Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale” · rattere indicativo... era stato...

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Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale” di Guido Farris e Paola Roseo Maiolica Piatto reale (diametro cm 45). La decorazione nello stile “a tappezzeria” ha nel cavetto la rappresentazione del tema Allegoria della musica ed è stata eseguita da Bartolomeo Guidobono nel periodo dal 1669 al 1671. Collezione privata, Genova.

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Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale”di Guido Farris e Paola Roseo

Maiolica

Piatto reale (diametro cm 45).

La decorazione nello stile “a tappezzeria”

ha nel cavetto la rappresentazione

del tema Allegoria della musicaed è stata eseguita da Bartolomeo

Guidobono nel periodo dal 1669

al 1671. Collezione privata, Genova.

Maiolica 49

Si tratta di un “piatto reale” (diam. cm

45) di fabbrica savonese (ha la marca

dello stemma di Savona sul fondello)

che presenta una decorazione nella

quale si colgono importanti partico-

lari di eccezionale valore artistico e di

inconsueta bellezza. È purtroppo an-

dato incontro ad una rottura che lo ha

ridotto in quattordici frammenti e ri-

sulta essere stato ricomposto in mo-

do discretamente corretto. Non è pe-

rò andato perduto alcun pezzo e per

fortuna le linee di frattura hanno in-

teressato la decorazione in modo

trascurabile.

Dalle ricerche fino ad ora effettuate non

abbiamo trovato alcuna notizia del piat-

to che ha attirato la nostra attenzione.

È verosimile pensare che lo stato di

frammentazione ed uno sfortunatissi-

mo difetto di cottura che, pur essendo

di pochi millimetri, è andato a detur-

pare proprio il volto di uno dei perso-

naggi, siano stati di ostacolo all’interesse

di un approfondito esame. Ed è però

curioso che nessuno studioso di cera-

mica ligure abbia mai avuto l’oppor-

tunità di osservarlo perché siamo cer-

ti avrebbe sentito la necessità di sotto-

linearne il livello della qualità pittori-

ca, livello non facilmente constatabile

nella moltitudine di prodotti ceramici

savonesi del XVII secolo, decorati so-

litamente da quei mediocri copiatori,

come risulta fossero piuttosto fre-

quentemente i “pittori di bottega”.

In realtà non sono molti i nomi di pit-

tori illustri che possiamo elencare tra

i decoratori della maiolica savonese.

Questo fatto viene a giustificare il sug-

gerimento di approfondire l’osserva-

zione quando si constatino elevate

qualità decorative come sono quelle

che abbiamo scoperto nel nostro

“piatto reale” frantumato.

È pressocché superfluo ricordare co-

me sia impossibile stabilire una qual-

che paternità esecutiva quando lo si vo-

glia fare per maioliche liguri decorate

nello stile “calligrafico naturalistico”,

dato che le elaborazioni basate sugli

schemi orientali non concedevano

mai uno spazio sufficiente per riusci-

re ad esporre in modo personale i va-

lori decorativi. È quando la decora-

zione diventa rappresentazione de-

scrittiva, mostrando l’accettazione dei

modi dell’ “istoriato” - il raccontare -

e del suo insegnamento e si giunge al-

lo stile “a scenografìa barocca” ed al-

la sua affermazione, cioè quando com-

paiono rappresentazioni di personag-

gi e di paesaggi, che diventa possibile

per il pittore esprimersi con una gran-

de libertà ed evidenziare così il proprio

modo di ricopiare una stampa o di ve-

dere ed interpretare la realtà.

Ma anche nello stile “a tappezzeria”

possiamo trovare - con limiti che non

eccedono quasi mai lo spazio del ca-

vetto - rappresentazioni di personag-

gi isolati o raggruppati e di scenette che

sarebbero stati in maggiore coerenza

con la “scenografìa barocca” e che in-

ducono quindi a pensare a commi-

stioni stilistiche di probabile signifi-

cato transizionale.

Il “piatto reale” sul quale abbiamo sof-

fermato la nostra attenzione è proprio

da annoverare - per i prodotti savo-

nesi in maiolica attribuibili allo stile “a

tappezzeria”- tra quelli che non han-

no voluto rinunciare a “raccontarci”,

con una bella scenetta animata da quat-

tro figure, il piacere di eseguire o di

ascoltare una gradevole composizio-

ne musicale.

Nel rispetto della tradizione, la scenetta

occupa il cavetto e mostra al centro una

figura femminile seduta che suona il vio-

lino1, ha alla sua sinistra un putto ala-

to ed è accostata, alla sua destra, ad una

figura maschile seduta - quella con il

volto deturpato dal difetto di cottura -

che suona una lunga tromba2.

Alla destra di questo gruppetto si tro-

va, a breve distanza, un putto nudo se-

duto che ha sulla spalla sinistra un in-

dumento svolazzante e suona anch’e-

gli una tromba di foggia affine alla pre-

cedente; occupa una zona che si trova

un po’ al di là di quella spettante al ca-

vetto (che non fruisce però di alcuna

cornice delimitante) giungendo quasi

ad invadere le proprietà dell’ingiro.

La disseminazione di piccole raffigu-

razioni - quelle proprie dello stile “a

tappezzeria” - risulta molto genero-

Casualmente venuto alla nostra osservazione,

un grande piatto di maiolica decorato in monocromia blu

ha rivelato qualità tali da richiamare una particolare attenzione

ed ha sollecitato la messa in opera di un idoneo approfondimento

storico ed estetico.

La marca “Stemma di Savona”

sul fondello del Piatto reale.

50 Maiolica

sa e prova ad occupare con appros-

simata simmetria molta parte della su-

perficie. La partecipazione maggio-

re è costituita da piccoli cespi foglia-

ti o felciformi che ricordano i modelli

delle porcellane Wanli, ma non sono

tralasciate le piccole corolle o le pre-

sumibili farfalle.

Nello spazio che è alla sinistra e al di

sopra della coppia di suonatori si tro-

vano massicce costruzioni con soli-

de mura e altre costruzioni, con le

stesse caratteristiche di solidità, sono

presenti sulla tesa ai due lati ed al di

sotto del cavetto. Sia il cavetto che la

tesa fruiscono - nella loro parte su-

periore - di sei schematiche nuvolet-

te globulari, quelle che caratterizza-

no lo stile “a tappezzeria”.

Dall’osservazione da noi compiuta ci

è parso di dover sottolineare: un ar-

monioso ed elegante progetto deco-

rativo ed una sua attenta stesura, una

diligente esecuzione di tutti gli ele-

menti compositivi non esclusi quelli

che - avendo solo funzioni riempiti-

ve - avrebbero potuto essere conside-

rati di minore importanza, una seve-

ra attenzione anche per quegli elementi

che, come i complessi di costruzioni,

hanno sempre un ruolo di secondo

piano, una corretta posizione del

tronco e degli arti per tutte quattro le

figure rappresentate (figure che risul-

tano ritratte in atteggiamenti diversi e

di grande spontaneità), un disegno che

attribuisce alla testa ed al viso dei tre

personaggi (escludiamo ovviamente

quello deformato dal difetto di cot-

tura) una notevole bellezza ed una

gradevole espressione.

Una decorazione di notevole corret-

tezza e di elevata qualità, dunque, che

conferiva al manufatto indiscutibili va-

lori nettamente differenziabili dalla

produzione ceramica corrente e sug-

geriva la necessità di ricercare l’arti-

sta al quale attribuirla.

Ne conseguiva evidentemente l’ob-

bligo di ricorrere al maggior numero

possibile di confronti nel tentativo di

trovare analogie sufficienti ad avva-

lorare una qualche ipotesi attributiva.

Numerosi elementi suggerivano di

Nella parte centrale

del cavetto vi è una figura

femminile che suona il

violino; alla sua destra una

figura maschile che suona

una lunga tromba e alla sua

sinistra un putto alato.

Particolare con la suonatrice

di violino.

Staccato dal gruppo e seduto

alla sua destra il putto che

suona la tromba.

51Maiolica

condurre la ricerca soprattutto nel-

l’ambito dei pittori, ma non poteva-

mo contare questa volta sul prezioso

aiuto di rappresentazioni di significa-

to laudativo od ammirativo o di bla-

soni araldici che riportassero ad un

qualche straordinario evento e potes-

sero quindi fornire elementi informa-

tivi per la datazione3.

Quello che stavamo osservando era

solo un manufatto in maiolica di buon

censo mercantile in quanto apparte-

nente alla categoria “piatti reali” ma

niente di più, non possedeva alcun ca-

rattere indicativo... era stato com-

mercializzato nonostante fosse por-

tatore di un difetto di cottura, proba-

bilmente però come prodotto di se-

conda qualità.

Sicché l’unico ausilio sul quale si po-

tesse fare affidamento per riuscire a

formulare ipotesi attributive era pro-

prio quello che avrebbe potuto pro-

venire dalla scoperta di analogie esi-

stenti nel modo di eseguire le singole

raffigurazioni o i loro dettagli.

L’esistenza di possibili confronti è sta-

ta cercata esplorando disegni, incisio-

ni, dipinti, affreschi e decorazioni su

maiolica del XVII secolo. Tralascian-

do ovviamente di riportare una lunga

ed inutile elencazione di analogie

dubbie, diciamo subito che una delle

possibilità di confronto è quella che ci

è stata offerta dall’osservazione delle

decorazioni policrome che si trovano

sui piatti in maiolica del servizio che

esibisce lo scudo araldico di Ludovi-

co Emmanuel Fernandez de Porto-

carrero timbrato da cappello di dignità

gerarchica cattolica4.

Osservando gli esemplari di questo

corredo ci è parso fosse possibile pra-

ticare confronti: con la capacità di il-

lustrare volti dall’aspetto molto gra-

devole e con una espressione molto

personalizzata, con una accentuazio-

ne piuttosto marcata dei segni che ri-

traggono le componenti fisionomiche

- occhi, naso, bocca -, con un ciuffo

di capelli che occupa la regione fron-

tale o fronte-parietale e che si muove

in coerenza con i movimenti del ca-

po o lasciando presumere l’effetto di

un soffio di vento, con atteggiamenti

posturali che espongono con fre-

quenza una torsione del tronco, con

una armoniosa gestualità degli arti su-

periori, con la linea delle massicce co-

struzioni presenti in secondo piano.

La decorazione dei piatti appartenen-

ti al servizio del cardinale de Porto-

carrero, che sono privi di qualsiasi

marca, è stata attribuita da tempo5 a

Bartolomeo Guidobono proponen-

done una collocazione cronologica tra

il 1680 ed il 1690. Ora possiamo gio-

varci però di una importante infor-

mazione di cui non disponevamo nel

1992 quando formulammo questa

proposta e cioè che il cardinale de Por-

tocarrero si era trovato a Savona l’11

aprile 1670 e che potrebbe in quel-

l’occasione avere “...osservato la la-vorazione della maiolica...” 6. Si trat-

ta di un dato di grande valore e ci ram-

marichiamo di non averlo conosciu-

to al momento dell’attribuzione a Bar-

tolomeo Guidobono.

È verosimile che il cardinale possa aver

deciso di entrare sollecitamente in pos-

sesso di un servizio in maiolica savo-

nese che portasse le sue insegne aral-

diche e ne abbia chiesto l’esecuzione

al momento del suo breve soggiorno

savonese nel quartiere delle officine ce-

ramiche, ma nulla ci vieta ovviamen-

te di pensare che la committenza non

possa essere stata fatta in un periodo

precedente alla sua sosta savonese dell’

11 aprile 1670.

Ci sembra importante ricordare che

Bartolomeo Guidobono nel 1670

aveva soltanto sedici anni e ne con-

segue che, se può essere accettata la

possibilità che abbia eseguito la de-

corazione del servizio commissiona-

to dal cardinale, ci troviamo di fron-

te ad uno stupendo esempio, diffi-

cilmente eguagliabile, di pittura su

maiolica che deve essere annoverato

tra i capolavori dell’arte ceramica sa-

vonese ma eseguito in età eccezio-

nalmente giovanile.

Per molte delle analogie che abbiamo

creduto di sottolineare tra il piatto rea-

le con i musicanti ed i piatti del car-

dinale di Portocarrero, abbiamo tro-

Uno dei piatti con le armi del cardinale

Ludovico Emmanuel Fernandez

de Portocarrero, attribuito

a Bartolomeo Guidobono.

52 Maiolica

vato conferme piuttosto convincenti

anche in decorazioni su maioliche che

Bartolomeo ha poi eseguito nel 16807

e nel 16838 così come in affreschi del

16909 e in disegni del 169910.

Ma riteniamo qui necessario richiamare

l’attenzione su qualche particolare det-

taglio della decorazione presente sul

piatto reale frantumato dopo averlo sot-

toposto ad un esame particolarmente

attento e prolungato con l’ausilio di

strumenti di ingrandimento. Ci è par-

so di notevole interesse il fatto di aver

colto qualche piccola incertezza ese-

cutiva nella rappresentazione delle

estremità delle figure e nella loro par-

tecipazione gestuale. Le mani ed i pie-

di sono utilizzabili come elemento di

riferimento in tutte le esecuzioni di Bar-

tolomeo e rappresentano nel suo lavoro

solo un dettaglio compiuto che si tro-

va in silente armonia con le restanti par-

ti della figura.

Nel caso dei musicanti e dei putti che

vedevamo sul piatto reale avevano ca-

ratteri sufficienti per esprimere un lie-

vissimo accento dissonante che era so-

prattutto percettibile se lo si con-

frontava con la stupenda ed irrepren-

sibile espressione dei volti (vedasi in

particolare quello della violinista).

Non ci sembra sufficientemente rile-

vante questa incoerenza per influenzare

la nostra proposta di attribuire a Bar-

tolomeo Guidobono l’esecuzione del-

la decorazione del piatto reale, ma è

certamente importante che se ne deb-

ba tenere conto ai fini della datazione.

È possibile infatti che qualche lieve in-

certezza esecutiva debba essere messa

in rapporto con il fatto che l’artista non

fosse ancora in possesso di una ma-

nualità ripetitiva così elevata da poter

contare su una completa spontaneità

e su una indifferente sicurezza del se-

gno. Veniamo quindi a trovarci anche

per questa ragione nella necessità di in-

terpretare l’esemplare decorativo di

Bartolomeo come un lavoro eseguito

in età molto giovanile e forse un po-

co precedente a quello dei piattini del

cardinale di Portocarrero. Proponiamo

che l’esecuzione possa essere colloca-

ta tra il 1669 ed il 1671, periodo nel

quale Bartolomeo si trovava tra i

quindici ed i diciassette anni.

Crediamo che non sia poi così diffi-

cile accettare queste proposte di da-

tazione se si tengono presenti le con-

dizioni di un apprendistato che pro-

babilmente ha avuto il suo inizio in

una età molto precoce ma che è co-

munque maturato in quell’ambiente in

cui Bartolomeo aveva trascorso la sua

fanciullezza osservando il quotidiano

lavoro del padre, Giovanni Antonio,

che decorava gli oggetti in maiolica.

La datazione nella quale abbiamo pro-

posto di collocare quest’opera po-

trebbe avvalorare, se fosse considera-

ta accettabile, il presunto inizio del suo

lavoro di pittore a partire dal tempo

che potrebbe essere quello dell’ultima

parte del suo apprendistato vero e pro-

prio ma forse non ancora del tutto

compiuto.

Abbiamo letto che “Si ritiene che(Giovanni Antonio Guidobono) abbiaimpartito lezioni di pittura ai suoi figli...sin dalla loro età di dodici anni”11.

Se le nostre ipotesi di datazione fos-

sero sufficientemente convincenti,

dobbiamo ammettere che, tanto il

“piatto reale” frantumato quanto il

servizio con le armi del cardinale Lu-

dovico Emmanuel Fernandez di Por-

tocarrero, costituiscono un prezioso

documento per attestare la precocità

del talento artistico di Bartolomeo

Guidobono.

Tenuto conto del fatto che “Il labo-ratorio Guidobono è ancora operosonel novembre del 1673”12 si potrebbe

anche discutere come verosimile l’i-

potesi che le decorazioni su maiolica

che abbiamo attribuito all’opera del-

l’adolescente Bartolomeo nel periodo

che va dal 1669 al 1672, potrebbero in-

vece dover essere assegnate alla mano

del di lui padre Giovanni Antonio. Ma

il confronto che può essere effettua-

to attraverso l’esame di quanto è sta-

to assegnato a Giovanni Antonio è di

una evidenza così spiccata da escludere

la presa in considerazione di questa

ipotesi13. Il disegno e la realizzazione

pittorica di Bartolomeo si allontana-

no infatti in maniera inequivocabil-

mente evidente da quanto sapesse ese-

guire il di lui padre e maestro.

Per quanto si possa presumere infine

sulla scelta del tema decorativo, che

ci sembra potrebbe essere contenuto

in un titolo come “Allegoria della mu-

sica”, è presumibile che il ripetersi di

disegni e di dipinti nei quali veniva-

no rappresentati nel XVII secolo gli

esecutori di musica - di solito in pic-

coli gruppi - possa aver attirato l’at-

tenzione del giovane Bartolomeo nel

tempo in cui già si proponeva come

precoce e straordinario decoratore di

maioliche. Che poi il suo punto di ri-

ferimento - su questo tema decora-

tivo - possa essere stato il Piola che,

come è noto14, aveva proposto fre-

quenti rappresentazioni dell’“Alle-

goria della musica”, è particolarmen-

te importante per il fatto che il rap-

porto intercorrente tra i Guidobono

ed il Piola era tale da lasciar suppor-

re che Bartolomeo possa aver avuto

modo di vederne qualcuna di queste

figurazioni e sia stato attratto a tal

punto dal tema da volersi poi cimen-

tare in una sua realizzazione, ritrat-

tandolo però in modi suoi e del tut-

to diversi, quelli che abbiamo trova-

to sul piatto reale appunto. A meno

che dell’ “Allegoria della musica” non

abbia avuto modo di osservare una

qualche rappresentazione da poter

usare come modello... è una rappre-

sentazione che non siamo riusciti pe-

Bartolomeo Guidobono, “La Verità

scoperta dal Tempo”, collezioni d’arte

di Banca Carige.

53Maiolica

rò a scoprire nelle nostre prolungate

ricerche ma che speriamo altri ci vo-

gliano segnalare.

In un importante volume - al quale po-

trebbe annettersi il valore di punto di

riferimento per precisare la colloca-

zione dell’attività di Bartolomeo Gui-

dobono nell’ambito dell’arte - abbia-

mo trovato che “...Fu nel 1679 cheBartolomeo Guidobono... divenne sa-cerdote ed inaugurò la propria carrie-ra pittorica affrescando la CappellaCrocetta a Savona...”15.

Poiché Bartolomeo Guidobono nel

1679 aveva venticinque anni, do-

vremmo ritenere che sia quella l’età

nella quale ebbe inizio la sua profes-

sione di pittore. Ma questa afferma-

zione non tiene conto di un fatto al

quale riteniamo si debba attribuire

molta importanza, e cioè che la “car-

riera” di Bartolomeo ha avuto inizio

molto tempo prima con la pittura su

maiolica. A meno che la pittura su

maiolica debba essere considerata

non meritevole del titolo di “pittura”.

Certo, viene chiamata “decorazione”...

di solito. Ma quella eseguita da Bar-

tolomeo non può essere sicuramente

vista con l’aggettivazione, del resto de-

sueta, di “minore” e che comunque ha

- nei suoi lavori - ben più che suffi-

cienti caratteri distintivi rispetto a

quella normalmente eseguita dai “de-

coratori di bottega”.

Siamo ora in possesso di elementi che

pensiamo siano sufficienti a dimostra-

re, con una attendibilità scarsamente

discutibile, che, già tra il 1669 ed il 1672,

e quindi quando si trovava tra i quin-

dici ed i diciotto anni, Bartolomeo ha

eseguito un buon numero di pitture su

maiolica, molte delle quali verosimil-

mente su precisa committenza. Dieci

anni quindi (o quasi... e chissà se non

possano essere anche di più?) prima de-

gli affreschi alla Crocetta.

È piuttosto difficile ammettere che al-

la “carriera pittorica” possa essere sta-

to attribuito il significato di una

esplicita esclusione della “pittura su

maiolica”, quella che Bartolomeo ha

continuato presuntivamente ad ese-

guire professionalmente fino al 1674

e cioè fino a quando ebbe inizio la sua

preparazione all’acquisizione dell’or-

dine sacerdotale.

Naturalmente però nessuna delle no-

stre osservazioni può escludere che nei

cinque anni (dal 1674 al 1679) della sua

preparazione all’ordinazione sacer-

dotale Bartolomeo non possa aver

avuto il modo, seppure saltuariamen-

te, di portare a termine qualche pittura

su maiolica.

Se per le pitture su maiolica di Barto-

lomeo alle quali siamo in grado di at-

tribuire datazioni sicure, come il 1680

ed il 1683 per esempio16, possiamo da-

re solo il significato di un arricchimento

della sua produzione artistica, quelle

che possono invece essere collocate ne-

gli anni che precedono il 1674, rite-

niamo riescano a portare un saliente

contributo alla conoscenza ed alla sto-

ria della sua attività artistica anticipando

sensibilmente - come già abbiamo

detto - la data d’inizio della sua “car-

riera pittorica” e dimostrando la non

comune precocità del suo geniale e na-

turale talento. Possono anche costitui-

re una utilissima e preziosa fonte

esemplificativa di riferimento per i con-

fronti e per lo studio dello sviluppo del-

l’attività artistica del Prete savonese.

Note e bibliografia

1 AUTORE non riportato, Il mondo della mu-sica. Ed. Garzanti, Milano 1956, voce “violino”

col. 2507: Verso il 1600 il violino - soprano delquartetto a corde - veniva chiamato “violino pic-colo”. Sempre nel medesimo periodo assunse laforma definitiva per mano dei liutai cremonesi.2 AUTORE non riportato, 1. c., voce “trom-

ba” (XVII sec.), col. 2513: Nel XVII secolo latromba aveva forma simile a quella d’oggi maera realizzata in metallo più pregevole, avevapadiglione ed imboccatura più ampi che dannoun suono più morbido (la tromba a pistoni ap-pare dopo il 1830).3 G. FARRIS, Per la storia d’un capolavoro del-l’arte ceramica savonese. A partire da un’inse-gna araldica, “La Casana”, Genova 2003, p. 54.

G. FARRIS, Sottocoppa traforato in maiolica diproduzione savonese: analisi ed interpretazio-ne di una decorazione guidoboniana, in corso

di pubblicaz.4 A. CAMEIRANA, Ceramica in “Bartolomeoe Domenico Guidobono” a cura di M. Newco-

me Schleier, Torino 2002, da tav. LIXa a tav.

LIXg.5 G. FARRIS, Ceramica in “Genova nell’EtàBarocca” a cura di E. Gavazza e G. Rotondi Ter-

miniello, Genova 1992, p. 379.6 A. CAMEIRANA, 1. c., 2002, p. 379.7 A. CAMEIRANA, Contributo alla identifi-cazione delle maioliche decorate da BartolomeoGuidobono, Albisola 1997, pag. 142.8 G. FARRIS, 1. c., 2003, p. 54.9 G. FARRIS, Sottocoppa traforato in maiolicadi produzione savonese: analisi ed interpreta-zione di una decorazione guidoboniana, in cor-

so di pubblicaz.10 C. MARCENARO, Gli affreschi del Palazzo

Rosso di Genova, Milano 1965, tav, 61.11 P. BOCCARDO, I grandi disegni italiani delGabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso, Ci-

nisello Balsamo 1999, fìg. XXXV, p. 59 e p. 269.12 M. NEWCOME SCHLEIER, l.c., 2002, p.2

(v. Nota 4).13 A. CAMEIRANA, l.c., 2002, p. 153.14 Sono stati illustrati (I.M. BOTTO, Proposteper un fìgulo dimenticato. Giovanni AntonioGuidobono, in “Genova”, n. 12, 1958, p. 23) un-

dici manufatti in maiolica attribuendoli a “ma-nifattura Chiodo” (tre) o a “manifattura Gui-dobono”. Non abbiamo trovato, negli oggetti

illustrati, alcun elemento che possa attestare che

la decorazione sia stata ripresa da “cartone diGiovanni Antonio Guidobono”. L’unica de-

corazione con la quale possiamo avere la pos-

sibilità di fare confronti perché verosimilmente

eseguita da Giovanni Antonio Guidobono è

quella che si trova su un sottocoppa policromo

siglato G. A. G. (A. CAMEIRANA, 1.c.,

2002,p.155).15 E. GAVAZZA, F. LAMERA, L. MAGNA-

NI, La pittura in Liguria. Il Secondo Seicento,

Genova 1990, p. 113, 114, 115, 225.16 M. NEWCOME SCHLEIER, l.c., 2002, p. 1.17 G. FARRIS, 1. c., 1992, pag. 380.18 A. CAMEIRANA, l.c., 1997, pag. 142.

Bartolomeo Guidobono, due particolari

di angioletti tratti dalla “Visitazione”

e dall’ “Annunciazione”.