IL PALAZZO DEGLI EMIRI DI SICILIA IN...

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Forse in quella medesima epoca se il Verroc- chio avesse dovuto eseguire quel rilievo in marmo con tutto il tempo a disposizione, egli sarebbe stato indotto ad assoggettarlo ai nuovi ideali classici cui incominciava già ra ispirarsi; mentre Invece la subitaneità richiesta e la materia duttile gli hanno concesso di creare questo capolavoro collo slancio e con la sin- cerità d'una commozione immediata. CARLO GAMBA IL PALAZZO DEGLI EMIRI DI SICILIA IN PALERMO L A DOMINAZIONE musulmana ha la- sciato in Palermo un patrimonio artistico ed una serie di monumenti che sono fra i più importanti del Medio Evo. 1. Il Il Castrum Superius" che serviva agli Emiri da sede e da fortezza: esiste tuttora, incorporato nell'odierno Palazzo Reale, e costi- tuisce la più grandiosa mole che sia stata co - struita in Palermo. I) II. Il castello della Il F a v a r a " , 2) C h e si trova ora in uno stato di grave abbandono e va incontro alla com- pleta rovina, come è già accaduto per il castello del periodo normanno degli arcive- scovi di Palermo, detto Il U scibeni ". È da far voti perchè al più presto possibile si ponga mano al re- stauro di questo mo- numento insigne per l'arte e per la storia. araba, ed i suoi ruderi sono stati salvati dalla demoli zi one cui erano stati destinati dall' in- tervento energico del Soprintendente dei Mo- numenti ing. Francesco Valenti. IV. La storia ci ricordava anche l'esistenza di un palazzo arabo costruito nella El Khlàlisah, cioè nel quartiere musulmano di Palermo. Questo palazzo fu ritenu,to completamente distrutto; invece noi dimostreremo che, una parte di esso esiste tuttora. III. Il "Castellam- mare" , il quale si cre- deva fondato dai Nor- manni, come pure il Il Palazzo Reale" e la Il Favara,,: invece si è accertato, solo pochi anni or sono, che il suo mastio era di origine FIG. I - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI PORTALE DELLA TORRE (Fot. Eduardo Alfano) Dobbiamo ancora aggiungere che sino alla metà del secolo XIX, si credettero monu- menti musulmani i ca- stelli della Il Zisa" e della Il Cuba" , a causa delle loro caratteristi- c h e architettoniche perfettamente musul- mane e delle loro iscri- zioni dedicatorie in lingua araba. Ma, dopo la traduzione che ne fece Michele Amari, si venne a conoscenza, che questi castelli ap- partenevano invece al periodo della domi- nazione normanna, perchè costruiti da Guglielmo I e da Gu- glielmo II. 3) Ig8 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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Forse in quella medesima epoca se il Verroc­chio avesse dovuto eseguire quel rilievo in marmo con tutto il tempo a disposizione, egli sarebbe stato indotto ad assoggettarlo ai nuovi ideali classici cui incominciava già ra ispirarsi;

mentre Invece la subitaneità richiesta e la materia duttile gli hanno concesso di creare questo capolavoro collo slancio e con la sin­cerità d'una commozione immediata.

CARLO GAMBA

IL PALAZZO DEGLI EMIRI DI SICILIA IN PALERMO

L A DOMINAZIONE musulmana ha la­sciato in Palermo un patrimonio artistico

ed una serie di monumenti che sono fra i più importanti del Medio Evo.

1. Il Il Castrum Superius" che serviva agli Emiri da sede e da fortezza: esiste tuttora, incorporato nell'odierno Palazzo Reale, e costi­tuisce la più grandiosa mole che sia stata co­struita in Palermo. I)

II. Il castello della Il F a v a r a " , 2) C h e si trova ora in uno stato di grave abbandono e va incontro alla com­pleta rovina, come è già accaduto per il castello del periodo normanno degli arcive­scovi di Palermo, detto Il U scibeni ".

È da far voti perchè al più presto possibile si ponga mano al re­stauro di questo mo­numento insigne per l'arte e per la storia.

araba, ed i suoi ruderi sono stati salvati dalla demolizione cui erano stati destinati dall' in­tervento energico del Soprintendente dei Mo­numenti ing. Francesco Valenti.

IV. La storia ci ricordava anche l'esistenza di un palazzo arabo costruito nella El Khlàlisah, cioè nel quartiere musulmano di Palermo. Questo palazzo fu ritenu,to completamente

distrutto; invece noi dimostreremo che, una parte di esso esiste tuttora.

III. Il "Castellam­mare" , il quale si cre­deva fondato dai Nor­manni, come pure il Il Palazzo Reale" e la Il Favara,,: invece si è accertato, solo pochi anni or sono, che il suo mastio era di origine

FIG. I - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI

PORTALE DELLA TORRE (Fot. Eduardo Alfano)

Dobbiamo ancora aggiungere che sino alla metà del secolo XIX, si credettero monu­menti musulmani i ca­stelli della Il Zisa" e della Il Cuba" , a causa delle loro caratteristi­c h e architettoniche perfettamente musul­mane e delle loro iscri­zioni dedicatorie in lingua araba. Ma, dopo la traduzione che ne fece Michele Amari, si venne a conoscenza, che questi castelli ap­partenevano invece al periodo della domi­nazione normanna, perchè costruiti da Guglielmo I e da Gu­glielmo II. 3)

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FIG. 2 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI: IL PORTALE,

STIPITE DI SINISTRA (Fot. Alfano)

Prima di parlare del castello o palazzo degli Emiri di Sicilia, costruito nel 957 dall'emiro Klalil, è opportuno fare un cenno della topo­grafia di Palermo nel IX secolo.

La classica Il Panormus ti venne chiamata dai Musulmani Il Al Madinah ti mentre i cristiani la chiamavano Il Balarmuh tt. Essa era costituita da due quartieri, la Il Paleopolis ti e la Il Neapolis tt che formavano l' Il U rbs vetus ti il Il Cassarus tt dei palermitani. Entrambi questi quartieri erano circondati da altissime mura, che li rendevano inespugnabili. In progresso di tempo, all' esterno delle mura, si formarono due nuovi quartieri, uno a settentrione, che prese il nome di Seralcadi, e che i Musulmani chiamarono Il Hàrat as Sagàlidah ti cioè quartieri degli schiavi; l'altro si sviluppò a mezzogiorno della Panormus, e si divideva in tre rioni: "1' Hàrat- al- Yalùd" (il quartiere di Yalùd); Il l' Hàrat- al- Masgid tt (il quartiere della Moschea) e l'ultimo Il l' Hàrat­al- Gadidadtl (il quartiere nuovo).

FIG. 3 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI: IL PORTALE,

STIPITE DI DESTRA (Fot. Alfano)

Gli storici ci ricordano ancora che l'emiro Klalil, non si riteneva sicuro di abitare il Il Ca­strum Superius ti, posto all' estremo limite della Paleopolis (la Galka dei Musulmani), perchè quel quartiere era frequentato da elementi bizan­tini, cioè da cristiani, i quali mal sopportavano la dominazione musulmana, ma anche perchè il castello era lontano dal mare circa un miglio, circostanza questa molto importante, dato che il mare costituiva la base dei rifornimenti e, in caso di rivolta, la via più sicura per la ritirata.

Per tanto l'emiro Klalil fece costruire di sana pianta un intero quartiere, con un castello per sua abitazione, che chiamò Il El Klàlisah ti cioè l' Il Eletta ti •

Klalil pose al centro della Il El Klàlisah ti il suo palazzo, munito di robusta torre, che serviva da mastio, e che era collegata alle mura di levante dell' Il Eletta ti cioè verso la parte più vicina al mare, dal quale distava circa duecento metri. La fronte a settentrione del

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FIG. 4 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI: PARTICOLARE

DELL' INTERNO DELLA SCALA (Fot. Alfano)

palazzo dell' Emiro era lontana circa duecento metri dal porto di Palermo. 4) La" El Klàlisah" ebbe perciò due lati volti verso la spiaggia del mare, mentre a mezzogiorno veniva limitato dalla campagna, e solo a ponente confinava con la città musulmana.

L' "Eletta" era costituita, oltre che dal palazzo dell'Emiro, da parecchi edificì: un quartiere militare, l'arsenale, la prigione, una moschea e tutti gli uffici del governo, cosicchè formava una piccola città : l'Amari sulla sua formazione scrisse: " .. ... e in vero doveva rinserrare il fiore dei leali, l'Emiro, i suoi merGenarii di spada e di penna, palagio, arsenale, uffici pubblici, pri­gione; tutta la macchina governativa; come una Medina in piccolo, circondata di mura e molto bene afforzata". 5)

Lo storico arabo Ebn- Haucal, nella descri­zione della città di Palermo del X secolo, rife­rendosi all'" Eletta" dice: Il la Klàlisah est le seJour du sultan et de sa suite, on n'y voit

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né marchés, né magasin de marchandis, moins des bains, un mosquée du Vendredi de grandeur moyenne, la prison du sultan, l 'arsenal et les bureaux des administrations. Cette cité a quatre portes du coté du midi; et du coté du l'est, du nord et du l' ouest la mer et un muraille sans portes". 6)

A dimostrare l'importanza e la vastità del nuovo quartiere, che si aggregò alla preesi­stente città musulmana, basta ricordare che esso ebbe quattro porte, le quali vennero chia­mate: Il Bab Kutàmah" (porta della tribù berbera di Kutàmah); "Bab- al- futùh" (porta delle Vittorie) ; "Bab- el- bound" (porta delle Bandiere); "Bab- as- son'ah" (porta dell ' Arse­nale) . Queste notizie le fornisce lo storico arabo Al Muquaddasi nella sua descrizione di Palermo qual' era nell' anno 988. 7)

Per rintracciare il luogo preciso ove sorgeva il palazzo degli Emiri, del quale si era perduta completamente la memoria, si fecero molte ricerche, ma esse diedero risultato negativo. Il Di Giovanni, che lavorò con tanto zelo per stabilire la topografia antica di Palermo riguardo a questo edificio, con fine intuito stabilì che certamente era stato costruito nel perimetro compreso tra il monastero della Pietà, il convento della Gancia, il palazzo dei Chiaramonte e quello del principe di Palagonia, . sulla cui area doveva essersi trovata la porta dell'Arsenale (la Il Bab- as- son'ah,, ) . Di questa asserzione il Di Giovanni non potè fornire alcuna prova nè storica, nè di fatto. 8)

Ma se il Di Giovanni intuì bene il luogo del palazzo degli Emiri, sbagliò nello stabilire i confini dell' "Eletta". Egli credette che questo quartiere fosse stato compreso nell'area com­presa fra l'odierna Porta Felice, che va sino alla chiesa della Catena, e da questa alla chie­setta della Vittoria, nella piazzetta dello Spa­simo, e dalla chiesa della Vittoria alla Porta dei Greci. Questo è un errore, perchè nell'area compresa tra la Porta della Vittoria, ove sta la chiesetta omonima e la Porta dei Greci, in quel tempo si trovava il cimitero musul­mano. 9)

Anche lo Schubring IO) cadde in fallo nello stabilire confini della "Eletta '" ch' egli

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collocò dalla chiesa della Catena a Porta Felice e dal palazzo Palagonia alla chiesa di Santa Teresa. In sostanza egli commise il medesimo errore del Di Giovanni.

La pianta topo grafica dell'antica Palermo che più risponde al vero è quella tracciata dal prof. G. M. Columba. Il) Egli ci fa cono­scere che 1'" Eletta" aveva aspetto di trapezio, il cui lato di levante formava una linea retta che, partendo dalla chiesa della Vittoria, tirava per l'odierna via della Salvezza e tagliando la via Alloro e le case a sinistra di questa strada, arrivava sino all'atrio della Dogana. Di là volgeva a sinistra, lungo l'antico porto, sino alla chiesa di San Francesco. Qui, facendo vertice, scendeva diritta sino alla piazza della Magione e da questa volgeva a sinistra S100

alla chiesa della Vittoria. Stabiliti in questo modo i confini della Il El

Klàlisah" , ecco sorgere la domanda: dove stava il palazzo degli Emiri? Questo particolare riteniamo di poterlo precisare.

Circa due mesi fa parlando col dotto Salerno di avanzi arabi nella nostra Palermo, questi ci domandò se avessimo osservata la porta araba esistente nel convento della Gancia. Poi­chè non la conoscevamo, si decise di andare insieme a vederla. Lì ci fu di guida il Rev. Padre Agostino Sodaro da Vallelunga, monaco stu­dioso di quel convento, che cortesemente ci fece osservare tal uni avanzi architettonici del periodo della dominazione araba in Sicilia: notammo che alcuni di questi ruderi erano stati restau­rati e dal Rev. Padre Agostino potemmo sapere anche che i restauri erano stati fatti circa un ventennio fa dall' Ufficio della Conservazione dei Monumenti di Palermo, allora retto dal Soprintendente ing. Giuseppe Rao. Altri ele­menti architettonici messi pure in luce, vennero invece lasciati nello stato in cui si trovavano.

Riandando colla mente alle notizie storiche relative a quel quartiere, ci dovemmo con­vincere, che gli attuali particolari architetto­nici arabi esistenti in quel convento sono gli avanzi, tanto ricercati, del palazzo dell' emiro Klalil, fondato nel 937, e che consistono nella torre o mastio del palazzo, e nel loggiato annesso alla torre.

FIG. 5 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI : DECORAZIONE

DELLA FINESTRA SUL BRACCIO CHE UNISCE LA TORRE

AL LOGGIATO (Fot. Alfano)

Quel che è incomprensibile si è che, mal­grado parecchi studiosi avessero osservato questi avanzi, nessuno fosse riuscito ad identificarli.

Prove storiche. Gaspare Palermo, nella sua Guida di Palermo ci fa conoscere che la chiesa di Santa Maria degli Angeli sorse nel 1430 sugli avanzi della chiesa normanna di San Girolamo, e che in origine il convento annesso alla chiesa normanna non era che una gancia destinata ai monaci ammalati del convento di Santa Maria di Gesù dei minori osservanti, nella quale gancia stavano pure pochi monaci per il mantenimento del culto della chiesa. A poco alla volta il convento fu ingrandito, e nel secolo XVI era già tanto vasto, che il suo refettorio poteva dar posto a duecento persone, le sue fabbriche contenevano tre chiostri contigui, nove dormitorii con 156 celle, oltre ad un dormi­torio per i frati ammalati. Questo convento fu il più vasto che ebbe la città di Palermo. 12)

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Tale circostanza trae la sua origine dal fatto che quei monaci si trovarono nella eccezionale condizione di potere usufruire di tutte le fab­briche che avevano costituita l' Il El Klàlisah". Aboliti i conventi nel 1866, la Gancia venne trasformata in Archivio di Stato, e solo rimase aggregata alla chiesa la torre del palazzo degli Emiri già tra­sformata in campanile, ed un attiguo corri­doio con poche celle per i monaci, destinati al culto della chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Palermo che stava nel lato opposto, e preci­samente quella volta a scirocco della Il El Klà­lisah '" che si chiamava della Vittoria, nome che venne pure dato posteriormente alla chiesetta sorta in quel luogo, a ricordo del trionfo dei

cristiani sui musul­mani. Lo stesso Autore su tale episodio dice:

I diversi usi a cui si dovettero adattare le fabbriche dell ' Il Elet­ta", prima in convento e dopo in Archivio di Stato, hanno tra­sformate, nascoste o distrutte le antiche costruzioni di architet­tura musulmana. In­vece la torre, essendo stata trasformata in campanile, subì la sovrapposizione, solo per metà del tetto che guarda a ponente di

FIG. 6 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI: GRANDE VANO

SUL FIANCO DESTRO DEL LOGGIATO (Fot. Alfano)

Il La notte stessa, il Conte (Ruggero) recò rinforzi a Roberto esposto nella Khalesa, con un pugno di gente, alla vendetta degli abi­tatori non vinti della città vecchia. Furono indi messe guardie alle torri che fronteggia­vano quelle mura su­perbe, perchè nuova battaglia fosse da com­battere la dimane, e forse da ricominciare l'assedio". Qui l'A­mari osserva che la di­scordia dei palermitani abbreviò la difesa, e che nella notte stessa il par­tito avverso alla resi­stenza ebbe il soprav­vento su coloro che volevano la difesa ad oltranza e fu deciso di

una fabbrica sulla quale furono erette le arcate che dovevano sostenere le campane.

Che i locali dell' ex convento della Gancia siano gli avanzi del palazzo degli Emiri di Sicilia, lo dimostra ancora un particolare storico rimasto prima inesplicabile, mentre ora risulta evidente la sua spiegazione. Michele Amari nel descrivere la presa di Palermo da parte delle milizie normanne, dice che Roberto Guiscardo, nel 1°72, dopo cinque mesi di as­sedio, alla testa di 300 uomini, approfittando che suo fratello Ruggero con un forte ed im­petuoso assalto aveva attirata buona parte delle milizie musulmane verso il Il Castrum Superius '" prese d'impeto una delle porte di

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sottomettersi ai vincitori. L'incomprensibile resa dei Musulmani, più che alle discordie, crediamo si debba alla circostanza che i pochi normanni con i quali Roberto Guiscardo potè conqui­stare di sorpresa la ilEI Khàlisah" scoraggiarono molto i nemici, i quali si credettero vinti, perchè il quartiere dell'Emiro, compreso il palazzo di sua sede, era caduto di colpo nelle mani dei Normanni. Noi crediamo che se l'Amari avesse conosciuto allora che contiguo alla porta della Vittoria si trovava proprio il palazzo degli Emiri, avrebbe modificato il suo parere in proposito.

Prove di fatto. A confermare che la torre campanaria della Gancia sia la torre del palazzo

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degli Emiri di Sicilia del IX secolo, basta osser­vare i seguenti particolari architettonici, i quali rimangono ancora intatti:

a) L'esistenza di un grande vano con elementi di decorazione araba. Questo vano serviva di ingresso all' interno della torre, dalla prima eleva­ZlOne, e anche per l'accesso alla scala a chiocciola che si svolge all' esterno della torre e conduce in cima ad essa (figg. I, 2, 3).

Una particolare di­sposizione costruttiva dei primi sette gradini di questa scala è che essi sono tagliati a due livelli, quello di sini­stra più alto, e quello di destra più basso. Il primo è alto cm. 50, il secondo cm. 25. Il restante degli scalini, che sono 43, è ad unico livello (fig. 4).

a sinistra della chiesa della Gancia, si vede una decorazione di sottili bastoni affiancati l'uno all'altro, che partono da tutti e due i lati degli stipiti e si fondono al sommo. Lo scivolo della finestra invece è lasciato liscio. Anche

questa decorazione è di gusto musulmano: è stata restaurata (fig· 5).

d) Il sopradetto braccio dell' edificio ser­ve ad unire la torre con il loggiato. Nello interno dell'antico log­giato son ricavate ora le celle per i frati. Que­ste celle sono tutte di costruzione molto po­steriore, ed il corri­do io che si sviluppa tra esse e il loggiato ora occluso, è cieco e prende luce dal lucer­nario. Il muro in cui si rileva il loggiato ora costituisce la parete esterna dal lato Sini­

stro della chiesa della Gancia. b) A dimostrare

che l'odierno campa­nile fu una vera torre, a scopo di difesa, basta osservare che della sua superficie terminale,

FIG. 7 - PALERMO, PALAZZO DEGLI EMIRI : GRANDE VANO

SUL FIANCO DESTRO DEL LOGGIATO (Fot. Alfano)

Il loggiato ha tre arcate ed è stato posto in luce con soli lavori di saggio praticati sulla parete, che ora risulta

solo una metà venne trasformata in campanile; se si facessero saggi si troverebbero i merli della torre musulmana.

Oltre a ciò la torre conserva ancora alla quarta elevazione, sullo spigolo esterno di sud-est, una caratteristica colonna angolare di marmo bianco, la quale è visibile dalla via della Salvezza e dal balcone del refettorio dei frati.

e) Sul braccio dell'edificio che unisce la torre al loggiato si apre una magnifica finestra con architrave a due sgusci nella faccia sotto­stante, che vanno in senso opposto. Sullo sguscio che un tempo dava all'esterno e che ora invece sporge nel braccio di crociera

all' interno del corridoio ove abitano i frati, e che un tempo era invece l'interno del palazzo degli Emiri. Questa loggia evidentemente venne murata nella trasformazione che subì quel pa­lazzo, quando fu addossata all' esterno la chiesa normanna di San Girolamo, poi denominata della Gancia.

Così si ripete il caso della chiesa cristiana di San Giovanni degli Eremiti di Palermo, la quale salvò dalla distruzione la moschea musulmana che sorgeva colà, conservando l'unico edificio del genere che sia rimasto in Sicilia. 13)

Gli archi del loggiato musulmano sono scemi, e sulle basi dei pilastri si osservano dei caratteristici cordoni tortili, che denotano

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la loro carattenstlca musulmana. La sfaccet­tatura dei pilastri di sostegno e degli archi­travi è a piani lisci che s' incontrano formando angoli ottusi, e perciò sezioni poligonali. Il log­giato è a tre arcate uguali, con due pilastri di sostegno. Esso trovasi tuttora nello stato in cui venne scoperto.

e) Il loggiato sporge in avanti dalla linea della torre e del relativo braccio dell' edificio che serve ad unirlo alla torre, per sette metri e mezzo, e su questa parete venne aperta, sin dalla sua origine (figg. 6 e 7) un'altra arcata, simile a quella del loggiato, ma decorata diver­samente nelle basi dei pilastri di sostegno. Questa arcata un tempo dava all 'esterno del­l'edificio, mentre ora sporge sul braccio di croce a sinistra della chiesa. Anche questo arco è scemo ed offre sfaccettatura a piani rettilinei ed a sezioni poligonali. Esso venne completa­mente restaurato in ~utti e due i lati.

Tutte le decorazioni si trovano al piano su­periore dell' edificio musulmano, invece alla prima elevazione non ci è dato di poter vedere nulla, poichè sino ad oggi non sono stati fatti nemmeno i saggi per un esame sommario di ciò che rimane ancora da poter mettere in luce e restaurare.

Il piano terreno della torre ora serve da sagrestia alla cappella della Madonna della Guadalupa, che è di patronato spagnuolo. Il piano terreno dell' ala della fabbrica che serve ad unire il loggiato alla torre, nel 1432 venne trasformato in loggiato a tre arcate, che di recente sono state riempite. Questo loggiato pone in co­municazione la chiesa con la sagrestia vera e propria della chiesa della Gancia. Il piano ter­reno del loggiato musulmano ora costituisce le prime cinque cappelle a sinistra della chiesa, le quali in media sono larghe metri tre e centimetri ottanta, invece le cappelle, quelle di cui ai numeri VI, VII, VIII dell'annessa pianta, sono molto più larghe, e debbono ascriversi al secolo XV

I) FRANCESCO VALENTI : Il Palazzo Reale di Pa­lermo, in "Bollettino d'Arte" del Ministero della Pub­blica Istruzione, anno IV (1924- 25), pago 512.

2) Il castello della Favara venne costruito dall'emiro Giàfar, il quale governò dal 997 al 1019. AMARI:

quando la chiesa della Gancia venne rifab­bricata.

Le cappelle hanno ora gli archi a pieno centro, e siccome sorge il sospetto che le prime cinque fossero state ricavate servendosi del supposto loggiato a piano terreno, in corrispondenza di quelle del piano superiore, sarebbe accertato che gli architravi sarebbero stati alterati. Questa ipotesi viene confermata da un manoscritto dello storico Antonio Mongitore 14) in cui si legge che nel 1687 i monaci volendo decorare le pareti interne della loro chiesa, fecero abbat­tere la robusta cornice che correva sugli archi­travi delle cappelle 14) ed in sua vece ne fecero costruire un'altra più piccola e più in alto. Con questi adattamenti si ricavò lo spazio necessario per far affrescare le pareti con storie che ven­nero inquadrate da cornici a stucco, eseguite da Giacomo Serpotta. Sui pilastri fra una cap­pella e l'altra, vennero poste, su mensole, delle statue di stucco, eseguite pure dal Serpotta. Questi stucchi furono distrutti non si sa perchè e quando. Quel che è certo si è che i sup­porti antichi nel 1687 furono alterati in conse­guenza del sopradetto rimaneggiamento. Solo dei saggi alle fabbriche potrebbero farci cono­scere in che cosa consistessero. 15)

Il palazzo degli Emiri di Sicilia, oltre alla sua importanza storica e topografica, ha la sua significazione anche nell'ambito architet­tonico, perchè esso dimostra che i Musulmani di Sicilia nel IX secolo adoperarono gli architravi e l'arco scemo, mentre sino ad oggi si è rite­nuto che essi adoperassero solo l'aro a sesto acuto, e che devesi ad essi l'introduzione di tale forma architettonica in Sicilia.

ANTONINO CUTRERA

N. B. - Sento il dovere di rendere vivissimi rin­graziamenti all' avv. Eduardo Alfano di Pa~erm?, che ha eseguite cortesemente le fotografie per 11 mlO

lavoro.

Storia dei Musulmani di Sicilia, voI. III, pago 820,

nella nota I.

3) Non si conosce la data della fondazione del castello della Zisa, però è accertato che la costruzione venne ini­ziata da Guglielmo I della dinastia normanna, e terminata

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PIANTE DELLA TORRE E DELLA LOGGIA DEL PALAZZO DEGLI EMIRI DI SI CILIA DEL SECOLO X

PRI MA ELEVAZ IONE NELLA NAVE DELLA CHI ESA DELLA GANCIA

A

B

CAPPELLE SOTTOSTANTI ALLA LOGGIA DEL PALAZZO DEGLI EMIR I DI SI CILIA

SECONDA ELEVAZ IONE DEL PALAZZO DEGLI EMIRI DI .s ICILIA 5

I I O

_ Costru-ZlO1\\ c:kl J(o .sec.olo LOGGIA A TRE AR CATE SVLLA NAVE DELLA CHIESA DELLA GANCIA

G Co.tr""ol\i d , 'ncerta ..ti ,U t i .) • .) , l • A Torre ~rnb;t

B C. PP,U. d.LLA M.d.onnA delLo GIL.d.nLu.p' _ COSb'U.l.i.01\L ptJsleriorl Al X' s:colo

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Parte della piall~a del quar tiere ~rabo dL Péllermo e d.el

porro al secolo XI

SpiegazIoni mH~Hi 2'ona 'p~~dizqi atl;/~ VIII

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Colonna angolare della torre Particola re del portale cÌel1B forre

Pa rèicolare della base del portico (/~ z7dÙAM )

f so ' . 1,L. o , ,

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dal figlio Guglielmo II, morto nel II8g. Una iscrizione arabica apposta nel vestibolo di . questo edificio, dice:

(Ve)drai il (gran) re del Secolo in bel soggiorno (Ché) a lui conviensi la magnificenza e la letizia. Questo è il paradiso terrestre che si apre agli sguardi; Questo è il Mostaizz e questo (palagio) l'Aziz

La parola Il Mostaizz" significa Il bramoso di gloria" ed era l'appellativo di Guglielmo II.

Invece la Il Cuba" risulta che venne costruita nel 118o da Guglielmo II, come dice la iscrizione pure araba, ora mutila, apposta sull' attico del castello stesso. Eccone la traduzione:

(Nel nome di Dio cle)mente, misericordioso, Bada (qui), fermati e mira! Vedrai egregie stanze dell' Egregio tra i Re della terra, Guglielmo secondo, Non v'ha castello che sia degno di lui, nè bastano (le sue) sale •.• • •..•.• •• . • .•.•. • . •.••• . •. •.•.•.• . ;

E di nostro Signore il Messia, mille e cento Aggiuntovi ottanta che son corsi tanto lieti!

4) MICHELE AMARI : Storia dei Musulmani di Sicilia, voI. II, pago 2g8.

G. M. COLUMBA: Per la topografia antica di Pa­lermo, in Il Centenario della nascita di Michele Amari", voI. II. Pregevolissima monografia, alla quale è unita una pianta della città di Palermo nelle età romana, musulmana e normanna.

Ricorda che il porto antico di Palermo a causa degli scarsi fondali e per l'affluire dei detriti del fiume

del Papieto e del torrente del Maltempo, non che per le immondizie che vi buttavano gli abitanti della città, man mano si prosciugò, finchè, per ragioni igieniche, sulla prima metà del secolo XVI se ne com­pletò il prosciugamento, e così si formò l'odierna piazza Marina.

5) M. AMARI: Op. cit., voI. II, pago Ig0. 6) EBN- HAUCAL: Description de Palerme au milieu

du X siècle de l'Ere vulgaire. Paris, 1845, pago 23. Tra­duzione dall'arabo di Michele Amari.

7) M. AMARI: Biblioteca arabo- sicula, voI. I, pago 12. 8) VINCENZO DI GIOVANNI : La topografia 'antica

di Palermo, dal secolo X al XV. Palermo, tipo Boccone del Povero, 188g, voI. I, pagg. 137 e 141.

9) VINCENZO DI GIOVANNI : Op. cit., voI. Io l O) IULIus SCHUBRING : Historichen topographie von

Panormus. Lubech, 1870. 11) G. M. COLUMBA: Op. cit., voI. II, pago 424. 12 ) GASPARE PALERMO: Guida istruttiva. Palermo,

1816, voI. II, pago 307. 13) Intendo riferirmi alla moschea musulmana alla

quale venne addossata nel periodo normanno, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti, in Palermo.

14) BIBLIOTECA COMUNALE DI PALERMO: Manoscritto Qq. E. 28, pago 74.

15) Questa cornice probabilmente era di origine musulmana, e destinata a formare il distacco tra la prima e la seconda elevazione dei due portici. Auguriamoci che presto possano essere liberate dagli intonachi tutte le pareti che si presumono essere di origine araba e che allo stato attuale sono coperte da spessi strati d'intonaco.

PICCOLO BUSTO DI AFRODITE DI ARTE ELLENISTICA

LA LEGGIADRA testina muliebre che forma l'oggetto del presente studio e che

sembra richiamare per l'intonazione un po' pre­ziosa del suo stile la grazia civettuola delle figu­rine tanagree, non può considerarsi assolutamente inedita l) giacchè, acquisita da lunga serie di anni alle collezioni del Museo di Napoli ed ivi esposta, non è rimasta molto tempo ignota; se ne trova infatti la menzione, oltre che nella Guida del Museo, anche in qualche pubblica­zione di carattere scientifico, accompagnata da una modesta riproduzione fotografica; ma si tratta sempre di cenni indiretti, che lasciano

integri l'analisi e lo studio di questo piccolo monumento di arte decorativa, degno, per la sua finezza, di una meno sommaria illustrazione.

Il pezzo proviene da Pompei (inventario n. 6542) ma ha tutti i caratteri di un originale greco; pur appartenendo alla serie delle pic­cole sculture decorative che costituivano la ricca suppellettile d'arte della casa ellenistico romana, per la sua finezza e l'intrinseco carat­tere artistico, si eleva molto al disopra della comune produzione industriale.

Si tratta di un bustino di Afrodite delle dimensioni a 2/3 del vero, tagliato ad erma al

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