Il primo nodo del mattino : la scopa, la paglia. La sposa...

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Il “primo nodo del mattino”: la scopa, la paglia. La “sposa di fieno” e l’astuta “servetta” di Quart. Verso il modello analogico. di Alberto Borghini Dipartimento di Scienze e Tecniche per i Processi di Insediamento, Politecnico di Torino, Castello del Valentino, Viale Mattioli 39, I-10125 Torino, Italy Una variante di notevole interesse sul tema narrativo - riscontrabile nella Valle d’Aosta - di quel che si chiama “il primo nodo del mattino” si è assai di recente rinvenuta ad Aosta stessa, in regione Consolata; essa va però riferita alla zona di St Vincent. Questo il racconto:(1) “ (...) Dunque, se la ricordo bene, perchè è un ricordo un pochino vago. C’era... questa è ambientata a St. Vincent. Una famiglia di contadini e una ragazza che doveva aiutare la sua famiglia a fare i fieni, a fare i lavori di campagna, naturalmente lavori piuttosto pesanti per cui ad un certo punto la ragazza continuava a lamentarsi della fatica di fare fieni, di rastrellare, di ritirare il fieno. Tutto ad un tratto vede un bel giovane, un bel ragazzo che si avvicina e le dice: “Se hai problemi, se non ti va il lavoro io posso darti una mano”. Lei stupita chiede: “Ma in che modo?”. E lui: “Aiutandoti a fare lavori di campagna”. E lei perplessa: “A che condizioni? Cosa vuoi in cambio?”. Lui dice: “Guarda, niente in particolare, voglio solo che tu... cioè voglio solo possedere colui o colei che saranno avvolti dal primo nodo del grembiule che metti al mattino”. La ragazza, un po’ perplessa, dice: “Va bè! Ti accontento”. Infatti questo giovane inizia a fare i fieni, a rastrellare, a portare i pacchi con impegno ammirevole, e la ragazza tranquilla aspetta che i lavori siano finiti. Solo che, poi, arrivata alla sera la ragazza è preoccupata. I genitori vedendola dicono: “Che ti succede?”. E lei perplessa non sa cosa dire, però poi si rassegna a raccontare ciò che era successo. I genitori meno ingenui della ragazza capiscono che quel giovane molto probabilmente era il diavolo. Allora vanno ad interpellare il parroco; il parroco viene... Gli raccontano ciò che è successo. Anche lui è convinto che si tratta dell’opera del diavolo, e dice: “Con questo lui vorrebbe impadronirsi della tua anima; però il diavolo non è stato preciso, per cui lascia fare a me”. Allora al mattino il parroco, come si sveglia, prende il grembiule della ragazza e lo annoda attorno alla scopa, per cui il diavolo è costretto ad impadronirsi della scopa e non può ancora una volta impadronirsi di un’anima. Queste sono le leggende sul diavolo in Valle d’Aosta che viene comunque un po’ preso in giro dal parroco o dalla figura religiosa”. L’interesse specifico che, nell’ottica del presente intervento, riveste per noi questo racconto consiste nel fatto che è proprio una scopa che interviene al posto di una persona: alla scopa viene, all’inizio della giornata di lavoro, annodato il grembiule, come si fa con una persona; o, meglio, come una persona - una

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Il “primo nodo del mattino”: la scopa, la paglia. La “sposa di fieno” e l’astuta“servetta” di Quart. Verso il modello analogico.

di Alberto Borghini

Dipartimento di Scienze e Tecniche per i Processi di Insediamento, Politecnico di Torino,Castello del Valentino, Viale Mattioli 39, I-10125 Torino, Italy

Una variante di notevole interesse sul tema narrativo - riscontrabile nella Valle d’Aosta - di quelche si chiama “il primo nodo del mattino” si è assai di recente rinvenuta ad Aosta stessa, in regioneConsolata; essa va però riferita alla zona di St Vincent. Questo il racconto:(1)

“ (...) Dunque, se la ricordo bene, perchè è un ricordo un pochino vago. C’era... questa è ambientataa St. Vincent. Una famiglia di contadini e una ragazza che doveva aiutare la sua famiglia a fare i fieni, a farei lavori di campagna, naturalmente lavori piuttosto pesanti per cui ad un certo punto la ragazza continuavaa lamentarsi della fatica di fare fieni, di rastrellare, di ritirare il fieno.

Tutto ad un tratto vede un bel giovane, un bel ragazzo che si avvicina e le dice: “Se hai problemi, senon ti va il lavoro io posso darti una mano”.

Lei stupita chiede: “Ma in che modo?”.

E lui: “Aiutandoti a fare lavori di campagna”.

E lei perplessa: “A che condizioni? Cosa vuoi in cambio?”.

Lui dice: “Guarda, niente in particolare, voglio solo che tu... cioè voglio solo possedere colui ocolei che saranno avvolti dal primo nodo del grembiule che metti al mattino”.

La ragazza, un po’ perplessa, dice: “Va bè! Ti accontento”.

Infatti questo giovane inizia a fare i fieni, a rastrellare, a portare i pacchi con impegno ammirevole,e la ragazza tranquilla aspetta che i lavori siano finiti. Solo che, poi, arrivata alla sera la ragazza è preoccupata.I genitori vedendola dicono: “Che ti succede?”. E lei perplessa non sa cosa dire, però poi si rassegna araccontare ciò che era successo. I genitori meno ingenui della ragazza capiscono che quel giovane moltoprobabilmente era il diavolo. Allora vanno ad interpellare il parroco; il parroco viene... Gli raccontano ciòche è successo. Anche lui è convinto che si tratta dell’opera del diavolo, e dice: “Con questo lui vorrebbeimpadronirsi della tua anima; però il diavolo non è stato preciso, per cui lascia fare a me”.

Allora al mattino il parroco, come si sveglia, prende il grembiule della ragazza e lo annoda attornoalla scopa, per cui il diavolo è costretto ad impadronirsi della scopa e non può ancora una volta impadronirsidi un’anima.

Queste sono le leggende sul diavolo in Valle d’Aosta che viene comunque un po’ preso in giro dalparroco o dalla figura religiosa”.

L’interesse specifico che, nell’ottica del presente intervento, riveste per noi questo racconto consistenel fatto che è proprio una scopa che interviene al posto di una persona: alla scopa viene, all’inizio dellagiornata di lavoro, annodato il grembiule, come si fa con una persona; o, meglio, come una persona - una

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donna - fa con se stessa. E della scopa - al posto di un’anima, nel caso specifico al posto dell’animadell’ingenua ragazza - deve accontentarsi il diavolo, che viene in tal modo gabbato.

Lo schema è quello classico, basato sul ‘gioco di parole’: su un espediente consentito dallaformulazione stessa del patto, in questo caso patto demoniaco: formulazione che, come rileva il parroco,resta ‘aperta’, ambivalente o, forse meglio, polivalente (“il diavolo non è stato preciso”). Si rispetta cioè la‘lettera’ del patto, ma se ne stravolge la sostanza. (2)

Tipici, ed assai diffusi, risultano a questo proposito i racconti relativi al cosiddetto “ponte deldiavolo”. Per restare in area valdostana si può ricordare le leggenda, piuttosto nota, riguardante la costruzionedel ponte del paese che si chiama, appunto, Pont-Saint-Martin. Al solito, il diavolo pretende, nel pattostabilito con San Martino per la costruzione del ponte sul Lys, che gli venga concesso come preda il primoche avesse messo piede sul ponte medesimo; e San Martino, ‘rispettando’ il patto, fa in modo che il primoa mettere piede sul ponte sia un cagnolino. La beffa è veicolata attraverso il ‘mantenimento’ del patto.(3)

Quel che sarà opportuno rilevare, fin da subito, è il fatto che non di rado in operazioni del genereil sostituto dell’essere umano si pone in un rapporto di sostanziale equipollenza, se non di doppio o persinodi identità/identificazione con lo stesso essere umano.

Allo scopo di suggerire almeno uno spunto di descrizione retorica in termini che risultino ‘dinamici’e ‘generativi’ (già sul piano ‘non-soggettivo’ delle paradigmaticità della lingua), direi che il sostituto dell’essereumano è un analogo dello stesso essere umano: analogia che, nei diversi racconti, si realizza in manieravolta a volta variata, secondo modalità più o meno marcate dell’effetto di analogia (che sarà da intendersicome analogia attributiva).

Se si considera che nel racconto sopra riportato del “primo nodo del mattino” la donna - inquanto istituisce un patto col diavolo ed in quanto quest’ultimo diventa così, in certo qual modo, il suoadiuvante - si configura almeno potenzialmente (benchè inconsapevolmente) come una strega, ovvero èsulla via per diventare una strega; allora anche il trucco finale della scopa in quanto sostituto della donna-’quasi strega’ acquista una culturologicamente ben determinata densità connotativa (simbolico-significante).

E’ utile a questo punto passare in rassegna (sebbene rapidamente) alcuni fra i nessi di correlazioneintercorrenti fra la strega, da una parte, e la scopa (nonchè il bastone) della o per la strega medesima,dall’altra parte. Ed abbiamo detto come tale nesso correlativo sia interpretabile per via di analogia, secondomodalità volta a volta variate e complessivamente graduali (‘gerarchizzate’) dell’analogia stessa: i diversi‘momenti’ della correlazione analogica potranno corrispondere a posizioni sintattiche (sintattico-proposizionali) dell’analogato; dell’elemento sostituto in quanto analogico all’elemento sostituito. Di ciò, il‘momento’ dell’identità/identificazione sarà il prius semiotico (quel che si chiama l’analogato principale).

Vi sono dunque racconti in cui la scopa sembra costituire il ‘doppio’ della strega; quel che avvieneall’una avviene in modo equivalente anche all’altra. Così una testimonianza raccolta a Valdivilla, fraz. diSanto Stefano Belbo (prov. di Cuneo), relativa ad una vecchissima strega (masca ) di Govone:(4)

“La vecchia non riusciva a morire perchè nella vita aveva usato il libro del comando. Ed era cosìvecchia (5) che i parenti chiedono al prete come fare. E il prete dice loro di buttare una scopa nella stanzadove c’era la vecchia nel letto. Così fecero; e come buttano la scopa, questa si mise a ballare velocementee nello stesso tempo la vecchia a bestemmiare.

La frenesia della danza della scopa cresce vorticosamente, così come aumentano le bestemmiedella vecchia. Quando la vecchia finisce di bestemmiare, la scopa cade per terra, e la vecchia muore”.

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Una tradizione dello stesso genere - in cui peraltro la scopa entra a diretto contatto con la masca- si è riscontrata nella Val Varaita (prov. di Cuneo):(6)

“A un’altra trasformata in masca che tribolava a morire, dopo molte preghiere e rosari, le hannodato in mano una scopa. La scopa ha fatto una fiammata, un lampo, poi è sparita”.

La ‘fine’ della scopa viene, di tutta evidenza, a corrispondere con la fine della strega. In questocaso ci troviamo probabilmente di fronte ad un ‘effetto combinato’ in cui convergono i meccanismi del‘doppio’ e quello del ‘contatto’: cosa, quest’ultima, che suggerisce (come vedremo fra breve) anche l’ideadella scopa quale ‘erede’ della strega. O, meglio, il meccanismo del ‘doppio’ si instaura in conseguenzadel ‘contatto’ (scopa data in mano alla masca); e tuttavia permane ovviamente l’impressione che alla basedi tale percorso semiotico (e retorico) ‘consista’ il dato iconografico complessivo - preliminare all’operazionedescritta - della unità ‘strega con la scopa’ o ‘strega e scopa’ (in quanto rinvia in fin dei conti alla strega/scopa?).

Altre volte, e nella stessa linea intrapresa, la scopa funziona esplicitamente quale ‘erede’ - al postodi un eventuale ‘erede’ - della strega: quando nessuno, per l’appunto, vuol diventare erede della strega. Incasi del genere la scopa funziona altresì quale sostituto di una persona (in un senso comunque diverso daquel che abbiamo visto nel racconto valdostano del “primo nodo del mattino”). Orbene, una informatricedi Paesana, in provincia di Cuneo, ci racconta:(7)

“Nelle sere di veglia quando ero piccola ci raccontavano le storie di masche che poi ci terrorizzavano.In una frazione c’era una signora già anziana che dicevano che era una masca, e dicevano che facevaammalare le persone, gli animali, e tutti non le si avvicinavano. Anche quando era nel letto di morte nessunoandava vicino, neanche i familiari, e soprattutto le nuore, perchè temevano che poi trasmettesse a loroquesto potere di masca.(8) Allora una delle nuore ha avuto il coraggio e le ha dato in mano una scopa, equesto potere si è scaricato sulla scopa, e la scopa si è messa a correre a precipizio per le scale ed è finitanei boschi e non l’hanno più vista. Così si diceva che il potere era finito lì nella scopa”.

Far sì che la scopa divenga l’erede della masca consente, in qualche modo, di eliminare‘definitivamente’ i poteri della masca. In questo caso la scopa-erede scompare nei boschi: “e non l’hannopiù vista”.

Un’altra soluzione è quella prospettata, ad es., in una testimonianza raccolta a Bricherasio, nelcomune di Pinerolo (prov. di Torino), in cui si narra di una masca di nome Madlinin: (9)

“(...) A quei tempi si diceva che la morte peggiore per una masca era quella di morire senzariuscire a trasmettere i suoi poteri diabolici ai figli, e lei era sposata ma non aveva figli. Infatti rimase sul suoletto di morte cercando di poter trasmettere aggrappandosi a qualcuno i suoi poteri. Poi decisero dimettere in mano alla masca un manico di scopa che poi doveva essere bruciato nel camino per purificaretutti i misteriosi poteri”.

Ancora su questa lunghezza d’onda, si dice a Brosso, in Valchiusella (prov. di Torino): (10)

“Quando morivano le masche non bisognava dare loro la mano perchè altrimenti trasmettevano ate i loro poteri. Bisognava dare un manico di scopa. Così buttando via la scopa i poteri andavano persi”.

In casi come questi la scopa vale per l’appunto quale sostituto degli eventuali e/o probabili eredidella strega, rispetto ai quali la trasmissione dei poteri della strega viene così deviata: al contempo - lo

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abbiamo visto - tramite la scopa in qualità di erede della strega, si fa in modo che i poteri della stregavadano persi. Peraltro, la scopa come erede della strega viene a convergere con la scopa in quanto‘doppio’ della strega: le funzioni della scopa in quanto ‘corrispondente-doppio’ e in quanto ‘erede’ dellastrega vengono non di rado a con-fondersi (il che appare, d’altronde, abbastanza ovvio).

La cosa sembra farsi evidente nell’ambito di una tradizione relativa ad una masca di Corneliano(com. di Baldissero d’Alba in provincia di Cuneo), chiamata la “Gattona”: (11)

“(...) Quella donna, in punto di morte, voleva scaricare i suoi poteri su qualcuno, ma naturalmentenessuno si avvicinò. Le diedero, invece, una scopa e quella improvvisamente si mise a ballare.

Il parroco del paese prese la scopa e la buttò nel fuoco.

E la donna, ormai molto vecchia, riuscì finalmente a morire”.

Per un verso, la scopa sta qui al posto di qualcuno che, per effetto dell’eventuale contatto, avrebbericevuto i poteri della masca (funzione ‘erede’). Per un altro verso, e simultaneamente, la scopa - inconseguenza del contatto con la strega - inizia ad agitarsi (‘imitando’ così l’agitazione della vecchia mascaagonizzante?): il che ci porterebbe appunto verso la funzione ‘doppio’. L’eliminazione della scopa permezzo del fuoco si riveste così di efficacia su due versanti: determina per ‘corrispondenza’ la morte dellavecchia masca agonizzante (effetto di ‘doppio’); consente la definitiva eliminazione dei poteri della strega(tramite l’eliminazione della scopa in quanto ha sussunto su di sè questi poteri).

In altri casi, ma lungo la medesima linea significante, la scopa è invece lo strumento per la trasmissioneall’erede designato di tali poteri. Sempre in Valchiusella (Meugliano) si dice che le masche “avevano deipoteri che alla loro morte trasferivano alla figlia maggiore donandole una scopa.(12)

Alla base di tale pratica sta evidentemente il ‘complesso iconografico’ cui accennavamo dellastrega-con-la-scopa o strega-e-scopa: una associazione che risulta assai stretta, e che rinvia in sostanzaad un effetto di identità/identificazione. In tutti questi esempi, al di là delle loro differenziazioni, la scopa èo diventa un equipollente della strega: l’analogo attributivo della strega secondo diverse posizioni sintattiche.E in effetti la scopa, qualunque sia la sua ‘posizione’ nel racconto, risulta ‘detentrice’ dei poteri dellastrega: come ‘doppio in assoluto’ (testimonianza di Valdivilla e della Val Varaita) o come ‘doppio al postodi qualcun altro’ (scopa come ‘erede’ al posto di qualcun altro); ed allora i poteri della strega sembrano oannullarsi o poter essere annullati. Ovvero la scopa in quanto detentrice dei poteri della strega è in gradodi agire come mezzo di trasmissione di tali poteri a qualcun altro, quest’ultimo come ‘erede designato’.

Un caso ancora differente, e che si ricollega analogicamente agli altri sopra considerati di cuirappresenta una sorta di ‘combinazione’, è rappresentato da un episodio proveniente dalla Valle di Viù(prov. di Torino). Qui lo “scopino” è - nelle parole stesse della donna in punto di morte - lo ‘strumento’ peril viaggio - l’ultimo viaggio - della masca: (13)

“C’era una volta una vecchia che voleva morire, e soffriva molto.

Uno andava a vederla, l’altro anche, ma lei non riusciva proprio a morire.

Allora è andata a trovarla una sua amica e lei le ha detto (così): “Dammi qua quello scopino.”

L’amica le ha dato lo scopino in mano ed allora la vecchia ha detto (così): “Scopino, cerfoglio,miscuglio, portami dove debbo andare!”

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Lascia andare lo scopino che è passato su attraverso il camino, non l’hanno più visto, e poi èmorta.

Quella era una strega e, sai bene che le streghe per morire han bisogno di avere qualcosa in mano,ma bisogna fare attenzione e non dare loro la mano altrimenti diventi strega anche tu”.

Siffatta testimonianza risulta di una certa importanza nel senso che lo “scopino” vale esplicitamentecome ‘strumento’ della masca, ma esso sembra al contempo valere come suo ‘doppio’; quantomenoabbiamo constatato come, in altre varianti, la scopa valga come suo ‘doppio’.

E si può svolgere un’ulteriore osservazione: da un lato, lo “scopino” sarà ‘doppio in assoluto’ dellamasca (sparizione dello “scopino” attraverso il camino corrispondente alla morte della masca); dall’altrolato, bisogna far attenzione nel corso dell’operazione (di mettere lo scopino in mano alla masca) a non darela mano alla strega perchè altrimenti si diventa strega (eredità). Sebbene non si abbia sostituzione (lo“scopino” non sostituisce un erede della strega divenendo a sua volta erede), il fatto di dare lo “scopino”in mano alla strega (“scopino” come strumento-e-doppio) risulta ad ogni buon conto connesso con laprescrizione di non dare la mano alla strega.

E’ chiaro che il riferimento è, in questo caso, allo “scopino” che sarà stato lo strumento per i viaggidella strega.

In una tradizione relativa alla fine di una terribile masca della Val Maira (prov. di Cuneo), “Sabrotala lunga”, ci troviamo di fronte a meccanismi simili, nonchè all’intervento del motivo costituito dalla‘scomparsa(/fiammata) su per il camino’: (14)

“Si raccontava che - oramai molto vecchia,gravemente inferma e da giorni in agonia - Sabròto-la-Lonjo non potesse morire. Avuto sentore della cosa, il parroco del paese suggerì che le si mettesse unascopa in mano. Qualcuno allora le porse una scopa, la quale, appena da lei toccata, s’involò per il camino,scomparendo in una grande fiammata, mentre la morente esalava finalmente l’ultimo respiro”.

Al di là dell’effetto di contatto, anche in questo caso la scopa sembrerebbe far riferimento alla suavalenza di ‘strumento per il volo (attraverso il camino) della strega’; al contempo, si costituisce come unasorta di ‘doppio’ della strega stessa (gran fiammata e sparizione della scopa su per il camino cui viene acorrispondere la morte della masca). Ed anche in questo caso la fine della strega parrebbe quasi configurarsicome l’ultimo viaggio della strega medesima (per il tramite dello strumento/’doppio’) attraverso appunto ilcamino: come se si trattasse del volo per il sabba.

Ma proprio il fatto che lo strumento per i viaggi della strega è in grado di diventare il ‘doppio’ dellastrega nel suo ultimo viaggio (sparizione dello scopino ovvero sparizione/fiammata della scopa, morte dellastrega) rinvierà al fatto che anche più in generale - come ‘regola’ cioè - lo strumento per i viaggi dellastrega (scopa, bastone) sia nient’altro che il ‘doppio’/identico della strega. (15)

Il punto cruciale del percorso sarà rappresentato proprio dal fatto che qualcosa di simile a unmanico di scopa, un bastone per es., può addirittura costituirsi, direttamente, come forma assunta dallestreghe (effetto di trasformazione). Consideriamo, al riguardo, questa interessante testimonianza provenienteda Tetti Chiaramelli, frazione del comune di Cervere (prov. di Cuneo): (16)

“Sai la canna, il bastone che una volta portavano gli uomini... Eh ben, questo bastone a volte davadei problemi. Specialmente di sera, si trasformava a volte in gatto, a volte in cane, e loro si trovavano

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accanto uno di questi animali, al posto del bastone.

Una sera c’erano due amici in giro, la sera, tutti e due avevano il bastone. Ad un certo punto, unodei due bastoni si deve essere trasformato, perchè deve essere successo che uno dei due ha visto unanimale che camminava di fianco al suo amico e senza pensarci tanto su, e preso dallo spavento, hacominciato a bastonarlo e quello è corso via.

Il giorno dopo la mamma di questo suo amico era a casa ammalata e non poteva camminareperchè aveva una gamba che le faceva male”.

Il bastone da passeggio - che diventa poi un animale - altro non sarà che la masca stessa. (17)

Esso si configura quindi, in un racconto del genere, come l’analogo per eccellenza della strega, dalmomento che il nucleo analogico (nonchè il nucleo da cui procede l’espansione per analogia) viene (vengono)in tal modo a coincidere con l’identità metamorfica.

Potremmo affermare che in casi del genere si ha a che vedere con il prius analogico, di cui le altremodalità del rapporto analogico-attributivo (strumento per il volo, doppio, doppio-erede, mezzo per l’ereditàe così via) rappresenterebbero altrettanti effetti di posterius .

Noteremo, per inciso, che l’analogato principale - il prius analogico - tenderà a risolversi, o sirisolverà senz’altro, come abbiamo intravisto, nella identità/identificazione metamorfica: vale a dire, in uneffetto di identità che passa attraverso la metafora. Viceversa, la metafora, almeno in una certa sua accezione,sarà da intendere quale punto-limite (e generante) di un percorso di analogia attributiva: ‘luogo’ in cui piùsignificanti, ‘identificandosi’, si scambiano i dinamismi di paradigmaticità. Il prius analogico verrebbe aconfigurarsi quale punto di ‘scambio’ (quantomeno a doppia direzione) delle paradigmaticità chiamate incausa in quel punto. Raggiungiamo, in qualche modo, la nozione di trasversalità paradigmatica: e in unamaniera tale che in ciascuna delle linee di paradigmaticità - in ciascuno dei significanti dell’ identitàmetamorfica’ - converga il ‘peso’ dell’altra linea, o delle altre linee di paradigmaticità; dell’altro, o deglialtri significanti. Al proposito si parlerà, per l’identificazione metaforica, di aumento della sostanza: unsignificante per un altro significante, ma in quanto su un significante sta un altro significante (e all’inverso).E’ la materia di un significante che converge su un altro significante, e all’inverso: questo comporterà inprima istanza l’analogia attributiva (il prius analogico), di cui le altre risultanze sono risultanze derivate,risultanze rinvianti. E le svariate posizioni sintattiche secondo cui si istituiscono proposizionalmente glianalogati configurano tali risultanze di derivazione dall’analogato principale: quello dell’identificazionemetaforica dei significanti (ciascuno dei quali comporta appunto una linea o, meglio, più linee di asintoticitàparadigmatiche). Sono le diverse metonimie che si configurano come ‘derivati’ (slacciamenti sintattico-posizionali) della identificazione metaforica, dell’analogato principale in quanto appunto identificazione disignificanti.

Riprendiamo, più specificatamente, il filo del nostro discorso. Anche la scopa legata col primonodo del mattino, la quale prende il posto di un essere umano e, più in part., della donna che ha fatto ilpatto col diavolo (potenziale strega o già in effetti strega?), parrebbe configurare un diverso modo dellaanalogia attributiva: quello della sostituzione/deviazione per cui non per l’appunto la donna(/strega) bensì,in vece della donna (che dunque è salva dal demonio) (18), la scopa stessa sarà ‘preda’ del diavolo.

Del resto, abbiamo già incontrato testimonianze in cui la scopa sostituiva degli esseri umani inposizione di ‘pericolo’: esseri umani che dovevano o potevano divenire ‘eredi’ dei poteri della strega: in talmodo essa medesima è ‘erede’ e/o ‘attrattore’ di tali poteri.

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Se alla luce del medesimo parametro - quello dell’analogia attributiva così come l’abbiamoprospettata qui sopra - possiamo ovviamente intendere l’elemento ligneo (scopa, bastoni o pezzi di legno),quale mezzo di cui a vario titolo si servono le streghe nonchè più in generale gli esseri del negativo, deldemoniaco e/o della morte; si avrà altresì l’impressione che, anche qualora l’elemento ligneo serva alcontrario per scoprire o vincere gli esseri del negativo, continui a valere il principio dell’analogia attributiva,in quel suo particolare versante che potremmo chiamare di analogia contrastiva, e che per certi aspettipotrebbe essere ricondotto ad un modo definibile come analogia differenziale. Si tratterà di un meccanismoche assomiglia, mutatis mutandis , al similia similibus curantur , o qualcosa del genere. E’ quel che cercheròdi mostrare in altra sede.

Per ora aggiungerò che siffatta ipotesi avrà qualche consistenza, se si verifica in effetti che l’oggetto‘predisposto’ culturalmente quale mezzo per contrastare gli esseri del negativo assomiglia o coincidesenz’altro con una delle forme assunte dagli esseri del negativo, ovvero con uno degli strumenti cui essifanno di solito ricorso.

D’altronde, abbiamo constatato come la scopa o l’elemento ligneo più in generale siano suscettibilidi acquisire anche nell’ambito della singola ‘pratica’ uno statuto di ambiguità. Così, per es., se da un latoil manico di scopa ha funzione profilattica, in quanto su di esso - invece che su di una persona - si scaricano(o si caricano) i poteri della masca, dall’altro lato lo stesso manico di scopa va poi bruciato o gettato via(Bricherasio nel comune di Pinerolo, Brosso in Valchiusella), se si vogliono definitivamente eliminare ipoteri della masca.

E la stessa scopa del racconto valdostano si situa in una posizione per cui, assieme e preliminarmenteal fatto che diventa preda del demonio, sostituisce la donna che ha stabilito un patto col demonio e che deldemonio ha fatto il suo adiuvante.

La scopa risulterà così, in maniera pressochè costante, dotata di connotazioni negative,o, meglio ancora, come dotata di equivalenze negative; fino al punto da ‘identificarsi’con la strega (o, lo abbiamo visto, con la donna potenzialmente strega).

In un’altra versione del medesimo racconto valdostano ci troviamo di fronte ad una variazionesignificativa - ma in fin dei conti complementare - in quel che viene a costituirsi come il punto focale della‘vicenda’: l’ideazione nonchè la messa in atto dello stratagemma grazie al quale il diavolo viene ingannato.Leggiamo dalla raccolta della Gatto Chanu: (19)

“A Saint-Vincent un’anziana contadina stava sparpagliando il letame nel campo, quando unosconosciuto di passaggio le offrì di aiutarla, per tutto compenso chiedendole il primo nodo del mattino. Eraun inganno diabolico, perchè il primo nodo che la donna era solita fare, ogni giorno, era quello con cui silegava alla vita il grembiale. Belzebù - poichè era proprio lui - voleva lei, e non soltanto il nodo.

Ma il curato, messo al corrente del fatto, prontamente provvide a render vana la trama infernale.Trascorsa la notte in preghiera, stese a terra un telo, vi pose sopra una bracciata di paglia e, quando giunsel’alba, ordinò alla donna di raccogliere le cocche e di annodarle.

Una violenta vampata di fuoco avvolse il fagotto, riducendolo in cenere; e la vecchia non potè cheringraziare il Cielo per essere sfuggita alle ingannevoli insidie del Maligno”.

A parte il fatto - marginale - che in questo caso si tratta non di una ragazza bensì di un’ “anzianacontadina” (etc.), lo stratagemma consiste nell’annodare (20), stavolta, un telo contenente una “bracciatadi paglia”, sì da farne un “fagotto”.

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Nell’ottica qui adottata non si potrà non rilevare che nell’ambito del folklore antico le streghesostituiscono nottetempo il cadavere di un bambino con un manichino di paglia (Petr. Sat. 63, 8); e che,secondo credenze anche temporalmente piuttosto estese, esse sono solite estrarre il cuore di un essereumano sostituendolo con paglia (o con un pezzo di legno etc.).

Si può dunque rilevare come la paglia venga a sua volta a rivestire, nel rapporto fra esseri umani esfera del negativo, ‘posizioni sintattiche’ volta a volta differenti e persino diametralmente contrapposte. Senel racconto valdostano (secondo la versione qui sopra considerata) il fagotto di paglia prende - come‘preda’ del demonio - il posto della vecchia che inconsapevolmente e comunque incautamente avevastabilito un patto col diavolo, nell’antico romanzo di Petronio il manichino di paglia è ciò che si trova dopoche le streghe hanno sottratto il cadavere del bambino.

In entrambi i casi ci troviamo dinanzi al fatto che un po’ di paglia sostituisce un essere umano(vivente o cadavere), ma secondo dinamiche direzionalmente rovesciate: in un caso, è il prete (rappresentantee difensore per eccellenza del campo del positivo cui appartiene la vittima potenziale o designata) che,ingannandolo, lascia al demonio (campo del negativo appunto) solo un “fagotto di paglia” al posto delladonna; nell’altro caso (racconto petroniano) sono le streghe (campo del negativo) che, eludendone lasorveglianza, lasciano agli uomini (campo del positivo nonchè della vittima effettiva) un manichino di pagliaal posto del cadavere del bambino.

Affermerei in sostanza che le direzioni diametralmente rovesciate secondo cui si orienta (vieneorientato) l’oggetto “paglia” (in quanto significante polidirezionale) sono date dall’interscambio - nel confrontofra i due racconti - del destinatore col destinatario rispetto appunto al medesimo oggetto significante“paglia”. Con ciò si correla lo specifico ‘significato’ che l’oggetto significante assume volta a volta: sostituzionedi un vivo in direzione del demonio (da parte dell’agente marcatamente positivo “prete”); sostituzione di unmorto in direzione degli esseri umani (da parte dell’agente negativo rappresentato dalle streghe); e si tratta,come si può constatare, di ‘significati’ (che sono sostituzioni, e dunque associazioni per assenza di untermine della relazione paradigmatica in cui consiste l’associazione stessa) complementari e opposti.

Altrimenti detto, il ‘significato’ o meglio i ‘significati’ dell’oggetto significante altro non sono cheoperazioni in cui si instaurano specifiche mancanze, fra di loro (come abbiamo visto) complementari erovesciate: mancanza del vivo consistente nella “paglia” per il demonio; mancanza del morto consistentenella “paglia” per gli esseri umani. Orbene, sono queste mancanze consistenti (testualmente) nel significanteche danno volta a volta i ‘significati’ dello stesso oggetto significante (“paglia”) in quanto sostituzioni: ilraccordo di complementarietà e rovesciamento (/contrapposizione binaria fra vivo e morto rispettivamentemancanti nel primo e nel secondo caso) fra le sostituzioni si fa ovviamente raccordo di complementarietàe rovesciamento fra le ‘mancanze consistenti’ secondo cui il significante si realizza testualmente. Di qui la‘generazione’ delle due vicende con le loro rispettive ‘relazioni sintagmatiche orientate’: da un destinatorepositivo ad un destinatario negativo nell’intorno di una sostituzione in quanto mancanza del vivo (“fagottodi paglia” per il demonio); da un destinatore negativo ad un destinatario positivo nell’intorno di unasostituzione in quanto mancanza/sparizione del cadavere (manichino di paglia lasciato alla madre e aglialtri).

In altre parole, se la sostituzione potrà essere appunto intesa alla stregua di una associazione in cuiun termine (essere umano) diventa ‘mancanza consistente’ (o dell’essere umano vivo o dell’essere umanomorto) nel termine che è oggetto significante (paglia), allora nel ‘significato’ in quanto viene a configurarsicome sostituzione sta l’intera sintagmatica di un racconto, dal momento che il ‘significato’ stesso comprende- o ‘genera’ - gli attanti culturologicamente previsti. E, per semplice estensione, nei ‘significati’ in quantosostituzioni secondo mancanze consistenti complementari e rovesciate (mancanza del vivo vs. mancanzadel morto) staranno dei racconti, con le loro sintagmaticità complementari e rovesciate, la cui conformazione

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relazionale potrà essere metanarrativamente qualificata come analogica, secondo un certo modo dell’analogiadi attribuzione. In una determinata prospettiva sarà lecito quindi considerare l’analogia come rapporti di‘significato’ (tra ‘significati’) nell’ambito del medesimo significante: rapporti tra ‘significati’ che, proprio inquanto tali, coinvolgono dinamiche - fra le ‘mancanze consistenti’ - le quali nient’altro saranno se nonpotenziali ‘vicende’.

A parte queste ultime considerazioni, tracciamo per maggior chiarezza il seguente schema divisualizzazione:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

I) essere umano paglia ( mancanza del vivo) diavolo

II) streghe paglia ( mancanza del morto ) esseri umani

Ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

I) campo del positivo paglia (mancanza del vivo) campo del negativo

II) campo del negativo paglia (mancanza del morto) campo del positivo

Nel percorso indicato col numero I la “paglia” è mancanza del vivo per il destinatario “diavolo”(campo del negativo) ad opera del destinatore “essere umano” (campo del positivo); nel percorso II la“paglia” è mancanza del bambino morto per il destinatario umano (campo del positivo) ad opera deldestinatore “streghe” (campo del negativo).

Mantenendoci per semplicità nel quadro ‘ristretto’ di questi due racconti, si noterà incidentalmentecome il significante “paglia” sia volta a volta deprivato di una delle sue possibili ‘mancanze consistenti’:ognuno dei ‘significati’ comporta cioè, al tempo stesso, una ‘mancanza consistente’ e l’assenza dell’altranel permanere del significante. E’ in questo ‘spazio’ che, limitatamente a questi due racconti, abbiamosituato l’analogia. E quel che si chiama l’analogato principale sarà alla base dei differenti racconti, inquanto zona di compattezza: zona alla quale si riducono e/o da cui si ‘generano’ ciascuna delle mancanzeconsistenti, con il ‘resto’ costituito dall’assenza di tutte le altre; zona, in fin dei conti, della compattezza delmetaforico intesa (lacanianamente) come vuoto.

L’oggetto significante (“paglia”) è in entrambi i casi sia oggetto per la correlazione sintagmatica(fra campo del positivo e campo del negativo) che oggetto per la sostituzione paradigmatica (sostituzionedel vivo o sostituzione del morto, in quanto mancanze consistenti complementari e contrapposte), vale adire è oggetto significante sia la relazione sintagmatica che la sostituzione paradigmatica: correla il campodel positivo (esseri umani) col campo del negativo (demonio o streghe), sempre però sostituendo unrappresentante del campo del positivo (un vivo nel racconto valdostano, un cadavere di bambino nelracconto petroniano). E si avrà comunque una gerarchia, nel senso che la sostituzione paradigmatica èquella che determina - in quanto modo della ‘mancanza consistente’ e alla fin fine in quanto ‘significato’ -il corrispondente modo della correlazione sintagmatica.

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Sintetizzando si potrà tracciare il seguente prospetto:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

campo del positivo mancanza del vivo campo del negativo

vs paglia vs

campo del negativo mancanza del morto campo del positivo

L’oggetto “paglia” va ad effettuare una sostituzione nel campo del destinatore (positivo) per ildestinatario (negativo) nella correlazione sintagmatica che chiamerei ‘di risposta’, orientata nel senso cheva appunto dal destinatore positivo verso il destinatario negativo (racconto valdostano). In terminicomplementari e inversi (racconto petroniano) l’oggetto “paglia” va ad effettuare una sostituzione nelcampo del destinatario (positivo); sostituzione effettuata stavolta ad opera di un agente che è il destinatorenegativo nella correlazione sintagmatica che chiamerei ‘primaria’, orientata nel senso che va dal destinatorenegativo verso il destinatario positivo.

Parlerei di correlazione sintagmatica ‘di risposta’ nel caso dello stratagemma ideato dal parrocoche lascia al diavolo un “fagotto di paglia” al posto della donna (racconto valdostano), sulla base del fattoche - comunque - chi per primo interviene è sempre il diavolo, il quale, nelle vesti di uno “sconosciuto dipassaggio”(21), si offre insidiosamente di aiutare la donna nel suo compito agricolo riuscendo a stabilirecon lei un ingannevole ed ambiguo patto (quello per l’appunto del “primo nodo del mattino”). Ambiguitàdel patto che, grazie all’ ‘eroe’ positivo (il curato) viene rovesciata, a beffa del diavolo stesso: un effetto diinganno che riesce (quello del curato) si sovrainveste su un iniziale tentativo d’inganno che fallisce (quellodel diavolo). E’ evidente il gioco al contempo di corto circuito e di inversione.

Dunque, la correlazione consistente nell’inganno del “fagotto di paglia” perpetrato dal curato neiconfronti del diavolo funzionerà alla stregua di una risposta (risposta d’inganno) ad un patto insidioso edingannevole la cui iniziativa appartiene al demonio.

Parlo invece di correlazione ‘primaria’ nel caso del racconto petroniano in cui sono le streghe che- prendendo l’iniziativa - sostituiscono il cadavere del bambino con un fantoccio di paglia.

Tutto ciò equivale a dire che l’aggressione primaria - per così esprimermi - avviene in ogni caso apartire dal campo del negativo nei confronti del campo del positivo.

Torniamo al confronto fra i due racconti. Se le direzioni correlative appaiono contrapposte erovesciate (se cioè il destinatore è costituito in un caso dal campo del positivo e nell’altro caso dal campodel negativo mentre il destinatario è costituito rispettivamente dal campo del negativo in un caso e dalcampo del positivo nell’altro caso), al contrario l’oggetto-significante permane ‘morfo-logicamente’ ilmedesimo. Parlerei, al proposito, di sintesi analogica delle direzionalità complementari e inverse; ovverosia,di sintesi analogica delle direzionalità narrative nell’oggetto (“paglia”): quest’ultimo sembra configurarsicome perno significante in entrambi i casi. Ed il valore dell’oggetto “paglia” risulterà contrapposto (positivonel racconto valdostano, negativo nel racconto petroniano): al contempo si potrà tuttavia osservare chetale valore, pur non risultando uguale ed anzi risultando persino opposto, neppure sarà totalmente diverso(analogia differenziale).

Ma procediamo con ordine. Per quanto concerne il valore oppositivo dell’oggetto “paglia” nei dueracconti, si potrà ancora sottolineare come l’effetto di sostituzione operata (sempre) nel campo del positivo

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avvenga in un caso (racconto valdostano) rispetto a un vivo, e nell’altro caso (racconto antico) rispetto aun morto. (22)

In altri casi, come abbiamo anticipato, alla paglia ricorrono le streghe per sostituire il cuore - cheesse hanno asportato - delle loro vittime. Allora la paglia è il mezzo-materia di una ‘sostituzione parziale’nel campo del positivo (esseri umani), mentre l’agente della sostituzione appartiene correlativamente alcampo del negativo; la sostituzione stessa risulta ‘parziale’ (al posto del cuore della vittima). Parlereiperciò di sostituzione sineddochica.

E sarà interessante osservare come la fine delle vittime possa in verità essere rinviata:(23)esse verrebbero così a situarsi tra la vita e la morte; ovvero, esse non sono più vive maneppure sono ancora morte. Si tratta di una condizione che per taluni versi risulteràparadigmatica, nel quadro delle ‘esperienze’ legate alla dimensione del negativo: bastipensare alle credenze relative al vampirismo.

Nella nostra prospettiva, semplicemente si rimarcherà come la paglia intervenga appunto- oltre che a sostituire un vivo oppure un morto - anche in quanto ‘elemento’ che segnauna condizione di confine o, se si preferisce, di ‘neutralità’: tra la morte e la vita; piùesattamente, forse, tra la ‘non (più) vita’ e la ‘non (ancora) morte’.(24)

Ad ogni buon conto, quel che si evidenzia è - come si accennava - la funzione strumentaledella “paglia” (in quanto mezzo-materia) nelle operazioni di stregoneria, negli effetti dicorrelazione sintagmatica che le streghe (campo del negativo) istituiscono con gli esseriumani (campo del positivo). Nello schema di correlazione sintagmatica:

DESTINATORE STRUMENTO DESTINATARIO

campo del negativo paglia campo del positivo

quel che era l’oggetto-materia di una sostituzione per così dire ‘totale’, effettuata nel campo delpositivo come destinatario, diventa il mezzo-materia, proprio in quanto la sostituzione è ‘parziale’; o, permeglio dire, proprio in quanto la paglia è il mezzo-materia di una sostituzione sineddochica nel campo delpositivo come destinatario.

In effetti, a ben guardare, l’oggetto (la materia “paglia” come oggetto) altro non è che la trasposizioneproposizionale, per l’appunto nel ‘luogo’ del complemento oggetto, di uno strumento (la materia “paglia”come mezzo) di sostituzione. Allorchè le streghe sostituiscono al cadavere del bambino un manichino dipaglia, si può dire che esse ‘lasciano il manichino di paglia’ in questione (compl. oggetto). La sostituzionetotale sembra cioè comportare il passaggio proposizionale del significante “paglia” (materia della sostituzione)da - per così dire - complemento di mezzo a complemento oggetto.

Allorquando invece la sostituzione è parziale, la materia tramite cui è stata operata la sostituzioneresta nella posizione sintattica di strumento.

Cosicchè, col passaggio dalla sostituzione ‘totale’ alla sostituzione ‘parziale’ o sineddochica, ilquadro di correlazione sintagmatica:

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DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

campo del negativo sostituzione ‘totale’ campo del positivo nel campo del

positivo come destinatario

diventa:

DESTINATORE STRUMENTO DESTINATARIO

campo del negativo sostituzione parziale campo del positivo (sineddochica) nel campo del positivo come destinatario

Col primo di questi due prospetti siamo di fronte ad una correlazione che possiamo chiamareoggettuale: nel senso appunto che il destinatore negativo istituisce col destinatario positivo una correlazionesintagmatica in cui lascia al destinatario stesso un oggetto che è, senz’altro, paglia (manichino di paglia),mentre il sostituito (cadavere del bambino) è totalmente scomparso. (E la sostituzione avviene nel campodel destinatario in quanto campo del positivo).

Col secondo prospetto siamo di fronte ad una correlazione che possiamo chiamare strumentale:nel senso appunto che il destinatore negativo istituisce col destinatario positivo una correlazione sintagmaticain cui lascia al destinatario stesso non un ‘nuovo oggetto’ (paglia) che sostituisce totalmente un essereumano rapito (dal destinatore negativo), bensì lascia un essere umano manipolato: un essere umano sulquale il destinatore negativo (streghe) ha operato. Allora, questo essere manipolato avrà - poniamo - dellapaglia al posto del cuore (sostituzione parziale o sineddochica).

Ciò che accomuna la correlazione sintagmatica ‘oggettuale’ di connotazione negativa (sostituzionetotale nel campo del destinatario positivo) con la correlazione sintagmatica ‘strumentale’ (sostituzionesineddochica nel campo del destinatario positivo), ciò che in altri termini accomuna l’oggetto e lo strumentoin questo tipo di correlazione sintagmatica sarà la materia: potremmo dire la materia come significante(“paglia”).

E, per la verità, la ‘materia del significante’ opera anche in altre direzioni, in altri ‘contesti’proposizionali e sintagmatici.

Se la sostituzione totale nel campo del destinatario positivo è sostituzione di un cadavere con unasagoma di paglia (racconto petroniano), abbiamo visto che la sostituzione parziale o sineddochica nelcampo del destinatario positivo in quanto (poniamo) sostituzione del cuore della vittima con della paglia,può comportare la ‘presenza’ di un morto - un essere umano cui sia stato estratto il cuore - che apparevivo: ovverosia, di un ‘non più vivo’ che appare ‘non ancora morto’.

Sembra essere una delle risultanze ‘classiche’ delle operazioni delle streghe. Sarà utile, al riguardo,leggere questo eloquente passo di Burcardo di Worms (sec. XI):

“Credidisti quod multae mulieres, retro post Satanam conversae, credunt et affirmant verum esse,ut credas in quietae noctis silentio cum te collocaveris in lecto tuo et marito tuo in sinu tuo iacente, te dumcorporea sis ianuis clausis exire posse, et terrarum spacia cum aliis simili errore deceptis pertransire valere,

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et homines baptizatos et Christi sanguine redemptos, sine armis visibilibus et interficere et decoctis carnibuseorum vos comedere, et in loco cordis eorum stramen aut lignum, aut aliquod huiusmodi ponere et comestisiterum vivos facere et inducias vivendi dare?” (Decreta XIX 5).

La ‘presenza’ del morto-vivente (per così dire) si avrà non soltanto per effetto della sostituzioneparziale o sineddochica operata ricorrendo alla paglia ma altresì ricorrendo ad un pezzo di legno, etc. .(25)

Riassumendo, si constaterà come nella correlazione sintagmatica ‘strumentale’ (destinatorenecessariamente negativo e - per l’appunto - destinatario necessariamente positivo) il mezzo materiale(“paglia”) operi su un essere umano - su un essere appartenente dunque al campo del destinatario positivo- per cui si avrà in un certo senso convergenza di ‘strumento’ e ‘destinatario’:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

campo del negativo sostituzione sineddochica campo del positivo

ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

esseri negativi ‘ cuore di paglia ‘ esseri umani

Questo prospetto sta ad indicare che ad un essere umano è stato estratto il cuore dalle streghe,che l’hanno sostituito con paglia (ovvero con un pezzo di legno o con altro materiale): l’uomo cui è statoestratto il cuore (etc.) può apparire vivo.

Nella correlazione sintagmatica ‘oggettuale’ di connotazione negativa (destinatore negativo e - perl’appunto - destinatario positivo), il mezzo materiale (“paglia”) sostituisce totalmente un essere umanorispetto ad altri esseri umani, ai quali viene ‘lasciato’; per cui si avrà convergenza di ‘oggetto’ e ‘destinatario’:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

campo del negativo sostituzione totale campo del positivo

ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

esseri negativi ‘corpo di paglia’ esseri umani

Questo prospetto sta ad indicare che il corpo di un essere umano è stato rapito dalle streghe, chel’hanno sostituito con un fantoccio di paglia (poniamo): il cadavere umano scompare (racconto petroniano).

Nella correlazione sintagmatica ‘oggettuale’ di connotazione positiva (destinatore positivo e - per

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l’appunto - destinatario negativo), la materia “paglia” sostituisce - e totalmente, com’è ovvio - un essereumano, che deve essere preservato, rispetto ad un destinatario negativo che viene così ingannato (la cuiinsidia viene stornata); per cui si avrà allora convergenza di ‘destinatore’ e ‘oggetto’:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

campo del positivo sostituzione totale campo del negativo

ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

esseri umani ‘corpo di paglia’ esseri del negativo

Questo prospetto sta ad indicare che un corpo umano (il corpo di un vivo) viene sostituito con un“fagotto di paglia” per un destinatario negativo, che in tal modo viene gabbato (racconto valdostano del“primo nodo del mattino” nella versione dovuta ad A. Ferré - cfr. Gatto Chanu - e nella versione GiuseppinaSosso).

Nel medesimo racconto valdostano secondo la versione Liliana Chatrian l’ ‘identificazione’ fradestinatore e oggetto, nella correlazione sintagmatica oggettuale rispetto ad un destinatario negativo cheviene così ingannato (la cui insidia viene stornata), riguarda la ‘coincidenza’ fra corpo umano (di un vivo)e scopa. La scopa, attorno alla quale viene annodato il grembiule della ragazza, prende infatti il posto delladonna per il destinatario negativo (diavolo), le cui insidie vengono così eluse ad opera di un destinatoreumano e positivo (il parroco in quanto destinatore umano e positivo per eccellenza):

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

esseri umani scopa essere del negativo

***

Esiste altresì quella che si può considerare un’altra versione della medesima leggenda in cui l’insidiadel demonio raggiunge il suo scopo: (26)

“Uno sconosciuto di passaggio si offrì un mattino come bracciante ad una contadina di Saint-Vincent, e lavorò di buona lena l’intera giornata. A sera si presentò per essere pagato, ma alla normalemercede giornaliera disse di preferire... il grembiule della giovane padrona.

Quella si girò per farselo slacciare; ed il forestiero, che era un astuto demonio, repentinamentel’afferrò alla vita, e con lei scomparve, in una nuvola di fumo”.

***

L’intervento del significante “paglia”, in contesti del genere, potrà quindi valere come segno delfatto che vi è stata un’azione insidiosa proveniente dalla sfera del negativo (streghe, diavolo): la paglia sarà

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ad es. la prova diretta di tale azione insidiosa (manichino di paglia lasciato dalle streghe nel raccontopetroniano); oppure sarà la prova indiretta di tale azione insidiosa, nel senso che essa interviene - ad operadi un destinatore umano e positivo - come risposta adeguata e deviante rispetto alla ‘domanda insidiosa’del negativo (racconto valdostano).

Anche più in generale, a prescindere da siffatti contesti, la paglia - nonchè il fieno - risulta(no) nondi rado associata/-i (in quanto vegetali secchi?) alle manifestazioni del negativo. Basterà ricordare quialcuni esempi. In Piemonte, nel Canavese, la masca viene descritta mentre tiene sotto il braccio dellapaglia o del fieno. (27)

Sempre in Piemonte, di una persona cattiva si usava dire: “è nato quando il diavolo si pettinava lacoda dietro il pagliaio”.(28)

Nelle Valli di Lanzo, un certo sito in cui si diceva avvenissero le riunioni delle masche in forma dibellissime fanciulle danzanti (riunioni alle quali partecipava anche il diavolo) viene così delineato: una radurasolitaria dietro il Roc Neir , un luogo sinistro dove l’erba è secca anche nelle stagioni più piovose “. (29)

Ricordo, per inciso, che nel folklore lituano “les enfants des laumes ne sont pas des enfants“vrais”, mais des petits monstres issus d’une gerbe de paille (...). D’où le désir des laumes d’avoir desvrais bébés, donnant lieu à des échanges, en cachette, de leurs laumiukai contre des bébés humains (...)”.(30)

Veniamo ancora per un attimo al folklore italiano. In Val d’Aosta, nella Valle di Gressoney (Donnaspresso Fontainemore) si racconta a tutt’oggi di una strega che assumeva senz’altro la forma di un mucchiodi fieno. (31)

E questa tradizione, circa il luogo di riunione delle masche , si è riscontrata in Val di Susa: (32)

“E dicevano: prima di Caselette lì erano sempre le masche perchè lì sulla strada vecchia c’èancora qualche pezzo di muro antico, e lì era un posto che di notte la gente aveva paura. Sopra son tutti iboschi e il Musiné. Un falsopiano del Musiné, “Pian de Fen” (“Piano del Fieno”) denominato, la zona;lassù vedevano le masche ballare, ma io non ci credevo. E’ tutto lì”.

Segnalo infine che a Fossalta di Portogruaro, in provincia di Venezia, il covone di fieno è vistocome luogo “oscuro”, denso di pericoli. Nella stessa località si ritiene che per effetto di una strega si possatrovare del fieno intrecciato all’interno del cuscino sul quale dormendo si poggia la testa. (33)

Paglia e fieno risultano quindi, in vario modo, legati alla dimensione del negativo. Valgono comeattributo della strega (Canavese); ovvero il pagliaio (Piemonte) nonchè il covone di fieno (Veneto) appaionocome un luogo di manifestazione del negativo . Una radura dove l’erba è sempre secca (Valli di Lanzo)ovvero un falsopiano chiamato “Pian de Fen” (Musiné, Val di Susa) costituiscono altrettanti siti per lestreghe che vi si riuniscono e ballano; analogamente, è sul tetto di un fienile che secondo una tradizionevalchiusellese si svolge nottetempo una “gran festa” (di streghe evidentemente). (34)

E se in Lituania i bambini delle laumes escono da un fascio di paglia , in Val d’Aosta una strega siidentifica metamorficamente con un mucchio di fieno (Valle di Gressoney).

A partire dal rapporto di identità/identificazione , in cui farei consistere quel che si chiama l’analogatoprincipale, fieno e/o paglia vengono ad occupare varie ‘posizioni sintattiche’ di vicinanza con gli esseridella sfera del negativo: dall’attributo al ‘complemento di luogo’ per l’appunto. Relazioni che si possonointerpretare, retoricamente, come metonimie. (35)

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L’identità/identificazione parrebbe costituire il ‘polo generante’ nonchè il polo di riferimento - ilpros hén - verso cui si orientano e da cui in certo qual modo dipendono le altre soluzioni che chiamereiappunto analogiche (di un’analogia semanticamente investita).

Se brevemente consideriamo - di nuovo - la tradizione lituana relativa ai laumiukai , i bambini dellelaumes , abbiamo visto che questi ‘piccoli mostri usciti da un fascio di paglia’ (un nesso di tipo associativo,mi pare, prossimo alla stessa identità/identificazione) vengono dalle loro madri-laumes sostituiti ai bambiniumani, di cui esse nascostamente si impadroniscono.

Orbene, la situazione appare, per taluni versi, simile a quella decritta da Petronio nell’episodiodelle streghe di cui ci siamo occupati (bambino, in quest’ultimo caso morto, sostituito ad opera dellestreghe con un manichino di paglia).

Tuttavia, nella tradizione lituana un aspetto importante risulta - se non altro linguisticamente, manon solo - in salienza. I laumiukai sono, di tutta evidenza, esseri negativi, della stessa ‘natura’ delle loromadri laumes . Dunque, l’ ‘oggetto’ (laumiukai ) che il destinatore negativo (laumes ) lascia ai destinatariumani e positivi - al posto dei bambini ‘veri’ loro sottratti - appartiene appunto alla stessa sfera del destinatorenegativo. Si, può quindi tracciare il seguente prospetto:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

campo del negativo mostriciattoli usciti da campo del positivo un fascio di paglia

ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO SIGNIFICANTE DESTINATARIO

laumes laumiukai esseri umani

Il prospetto così delineato sarà da leggere in questi termini: il destinatore negativo lascia al destinatariopositivo (in cambio di esseri positivi, dei bambini ‘veri’ che vengono sottratti) un oggetto (mostriciattoliusciti da un fascio di paglia) appartenente alla stessa sfera del destinatore negativo, e - si può ragionevolmenteipotizzare - della stessa natura (di paglia cioè?) del destinatore negativo (laumes ).

Si tratta di un tipo realizzativo nell’ambito di quella che è la casistica secondo cui si configura iltema del bambino-sostituto.

Poichè non di rado si verifica che gli esseri umani riescono a recuperare il loro bambino restituendoagli esseri del negativo (o, comunque, agli esseri della dimensione altra) il piccolo sostituto, il prospettosopra delineato:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

esseri del negativo sostituto del negativo o di una dimensione o di una dimensione esseri umani altra altra

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fa da premessa a quello inverso:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

sostituto esseri del esseri umani negativo o del negativo e del non-umano non -umano

per cui gli esseri umani e del positivo recuperano il loro bambino restituendo il sostituto negativo,o della sfera altra, agli esseri del negativo (o della sfera altra).

Sembrerebbe così ‘chiudersi’ l’arco delle possibilità nel rapporto fra destinatore (umano e positivooppure negativo e/o altro), da un lato, e destinatario (negativo e/o altro oppure umano e positivo), dall’altrolato.

In realtà, se l’analogato principale è rappresentato dalla identità/identificazione o, comunque, dallastretta associazione di paglia(/fieno) ed esseri del negativo o di una dimensione altra, ne consegue che iquattro schemi della correlazione sintagmatica ‘oggettuale’ prospettabile nei termini di un nesso narrativosecondo cui un destinatore lascia ad un destinatario un oggetto di paglia o ‘proveniente’ dalla paglia

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

essere essere di paglia o essere positivo proveniente dalla paglia negativo

essere essere di paglia o essere negativo proveniente dalla paglia positivo

essere essere di paglia o essere negativo proveniente dalla paglia positivo

essere essere di paglia o essere positivo proveniente dalla paglia negativo

si riducono a due schemi più elementari o, per meglio dire, semanticamente più elementari. Maanche fra di essi vi sarà una ‘gerarchia derivazionale’. Il primo schema, o schema di base, consisterà in:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

essere essere di paglia o essere negativo proveniente dalla paglia positivo ( umano )

da cui conseguirà, per complementarietà ed inversione, il secondo schema:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

essere essere di paglia o essere positivo (umano ) proveniente dalla paglia negativo

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Quest’ultimo schema altro non sarà che una ‘risposta’ rispetto al precedente (il quale si configuraappunto come ‘primario’): e ciò nel senso, ipotetico, della possibile restituzione dei laumiukai alle loromadri-laumes , in modo da riavere i bambini umani da esse sottratti; ma altresì nel senso, effettivo, dilasciare un fagotto di paglia al diavolo - nel rispetto della lettera di un patto - in modo che quest’ultimo nonpossa impadronirsi di un essere umano (folklore valdostano).

Se, come si diceva, l’analogato principale è dato dalla identità/identificazione o, quantomeno, dallastretta associazione di paglia (per es.) e campo del negativo, allora l’essere di paglia (o proveniente dallapaglia) appartiene sempre alla - è proprio della - sfera del negativo, anche quando ciò è ‘sottinteso’; anchequando l’oggetto di paglia si presenta come manufatto dell’essere umano, costruito allo scopo di ingannarel’essere negativo (folklore valdostano).

Vale a dire, l’oggetto “paglia” varrà sempre alla stregua di una ‘restituzione’ - dunque come una‘risposta’ - anche quando si tratta appunto di uno stratagemma ‘autonomamente ideato’ dall’eroe positivo(l’eroe religioso) per impedire che il diavolo si appropri di un essere umano.

In sostanza, lo schema del destinatore negativo che lascia un oggetto di paglia o proveniente dallapaglia al destinatario positivo e umano:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

essere essere di paglia o essere negativo proveniente dalla paglia positivo ( umano )

comprende tanto la vicenda delle laumes lituane che - impadronendosi nascostamente dei bambinidegli uomini - lasciano i loro laumiukai agli esseri umani, quanto una vicenda come quella petroniana in cuile streghe lasciano un manichino di paglia al posto del cadavere del bambino da loro sottratto.

In altre parole, siffatto prospetto vale tanto per le situazioni in cui gli esseri del negativo - e/o delladimensione altra - lasciano degli ‘oggetti’ simili a sè ed appartenenti alla loro medesima dimensione (comei laumiukai per le laumes di cui sono i figli), quanto per le situazioni in cui gli esseri del negativo lascianoun qualche oggetto non ‘esplicitamente riconosciuto’ come simile agli stessi destinatori negativi: nonesplicitamente riconosciuto come appartenente alla loro medesima dimensione.

Per converso, il fatto che gli esseri umani si facciano destinatori di un oggetto di paglia per undestinatario negativo si configurerà (si diceva) come una ‘restituzione’ - oltre che come una ‘risposta’ -allo scopo o di riavere un essere umano precedentemente sottratto o di impedire che un essere umanovenga rapito dall’essere negativo.

In questa prospettiva vi saranno un destinatore ‘primario’, in quanto tale rappresentato dall’esserenegativo, e un destinatario correlativamente ‘primario’, sempre a sua volta rappresentato dagli esseriumani nonchè positivi; mentre l’oggetto di paglia o proveniente dalla paglia, ovvero la paglia come ‘semplice’strumento, viene ad integrarsi semanticamente - e in ultima istanza connotativamente, sul piano delleconnotazioni di contestualità in quanto suscettibili prima o poi di manifestarsi - col destinatore ‘primario’stesso.

Anche la ‘risposta’ adeguata, che è appunto una ‘restituzione’ dell’oggetto “paglia”, da parte degliesseri umani (fagotto di paglia lasciato al diavolo), deriverà insomma dallo schema cosiddetto di base,quest’ultimo per parte sua ‘generato’ da ciò in cui abbiamo riconosciuto l’analogato principale (identità/identificazione o quantomeno stretta associazione tra significante “paglia”, per es., ed esseri del negativo).

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In un’altra prospettiva il fagotto di paglia annodato, tramite cui viene gabbato il diavolo nel raccontovaldostano, è l’equivalente testuale - alla stessa stregua della scopa dell’altra versione - di una donna cheha comunque (sebbene inconsapevolmente) accolto il patto proposto dal diavolo, e che dal diavolo si èfatta (seppur inconsapevolmente) aiutare: è l’equivalente testuale di una donna potenzialmente strega; o,persino, effettivamente (seppur inconsapevolmente) strega. Fagotto di paglia e scopa attorno a cui vieneannodato il grembiule risultano collocati nella medesima posizione sintattico-testuale: hanno lo stesso ‘segno’.

Tutto ciò converge, in parte, con quanto si diceva qui sopra. Tuttavia mi pare che, almeno entrocerti limiti, sia opportuno distinguere tra livello della testualità e livello della contestualità. Allora, se per es.il fagotto di paglia è l’equivalente della donna al livello testuale (sul piano cioè del racconto assunto in sensostretto nella sua coerenza sintagmatica), al livello delle connotazioni di contestualità (sul piano delleparadigmaticità intertestuali) la “paglia” sembra essere primariamente ‘oggetto da restituire’ alla sfera delnegativo; altrimenti detto, il significante “paglia” funziona in quanto tale da attrattore verso la dimensionedel negativo (36) (per effetto dell’analogato principale e delle ‘identità/identificazioni’ che esso comporta).

Potremmo esprimerci in maniera ancora diversa ed affermare che il singolo racconto - o la singolaversione di un racconto - si costituisce come livello immediato (piano della testualità in quanto coerenzasintagmatica), mentre il significante configura le dinamiche di un livello non immediato (piano delle contestualitàin quanto ‘trasformazioni’ paradigmatiche) attorno ad un analogato principale come prius logico-semantico.E tra i due livelli vi saranno, insieme, congruenza e scarto.

Interrompendo una discussione che dovrà essere ripresa ed approfondita su basi più ampie e piùsolide, riassumiamo dicendo che la “paglia” sta per la donna al livello immediato (testualità); appartiene giàdi per sè alla sfera del negativo al livello non immediato (contestualità, paradigmaticità). La ‘conclusione’del decorso di testualità in quanto livello immediato (lasciare la paglia al diavolo) sta nell’a priori del livellonon immediato, nonchè nel suo nucleo paradigmaticamente generante (‘appartenenza’ della paglia allasfera del negativo): sta nel prius dell’analogato principale. Il livello immediato (sintagmatica) è a sua voltauna ‘derivazione’ del livello non immediato (paradigmaticità) nonchè una ‘trasformazione’ del prius analogico.

Proseguirei rivolgendomi - ai margini (per ora) di questo lavoro - ad un racconto proveniente dallazona alpina dei Grigioni.

Se in una tradizione valdostana della Valle di Gressoney (Donnas presso Fontainemore) una stregaassume l’aspetto di un mucchio di fieno che ogni mattina intralcia il passaggio ad un uomo diretto al lavoro;nel racconto dei Grigioni cui mi riferisco si tratterà di una manufatto umano: di una ‘semplice’ bambola fattacon stracci e riempita di fieno, che due giovani pastori - per ovviare alla loro solitudine alpestre - fabbricanoed eleggono scherzosamente quale loro “sposa” (sposa di fieno per l’appunto). Essa diventa poi - o simanifesta d’improvviso come - un temibile e sconcertante ‘essere del negativo’.

Al proposito, si potrà chiamare in causa il principio folklorico e culturologico (per così dire) della‘inevitabile appartenenza’ del significante (“fieno” in questo caso) alla dimensione del negativo: il che siverificherà - come accennavamo - anche qualora l’oggetto significante od oggetto nel significante (oggettodi fieno in questo caso) sia un manufatto apparentemente del tutto innocuo e tranquillo degli uomini. Allora,la ‘sorpresa’ - in quanto sorpresa della sua ‘appartenenza negativa’? - apparirà, anzi, tanto più forte.

Aggiungerei che per certi versi ci troviamo di fronte ad un esempio in cui il racconto non puòessere letto sul parametro della ‘immediatezza testuale’ bensì esige di essere reimpostato nel quadro ‘nonimmediato’ delle connotazioni di contestualità. In altre parole occorrerà riferirsi alle dinamiche che si generanoa partire dalla ‘efficacia paradigmatica’ di un nucleo semantico in quanto momento di salienza in cui ‘consiste’il cosiddetto analogato principale: quest’ultimo sarà dato dalla identità/identificazione tra “fieno” ed essere

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del negativo (cfr. appunto la testimonianza valdostana relativa al mucchio di fieno che è la strega stessa );ovvero, estensivamente, dalla ‘inevitabile e contestuale (paradigmatica cioè) appartenenza’ alla dimensionedel negativo dell’oggetto di fieno. Di qui il funzionamento come ‘attrattore negativo’ dello stesso oggetto difieno.

Vorrei altresì rimarcare come quella che abbiamo chiamato ‘efficacia paradigmatica’ (efficacia dicontestualità, efficacia del ‘non immediato’) del nucleo semantico (in fin dei conti dell’analogato principale)venga a ricadere nella singola vicenda - nel singolo testo, nella singola versione narrativa - alla stregua di un‘effetto di reale’. Quello della sorpresa conclusiva.

L’ ‘effetto di reale’ verrebbe quindi a situarsi al di là della sintagmatica del testo (al di là dellatestualità immediata e della sua eventuale coerenza o incoerenza (37) ), sul parametro della paradigmaticitàovverosia delle ‘estensioni analogiche’ (posterius ) dell’analogato principale (prius semantico-nucleare).

Il ‘ritorno’ dell’oggetto di fieno alla dimensione del negativo - il conturbante manifestarsi conclusivodella bambola di fieno come strega o simili - altro non sarà che un ‘effetto di reale’, al di là del fatto che sitrattava di un oggetto costruito da esseri umani: ‘reale’ - ripeto - in quanto generato paradigmaticamente,in quanto ‘inatteso’ (a prescindere cioè dalla sintagmatica o testualità immediata) (38) e ‘ricaduta’ analogica(posterius ) del nucleo primario o analogato principale.

Val la pena leggere il racconto: (39)

“A più di mezz’ora di strada sopra l’alpe Sardasca, c’è un alpeggio dove i pastori portano lemandrie nella piena estate, e si chiama alpe Silvretta. (...)

Fra quelle bande di roccia e di prato, c’era un tempo una capanna di caprai. Ogni estate visalivano due ragazzotti con il gregge e vi rimanevano circa tre mesi, soli. Nè vita facile era la loro, e bastavauna nube temporalesca perchè le vette vicine si coprissero di neve anche in pieno luglio.

Da diversi anni ormai i due pastori passavano lassù l’estate, e conoscevano ogni anfratto dellamontagna, chè tutta l’avevano percorsa, alla ricerca delle capre smarrite, si erano fatti due robusti giovanotti.

Tre mesi di solitudine per due giovanotti sono troppi, ed anche il cercare capre era loro venuto anoia. Sempre gli stessi gesti, così come le capre scelgono la stessa roccia, dormendo all’addiaccio; identichele parole, come il parlottio della fonte alla quale bevevano. I giorni si susseguivano, ma la monotonia dellavita pastorale aveva fermato il tempo che non scorreva più.

Anche per la montagna il tempo sembrava fermo: nubi passavano in cielo o si sfilacciavanostracciandosi contro le creste, albe, tramonti, giorni sereni, notti stellate, tutto era eguale. Rocce che sitingevano di sangue o parevano cumuli di cenere, pascoli che brillavano di smeraldo o si sfocavano dietrocortine di nebbia: i profumi di erbe e di fiori, della pioggia e del solleone, delle pietre e del ghiacciaio, tuttoera sempre eguale. Forse non c’era più nè passato nè futuro, ed il presente si annientava ad ogni istante.

I due giovani stavano sdraiati sul prato e non parlavano. Il vento spirava dalla valle portando adondate il suono dei campanacci di innumerevoli mandrie.

- Ancora un mese poi scenderemo.

- E’ lungo da trascorrere un mese! - fece l’altro, e continuò a far passare tra le labbra un filod’erba.

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- Senza il sorriso di una ragazza!

- Come puoi pretendere che una ragazza salga fra questi greppi scoscesi? Per insalvatichirsi comele capre!

- Se nessuna viene a trovarci, ce la costruiremo noi la nostra sposa.

L’idea era venuta per scherzo, forse sarebbe passata via, come tante idee: ma su quei dirupi tuttosembrava doversi fermare e per passatempo i giovani trassero dalla capanna sacchi e giacche e quanto divecchio trovarono, tagliarono e cucirono, provarono e riprovarono, fin che ne risultò una bambola grandecome una persona, e la riempirono di fieno. Con i carboni del focolare le disegnarono sulla faccia la boccae il naso, gli occhi e l’arco delle sopracciglia, la mezzaluna delle orecchie, e tracciarono ancora le dita dellemani e dei piedi. Infine ritagliarono un vello di pecora nera, le cucirono in testa una parrucca ricciuta e lapupattola fu terminata. Avrebbe fatto ridere chiunque, goffa e malsagomata com’era, ma ognuno va fierodel proprio lavoro, ed i giovanotti stimarono l’opera perfetta.

- Ora abbiamo una sposa da dividerci, e butteremo la malinconia nel burrone.

Così sedendo a tavola accomodavano su di uno sgabello quella che chiamavano sposa, ponendoledinanzi la sua ciotola colma di cibo ed augurandole buon appetito. Cominciarono anche a parlarle, quasifosse stata una donna vera, e salendo dalle capre o scendendo a portare il latte la lasciavano seduta sullasoglia della capanna: - Arrivederci, Sposa. Cura la casa intanto che siamo assenti.

La sera portavano la Sposa di Fieno a letto, accomodandola tra l’uno e l’altro le facevano millemoine e prima di addormentarsi l’abbracciavano e la baciavano, quasi fosse la loro donna.

Il gioco occupò la rimanente estate: di giorno mangiavano con la Sposa di Fieno, di notte giacevanocon lei, finchè sette giorni prima di scendere a valle con le capre...

Cominciò una sera. Avevano terminato la povera cena di latte e cacio e chiacchieravano stancamente,prima di coricarsi.

- Fra sette giorni, finalmente...

- Ci caricheremo la pentola grande e la farina avanzata.

- Sarà bene portare anche le coperte. D’inverno la neve seppellisce la capanna: l’anno che leabbiamo lasciate quassù, ricordi, sono ammuffite.

- La nostra Sposa avrà freddo, se la lasciamo senza coperte.

Un brivido di fosco presagio percorse la montagna. L’aria intorno più non era la stessa, lo sentivano,ed anche il crosciare del ruscello, nell’assenza di ogni altro rumore, era diverso dal consueto. Stava peraccadere qualche cosa, era bene non accadesse, ma l’ineluttabile doveva compiersi.

- Non resterò sola quassù.

I giovanotti trasecolarono. Chi aveva parlato?

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Nessuno di loro aveva parlato, eppure entrambi avevano perfettamente udito una voce femminilestentorea e scordata.

- Uno di voi resterà con me.

Ora la voce non sapeva più di cosa morta, non era fiacca e rauca, ma chiara. Era voce di donna,e donne nella capanna non ce n’erano, salvo la Sposa di Fieno.

La pupattola si animava. Le braccia goffe prendevano forma, le mani tracciate a carbone sulla teladi sacco diventavano mani vere, con le dita che si sgranchivano, anche la testa si muoveva ora, e gli occhi...

La Sposa di Fieno fissava ora l’uno, ora l’altro, ed i suoi grandi occhi colore del ghiaccio verde deiseracchi, giravano nelle orbite. Le labbra si schiudevano, la bocca si apriva, la donna era viva.

- Mi avete voluta, eccomi. Credevate di prendervi gioco di me, ma questo non era nelle mieintenzioni. Speravate di abbandonarmi quassù, fra la tormenta ed il gelo? Uno di voi resterà con me.

Non osarono rispondere alla Sposa di Fieno, e gravò il silenzio più pauroso. Pareva che l’interamontagna, la cinerea cerchia delle morene, la desolata vastità dei ghiacciai, la solitudine sconfinata deivuoti alpeggi, la vertigine dei precipizi strapiombanti, tutta la montagna fosse entrata dentro la capanna.

Un rumore di zoccoli sui lastroni fuori della baita ruppe un istante l’incantesimo; guardaronoansiosamente verso l’uscio, sperando nella liberazione, ma distolsero gli occhi terrorizzati; sulla porta unCaprone, più nero della notte, li fissava con occhi di fuoco.

Al mattino seguente la Sposa di Fieno ordinò: - Tirate a sorte, a chi di voi due deve fermarsi -, ecome le sorti furono decise ordinò al capraio che poteva partire: - Vattene, ma non voltarti indietro primache il sentiero giri.

Il giovane si alzò e cominciò a scendere. Alla curva del sentiero si voltò e vide la Sposa di Fienoche inchiodava sulla porta della capanna la pelle del suo amico scoiato”. (40)

Il processo narrativo-’evenemenziale’ è, in un certo senso, direzionalmente invertito rispetto allatradizione valdostana cui abbiamo accennato sopra: in un caso (Valle di Gressoney) è la strega che diventareiteratamente un mucchio di fieno; nell’altro caso (Grigioni) è la sposa di fieno che ‘diventa’ (si manifestacome) un essere del negativo.

Ma il ‘principio’ - per così dire - della identità/identificazione tra l’elemento “fieno”, da un lato, el’essere del negativo, dall’altro lato, permane invariato.

Nei termini nostri potremmo perciò affermare che l’analogato principale resta immutato.

E comunque l’identità/identificazione stessa (in cui consiste appunto l’analogato principale) viene -nei due ‘episodi’ - come narrativamente percorsa in senso volta a volta rovesciato: dalla strega al mucchiodi fieno nel racconto valdostano, dalla bambola di fieno all’essere del negativo nel racconto dei Grigioni.

L’identità stessa appare così dinamicamente - e narrativamente - articolabile, secondo movimenti- da un polo all’altro dell’identità(/identificazione), e viceversa - che vengono a corrispondersi inversamente(41): secondo movimenti cioè complementari e opposti. Ma, alla fin fine, l’articolazione narrativa dell’identità/identificazione altro non sarà, dunque, che l’articolazione narrativa dell’analogato principale.

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Sulla base del confronto fra le due ‘vicende’, l’impressione è che ci si trovi di fronte - per cosìesprimermi - alla dinamica ‘chiusa’ del verbo “essere” in quanto dinamica ‘inerente’ al verbo dell’identità/identificazione perfetta nonchè reciproca, o, tout court, in quanto dinamica ‘inerente’ all’identità/identificazione perfetta nonchè reciproca: ‘inerente’ ad un’identità/identificazione che non ammette resto.Vale a dire: se un essere negativo “è” fieno (Valle di Gressoney); il fieno “è” un essere negativo (Grigioni).Ovverosia: poichè un essere negativo “è” fieno (Valle di Gressoney), allora un oggetto di fieno “è” unessere negativo (Grigioni); e ciò nonostante l’oggetto di fieno sia un ‘innocuo’ manufatto degli uomini.

Ai suoi limiti estremi, l’analogato principale (il prius logico-semantico) di una analogia di attribuzioneper prius et posterius - il prius cioè di un complesso di ‘percorsi successivi’ (posterius ) che risulterannocontestuali, ‘non immediatamente’ raccordabili attorno allo stesso analogato principale - parrebbe costituirsiquale identità/identificazione (metaforica) perfetta e reciproca, senza che nulla debordi dal di fuori di taledinamica d’identità.

In questa chiave - lo accenniamo soltanto - le diverse metonimie secondo cui si configurano queirapporti che nell’analogato principale sono di identità/identificazione (metaforica) rappresentano appuntodei ‘derivati analogici’ (posterius ) dello stesso rapporto di identità/identificazione (metaforica), in cuiconsiste il prius . In questa ottica, almeno cioè per quanto concerne i racconti di folklore, non sono lemetonimie che portano al metaforico, bensì, all’opposto, è la metafora (piano dell’analogato principale)che ‘genera’ la serie svariata delle metonimie nei diversi contesti analogici.

Ancora si potrebbe, in prospettiva semiotica - prescindendo cioè dalle tecniche del decorsonarrativo -, sottolineare come per un verso, nel racconto valdostano, l’analogato principale (identità/identificazione di “fieno” ed “essere del negativo”) dia luogo alla metamorfosi (reiterata) della stregastessa; mentre, per un altro verso, nel racconto dei Grigioni, si abbia a che fare con una sorta di inferenzalogico-semiotica (che procede appunto all’inverso delle trasformazioni della strega): poichè “fieno”, allora“essere del negativo”. E se la trasformazione è un divenire da una forma all’altra (da vecchietta a mucchiodi fieno), l’inferenza appare statica: è un manifestarsi (della bambola di fieno come essere del negativo). E’il manifestarsi - per la via del non immediato, per il tramite della contestualità paradigmatica - dell’analogatoprincipale come ‘effetto di reale’: dal momento che l’inferenza stessa (“fieno”, allora “essere del negativo”)sta nell’analogato principale; è uno degli ‘aspetti necessari’ in cui consiste la paradigmaticità dell’analogatoprincipale. L’ ‘effetto di reale’ (oggetto di fieno in quanto essere del negativo), con la sua forza di sorpresadirompente e terrificante, oltre la sintagmatica della ‘normalità’ secondo cui si era svolta fino a quel puntola ‘vicenda’, non fa che evidenziare il valore e l’efficacia di ‘regola’ dell’identità/identificazione (metaforica):ovverosia, evidenzia l’identità/identificazione (metaforica) come ‘nuclearità contestualmente generante’ o,ciò che è lo stesso, come ‘regola’ paradigmaticamente analogante. (42)

Si può in qualche misura chiudere il cerchio (43) delle ‘corrispondenze inverse’ ricordando unaltro racconto valdostano - riferito alla zona di Quart - il quale parrebbe configurarsi come ulteriorevariante rispetto alla ‘vicenda’ del “primo nodo del mattino”, considerata nelle sue differenti versioni. Laqual cosa rinvierà, ovviamente, ad uno ‘schema’ narrativo più ampio. (44)

La donna, impegnata al solito in pesanti lavori agricoli, accetta - al solito - di stipulare un patto coldiavolo. Ma interviene qualcosa di più: almeno i termini dell’accordo sono qui espliciti (non c’è da questopunto di vista inganno demoniaco): la ragazza accetta di essere, nella notte successiva, portata via dallosconosciuto “giovanotto”, sebbene assai probabilmente essa ritenga che ciò sarebbe avvenuto a scopomatrimoniale (da questo punto di vista permane l’inganno demoniaco).

L’inganno demoniaco risulta in tal modo un po’ spostato rispetto ai racconti del “primo nodo del

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mattino” (in cui alla donna stessa si allude nella lettera del patto demoniaco attraverso il motivo, appunto,del “primo nodo del mattino”).

La “servetta” tuttavia non tarderà molto ad accorgersi che lo sconosciuto col quale ha a che fare èil diavolo in persona.

Per l’appunto, quel che in particolare ci interessa, sia in raccordo con la scelta demoniaca delladonna (piano testuale), sia rispetto alla soluzione prospettata nel racconto dei Grigioni (piano contestualee intertestuale), sarà il fatto che la “servetta”, nell’attesa di essere durante la notte portata via (secondo itermini del patto) dal diavolo oramai riconosciuto, si colloca - diciamo così - proprio nel registro delladonna che sta per diventare sposa: dunque, e consapevolmente, sebbene per finta, nell’ottica specificadella ‘sposa del diavolo’, o della ‘sposa per il diavolo’.

Ma anche in questo caso, similmente a quel che si verifica nel racconto dei Grigioni, la ‘sposa’ (inquanto ‘sposa’ realmente disponibile per il diavolo) sarà un fantoccio, costituito stavolta da un saccopieno di foglie di meliga.

Leggiamo il testo quale ci è proposto dalla Gatto Chanu: (45)

“Un’agiata contadina di Quart si era presa una serva. Alla serva toccavano i lavori più pesanti,come spargere il letame nel campo mentre la padrona stava a sorvegliare, sbrigando qualche piccolafaccenda.

Quel giorno, il forcone pesava anche più del solito, e la servetta sospirava forte. Il diavolo, che sitrovava a passare di lì, rimase un po’ a guardarla, quindi si offrì di sparpagliare il concime al suo posto: lanotte, poi, sarebbe andato a prenderla, per portarsela via.

La ragazza gli cedette il forcone senza farselo dire due volte; e la padrona se ne stette zitta, perchèquel giovanotto lavorava ch’era un piacere vederlo, saltando come un capretto di qua e di là, per quantolungo e largo era il campo.

E del capretto, appunto, aveva i piedi.

La serva se ne avvide, ma fece finta di niente. Quando Cornetta ebbe finito il lavoro, gli assicuròche l’avrebbe aspettato quella notte, ma le dispiaceva di non avere i soldi per comperarsi un abito dasposa. Allora il diavolo trasse di tasca un sacchettino di monete d’oro e lo consegnò ridendo alla fanciulla.

Come fu via, la padrona si diede a far domande, per capirci qualcosa; ma la serva si limitò a dirleche quello era un filantropo, che se ne andava in giro a premiare chi faceva i lavori più pesanti: e si chiusein camera sua.

Cornetta arrivò quando fu notte. Vide sul letto il fantoccio che la furba ragazza aveva fatto,riempiendo un sacco di foglie di meliga e coprendolo quindi di stracci. Nel buio, pensò fosse la sposavestita di trine; l’afferrò ingordo, e tosto scomparve in una gran fiammata.

La serva si godè l’oro del demonio, e la padrona si sobbarcò da quel giorno i più gravosi lavori,sempre sperando di veder ricomparire, in quel di Quart, il prodigo benefattore di chi tanto fatica”.Il prospetto direzionale che si può tracciare sarà - all’incirca - quello gia proposto per iltipo o sottotipo narrativo (46) del “primo nodo del mattino”, ma con qualche piccolo‘raggiustamento’:

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DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

campo del positivo sostituzione totale campo del negativo (ma marcatamente ambiguo)

ovverosia:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

essere umano (ma fantoccio di foglie essere negativo marcatamente ambiguo; di meliga (in quanto (diavolo) non più un religioso, in mancanza - al posto - quanto marcatamente dell’essere umano) positivo)

Il destinatore umano, che opera a salvaguardia della donna insidiata dal diavolo (insidiata d’altrondesecondo modalità un po’ diverse rispetto al tipo o sottotipo del “primo nodo del mattino”), non è più un‘uomo religioso’ (prete), bensì è la donna stessa, la quale si colloca - e a partire da una certa fase del tuttoconsapevolmente - nella posizione di ‘strega’. Lo fa anzi in maniera ‘forte’: oltre al (e in conseguenza del)motivo del patto col diavolo e del diavolo come adiuvante, incontriamo qui il motivo della donna comeprossima ‘sposa del diavolo’. Anche quest’ultima ‘posizione’ viene accolta dalla donna - dopo che si èaccorta di aver a che fare col diavolo - sebbene per finta.

Abbiamo così un effetto di climax rispetto alle realizzazioni configurate nel tipo (o sottotipo)narrativo del “primo nodo del mattino”. (47) Possiamo cioè interpretare tale ‘aggiunta’ (ma anche un’altravariazione - rispetto almeno ad una certa versione del “primo nodo del mattino” - che fa da presuppostoall’ ‘aggiunta’) alla stregua di una variante (o serie) in crescendo a partire dal tema del “primo nodo delmattino” nella sua forma narrativa ‘di base’ (versione Ferré e versione Sosso). (48)

Vediamo di ridescrivere più esattamente le differenti situazioni attorno al motivo del patto demoniaco,nonchè dei loro rapporti in crescendo, nella prospettiva della determinazione del grado di consapevolezza/inconsapevolezza nella ‘scelta di ambiguità’ da parte della donna, che resta pur sempre in qualche misurapotenziale vittima dell’insidia demoniaca. Si tratta di descrivere, in altre parole, i diversi punti in cui laproposta dello sconosciuto si innesca come insidia.

Nel tipo o sottotipo del “primo nodo del mattino” secondo la versione A. Ferré (in Gatto Chanu)e secondo la versione Giuseppina Sosso - che si divaricano per altri aspetti - lo sconosciuto, in cambiodelle sue prestazioni lavorative, chiede ‘soltanto’, per l’appunto, il primo nodo del mattino. L’insidia deldemonio, oltre al fatto che lo sconosciuto non si manifesta come demonio (ciò che rappresenta una costante,del resto necessaria perchè la donna non sia decisamente spostata sul versante del negativo), si innesca quiad un ‘livello basso di comprensione/comprensibilità’ da parte della donna medesima: cosa, questa, cheovviamente la colloca - in maniera corrispondente - ad un livello basso di ‘responsabilità’ nonchè di‘ambiguità’. Altrimenti detto: è alto il grado di insidia (o di efficacia dell’insidia) demoniaca, ecorrispondentemente basso il grado di ‘ambiguità’ della donna, che pur incautamente accoglie il pattoproposto dallo sconosciuto. La donna in effetti nè si accorge che lo sconosciuto è il demonio (si tratta,come accennavamo, della costante), nè comprende che il “primo nodo” è quello con cui essa si lega ilgrembiule la mattina: e che dunque il diavolo vuole la donna stessa, la quale nella versione Ferré è un’

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“anziana contadina” e nella versione Sosso è, senza ulteriori specificazioni, “una domestica”. Interverràquindi l’ ‘uomo religioso’ (curato o parroco), in quanto destinatore umano ‘marcatamente positivo’dell’inganno di risposta al demonio, a salvaguardia della donna.

Nella versione Liliana Chatrian, lo sconosciuto avanza una richiesta che è già più esplicita (con unconseguente spostamento un po’ più ‘in alto’ del punto di innesco dell’insidia demoniaca): senza essere,come al solito, riconosciuto, il diavolo richiede alla donna (una ragazza) “colui o colei che saranno avvoltidal primo nodo del grembiule che metti al mattino”. Elevandosi il livello di esplicitazione da parte dellosconosciuto, e di comprensibilità da parte della donna (tant’è che “alla sera la ragazza è preoccupata”), siinnalza anche il livello di responsabilità e di ‘ambiguità’ su cui colloca la ragazza stessa accogliendo laproposta del “bel giovane”. La donna peraltro nè si accorge che lo sconosciuto è il diavolo nè che il nodosi riferisce a lei medesima: viene però a sapere (la cosa sta nei termini del patto) che il nodo è quello delgrembiule, e del suo grembiule. Essa accoglie cioè consapevolmente la proposta che qualcuno o qualcunasia portato(-a) via dallo sconosciuto, benchè non pensi di essere lei stessa a rischiare. (49) Anche inquesta versione interviene l’ ‘uomo religioso’ (il parroco), che è per gran parte il decodificatore dellapericolosa situazione, a salvaguardia della incauta ragazza, la cui posizione di ‘ambiguità’ è comunqueaumentata rispetto alle altre due versioni (primo effetto di crescendo).(50)

Ed ecco, infine, la ‘vicenda’ di Quart. Il diavolo, al solito non riconosciuto, pretende, su un livello‘più alto’ di richiesta, di portarsi via la “servetta” la notte seguente. La donna accoglie la proposta dellosconosciuto; e, quando poco dopo si accorge che lo sconosciuto è il demonio, ancora sta al giocoapprestandosi così a divenire ‘sposa del diavolo’.

Vi sono, cioè, come due fasi, anch’esse in crescendo. Già in una prima fase - quella della propostae della fissazione dell’accordo - l’inganno demoniaco appare assai ‘ridotto’, tendendo a coincidere colpuro e semplice fatto che il diavolo non si lascia identificare come tale. E, in una seconda fase (che nontarda molto a verificarsi), neppure questo ‘limite’ sussiste più: ben presto, dai piedi di capretto, la ragazzariconosce in “quel giovanotto” che lavorava abilmente e di gran lena il diavolo in persona. Purtuttavia,come accennavo, il ‘gioco’ permane (benchè la ragazza da questo momento pensi evidentemente adinvertire le cose a suo vantaggio), e si fa addirittura più spinto. Non solo passa dall’accettazione di esserenottetempo portata via da uno sconosciuto “giovanotto” (come sposa?) all’accettazione consapevole diessere portata via nottetempo dal diavolo (come sposa), ma persino si fa dare “un sacchettino di moneted’oro” con la scusa dell’abito da sposa. Si raggiunge così un punto molto alto (fino al punto massimo) delcrescendo; altrimenti detto, si raggiunge un punto molto alto, o il punto massimo, del coinvolgimentodemoniaco. Soltanto, questo livello tendenzialmente massimo viene inscritto - per l’appunto - in quello chegià è lo stratagemma di ‘inganno di risposta’ del destinatore umano nei confronti del demonio: posto deldestinatore umano che ‘deve’ essere direttamente occupato dalla “servetta”, perchè tale ‘accettazioneeccessiva’ del demoniaco possa essere inscritta in un quadro che risulti - per la ragazza in questione - diorientamento comunque positivo. L’astuta ragazza, situandosi nella prospettiva della ‘sposa del diavolo’,già sta gestendo per la verità (senza l’intervento dell’ ‘uomo religioso’) l’ ‘inganno di risposta’ di contro aldemonio come destinatario.

Si noterà dunque come, nella ‘vicenda’ di Quart, la stessa equipollenza di oggetto-sostituto(fantoccio di foglie di meliga) ed essere umano sostituito (donna-’strega’-’sposa del diavolo’ etc.) vada acostituirsi su uno sfondo per molti aspetti marcatamente negativo: dal momento che la “servetta” si èappunto collocata nella posizione di ‘strega’ nonchè di prossima ‘sposa del diavolo’, ricevendo altresìdelle monete d’oro demoniache.

Si avrà, anche per questa via, una conferma - per di più retoricamente saliente - diquanto siamo andati in precedenza sostenendo, circa la ‘natura sempre alla fin fine

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negativa’ dell’oggetto lasciato (dal destinatore umano, fondamentalmente positivo perquanto possa risultare marcatamente ambiguo) al demonio (come destinatario negativo).

Se un certo ‘contrasto’ si poteva intravedere tra la ‘natura sempre in fin dei conti negativa’ (almenoin prospettiva dinamico-significante, paradigmatica e analogica) dell’oggetto lasciato al demonio e l’oggettostesso in quanto equipollente e sostituto di un essere umano che rischia di restare vittima del demoniostesso (funzione positiva); in questo caso tale ‘contrasto’ tende ad affievolirsi e a svanire proprio per ilfatto che la negatività per così dire strutturale dell’oggetto-significante (dell’oggetto-sostituto) trova il suocorrispettivo nell’ ‘ambiguità marcata’ della donna di cui per l’appunto l’oggetto-significante è l’equipollentee il sostituto. (E d’altronde la direzionalità dell’oggetto equipollente-e-sostituto è verso il demoniaco e ilnegativo).

In altre parole, il ‘contrasto’ tra la soluzione paradigmatico-analogica (di derivazione dall’analogatoprincipale) ovverosia di contestualità non immediata:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

positivo negativo

secondo cui l’oggetto-significante appartiene alla fin fine al campo del negativo (del destinatarionegativo), da una parte, e, d’altra parte, quella che chiamerei soluzione sintagmatica e testuale (immediata)secondo cui l’oggetto interviene in equipollenza e come sostituto rispetto ad un componente del campopositivo (destinatore positivo):

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

positivo negativo

si scioglie o tende a sciogliersi per via del fatto che il destinatore stesso è ‘marcatamente ambiguo’,sebbene sia da considerarsi fondamentalmente positivo dal momento che ricerca una conclusione positiva- non demoniaca - della ‘vicenda’ (inganno perpetrato nei confronti del diavolo).

E’ la situazione della ‘vicenda’ di Quart, in cui il posto del destinatore (fondamentalmente) positivo,ma stavolta ‘marcatamente ambiguo’, è ricoperto proprio dalla intraprendente “servetta”, di cui l’oggettoper il demonio in quanto oggetto-significante (fantoccio di foglie di meliga) è l’equipollente e il sostituto.

Ed abbiamo cercato, sopra, di delineare le ragioni per cui il posto del destinatore positivo nonpoteva in questa variante essere occupato dall’ ‘uomo religioso’ (in quanto ‘destinatore marcatamentepositivo’): ciò è dovuto all’ ‘eccesso’ di coinvolgimento demoniaco della “servetta” di Quart. E del restoi momenti ‘eccessivi’ e del tutto consapevoli di coinvolgimento demoniaco accolti o persino proposti dallaragazza al demonio (prospettiva di diventare ‘sposa del diavolo’, richiesta delle monete d’oro demoniacheper l’abito da sposa) fanno, come si sottolineava, già parte dello stratagemma d’inganno, da cui nonpossono essere scissi.

In sintesi, si avrà cioè per il racconto della “servetta” di Quart:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

marcatamente fantoccio di ambiguo foglie negativo di meliga

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Il tratteggio starà ad indicare l’ ‘eccessivo’ e consapevole coinvolgimento di questo destinatoreumano ‘marcatamente ambiguo’ (coinvolgimento comunque relativo e non definitivo, per quanto spinto inavanti, proprio perchè il destinatore è guidato dallo scopo di ingannare e addirittura di approfittare deldiavolo (51) ) in quella che è la ‘zona di influenza’ del negativo.

Più in generale, si può supporre che un relativo, sebbene meno o molto meno marcato,coinvolgimento del destinatore umano (anche quando si tratti cioè dell’ ‘uomo religioso’ in quanto destinatoreumano marcatamente positivo(52) ) nella ‘zona di influenza’ del negativo si abbia in ogni caso per il fattoche manipola un oggetto (di equipollenza e sostituzione in rapporto ad un componente del campo stessodel destinatore) la cui proiezione significante (paradigmatico-analogica, di ‘contestualità non immediata’)appare - come si diceva - sempre negativa. (53)

In questo senso, o anche in questo senso, un racconto come quello della “servetta” di Quart fadunque da ponte - in qualche modo - tra il tipo o sottotipo narrativo del “primo nodo del mattino” - di cuipuò senza dubbio considerarsi una variante - ed un racconto qual è quello della “sposa di fieno” (Grigioni),di cui rappresenta per certi versi una forma di inversione.

Le osservazioni da cui è possibile partire appaiono, a questo punto, abbastanza scontate.Il fantoccio , fatto con un sacco riempito di foglie di meliga, è nel racconto di Quart la ‘sposa’ per

il demonio ; o, meglio, sostituisce la donna vera che era in procinto di diventare ‘sposa’ del diavolo . La“servetta” di Quart, già compromessa (inconsapevolmente) col demonio, si compromette (consapevolmente)ancora di più nel mentre che costruisce il suo sostituto (fagotto di foglie di meliga in quanto oggetto-significante) per lo ‘sposo’ demoniaco.

Nel racconto dei Grigioni, la bambola di fieno è la ‘sposa’ per i due giovani pastori (destinatariumani senza un ‘destinatore altro’); non sostituisce nessuno , ed essa stessa alla fin fine risulterà animata .Sono i due giovani pastori che, destinatori umani e maschili, si faranno ‘sposi’ (destinatari umani e positivi,appunto), costruendo(si) un fantoccio nel ruolo di ‘sposa’: ruolo che non era precedentemente ricopertoda nessun’altra.

Se nel racconto valdostano di Quart una preesistente ‘prossima sposa’ umana (dunque animata)costruisce in funzione appunto di destinatore umano e femminile il fantoccio (in quanto sostituto di sestessa) come ‘sposa’ (inanimata) per il diavolo (destinatario non umano e negativo):

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

umano è femminile fantoccio - sostituto non umano (‘sposa’ animata ) ( ‘sposa inanimata e negativo in quanto traformazione ( diavolo ) della ‘sposa’ animata )

nel racconto dei Grigioni i due giovani pastori in funzione di destinatori (umani e maschili) costruisconouna bambola di fieno nel ruolo di ‘sposa’, non però come sostituto (inevitabilmente inanimato trattandosi diuna bambola di fieno) al posto di una preesistente sposa (presumibilmente animata), per destinatari umani(e positivi) costituiti da loro stessi. E la ‘sposa’ inanimata d’improvviso si anima:

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DESTINATORI OGGETTO DESTINATARI

umani e maschili bambola - non sostituto umani e positivi ( giovani pastori ( ‘sposa’ che si anima da ( giovani pastori senza sposa ) inanimata che era come ‘sposi’)

Il percorso è al riflessivo: i giovani pastori, che si sentono soli (senza una sposa), costruiscono(funzione destinatore) un oggetto per se stessi (funzione destinatario).

Sia il posto del (dei) destinatore(-i) che quello dei (dei) destinatario(-ari) è occupato dal campodel positivo (esseri umani), salvo il fatto che la coincidenza di destinatore(-i) e destinatario(-ari) veicola peri giovani pastori una ‘trasformazione’, di ordine comunque solo sociologico: da ‘non sposi’ a ‘sposi’.D’altronde si tratta di ‘sposi’ solo - diciamo così - per passatempo: per trascorrere il tempo della solitudinealpestre. Questo in una prima ‘tappa’.

Sarà l’oggetto (bambola di fieno) che, in quanto significante, comporta poi l’intromissione delnegativo; è, insomma, con l’animarsi della bambola di fieno che si manifesta il negativo (e l’alterità), e cheesso(-i) si trasferisce(-scono) sulla ‘vicenda di riflessività’ che abbiamo detto solo sociologica.

Ed è l’oggetto-significante, con la sua negatività, che rompe infatti la ‘riflessività stretta’dell’operazione messa in atto dai due giovani pastori: riflessività che doveva svolgersi interamente nelcampo del positivo-e-umano. L’oggetto-significante impone così le sue ‘ragioni analogiche’.Si può riscrivere il prospetto all’incirca nei termini seguenti:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

giovani pastori bambola -’sposa’ giovani pastori non ancora sposi che si anima ‘ sposi’

alterità negativa

riflessività nel positivo

Fin qui la ‘logica’ della relazione destinatore/destinatario non subisce l’influsso dell’oggetto, cheresta ‘passivo’. Ma vi sarà, nel seguito, interazione; e vi sarà rovesciamento dei rapporti ‘gerarchici tradestinatori/destinatari (che ‘dominano’ inizialmente) per un verso e oggetto (la cui alterità negativa ‘domina’successivamente) per un altro verso.

L’interazione fra il gruppo di trasformazione al riflessivo destinatori/destinatari (gruppo ditrasformazione costituito appunto dai due giovani pastori che da ‘non sposi’ diventano ‘sposi’), da unaparte, e l’oggetto significante (bambola-’sposa’), dall’altra parte, consente la scansione di due tappe benseparate, la prima delle quali è data dalla bambola-sposa in quanto permane (o ‘appare’) ancora inanimata.

In questa prima tappa i due giovani pastori, essendosi costruiti la bambola di fieno, si trasformanoappunto da ‘non sposi’ (nè di una sposa animata nè di una sposa inanimata) in ‘sposi’ almeno di una sposainanimata:

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DESTINATORI OGGETTO DESTINATARI ( fase iniziale )

giovani pastori bambola -’sposa’ giovani pastori non ancora sposi inanimata ‘sposi’ di una (nè di una sposa sposa inanimata animata nè di alterità ( negativa ) una sposa inanimata non manifesta

riflessività nel positivo

Con l’ ‘effetto di reale’ introdotto dall’oggetto-significante, vale a dire dal momento in cui la bambola-sposa si anima manifestando la sua natura negativa (di alterità negativa) rispetto alla dimensione umana, siavrà:

DESTINATORI OGGETTO DESTINATARI ( fase iniziale ) ( seconda tappa )

giovani pastori bambola-’sposa’ giovani pastori non ancora sposi che si anima ‘ sposi’ di una ‘sposa

animata’

alterità ( negativa ) che si manifesta

riflessività che si trsforma in senso negativo ( ovvero ‘passività rispetto al dominio dall’esterno dell’oggetto-significante )

Se nella prima tappa i destinatori umani e positivi avevano costruito l’oggetto (non ancora‘autonomamente’ significante) e lo avevano manipolato a loro piacimento (trasformandosi, come destinatarial riflessivo, da ‘non sposi’ a ‘sposi’ di una ‘sposa inanimata’); a partire dalla seconda tappa è l’oggetto (inquanto significante analogicamente negativo ed in quanto alterità rispetto alla dimensione umana e positiva)che opera sui destinatari dell’oggetto stesso trasformandoli da ‘sposi’ di una ‘sposa inanimata’ in ‘sposi’ diuna ‘sposa animata’ ma terrificante.

Da questo momento è la sposa altra e terrificante che manipola i due giovani pastori (di contro aquel che si verificava nella tappa precedente): l’oggetto-significante trasforma la riflessività di destinatori/destinatari da riflessività positiva (da ‘gioco’ innocuo gestito dai due giovani pastori) in riflessività negativa:una riflessività che non è più tale ma che diventa ‘passività’ rispetto ad un punto di ‘dominio esterno’,quello occupato dall’oggetto-significante.

Nel racconto della “servetta” di Quart possiamo riconoscere una forma di riflessività nel gioco disostituzione, rispetto a se stessa, posto in atto dalla donna: tramite infatti la costruzione del fantoccio difoglie di meliga la ragazza trasforma se medesima da ‘prossima-sposa’ in ‘non-sposa’ del diavolo.L’operazione comporta cioè che l’oggetto-sostituto venga a sostituire, nel confronti di un destinatarioaltro-e-negativo (il demonio), proprio il destinatore della sostituzione (la donna).

In un certo senso la sostituzione chiama in causa un doppio destinatario: quello della ‘sostituzionedi’ (del destinatore medesimo come destinatario della sua stessa operazione di sostituzione) e quello della

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‘sostituzione per’ (il diavolo).

In altre parole, l’oggetto-sostituto (fantoccio) è, da un lato, per un destinatario altro-e-negativo;dall’altro lato, determina una ‘trasformazione’ del destinatore medesimo che diventa così un ‘destinatarioal riflessivo’.

E, in fin dei conti, la ‘sostituzione di’ è in funzione della ‘sostituzione per’; mentre, a sua volta, la‘sostituzione per’ torna ad essere in funzione del ‘destinatario al riflessivo’ della ‘sostituzione di’ (liberazionedella donna in quanto destinatore e ‘destinatario al riflessivo’ del rapporto di ‘sostituzione di’). Il percorsonel suo complesso risulterà caratterizzato da un andamento in qualche modo circolare: di ritorno suldestinatore-’destinatario al riflessivo’ della ‘sostituzione di’.

Si traccerà un prospetto del tipo:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

umano e positivo fantoccio -’sposa atro-e-negativo sebbene marcatamente inanimata ( diavolo ) ambiguo ( donna come ‘ prossima sposa ‘ del diavolo )

In esso si inscrive la riflessività per cui la donna-’prossima sposa’ del diavolo si libera da taleoltremodo vincolante e oltremodo pericoloso condizionamento.

Si potrà delineare cioè un secondo prospetto in quanto conseguenza del precedente. Si può cosìconfigurare quel che è l’effetto di ritorno - come accennavo - della ‘sostituzione di’:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

donna-’prossima fantoccio-’sposa’ donna non più sposa’ del diavolo ( inanimata ) ‘ prossima sposa ‘ ( animata ) del diavolo

riflessività dal negativo al positivo

Il destinatario della ‘sostituzione di’ vale insomma in quanto destinatario intermedio (destinatarioappunto della ‘sostituzione di’: del fantoccio che sostituisce la donna) e in quanto destinatario dell’interaoperazione (destinatario ‘conclusivo’ dell’intera operazione è appunto la donna in quanto si libera dalcondizionamento diabolico). E si intravede in tal modo una sorta di duplice riflessività del rapportodestinatore-destinatario (o, più semplicemente, di duplice effetto di tale riflessività).

Per parte sua, l’ideazione del fantoccio-sostituto da parte della donna-’prossima sposa’ del diavolo(ovverosia la riflessività di destinatore e destinatario per cui la donna-’prossima sposa’ del diavolo sitrasforma in donna non più ‘prossima sposa’ del diavolo o non più ‘sposa’ per diavolo) non fa che‘rispondere’ alla riflessività fra destinatore e oggetto, che aveva caratterizzato l’accettazione dell’accordodemoniaco da parte della donna medesima, che aveva per l’appunto promesso se stessa (funzionandocioè da destinatore di se stessa come oggetto), secondo un prospetto così configurabile:

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DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

donna non ancora donna come diavolo ‘promessa sposa’ ‘promessa sposa’ del diavolo che si promette (situazione antecedente) come ‘sposa’ del diavolo

riflessività dal positivo al negativo

In fin dei conti la sostituzione è qui il rovescio di un rapporto di riflessività orientata negativamente(dal posiivo al negativo) che connette destinatore e oggetto (per un destinatario altro—negativo). In essasi traspone cioè la riflessività di direzione negativa tra destinatore e oggetto (patto demoniaco consideratodal punto di vista della controparte umana che l’accoglie sebbene all’interno di uno schema che è in ultimaistanza di inganno al demonio) in riflessività orientata positivamente - dal negativo al positivo - che siistituisce tra destinatore (donna ‘promessa sposa’ del diavolo) e destinatario (donna che si libera dalcondizionamento demoniaco per effetto dello stratagemma di inganno nei confronti del diavolo).

Il patto demoniaco introduce, insomma, un destinatario altro-e-negativo, il destinatario altro-e-negativo per eccellenza (‘altro’ nel senso di estraneo alla dimensione umana) in rapporto ad unatrasformazione di se stessi; trasformazione per cui il soggetto (la donna), ponendosi come destinatore,situa se stessa come oggetto (come oggetto secondo una certa qualificazione funzionale, in questo casocome oggetto-’sposa’) per il destinatario altro-e-negativo (diavolo). E’, appunto, la configurazione di unariflessività negativa. Viceversa, la sostituzione - nel quadro di, ed anzi momento-cardine di uno stratagemmad’inganno - ‘espelle’ per così dire il destinatario altro-e-negativo tramite un oggetto equipollente al destinatoreumano ma di dimensione ‘altra’, ed analogicamente negativa, che viene appunto destinato (al postodell’oggetto-destinatore umano) al destinatario altro-e-negativo: quest’ultimo viene così messo, una voltaper tutte, fuori gioco (per la via del ‘rispetto letterale’ del patto demoniaco accolto dalla controparteumana, che è poi il destinatore della sostituzione di se stesso).

Al contempo, come si è visto, il posto del destinatario risulta in certo modo come raddoppiato, opersino moltiplicato, dal momento che il destinatore si pone per parte sua nel posto del destinatario: nelposto, in prima istanza, del destinatario della sostituzione, trattandosi appunto della sostituzione di unfantoccio alla stessa donna-destinatore della sostituzione (e in ultima istanza, abbiamo detto, ponendosicome ‘destinatario conclusivo’ dell’intera operazione di inganno).

Il destinatario della ‘sostituzione di’ (donna sostituita nella sua funzione di ‘promessa sposa’ per ildemonio da un fantoccio di foglie di meliga come oggetto-sostituto) è sussunto in un rapporto di riflessivitàcol destinatore della sostituzione (donna sostituente); rapporto di riflessività che consente una ‘trasformazione’modale nonchè qualificativo-funzionale di ritorno (dal negativo al positivo, da donna ‘promessa sposa’ peril demonio a donna non più ‘promessa sposa’ del demonio). Sul destinatario al riflessivo dell’operazione di‘sostituzione di’ si innesca il ‘destinatario conclusivo’ in quanto a sua volta destinatario al riflessivo, coincidente- lo abbiamo rimarcato - con il destinatore dello stratagemma d’inganno (la donna stessa), di cui la sostituzionerappresenta il momento-cardine.

In margine, potremmo - di conseguenza - interpretare la sostituzione come momento sineddochico(‘parte’ saliente) dell’intera operazione d’inganno nei confronti del diavolo; e potremmo interpretare ildestinatario al riflessivo dell’operazione di ‘sostituzione di’ come momento sineddochico (funzione saliente)rispetto al conseguente destinatario conclusivo in quanto a sua volta destinatario al riflessivo dell’interaoperazione d’inganno ideata dalla donna.

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Da rimarcare che, nel passaggio dal patto demoniaco (accolto dalla donna) alla operazione sostitutiva(da parte della donna) che ad esso rimedia, l’oggetto si trasforma a sua volta: dalla ‘prossima sposa’ verae animata (la donna-‘strega’ nella sua risultanza di ‘sposa’ del diavolo) al fantoccio di foglie di meliga inquanto ‘sposa effettiva’ ma al contempo sostituto inanimato della ‘sposa’; in quanto, cioè, ‘sposa effettivae inanimata’.

Tornando al racconto dei Grigioni, abbiamo constatato come l’oggetto-significante della transazioneriflessiva tra destinatore e destinatario, in quanto transazione che - sebbene transazione per gioco - restanel campo del positivo (giovani pastori da ‘non sposi’ a ‘sposi’), trasponga questo stesso risultato in unatransazione dal positivo al negativo (giovani pastori ‘sposi’ di un essere altro e negativo, non umano epericoloso). In conclusione:

DESTINATORE OGGETTO DESTINATARIO

giovani pastori bambola di fieno giovani pastori ‘ non sposi’ che poi si anima ‘sposi’ della’ sposa di fieno’ che poi si anima

riflessività dal positivo al negativo

Ed è questo, a conclusione della ‘vicenda’, l’effetto dell’oggetto in quanto significante: in quantooggetto dotato di efficacia paradigmatico-analogica. Il significante, insomma, domina analogicamentetrasponendo la trasformazione consistente in un risultato di riflessività sociologica e solo positiva tradestinatore e destinatario (giovani da ‘non sposi’ a ‘sposi’ quantunque per gioco) in una riflessività tradestinatore e destinatario che viene però rovesciata in negativo, dal positivo al negativo (giovani pastori‘sposi’ di una “sposa di fieno” che animandosi si mostra altra-e-negativa).

Lo strumento-oggetto ‘passivo’ (bambola di fieno in quanto ancora inanimata) di una riflessivitàpositiva tra destinatore e destinatario si fa oggetto ‘attivo’ - elemento attivo e significante - di unatrasformazione in direzione negativa della riflessività stessa già intercorsa tra destinatore e destinatario.Così, un quadro come:

DESTINATORE DESTINATARIO

giovani pastori riflessività ‘sociologica’ e giovani pastori ‘non sposi) positiva ‘sposi’di una sposa inanimata

OGGETTO AL PASSIVOsposa di fieno ( inanimata )

diventa:

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OGGETTO ATTIVO(significante)sposa di fieno

giovani pastori giovani pastori‘sposi’ della ‘sposa di fieno’ ‘sposi’ della ‘sposa di fieno’ inanimata in quanto animata (54)

riflessività di orientamento negativo

E’quest’ultimo prospetto che può funzionare come schema generale di ‘produzione’, edi decodificazione, dell’intera ‘vicenda’.E proprio alla “sposa di fieno” che da inanimata si fa d’improvviso animata parrebbecorrispondere lo scuoiamento dello ‘sposo’ (di uno dei due pastori-’sposi’), in quantopassaggio complementare e inverso: in quanto passaggio, per quest’ultimo, da ‘sposoanimato’ (55) (per una ‘sposa inanimata’) a ‘sposo inanimato’ (56) (per una ‘sposaanimata’). (57)

Note

1 - Informatrice Liliana Chatrian, intervistata nel dicembre 2000 da Lorenzo Bona e Luca Zanini nell’ambito di una ricerca,da me organizzata e diretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino - a.a. 2000-2001), sul folklore di alcune zonedella Val d’Aosta.2 - La situazione apparirà, a dire il vero, un po’ più complessa in quanto l’elemento che fa da sostituto dell’essere umanosi configura alla stregua di un significante d’identità/identificazione (diciamo così), per via metaforica, dello stessoelemento sostituito (dell’essere ‘corrispondente’). Occorrerà precisare - in tale ottica - l’accezione specifica che si vienead attribuire al termine metafora. A parte quest’ultimo aspetto della problematica (che intenderei affrontare in uno studioad hoc ), si veda più in basso, nel corso del presente intervento.Segnalo che, anche nel quadro della cultura antica, il‘salvatore’ dell’umanità - secondo il medesimo meccanismo del gioco di parole - di contro alla divinità crudele chepretende sacrifici umani è un ‘uomo religioso’ (così re Numa Pompilio). Rinvio, per es., ad un mio breve intervento daltitolo Le sardelle di Numa: un parallelo ed alcune considerazioni , in “Aufidus”, IV 13, 1991.3 - Cfr. T. Gatto Chanu, Il fiore del leggendario valdostano. Enciclopedia dei motivi e dei personaggi della tradizionenarrativa popolare , Torino, Emme Ed. 1988, n. 355 Il ponte del diavolo , p. 236, con riferimento a T. Tibaldi, Seratevaldostane illustrate , Torino 1913; si veda anche J. J. Christillin, Leggende e racconti della Valle del Lys , rist. GressoneySt. Jean - Aosta, Guindani 1988, Il ponte romano e la leggenda del diavolo , pp. 11-13.Più in generale, si può consultare P. Jorio, Acque, ponti, diavoli nel leggendario alpino , Ivrea, Priuli e Verlucca 1999(lavoro che presenta limiti scientifici e metodici).4 - Informatori due anziani fratelli, Elvira e Valentino Empolesi, sentiti alcuni anni orsono, per mio conto, da CristianaPettenuzzo. Dispiace dover aggiungere che Valentino, purtroppo, è scomparso, non molto tempo dopo.5 - Il motivo della vecchiezza della strega - che diventa persino ‘incommensurabile’ - costituisce un topos dei raccontidi folklore. Così, per es., la Batanòna del folklore carrarese.Anche viene in mente, per quanto concerne la cultura antica,l’ ‘infinita vecchiezza’ della Sibilla che desidera la morte (cfr. Petr. Sat. 48, 8), dopo aver desiderato l’immortalità: si vedail mio intervento dal titolo Il desiderio della Sibylla pendens nel contesto interno e in un contesto analogico: il ritodell’aiora , in “Studi Classici e Orientali”, XLVI 2, 1997, pp. 659 sgg. . Più in generale si veda inoltre I. Chirassi Colomboe T. Seppilli, a cura di, Sibille e linguaggi oracolari. Mito Storia Tradizione , Atti del Convegno, Macerata - Norciasettembre 1994, Macerata, Istituti Editoriali e poligrafici internazionale Pisa - Roma 1998.6 - S.e V. Fina, Buri, Turiburi. Fiabe e leggende della tradizione occitana , Castelmagno (Cuneo), Centro occitano dicultura 1988, p. 29 Le masche tribolano a morire .

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7 - Informatrice Paola Benotti, 62 anni circa, intervistata da Claudia Fornero e Laura Frencia nell’ambito di una ricerca, dame organizzata e diretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino - a.a. 1998-99), sul folklore di alcune zone delPiemonte.8 - Tale opinione si situa sullo sfondo della ben nota rivalità fra suocera e nuora: più specificatamente, sullo sfondo diquel diffuso tipo narrativo in cui la suocera-strega (madre del marito per l’appunto) uccide nella culla i nipotini neonati,finchè viene scoperta (etc.).Del resto, secondo una tradizione riscontrata a Siena si ritiene “che la granata sia l’oggettoche la strega chiede in punto di morte. Avutala, domanda di una persona che ha odiato in vita, e appena costei arrivagliela consegna. Da quel momento chi l’ha ricevuta eredita la potenza della strega” (G. Bonomo, Caccia alle streghe. Lacredenza nelle streghe dal secolo XIII al XIX con particolare riferimento all’Italia , Palermo, Palumbo 1959, p. 451, conriferimento a T. Nencini, Credenze ed usanze di Siena , in “Rivista delle tradizioni popolari italiane” (RTPI), I, 1893-94, p.386).L’ ‘erede designato’ della strega è, per l’appunto, una persona che la strega ha odiato: non è escluso che una‘logica’ del genere sussista anche nel rapporto intercorrente tra suocera-strega e nuora come ‘erede privilegiato’.9 - Informatrice anonima di 83 anni circa, intervistata da Alessanra Celano nell’ambito di una ricerca, da me progettata ediretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino - a.a. 2000-2001), sul folklore d alcune zone del Piemonte.10 - Informatore un certo Angelo Rosi; testimonianza raccolta alcuni anni orsono nell’ambito di una ricerca, da meprogettata e diretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino), sul folklore di alcune zone della Valchiusella.11 - A.A.V.V., Quando bisognava inventare... . Lavoro di ricerca svolto dagli alunni della Scuola Elementare di Baldisserod’Alba nell’anno scolastico 1999/2000 , cura della Scuola Elementare e del Comune di Baldissero d’Alba, Bra (CN), SorìEd., senza data (ma 2000), La Gattona , pp. 64-5, in part. p. 65 (informatrice una certa Sig.ra Lorenza, sentita da MarcoPuppione della Classe III). La denominazione di “Gattona” data alla masca dipende dal fatto che (dicevano i vecchi), “dinotte, si trasformava in un gatto nero” (p. 64): un tipo di trasformazione assai spesso attribuito alle streghe.12 - Informatrice una certa Maria Del Duca; testimonianza raccolta alcuni anni orsono nell’ambito di una ricerca, da meprogettata e diretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino), sul folklore di alcune zone della Valchiusella.13 - Cfr. D. Cane - E. Guglielmino - A. Rivotti - L. Rivotti, Favole e leggende della Valle di Viù , Torino, “Gruppo folkloristicodi Viù”, senza data (1975?), La mòrt dla masca / La morte della strega , pp. 190 sg.; informatori Michelangelo Miglioreroe Giuseppe Felice Durando. Per parte nostra abbiamo riprodotto solo la traduzione, curata dalle Autrici, della testimonianzaraccolta in dialetto.14 - P. Ponzo, Val Mairo, la nosto. Testimonianza di civiltà provenzale alpina in alta val Maira , Sancto Lucìo de Coumboscuro(Cuneo), Centre prouvençal “Coumboscuro” 1982, Sabròto-la Lònjo , pp. 143 sgg., in part. p. 145.Con la ‘difficoltà dellemasche a morire’ fa da pendant - forse - il tema della loro lunghissima, incalcolabile esistenza (una sorta quasi di‘imprendibilità temporale’), con cui del resto potrebbe correlarsi - almeno per certi aspetti - quello della ‘sparizione delcadavere’. Cfr. G. P. Viberti (Storie di masche piemontesi , Colognola ai Colli (VR), La libreria di Demetra 1999, Sabrota laLongia , in part. p. 36): “(...) non si sa con precisione nemmeno quando sia stata attiva, ma chiunque abbia un po’ dipratica di queste faccende sa che le masche possono vivere per centinaia, forse migliaia di anni”. D’altronde, “se è veroche il suo funerale (di “Sabrota la Longia” cioè) venne celebrato, nessuno può dire che sia veramente morta” (p. 36); siveda p. 38 (scomparsa del cadavere).15 - Cfr. al prop. anche il mio intervento dal titolo Le streghe che ungono un pezzo di legno. La prova di una‘identificazione’?, in Borghini, Semiosi nel folklore II. Prospettive tipologiche e analisi ‘locali’, Piazza al Serchio (Lu),Centro di documentazione della tradizione orale 2001.16 - Informatrice una certa Grazia, 35 anni circa, intervistata nel novembre 2000, da Luca e Marco Giaccardi, nell’ambitodi un lavoro di tesi, da me progettata e diretta (Antropologia culturale - Politecnico di Torino), sul folklore di alcune zonedella provincia di Cuneo.In altri casi le streghe assumono l’aspetto di tronchi di legno, etc. .17 - Da notare che “Sabrota la lunga”, la celebre masca della Val Maira, viene per la sua altezza paragonata ad un palo.Così E. Milano (Nel Regno della Fantasia. Leggende della provincia di Cuneo , Torino, Fratelli Bocca 1931, rist. Torino,Omega Edizioni, introd. di A. Buttitta, Sabrota la longia , pp. 39 sgg., in part. p. 39): “(...) era un donnone da far paura, altacome un palo con certe braccia e mani da poter stare a fronte di qualsiasi uomo”. Al contrario, in Viberti (Storie di maschepiemontesi , cit., p. 36) si legge: “La chiamavano “la Longia” perchè era alta e magra come una pertica”. Quel che a noi quiinteressa è il fatto che permane il confronto-paragone con una “pertica”.18 - Sebbene essa si sia comportata in maniera molto simile alle streghe (patto col diavolo, ‘assunzione’ del diavolo comeadiuvante).19 - Il fiore... ,cit., n. 370 Il primo nodo , pp. 243-4; riferimento ad A. Ferré, Contes, légendes et paysages du Val d’Aoste, Aoste 1953, pp. 85-9.Di poco variata la testimonianza di Giuseppina Sosso, 75 anni circa, di St. Vincent: “C’era unalbergatore di St. Vincent che si chiamava Andrion. Era molto ricco, aveva molti terreni e naturalmente molta servitù. Ungiorno una domestica era andata a spargere letame in un prato. Passa lì un bel giovane vestito bene che si offre di aiutarlaa patto che la donna gli dia il primo nodo della giornata. Stupita dalla bizzarra richiesta la donna accetta. / L’uomo ètalmente svelto nel lavorare che in mezza giornata riescono a spandere il letame su un terreno che avrebbe richiesto variegiornate di lavoro. Alla sera la donna torna a casa e racconta tutto ad Andrion che però le dice che in realtà quell’uomoera il Diavolo perchè il primo nodo della mattina è quello che si fa al grembiule quando ci si veste. Quindi, fatto il nodo,il Diavolo avrebbe portato via la donna. / Allora hanno chiamato il parroco che ha fatto degli esorcismi, ha passato lanotte a pregare con la donna e alcune amiche che controllavano che non facesse alcun nodo. Alla mattina hanno

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preparato un telo con della paglia dentro e l’hanno fatto annodare alla donna. C’è stata una fiammata e in un attimo lapaglia e il telo sono spariti. Il Diavolo ha dovuto accontentarsi di quello” (intervista effettuata nel marzo 2000 daFrancesco Favre, nell’ambito di un lavoro di tesi, da me progettato e diretto, sul folklore di alcune zone della Vald’Aosta).20 - Per quanto concerne, in generale, la magia del nodo o legame si rinvia al classico lavoro di J. G. Frazer (Il ramo d’oro,trad. it. Torino, Boringhieri 1965).21 - Con l’aspetto di “un bel giovane vestito bene” che passa di lì, rispetto alla donna che è “una domestica”, nellaversione Giuseppina Sosso.22 - Nel racconto valdostano si tratta di una vecchia o, senza ulteriore specificazione, di una domestica. Nella versioneLiliana Chatrian, in cui invece del “fagotto di paglia” abbiamo la scopa, si tratta di una ragazza. Ad ogni buon contol’essere umano sostituito è femminile e adulto (nonchè vivo), mentre nel racconto petroniano l’essere umano sostituitoè maschile e non adulto (nonchè morto).23 - Cfr., più in basso, il passo di Burcardo di Worms (Decreta XIX 5).24 - La tematica è, ovviamente, da approfondire.25 - Un esempio antico è rappresentato dal celebre episodio di Socrate ed Aristomene nelle Metamorfosi di Apuleio.26 - Gatto Chanu, Il fiore... , cit., n. 214 Il grembiule , p. 144; riferimento al Fondo Bétemps.27 - Devo questa notizia ad Alessandro Pagliero, mio allievo di alcuni anni orsono (Antropologia culturale - Politecnicodi Torino).Ed ecco come una strega olandese di alcuni secoli orsono si dirigeva volando verso il luogo dei suoi convegni notturni:“In Olanda, nel villaggio di Oostbruck, non lontano da Maastricht, c’era una vedova che teneva un servo per badare allefaccende di casa. Curioso come tutti i suoi pari, egli era solito sbirciare dalle fessure; s’accorse in tal modo che - nonappena i domestici erano andati a letto - la padrona si recava, a notte fonda, in un dato punto della stalla, e, tendendo lebraccia alla greppia, stringeva a sè un mucchio di fieno . Stupito, decise di chiarire il mistero e, senza farsi notare da essa,di eseguire gli stessi gesti e correre la medesima avventura. / Quando perciò gli pare che la padrona, giunta all’ora solita,sia uscita, la segue, va in quel punto e, imitandola, tende le braccia al fieno. Sollevato di colpo in aria, viene trasportatonella città di Wijk, in un antro sotterraneo, dove trova un gruppo di streghe che stanno parlando si sortilegi. La padrona,stupita pr l’inatteso arrivo, chiede al servo con quali gesti e mezzi sia giunto fin lì; egli le narra come sono andate le cose,e l’altra s’adira e dà in escandescenze all’idea che egli sappia di quei convegni clandestini e notturni. (...)” (Fr. M.Guaccio, Compendium maleficarum , libro I, cap. XIII Le streghe vengono davvero trasportate da un luogo all’altro neiloro sabba notturni? , Esempi, a cura di L. Tamburini, Torino, Einaudi 1992, pp. 109-10; corsivo mio).Del resto il diavolostesso può assumere l’aspetto di un mietitore (cfr. Guaccio, Compendium maleficarum , libro I, cap. V Quali forme puòassumere il diavolo per gabbare l’uomo , Materia, a cura di Tamburini, cit., p. 42).28 - V. Di Sant’Albino, Gran dizionario Piemontese - Italiano , Torino, L’Unione Tipografico-Editrice 1859, s. v. Pajé .29 - Fr. Tracq - G. Inaudi, Bergers, contrebandiers et guides entre Savoie et Vallées de Lanzo / Pastori, contrabbandieri eguide tra Valli di Lanzo e Savoia , Torino, Il Punto 1998, p. 182; il secondo corsivo è mio.30 - A. J. Greimas, Des dieux et des hommes , Paris, PUF 1985, p. 223.31 - Rinvio ad una mia breve nota dal titolo La strega e il mucchio di fieno. Una identificazione , di prossima pubblicazionesu “L’EcoApuano”, 2002. Cfr., sopra, nota 27.Per altri esempi, e in part. sul carro del fieno, rinvio ad A. Borghini - Cr.Pettenuzzo, Bosch e il carro del fieno. Ipotesi sull’entroterra culturologico , prima parte di un lavoro dal titolo Antropologiadell’arte come semiotica. Due interventi , in “Storia, antropologia e scienze del linguaggio”, XIV, 1-2, 1999.32 - Informatore Giulio Montabone, 87 anni circa, di Rivera di Almese (com. di Almese), in provincia di Torino. Testimonianzaraccolta in data 5 gennaio 2001 da Francesca de Carlo nell’ambito di un lavoro di tesi, da me progettato e diretto(Antropologia culturale - Politecnico di Torino), sul folklore della Bassa Val di Susa e di alcune zone circonvicine.33 - Queste notizie sono dovute a Paola Durizzotto, originaria appunto di Fossalta di Portogruaro, mia allieva di alcunianni orsono (Antropologia culturale - Politecnico di Torino).34 - Così una informatrice di Meugliano, Lucia Cargnino, 80 anni circa, intervistata il 31 ottobre 1996 nell’ambito di unlavoro di tesi, da me progettato e diretto (Antropologia culturale - Politecnico di Torino), sul folklore della Valchiusella:“Mia madre mi raccontava di uno strano episodio che era accaduto ad una donna. Una volta si raccoglievano le foglieper dare alle bestie. Quella donna per non tornare l’indomani mattina a prenderle, a differenza delle altre persone che sierano offerte di aiutarla, decise di dormire nel fienile, accovacciata vicino alle foglie. Gli altri le dissero che non era tropporaccomandabile fermarsi a dormire la notte perchè da quelle parti si aggirava una masca. Lei rispose che neanche se sifosse messo a ballare il diavolo sul tetto del fienile si sarebbe spaventata. Di notte, si racconta che quella donna abbiaassistito ad una grande festa svolgersi proprio sul tetto del fienile. Bene, al mattino la trovarono più morta che viva edallo spavento si dice che avesse perso tutti i capelli. Ma questa è una storia realmente accaduta, tutti ci credevano eanche mia madre ci credeva”. Si realizza qui, d’altronde, l’ ‘immagine’ del diavolo stesso che si mette a ballare sul tetto delfienile.35 - Ai margini del presente intervento non sarà inutile rimarcare come talora esseri del negativo, o comunque esseri diuna dimensione ‘altra’, vengano a convergere con il luogo e con il paesaggio; con la stessa struttura territoriale di uncerto sito. E le modalità di tale ‘convergenza’ sembrano, a loro volta, varie.Si tratta di forme, anche piuttosto marcate (pardi capire), di quella che chiamerei analogia semantica.

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36 - Nè è da escludere che ciò possa verificarsi - paradigmaticamente - anche per la “scopa” o “pezzo di legno” comesignificanti.37 - Che è coerenza od incoerenza sintagmatica.38 - L’aprosdoketon proviene così - non di rado - dalla ‘non immediatezza del contesto’, oltre la coerenza sintagmaticadella ‘testualità immediata’.39 - A. Garobbio, Leggende delle Alpi Lepontine e dei Grigioni , Rocca San Casciano, Cappelli 1969, La sposa di fieno ,pp. 203-640 - Per quanto concerne la curva in quanto luogo delle manifestazioni negative si veda il mio intervento dal titolo Ilrotolo di spine. Un’ ‘esperienza’ in Alta Garfagnana , in Borghini, Semiosi nel folklore II..., cit.. In questo caso, la curvadel sentiero è il ‘luogo da cui’ al giovane superstite che si allontana compare l’operazione tremendamente malefica dellasposa di fieno: operazione che si svolge nel breve spazio in cui il giovane superstite giunge alla svolta del sentiero, e chesi lascia intuire dalla sua conclusione.41 - Tali meccanismi sono d’altronde riconoscibili anche nel quadro delle ‘identità/identificazioni’ metaforiche; miriprometto di esemplificarlo in altra sede.42 - Avanzerei un’ipotesi a proposito dello scuoiamento del pastore ‘sposo’ della “sposa di fieno”; un’ipotesi cheresterà ‘debole’, in mancanza sia del complesso interpretante rappresentato dalle eventuali (e probabili) varianti delracconto in questione sia di un adeguato quadro di intertestualità folklorico-narrative provenienti dal contesto analogico.Si tratta, insomma, di un’ipotesi che potrà fondarsi - quasi del tutto se non proprio del tutto - sulla ‘logica interna’ delracconto, sebbene si cerchi di delineare, anche tramite i dati ‘non testuali’ (contestuali) a disposizione, una lettura chevada oltre la pura e semplice linearità sintagmatica del racconto stesso.Così come il giovane pastore-’sposo’, assiemeall’amico (anch’egli poi ‘sposo’ della risultante “sposa di fieno”), aveva costruito la bambola riempiendo di contenuto(fieno) un involucro fatto di sacchi, vecchie giacche (etc.), opportunamentre tagliati e ricuciti; ‘analogamente’ la “sposadi fieno” svuota di contenuto (di ciò che sta all’interno) l’involucro (/pelle) dello ‘sposo’ cui era toccato a sorte di restarecon lei.L’analogia sarà in questo caso sia una ‘analogia’ fra elementi di una possibile equipollenza, sia una ‘analogia’ dipercorso, quantunque di percorso all’inverso, dal momento che al riempimento - da parte dei due ‘sposi’ - della “sposadi paglia”, che viene così acquisita come tale , corrisponde al contrario lo svuotamento/scuoiamento di uno degli ‘sposi’(dello ‘sposo’ a lei rimasto), da parte della ‘sposa’, nella fase in cui essa stava per essere abbandonata dai due ‘sposi’ .Edin effetti si può considerare lo scuoiamento alla stregua di un’operazione di svuotamento, ma vista dal versantecomplementare e opposto: non è togliere il contenuto bensì togliere ciò che dal di fuori lo riveste. Sullo scuoiamento/svuotamento dello ‘sposo da parte della “sposa di paglia” che si anima si veda anche più in basso, nel corso dellavoro.L’analogia fra gli elementi in equipollenza sarà ovviamente costituita dal rapporto fra involucro di sacchi, vecchiegiacche etc. della “sposa di paglia”, da un lato, e pelle dell’uomo come involucro della carne e delle interiora, dall’altrolato; nonchè dal rapporto fra materiale rappresentato da vegetali, per lo più secchi sembrerebbe (paglia o legno), da unlato, e interiora umane, dall’altro lato. Accentriamo per un attimo l’attenzione su quest’ultimo punto. Si tratta di unrapporto di ‘equipollenza’ che proprio la stregoneria parrebbe affermare con le sue sostituzioni (quella del cuore di unavittima umana con della paglia o con un pezzo di legno, quella di un essere umano con un manichino di paglia).Sonosostituzioni alle quali gli uomini ‘rispondono’ con sostituzioni - diciamo così - ‘analoghe per inversione’: cosi, per es., lasostituzione di una donna con un “telo” contenente una “bracciata di paglia” sì da farne un “fagotto” nel raccontovaldostano del “primo nodo del mattino”. (Inutile sottolineare qui la somiglianza - di per sè evidente - con la fabbricazioneda parte dei due giovani pastori, nel racconto dei Grigioni, della bambola che diventa la loro “sposa di fieno”: somiglianzadietro la quale sta però un rovesciamento funzionale, dal momento che il telo contenente la bracciata di paglia èmancanza-sostituzione della donna ‘vera’, per un destinatario negativo; mentre la bambola di fieno dei due giovanipastori deve valere quale loro sposa: ed essa diverrà effettivamente animata, configurandosi lei stessa come essere delnegativo).Ma, come si diceva, sia le sostituzioni delle streghe (ad es. il manichino di paglia lasciato dalle streghepetroniane al posto del bambino morto o i laumiukai lituani che usciti da un fascio di paglia vengono lasciati dalle laumesal posto dei bambini veri) sia le ‘risposte’-’restituzioni’ degli uomini sulla base di tali sostituzioni/sostituibilità (ad es. lapratica valdostana del fagotto di paglia) rinviano e/o talora si avvicinano, più o meno, ad un prius , ad un analogatoprincipale il quale sarà dato appunto dall’identità/identificazione (metaforica) fra strega (più in generale essere delnegativo), da una parte, e paglia, fieno etc., dall’altra parte.Per quanto concerne la ‘risposta’ degli uomini, è da rilevareche essa non solo è un posterius , ma che rappresenta altresì un ‘analogo per contrapposizione’, dal momento che leoperazioni degli uomini sono orientate ‘positivamente’ seppur ‘assomigliando’ a quelle degli esseri negativi.Un’ultimaannotazione sulla “sposa di fieno” e la sua ‘veste’: il suo involucro venne modellato dai due giovani pastori con “sacchie giacche e quanto di vecchio” poterono trovare; essi “tagliarono e cucirono (...), fin che ne risultò una bambola grandecome una persona”, etc. . Già il fatto che l’involucro sia fatto di sacchi e pezzi dismessi, tagliati e cuciti insieme, puòrichiama connotativamente - nella sua ‘composizione molteplice’ - l’idea del negativo: basterà pensare alla figura‘demoniaca’ di Arlecchino. Relativamente alla cultura antica (ma con un richiamo benchè assai rapido al personaggio diArlecchino), cfr. il mio intervento dal titolo Il nesso Echion centonarius (Petr. Sat. XLV 1): effetti di condensazione internae dinamiche testuali. Un passo di Lucano , Atti del secondo Incontro di studio di Onomastica e Letteratura (Pisa, 1-2marzo 1996), a cura di M. G. Arcamone, F. M. Casotti e D. De Camilli, in “Rivista Italiana di Onomastica”, III, 1, III,1997.

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A questo lavoro rinvio anche per l’idea di contesto immediato e contesto non immediato, che è qui ripresa su altre basied anche, in parte, modificata terminologicamente.43 - Il che, in verità, sarà sempre qualcosa di provvisorio, data la natura paradigmatica (analogico-paradigmatica) delleproiezioni nonchè delle estendibilità significanti.Cfr. anche nota successiva.44 - Intendiamo il termine schema in un’accezione che vuol avvicinarsi a quella kantiana di schema trascendentale: in talsenso lo schema non ‘comprende’ (staticamente) racconti ma ‘produce’ paradigmaticamente (e analogicamene) racconti.Di qui anche l’imprecisione di una nozione quale quella di ampiezza dello ‘schema’, alla quale ricorriamo solo percomodità.Il ‘divenire’ ed il ‘prodursi’ dei racconti, essendo a mio avviso di natura schematica (nell’accezione sopradetta), essendo in altre parole di natura analogico-paradigmatica, non si lascia circoscrivere nello spazio secondo cui sidefinisce un’ ‘ampiezza’. Ogni racconto concreto, ed ogni elemento concreto del racconto, saranno invece ‘compatti’,nel senso lacaniano di un rinvio significante a ciò che non può se non mancare all’infinito: rinvio significante a significati(analogici?) mancanti all’infinito. Ogni racconto, ed ogni elemento, in quanto compatti, saranno perciò rappresentabilialla stregua di un ‘vuoto’, di una faglia (di compattezza appunto). Per l’idea di compattezza in quanto faglia cfr. J. Lacan,Le séminaire. Livre XX. Encore 1972-1973 , Paris, Seuil 1975, p. 14.45 - Il fiore... , cit., n. 127 Il diavolo, la serva e la padrona , pp. 86-87. La tradizione è stata raccolta direttamente dalla GattoChanu.46 - Utilizzo i termini in un senso un po’ approssimativo, non comunque strettamente tecnico.47 - Se col racconto della fanciulla che consapevolmente si prospetta come ‘prossima sposa’ del diavolo si ha una sortadi prosecuzione-climax rispetto al tipo o sottotipo narrativo del “primo nodo del mattino”, sarà lecito d’altro latosupporre che tale racconto possa - all’inverso - valere alla tregua di una ‘proiezione analogica’ del tema costituitoproprio dalla ‘donna che rischia di essere rapita dal diavolo tramite il nodo’.Ciò va, ovviamente, di pari passo col fattoche nel tipo o sottotipo narrativo del “primo nodo del mattino” la donna già si trova, effettivamente sebbeneinconsapevolmente, nella posizione di ‘strega’; mentre, per l’appunto, nel racconto della “servetta” di Quart la donna èeffettivamente-e-consapevolmente nella posizione di ‘strega’. Tale posizione viene anzi amplificata; raggiunge un punto,per così esprimermi, ‘di iperbole’ nonchè di ‘catastrofe sintattica’ (cfr. nota 51).48 - Cfr. più in basso.49 - Sembra intervenire in questa testimonianza qualche incertezza, o qualche fluttuazione per così dire metanarrativa.50 - Assenza del preventivo patto demoniaco (anche inconsapevole) e giovane contadina che viene portata via daldemonio (al posto della “normale mercede giornaliera”, la donna accoglie la richiesta del grembiule, in questo casoavanzata dallo sconosciuto dopo la prestazione lavorativa, senza accorgersi che si trattava di lei stessa) si riscontranonel racconto Gatto Chanu, Il fiore... , cit., n. 214 Il grembiule , p. 144. La responsabilità (e l’ ‘ambiguita’) della donna è(sono) ridotta(-e) al minimo - per l’appunto non vi è patto neppur inconsapevole col demonio -; e l’inganno demoniacotende di conseguenza al massimo.51 - Mi riferisco, di tutta evidenza, al fatto che l’astuta “servetta” non si accontenta di sottrarre se stessa al condizionamentodemoniaco ma coglie l’occasione per ottenere dal diavolo “un sacchettino di monete d’oro”. Il che, nell’immediato, primacioè dello stratagemma del fantoccio-sostituto, non fa che aggravare la posizione della fanciulla. In questo frangente di‘sospensione narrativa’ , la “servetta” non soltanto è nella posizione di aver consapevolmente accettato di diventare‘sposa del diavolo’ (dopo aver inconsapevolmente accettato di essere nottetempo portata via da lui non ancorariconosciuto), ma addirittura ha per l’appunto preso l’iniziativa di richiedergli soldi . Fra i primi due gradi della climax (laragazza che incautamente accetta di essere nottetempo portata via da uno sconosciuto “giovanotto”, la ragazza checonsapevolmente accetta di essere nottetempo portata via dal diavolo) e il terzo (la ragazza richiede denaro demoniaco)intercorre effetto di iperbole, nonchè - in qualche modo - di inversione ‘catastrofica’ della relazione sintattica tra la donnae il demonio ‘tentatore’: in effetti, ai primi due gradi della climax la “servetta” accoglie delle proposte che le sopraggiungonodal demonio (dapprima non riconosciuto e poi riconosciuto); nel terzo momento è lei stessa che assumendo funzione‘attiva’ avanza una richiesta, e una richiesta particolarmente grave e pericolosa.Corrispondentemente, l’inganno aldemonio - a solo scopo di protezione dell’essere umano -, quale si configura nel tipo o sottotipo narrativo del “primonodo del mattino” (in cui il destinatore d’inganno è un ‘uomo religioso’), trova così un suo effetto di crescendoiperbolico (e ‘catastrofico’) nella ‘truffa finanziaria’ ai danni del demonio medesimo (in questo caso il destinatored’inganno altri non è che la donna medesima).Da sottilineare, per inciso, che nella versione Giuseppina Sosso (tipo osottotipo narrativo del “primo nodo del mattino”), per il destinatore d’inganno nei confronti del demonio si parla intermini più generali (“hanno preparato un telo con della paglia dentro”): tuttavia, sulla base del confronto con le altreversioni (Chatrian e Ferré) si può supporre che l’ideazione dello stratagemma sia da attribuire all’ ‘uomo religioso’ (inquanto ‘eroe’ folklorico - e culturale - di contro all’antagonista diabolico). E d’altronde, poco sopra, si era detto: “hannochiamato il parroco” (versione Sosso). Ad ogni buon conto, resta il fatto che anche nella versione Sosso non è la“domestica” insidiata dal demonio ad occupare la posizione di destinatore d’inganno nei confronti del demonio stesso.52 - Abbiamo visto che l’ ‘uomo religioso’, nel tipo o sottotipo narrativo del “primo nodo del mattino”, opera a vantaggiodi una donna che sta nella posizione di ‘strega’, ma inconsapevolmente (cfr. nota precedente). Si ha allora uno‘sdoppiamento’ fra destinatore d’inganno nei confronti del demonio ed ‘essere umano (femminile) a vantaggio delquale’ opera il destinatore d’inganno: tale ‘sdoppiamento’ è coestensivo ad un ‘indebolimento’ delle responsabilità dell’

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‘essere umano a vantaggio del quale’; cioè della donna-’strega inconsapevole’ e ‘al passivo’, insidiata dal diavolo nonriconosciuto (cfr. nota 51).Nel racconto della “servetta” di Quart, alla marcata e persino iperbolica (etc.) responsabilitàdella donna ‘insidiata’ dal demonio fa da pendant necessario l’assunzione diretta della funzione di destinatore dell’inganno(destinatore per ciò stesso marcatamente ed anzi iperbolicamente ambiguo) nei confronti del destinatario altro-e-negativo.Si determina così, nel personaggio della “servetta”, una sorta di ‘cumulo’ delle posizioni narratologiche ed anchesintattiche: semplificando diremo che essa è potenziale vittima del diavolo; ‘strega’ (nella realizzazione forte di ‘prossimasposa del diavolo’) che addirittura richiede ed ottiene monete d’oro dal diavolo (iperbole e ‘catastrofe sintattica’);destinatore alla fin fine positivo non solo di un ‘inganno di salvaguardia’ (di sè) ma altresì di una ‘beffa finanziaria’ neiconfronti del diavolo (che per l’appunto procurerà oro alla donna). Avanziamo l’ipotesi secondo cui la serie complessadei crescendo (nell’ambito di un tipo o sottotipo narrativo, nel passaggio da un tipo o sottotipo narrativo all’altro,all’interno di un racconto), nonchè dei crescendo che si articolano lungo differenti prospettive, può a sua volta organizzarsialla stregua di espansioni analogiche.A quanto detto sopra si aggiunge la presa in giro da parte dell’astuta “servetta”nei confronti della agiata padrona un po’ troppo curiosa, la quale si impegnerà nei “più gravosi lavori” attendendo il“benefattore” di cui la ragazza le ha parlato; mentre la “servetta” stessa si godrà l’ “oro del demonio”, grazie al quale siè (evidentemente) liberata della padrona. La liberazione dal demonio e quella dalla padrona appaiono convergenti; inrapporto all’uno e all’altra subentra, per di più, la beffa. Più esattamente, la beffa (finanziaria) al demonio sembra esserelo strumento ‘specifico’ della liberazione dalla padrona, nonchè della conseguente beffa rispetto a quest’ultima. Se lanarrazione gioca su una sorta di ‘alternarsi ripetuto’ - preparazione della beffa (finanziaria e non) rispetto al diavolo su cuisi innesca la preparazione della beffa rispetto alla padrona, quindi liberazione-e-beffa rispetto al demonio cui conseguela liberazione-e-beffa rispetto alla padrona -, ‘gerarchicamente’ è la beffa finanziaria rispetto al demonio (che si sovrainvestesulla liberazione dallo stesso demonio) che consente alla “servetta” la liberazione dalla padrona, su cui si sovrainvesteappunto la beffa rispetto alla stessa padrona. Almeno entro certi limiti i rapporti intercorrenti fra la “servetta” e il diavolosembrerebbero valere alla stregua quasi di una ‘trascrizione’ - e di un determinatore - delle relazioni fra la “servetta” el’agiata padrona: di una ‘trascrizione’ - e di un ‘determinatore’ - delle relazioni sociali. Ma si tratta, allora, di una indagineche va oltre l’ottica del presente intervento.53 - Accentriamo per un attimo l’attenzione sul fatto che nel racconto della “servetta” di Quart l’oggetto-sostituto delladonna è un fantoccio fatto con foglie di meliga. Orbene, la meliga altro non è che la saggina, pianta con cui si facevanole scope; e la scopa interviene appunto come oggetto-sostituto della donna in quella che abbiamo chiamato versioneChatrian del tipo o sottotipo narrativo del “primo nodo del mattino”. Circa i rapporti fra scopa e sfera della stregoneria siveda la parte iniziale del presente lavoro.54 - Questa ‘trasformazione’ corrisponde anche ad una scansione temporale che trova il suo punto di passaggio nelmomento in cui, terminando l’estate, i due giovani ‘sposi’ stanno per abbandonare la loro “sposa di fieno”.55 - E momentaneo.56 - E duraturo?57 - A proposito della matrice demoniaca - o comunque ‘altra’ - dello scuoiamento (etc.), sarà utile considerare unracconto valdostano quale il seguente, che si riferisce alla zona di Gressan: “Viveva a Gressan una vedova di facilicostumi. / Persino il diavolo riceveva in casa sua, come potè accertare una ragazza del paese che, in visita alla donna, nelraccattare un ditale caduto per terra, scorse gli zoccoli caprini del forestiero che le sedeva accanto. / Un giorno la vedovascomparve dal paese. Il demonio se l’era presa, volando via con lei dalla finestra. / Qualche tempo dopo, qualcuno trovòla pelle disseccata della donna, appesa ai rami di un alto castagno” (Gatto Chanu, Il fiore.... , cit., n. 503 La vedova diGressan , p. 335, con riferimento ad E. Del Montechiaro, Le cento leggende , in “Augusta Praetoria” 1940, 29a puntata).Dasottolineare il fatto che si tratta di una donna (anzi di una vedova) “di facili costumi”, che addirittura riceve il diavolocome amante.Mi limiterò a segnalare che qui è la donna amante del diavolo che - portata via da quest’ultimo - si troveràridotta per l’appunto a “pelle disseccata”. La fine della donna amante del demonio (momento-cardine e/o momentoiperbolico della sua stessa condotta scostumata) risulta dunque simmetrica rispetto a quella del pastore-’sposo’ della“sposa di fieno” oramai animata (pelle appesa ai rami del catagno in questo caso, pelle inchiodata sulla porta dellacapanna nel racconto dei Grigioni).Per parte sua il castagno sembra non di rado funzionare come pianta negativamenteconnotata: cfr. per es. il mio intervento dal titolo Il pugnale e la pianta degli streghi nel sistema delle varianti. Un‘errore d’identità’ e un’ipotesi interpretativa, in Borghini, Semiosi nel folklore II ..., cit.; si veda anche la mia breve notadal titolo Il fantasma seduto sul ceppo, in “L’EcoApuano”, 12, 8-9, 2001, p. 31.