sospinto da un medesimo destino e da un

non dissimile bisogno di espiazione, si

rinchiuderà poi anche il pilota del B29 che

sganciò la prima bomba atomica, quella su

Hiroshima).

Secondo Sciascia, Majorana intuì, grazie

alla sua forte sensibilità, quale destino tragico

stessero spalancando al mondo le ricerche in

campo atomico in corso un po’ dappertutto e in

particolare in Italia. Anzi la “visione” lo

sgomentò talmente da indurlo a una clamorosa

protesta (contro la scienza). E perciò scomparve.

Per forzata che possa apparire, è una

tesi suggestiva. Come appare suggestiva, per

forzata che possa apparire a sua volta, la tesi di

un Federico Caffè (altro famoso “desaparecido”,

titolare della cattedra di Politica economica

all’università la Sapienza di Roma, scomparso

nel 1987 e mai più ritrovato) che si ritrae in se

stesso e decide di inabissarsi nel nulla per

protesta: verso un mondo che smentisce ogni

speranza di giustizia, ogni aspirazione

egualitaria, ogni previsione di sviluppo

equilibrato della collettività per celebrare invece,

parossisticamente, gli “interessi” a danno delle

“idee”. Anche la scienza economica può subire,

perché no?, il “mito del rifiuto”; può apparire

improvvisamente mendace e illusoria; può

scatenare una incontenibile voglia di oblio.

Si definisca pure tutto ciò semplice

suggestione. Questo non esclude, in ogni caso,

che in tale tragedia collettiva, epocale, appaiono

immerse completamente. sia la biografia di

Majorana che quella del suo tardo epigono Caffè.

Una quindicina d’anni fa scrissi un libro

sul caso dell’economista scomparso (da quel

libro fu anche tratto un film di notevole

efficacia), feci ricerche accurate su di lui e posso

testimoniare come, soprattutto negli ultimi mesi

della sua presenza tra i vivi , egli apparisse

divorato da un’angoscia indicibile, catastrofica,

un uomo capace soltanto di sfoghi amari,

rampogne, denunce (anche per quella sinistra

nella quale aveva sempre creduto ma nella quale

ormai credeva sempre di meno).

Suggestionato dal libro di Sciascia,

ricordo che andai a cercare Caffè perfino nel

convento calabrese, accompagnato da un prete,

a sua volta suggestionato dal mio stesso

teorema: Serra San Bruno come simbolo di

possibili fughe religiose (o semi-religiose) dal

mondo. Senonché il canuto e candido Superiore

che ci ricevette (l’abito dei certosini è di panno

bianco) smentì tutte le nostre illazioni di

improvvisati investigatori. Fu veemente (troppo

veemente?): il convento non ospita e non aveva

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

mai ospitato estranei. Majorana? Caffè? Il pilota

che sganciò la bomba su Hiroshima? Via, signori,

cercate altrove.

Eppure, anche a tanta distanza di tempo,

io continuo a pensare che qualcosa della mia

ricostruzione degli avvenimenti, così come la

formulai allora, continua a resistere. La

riassumo. Quando Caffè decise di uscire di

scena, si ricordò del libro di Sciascia contenuto

nella libreria di casa e si impossessò del volume

che infatti il fratello Alfonso non troverà più.

Lo portò via con sé?

Sono costretto a citare me stesso: «Della

vicenda lo affascina soprattutto la scelta di

Majorana di scomparire in un grande buio.

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

Forse lo scuotono (e lo provocano) le

parole di Enrico Fermi riportate dal libro: “… con

la sua intelligenza, una volta che avesse deciso

di scomparire o di far scomparire il suo

cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito”

(sono all’incirca le stesse parole che pronuncerà

Alfonso Caffè parlando del fratello).

Forse si sofferma con particolare

interesse (o addirittura affascinato?) sulle pagine

in cui Sciascia racconta la sua breve visita al

convento calabrese: lunghi e deserti corridoi,

celle vuote, ingiallite e tarlate acqueforti,

insomma tante “visioni” che procurano allo

scrittore “un senso di dissolvimento e di irrealtà,

come di un sogno quando si sa di sognare”».

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

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SCIASCIA E MAJORANA

Antonio Saccone

Professore di Letteratura Italiana moderna e contemporanea Università degli Studi di Napoli Federico II

«Prediligeva Shakespeare e Pirandello»:

l’informazione, divulgata da Edoardo Amaldi, uno

dei «ragazzi» raccolti negli anni Trenta intorno

ad Enrico Fermi nel mitico laboratorio di via

Panisperna, la si legge come epigrafe al

volumetto, sospeso tra pamphlet e fiction, che a

metà degli anni Settanta Leonardo Sciascia

dedica al caso Majorana. Mettere in evidenza,

sulla soglia paratestuale, quelle opzioni letterarie

è il modo più suggestivo e inquietante per

rinvenire nell’amletica, presaga estraneità al suo

tempo le ragioni profonde della volontà di Ettore

Majorana di non intricarsi più con gli altri, di

preparare, organizzare con esattezza

matematica l’enigma della propria scomparsa.

Del trentunenne scienziato si smarriscono le

tracce nel marzo del 1938, tra la partenza e

l’arrivo in un viaggio per mare da Palermo a

Napoli: l’investigazione narrativa allestita da

Sciascia, escludendo le banalizzanti ipotesi

ufficiali della follia e del suicidio, accredita

l’immagine di un uomo che, intenzionato a

sottrarsi ai grandi interrogativi posti dalla

scienza, sceglie il ritiro assoluto in un convento

di frati certosini, per mettere in atto, al pari dei

pirandelliani Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda,

il totale desiderio di essere «uomo solo» o di

«non esserci più», di attingere a «una

condizione in cui dimenticare, dimenticarsi ed

essere dimenticato». Il fatto stesso che

Majorana sia nato, come Pirandello (e come

Sciascia), in una terra, la Sicilia, in cui

«l’assenza se non il rifiuto della scienza» si

configura come misura di vita, ma sia nel

contempo uno scienziato, costretto ad assumere

la scienza come funzione esistenziale, non può

non stridere come angosciosa dissonanza. Se

per Fermi e il suo gruppo romano la scienza è un

segreto che sta fuori di loro, da raggiungere, da

colpire e possedere, insomma «un fatto di

volontà», per Majorana è un segreto che sta

dentro di lui, «al centro del suo essere; un

segreto la cui fuga sarebbe stata fuga dalla vita,

fuga della vita». Ne è un segno esteriore, ma

non per questo superficiale, la nonchalance con

cui il giovane fisico, fumatore accanito, trascrive

formule, calcoli e teorie sui pacchetti di

«Macedonia», che poi butta nel cestino, appena

fumata l’ultima sigaretta. A subire questo esito è

anche la teoria, che prende il nome da

Heisenberg, del nucleo fatto di protoni e

neutroni, ideata ed elaborata da Majorana prima

che sia resa nota dal professore di Lipsia. Il

rifiuto di rivendicarne la legittima paternità si

accompagna ad un sentimento di gratitudine per

Heisenberg che appare come un amico

sconosciuto: «uno che senza saperlo, senza

conoscerlo, l’ha salvato da un pericolo, gli ha

come evitato un sacrificio».

All’annuncio della pubblicazione della

teoria di Heisenberg il commento di Majorana è

che con essa è stato detto tutto sull’argomento e

«probabilmente anche troppo». Non è solo la

trappola della continuità e regolarità accademica

a sgomentare Majorana, ma quella, micidiale e

pericolosa, predisposta dalla stessa scienza e dai

suoi imprevedibili sviluppi. Sciascia ricorda che

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

Fermi e i suoi collaboratori ottengono senza

avvedersene la fissione (allora scissione) del

nucleo di uranio nel 1934. È probabile che

Majorana riesca a vedere quello che i fisici

dell’Istituto romano non sono ancora in grado di

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

vedere: «“In una manciata di polvere ti mostrerò

lo spavento” dice il poeta. E questo spavento

crediamo abbia visto Majorana in una manciata

di atomi».

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

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MAJORANA A NAPOLI

Bruno Preziosi

Professore di Struttura della materia Università degli Studi di Napoli Federico II

Majorana arrivò a Napoli verso il 10

Gennaio 1938 e concordò col preside di tenere la

lezione inaugurale il 13 gennaio. Ad essa gli

studenti iscritti al corso non furono invitati,

mentre furono presenti, oltre a qualche

familiare, fra cui la madre, alcuni professori della

Facoltà; fra questi era sicuramente presente

Renato Caccioppoli

La prima lezione tenuta agli studenti fu

tenuta il 15 gennaio, l'ultima il 24 marzo. Gli

studenti presenti a tutte le lezioni furono Nella

Altieri, Gilda Senatore, Laura Mercogliano, Nada

Minghetti, Sebastiano Sciuti e Savino Coronato,

allievo di Caccioppoli che si laureerà in

matematica proprio nel ’38. Nessun altro, come

testimoniatomi da Gilda Senatore e Sebastiano

Sciuti, assisté alle lezioni di Majorana, salvo,

sporadicamente, Mario Cutolo.

Le lezioni proseguirono regolarmente,

salvo una lunga interruzione, dal 18-2 al 9-3,

dovuta ad una sospensione delle attività

didattiche per la visita del Re, di Hitler e di

Mussolini.

Il giorno prima della partenza per

Palermo, Majorana consegnò una cartella alla

allieva Gilda Senatore contenente tra l’altro gli

appunti delle sue lezioni. Tali appunti furono,

molti mesi dopo, consegnati dalla Senatore a

Francesco Cennamo, suo futuro marito, e da

questi a Carrelli. Ancora in base alla

testimonianza di Tartaglione ed al carteggio fra

Amaldi a Carrelli, possiamo dire che tali appunti,

incompleti, furono da Carrelli dati ad Amaldi il 13

Maggio 1950 e, dopo varie vicissitudini,

depositati da quest’ultimo alla Domus

Galilaeana. Nel 1987, in occasione di un

Congresso Nazionale di Fisica, tali appunti

furono pubblicati anastaticamente, insieme a

vari commenti, in un libro edito da Bibliopolis.

Sulla scomparsa di Majorana riporterò

solo una testimonianza, fattami da Elio

Tartaglione, dalla fine degli anni quaranta

assistente di Carrelli, secondo cui quest'ultimo,

durante una visita al Chiostro di S. Gregorio

Armeno (convento di clausura per suore) per

vederne il restauro, mentre erano nei pressi

della fontana del Bottiglieri a un tratto puntò il

dito verso alcune finestre e disse: ''in una di

quelle celle Ettore Majorana praticò gli esercizi

spirituali''.

Qualche giorno dopo questa

informazione, mi recai con Tartaglione al

Chiostro per rendermi conto de visu della

situazione; in quella occasione incontrammo

nella Chiesa un francescano abbastanza maturo,

sicuramente appartenente al vicino Convento di

San Lorenzo Maggiore, convento di clausura per

frati. Gli chiedemmo notizie sulle procedure che

si praticavano cinquant'anni prima per gli

esercizi spirituali; ci rispose con gentilezza,

facendoci una lezione sugli stessi e, quando gli

dicemmo che il nostro interesse derivava dal

fatto che un fisico aveva ritenuto di fare in

quegli anni questa esperienza, il suo tono si

permeò di quella ''diffidenza e ironia'' di cui parla

Sciascia nelle ultime pagine del suo libro e si

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

allontanò verso S. Lorenzo Maggiore. Pregai Elio

di rendere la sua testimonianza per iscritto 'a

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

futura memoria' al Rettore Fulvio Tessitore, cosa

che avvenne qualche giorno dopo.

Chiesa di San Lorenzo Maggiore, Napoli

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I NEUTRINI. MAJORANA AVEVA RAGIONE?

Renato Musto

Professore di Fisica Teorica Università degli Studi di Napoli Federico II

Nei periodi gloriosi della fisica fenomeni

inattesi vengono previsti da teorie molto

generali e poi ben presto confermati. Un magico

accordo sembra allora regnare tra natura e

ragione. Nel 1928 Paul Dirac, descrivendo le

particelle di spin ½ in modo consistente con la

relatività speciale e la meccanica quantistica,

predisse l’antimateria. Oltre all’elettrone deve

esistere una particella di massa e spin eguali,

ma di carica opposta, il positrone, scoperto da

Carl Anderson nel 1932. Da allora l’antimateria è

una presenza costante nella scienza e nella

fantascienza.

Non sempre la corrispondenza tra teoria

ed esperimenti è così rapida e felice. Nel 1937

Ettore Majorana introdusse per le particelle

neutre di spin ½ “una descrizione teorica, in

armonia con i metodi generali della meccanica

quantistica,” per cui “non vi è più nessuna

necessità di presumere l’esistenza di

antineutroni o antineutrini”. La previsione si è

rivelata errata per il neutrone, che una carica,

detta barionica, legata all’interazioni forte,

distingue dall’antineutrone. Ma per il neutrino la

questione è aperta: è una particella di Dirac, con

una nuova carica, la leptonica, ed una sua

antiparticella, o di Majorana, coincidente con

l’antiparticella?

Il neutrino è una particella elusiva che

impone pazienti attese, perché interagisce

pochissimo, solo mediante la forza debole e

quella gravitazionale. Postulato da Wolfang Pauli

nel 1930, fu osservato solo nel 1958. Già nel

1957 Bruno Pontecorvo aveva previsto che

diversi tipi di neutrini, dotati di massa, potessero

trasformarsi l’uno nell’altro. Queste oscillazioni

dei neutrini, osservate direttamente solo di

recente, vengono intensamente studiate. Oggi

sappiamo che vi sono tre tipi di neutrini. Uno che

interagisce con l’elettrone e gli altri

rispettivamente con il mu e il tau, particelle

simili all’elettrone tranne che per la massa. Tutti

e tre appaiono sempre con lo spin antiparallelo-

e mai parallelo- alla direzione del moto. E,

infine, i neutrini hanno stati di massa molto più

piccola di quella delle altre particelle.

Majorana aveva ragione? Non vi è

ancora una risposta univoca. Ma il futuro

scommette sui neutrini di Majorana, presenti in

modo naturale nelle teorie più recenti. E,,

soprattutto, l’esistenza di neutrini di Majorana

potrebbe spiegare la loro massa molto piccola,

che sarebbe indotta, mediante un divertente

meccanismo ad altalena, da un neutrino di

massa molto elevata, presente alle altissime e

non accessibili energie dove le interazioni forte,

debole ed elettromagnetica si unificano.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

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SPINORI DI MAJORANA ED OTTICA QUANTISTICA

Salvatore Solimeno

Professore di Struttura della materia Università degli Studi di Napoli Federico II

Ettore Majorana ha attraversato la fisica

degli anni 30 come una meteora producendo

lavori caratterizzati da grande attenzione alle

novità sperimentali dell’epoca e dall’eleganza

della formulazione matematica. L’importanza di

molte sue idee è andata crescendo nel tempo.

Solo negli anni 50-60 si cominciò ad apprezzare

la sua rappresentazione di campi spinoriali. Lo

stesso dicasi per la sfera di Riemann-Majorana-

Bloch, che sta fornendo una rappresentazione

efficace della evoluzione dei qubit in

computazione quantistica.

Un’idea di cosa siano gli spinori di

Majorana ce la si può fare immaginando una

particella puntiforme capace di ruotare su se

stessa, nonostante l’estensione spaziale nulla. Il

lettore non diffidi della propria difficoltà ad

accettarla, se a Goudsmith ed Uhlenbeck che

chiedevano di ritirare la propria nota sullo "spin"

dell’elettrone, Ehrenfest ebbe a replicare che

“non c’era troppo da preoccuparsi essendo gli

autori molto giovani e della cui stupidità non

c’era tanto da vergognarsi”. Questi dottorandi

s’erano posti il problema della discrepanza tra le

6 righe osservate da Paschen nello spettro

dell’elio He+ e le 5 previste dalla teoria di

Sommerfeld, adottando lo stesso metodo di chi

cerca di decrittare qualche lingua sconosciuta

(Goudsmit era esperto in decifrazione di

geroglifici). Ed alla fine c’erano riusciti

attribuendo valori seminteri ad una quantità fino

allora assunta come intera. La storia si è ripetuta

decenni più tardi con l’assegnazione di cariche

frazionarie, colori e sapori ai quarks (Gell-Man si

ispirò ai Finnegan Wakes di Joyce per il termine

"quarks"). Qualcosa di analogo lo si ritrova in

Majorana col suo ampio spettro di interessi

scientifici ed umanistici.

L’oggetto nato come una trottola è

divenuto nei decenni successivi il modello di

molti sistemi, tra i quali i laser sono i più

rappresentativi: giocando opportunamente con

atomi ridotti a due soli livelli si è riusciti a

governare la materia fornendo al quesito posto

da Rutherford a Bohr “Come fa un elettrone a

sapere in quale orbita saltare?” una risposta

forse tardiva: "Salta dove la pompa lo manda”.

La descrizione in termini di spin abbraccia

un’ampia gamma di sistemi che vanno dai mezzi

pompati otticamente, ai sistemi superradianti

scoperti in ammassi stellari e, ultimi nati, i

registri formati da ioni intrappolati e che

costituiscono gli elementi fondamentali dei

computer quantistici. Ebbene tutti questi sistemi,

oggetto di studio dell’ottica quantistica, sono

descritti da spinori di Majorana.

Quel che rende affascinante il

comportamento di questi "spin" è che possono

esistere come sovrapposizione di due stati. Per

farsene un’idea si può pensare al gatto di

Schrödinger, un esperimento mentale. Si

immagini di avere un gatto in una scatola il cui

destino è legato all’esito di un certo evento

quantistico, un output 0 o 1. Se è 0 allora il

gatto muore, mentre se è 1 il gatto rimane vivo.

Ora, l’unico modo per conoscere il valore

dell’output è aprire la scatola e vedere se il gatto

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Un mistero ancora non risolto: la scomparsa di Ettore Majorana

è vivo o morto. Una volta aperta la scatola, tutto

si svolge secondo il senso comune: vi troviamo

dentro un gatto vivo o morto, a seconda dei

casi.

Ma prima che aprissimo la scatola, il

gatto era vivo e morto contemporaneamente?

Siamo stati noi, aprendo la scatola, a far

precipitare la situazione e a determinare il suo

fato? Anche se questa storiella non deve essere

presa alla lettera, mette in guardia sugli effetti

della decoerenza in ottica quantistica, che

modifica profondamente l’evoluzione dei sistemi

reali producendo la ben nota irreversibilità della

termodinamica.

Chi pensa con pessimismo alla crisi di

Internet e della new economy, non si accorge

che si è già entrati nella nuova era della

"Quantum Information". Computer quantistici

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

già esistono in natura. Gli enzimi ne sono un

esempio. Mentre in un computer tradizionale

ogni dato è codificato in lunghissime stringhe di

componenti bistabili, in un computer quantistico

i dati vengono immagazzinati in elementi di tipo

nuovo, detti qubit, rappresentati dai due livelli di

energia di uno ione opportunamente

intrappolato. Inviando impulsi laser di opportune

frequenze si riesce a pilotare l’evoluzione di

queste stringhe di qubits. Associando poi questi

oggetti a punti della sfera di Riemann-Majorana-

Bloch un computer quantistico diventa una sorta

di planetario con qubit che descrivono complesse

traiettorie.

Si spera che questa breve nota aiuti ad

integrare la curiosità per la fine di un docente

del nostro Ateneo con l’interesse per gli oggetti

fisico-matematici da lui inventati, studiati e

proposti.

Erwin Schrödinger, Nobel per la fisica 1933

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