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LA VIOLENZA DI COPPIA: IL RACCONTO DELLE DONNE A cura di: Carillo Filomena, Donadoni AnnaRita, LaRacca Federica, Manna Claudia, Tedeschi Fabiana

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LA VIOLENZA DI COPPIA:

IL RACCONTO DELLE DONNE

A cura di:

Carillo Filomena, Donadoni AnnaRita,

LaRacca Federica, Manna Claudia,

Tedeschi Fabiana

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INTRODUZIONE

La violenza di coppia rappresenta una dimensione intorno

alla quale s’intrecciano molteplici interrogativi clinici e

teorici.

Considerando come prospettiva di riferimento quella

offerta dagli studi di «genere» vengono proposte una

serie di teorie che fungono da breve premessa alla

discussione sulla ricerca.

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CENNI TEORICI

WELZER LANG ritiene che la violenza di coppia sia la

l’espressione di una dinamica distruttiva di potere.

Chi è destinatario di violenza viene costretto a rinunciare a

ogni visione personale, ad avere un’idea propria e a vivere e

agire secondo il sistema di valori e credenze dell’altro.

Secondo questa definizione sono in gioco dei meccanismi

psichici di assoggettamento e asservimento della propria

volontà a quella dell’altro.

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CENNI TEORICI

Le manifestazioni della violenza hanno effetti sia da un

punto di vista psichico che fisico.

Possono includere il CONTROLLO, l’INTRUSIONE nelle

attività o frequentazioni della donna, la

COLPEVOLIZZAZIONE, il RICATTO, la GELOSIA

PATOLOGICA, le CRITICHE AVVILENTI, le OFFESE

VERBALI...

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…le MINACCE, le

INTIMIDAZIONI,

l’INDIFFERENZA alle

richieste affettive,

l’ISOLAMENTO, i

COMPORTAMENTI

POSSESSIVI,

DENIGRATORI,

SVALUTANTI...la

VIOLENZA SESSUALE, lo

STUPRO CONIUGALE...

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CENNI TEORICI:

Alcuni studi a partire da WALKER sottolineano

come il comportamento violento si manifesti in

maniera ciclica e progressivamente più grave.

In particolare Walker parlava di 3 FASI:

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- FASE di ACCUMULO: corrisponde a un periodo di

agitazione e tensione estrema, motivata o meno da

cause definibili. L’autore sembra colto da un

sentimento di vulnerabilità viscerale, di angoscia

senza fine, che cerca di affrontare tramite una

sovraeccitazione comportamentale.

- FASE di ESPLOSIONE della violenza: la più «critica» in

quanto la violenza si manifesta in tutta la sua

drammaticità.

- FASE dei RIMORSI: si esplica nel tentativo di

riguadagnare la coppia una volta che la tensione

accumulata abbia trovato una via di scarica attraverso il

comportamento violento.

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CENNI TEORICI

Secondo SANDRA FILIPPINI non vi sarebbero

trasgressioni momentanee ma si tratterebbe di una

vera e propria «perversione relazionale».

La vittima deve uniformarsi alla rappresentazione

che l’Altro le impone attraverso un sovvertimento

della verità che si esprime soprattutto

nell’indifferenza e nel disprezzo verso quest’ultima.

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- Le perversioni relazionali si manifestano non solo

attraverso vere e proprie aggressioni fisiche, ma

anche attraverso il controllo e il dominio esercitati

dal perpetratore sulla donna.

- Si tratta di una difesa anti-oggettuale del

perpetratore in cui il «trionfo sull’oggetto» serve

a NEGARE il BISOGNO di quest’ultima e la

DIPENDENZA da esso.

- La vittima è il testimone deputato e necessario alla

versione della verità impostale dal partner:

aderendo ad essa e subendone le conseguenze,

certifica il successo dell’azione perversa.

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CENNI TEORICI

HIRIGOYEN sostiene che la relazione perversa si strutturi in

due tempi:

1) Seduzione perversa: può durare a lungo e comporta il

progressivo indebolimento della vittima proprio attraverso il

lavoro di seduzione che ha lo scopo di esercitare influenza

sull’altro e ridurne le capacità di discernimento.

Questi comportamenti si realizzando secondo alcune invarianti:

COMUNICAZIONE INDIRETTA, MENZOGNA, DERISIONE,

utilizzo del PARADOSSO.

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2) Violenza manifesta: nel momento in cui la vittima si

oppone all’insieme dei comportamenti caratteristici della

prima fase, ha luogo l’azione violenta vera e propria,

espressione secondo l’autrice, di un ODIO profondo che

l’aggressione nutre nei confronti della vittima.

Possiamo parlare di PERVERSITA’ intese come forme

di dipendenza patologica e organizzazione difensive

molto stabili e resistenti al cambiamento: le persone

che maltrattano gli altri tendono a diventare

dipendenti dalle loro vittime.

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Tuttavia affinché la violenza possa continuare è

necessario ISOLARE progressivamente la vittima

impedendole il lavoro o qualsiasi tipo di attività sociale.

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Non è possibile concepire

la violenza al di fuori del

LEGAME.

Per quanto gli agiti

violenti possano collocarsi

su un versante distruttivo

del rapporto sembra che

essi promuovano e siano

sostenuti da una

particolare configurazione

della relazione dove l’Altro

è dominato, annichilito in

un conflitto di potere.

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Pertanto i meccanismi alla base di tale violenza

sono:

DECERVELLAGE della vittima, che si esprime

attraverso un processo seduttivo narcisistico,

che dall’azione irresistibile porta allo scopo

distruttivo.

DEUMANIZZAZIONE della vittima, che

degradata a livello di oggetto parziale diventa

oggetto dell’identificazione proiettiva

dell’aggressore e della sua manipolazione

onnipotente.

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Una parte della letteratura mette in luce la tendenza alla

ripetizione di condotte aggressive e violente che sembra

connotare il comportamento di soggetti che durante gli

anni infantili sono stati vittime di abuso.

In particolare DE ZELUETA sostiene che i bambini che

hanno subito abusi e maltrattamenti tenderanno a

riproporre le stesse modalità relazionali una volta

divenuti adulti.

Ciò che sembra agire è una «coattività alla ripetizione»

arricchita da un meccanismo d’identificazione con

l’aggressore. La relazione con un partner violento può

dunque sembrare a prima vista la «riproposizione» di

una dinamica relazionale consolidata (dove però la donna

mantiene il ruolo di destinatario dell’azione violenta).

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Quanto agli effetti più allargati della violenza di coppia, spesso tale violenza viene NEGATA o BANALIZZATA, soprattutto se le aggessioni sono sottili e non esistono tracce tangibili.

Le vittime stesse non riescono a identificarla e i testimoni (tra cui giudici, operatori socio-sanitari e forze dell’ordine) tendono a interpretare come semplici rapporti passionali o conflittuali tra due persone quello che è invece un TENTATIVO violento di DISTRUZIONE dell’ALTRO.

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La riflessione del testo assegna ad una

molteplicità di elementi il ruolo di fattori in grado

di condizionare una relazione ritenendo di non

poter ricorrere ad ipotesi univoche in grado di

predire o determinare comportamenti e strategie

psichiche di fatto estremamente complessi.

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OBIETTIVI, METODOLOGIA E ANALISI DEI DATI

L’obiettivo generale della ricerca è quello di indagare i vissuti

sperimentati dalle donne vittime di violenza intrafamiliare e di

coppia.

Il focus di questo studio deriva da quanto sostiene la letteratura

sulle dinamiche e gli intrecci che si articolano in una coppia e

che in molti casi sono responsabili del perpetuarsi di atti di

intimidazione e sopruso, non soltanto in relazione alle questioni

economico-sociali ma anche in virtù dei connotati psichici.

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E’ stato perciò indagato, attraverso una serie di

INTERVISTE presso Centri e sportelli Anti-

violenza, il ruolo di una serie di fattori che si

raccolgono intorno alla NARRAZIONE

dell’esperienza di violenza, facendo riferimento a :

- il modo in cui la donna rappresenta la coppia;

- l’accettazione di varie forme di sopruso da parte

della donna stessa;

- come le intervistate fronteggiano le proprie

esperienze e riorganizzano la propria vita.

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…In poche parole si è voluto capire come

ciascun soggetto concepisca la violenza e

che definizione ne dà e che tipo di

consapevolezza c’è nell’ essere stata

oggetto di violenza, questo per elaborare

una riflessione in ambito sociale, psichico

e culturale.

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Sono state scelte tre donne che non fossero già

impegnate in percorsi psicoterapeutici con il

«campionamento teorico»:

tale modalità rientra tra le strategie di

«campionamento graduale» che rispondono

all’obiettivo di giungere alla costruzione di una teoria

attraverso «campioni di convenienza»

composti da soggetti più agevolmente raggiungibili

in una determinata prassi di ricerca.

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Lo strumento utilizzato è un intervista narrativa che si

compone di due fattori: 1) la rilevazione dei dati socio-

anagrafici

2) le tre aree di interesse della ricerca:

- la rappresentazione che la donna ha della coppia e dell’

legame affettivo nella narrazione (opinioni e aspettative

circa i legami, definizioni della violenza da un punto di vista

personale e sociale);

- il tipo di narrazione che essa costruisce sulle essere stata

destinataria di violenza, le modalità adottate per

fronteggiare la situazione, al percorso intrapreso e alla fase

di ristrutturazione dopo l’eventuale rottura col partner;

- il livello di supporto che la donna ha percepito e del

sostegno ricevuto da un punto di vista sociale e legale, da

parte delle reti di sostegno formali e informali.

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RISULTATI

L’analisi dei dati è stata effettuata secondo le

indicazioni della Grounded Theory Methodology

(GMT).

Nella PRIMA FASE di codifica si sono utilizzati

115 codici che sono poi stati raccolti in 9 categorie

che a loro volta sono state racchiuse in 4

macrocategorie:

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RISULTATI

1) TRAME DI COPPIA: IDELIZZAZIONE, DIPENDENZA

E LEGAME

Contrapposizioni: la coppia è fortemente investita di

idealizzazioni da parte della donna che si fanno presenti nella

narrazione, ma al contempo la coppia è il luogo di terribili

delusioni in una dimensione che viene avvertita come

ambivalente.

Dinamiche relazionali: si narra della forte strutturazione dei

ruoli (donna consolatrice che deve supportare/sopportare e

uomo dominante), che porta ad una estrema dipendenza dei

membri della coppia in virtù della specularità dei ruoli.

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RISULTATI

2) INCURSIONI NELL’ESPERIENZA : AI MARGINI DI

UNA DEFINIZIONE DI VIOLENZA

Violenza come «buco nero»: l’esperienza della violenza

si colloca a molteplici livelli. La donna narra di come la

violenza non sia solo fisica ma si configuri come una spirale

che l’avvolge e travolge.

Alle origini della violenza: qui la donna cerca di

rinvenire le cause della violenza vi è uno spostamento del

discorso sull’artefice della violenza con una specifica ai

rapporti di potere nella coppia (DOMINATO-DOMINANTE).

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«La violenza è qualcosa che nessuno dovrebbe mai vivere.Che cos’è?Mmm…Aiuto, non lo so.La violenza secondo me è proprio la parte più…

…E’ un buco nero la violenza.Per me oggi la violenza è questo.E’ qualcosa che nel momento in cui c’entri non c’è luce e rimani là incapsulata»

(38 anni, truccatrice)

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RISULTATI

3) RACCONTO DELLA VIOLENZA E IL PERCORSO SUCCESSIVO

Un impossibile riconoscimento: il prima.

Se guardiamo infatti alla narrazione della storia del legame, vedremo che

questa si organizza intorno ad una dimensione temporale. All’idillio iniziale,

si contrappone il dramma successivo. L’esperienza di violenza non è dunque

riportata come un graduale processo di rottura e cambiamento, ma risente

del bisogno di identificare uno spartiacque temporale preciso in cui si è

realizzata, d’un colpo, la consapevolezza di quanto si sta vivendo.

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La presa di coscienza della dimensione violenta della

coppia viene rappresentata come una

riappropriazione delle proprie capacità di giudizio. Il

soggetto descrive se stesso come vittima di un

addormentamento dagli effetti devastanti di cui si

rende conto molto tardi.

L’aggredito subisce la violenza senza opporre difesa,

l’aggressore aumenta il livello di persecuzione. Il

tutto in uno scenario di assogettazione, spegnimento

delle proprie facoltà psichiche e di contemporanea

siderazione degli affetti.

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«A me questa persona mi aveva scemunita.»(40 anni, casalinga)

Spesso si arriva poi a descrivere la propria storia

d’amore come un errore di percorso, oppure si

scopre che tutti sono a conoscenza del passato

violento del proprio partner: tutti, tranne chi

attualmente si trova a subirlo.

E’ come se si realizzasse un cortocircuito nelle

immagini del partner che non combaciano e che,

pertanto, diviene un estraneo irriconoscibile.

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«I primi mesi sono stati una favola, indescrivibili, veramente belli […]Dopo, quando passa quel momento in cui ti rendi conto di quello che hai subito, è come se ti svegliassi da un incubo. E dici, guardando indietro, veramente io ho fatto tutto questo, ho subito tutto (?)»

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RISULTATI

Un difficile cammino

L’esperienza vissuta impone una nuova ristrutturazione dei legami e

della propria vita che si accompagna però ad una molteplicità di

conseguenze che si esprimono soprattutto sul piano psichico.

« […]Ho paura di potermi fidanzare di nuovo o di fidarmi di una

persona un’altra volta. […]»

(27 anni, studentessa)

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Il timore di nuovi legami appare dunque pregnante, in

quanto espone al rischio di essere nuovamente protagoniste

di dinamiche violente.

L’esperienza viene così affrontata secondo due modalità:

dopo un primo momento in cui si raccolgono le energie

necessarie, subentra un contraccolpo emotivo che fa

sentire la vittima annullata nelle proprie capacità di

elaborazione e ripresa.

Nel caso in cui siano presenti dei figli nella coppia, questi

mentre in un primo momento fungono da «collante» per

la coppia, successivamente divengono il motivo per cui la

coppia deve sciogliersi. Sembra inoltre che nei confronti

del figlio si eserciti quella difesa che finora è stata

impossibile per sé, quasi come se, difendendo il figlio, si

difendesse una parte di sé.

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RISULTATI

4) RAPPORTO CON L’ALTRO TRA GIUDIZIO SOCIALE,

VERGOGNA E SOSTEGNO

Riguarda le esperienze che le donne intervistate hanno avuto

delle reti di sostegno formali e informali.

Le intervistate raccontano di aver parzialmente beneficiato del

supporto delle reti amicali e familiari che in qualche caso, hanno

avuto il compito di facilitare e iniziare il percorso di

affrancamento della violenza.

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In un primo momento, tuttavia, emerge il timore del

giudizio altrui che può esprimersi in un mancato

accoglimento. Finché poi, l’altro amicale diviene un

protagonista importante, un fondamentale supporto

contenitivo che assiste e promuove il cambiamento.

Tuttavia, le delusioni rispetto alle relazioni amicali,

sono inevitabili, in quanto talvolta, l’intervento e il

sostegno degli amici appaiono discontinui.

Quanto alle reti di sostegno formale, le intervistate

riportano un’insufficienza di tutela legale e sociale.

Frequente è il giudizio, scarso l’aiuto, tanta

l’indifferenza.

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RISULTATI

SOGGETTO ASSENTE

Nell’ultima fase della ricerca (CODIFICA TEORICA) si

è provveduto a costruire una rete concettuale tra le

diverse aree individuate.

E’ emerso così il concetto centrale di soggetto

assente, ovvero quel soggetto che ha l’impressione di

essere in una trappola, che subisce passivamente ed è

come assopito negli episodi di violenza, presenta una

limitazione della personalità.

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Si ha inoltre un forte investimento sulle risorse esterne,

come conseguenza di uno scarso riconoscimento delle

proprie qualità personali e con la conseguente

attribuzione di responsabilità a fattori contestuali.

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CONCLUSIONI

Il comportamento violento può assumere configurazioni

eterogenee che si prestano a essere fraintese e male

interpretate, se non misconosciute.

Il problema principale è costituito dalla maggiore o

minore visibilità delle conseguenze di un atto violento: è

l’offerta allo sguardo altrui a sancire una possibilità di

riconoscimento.

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CONCLUSIONI

I segni sul corpo divengono l’unico veicolo attraverso cui è

possibile esprimere un dramma che tuttavia si va consumando

in maniera progressiva e reiterata

La loro assenza configura un’area di INDICIBILITA’, di NON

RAPPRESENTABILITA’ di un’azione aggressiva tesa ad

annullare il legame.

Non possono essere trascurate le innumerevoli anche se più

silenziose forme di DISAGIO derivanti dall’essere oggetto di

TRASCURATEZZA AFFETTIVA, ACCUSE PERENTORIE e

INGIURIE da parte del partner.

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CONCLUSIONI

Vi è un’impossibilità della vittima a rappresentare se stessa in

quanto SOGGETTO. Si tratta di un’assenza che connota il

modo di stare nella coppia e concepire la propria implicazione

e responsabilità. Questa mancanza non permette al soggetto

di riconoscere le risorse che possano agevolarla nel cammino

di affrancamento dal legame violento.

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RIFLESSIONI CRITICHE

Questo capitolo affronta il discorso sulla violenza in

relazione alle coppie eterosessuali, dove è in gioco una

precisa strutturazione dei ruoli, tuttavia sono necessari

alcuni chiarimenti sostanziali in merito a tale questione,

premesse che mettono in discussione la connotazione di

genere della relazione autore vittima e che considerano

tale relazione a partire dalla dimensione del potere che

struttura il rapporto di coppia.

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CONCLUSIONI CRITICHE

Trasforini ha sottolineato come parlare di violenza di genere

in quanto violenza tra uomini e donne eterosessuali abbia per

effetto quello di mantenere l’ordine dicotomico tra i generi.

Definire la violenza come insieme di atti di sopruso e

prevaricazione che interessano uomini e donne eterosessuali

implica la produzione di un discorso politico a sostegno di

tale ordine.

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APPUNTI E SPUNTI PER APPROFONDIRE:LE NOSTRE IDEE

Riferimento al libro di Sandra Filippini «Relazioni

Perverse», La violenza psicologica nella coppia

La parte culturale non viene molto approfondita, eppure è

una matrice che funge da sostrato e cornice nella concezione

delle relazioni

In particolare, la religione cattolica considera la donna come

Oggetto e reitera da secoli questa forma di violenza ai danni

della sua Soggettività: «Non desiderare

la donna d’altri» recitano i comandamenti (come fosse

una proprietà dell’uomo)

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E’ proprio la cultura a mantenere la violenza sommersa

(Storia del prete di Marano raccontata alla trasmissione

«Le Iene»

Etica del perdono

Il problema è che bisogna sempre partire dagli esiti ed è

difficile individuare fattori predittivi

Responsabiltà della donna: siamo restii a parlarne perché

nella nostra cultura è aderente alla COLPA

Le figure scelte per la ricerca, parroci e medici,

manifestano che la VIOLENZA E’ QUANTO MAI

SOMMERSA. Le loro ideologie, i loro ruoli e le loro

posizioni nella rete sociale bloccano la

comunicazione e favoriscono l’isolamento della

vittima

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La violenza è sempre prima psicologica e poi fisica. Si

colloca su un continuum. Come fare quindi a

riconoscerla prima che si arrivi al patologico e si

manifestino le conseguenze più tragiche?

Violenza nel transgenerazionale: elaborazione

dell’esperienza o segreto del trauma? Qualcosa Resta.

Ciò che disorienta la vittima è la sovrapposizione

improvvisa delle due facce della stessa persone.

L’immagine del partner, fino ad allora familiare, diviene

perturbante. Ciò che non ha visto emerge all’improvviso

come evento traumatico

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E’ banale chiedersi perché le donne non ne parlano. La

violenza, abbiamo detto, è un buco nero, che lascia

senza parole

L’aggressore elimina il DATO DI REALTA’. E’ questo a

provocare la confusione e il successivo isolamento,

mantenuto dalla vittima non comunicando il suo vissuto

(per paura, vergogna, incredulità). In assenza di

confronto con l’esterno è impossibile elaborare

l’esperienza. Si crea così un circolo vizioso, una spirale,

che porta all’indebolimento dell’identità.

Collusione, scelta, responsabilità, alleanza

inconscia

La rappresentazione dell’Altro condiziona le relazioni:

abbiamo a che fare con due livelli di relazione, una con

l’Altro oggetto, e una con l’Altro Soggetto. Spesso la

soggettività si perde di vista

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Figli come elementi di rottura o mantenimento esterni al

legame, eppure specchio della relazione

Oltre i ruoli di genere, asimmetrie di potere

Archetipi personali riemergono nella relazione

Incastro di configurazioni psichiche e non solo incontro

delle soggettività: distruzione(assenza) – costruzione

(presenza)

Tipologia di aggressore (Narcisista), ma non della

Vittima

La rappresentazione dell’Altro inficia la realtà

soggettiva dell’Altro. Ciò accade normalmente

anche nei rapporti amicali, ma diventa

problematico(se non patologico) quando questa

rappresentazione è talmente rigida da non

permettere l’incontro reale con l’Altro