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Il perito trascrittore nelle intercettazioni giudiziarie Articolo 26.02.2014 (Michelangelo Di Stefano ) L’analisi peritale che riguarda la trascrizione di un reperto fonico giudiziario proveniente da intercettazioni telefoniche ed ambientali presupporrebbe, in astratto, una serie di conoscenze di base utili, se non indispensabili, al fine di poter rappresentare e descrivere al giudice, ed alle parti, le risultanze del quesito in precedenza formulato all’esperto. Va da sé che il perito debba avere un bagaglio professionale più ampio e complesso rispetto all’ordinaria esperienza maturata nel settore delle investigazioni o, più nello specifico, quale “operatore addetto alle intercettazioni”, così da consentire a questi valutazioni più ampie rispetto alla prassi consuetudinaria, ove necessario documentando con considerazioni scientifiche il contenuto delle proprie argomentazioni. L’operatore della polizia giudiziaria, infatti, svolge ordinariamente l’attività di intercettazione senza aver effettuato corsi di formazione dedicati alle operazioni di ascolto e trascrizione delle intercettazioni, salvo il requisito giuridico dello status quale Ufficiale di Polizia Giudiziaria, o Agente per i casi previsti in deroga dalla norma. [1] Sommario 1. Le figure del perito e del consulente nel codice di procedura penale 2. Le difficoltà trascrittive 3. L’analisi etnolinguistica 4. La traduzione del reperto 5. La cognitive phonetics 6. L’affidamento d’incarico 7. Le competenze scientifiche del perito 1. Le figure del perito e del consulente nel codice di procedura penale Ciò premesso, quantomeno in teoria, un perito interessato alla trascrizione[2] , al fine di assolvere al compito affidato dal giudice attraverso il conferimento dell’incarico[3] , dovrebbe avere conoscenza almeno parziale di alcune elementari nozioni di base che saranno descritte di seguito. Competenza che, analogamente, dovrebbero avere i consulenti tecnici delle parti i quali, una volta disposta[4] la perizia[5] , potranno fornire un apporto scientifico utile al giudice per la formulazione dei quesiti.[6] Proprio questo ultimo aspetto, cioè il “quesito”, alle volte non trova analitico compendio nell’affidamento dell’incarico, in taluni casi conferito con il sintetico richiamo alla norma che prevede la “trascrizione integrale delle registrazioni[7] , senza considerare le tante criticità che caratterizzano, ad esempio, le

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Il perito trascrittore nelle intercettazioni giudiziarie Articolo 26.02.2014 (Michelangelo Di Stefano)

L’analisi peritale che riguarda la trascrizione di un reperto fonico giudiziario proveniente da intercettazioni telefoniche ed ambientali presupporrebbe, in astratto, una serie di conoscenze di base utili, se non indispensabili, al fine di poter rappresentare e descrivere al giudice, ed alle parti, le risultanze del quesito in precedenza formulato all’esperto.

Va da sé che il perito debba avere un bagaglio professionale più ampio e complesso rispetto all’ordinaria esperienza maturata nel settore delle investigazioni o, più nello specifico, quale “operatore addetto alle intercettazioni”, così da consentire a questi valutazioni più ampie rispetto alla prassi consuetudinaria, ove necessario documentando con considerazioni scientifiche il contenuto delle proprie argomentazioni.

L’operatore della polizia giudiziaria, infatti, svolge ordinariamente l’attività di intercettazione senza aver effettuato corsi di formazione dedicati alle operazioni di ascolto e trascrizione delle intercettazioni, salvo il requisito giuridico dello status quale Ufficiale di Polizia Giudiziaria, o Agente per i casi previsti in deroga dalla norma.[1]

Sommario

• 1. Le figure del perito e del consulente nel codice di procedura penale • 2. Le difficoltà trascrittive • 3. L’analisi etnolinguistica • 4. La traduzione del reperto • 5. La cognitive phonetics • 6. L’affidamento d’incarico • 7. Le competenze scientifiche del perito

1. Le figure del perito e del consulente nel codice di procedura penale

Ciò premesso, quantomeno in teoria, un perito interessato alla trascrizione[2] , al fine di assolvere al compito affidato dal giudice attraverso il conferimento dell’incarico[3], dovrebbe avere conoscenza almeno parziale di alcune elementari nozioni di base che saranno descritte di seguito.

Competenza che, analogamente, dovrebbero avere i consulenti tecnici delle parti i quali, una volta disposta[4] la perizia[5], potranno fornire un apporto scientifico utile al giudice per la formulazione dei quesiti.[6]

Proprio questo ultimo aspetto, cioè il “quesito”, alle volte non trova analitico compendio nell’affidamento dell’incarico, in taluni casi conferito con il sintetico richiamo alla norma che prevede la “trascrizione integrale delle registrazioni”[7], senza considerare le tante criticità che caratterizzano, ad esempio, le

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intercettazioni tra presenti, quelle supportate dalla video ripresa, o le tantissime interazioni comunicative ricche di espressioni gergali e varietà dialettali.

Attività trascrittiva, questa, compendiata all’art. 268, comma 7 c.p.p. [8] secondo le forme, i modi e le garanzie previsti per l’espletamento delle perizie prevedendo, altresì, nel giudizio di appello alcune eccezionali ipotesi di nuovo ascolto delle intercettazioni, regolato dall’art. 603 c.p.p. [9].

Trascrizione che potrebbe essere conferita al perito anche in forma parziale senza che ciò implichi alcuna nullità[10].

Ed è qui che la scientificità della prova nel dibattimento vede il contraltare delle parti, allorquando ammessa la perizia nel dibattimento[11], è a queste concessa la facoltà di presentare[12], anche senza citazione, i propri consulenti[13].

Sotto il profilo tecnico giuridico, l’esame dei periti e dei consulenti[14] avviene secondo le regole fissate per i testimoni[15], con la facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche d’ufficio.

Netto distinguo riguarda la “formula di giuramento” del testimone rispetto a quella osservata dal perito, laddove il primo con la propria deposizione si impegna “a dire tutta la verità ed a non nascondere nulla di quanto a (personale) conoscenza”[16], mentre il secondo, con lo “svolgimento dell’incarico”, si impegna ad adempiere al proprio “ufficio senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali”[17].

Negli ultimi anni, anche grazie alla maggiore fruibilità dei dati attraverso il processo di digitalizzazione, si è assistito ad un ricorso esponenziale delle intercettazioni di comunicazioni e, da qui, l’esigenza del giudice di attingere sempre più frequentemente all’istituto ex art. 268, comma 7 c.p.p., con la consegna ai periti di una mole impressionante di reperti fonici da “sbobinare”[18].

Ciò ha determinato, gioco forza, la conseguente compressione di talune tematiche di approfondimento tecnico scientifiche che sarebbero demandabili a pochi esperti qualificati con esigenze temporali per l’evasione del quesito che mal si coniugherebbero, probabilmente, con la scansione temporale del protocollo dibattimentale, così rimandando l’attività peritale ad una mera operazione “trascrittiva” di routine.

Criticità che alle volte ha determinato questioni dibattimentali a dir poco grottesche, con “periti” oberati di plichi contenenti i reperti, escussi in aula sul perché abbiano dimenticato decine di reperti fonici su una nave traghetto.[19]

Al conferimento dell’incarico conseguono, poi, gli accertamenti tecnici del perito che, solitamente, per la complessità del lavoro, si troverà impossibilitato a dare al giudice una immediata risposta con la relazione peritale, chiedendo a questi un termine.[20]

A dette criticità si vanno poi ad aggiungere gli aspetti squisitamente venali, che concernono l’ “onorario commisurato al tempo” [21] ed al numero di “vacazioni” giornaliere che il perito potrà prestare.[22]

2. Le difficoltà trascrittive

Solo sporadicamente è presente in questa fase una evidenza tecnico peritale all’attenzione del giudice, concernente la difficoltà trascrittiva, che potrebbe comprendere criticità foniche dovute alle problematiche acustiche di acquisizione e rilancio del reperto, fonetiche determinate dalla estrazione

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geolinguistica dei parlanti, sociolinguistiche concernenti l’interpretazione di tratti extralinguistici delle interazioni oggetto di disamina, soffermandosi il perito, piuttosto, sulla consistenza complessiva di reperti da esaminare, quantificata nel numero di “progressivi”[23] presenti per singolo RIT[24], spesso senza considerare, ancora, il “peso specifico” di ogni singolo reperto, cioè la sua durata temporale, la sua complessiva intellegibilità, la necessità di procedere ad una preliminare trascrizione letterale nella lingua parlata dai conversanti, ecc.

L’attività peritale segue, ancora, con la frequente richiesta di poter nominare “ausiliari di fiducia per lo svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti o valutazioni”[25], con la facoltà da parte dei consulenti tecnici di “partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve dare atto nella relazione”[26] o, qualora nominati dopo l’esaurimento delle operazioni peritali, di “esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia”.[27]

E’ questo uno degli aspetti maggiormente significativi nel contesto dell’attività trascrittivo-peritale ed inteso a descrivere le varie fasi operative nel corso della rappresentazione scritta di un reperto fonico giudiziario, sia esso telefonico che ambientale.

Non saranno, in questa sede, ulteriormente sviscerate le competenze tecniche del perito[28] fonico[29] che, in determinati contesti potrà essere chiamato dal giudice a manipolare un reperto per migliorarne l’intellegibilità, o analizzare i profili biometrici al fine per identificare un parlatore[30], la cui disamina rientra in un contesto scientifico ancor più complesso, soffermandoci piuttosto sui tanti aspetti che riguardano la trascrizione di un parlato caratterizzato da etnolinguismi.

3. L’analisi etnolinguistica

I momenti di analisi andrebbero, ove possibile, integralmente distinti, partendo da una prima trascrizione dialettale del reperto, per poi procedere ad una traduzione letterale del testo, ancora corroborandone i contenuti con una descrizione esplicativa di tutte quelle espressioni gergali che, in un determinato contesto, assumono una significatività unica, e da ultimo, fornire una complessiva interpretazione semantica del reperto nel suo complesso.

L’operatore, così come il perito, deve essere abile[31] nel trasferire, dal parlato allo scritto, quanto assunto dalle captazioni, cercando di non alterare il contenuto semantico della sintesi trascritta[32], ivi mantenendo un linguaggio asettico e poco burocratico.

E’ evidente che la trascrizione[33] e la successiva traduzione di reperti acquisiti da parlanti dialettofoni, ed ove sono presenti espressioni gergali[34], deve essere effettuata non semplicemente da operatori che hanno esperienza nello specifico settore investigativo, ma che abbiano adeguata conoscenza etnolinguistica di quello specifico contesto geografico[35].

Si vedrà avanti, infatti, quanto siano importanti alcuni item linguistici[36] che caratterizzano la parlata di una determinata comunità linguistica[37].

Inoltre, la forma dialettale negli ambienti criminali, sostituendosi all’italiano standard, in una miscellanea tra status e funzione all’interno dell’interazione comunicativa, presupporrebbe la rappresentazione dell’enunciato attraverso una transcodifica asettica del segnale acustico all’attenzione della parte richiedente, e quindi cristallizzato nella trascrizione attraverso la forma dialettofona originaria.

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Necessariamente, in una seconda fase dovrebbe essere effettuata la traduzione della stessa trascrizione vernacolare in italiano standard, interpretando, ove possibile, i tanti aspetti gergali, le frequenti metafore del luogo, i detti e le espressioni proverbiali, le parlate identificative di ristrette comunità linguistiche, nonchè i particolarissimi significati semantici di alcuni lessemi che, nel calabrese ad esempio, hanno origini etimologiche dal greco, latino, francese, tedesco, arabo e spagnolo[38].

Trattando le problematiche dialettofone secondo un approccio della sociologia del linguaggio, va operata una preliminare precisazione riguardo lo status come potenziale (o de jure) e la funzione come attuazione (o de facto) della lingua[39].

Si tratta di due concetti fortemente interrelati tra loro e che delineano, all’interno di un sistema linguistico, i rapporti esistenti nel sistema con i parlanti, anche in relazione alla collocazione di costoro all’interno della società, ma “anche con l’organizzazione della vita sociale e l’articolazione socio-politica ed amministrativa di una comunità”[40], divenendo la risultante incrociata di un insieme di variabili e dimensioni sociali.

La cromaticità dei due concetti in esame, lo status e la funzione, se nel sistema linguistico generale trovano netta differenziazione, assumeranno diversa tonalità con una commistione dei ruoli qualora il modello socio linguistico di riferimento sia il pianeta della criminalità organizzata.

Se per status si intende “ciò che con esso si può fare, dal punto di vista pratico, legale, culturale, economico, politico e sociale” e per funzione, invece, “ciò che effettivamente con un certo sistema linguistico viene fatto, ciò a cui un sistema linguistico serve in una società”[41], è possibile osservare che nell’emisfero criminale, e ‘ndranghetistico in particolare, lo status di lingua ufficiale è assolto dal dialetto calabrese, che allo stesso tempo lì assolve anche alla funzione ufficiale[42], educazionale[43], tecnica[44] ed internazionale[45].

Quanto appena riassunto è di particolare importanza nel presente contesto di analisi in quanto parlare di “funzione tecnica” della lingua dialettale implica in un àmbito di studio giuridico e forense l’indispensabilità di cristallizzare il reperto fornito nella sua genuina intierezza semantica, difficilmente “traducibile” letteralmente nella lingua italiana, la cui trasposizione è da intendersi non tanto una traduzione letterale, quanto una interpretazione del trascrittore.

4. La traduzione del reperto

Alla luce di quanto appena riassunto, il compito degli interpreti e dei traduttori (perché in tal caso non si può parlare semplicemente di trascrittore), avranno il compito di comprendere il testo per poi renderlo -quale forma di interpretazione soggettiva- in italiano quale traduzione semantica.

Sotto il profilo della giurisprudenza, l’esigenza di distinguere in due momenti operativi la trascrizione di reperti fonici in forma dialettale trova riscontro, come compendiato tra l’altro in alcune pronunce della Suprema Corte[46], attraverso una prima “riproduzione integrale degli elementi fonetici raccolti nella registrazione”, ed una successiva fase di “vera e propria traduzione in lingua italiana”[47].

Detto obiettivo dovrà essere raggiunto attraverso una prodromica transcodifica asettica del segnale acustico, cioè di quanto “viene detto/fatto”[48] nella situazione comunicativa intercettata, all’attenzione del P.M. per una successiva valutazione autonoma dell’A.G., abbinando poi l’interpretazione soggettiva abbinata alla traduzione semantica dei tratti dialettali e gergali nonché di trascrizione dei tratti soprasegmentali.[49]

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Una corretta rappresentazione sarebbe quella dell’alfabeto fonetico internazionale IPA[50], che permette di rappresentare graficamente, per iscritto, la forma fonica di qualsiasi enunciato, in quanto i simboli fonetici dell’alfabeto consentono di trascrivere consonanti, vocali e caratteristiche prosodiche come intensità, durata e altezza tonale.

Si tratta, in verità di uno strumento di compendio trascrittivo di solito inintellegibile ai giudici e quindi inutilizzabile se non è interpretata da un tecnico,[51] conseguentemente suggerendo all’operatore l’abbinamento al testo trascrittivo di note specificative di richiamo ove andrà annotato quell’aspetto prosodico utile a chiarificare il contesto.[52]

Per detta ragione, nelle pagine che seguono saranno richiamati alcuni esempi di pronuncia dialettale, trascrivendo letteralmente la parlata, senza fare ricorso alla rappresentazione fonetica IPA.

5. La cognitive phonetics

Alla luce di quanto complessivamente esposto in queste pagine, particolarmente attagliate sono da ritenersi le “raccomandazioni” attraverso la cognitive phonetics di Helen Fracer[53]:

HELEN FRASER[54]

1. La trascrizione di materiale sonoro di bassa qualità non dev‘ essere affidata a chi ha, o potrebbe avere, un interesse nell'interpretarne il contenuto.

2. Quando la trascrizione potrebbe essere contestata, la trascrizione deve essere affidata a persona con esperienze linguistiche fonetiche.

3. Quando vi sono dubbi su una particolare parola o frase della trascrizione, questi non possono essere risolti sulla base della sola analisi acustica ma richiedono di esaminare il contesto con attente analisi linguistiche fonetiche da parte di esperti.

4. In una trascrizione di materiale di bassa qualità il trascrittore deve indicare il livello di confidenza e le possibili interpretazioni alternative per ciascuna parte del trascritto.

5. Quando il livello di confidenza è molto basso, ad esempio quando la registrazione è sia di bassa qualità sia molto corta, o la parola contestata risulta isolata o anche se la qualità complessiva non è uniformemente bassa ma sono presenti inconsistenze nella registrazione, è opportuno dichiarare il materiale audio non trascrivibile.

6. Nessuna trascrizione dovrebbe essere presentata ad una giuria prima che la sua attendibilità sia stata controllata da un esperto adeguatamente qualificato nella fonetica e nella linguistica.

7. In generale l’indizio “trascrizione” di una registrazione di bassa qualità non è sufficiente a supportare da solo una condanna; si tratta di indizi che si usano solo insieme ad altre evidenze.

Così come assolutamente attagliato è il “decalogo” del “gruppo di lavoro presso la Polizia Scientifica”:

Decalogo[55]

Gruppo di lavoro presso la Polizia scientifica

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1. I tempi necessari alla trascrizione sono in funzione della qualità del segnale, oltre che alla durata dello stesso ( si riportino i dati sulla qualità).

2. Consegnare, con la trascrizione, una relazione che riguardi la qualità del segnale, le modalità utilizzate per l’eventuale trattamento dello stesso (es:filtraggio) e tutte le informazioni disponibili.

3. Trascrivere nella stessa lingua o dialetto che si ascolta, eventualmente fornendo una interpretazione in italiano.

4 . La lingua o dialetto deve essere nota al trascrittore.

5. Dichiarare, nella relazione, le informazioni utilizzate per la trascrizione dei nomi.

6. Inserire una legenda con la descrizione della simbologia adottata per segnalare le principali caratteristiche sovra segmentali, tratti incomprensibili, dubbi ed altro.

7. Temporizzare accuratamente l’intera trascrizione, con quantificazione delle pause e dei tratti incomprensibili. Segnalare e descrivere i fenomeni acustici ambientali.

8. Procedere alla trascrizione solo se la qualità del segnale supera i requisiti minimi di accettabilità.

9. Segnalare nella trascrizione quando sono presenti inconsistenze linguistiche nel messaggio.

10. Descrivere le procedure di trattamento del segnale (tra cui il filtraggio) per renderle esattamente riproducibili.

Gli approfondimenti fin qui trattati, in astratto best pratices alla base di qualsiasi perizia trascrittiva etno-linguistica risultante da una intercettazione, concernono tematiche demandate a tecnici qualificati, presupponendo adeguate risorse temporali per l’evasione del quesito; tempistiche che non sempre collimano con le esigenze di sintesi fissate dal dibattimento, gioco forza svilendo il compito peritale.

La necessità di una perizia sarebbe quella di “svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche”[56], che vanno ben oltre la documentazione delle operazioni di intercettazione attraverso i c.d. “brogliacci” di ascolto e le relative “trascrizioni” a cura della p.g.

La relativa utilizzabilità di queste ultime nel dibattimento, si è già detto, secondo una parte della giurisprudenza, è consentita ai fini della pronuncia della sentenza, fermo il diritto delle parti di chiedere la trascrizione mediante perizia.

Dette trascrizioni della p.g. debbono distinguersi dai c.d. brogliacci, consistenti nella sommaria trascrizione delle conversazioni intercettate, effettuata ai sensi dell’art. 268, comma 2 c.p.p. nei verbali delle operazioni, in nessun caso utilizzabili ai fini della decisione[57]; altro orientamento giurisprudenziale prevede, al contrario, l’ utilizzabilità anche dei soli brogliacci[58].

Come descritto, però, in queste pagine, il trascrittore ( sia esso un operatore della polizia giudiziaria o un perito) che analizza un reperto fonico dialettale – a prescindere dalle tante problematiche di disturbo, di interpretazione nella complicata interazione focalizzata “faccia a faccia”, o della traduzione a cui andrà incontro – si troverà soventemente a dover investigare attraverso livelli di

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analisi sempre più ampi[59]; spesso confrontandosi con uno spettro di indagine sempre più complesso e caratterizzato da code swiching e miscellanee di varietà linguistiche, come nel caso della lingua standard della ‘ndrangheta che è il dialetto calabrese, e reggino nel particolare.

Il trascrittore, dovrà, quindi, addentrarsi in uno scenario complesso con cui dovrà ripetutamente confrontarsi, partendo, ad esempio, dal fonema /k/, alla sillaba /ka/, al morfema “can-“, alla parola “cane”, al sintagma “il cane”, fino alla frase “il cane abbaia”, in un contesto etno-linguistico ove “cani” significa generalmente “cane”, ma dove “ccàni” è un deittico che significa certamente “qui”; e dove, ancora, nell’analisi lessicale di uno specifico contesto comunicativo situazionale, l’inciso “chìddu è nu cani ” potrà assumere una significatività semantica diversa rispetto alla descrizione dell’animale domestico, anche e, soprattutto, laddove la comunità di parlanti sia adusa a frequenti richiami gergali.

6. L’affidamento d’incarico

L’affidamento di un incarico peritale, come spesso avviene “intuitu personae” in ragione di pregressi rapporti fiduciari e per qualsivoglia meccanismo di scelta che non assuma quale parametro principale di riferimento quello della certificata competenza, potrebbe conseguentemente determinare l’evasione di un quesito peritale parziale, alle volte oggetto di criticità e pesanti distorsioni; cioè di un approfondimento non squisitamente tecnico scientifico o caratterizzato da “particolare competenza nella specifica disciplina”[60], ma genericamente pragmatico, che si impernierebbe probabilmente sulla scorta di pregresse, forse ordinarie o residuali, esperienze nel settore delle intercettazioni o, ancor peggio, delle semplici trascrizioni.

“[…] Molti operatori della legge ritengono che trascrivere una conversazione sia un'opera di ordinaria amministrazione – rimarca Andrea Paoloni – che chiunque abbia un po' di tempo e pazienza può svolgere facilmente; salvo poi stupirsi quando in Tribunale il contenuto della trascrizione viene contestato, l'ascolto in aula non chiarisce i dubbi sollevati dalle parti e i consulenti chiamati in soccorso non riescono a risolvere in modo definitivo il problema loro demandato.

Perché tanti dubbi di interpretazione?

Non esiste un mezzo sicuro che consenta di provare che il parlante ha pronunciato una determinata parola, ad esempio sbancato e non una molto simile, come sbiancato o stancato?

È vero che le conversazioni ambientali, quelle ottenute con la cimice, sono più difficile da trascrivere?

Si può con un opportuno filtraggio, trasformare un mormorio incomprensibile una voce chiara di così incerto significato?

Chiunque abbia provato a mettere su carta una lezione universitaria, registrata poggiando sulla cattedra, in bella evidenza, un registratore cassette, si è reso certamente conto di quanto sia faticoso, spesso impossibile, trasformare il parlato in un testo chiaro e comprensibile. Anche se la lezione è stata accuratamente preparata nell'esposizione sono frequenti i cambi d’argomento, i salti di livello sia stilistico sia linguistico; l’esposizione non procede sempre modo scorrevole, a causa della costruzione spontanea degli enunciati e questo si manifesta in false partenze, pause, esitazioni.

A volte l'oratore fa riferimento ad immagini, ad esempio una formula sulla lavagna, non presenti

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nella registrazione, per cui il discorso diventa completamente comprensibile solo utilizzando l’ informazione esterna al segnale.

Quando il contributo informativo esterno al segnale non è disponibile il segnale è destinato a non essere pienamente compreso.

Inoltre la comunicazione verbale è molto rapida e tende a favorire fenomeni di riduzione vocalica e consonantica rendendo inintelligibili alcune parole.

Mancano spesso chiari schemi enunciativi come quelli che caratterizzano la lingua scritta, sostituiti da costruzioni più libere che richiedono spesso l'applicazione di regole grammaticali diverse da quelle della grammatica tradizionale. Durante l'esposizione poi si possono verificare rumori di varia natura che possono mascherare più o meno completamente alcuni tratti di parlato.

Quando poi si passa dalla trascrizione di una lezione o di una conferenza alla trascrizione di un’intercettazione sorgono problemi assai maggiori, problemi che sono diversi, per vari aspetti, secondo che si tratti di conversazione telefonica o piuttosto di intercettazione ambientale.

Nel caso della conversazione telefonica gli interlocutori comunicano tra loro con il solo ausilio della voce e pertanto hanno cura di non fare riferimento ad oggetti invisibili, o se necessario fornirne una descrizione, hanno cura di pronunciare con attenzione nomi e toponimi, a regolare il volume della voce in modo che l’interlocutore (e di conseguenza il trascrittore) li possa sentire.

Nella registrazione ambientale tutto questo non avviene. Il parlante si rivolge ad una persona presente (e quindi può indicare cose e persone) e parla con il livello necessario a farsi capire dal suo interlocutore, non certo dal microfono [Paoloni 1996].

Quando difesa e accusa non concordano nella trascrizione in atti è difficile arrivare ad una soluzione.

Organizzare in aula un ascolto che abbia la pretesa di qualità è a nostro avviso un'impresa disperata per la pessima acustica alle aule di giustizia per la scarsa qualità degli apparati tecnici disponibili e la difficoltà di ottenere una sufficiente concentrazione degli astanti.

Far comprendere ai magistrati i limiti intrinseci di una trascrizione, perché riferisca in parte da quella di altri consulenti, perché dopo tanto tempo non si sia ancora giunti alla stesura definitiva è tutt'altro che semplice.

Una possibile soluzione è quella di predisporre un set di misure oggettive che, analogamente a quanto avviene per le impronte digitali, possa fornire un indicatore di quando la trascrizione è fattibile e quando non è possibile operare [Paoloni, Zavattaro 2009].

Bisogna anche ricordare agli operatori di giustizia che non è possibile ripristinare informazioni perdute: se il segnale è ridotto ad un semplice mormorio niente riuscirà a trasformarlo in una voce chiaramente intelligibile […]”[61].

7. Le competenze scientifiche del perito

Il perito, in buona sostanza, dovrebbe o, più correttamente, deve avere una seppur minima cognizione scientifica così da poter operare un’ organizzazione, selezione ed una campionatura di tipo sistemico e

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tecnico del reperto fonico esaminato; un bagaglio tecnico che gli consenta di argomentare l’inciso “incomprensibile”, andando ben oltre il commento dell’operatore di polizia che sul brogliaccio aveva annotato “forti rumori” poi trascrivendo, con la postilla “fonetico”, una serie di logatomi privi di alcun significato.

Essere, cioè, in grado di esporre il significato di un fenomeno additivo o convolutivo di disturbo che ha compromesso in tutto od in parte l’intellegibilità del reperto, come quello generato dalla portante di una radio frequenza o dall’eccessiva amplificazione di un vettore di trasmissione GSM; ed essere in grado, ancora, di migliorare la comprensibilità del documento fonico analizzato, dando atto delle procedure seguite per attenuarne i disturbi, dei s.w. e dei players utilizzati, delle bande di frequenza campionate o annullate.

Ed attento nel rilevare la presenza di frammenti fonici di rilievo investigativo, come ad esempio tra gli squilli di una telefonata, quando l’utente è in attesa di connettersi con il telefono chiamato:

Dovrebbe essere nelle condizioni, ancora, di rappresentare al giudice ed alle parti il perché di alcune distorsioni riguardanti la mancata, o erronea, trascrizione da parte di terzi trascrittori di alcuni frammenti del lessico tradotto, trascritto o interpretato, eventualmente rilevandone ipotesi dolose o colpose; quindi ben addentro non solo alle dinamiche di analisi della lingua, ma anche in possesso di adeguata cognizione etno-linguistica di tipo forense.

Quindi poter argomentare, ad esempio, che ci/tro/la[62] e tri/to/lu[63], così come ho contato e ho comprato[64], possono essere frammenti fonici grossolanamente confusi nell’ascolto di un reperto, trattandosi di parole brevi aventi lo stesso numero di sillabe e recanti più punti di assonanza fonica.

Per altro verso dovrebbe essere pronto ad evidenziare che l’enunciazione di un parlato avviene in uno spazio fonico virtuale ( seppur scientificamente calcolabile) che non consente scusanti interpretative, ed al cui riguardo non sarà possibile richiamare abbagli trascrittivi laddove sia assente la benché minima assonanza fonica, analogica, miraggio acustico[65] o pareidolia.

Ciò in quanto l’enunciato correttamente ascoltato in un normale contesto fonico, risulta essere formato da tanti “mattoni preconfezionati” che hanno costruito la complessiva forma fonica[66], cosicchè, ad esempio, “peppimazzafèrru”[67] ( pep/pi/maz/za/fer/ru), difficilmente potrà essere, colposamente o negligentemente, confuso e trascritto con una minuscola parola bisillaba non assonante come chìd/du[68]:

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pep/pi/maz/za/fer/ru chìd/du

Ed in tal caso il perito, rilevata la macroscopicità della distorsione, dovrebbe essere altrettanto in grado, a domanda, di effettuare uno screening più ampio delle intercettazioni erroneamente trascritte, così da rilevare se la ricorrenza dello stesso report sia stata sistematicamente distorta, omessa, o mal interpretata, e da qui dedurre un quadro probabilistico e scientifico più definito.

Analisi più approfondita che l’ esperto dovrebbe essere in grado di documentare, eventualmente, anche attraverso una griglia sperimentale di ricerca[69], campionando le difformità e le distorsioni di più ascoltatori, ad esempio attraverso il loro bagaglio culturale e professionale, le loro pregresse esperienze di ascolto, la loro provenienza etnolinguistica, il loro stato emozionale, e così via.

Rappresentazioni tecniche che – lo vedremo diffusamente poco più avanti affrontando il dialetto reggino - dovranno trovare esplicitazione attraverso le tante espressioni gergali come quella, ad esempio, ricorrente ogni qual volta le ‘ndrine, ricevuta sotto banco la soffiata di un’operazione delle forze dell’ordine, segnaleranno agli altri sodali la previsione di una “rrumuràta”[70].

Interpretazioni gergali che, conseguentemente, devono presupporre anche una conoscenza di base della criminalistica di contesto, così da poter dare “voce” semantica a logatomi apparentemente insignificanti come “i stàcchi”[71], “i nìgri”[72], “i càstani”[73], “i tiradrittu”[74], “i ti màngiu”[75], “i manìgghja”[76] ed ancora “u ballerìnu”, “giù la maschera”[77], “nanu feroci”, “u pacciu”, “cavallino”[78], “u sciòrbu”, “i ficarèddi”, “Totò scupetta”, “ddù nasi”, “i paddèchi”[79], tutta una sfilza di nomignoli attraverso cui è possibile individuare l’appartenenza criminale di un soggetto o la sua stessa identificazione non equivocabile, ed ancora “’ncavallàtu”[80], “tùfa”[81], “a molla”[82] o, ad ultimo esempio “mismùzzu” e “mastròssu”, indicanti una serie di gerghi che non fanno certo parte dello slang usato dai giovani reggini davanti un panino da Mc Donald.

Proiezioni etnografiche che serviranno all’esperto, una volta tradotto il lessico peritato, per spiegare al giudice che “quatràru” significa ragazzo in quanto si tratta di un’ espressione dialettale della provincia reggina, con origine etimologica latina dalla parola quaternarius, cioè bambino di quattro anni;

che “tamàrru” è un cafone, il cui termine deriva dallo spagnolo tammâr, significante mercante di datteri, zotico;

o che, attraverso il termine papariàri, il mafioso si rifà ad un’accezione spagnola, papelonàr, che significa appunto pavoneggiarsi;

e quando intimidisce una persona dandole un buffettùni, si tratterà allora di un ceffone, dal francese bufeton, schiaffone;

così come il suo tipico atteggiarsi da spaccùni, che è proveniente dal tedesco spachen, rivolto a descrivere un soggetto gradasso.

Abilità del perito che troverà riscontro, da ultimo, rappresentando al giudice – a mò di esempio - l’esistenza di un’arma nel bel bezzo della situazione comunicativa, descrivendone i dettagli come se fosse stato presente in quella scena.

Un caso da manuale[83]:

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F: Oh! Oh Peppe. P: Ah? F: Senti un attimo.

(File multimediale estrapolato dal perito)

P: Dimmi? F: Senti … (Il B. F. si allontana dalla cornetta telefonica, si avvicina alla fonte audio, esistente nell’ambiente, che trasmette musica, e quindi, in sovrapposizione all’audio, si sente un rumore metallico tipico del così detto scarrellamento di un’arma, atto che permette di armare una pistola semiautomatica n.d.r.). P: Che cos’è? Una musica... F: (ride) Hai sentito? P: No, non si sente. F: E aspetta. P: Aspetta un attimo che sento bene. F: Ferma un attimo … Ascolta! (ritorna al telefono) Hai ascoltato? P: Vai, vai.

(File multimediale estrapolato dal perito)

(Si percepisce nuovamente, ed in maniera più chiara, il rumore metallico tipico già fatto poco prima, ovvero quello dell’armare una pistola semiautomatica

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n.d.r.). P: Che musica era? Ah? F: Hai ascoltato? (ride) […].

Ultima precisazione concerne la disponibilità da parte del perito delle trascrizioni integrali o dei brogliacci di ascolto redatti dalla polizia giudiziaria, e la possibilità che gli stessi, una volta visionati e/o comparati, possano essere fuorvianti condizionando l’autonoma interpretazione trascrittiva peritale del reperto analizzato.[84]

Si tratta di distorsioni che, alle volte, potrebbero trovare giustificazione pragmatica nella necessità di alleggerire la mole di lavoro del perito attraverso speditive operazioni di “copia/incolla” dai files della P.G. e consistenti, piuttosto che in una rivisitazione o in una trascrizione ex novo dei reperti già esitati dalla polizia giudiziaria, nel mero “ricalco”trascrittivo, con la ridondanza di imperfezioni grammaticali e di punteggiatura.

Il risultato finale sarà, in tal caso, di scarsa qualità tecnico scientifica e di incerta valenza comparativa, determinando, da ultimo, un inutile dispendio di economie processuali[85], a scapito delle complessive esigenze di accertamento della verità.

Per approfondimenti:

• Documenti Illegali e Procedura di Distruzione dei Dati Personali Illecitamente Conseguiti, di Tabasco Giuseppe, Cedam, 2013.

(Altalex, 26 febbraio 2014. Articolo di Michelangelo Di Stefano)

________________

[1] In deroga alla norma il legislatore (D.L. 13 maggio 1991 n. 152, Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni,Art. 13), per i delitti di criminalità organizzata, ha conferito facoltà al pubblico ministero ed agli ufficiali di polizia giudiziaria di farsi coadiuvare nelle operazioni di intercettazione da agenti di polizia giudiziaria.

[2] Ovvero quando è necessario svolgere indagini o o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche (cfr. art. 220 Cpp), anche con l’affidamento peritale a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in diverse discipline (cfr. art. 221, comma 2 Cpp).

[3] Art. 226 Cpp, conferimento dell'incarico.1. Il giudice, accertate le generalità del perito, gli chiede se si trova in una delle condizioni previste dagli articoli 222 e 223, lo avverte degli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge penale e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo nello svolgimento dell'incarico, mi impegno ad adempiere al mio ufficio senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali».2. Il giudice formula quindi i quesiti, sentiti il perito, i consulenti tecnici, il pubblico ministero e i difensori presenti.

[4] Art. 220 Cpp, oggetto della perizia.1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche.2.

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Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.

[5] Art. 224 Cpp, provvedimenti del giudice.1. Il giudice dispone anche di ufficio la perizia con ordinanza motivata, contenente la nomina del perito, la sommaria enunciazione dell'oggetto delle indagini, l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo fissati per la comparizione del perito.2. Il giudice dispone la citazione del perito e dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all'esame del perito. Adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali.

[6] Art. 226 Cpp, cit.

[7] A. Gaito, A. Bargi, Codice di Procedura Penale annotato con la giurisprudenza, UTET Giuridica editore, Torino (2007), pag. 820: “[…] in tema di intercettazione, captazione e registrazione di colloqui telefonici o tra presenti, ovvero di flussi di comunicazioni informatici o telematici, una volta concluso il subprocedimento di ascolto, selezione e acquisizione delle conversazioni e dei flussi con l’esecuzione delle conseguenti operazioni di trascrizione o di stampa, secondo le regole dettate dall’art. 268 c.p.p., on è consentito, salvo eccezionali ipotesi che, per quanto riguarda il giudizio di appello, sono regolate dal’art. 603 c.p.p., chiedere un nuovo ascolto delle conversazioni o una nuova presa di cognizione dei flussi informatici (Cass. Pen., Sez. U. 21.6.00, Primavera, CP, 2001, 69). La richiesta di ritrascrizione delle intercettazioni ambientali, prospettando un problema di reiterazione del mezzo istruttorio, solleva una questione di merito, la cui valutazione compete esclusivamente al giudice territoriale e non può essere esaminata dal giudice di legittimità se la motivazione sia, sul punto, esente da vizi logici e giuridici. (Cass. Pen., Sez. VI, 15.10.98, Mercadante, CED Cass. 213566). L’omissione dell’informazione di garanzia, funzionale alla nomina, e quindi alla partecipazione del difensore di fiducia alla perizia di trascrizione delle intercettazioni telefoniche da eseguirsi nella fase delle indagini preliminari dà luogo a nullità di ordine generale, a regime intermedi, inquadrabile nell’art. 178, lett. C), c.p.p., che deve essere rilevata o dedotta tempestivamente, a pena di decadenza ( Cass. Pen., Sez. V, 22.1.98, Esposito, GP, 1999, III, 361). Non è causa di nullità delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche la mancata sottoscrizione, in ciascuna pagina del verbale, del perito trascrittore. (Cass. Pen., Sez. I, 2.11.95, Marino, CED Cass 203491)[…]”.

[8] “Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento”.

[9]Art. 603. Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. 1. Quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi presentati a norma dell'articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'articolo 495 comma 1.3. La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria.4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.5. Il giudice

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provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti.6. Alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni.

[10]Ibidem: l’incarico peritale che limiti ad una parte soltanto del contenuto delle intercettazioni telefoniche la relativa trascrizione non è affetto da alcuna nullità, sia perché la nullità non è prevista né può farsi discendere dalla previsione di cui all’art.268, comma settimo c.p.p., sia perché ciò si rileva ai fini del diritto di difesa è che nell’espletamento della trascrizione, siano osservate esatte forme di garanzie previste per la perizia, dato che in caso di perizia disposta in dibattimento, la facoltà di nomina di propri consulenti, nella speditezza del modo di cui all’art. 152 disp. Att. C.p.p., consente all’imputato di svolgere osservazioni circa la rilevanza delle registrazioni non trascritte e di provvedere esso stesso, per il tramite del suo consulente, a far trascrivere quanto altro possa interessargli, potendo comunque estrarre copia delle trascrizioni e far eseguire la trasposizione delle registrazioni su nastro magnetico. (Cass. Pen., Sez. VI, 5.10.94, Celone, CED Cass. 201854).

[11] Art. 508 Cpp, provvedimenti conseguenti all'ammissione della perizia nel dibattimento. 1. Se il giudice, di ufficio o su richiesta di parte, dispone una perizia, il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso dibattimento. Quando non è possibile provvedere in tale modo, il giudice pronuncia ordinanza con la quale, se è necessario, sospende il dibattimento e fissa la data della nuova udienza nel termine massimo di sessanta giorni.2. Con l'ordinanza il giudice designa un componente del collegio per l'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 228.3. Nella nuova udienza il perito risponde ai quesiti ed è esaminato a norma dell'articolo 501.

[12]Art. 152 Att. Cpp, facoltà delle parti nel caso di perizia disposta nel dibattimento. 1. Quando il giudice ha disposto la citazione del perito a norma dell'articolo 508 comma 1 del codice, le parti hanno facoltà di presentare al dibattimento, anche senza citazione, i propri consulenti tecnici a norma dell'articolo 225 del codice.

[13]Art. 225 Cpp, nomina del consulente tecnico. 1. Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello dei periti.2. Le parti private, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale dei non abbienti, hanno diritto di farsi assistere da un consulente tecnico a spese dello Stato.3. Non può essere nominato consulente tecnico chi si trova nelle condizioni indicate nell'articolo 222 comma 1 lettere a), b), c), d).

[14] Art. 501 Cpp, esame dei periti e dei consulenti tecnici. 1. Per l'esame dei periti e dei consulenti tecnici si osservano le disposizioni sull'esame dei testimoni, in quanto applicabili.2. Il perito e il consulente tecnico hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche di ufficio.

[15] Art. 497 Cpp, atti preliminari all'esame dei testimoni. 1. I testimoni sono esaminati l'uno dopo l'altro nell'ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati.2. Prima che l'esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo invita quindi a fornire le proprie generalità.3. L'osservanza delle disposizioni del comma 2 è prescritta a pena di nullità.

[16] Art. 497, comma 2 Cpp.

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[17] Art. 226 Cpp.

[18] Con detta accezione, da ritenersi un prestito linguistico dal dizionario analogico, si intende ovviamente l’estrapolazione del dato che ormai avviene esclusivamente su supporto digitale.

[19] Il corriere della Calabria, Processo Meta, i plichi con le intercettazioni rinvenuti su un traghetto.La rivelazione del pm Lombardo. Si tratta di conversazioni non ancora trascritte. La presidente Grasso: «Molto grave», di Alessia Candito, pubblicato il 18 ottobre 2013: “ […] REGGIO CALABRIA «Sono stati rinvenuti quattro plichi delle intercettazioni di questo processo su una nave traghetto che viaggiava verso Messina». È in apertura dell'odierna udienza del processo Meta, che il pubblico ministero Giuseppe Lombardo ha chiesto la parola per segnalare una circostanza che ha definito quanto meno «incresciosa»: «Il ros di Reggio Calabria è stato contattato dal personale delle navi traghetto, che hanno rinvenuto su un divanetto quattro plichi, fortunatamente quasi integri, relativi alle intercettazioni non ancora trascritte di questo processo». Stando a quanto riferisce il pm, che ha immediatamente disposto i dovuti accertamenti, martedì scorso il perito cui era stata affidata la trascrizione delle intercettazioni avrebbe dimenticato i delicatissimi pacchi durante la traversata. «Fortunatamente - ha sottolineato Lombardo - tre dei plichi sono totalmente integri, mentre un quarto risulta aperto ma il supporto sembra non esser stato toccato». Un episodio inquietante che - afferma il pm - «dimostra che quelle intercettazioni non sono ancora state trascritte nonostante l'incarico sia stato affidato mesi e mesi fa», ma dimostra anche il «rischio a cui è stato esposto questo processo. Quelle intercettazioni sono originali, se fossero state perse non ci sarebbe stato modo di recuperarle». La presidente Grasso, visibilmente allarmata, ha disposto l'immediata verifica dell'integrità del materiale. «È una cosa molto grave e molto seria su cui bisogna disporre tutti i necessari accertamenti» […]”.

[20] Art. 227, comma 4 Cpp. relazione peritale.1. Concluse le formalità di conferimento dell'incarico, il perito procede immediatamente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verbale.2. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice.3. Quando non ritiene di concedere il termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito; altrimenti fissa la data, non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici.4. Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai quesiti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi.5. Qualora sia indispensabile illustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autorizzato a presentare, nel termine stabilito a norma dei commi 3 e 4, relazione scritta.

[21] D.P.R. n. 115/2002 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia”) Art. 4 - Onorari commisurati al tempo.

Per le prestazioni non previste nelle tabelle e per le quali non sia applicabile l'articolo precedente gli onorari sono commisurati al tempo impiegato e vengono determinati in base alle vacazioni. La vacazione è di due ore. L'onorario per la prima vacazione è di € 5,16 (L.10.000) e per ciascuna delle successive è di € 2,58 (L.5.000).L'onorario per la vacazione può essere raddoppiato quando per il compimento delle operazioni è fissato un termine non superiore a cinque giorni; può essere aumentato fino alla metà quando è fissato un termine non superiore a quindici giorni. L'onorario per la vacazione non si divide che per metà; trascorsa un'ora e un quarto è dovuto interamente. Il giudice non può liquidare più di quattro vacazioni al giorno per ciascun incarico. Questa limitazione non si applica agli incarichi che vengono espletati alla presenza dell'autorità giudiziaria, per i quali deve farsi risultare dagli atti e dal verbale di udienza il numero delle vacazioni. Ai

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sensi e per gli effetti dell'articolo 455 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, il magistrato è tenuto, sotto la sua personale responsabilità, a calcolare il numero delle vacazioni da liquidare con rigoroso riferimento al numero delle ore che siano state strettamente necessarie per l'espletamento dell'incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della relazione o traduzione. Note: 1 Misure portate, rispettivamente, a L.18.000 e a L.10.000 dall'art. 1, D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352 e, successivamente rideterminate nella misura di L.24.732 per la prima vacazione e di L.13.740 per ciascuna delle vacazioni successive, dall'articolo unico, D.M. 5 dicembre 1997, e infine dal D.M. 30.05.2002 che prescrive: Gli onorari di cui all'art. 4 della legge 8 luglio 1980, n. 319, sono rideterminati nella misura di € 14,68 per la prima vacazione e di € 8,15 per ciascuna delle vacazioni successive.”

[22] Si veda anche il Decreto Ministeriale 30 Maggio 2002: “Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti, tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale”. Detto D.M., oltre ad aggiornare gli onorari di vacazione, rinnova e rivede le Tabelle degli onorari da riconoscere ai periti e consulenti nominati dall'autorità giudiziaria precedentemente previste dalla L. 8 luglio 1980 n° 319 e dal D.P.R. 14 novembre 1983, n. 820.

[23] Progressivo, seguito da un numero, è il termine utilizzato nel gergo giuridico investigativo per identificare un determinato reperto fonico.

[24]Con l’acronimo RIT si intende il numero identificativo del registro delle intercettazioni autorizzate dalla Procura e comprendente le singole captazioni per utenza telefonica o postazione ambientale o audio/video.

[25]Art. 228 comma 2 Cpp.

[26] Art. 230 Cpp, attività dei consulenti tecnici. 1. I consulenti tecnici possono assistere al conferimento dell'incarico al perito e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel verbale.2. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione.3. Se sono nominati dopo l'esaurimento delle operazioni peritali, i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia.4. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali).

[27] Art. 230, comma 3 Cpp.

[28] L’attività peritale in ambito penale è compendiata al Libro III Prove – Titolo II Mezzi di prova - Capo VI Perizia Cpp, artt. da 220 a 233.

[29]A. Paoloni, Le indagini foniche, Fondazione Ugo Boldoni, Roma: “[…] I compiti che un fonetico forense è chiamato a svolgere nell'ambito di un processo penale sono numerosi, tra questi il più frequente è relativo alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche o ambientali. Sempre in questo ambito vi è la trascrizione delle cosiddette “disputedutterances” ossia delle frasi di difficile comprensione per le quali vengono proposte dalle parti interpretazioni diverse [Paoloni 2006]. Altro tema molto significativo è quello dell'identificazione del parlante, che comprende, oltre al riconoscimento propriamente detto, anche la preparazione di un confronto all'americana tra più voci e, in assenza di un sospettato, la caratterizzazione del parlante anonimo. Altri compiti spesso richiesti sono il filtraggio del segnale vocale o comunque il miglioramento della qualità di un segnale degradato e la verifica dell’autenticità di un segnale per escludere che sia il risultato di una manipolazione. Infine

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segnaliamo il tema dell'analisi di un segnale audio per identificare quale sia la sorgente di un rumore o suono che intervenga nel corso di una registrazione. Questo elenco di compiti, alcuni certamente di competenza del linguista, altri più adatti ad un esperto di ingegneria del suono, non rappresentano certamente tutti gli incarichi che possono essere di volta in volta assegnati nell'ambito di questo la tematica [Hollien 1990]. Tra i compiti sopra elencati ci limiteremo, nel presente lavoro, ad alcuni cenni sul problema della trascrizione delle intercettazioni per approfondire il tema della identificazione del parlante[Braun 1995]. Riteniamo utile rappresentare che l'elenco delle richieste appena presentato non fa altro che dettagliare quello che la Corte in generale chiede quando una registrazione sonora è al centro di un dibattito processuale. La Corte infatti chiede: che venga esclusa ogni possibile manipolazione del segnale; che ne venga trascritto correttamente il contenuto, mettendo in chiaro eventuali termini gergali o dialettali ed eventuali frasi in lingua diversa dall'italiano; che vengano identificate le voci dei parlanti; che siano identificati i singoli suoni che via via si ascoltano; ecc. Ciascuno dei precedenti punti di interesse della Corte richiede un lavoro non semplice, a volte impossibile da svolgere con sufficiente attendibilità. Le difficoltà dell'esperto incontra nel rispondere alle richieste della Corte sono nella maggior parte dei casi dovuti alla scarsa qualità del materiale all'audio reso disponibile. Per lo più le intercettazioni sono relative a comunicazioni tra telefoni cellulari, che fanno uso di una codifica (GSM) a tasso variabile con caratteristiche di banda passante e dinamica molto limitate, inferiori nettamente a quelle della telefonia fissa (cosiddetta terrestre). Un'altra importante percentuale di segnali intercettati, oltre a essere trasmessi con la stessa codifica GSM, provengono da intercettazioni ambientali, dove l'aleatorietà della distanza tra la sorgente e microfono e la presenza di numerosi rumori di fondo, origina una qualità ancora inferiore a quella ottenibile nella situazione precedente e spesso tale da non consentire non solo la corretta identificazione delle voci e dei suoni, ma addirittura la corretta comprensione delle parole dando origine a dispute giustificate sulla trascrizione del segnale reso disponibile. Riteniamo che da questa premessa sia possibile comprendere quanto sia arduo il compito di chi voglia rispondere, almeno in parte, a quelle che sono le esigenze manifestate dai Magistrati […]”.

[30]www.acsss.it, Nuove indagini computerizzate sulle voci paranormali, di D. GULLA’ e G. LENZI : “[…] La metodologia di riconoscimento di un parlatore, o meglio, il confronto tra una voce ignota (solitamente d’origine telefonica o da intercettazione ambientale) e la voce di un parlatore noto, anch’essa acquisita tramite una registrazione, nacque nel 1937, relativamente al procedimento contro il presunto sequestratore del figlio del trasvolatore atlantico Lindberg: era condotta, al tempo, mediante la sola prova uditiva. Successivamente, mediante il prelievo del cosiddetto Saggio Fonico, fu introdotto il metodo di L. Kersta, del 1962, con successive evoluzioni, consistente nell'analizzare una traccia grafica, detta sonagramma, eseguita da apparecchi quale il Sonagraph della ditta KAY Elemetrics, o analoghe metodologie di analisi implementate su calcolatore con scheda di acquisizione, come utilizzate nella perizia in questione. La traccia rappresenta un grafico tridimensionale riportante nell'ascissa (asse orizzontale) il tempo, nell'ordinata (asse verticale) la frequenza, e come terza dimensione, rappresentata come maggiore o minore annerimento della carta, l'energia su scala logaritmica del segnale contenuto entro una banda di frequenza pari a 300 Hz, centrata sulla frequenza indicata dall'ordinata ( atti del XV° Convegno Internazionale del “MOVIMENTO DELLA SPERANZA”!, Cattolica, 21 - 23 Settembre 2001).[…]”.

[31] R. Simone, La terza fase, Editore Laterza, Bari (2000), pag. 15: “[…] nella scrittura, ben più che nel parlato, si intrecciano abilità di basso e di alto livello. Chi scrive deve controllare, ad esempio l’ortografia, gli accordi tra le parole, la punteggiatura, e una varietà di altri aspetti di dettaglio, che contribuiscono molto a fare di un testo scritto un testo di buona qualità. Ad un livello più alto deve controllare dimensioni più astratte e elaborate, come la scelta degli argomenti, il loro montaggio, la lingua con cui esprimerli, e così via. L’aspetto incomodo di questa distinzione è che normalmente le abilità di basso livello interferiscono sulle altre, disturbandole e facendo da barriera alla piena padronanza di quelle ad alto livello, e impiegando l’attenzione dello scrivente in modo esclusivo[…]”.

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[32]B. Mortara Garavelli, Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici italiani, Editore Einaudi, Torino ( 2001), pag. 429: “[…]Per discorso riportato si intendono i vari modi [discorso diretto; discorso indiretto; discorso, o stile, indiretto libero, detto anche semi-indiretto; discorso semi-diretto, propri odi stili informali o negligenti; discorso diretto libero, prevalentemente letterario] in cui si possono citare enunciati prodotti o da produrre in un atto di enunciazione diverso da quello che dà luogo alla citazione. Qualificazioni equivalenti a riportato sono, riferito, citato, riprodotto; tutte devono essere intese come neutre rispetto ai modi della citazione/riproduzione. La riproduzione o rappresentazione di un discorso è un evento linguistico distinto dalla produzione originale del medesimo[…]”.

[33] P. Bellucci, A onor del vero. Fondamenti di linguistica giudiziaria, Editore UTET, Torino (2002), pag. 106: “[…] il verbalizzante si trova a dover compiere operazioni complesse, quasi sempre con competenze linguistiche inadeguate. Si comprende bene, allora come e perché quell’italiano burocratico formulaico – così ridicolo e fuorviante agli occhi di chi è linguisticamente abile – diventi l’unica àncora disponibile per chi abile non è, per chi non possiede <<un uso ricco e vario della lingua, per chi scelte non ha per superare il proprio parlato popolare e regionale ( e talvolta anche una marcata abitudine alla dialettofonia), per chi non ha avuto una sicura e prolungata educazione alla lingua scritta[…]”.

[34]A. Paoloni, D. Zavattaro, Intercettazioni telefoniche e ambientali, Centro Scientifico Editore, Torino (2007), pag. 138: “[…] Un altro fattore che pone l’ennesima difficoltà al trascrittore è il problema dell’interpretazione, comprensione ed eventuale traduzione della produzione di parlanti dialettofoni e gergali […]”.

[35] Ibidem: “[…] Il trascrittore ideale dovrebbe possedere nel proprio bagaglio culturale, oltre ovviamente a un buon udito e una specifica esperienza in questo compito, conoscenze relative a: […] il modo di parlare, ovvero lo specifico idioma delle persone di cui si sta trascrivendo la conversazione […] Per conoscere da vicino il gergo –intendendo con questo termine il particolare idioletto utilizzato dai parlanti di cui si opera la verbalizzazione – si dovrebbe far parte dello stesso ambito linguistico, anche se ciò non sarebbe comunque sufficiente a garantire la conoscenza fonetica e le modalità di trasposizione adeguate […]”.

[36] Secondo G. Berruto si intendono item linguistici “i singoli pezzetti di linguaggio ai quali alcune asserzioni sociolinguistiche debbono far riferimento, quando non sono più possibili asserzioni globali”.

[37] D. Hymes, Verso un’etnografia della comunicazione: l’analisi degli eventi comunicativi, in P. Giglioli, Linguaggio e società, Editore il Mulino Bologna (1972), pag. 65.

[38]G.Rohlfs, Studi e ricerche su lingue e dialetti d’Italia, Firenze (1972); J. C. Eustace, Classical tour throughItaly, Vol. III, London, (1814); D. Rodà, La lingua mozzata . Gli ultimi grecanici della vallata dell’Amendolea, Keleidon Editore, Reggio Calabria (2006); E. Lear , Diario di un viaggio a piedi: Reggio Calabria e la sua provincia, Parallelo 38 (1973); C. Lombroso, Tre mesi in Calabria, in “Rivista contemporanea”(1863), pag. 11.

[39] G. Berruto, Fondamenti di sociolinguistica, Editori Laterza, Roma (2003), pag.170.

[40]Ibidem.

[41]Ibidem.

[42] Il dialetto è la lingua parlata all’interno del modello giuridico normativo e regola le interazioni tra gli amministrati del pianeta ‘ndrangheta.

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[43] Il dialetto è il modello linguistico adoperato nell’istruzione degli associati e di quanti orbitano nel sistema a vario titolo.

[44] Le espressioni dialettali e gergali sono dettagli tecnici, spesso di difficile esplicitazione semantica nella lingua italiana.

[45] L’internazionalizzazione del modello ‘ndrangheta, tra contesti globali e glocali, trova esplicitazione nelle tantissime risultanze processuali.

[46]Cass. Pen., 1 sez., 24 aprile 1982, n. 805. Pres. Fasani, est. Picininni; Cass. Pen., 1 sez., 19 luglio 1988, n. 8193. Pres. Carnevale, est. Serianni.

[47] Cfr. atti del convegno “Utilizzabilità dell’intercettazione per la trascrizione del parlato”, cit.

[48] P. Bellucci, A onor del vero. Fondamenti di linguistica giudiziaria, cit., pag. 65: “[...] Un fondato garantismo esige […] (che l’operazione di trascrizione) si configuri come riproduzione, il più fedele possibile, di « ciò che viene detto/fatto » e sia tesa ad assicurare che l’interpretazione resti di competenza degli operatori del diritto, e non di chi ricava dalla registrazione sonora un testo scritto. Il prodotto finale non deve essere un esempio di bello scrivere bensì uno strumento di accertamento della verità e il perseguimento di questo obiettivo implica competenze alte e varie. L’onestà è un prerequisito, ma da sola in questo caso porta poco lontano. Le operazioni di sbobinatura e trasformazione del ‘parlato’ in ‘scritto’ sono tecnicamente complesse e tutt’altro che neutre, come i linguisti vanno dimostrando da anni, senza però riuscire a far penetrare, e radicare, i loro risultati nella cultura diffusa. Queste difficoltà sono reali perfino quando il parlato è chiaro e la registrazione buona – come sa chiunque abbia provato a sbobinare una conversazione – e crescono in modo esponenziale con l’ingresso di variabili di disturbo o di complicazione (pur escludendo a priori ogni intento di manipolazione).

[49]Sociologia della comunicazione quale strumento d’indagine”, cit.:”[…] Ciò in quanto la situazione comunicativa viene spesso acquisita in forma esclusivamente dialettale, con frequenti code swiching, salti linguistici, cambi d’argomento, sott’intesi ed espressioni gergali. La sua documentazione, a prescindere da possibili precisazioni extralinguistiche sulla cinesica, mimica e postura, non trova, solitamente, adeguata rappresentazione paraverbale, in quanto difficilmente la trasposizione, dal parlato allo scritto, di una conversazione di interesse giudiziario reca anche dettagli di tipo prosodico, come l’enfasi, le pause, il ritmo, l’intonazione, o ancora quei microtremori significativi di una situazione di distress tra i conversanti […]”.

[50] International Phonetic Alphabet.

[51]Ibidem.

[52] Ad esempio: ore 13.42 il parlante “A” con timbro di voce elevato intimorisce il parlante “B” profferendo: “ se parli ti finisce male”.

[53]www.helenfraser.com.au, pubblicazioni di Helen Fraser: manuscript. Teaching teachers to teach /r/ and /l/ to Japanese learners of English: An integrated approach; Fraser, Helen. 2011. Speaking and listening in the multicultural university: A reflective case study. Journal of Academic Language and Learning. 5(1) A110-128; Fraser, Helen. 2011. Phonetics and phonology. In Routledge Handbook of Applied Linguistics, ed. James Simpson. New York: Routledge; Fraser, Helen. in press. Speaking of speech: Developing metalanguage for effective communication about pronunciation between English language teachers and learners. In Proceedings of the International Conference on English

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Pronunciation: Issues and Practices, Chambéry, France 3–5 June 2009, ed. Alice Henderson. Chambéry: Université de Savoie; Fraser, Helen. 2010. Teaching suprasegmentals like the stars. Speak Out! (IATEFL) 43; Fraser, Helen. 2010. Transcripts in the legal system. In Expert Evidence (Chapter 100), eds. Ian Freckelton and Hugh Selby. Sydney: Thomson Reuters; Fraser, Helen. 2010. Cognitive Phonology as a tool for teaching pronunciation. In Fostering Language Teaching Efficiency through Cognitive Linguistics, eds. Sabine De Knop, Frank Boers and Teun De Rycker. Berlin: Mouton de Gruyter; Fraser, Helen. 2009. The role of 'educated native speakers' in providing language analysis for the determination of the origin of asylum seekers. International Journal of Speech Language and the Law 16:113-138; Fraser, Helen, and Andrea Schalley. 2009. Communicating about communication: Intercultural communication as a factor in interdiscplinary collaboration. Australian Journal of LInguistics (part of a special issue on Conceptualising Communication) 29:135-155; Fraser, Helen. 2009. Pronunciation as categorization: The role of contrast in teaching English /r/ and /l/. In Studies in Applied Linguistics and Language Learning, eds. AhmarMahboob and Caroline Lipovsky, 289-306. Newcastle upon Tyne: Cambridge Scholars Publishing; Buckland, Corinne, and Helen Fraser. 2008. Phonological literacy for teachers: Preparing teachers for the challenge of a balanced approach to literacy education. Australian Journal of Language and Literacy 31:59-73; Fraser, Helen. 2008. Pronouncing on the right side of the brain. Teacher Trainer Journal 22; Fraser, Helen. 2007. Categories and Concepts in Phonology: Theory and Practice. In Mental States. Vol.2: Language and Cognitive Structure (Papers from the International Language and Cognition Conference Sept 2004), eds. Andrea Schalley and Drew Khlentzos. Amsterdam: Benjamins; Fraser, Helen. 2006. Phonological Concepts and Concept Formation: Metatheory, Theory and Application. International Journal of English Studies 6:55-75; Fraser, Helen. 2006. Helping teachers help students with pronunciation. Prospect: A journal of Australian TESOL 21:80-94; Hannam, Rachel, Helen Fraser, and Brian Byrne. 2006. The sbelling of sdops: Preliterate Children's Spelling of Stops After /s/. Reading and Writing: An Interdisciplinary Journal; Fraser, Helen. 2004. Constraining abstractness: Phonological representation in the light of color terms. Cognitive Linguistics 15:239-288; Fraser, Helen. 2003. Issues in Transcription: Factors affecting the reliability of transcripts as evidence in legal cases. International Journal of Speech Language and the Law 10:203-226; Fraser, Helen. 2004. Teaching Pronunciation: A guide for teachers of English as a second language (CD-ROM, updated). Canberra: Commonwealth of Australia, Department of Education Training and Youth Affairs.Available from the authorFraser, Helen. 2001. Teaching Pronunciation: A handbook for teachers and trainers. Sydney: TAFE NSW Access Division; Fraser, Helen. 2000. Tips for teaching pronunciation: Recording students' voices. ATESOL Journal (Canberra, ACT); Fraser, Helen. 2000. Coordinating improvements in pronunciation teaching for adult learners of English as a second language. Canberra: Commonwealth of Australia, Department of Education Training and Youth Affairs (Available from the author); Fraser, Helen. 1997. Dictionary pronunciation guides for English. International Journal of Lexicography 10:181-208; Fraser, Helen. 1996. Guy-dance with pro-nun-see-ay-shun. English Today 12:28-37; Fraser, H. 1996. Identifying Taped Voices – What phonetic science can and can't do. Policing Issues and Practices Journal 4:39-43; Fraser, Helen. 1992. The Subject of Speech Perception: An analysis of the philosophical foundations of the information-processing model of cognition. (Chapter 3) London: Macmillan.

[54] Fonte: atti del convegno “Utilizzabilità dell’intercettazione per la trascrizione del parlato”, Camera Penale di Roma, intervento di Andrea Paoloni, cit.

[55]Fonte: ibidem

[56] Art. 220 c.p.p.

[57] Cassazione, Sez. IV, 28 settembre 2004, n. 47891, Mauro, rv 230569 - Sez. I, 13 luglio 1995, n. 9820, Pappalardo, rv 202464.

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[58] Cassazione, Sez.VI, 26 novembre 2002, Brozzu, rv 226148.

[59] G. Berruto, Corso elementare di linguistica generale, UTET Editore, Torino (1997), pag. 84.

[60] Art. 221 c.p.p.

[61] A. Paoloni, Le indagini foniche, cit.

[62] Cetrioli.

[63] Tritolo.

[64] www.ilpost.it, Il caso delle intercettazioni sbagliate a Pavia. La difesa ha dimostrato la scorrettezza di una serie di trascrizioni degli audio che avevano portato all'accusa di corruzione elettorale, pubblicato il 15 novembre 2011: “[…]Luigi Ferrarella racconta sul Corriere della Sera di oggi la storia di un supposto caso di corruzione elettorale a Pavia, falsato da diversi errori nelle trascrizioni delle intercettazioni, dove «ho contato i suoi voti» è diventato «ho comprato i suoi voti», per esempio. L’innocua frase «adesso chiamo Luca Tronconi» è diventata, chissà come, «rischiamo un po’ troppo» . E sempre nella trascrizione delle intercettazioni fatta dal perito del Tribunale di Pavia su un caso di supposta corruzione elettorale di ‘ndrangheta, «ho contato i suoi voti» è stato malinteso in un ben più compromettente «ho comprato i due voti». L’aplomb dei giudici le chiama «qualche differenza di non poco conto tra quanto riportato dal perito del Tribunale e quanto sostenuto dal consulente della difesa»: «discrepanze» risolte dai giudici Beretta-Riganti-Balduzzi solo con l’«ascolto diretto» dell’audio, fino a concludere che «l’interpretazione decisamente più corretta» è «quella della difesa». E ora con questo motivano, oltre che con un mancato accertamento anagrafico da parte degli inquirenti, l’assoluzione il 12 ottobre dall’accusa di voto di scambio dell’ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia, Carlo Chiriaco, e dell’ex assessore comunale Pdl al Commercio, Pietro Trivi, nel blitz «Infinito» istruito nel 2010 dal procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini e dai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari. Mentre a Milano è in corso il processo principale a Chiriaco per concorso esterno in associazione mafiosa, a Pavia la Dda milanese chiedeva 2 anni per lui e Trivi accusati d’aver dato 2.000 euro il 20 maggio 2009 a un infermiere e sindacalista dell’ospedale San Matteo «per ottenere il suo voto e quello di altri soggetti non identificati» nelle comunali a Pavia del giugno 2009», con l’aggravante d’aver con ciò favorito la ‘ndrangheta. I due replicavano d’aver solo finanziato un attivista per la campagna elettorale, e l’infermiere (pur spiegando d’aver fatto un po’ la cresta) lo confermava […]”.

[65] www.archiviostorico.corriere.it, Intercettazioni sbagliate La Cassazione non assolve gli agenti, di Luigi Ferrarella, pubblicato il 5 giugno 2012, Corriere della Sera, pag. 25: “[…]Il processo Le trascrizioni nel 2005 portarono all' arresto di un giudice di Messina poi risultato innocente.MILANO - È illogico dichiarare il non luogo a procedere nei confronti di 5 poliziotti e un perito fonico nel presupposto che «una allucinazione acustica collettiva» abbia potuto coinvolgere 6 persone su un' intercettazione che dura mezz' ora: la Cassazione annulla la sentenza con la quale il Tribunale di Lecco il 14 luglio 2011 ha sposato la tesi del «miraggio» acustico e quindi prosciolto un vicequestore, 4 agenti della Dia di Messina e un perito della Procura generale di Reggio Calabria che nel 2005 e 2006, nel trascrivere conversazioni captate al bar Grillo di Messina il 23 luglio 2001 e nello studio di un commercialista, attestarono dettagliati contenuti (su traffici di armi, procedure fallimentari «aggiustate» e persino l' omicidio del docente universitario Matteo Bottari) che determinarono l' arresto di costruttori, di un sottosegretario al Tesoro e anche di un presidente di sezione del Tribunale civile di Messina, Giuseppe Savoca. L' asserito contenuto delle intercettazioni si era però poi rivelato talmente fantasioso da imporre, nel prosieguo della maxi-inchiesta «Gioco d' azzardo», subito l' archiviazione di quasi tutti gli indagati, compreso il magistrato reintegrato in servizio e risarcito con 250.000 euro per due mesi di ingiusta detenzione ai domiciliari. Savoca, rimarcando l' abissale

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differenza tra ciò che (non) si sente e ciò che risulta trascritto, denunciò agenti e perito per falso ideologico e calunnia. Ma nel 2011 il giudice lecchese Gianmarco De Vincenzi ritenne di non ordinare il processo perché, in assenza di dati per pensare a «un complotto» tra pm-poliziotti-periti, «l' assoluta inintelligibilità e complessiva aleatorietà del materiale acustico» non significa a suo avviso che «rumori, fonemi e brandelli estrapolabili dalla registrazione possono essere classificati come radicalmente non udibili», ma solo che sono «aperti a percezioni di carattere comprensibilmente soggettivo» nel quadro di «una relatività interpretativa». Ora però la sesta sezione della Cassazione (presidente Agrò, relatore Aprile) giudica «inaccettabile la coincidenza di una "allucinazione acustica collettiva" riguardante ben 6 persone», e «illogico» che il gup sorvoli sul fatto che di un «materiale sonoro intrascrivibile» gli indagati abbiano «al contrario stilato una lunga e articolata trascrizione zeppa di nomi, cognomi, luoghi e riferimenti a reati gravissimi», persino «attribuendo ciascuna frase a singoli dialoganti». L' udienza preliminare dovrà essere rifatta […]”.

[66] G. Berruto, Corso elementare di linguistica generale, cit. pag. 43.

[67] Peppe Mazzaferro.

[68] Quello.

[69] P. Corbetta, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino editore, Bologna (1999).

[70] Cioè forte rumore, clamore.

[71] Si tratta dell’appellativo con cui vengono indicati i componenti della cosca “Romeo la Minore” di San Luca-Bovalino.

[72] Un ceppo criminale di Platì, facente capo alla famiglia Barbaro.

[73] Un secondo ceppo criminale dei platioti aventi lo stesso cognome del precedente.

[74] I sodali di Giuseppe Morabito della cosca di Africo.

[75] I componenti della ‘ndrina dei Labate del quartiere Gebbione a Reggio Calabria.

[76] La famiglia mafiosa degli Ierinò di Gioiosa Jonica.

[77]Zema Carmelo,

[78] Lombardo Giuseppe,

[79] La famiglia Caridi del quartiere San Giorgio Extra di Reggio Calabria.

[80] Armato.

[81] Pistola.

[82] Il coltello a serramanico.

[83] Decreto nr. 4259/09 R.G.D.D.A. e nr. 1615/09 R.I.T.D.D.A., Procura della Repubblica di Palmi, trascrizione del perito incaricato dal Tribunale.

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[84] A. Gaito, A. Bargi, Codice di Procedura Penale annotato con la giurisprudenza, cit. pag. 820: “[…]qualora a seguito di intercettazione di comunicazione tra presenti venga disposta perizia con cui siano trascritte le comunicazioni intercettate e registrate e qualora il perito sia stato nella disponibilità dei brogliacci delle intercettazioni redatti dalla polizia giudiziaria ex art. 268 Cpp che non avrebbero dovuto essere allegati al fascicolo dibattimentale, è da escludere, in mancanza di previsione normativa, l’inutilizzabilità della detta perizia ovvero l’irritualità della stessa, se da nessun elemento del processo è dato dedurre che il perito sia stato fuorviato dalla conoscenza dei brogliacci. (Cass. Pen., Sez. I, 23.3.94, Pulito, GP, 1996, III, 363) […]”.

[85] Si rammenta, ancora una volta, che per una parte della giurisprudenza sono utilizzabili per la decisione le trascrizioni delle conversazioni effettuate dalla polizia giudiziaria (Cassazione, Sez. IV, 28 settembre 2004, n. 47891, Mauro, rv 230569 - Sez. I, 13 luglio 1995, n. 9820, Pappalardo, rv 202464) e che altro orientamento giurisprudenziale attribuisce anche ai brogliacci l’utilizzabilità per la decisione (Cassazione, Sez.VI, 26 novembre 2002, Brozzu, rv 226148).

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