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Per comprendere l’approccio del legislatore al fenomeno migratorio e le modifiche apportate, nel corso degli anni, alla relativa disciplina, occorre partire da un breve excursus sulle fonti normative di riferimento.

In tale contesto, si evidenzia come il primo periodo dell’immigrazione in Italia sia stato caratterizzato dalla totale assenza di una normativa ad hoc. Infatti:

fino al 1986, le uniche norme che regolavano la presenza degli stranieri sul territorio nazionale erano contenute nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. del 18 giugno 1931, n. 773), che affrontava il fenomeno in termini esclusivamente securitari.

Nel gennaio del 1980, il Ministro dell’Interno pro-tempore, Virginio Rognoni, presentò al Senato un disegno di legge recante “Norme integrative della disciplina vigente per il controllo degli stranieri”, senza però alcun esito.

Nel 1986, il Parlamento approvò la legge 30 dicembre 1986, n. 943, recante ”Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”, per attuare la Convenzione OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sui diritti dei lavoratori stranieri (n. 143 del 1975), disciplinare i nuovi ingressi (modalità per assumere lavoratori all’estero; programmazione degli ingressi; etc.) e definire la prima regolarizzazione delle posizioni lavorative e dei soggiorni illegali (tale regolarizzazione è proseguita fino al 1988).

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Gli anni 90 si inaugurano con un altro provvedimento di regolarizzazione, contestuale all’approvazione della legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cd. “legge Martelli”), recante “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno di cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato”. Detta legge, cui si è aggiunto il regolamento di attuazione approvato con il D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136, rappresenta il primo tentativo di disciplina organica in una materia in cui i principali istituti (regime dei visti, dei permessi di soggiorno, disciplina delle espulsioni, etc.) erano in gran parte regolamentati dal T.U.L.P.S.. Venne distinta, per la prima volta, la competenza in materia di espulsioni del Prefetto, dell’Autorità Giudiziaria e del Ministro dell’Interno.

Nel 1995 si è registrato un altro provvedimento di regolarizzazione, la cd. “sanatoria Dini”, che ha rivelato la sempre più crescente presenza di immigrati irregolari sul territorio italiano.

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Il 25 luglio 1998, con il decreto legislativo n. 286 (cd. “legge Turco-Napolitano), è stato adottato il Testo Unico sugli stranieri, cui ha fatto seguito, il 31 agosto 1999, il regolamento di attuazione, adottato con il D.P.R. n. 394. Sempre nel 1998, la presenza di stranieri irregolarmente soggiornanti in Italia è stata sanata attraverso un ulteriore provvedimento (cd. “sanatoria Turco-Napolitano”). Con il suddetto decreto legislativo n. 286 del 1998, in relazione all’attività di rimpatrio:

1. è stata individuata, quale modalità tipica esecutiva dell’espulsione, quella mediante l’intimazione a 15 giorni. Allo straniero veniva notificato un provvedimento, che consisteva in un invito a lasciare volontariamente l’Italia entro detto termine;

2. invece, l’espulsione con l’accompagnamento immediato alla frontiera è stata configurata come modalità residuale, limitata a situazioni particolari.

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Occorreva, in particolare, che il Prefetto ravvisasse il concreto pericolo che lo straniero, qualora fosse stato intimato a 15 giorni, non avrebbe lasciato volontariamente il territorio nazionale;

1. non è stato previsto che l’accompagnamento fisico straniero alla frontiera fosse preceduto da un giudizio di convalida dell’autorità giudiziaria dello, come invece è richiesto dall’articolo 13 della Costituzione. Infatti, tale norma non ammette alcuna forma di limitazione della libertà personale se non che per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge;

2. è stata introdotta la misura del trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza, ora Centri di identificazione ed espulsione, applicabile allo straniero privo di documento valido per l’espatrio, per un periodo massimo di 30 giorni (20 + 10).

3. Solo con il decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, convertito con legge 7 giugno 2002, n. 106, il legislatore ha introdotto la convalida dell’esecuzione del rimpatrio, da parte dell’autorità giudiziaria; tuttavia, tale convalida era successiva all’effettiva espulsione dal territorio nazionale, incompatibile con il citato articolo 13 della Costituzione.

Successivamente, il quadro normativo si è ulteriormente arricchito. In tale contesto

assumono particolare rilevanza:

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la legge 30 luglio 2002, n. 189 (cd. “legge Bossi-Fini”) e le modifiche al regolamento di attuazione, introdotte con il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334. Inoltre, con la legge del 9 ottobre 2002, n. 222 (cd. “procedura di emersione-legalizzazione”), il legislatore ha delineato i criteri per far emergere la posizione di stranieri irregolarmente soggiornanti, benché lavorativamente occupati. Il legislatore del 2002, con dette modifiche, ha apportato correttivi soprattutto in tema di mercato del lavoro e di espulsione dal territorio nazionale, per rendere più efficace il contrasto all’immigrazione clandestina e arginare il fenomeno dell’impiego “in nero” di lavoratori stranieri. Si indicano, di seguito, alcune tra le più significative misure adottate:

1. obbligo di rilevare le impronte digitali, mediante il foto segnalamento, preliminarmente al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno;

2. sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro subordinato, stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore straniero, al fine del rilascio o del rinnovo del relativo permesso di soggiorno per lavoro subordinato;

3. istituzione, presso ogni Prefettura, dello Sportello Unico per l’Immigrazione (SUI), presso cui è sottoscritto il contratto di soggiorno;

4. maggior controllo delle frontiere anche attraverso le unità navali della Marina Militare;

5. aiuti agli Stati che collaborano nel contrasto all’immigrazione clandestina;

6. espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera dei clandestini, prevista come modalità ordinaria, in luogo di quella attuata con l’intimazione a 15 giorni;

7. aumento fino a 60 giorni (30 + 30) del periodo massimo di trattenimento nei Centri di permanenza temporanea e assistenza;

8. aumenti di pena per i trafficanti di clandestini;

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9. istituzione, nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, della Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione clandestina, nonché introduzione dell’ordine del Questore a lasciare l’Italia entro 5 giorni, da notificare allo straniero nel caso in cui non vi fossero posti disponibili nei C.I.E., ovvero fossero decorsi inutilmente i termini massimi di trattenimento senza avere eseguito effettivamente il rimpatrio;

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Inoltre vengono regolamentate le attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri.

il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito con legge 12 novembre 2004, n. 271, che ha introdotto la verifica preventiva sulla legittimità dei provvedimenti con cui l’autorità di pubblica sicurezza esegue l’espulsione dello straniero, da parte del Giudice di Pace;

il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 244, convertito con legge 31 luglio 2005, n. 155, con cui sono state fissate norme per il contrasto del terrorismo internazionale;

il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, entrato in vigore il 14 febbraio 2007, che ha innovato la regolamentazione sulle carte di soggiorno a tempo indeterminato, titoli che hanno assunto la denominazione di permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;

il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, entrato in vigore il 15 febbraio 2007, che ha modificato la disciplina in tema di ricongiungimento familiare, introducendo anche un nuovo permesso di soggiorno per “assistenza minore”, da rilasciare ai familiari beneficiari dell’autorizzazione concessa dal Tribunale per i Minorenni, per non pregiudicare lo sviluppo psico-fisico del minore. L’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, successivamente, ha subito nuove limitazioni, con il decreto legislativo n. 160 del 2008;

la legge 28 maggio 2007, n. 68, che ha disciplinato l’ingresso ed il soggiorno di breve durata dello straniero per visita affari, turismo e studio. Chi entra in Italia per uno dei suddetti motivi e intende soggiornare per un periodo di tempo non superiore a tre mesi, non deve più chiedere il permesso di soggiorno, ma è sufficiente che dichiari la propria presenza sul territorio nazionale;

il decreto-legislativo 10 agosto 2007, n. 154, in attuazione della direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato;

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il decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 17, in attuazione della direttiva 2005/71/CE, relativa ad una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di Paesi terzi ai fini di ricerca scientifica;

il decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 160, in tema di ricongiungimento familiare, che ha di nuovo introdotto limitazioni all’esercizio del relativo diritto, prevedendo che laddove non sia possibile documentare il legame familiare in modo certo sia possibile effettuare l’esame del D.N.A., a spese dell’interessato. Tuttavia, il ricorso a tale prova per la verifica dei vincoli familiari è limitato ai casi in cui permangono seri dubbi sul rapporto di parentela dopo che altri mezzi di prova sono stati già utilizzati.

Inoltre: il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con la legge 24 luglio 2008,

n. 125, con cui, in particolare: i Centri di permanenza temporanea ed assistenza hanno assunto la denominazione di

Centri di identificazione ed espulsione (CIE); è stato introdotto l’obbligo per il giudice di disporre l’espulsione dello straniero qualora

emetta una sentenza di condanna alla reclusione per un periodo superiore a due anni o, in caso di delitti contro la personalità dello Stato, a una pena restrittiva della libertà personale. In caso di violazione, l’autore è punito con la reclusione da uno a quattro anni e si procede all’arresto obbligatorio, anche fuori dai casi di flagranza, con giudizio per direttissima;

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è stata prevista una specifica aggravante del reato, poi dichiarata incostituzionale, da configurare nei confronti dell’autore del reato, qualora questi si trovi illegalmente presente in Italia;

colui che dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale la propria identità è punito con la reclusione da uno a sei anni. Può essere disposto il suo arresto in flagranza di reato;

colui che, al fine d’impedire la propria o altrui identificazione, altera parti del proprio o dell’altrui corpo utili per consentire l’accertamento d’identità o di altre qualità personali, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Può essere disposto il suo arresto in flagranza di reato;

è stata modificata la pena da infliggere al datore di lavoro che impiega stranieri privi di titolo di soggiorno, che va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni di reclusione, cui si aggiunge la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato;

è stato previsto uno specifico reato, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, nei confronti di chiunque, a titolo oneroso, al fine di trarre un ingiusto profitto:

- fornisce alloggio a uno stranieroche sia privo di titolo di soggiorno; - ospitandolo in un immobile di cui abbia la disponibilità, ovvero cedendo il medesimo

anche in locazione. In caso di condanna definitiva, tale norma ha previsto la confisca dell’immobile. Le somme

ricavate dalla vendita dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività volte al contrasto dell’immigrazione clandestina;

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il nulla osta all’espulsione dello straniero, in pendenza di procedimento penale, è acquisito d’ufficio qualora il competente giudice non abbia provveduto entro sette giorni, e non più quindici (come previsto dalla legge n. 189 del 2002), dalla data di ricevimento della richiesta.

La legge 15 luglio 2009, n. 94, con cui il legislatore ha previsto, in particolare, che: l’espulsione, disposta a titolo di misura di sicurezza dal giudice, nei confronti dello

straniero condannato alla reclusione per un periodo superiore a due anni o che di delitti contro la personalità dello Stato, a una pena restrittiva della libertà personale, vada eseguita con l’accompagnamento immediato alla frontiera;

lo straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per specifici reati di elevato allarme sociale (es.: sfruttamento della prostituzione; favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; spaccio di stupefacenti; rapina; etc.), non possa soggiornare in Italia. Tale preclusione sussiste anche nel caso di condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati relativi alla tutela del diritto di autore. Il divieto di soggiorno in questione non è automatico, in caso di ricongiungimento familiare;

ogni straniero, per promuovere la convivenza con gli italiani, debba sottoscrivere un Accordo di integrazione, articolato per crediti, impegnandosi a raggiungere specifici obiettivi d'integrazione durante il periodo di validità del suo permesso di soggiorno; lo straniero che richiede il permesso di soggiorno sia tenuto a versare un contributo, tra gli 80 e i 200 euro, ad eccezione di coloro che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria e per motivi umanitari;

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i termini entro cui chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno siano uniformi. Tutte le domande in questione, infatti, vanno presentate almeno sessanta giorni prima della scadenza del titolo di soggiorno, a prescindere dal motivo per il quale lo straniero si trova in Italia;

il permesso di soggiorno per motivi familiari possa essere revocato o negato anche se lo straniero sia stato condannato per i reati previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale;

siano contrastate con maggiore efficacia le condotte elusive della bigamia. Infatti, il permesso di soggiorno è rifiutato o revocato qualora si accerti che il coniuge o il genitore, entrati per ricongiungimento familiare, siano coniugati con un cittadino straniero, già soggiornante regolarmente in Italia con altro coniuge;

sia sanzionato il semplice utilizzo, da parte dello straniero, di un visto di ingresso o di un permesso di soggiorno, contraffatti o alterati;

venga punito lo straniero che, a richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, oltre al passaporto o altro documento di identificazione, anche il permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare permanenza in Italia. Il soggetto attivo di tale reato può essere solo lo straniero regolarmente soggiornante3;

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lo straniero, per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, oltre a soddisfare le condizioni già previste dalla normativa vigente, debba anche superare un test di conoscenza della lingua italiana;

non possa essere espulso lo straniero che convive con familiari di nazionalità italiana entro il secondo grado. Rispetto a prima, l'interessato non può più evitare l'espulsione, invocando di convivere con un parente italiano fino al quarto grado;

l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato configuri, a carico dello straniero, una contravvenzione, punita con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro;

il trattenimento dello straniero in un Centro di identificazione ed espulsione possa durare fino a 180 giorni (30 + 30 + 60 + 60);

l'ordine del Questore a lasciare l'Italia entro 5 giorni possa essere adottato qualora non sia stato possibile trattenere lo straniero in un C.I.E. o se la permanenza in tale struttura non ne abbia consentito l'effettivo rimpatrio.

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Viene, tuttavia analizzato caso per caso, al fine di valutare la necessità di rimpatriare lo straniero: applicare il rimpatrio immediato nelle ipotesi in cui sussista il rischio che lo straniero si renda

irreperibile oppure sia socialmente pericoloso o abbia presentato una domanda di soggiorno manifestamente infondata o fraudolenta, poi respinta;

definire il rischio di fuga, che legittima al rimpatrio immediato; disciplinare il rimpatrio mediante intimazione, che si sostanzia nella possibilità di concedere allo

straniero, che ne faccia richiesta, un termine per lasciare volontariamente l’Italia, ipotesi non configurabile laddove sussistano i presupposti del rimpatrio immediato;

regolamentare le prescrizioni che il Questore impone (consegna del passaporto, obbligo di firma, obbligo di dimora) allo straniero cui è concesso il termine per la partenza volontaria, la cui inottemperanza è penalmente sanzionata;

prevedere i programmi di rimpatrio volontario e assistito, applicabili allo straniero che si trovi in determinate situazioni;

prolungare la durata massima del trattenimento nei C.I.E. fino ad un massimo di 18 mesi in presenza di determinati presupposti (con la seguente sequenza in giorni: 30 + 30 + 60 + 60 + 60 + 60 + 60 + 60 + 60 + 60);

individuare le misure alternative al suddetto trattenimento, evidenziandone i presupposti; modificare le conseguenze penali derivanti dall’inottemperanza all’ordine del Questore a lasciare il

territorio nazionale entro 7 giorni, con la previsione di una pena pecuniaria anziché detentiva; disciplinare in modo differente il divieto di rientro in Italia per lo straniero espulso; prevedere modalità particolari per rimpatriare i soggetti vulnerabili; regolamentare le procedure in caso di controllo, presso un Ufficio di polizia di frontiera, dello

straniero che, in posizione di soggiorno illegale, è in uscita dall’Italia

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La legge 12 novembre 2011, n. 183, con cui sono state diramate disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, in particolare:

prevedendo che lo straniero possa utilizzare le dichiarazioni sostitutive e, quindi, ricorrere alla autocertificazione, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero;

precisando tuttavia che lo straniero, fino al 1 gennaio 201315, non viene esentato dalla produzione, alle Amministrazioni competenti, di certificati ai fini dei procedimenti che lo riguardano, qualora ciò sia espressamente previsto dai novellati decreto legislativo n. 286 del 1998 e D.P.R. n. 394 del

La legge 28 giugno 2012, n. 92, con cui sono state diramate disposizioni in materia di riforma del mercato di lavoro in una prospettiva di crescita, in particolare: confermando che la perdita del posto di lavoro da parte del lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno non costituisce motivo di revoca dello stesso;

Tali lavoratori sono coloro che hanno seguito un percorso di studio triennale nel loro Paese, attestato da quelle autorità, ed hanno ottenuto la relativa qualifica professionale, che deve essere riconosciuta in Italia e rientrare in particolari livelli, come dirigenti, ingegneri, architetti, informatici, chimici, etc.;

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Il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, con cui è stata recepita la Direttiva 2009/52/CE, mediante l’introduzione di norme e sanzioni da applicare nei confronti dei datori di lavoro che impiegano in attività lavorative cittadini stranieri illegalmente soggiornanti, prevedendo contestualmente una procedura di emersione dal lavoro nero. In particolare il legislatore ha previsto:

l’aggravamento della pena, da un terzo alla metà, per il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, qualora i lavoratori occupati siano in numero superiore a 3 o siano minori in età non lavorativa ovvero siano sottoposti alle altre condizioni di particolare sfruttamento di cui all’articolo 603-bis, c.p.;

nella citata ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno umanitario allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro. Il citato titolo di soggiorno è rilasciato dal Questore, su proposta o con il parere favorevole del Procuratore della Repubblica;

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Si può concludere che la produzione normativa non è stata uniforme ed è stata influenzata da situazioni contingenti, nonché dalla necessità di recepire alcune Direttive adottate dall’Unione europea. In particolare:

fino al 2002, la procedura espulsiva era basata sull’adempimento volontario, da parte dello straniero, del provvedimento di rimpatrio entro il termine di 15 giorni;

dal 2002 al 2011, tale procedura era caratterizzata dal rimpatrio immediato dello straniero da espellere, a prescindere dalla sua volontà;

si è ritornati, dal 2011, al fine di attuare la Direttiva 2008/115/CE, all’espulsione basata in via prioritaria sull’adempimento volontario da parte dello straniero, che deve ottemperare entro un termine compreso tra 7 e 30 giorni. Tale procedura, già sperimentata fino al 2002, non si è rivelata efficace. Infatti:

nel 1999, su 40.489 intimati, gli ottemperanti sono stati 2.571 (6,35%); nel 2000, su 64.732 intimati, gli ottemperanti sono stati 3.206 (4,95%); nel 2001, su 58.171 intimati, gli ottemperanti sono stati 2.251 (3,87%); nel 2002, su 50.852 intimati, gli ottemperanti sono stati 2.273 (4,47%).

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Ancora, per la Corte Costituzionale la regolamentazione dell’immigrazione: costituisce un profilo essenziale della sovranità dello Stato, in quanto espressione del controllo del territorio;

deve essere attuata tenendo conto dei molteplici interessi pubblici coinvolti (solidarietà; diritti fondamentali dell’uomo; sicurezza; sanità pubblica; ordine pubblico; etc.), nonché dei gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati;

compete allo Stato, in modo che siano tutelati valori di rango costituzionale ed adempiuti obblighi internazionali;

spetta, in via primaria, al legislatore ordinario, che dispone di un’ampia discrezionalità, a condizione che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli o arbitrarie;

è volta ad assicurare un ordinato flusso migratorio ed un’adeguata accoglienza;

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si concretizza in regole che vanno rispettate e non eluse, poiché poste a difesa della collettività nazionale, nonché di coloro che le hanno osservate e che potrebbero ricevere un danno dalla tolleranza di situazioni illegali;

è collegata alla valutazione di svariati interessi pubblici, tra cui la sicurezza, la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in materia d’immigrazione. I vincoli e la politica rappresentano il frutto di valutazioni afferenti alla sostenibilità socio-economica del fenomeno.

Per di più, la Corte ha evidenziato che: solo al cittadino è riconosciuto il diritto di risiedere nel territorio del proprio

Stato, senza limiti di tempo; infatti, il cittadino non può essere allontanato dal territorio nazionale per

nessun motivo, poiché insieme agli altri cittadini rappresenta un elemento costitutivo dello Stato;

al contrario, lo straniero non ha un legame ontologico con la comunità nazionale e, pertanto, non sussiste un nesso giuridico tra lui e lo Stato italiano;

ne consegue che lo straniero non è libero di entrare e di permanere nel territorio italiano, dal momento che egli può entrarvi e soggiornarvi solo se ottiene determinate autorizzazioni, che sono revocabili in ogni momento.

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Sempre per la Corte, in materia d’immigrazione: le ragioni della solidarietà umana non possono essere affermate al di

fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco, né sono di per sé in contrasto con le regole volte ad assicurare un ordinato flusso migratorio, nonché un’adeguata accoglienza e integrazione degli stranieri;

tale regole disciplinano in modo differente l’ingresso e la permanenza degli stranieri nel Paese, a seconda che si tratti di richiedenti il diritto di asilo o “rifugiati”, ovvero di “migranti economici”;

pur se i diritti fondamentali dell’uomo sono indivisibili, occorre considerare che se da un lato l’espulsione e il respingimento dello straniero sono preclusi dal pericolo di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali (cd. non refoulement, consacrato nell’articolo 19, comma 1, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni), analoga efficacia “paralizzante” è negata, in linea di principio, alle esigenze che caratterizzano il “migrante economico”.

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Quindi, per il giudice delle leggi: l’individuazione di condotte punibili e il relativo trattamento

sanzionatorio, in tema di stranieri illegalmente soggiornanti, rientrano nella discrezionalità del legislatore;

tale discrezionalità può essere sindacata solo se si traduce in scelte manifestamente irragionevoli o arbitrarie;

per il “clandestino”, che illegalmente entra o si trattiene sul territorio dello Stato, oggetto dell’incriminazione non è un modo di essere della persona, ma uno specifico comportamento finalizzato a trasgredire norme vigenti;

il “trattenersi” sul territorio dello Stato denota una condotta permanente, il cui nucleo antidoveroso è omissivo, concretandosi nel non aver lasciato il territorio nazionale, pur non essendo in possesso di un titolo che ne renda legittima la permanenza;

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la condizione di clandestinità non è un dato preesistente ed estraneo al fatto, ma rappresenta la conseguenza della stessa condotta resa penalmente illecita;

lo Stato ha interesse a controllare i flussi migratori, la cui ordinata gestione può essere compromessa da fenomeni d’immigrazione incontrollata;

il potere di disciplinare l’immigrazione rappresenta un profilo essenziale della sovranità dello Stato, in quanto espressione del controllo del territorio;

può essere regolamentata differentemente la condizione giuridica dello straniero, a seconda che si tratti di “richiedenti asilo” o di “migranti economici”;

le ragioni della solidarietà umana non sono di per sé in contrasto con le regole previste in funzione di un ordinato flusso migratorio e di un’adeguata accoglienza ed integrazione degli stranieri;

tali ragioni non possono essere affermate al di fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco, la cui tutela trova espressione, oltre che nella disciplina dei divieti di espulsione e respingimento e del ricongiungimento familiare, anche nell’applicabilità, allo straniero irregolare, della normativa in tema di protezione internazionale;

anche in tema di unità familiare, il limite al divieto di espulsione ai soli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana trova il suo fondamento in una scelta del legislatore, che effettua un corretto bilanciamento degli interessi in gioco, in modo da non consentire allo straniero illegalmente soggiornate di aggirare le norme in materia di ingresso e soggiorno attraverso la semplice convivenza, in Italia, con il coniuge o con altro familiare straniero in posizione regolare sul territorio nazionale;

eventuali contrasti della normativa interna con la Direttiva 2008/115/CE non riguarderebbero il reato omissivo della permanenza illegale sul territorio nazionale, bensì quelle norme interne che individuano nell’accompagnamento coattivo alla frontiera la modalità normale di esecuzione dei provvedimenti di rimpatrio.

Si può concludere che, per la Corte Costituzionale, vanno distinti i “richiedenti asilo” dai “migranti economici” e, inoltre, le ragioni della solidarietà umana non sono di per sé in contrasto con le regole finalizzate ad assicurare un ordinato flusso migratorio, che il legislatore nazionale deve disciplinare per garantire la civile convivenza.

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Lo straniero o l’apolide, proveniente dalle frontiere esterne dello Spazio Schengen (c.d. frontiere esterne Schengen), può entrare in Italia qualora:

- si presenti presso un valico di frontiera; - sia titolare di un passaporto in corso di validità o di un documento di viaggio equipollente,

riconosciuto valido per l’attraversamento delle frontiere; - sia titolare, nei casi previsti, dello specifico visto d’ingresso valido; - esibisca documentazione in grado di giustificare lo scopo e le condizioni del viaggio; - dimostri la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e,

tranne che per i soggiorni per motivi di lavoro o familiari, anche per il ritorno nel Paese di provenienza;

- non sia segnalato nella banca dati di polizia (SDI/SIS), ai fini della non ammissione nello Spazio Schengen;

- non sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone;

- non risulti condannato, anche a seguito di patteggiamento, per i reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite ovvero per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale50;

- non risulti aver già soggiornato sul territorio Schengen, nel medesimo semestre, per un periodo massimo complessivo di 90 giorni (tale ipotesi si rileva solo nelle ipotesi di ingresso di breve durata).

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La disponibilità di mezzi finanziari

Lo straniero o l’apolide che intende fare ingresso nello Spazio Schengen deve disporre di risorse economiche che possano garantire il proprio sostentamento durante il soggiorno previsto.

La disponibilità dei mezzi di sussistenza per l’ingresso ed il soggiorno in Italia può essere dimostrata mediante l’esibizione di denaro contante, di fideiussioni bancarie, di polizze

fideiussorie assicurative, di equivalenti titoli di credito, di titoli di servizi prepagati o di atti comprovanti la disponibilità di fonti di reddito in Italia. Lo straniero deve inoltre indicare l’esistenza di un alloggio idoneo nel territorio nazionale e, ad eccezione del soggiorno per lavoro o per motivi familiari, la disponibilità della somma occorrente al rientro nel Paese di origine, comprovabile anche con l’esibizione del biglietto di ritorno.

Si riporta, di seguito, la tabella per la determinazione dei mezzi di sussistenza richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale, inserita nella Direttiva del Ministro dell’Interno 1 marzo 2000: Classi di durata del viaggio Un partecipante Due o più partecipanti

Da 1 a 5 giorni: quota fissa complessiva € 269,60 € 212,81

Da 6 a 10 giorni: quota a persona giornaliera € 44,93 € 26,33 Da 11 a 20 giorni: quota fissa € 51,64 € 25,82 Quota giornaliera a persona € 36,67 € 22,21 Oltre i 20 giorni: quota fissa € 206,58 € 118,79

Quota giornaliera a persona € 27,89 € 17,04

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A tali importi è subordinato l’ingresso in Italia per motivi turistici ma anche per affari, cure mediche, gara sportiva, invito, motivi religiosi, studio, trasporto e transito.

Nel caso in cui lo straniero sia interessato al ricongiungimento con i propri familiari residenti all’estero, preliminarmente all’ingresso dei congiunti, deve dimostrare, presso il competente Sportello Unico per l’Immigrazione, la disponibilità di un reddito annuo proporzionato al numero dei familiari da ricongiungere, che sia in grado di garantire il sostentamento in Italia dell’intero nucleo familiare.

Nel caso di ingresso dello straniero per motivi di lavoro subordinato, la disponibilità dei mezzi di sussistenza è dimostrata mediante l’esibizione della documentazione relativa all’attività lavorativa da svolgere.

Nel caso di ingresso dello straniero per motivi di lavoro autonomo, la disponibilità dei mezzi di sussistenza è dimostrata, al momento del rilascio dello specifico visto di ingresso, mediante l’esibizione di un reddito, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria. Nel caso di attività iscrivibili nel registro delle imprese, l’attestazione resa dai competenti organi deve essere superiore al triplo dell’importo annuale dell’assegno sociale56.

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I visti Il visto è l’autorizzazione all’attraversamento dello frontiere ed è

rilasciato, allo straniero o all’apolide, dallo Stato di destinazione del viaggio, mediante le rappresentanze diplomatico – consolari, presenti nel Paese di origine o di provenienza presenti dello stesso cittadino straniero o apolide.

Possono essere rilasciati visti uniformi (VSU) che consentono al titolare di circolare nell'intero territorio degli Stati membri, visti con validità territoriale limitata (VTL) che consentono al titolare di circolare soltanto sul territorio di uno o più Stati membri, o visti di transito aeroportuale (VSU) che consentono al titolare di transitare nella zona internazionale di transito di uno o più aeroporti degli Stati membri.

Essi possono essere: o di tipo A, nel caso di transito aeroportuale o di tipo C, nel caso di soggiorni di breve durata (validi fino, nel

massimo, a 90 giorni) o di tipo D, nel caso di soggiorni di lunga durata (validi oltre i 90

giorni)

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Il Decreto interministeriale in materia di visti d’ingresso, n. 850, dell’11 maggio 2011 (entrato in vigore il 2 dicembre 2011, e sostituendo integralmente il Decreto Ministeriale 12 luglio 2000, Definizione delle tipologie dei visti d’ingresso e dei requisiti per il loro ottenimento), nell’Allegato A, elenca e delinea l’ambito applicativo delle motivazioni di visto, rilasciate dalle Rappresentanze diplomatico-consolari italiane, presenti in ciascuno Stato estero:

Visto per adozione: Visto per affari Visto per cure mediche Visto diplomatico Visto per gara sportiva Visto per invito Visto per lavoro autonomo Visto per lavoro subordinato Visto per missione Visto per motivi familiari (sono stati ricondotti a tale

unica motivazione, i visti precedentemente rilasciati per familiare al seguito e per ricongiungimento familiare)

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Visto per motivi religiosi Visto per reingresso Visto per residenza elettiva Visto per ricerca Visto per studio Visto per transito (è stata prevista la concessione di tale visto, quale

ulteriore fattispecie riconducibile al tipo C, che è subordinata alla sussistenza dei requisiti minimi richiesti per il rilascio del visto per turismo e in presenza di analoghe condizioni).

Visto per turismo Visto per volontariato

Il visto per ricerca è stato introdotto in ottemperanza Con il Decreto Interministeriale n. 850/2011 è stato: 1. previsto che l’esenzione dall’obbligo di visto per brevi soggiorni,

per i cittadini di Paesi terzi elencati nell’allegato II del Regolamento CE 539/2001, sia valida per ogni tipo di ingresso, salvo che per cure mediche e attività lavorative remunerate;

2. recepito il principio della libera circolazione, fino ad un massimo di 90 giorni, all’interno dello Spazio Schengen, sancito, dal novellato articolo 21, comma 1, della Convenzione di Applicazione dell’Accordo Schengen, in favore dei cittadini di Paesi terzi titolari di un documento di soggiorno rilasciato da un partner Schengen;

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2. recepito il principio della libera circolazione, fino ad un massimo di 90 giorni, all’interno dello Spazio Schengen, sancito, dal novellato articolo 21, comma 1, della Convenzione di Applicazione dell’Accordo Schengen, in favore dei cittadini di Paesi terzi titolari di un documento di soggiorno rilasciato da un partner Schengen;

3. introdotto un nuovo articolo dedicato ai minori, che formalizza l’obbligatorietà dell’atto d’assenso all’espatrio da parte di entrambi gli esercenti la potestà genitoriale ed attribuisce al Comitato per i Minori Stranieri, l’onere del rilascio di una preventiva autorizzazione alla concessione del visto, nel caso di ingresso per la partecipazione a programmi solidaristici;

4. introdotto un articolo che ricalca la normativa comunitaria sulla valutazione del cosiddetto “rischio migratorio”, estendendo la possibilità (per le rappresentanze diplomatico-consolari italiane) di poter valutare la presenza del rischio migratorio anche ai visti nazionali di lunga durata, nel solo caso di ingresso con visto per studio;

5. introdotto le seguenti, nuove tipologie di visto per: o motivi familiari (riconducendo a tale unica motivazione, i visti

precedentemente rilasciati per familiare al seguito e per ricongiungimento familiare);

o ricerca; o volontariato; soppresso il visto per inserimento nel mercato del lavoro. In particolare, con riguardo ai primi 2 punti sopra illustrati, appare opportuno

fornire le seguenti indicazioni.

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Lo straniero o l’apolide, pertanto: se non soddisfa le condizioni di ingresso, è respinto alla frontiera e

non entra in Italia: in questo caso è adottato nei suoi confronti, dall’Autorità di frontiera o dal Questore competente, il provvedimento di respingimento; il respingimento è disposto:

a) dalla polizia di frontiera, nei confronti degli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti necessari per l’ingresso nel territorio dello Stato

b) dal questore, con accompagnamento alla frontiera, nei confronti degli stranieri: 1) che, entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo;

2) che, pur essendo stati rintracciati dalla polizia di frontiera nelle circostanze indicate al punto a), sono stati temporaneamente ammessi nel territorio italiano per necessità di pubblico soccorso.

se, invece, soddisfa le condizioni di ingresso, viene autorizzato, dalla polizia di frontiera, ad entrare sul territorio nazionale; in questo caso sul passaporto o sul documento di viaggio equipollente, è apposto, dalla polizia di frontiera, il timbro uniforme Schengen.

Il timbro uniforme Schengen è sempre apposto, dalla polizia di frontiera, sul documento di viaggio in corso di validità, esibito durante i controlli alle frontiere esterne, sia in ingresso che in uscita dal territorio Schengen.

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Lo straniero o l’apolide deve: chiedere il permesso di soggiorno alla Questura della provincia in cui si trova,

entro otto giorni lavorativi dall’ingresso in Italia; rendere la dichiarazione di presenza, nel caso di soggiorni di durata non

superiore a tre mesi per visite, affari, turismo e studio. La legge n. 68 del 28 maggio 2007 disciplina gli adempimenti che sono tenuti ad

espletare tutti gli stranieri che intendano soggiornare sul territorio nazionale per visite, affari turismo e studio, per periodi non superiori a tre mesi.

Come specificato dal Decreto del Ministro dell’Interno del 26 luglio 2007 e dalla circolare esplicativa della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, n. 400/C/2007/3146/P/12.297 del 7 agosto 2007, gli stranieri che provengono da un Paese terzo e fanno ingresso in Italia attraverso una frontiera esterna SCH italiana, assolvono all’obbligo di rendere la dichiarazione di presenza all’atto dell’ingresso in Italia, presentandosi ai valichi di frontiera ove sarà apposta, dalla polizia di frontiera, l’impronta del timbro uniforme Schengen sul passaporto. Il timbro uniforme SCH, apposto sempre in ingresso ed in uscita dai territori dell'UE in questo caso, per la sola Italia, equivale alla dichiarazione di presenza.

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Gli stranieri che, invece, provenendo da Paesi che non applicano l'Accordo di SCH fanno ingresso in uno Stato SCH, hanno l’obbligo di dichiarare la loro presenza, entro otto giorni dall’ingresso in Italia, al Questore della Provincia in cui intendono soggiornare, compilando l’apposito modulo allegato alla circolare trasmessa il 7 agosto 2007. Di tale modulo, una sezione viene consegnata allo straniero, affinché possa essere attestata l’avvenuta dichiarazione, l’altra parte viene custodita dalla Questura. La citata dichiarazione dovrà essere esibita insieme al passaporto, al fine di attestare la regolarità del soggiorno in Italia.

Un’ulteriore possibilità per regolarizzare la permanenza non superiore a tre mesi è stata concessa agli stranieri che hanno fatto ingresso in Italia transitando in uno Stato membro e sono ospitati in strutture alberghiere.

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Il permesso di soggiorno consente agli stranieri o agli apolidi che hanno fatto regolare ingresso nel territorio dello Stato di permanere in Italia, alle condizioni e nei limiti previsti.

Lo straniero o l’apolide che richiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi foto dattiloscopici.

Il cittadino straniero deve inoltrare la richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno al Questore della provincia in cui dimora, tramite gli Uffici postali (mediante la compilazione dell’apposita modulistica, inserita nel kit a disposizione) oppure rivolgendosi ai Comuni ed ai Patronati abilitati, affinché precompilino l’istanza che, comunque, dovrà essere inoltrata attraverso i medesimi sportelli postali.

La procedura sopra descritta trova applicazione per le istanze relative al rilascio, al rinnovo, all’aggiornamento ed al duplicato dei permessi di soggiorno per:

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Affidamento Apolidia (nel caso lo Status sia stato già riconosciuto ed è

richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per apolidia) Attesa riacquisto cittadinanza Famiglia Lavoro Autonomo Lavoro subordinato (e tutte le diverse fattispecie,

comunque, riconducibili allo svolgimento di un’attività di tipo subordinato)

Missione Motivi Religiosi Residenza elettiva Ricerca scientifica Rifugiato (nel caso lo Status sia stato già riconosciuto ed è

richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo) Studio (solo se il soggiorno è superiore a 3 mesi) Tirocinio-formazione professionale La procedura sopra descritta trova applicazione anche per le

istanze relative al rilascio ed all’aggiornamento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, nonché per il rilascio ed il rinnovo della carta blu UE.

Il cittadino straniero deposita la richiesta di rilascio, di rinnovo, di aggiornamento,

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duplicato e di conversione del permesso di soggiorno, personalmente, presso la Questura della provincia in cui dimora, utilizzando gli sportelli del competente ufficio immigrazione, nel caso di permesso di soggiorno per:

Apolidia (nel caso di prima richiesta, dopo il conferimento dello status di apolidia)

Assistenza minore Cure Mediche Gara sportiva Giustizia Integrazione minore Minore età Motivi Umanitari Protezione sussidiaria Richiesta apolidia (nel caso sia stata presentata l’istanza per

il riconoscimento dello status di apolidia) Richiesta asilo (nel caso sia stata richiesta la protezione

internazionale e si è in attesa della decisione da parte della Commissione)

Rifugiato (nel caso di prima richiesta, dopo il conferimento dello status di rifugiato)

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Il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno elettronico avviene, in media, in 45 giorni dalla data di presentazione della domanda ed i costi della procedura possono così riassumersi:

Il rilascio del permesso di soggiorno Il permesso di soggiorno deve essere richiesto al questore della provincia

in cui lo straniero intende soggiornare tramite gli uffici postali abilitati, entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato.

La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d'ingresso.

La durata del permesso di soggiorno non può essere comunque superiore ad un anno, nel caso di frequenza di un corso di studio o formazione (tuttavia, il permesso di soggiorno per studio è rinnovabile annualmente, nel caso di frequenza di corsi pluriennali)89;

superiore a nove mesi, nel caso di lavoro stagionale; superiore ad un anno, nel caso di un contratto di lavoro a tempo

determinato; superiore a due anni, nel caso di un contratto di lavoro a tempo

indeterminato; superiore a due anni, nel caso di lavoro autonomo; superiore a tre anni, nel caso di riconoscimento della protezione

sussidiaria; superiore a cinque anni, nel caso di riconoscimento dello status di

rifugiato.

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Il respingimento:E’ respinto, e immediatamente rimpatriato, lo straniero che deve ancora entrare in

Italia o è stato rintracciato subito dopo l’ingresso. Se egli è già entrato sul territorio nazionale e non ha un documento di espatrio,

viene trattenuto in un Centro di identificazione ed espulsione oppure, se non vi è disponibilità di posti in tali Centri, gli viene notificato l’ordine a lasciare l’Italia entro 7 giorni.

Occorre che lo straniero: si presenti ai valichi di frontiera, senza soddisfare le condizioni per

l’ingresso in Italia (es.: colui che è privo del visto d’ingresso o, se in esenzione visto, di sufficienti garanzie economiche ed alloggiative, in relazione al periodo da trascorrere in Italia). Il relativo provvedimento è adottato dal Dirigente della Polizia di Frontiera;

oppure: sia rintracciato mentre sta per entrare in Italia o subito dopo, senza

essersi presentato ai valichi di frontiera (es.: colui che sbarca sulle coste italiane). Il relativo provvedimento è adottato dal Questore e deve essere eseguito con l’accompagnamento immediato alla frontiera.

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Tuttavia: il termine immediatamente va inteso come

ragionevole lasso di tempo in relazione alla situazione contingente. Infatti, per la prevalente giurisprudenza, il trattenimento nel C.I.E. dello straniero respinto è legittimo anche se il provvedimento di respingimento è stato adottato non nell’immediatezza dello sbarco, ma diversi giorni dopo;

per l’esecuzione del provvedimento di respingimento,non occorre acquisire preventivamente la convalida del Giudice di Pace.

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Riguarda lo straniero, espulso o respinto, non immediatamente rimpatriabile in presenza di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento36, come:

l’assenza del documento di viaggio; l’indisponibilità del vettore; la necessità di acquisire la convalida del rimpatrio dal Giudice di Pace

o il nulla osta dall’Autorità giudiziaria, in pendenza di procedimento penale;

la presentazione della domanda di asilo, in casi particolari39.

Lo straniero senza passaporto è rimpatriabile solo se vi è una specifica intesa con le Autorità del suo Paese. In mancanza, occorre un lasciapassare, che è concesso dalla competente Rappresentanza diplomatica41 entro termini non brevi. Per tale motivo, di recente sono stati prolungati i termini massimi di permanenza nel C.I.E.

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E’ una procedura con cui lo straniero è rinviato verso il Paese di ultima provenienza, in applicazione di uno specifico Accordo, di norme senza l’osservanza di particolari formalità

La riconsegna e il rinvio di stranieri Può avvenire solo nelle acque internazionali, purché uno Stato

ne faccia richiesta e gli stranieri, a bordo di un’imbarcazione priva di bandiera e sospettata di essere adibita al loro trasporto illegale, si siano sottratti volontariamente al controllo di quelle Autorità. Le relative operazioni, che si concludono con il rinvio di tali persone nel Paese dal quale il natante è salpato e la loro consegna alle autorità di quello Stato, sono effettuate in ossequio a:

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la Convenzione e i Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale71, che incentivano gli Stati a collaborare strettamente tra di loro, per rafforzare l’efficacia dell’azione delle strutture preposte al contrasto dei reati previsti dalla Convenzione;

il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, che:

consente all’unità navale di uno Stato di fermare e ispezionare un natante privo di nazionalità e sospettato di trasportare stranieri, nonché di adottare le misure ritenute opportune, conformemente al diritto interno ed internazionale;

invita gli Stati a cooperare nella maniera più ampia possibile per prevenire e reprimere il traffico di migranti via mare, ai sensi del diritto internazionale del mare;

il principio generale secondo cui gli Stati hanno il dovere di cooperare tra loro;

gli Accordi e le Intese in vigore tra l’Italia e il Paese terzo, che possono individuare le misure opportune per contrastare il suddetto fenomeno;

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La Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (Unclos) è la fonte primaria del diritto internazionale del mare; prevede l’obbligo di soccorrere chiunque si trovi in pericolo di vita in mare.

Inoltre, si rammentano: la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del

1974 (Solas). Impone al Comandante di una nave, che ha avuto notizia della presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta la rapidità alla loro assistenza;

la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (Sar), adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979. Prevede l’obbligo di soccorrere ed assistere le persone in mare, senza distinzioni di nazionalità o di status giuridico, e di sbarcare i naufraghi in un “luogo sicuro”;

la Convenzione sul soccorso in mare del 1989. Prevede che ogni Comandante ha l’obbligo di soccorrere le persone che siano in pericolo di scomparire in mare;

la Risoluzione IMO MCS 167/78, del 20 maggio 2004, nonché gli emendamenti all’annesso della Convenzione Sar ed alla Convenzione Solas.

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In particolare, gli obblighi di soccorso:

non cessano con le prime cure mediche o con il soddisfacimento dei più immediati bisogni;

cessano appena i naufraghi giungono presso il “luogo sicuro”, che è quella località dove106:

le operazioni di soccorso si considerano concluse; la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità primarie, come il cibo, l’alloggio e le cure mediche, sono

soddisfatte; il trasporto dei sopravvissuti fino alla destinazione vicina o finale può

essere organizzato. Le suddette Convenzioni SAR e Solas, comunque, fanno riferimento alla

nozione di“luogo sicuro” e non di “luogo più vicino”. Il suddetto “luogo sicuro”deveessere:

individuato, nelle proprie acque SAR, dalle Autorità del Paese che assumelaresponsabilità dell’intervento di soccorso;

idoneo a soddisfare le esigenze primarie dei naufraghi, come quelle di tipo sanitario.

Si possono pertanto avanzare perplessità sul fatto che un “luogo” privo di ospedale, come può essere l’isola di Lampedusa, disponga dei requisiti delineati dalla citata normativa per poterlo considerare “sicuro”.