il nuovo progetto scolastico che regala ai bambini

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UN PROGETTO A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE PATROCINATO DA: il nuovo progetto scolastico che regala ai bambini attività didattiche d’eccellenza ANNO 5 · N°20 · SETTEMBRE 2016 · DISTRIB. GRATUITA WWW.RIVISTAGIROTONDO.IT < SEGUICI omune di astenaso C Comune di Ozzano dell’Emilia

Transcript of il nuovo progetto scolastico che regala ai bambini

UN PROGETTOA SOSTEGNO DELLE FAMIGLIEPATROCINATO DA:

il nuovo progetto scolastico

che regala ai bambiniattività didattiche d’eccellenza

ANNO 5 · N°20 · SETTEMBRE 2016 · DISTRIB. GRATUITA WWW.RIVISTAGIROTONDO.IT < SEGUICI

omune diastenasoC Comune di

Ozzano dell’Emilia

Facciamo Scuola Insieme per

regalare ai bambinitantissime attività didatticheSono passati cinque anni da quando l’avventura dell’Associazione NO PRO-FIT Girotondo è iniziata e noi mamme ci abbiamo messo il cuore, l’anima e tutte le competenze possibili per fare in modo che questo progetto potes-se diventare un concreto sostegno per tanti genitori… è stata un’avventura bellissima, a volte faticosa e in salita ma estremamente gratificante da un punto di vista umano. Dico “è stata” perché i miei impegni personali mi portano oggi a non poter più dedicare tutto questo tempo in volontariato per l’Associazione e quindi dal prossimo numero passerò il testimone di Direttore della rivista… ma il mio non è un addio, tutt’altro! Continuerò, per quanto mi sarà possibile ad aiutare, perché ho creduto e credo in Girotondo con tutta me stessa, come giornalista ma soprattutto come mamma.Come salutarvi? Con un regalo, uno di quelli utili, quelli che servono per crescere. Troppe volte abbiamo subito una scuola che, a causa della crisi economica, non offre più ai nostri figli un’offerta formativa adeguata. Piut-tosto che additare le istituzioni per quello che non possono fare, abbiamo pensato, come genitori, di essere propositivi. Abbiamo avuto bisogno di trovare un partner illuminato che, condividendo i nostri obiettivi, ci per-mettesse di proporre alla scuola attività educative gratuite per integrarne l’offerta formativa... Comet, gruppo Bolognese protagonista della moder-na distribuzione, ha risposto all’appello!

Nasce così “Facciamo Scuola Insieme”: un progetto per il territorio Bolo-gnese pensato per promuovere il benessere dei bambini in età scolare che vede coinvolti i professionisti dell’infanzia Girotondo. Per l’anno scola-stico 2016/17 offriremo alle Scuole attività integrative gratuite innovative e stimolanti, coordinate dal Comitato Etico/Scientifico Girotondo, scelte per il loro valore educativo e progettate per offrire esperienze di alto profilo: attività gratuite svolte in classe o in uscita scolastica, per stimolare al mas-simo l’apprendimento educativo dei nostri bambini. Sono tante le attività disponibili, potete vederle sul sito www.rivistagirotondo.it.Con la speranza che questa bella iniziativa possa essere finanziata anche nel territorio della provincia di Roma dove vivo vi affido in buo-ne mani, passando il testimone di Direttore della rivista a Marzia di Sessa, Giornalista Professionista e soprattutto mamma di 4 figli che, fin dal primo momento in cui ha conosciuto Girotondo, ha creduto nei valori della nostra Associazione NO PROFIT. Tutto il mio tifo a te Marzia, grazie per esserci! E a tutti i volontari di Girotondo, ai lettori della nostra rivista, a chi parteciperà a Facciamo Scuola Insieme, auguro un buon anno scolastico e un buon cammino costellato di sostegno a sempre più genitori!•

Scaricando sul vostro smartphone l’app QRReader e puntando sul codice sovrastante, vi collegate direttamente al sito di Girotondo: www.rivistagirotondo.it

Registrazione presso il Tribunale di Tivoli n. 14 del 25.11.2011

Distribuzione gratuita nelle scuole prima-rie e dell’infanzia di Bologna e provincia e in quelle della provincia di Roma: Cave, Palestrina, San Cesareo e Zagarolo

Fondato da: Cristiana Chiapparelli e Silvia Schiano di Tunnariello de L’Isola che non C’è, scuola d’ispirazione Montessoriana; con la collaborazione di Ilaria Zamboni

Direttore Responsabile: Cristiana Chiap-parelli

Responsabile Comitato Scientifico: Silvia Schiano di Tunnariello

Hanno collaborato a questo numero: Annalisa Amadesi , Alessandra Augu-sti, Stefano Balestra, Carlo Baravelli, M. Lavinia Bartolucci, Claudio Buccheri, Anna Maria Casadei, Maria Luisa Chil-lemi, Marina Ciampoli, Rossella Cin-ti, Alessandra Cremonini , Francesca Cristofari , Marianna De Luca, Marzia Di Sessa, Franca Errani, Claudia Filidi, Michela Foti, Giorgio Gambi , Irene Giar-dini , Laura Magnani, Teresa Malacarne, Morena Manzini, Silvia Mederi , Rita Min-golla, Giuseppe Monaco, Sara Ottonel-lo, Mariangela Pinci, Giovanna Porisini , Loredana Raso, Nada Raspanti, Roberta Sabattini, Adele Sassorossi, Camilla Tar-gher, Tiziana Trentini , Patrizia Valenti, Licia Vasta, Lucia Zerbinati.

Immagine, comunicazione, sito internet e progetto grafico: Ilaria Zamboni

Stampa: Casma Tipolito, via Provaglia, 3 - 40138 Bologna

Redazione: Associazione Culturale Giro-tondo, Via Prenestina Nuova, 30 - 00036 Palestrina (RM), tel. 347.308.22.05, [email protected].

Finito di stampare a SETTEMBRE 2016

Ogni collaborazione è a titolo gratuito. Tutti i mate-riali, le foto, i testi inviati alla redazione ai fini della pubblicazione non verranno restituiti, salvo diverso accordo, e tale invio fornisce automaticamente alla redazione la liberatoria, da parte del mittente, per l’uso delle immagini e del pensiero anche sul sito internet. La riproduzione anche parziale dei mate-riali e dei testi pubblicati è espressamente vietata.

l ' editoriale

a cura dott.ssa Cristiana Chiapparelligiornalista, direttore responsabile Girotondo

anno 5 • n° 20 • settembre ‘16

girotondo la rivista dei bambini e delle loro famiglie

in questonumero

dossier05 speciale educazione: insegniamo ai nostri figli ad essere felici

08 Aiutiamo i nostri figli a trovare se stessi per essere felici

approfondimenti10 Lo sport che fa per noi? Un gioco da vivere serenamente

11 Sport e.... bambini introversi, bambini estroversi

12 Bambini e sport: come evitare i traumi sportivi e prevenire le malocclusioni?

14 Ogni figlio ha diritto a praticare sport!

15 Anche lo sport può fare male... quando? Come prevenire?

16 Famiglie con cani, bambini e tanti sport da fare per divertirsi e tenersi in forma tutti insieme

19 Un Centro Primo Sport anche a Bologna? Si, grazie! 20 Perchè è così importante la danza per i bambini? Perchè è coinvolgimento totale: corpo, cuore e spirito 22 Attività sportiva e gravidanza...

23 Postura: emozione che prende forma nello spazio

24 Mani e piedi portano i nostri bambini sul cammino dell’indipendenza

26 Aiutiamo i nostri figli a tirare fuori il meglio di se stessi grazie ai benefici dello sport!

28 Alla ricerca del corpo perduto... nei banchi della scuola primaria!

30 Il movimento dei bambini e la preoccupazione dei genitori: diritti naturali da riscoprire

Sviluppo32 Neuropsichiatria e dintorni Come posso sapere se mio figlio ha un disturbo specifico di apprendimento?

37 Pillole di Pediatra Dai figli dei libri ai figli di internet: come avvicinarci ai nostri nativi digitali

38 Neuropsichiatria e dintorni Paralisi Cerebrale Infantile: scopriamo cos’è e come può aiutare il trattamento riabilitativo

40 bambini e Linguaggio 3... 2... 1... viaaa! tutti pronti per i banchi di scuola!

Salute42 Approfondi Denti L’apparecchio senza stress? terapie in tempi giusti ed efficaci grazie al dialogo con le famiglie

Oltre all’igiene la prevenzione… scopriamo cos’è questo alleato fondamentale per la nostra salute

46 Nutriamoci bene Naturopatia pediatrica: un aiuto ai problemi di dentizione

48 In Farmacia C’era una volta... la propoli!

Pappa reale: l’energia che ci regalano le api

scuola50 Pianeta Scuola Scuola moderna e metodologie di insegnamento: qual e’ quella giusta?

I laboratori: una preziosa risorsa educativa per crescere sperimentando

La natura entra in classe: la parola al veterinario!

Scuole Comunali e qualità dei percorsi: garantisce l’Istituzione IES

diventare genitori55 Filo diretto Scacco matto alla tecnologia: crescere giocando a scacchi!

Come possiamo vivere al meglio la musica nella quotidianità?

I disegni dei nostri bambini ci parlano del loro mondo e delle loro emozioni...

61 Mediazione e famiglia Mio figlio: priorità assoluta anche in caso di separazione

a cura della Redazionein collaborazione con i propri esperti dell’infanzia

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A ognuna di noi madri è successo che incontrando una vecchia amica a passeggio con nostro figlio/a scattasse la fatidica gara a quale dei bimbi presentasse le caratteristiche migliori, quale fosse più bravo negli sport o a scuola... questo non deve sorprenderci perchè è ovvio che desideriamo per loro il meglio, vogliamo che siano preparati per la vita, ed è per questa ragione che negli ultimi decenni molti genitori hanno assunto un modello educativo basato sulla iper-genitorialità.

Ma questo tipo di educazione non li prepara nel senso più ampio del termine, ma purtroppo nel più limitato... per essere felici non basta avere le conoscenze e le competenze necessarie per diventare un buon professionista avere un bel lavoro tale da guadagnare in abbondanza e ogni adulto lo sa bene.

Allora perchè andiamo versoquesto tipo di educazione? Perchè per soddisfare la nostra “ansia da prestazione genitoriale” abbiamo bisogno che i nostri figli siano perfetti, “i migliori”, così noi ge-nitori saremo visti dalla società come bravi educatori, cercando la conferma per aver svolto bene il nostro compito negli occhi degli altri anziché in quelli dei nostri figli.

E così non esitiamo a iscriverli a diverse attività extrascolastiche, spianare loro la strada e, natural-mente, spingerli al successo ad ogni costo. E la cosa peggiore è che crediamo di farlo “per il loro bene”. Sicuramente sotto pressio-ne, la maggior parte dei bambini obbedisce e raggiunge i risultati che noi genitori ci aspettiamo, ma in questo otterremo solo di limitare il loro pensiero indipendente e le competenze che li possono portare al successo e alla loro felicità.

insegniamo ai nostri figliad essere felici...

I bambini non hanno bisogno di essere i migliori, ma solo di essere felici. Haim G. Ginott, illustre psicologo dell’età evolutiva, usava dire: “I bambini sono come il ce-mento umido, tutto quello che li colpisce lascia un’im-pronta.”Invece di desiderarli perfetti e vincenti, non sarebbe bello in-segnare loro a “saper perdere” con serenità, in modo che diventino adulti in grado di gestire la perdita, il senso di vuoto sotteso, e quindi capaci di gestire con un sorriso le difficoltà che la vita, durante il loro cammino inevitabilmen-te gli presenterà, anche quando noi non ci saremo più? Se non diamo loro spazio e libertà di trovare la propria strada e li carichiamo di nostre aspettative, i bambini non potranno cadere e rialzarsi, prendere le proprie decisioni, sperimenta-re e sviluppare la loro identità per diventare adulti capaci di affrontare le difficoltà.

E non dimentichiamo che... a • Ogni bambino impara secondo il proprio ritmo, e che non devono confondere la stimolazione che aiuta a sviluppare, con la pressione che travolge.• Che il fattore più influente nel rendimento scolastico dei bambini è che i genitori leggano ai loro figli, che gli dedichino del tempo ogni notte per coltivare insieme la passione per la lettura, non scuole costose o giocattoli iper-tecnologici.• Che il bambino che ottiene i voti migliori non è mai il più felice perché la felicità non si misura in questi termini.Che i bambini non hanno bisogno di più giochi, ma di una vita più semplice e spensierata e di passare più tempo con i genitori.• Che i bambini meritano la libertà di esplorare tutto e deci-dere da soli cosa gli piace e li rende felici.

educando i nostri figlia essere migliori

rischiamo:DI GENERARE LA PERDITA DELLA PROPRIA AUTOSTIMAMolte persone di successo non sono sicure di sé. Molte top model ad esempio, hanno confessato di pensare di essere brutte/grasse, quando in realtà sono delle icone di bellezza. Questo perché il livello di perfezionismo al quale sono sempre state sottoposte le porta a credere che tutto ciò che faranno non sarà mai abbastanza e che basta il minimo errore perché gli altri le disprezzi-no. I bambini che crescono con questa idea diventano adulti insicuri con una bassa autostima e credono di non essere abbastanza meritevoli d’amore. Di conseguenza, vivono dipendendo dalle opinioni degli altri.

DI PIANTARE IL SEME DELLA PAURA DI FALLIRELa paura del fallimento è una delle sensa-zioni più limitanti che possiamo sperimen-tare. Spingere i bambini verso il successo serve solo a piantare in loro i semi della paura di fallire. Di conseguenza, è probabi-le che questi bambini non diventino adulti indipendenti e intraprendenti, come vor-remmo noi genitori, ma persone che vanno sempre sul sicuro e accettano la mediocrità perché hanno paura di fallire.

Assicuriamoci che nostro figlio sappia che è amato incondizionatamente e in ogni momento, non importa quali errori fa... che è al sicuro e lo ameremo e proteggeremo come possiamo... che può fare lo scemo e perdere il tempo a fan-tasticare e giocare... che può scegliere ciò che gli piace e perseguire quella passione, non importa di cosa si tratti... che può trascorrere il tempo libero facendo ghirlande di fiori o disegnando gatti a 6 gambe se è quello che vuole, anzichè praticare la fonetica o il calcolo... che è una persona speciale e meravigliosa come molte altre persone nel mondo... che merita rispetto e deve rispettare gli altri.

Oggi nello sport è sempre più preponderante l’aspetto agonistico per le ragioni di cui abbiamo ampia-mente parlato fino a qui, ma le motivazioni per cui i ragazzi continuano a praticarlo non sono legate all’attività agonistica ma all’ambiente ac-cogliente e familiare che trovano. Anche se non diventeranno campio-ni, è importante per tutti cimentarsi in una attività sportiva per conoscere i benefici dello sport e avere un valido supporto nella vita, nello studio e nell’apprendimento.

Lo sport, dal punto di vista psicologico, è fondamentale per lo svi-luppo del carattere, l’incremento dell’autostima e la fiducia in se stessi. Oggi i bambini non hanno più le possibilità che c’erano una volta di giocare insieme, e per questo praticare uno sport diventa un’ occasione importante per fare un’esperienza di gruppo che ha molti effetti positivi. L’attività motoria non può prescindere dal gioco che è l’elemento principale di coinvolgimento dei bambini e durante il gioco lavorano divertendosi, vengono stimolati alle competizioni che debbono essere adatte alla loro età, e con le regole imparano a gestire l’aggressività.

Non tutti gli sport sono adatti a tutti, per scegliere quello giusto bisogna tenere conto di tanti fattori come l’età, la corporatura, l’indole, le prefe-renze personali del bambino e le sue attitudini. Un errore è orientare i bambini verso la disciplina sportiva preferita da noi genitori o che rappre-senta una possibilità di riscatto per noi stessi.

La scelta dello sport si deve farein funzione del carattere del bambino, con l’obiettivo di aiutarlo a superare le sue difficoltà e imparare anche a saper perdere senza per questo sentirsi fallito o buono a nulla... apprenderà che nella vita a volte si vince e a volte si perde e che dalle perdite si può sempre imparare a crescere, a migliorasi e andare avanti certi di saper affrontare e superare le difficoltà che ci saranno nel cammino.

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Un bambino può insegnare sempre 3 cose

a un adulto:- a essere contento senza motivo -

- a essere sempre occupato con qualche cosa -

- a pretendere con ogni sua forza quello che desidera -

Paulo Coelho

DI FARGLI PERDERE IL SENSO DELLA VERA MOTIVAZIONE E DEL PIACEREQuando i genitori si concentrano più sui risultati che sullo sforzo, il bambino perde la motivazione intrin-seca, perché capirà che conta di più il risultato che il cammino intrapreso. Pertanto, aumentano le probabi-lità che commetta frodi a scuola, per esempio, perché per lui non è così importante imparare quanto avere ad ogni costo i voti alti. Allo stesso modo, concentrandosi sui risultati, perde interesse per il cammino della vita e smette di goderselo.

DI PRIVARLI DELLA LORO INFANZIAL’infanzia è un periodo di apprendimento, ma anche di gioia e divertimento. I bambini dovrebbero imparare divertendosi, facendo errori, perdendo tempo, lasciando volare l’immaginazione e trascorrendo del tempo con altri bambini. Aspettarsi che i bambini siano i migliori carica sulle loro spalle una inutile responsabilità. Questo metodo edu-cativo li priva della loro infanzia.

Una cosa che lo sport sa fare me-glio di qualsiasi altra esperienza è educarli al rispetto dell’altro e delle regole poiché unisce sem-pre i principi di lealtà, fraternità e uguaglianza. Nelson Mandela amava lo sport perché rispecchia-va i suoi ideali di libertà e ugua-glianza e diceva “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, ha il potere di suscitare emo-zioni. Ha il potere di unire le persone come poche altre cose al mondo. Parla ai giovani in un linguaggio che capiscono. Lo sport può creare speranza, dove prima c’era solo dispe-razione. È più potente di qua-lunque governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia ad ogni tipo di discrimi-nazione anche verso se stessi”.

Persino quando sono ancora così piccoli che sembra non comprendano nulla di ciò che accade. Tutti i cuccioli hanno diritto all’ascolto, al rispetto e alla libertà. Oltre che all’amore, alla protezione e all’attenzione necessaria per crescere. Crediamo impropriamente che il nostro compito di genitori consista nell’indirizzare la prole verso le opportunità che ci sembrano più vantaggiose e ci dimentichiamo che i figli vengono al mondo per inse-gnarci un modo nuovo e diverso di interpretare la vita.

I bambini crescono osservando i comportamenti che mettiamo in atto gior-no dopo giorno, e costruiscono le loro scelte imparando dai nostri sbagli e dai nostri valori. Fino a dare forma a un loro personale modo di essere e di affrontare le difficoltà. Quando nasce un cucciolo d’uomo, succede sem-pre che parenti e amici giochino a scoprire le somiglianze: “È identico alla mamma!” “Ha gli stessi occhi del babbo” “Arriccia le labbra proprio come la nonna…”. Il bisogno di trovare un pezzetto di ciascuno in quella nuova e minuscola vita, nasconde una profonda verità. Il neonato, infatti, mescola in sé i tratti somatici e caratteriali di ognuno, in un mix personale e affasci-nante, che tiene conto delle caratteristiche di entrambi e le modifica con una propria originale unicità.

Quando nasce un figlio, abbiamo la possibilità di avvicinarci al miste-ro dell’esistenza e di osservare una delle sue infinite possibilità ma, con il tempo, quel desiderio colmo di ammirazione e di curiosità, lascia il posto al dovere di accudirlo e proteggerlo dai pericoli, fino a farci dimenticare la missione di accoglienza, ascolto, apertura e indipendenza che caratterizza il mestiere di genitori. Così quando il nostro cucciolo raggiunge finalmen-te l’età dell’autonomia e prova a spiccare il volo fuori dal nido, invece di sostenere il suo bisogno di libertà, incoraggiandolo a cimentarsi lungo le strade ancora inesplorate della vita, cerchiamo di indirizzarlo a seguire i percorsi che a noi sembrano giusti ma che, inevitabilmente, tradiscono il

a cura dott. ssa Carla Sale Musiopsicologo-psicoterapeuta

I figli appartengono alla vita. Non sono proprietà dei genitori. Diventano grandi grazie a una madre e un padre, che ne rispondono e che li curano, ma non sono un loro possesso. Sono persone. E come tali devono sempre essere considerati.

aiutiamo i nostri figli se stessi per essere

Ogni figlio ha il compito di portare l’innovazione e il cambiamento nella realtà di chi si prende cura di lui. Il desiderio di crescere un bambino racchiude un’esperienza avvincente e misteriosa, e regala ai genitori l’occasione per assistere a un modo nuovo di interpretare la vita. I genitori dovrebbero sem-pre coltivare in sé l’umiltà necessaria a imparare dai propri figli. Concedere la possibilità di perseguire i propri obiettivi è un atto d’amore e di rispetto imprescindibile e, chi prende su di sé il compito di crescere un’altra vita, non lo dovrebbe mai dimenticare.

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cammino innovativo che ogni esistenza è venuta a compiere nel mondo. Troppo spesso ci dimentichiamo che educare (da latino educére = tirare fuori) significa aiutare una nuova vita a esprimere le sue scelte. Come genitori sentiamo il bisogno di accudire i nostri piccoli e, nel tentativo di proteggerli dalle esperienze spiacevoli, spesso finiamo per imporre il no-stro modo di pensare, perdendo l’opportunità di imparare la freschezza e la novità dalle loro decisioni.

Un atteggiamento educativo eccessivamente critico e severo inibi-sce l’espressione della creatività e nega ai figli la possibilità di ap-

prendere dai propri errori. La volontà e il carattere, infatti, si costruiscono proprio sulla possibilità di sbagliare e di cam-biare, fino a conquistare i propri obiettivi seguendo strade diverse e ancora ine-splorate. In questo modo l’autostima e il senso di efficacia personale trovano il nu-trimento adeguato e possono dispiegare il loro potere nella personalità e nella vita.

Suggerire il proprio punto di vista fa parte del dialogo che dovrebbe carat-terizzare il rapporto tra le generazioni ma, quando l’opinione dei genitori diventa un ostacolo, una minaccia, un ricatto o addirittura una ne-gazione dell’affettività e della stima, i figli si trovano ad affrontare il mondo senza il sostegno emotivo della famiglia e sono costretti a compiere scelte innaturali. Destreggiarsi tra le proprie aspirazioni e l’a-more di papà e mamma, infatti, è un compito forzato e impossibile, che annienta la reciprocità e il dialogo e conduce in un labirinto di paure fino a nascondere la creatività dietro a una maschera, compiacente e patologica.•

aiutiamo i nostri figli a trovarese stessi per essere felici

a cura dott.sse Annalisa Amadesi, Irene Giardini, Sara Ottonellopsicologhe, psicoterapeute

altre di serie B. Ogni disciplina ha le sue peculiarità, le sue regole e svi-luppa specifiche competenze nei soggetti che la praticano. Ricordiamoci anche che nessun bambino deve diventare un campione per forza; ciò che conta è la possibilità per lui/lei di divertirsi apprendendo il rispetto delle regole del “gioco”, l’accettazione dei risultati senza aspettative eccessive e senza sensi di frustrazione, e capendo che l’impegno, la passione e la leale competizione portano sempre ad ottimi risultati.

Di seguito una sintetica guida degli sport più diffusi, con le età consi-gliate e le indicazioni da un punto di vista psicomotorio:

- Calcio (dai 5 anni): consente di sfogare in modo non violento l’aggressi-vità, favorendo l’autocontrollo in quanto si insegna la pratica del contatto adeguato all’altro; - Nuoto (dalla nascita): è uno sport completo che sviluppa in modo armo-nico tutte le parti del corpo. È molto positivo dal punto di vista respiratorio e cardiocircolatorio; - Danza (dai 4-5 anni): favorisce la coordinazione e lo sviluppo armonico del corpo; - Pallacanestro e pallavolo (dai 5 anni): sono sport completi, consen-tono di sviluppare gli arti inferiori e superiori e favoriscono un’ottima coor-dinazione oculo-manuale. Sono molto utili per favorire la socializzazione;- Arti marziali (dai 5-6 anni): permette di acquisire una buona percezione del proprio corpo nello spazio quanto di sfogare in modo adeguato e non violento l’aggressività;- Tennis (dai 9 anni): consente di rendere i riflessi più veloci, migliora la coordinazione, compresa quella oculo-manuale e favorisce il senso del ritmo e dello spazio.•

È settembre! Siamo rientrati a casa dalle vacanze estive, la ri-apertura delle scuole è una real-tà... tutto ricomincia. Noi genitori ci ritroviamo spesso a chiederci “quest’anno farò praticare uno sport a mio figlio?” o “Quale tipo di sport è più adatto a lui/lei?”

Innanzitutto, ricordiamo sempre che lo sport, qualsiasi esso sia, deve rappresentare per il bambino un gioco da vivere serenamente con i coetanei; dovrebbe essere inoltre nostro fi-glio ad arrivare spontaneamente alla scelta di intraprendere un’atti-vità sportiva, mentre a noi genitori spetta il compito di incoraggiarlo, tenendo conto della sua età e del-la disciplina che intende praticare.

Spesso risulta difficile aiutare i bambini ad individuare lo sport più adatto alla loro età, al loro corpo e alla loro personalità, ma può aiu-tarci pensare che non esistono attività sportive di serie A ed

lo sport che fa per noi?un gioco da vivere

serenamente!

a cura dott.ssa Franca Erranicounselor relazionale, direttrice scuola counseling “InnerTeam”

Lo abbiamo visto dalla prospettiva dei bambini e anche dalla prospettiva dei genitori. Ora questo terzo aspetto va a completare e integrare gli altri, fornendovi, mi auguro, una piccola mappa che vi aiuti a scegliere avendo più chiavi di lettura a disposizione. I termini Estroverso ed Introverso sono entrati facilmente nell’uso comune, anche se la loro definizione non è an-tichissima: la si deve a Carl Gustav Jung, che li pone come elemento co-stitutivo del funzionamento psichico, insieme ad altre funzioni che magari esamineremo nei prossimi numeri. Il carattere estroverso si ricarica di energia nel mondo esterno: con gli altri, con l’azione, con il gruppo. Il ca-rattere introverso invece si ricarica nella solitudine, oppure con poche e selezionatissime persone. Abbiamo già visto come questa caratteristica possa essere sfidante, per il genitore che ha la funzione opposta come pri-maria - ovvero il genitore estroverso di un bambino introverso, o il contrario.

Studi nel campo delle neuroscienze hanno mostrato che diversi neuro-mediatori hanno concentrazioni diverse nel cervello degli introversi e degli estroversi, mostrando una maggiore attività negli introversi e una ridotta ne-gli estroversi. In particolare, vi sono differenze evidenti nel sistema di attivazione reticolare - un insieme di fibre nervose tra il tronco cerebrale e il cervello, che ha a che fare con l’attenzione e la consapevolezza. Sottolineo questi dati perché il dato neurobiologico offre una comprensione e anche una accettazione migliore di atteggiamenti che a volte possono essere scomodi per il genitore che “funziona” diversamente. Questa lunga premessa serve per iniziare a rendersi conto che un bambino estroverso ama i giochi sportivi sociali, con i contatti che creano, hanno bisogno di comunicazione e di performance. I bambini introversi si consuma-no, energicamente, negli sport di gruppo mentre possono eccellere o co-munque trovarsi molto meglio nelle attività sportive individuali.

Là dove il genitore ha la stessa dominante, probabilmente è più facile soste-nere il figlio nella ricerca dello sport adatto; là dove la dominante è opposta a volte la spinta è legata al bisogno di “aiutare” il figlio a… trasformarsi - secondo una esigenza che il figlio non ha. Al di là di questo, certamente lo sport aiuta i bambini a padroneggiare meglio corpo ed emozioni nelle situazioni di pressione psicologica, anche se questo terreno è de-licato perché la paura della prestazione, se da un lato può - a livello leggero - aiutare a far emergere una forza interiore importante, se invece diventa troppa può portare il bambino ad abbandonare l’attività sportiva per la paura di non essere all’altezza. Di fatto le attività sportive sono tutte finalizzate alla competizione, grande o piccola che sia, e questo punto delicato va considerato con cura. La chiave “estroverso – introverso” è certamente utile anche in questo senso... buona scelta a tutti!•

Poiché in questo numero parliamo di sport, ho pen-sato sia utile affrontare questo tema secondo una prospettiva che ho già trattato in altri numeri della rivista, ovvero l’Estroversione e l’Introversione.

sport e...bambini introversi,

bambini estroversi

approfondimenti11

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la relazione d'aiuto

a cura dott.ri P.L. Montanaro, R. Cinti, T. Malacarne, R. Mingolla, G. Monacomedici odontoiatri e implantologi

Non solo con gli sport da contatto o agonistici, ma molto spesso anche per quelli praticati in maniera dilettantistica, dove maldestre cadute posso-no portare a conseguenti traumi.

Considerando come principio fondamentale che prevenire è meglio che curare, il miglior strumento per proteggere i propri denti dai traumi in am-bito sportivo è l’utilizzo del paradenti, una mascherina di silicone traspa-rente che si inserisce tra le arcate dentarie avvolgendole e proteggendole. Ne esistono di preformati, venduti in negozi di articoli sportivi o farmacie, e altri fatti su misura dal dentista prendendo le impronte delle arcate.

Bisogna sapere che alcuni tipi di malocclusioni dentarie o imposta-zioni scheletriche dei nostri figli possono predisporli a traumi. In particolar modo una distanza maggiore di un centimetro tra i denti anteriori superiori e inferiori delle arcate è considerata dall’Organizzazione Mondia-le della Sanità come forte predisposizione ai traumi tanto da indicarne una precoce correzione.

L’aumento di tale distanza può essere causato da uno sventagliamen-to degli incisivi superiori o dal mascellare che si trova troppo avanti o al contrario dalla mandibola che sta troppo indietro o da un’associazione

approfondi denti

La pratica sportiva fa senz’altro bene alla salute, tut-tavia può essere fonte di traumi in particolare sui denti.

come evitare i traumi bambini e sport:

e prevenire le malo

approfondimenti13

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di entrambe queste condizioni. Il labbro inferiore s’interpone tra i denti au-mentando ancora di più la distanza tra le arcate ed esponendo i denti su-periori a qualsiasi tipo di impatto; visto l’incapacità del bambino di tenere le labbra chiuse (incompetenza labiale).

La presenza di questo tipo di malocclusione può dipendere da una pre-disposizione genetica, ma alcune alterazioni funzionali o abitudini viziate

(succhiamento del dito, del labbro, della lingua o del succhietto per tempi lunghi, respirazione orale, deglutizione atipica e postura linguale anomala), modificando il normale assetto neuromuscolare, possono determinare l’insorgere della malocclusio-ne o l’aggravamento di una già presente alterazione scheletrica.

Importanti raccomandazioni per i genitori possono essere quindi: in-centivare l’allattamento al seno al fine di favorire un corretto sviluppo dei mascellari, disincentivare la suzione non nutritiva (ciuccio, dito, labbro, lingua) dopo i 2 anni, fare visite otorinolaringoiatriche precoci al fine di favorire una respirazione nasale e non orale del bambino, fare valutare l’impostazione scheletrica del bambino da un ortodontista al fine di dia-gnosticare una possibile alterazione funzionale e posturale della lingua e dei mascellari, in collaborazione con il logopedista.

È importantissimo sapere che una terapia ortodontica-ortopedica precoce appropriata con un apparecchio che preveda l’espansione del mascellare favorisce spesso il ripristino della respirazione nasale e della posizione linguale corretta favorendo una risoluzione della malocclusione con sensibile riduzione della distanza tra le arcate e recupero della tonicità delle labbra come scudo protettivo naturale dei denti. Oppure in alternativa si può agire su una ridotta crescita mandibolare.

La diagnosi precoce e il relativo trattamento delle malocclusioni conduco-no a benefici a breve e a lungo termine, non solo per la prevenzione dei traumi dentali, ma soprattutto per la corretta crescita del nostro bambino.•

come evitare i traumi sportivi e prevenire le malo cclusioni?

a cura dott.ssa Michela Fotiavvocato, mediatore familiare

si dietro l’angolo, tra chi vorrebbe iscrivere il figlio a molteplici attività sportive, chi – cercando di risparmiare – non intende contribuire nemmeno ad una di esse e, infine, chi proietta sul figlio le proprie ambizioni sportive, magari imponendo lo svolgimento di un’attività che al bambino nemmeno interessa.Chiedere suggerimenti agli insegnanti sul tipo di attività da scegliere, anche in base alle esigenze del bambino, può rivelarsi un utile strumento per valutare più esaustivamente il da farsi.

In ogni caso, la Carta dei diritti dei bambini è chiara nel ricordare:- a coloro che li vorrebbero sempre attivi, che i bambini hanno dirit-to al riposo (cfr. punto 6 Carta); - a coloro che vorrebbero evitare di contribuire a qualsiasi attività sportiva, che il bambino ha diritto all’attività motoria (cfr. punto 1 Carta);- a coloro che li vorrebbero campioni assoluti, che i bambini hanno il diritto di non esserlo (cfr. punto 10 Carta)!

Non sempre, infatti, il bambino deve essere un campione: l’impor-tante è che pratichi uno sport per i vantaggi che apporta e per di-vertirsi.•

Nello sport, in 11 punti, regola-menta le attività sportive per bam-bini, per i quali esse devono es-sere fondamentalmente un gioco.

Regole troppo severe e rigide, infatti, rischiano di far abban-donare l’attività sportiva già intorno ai 12-13 anni. Questo diritto allo sport appartiene ad ogni bambino, anche se mam-ma e papà decidono di sepa-rarsi.

All’inizio di ogni anno scolastico, è, dunque, bene che genitori e figli concordino l’attività sportiva che questi ultimi praticheranno, tenendo conto delle naturali in-clinazioni dei figli e delle risorse economiche della famiglia, anche e soprattutto a seguito della sepa-razione.

In simili situazioni, il conflitto tra genitori separati può celar-

mediazione e famiglia

Per i bambini lo sport è prima che un piacere, un di-ritto. A tale proposito, l’Unesco, nel 1992, ha redatto, a Ginevra, la Carta dei diritti dei bambini.

ogni figlio ha dirittoa praticare sport!

approfondimenti

a praticare sport!

Sono consigliati due controlli po-sturali all’anno, che valuteranno l’aspetto occlusale, visivo e poda-lico correggendo gli squilibri pre-senti e se necessario verrà impo-stato un piano di lavoro specifico.

In caso di infortunio, il terapi-sta accelera il recupero de l’atleta affrontando problematiche muscolo-tendinee e legamentose o di tipo viscerale. In alcuni casi, come la rottura di un menisco o del legamento crociato anteriore del ginocchio, interviene secon-dariamente al chirurgo per pre-venire complicazioni o squilibri posturali. E’ inoltre possibile eseguire se-dute di liberazione fasciale e muscolo-scheletrica pre-gara per favorire la libertà articolare e se-dute post-gara, che agiranno sul sistema fasciale per favorire il re-cupero.•

È innegabilmente vero che lo sport apporta benefici di tipo muscolo-sche-letrico, psicologico, neurologico, endocrino, immunitario e cardiocircolato-rio, che si traducono in migliore capacità di concentrazione, di apprendi-mento, un migliore sviluppo fisico, meno malattie ed un maggiore senso di tranquillità e serenità.

Chi pratica sport dall’infanzia si trova spesso, durante l’adolescenza, a far fronte a un impegno importante, a volte giornaliero, che richiede carichi fisici gravosi, aggiunti a un maggiore numero di ore di studio e impegno scolastico. Il corpo è quindi molto sollecitato. Se i carichi di lavoro du-rante la fase dello sviluppo sono eccessivi o sbagliati per l’età, ne risente tutto l’apparato muscolo-scheletrico dell’atleta.Una perdita della mobilità di articolazioni, muscoli, legamenti e organi in-terni crea uno squilibrio che può andare dalla semplice contrattura fino al dolore cronico. Problematiche che sono in grado di smorzare il piacere del movimento e alterare la qualità della prestazione.

L’intervento manuale osteopatico agisce a livello globale su tutti i siste-mi corporei migliorando la mobilità ed elasticità delle articolazioni nonché la forza muscolare e la capacità respiratoria attraverso l’eliminazione di disfunzioni che influiscono negativamente sull’armonico funzionamento del corpo. Se è vero che prevenire è meglio che curare, anche in questo caso controlli regolari per seguire il bambino nel suo sviluppo si rivelano molto utili, soprattutto in caso di attività intensa.

salute in movimento

a cura dott. Giovanni CaputoFisioterapista – Terapista Manuale Osteopatico

L’attività sportiva è importante fin dalla più tene-ra età per migliorare coordinazione e motricità ed evitare il sovrappeso.

anche lo sport può

fare male... quando?come prevenire?

arearivista15

pag

Fare fitness insieme al proprio cane e al proprio figlio, non solo è un bene per tutti e due, ma anche per noi e rafforzerà la nostra intesa con entrambi. Tutti abbiamo bisogno di esercizio fisico, e il nostro cane non fa eccezio-ne: la sedentarietà, rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie metaboliche come il diabete e i disturbi circolatori. Uno dei modi migliori per mantenere il vostro cane mentalmente e fisicamente attivo è quello di coinvolgerlo in uno sport che lo aiuti a sviluppare la maggior parte dei suoi istinti naturali, in queste discipline coinvolgere bambini e ragazzi nelle fasi di allenamento, di addestramento nonché li dove possi-bile permettergli di condurre direttamente il cane in gara, è estremamente formativo per i nostri figli, che sviluppano capacità di leadership, autostima e rispetto dei limiti altrui.

Sport divertenti? Ecco alcuni esempi!1. Agility Dog: In questo sport i cani sono giudicati in base alla loro ve-locità e precisione nello svolgere un percorso ad ostacoli. I percorsi sono molto eterogenei, senza limiti di taglia o razza.

2. Flyball: la gara prevede una staffetta tra due squadre di cani che devo-no affrontare una serie di quattro salti prima di arrivare ad una macchina che lancia una pallina. Il cane deve poi affrontare nuovamente i quattro ostacoli nel senso opposto prima di portare la pallina al padrone. Appena un cane recupera la palla e la riporta al punto di lancio, viene rilasciato il secondo cane e così via.

3. Dock Diving: è un emozionante sport acquatico perfetto per la bella stagione dove i cani competono nel saltare il più lontano possibile in una piscina d’acqua partendo da una piattaforma elevata detta “dock”.

4. Sheepdog Trials: Per cani da pastore non c’è sfida migliore della ge-stione e dello spostamento di un piccolo gregge di pecore attraverso una corsa ad ostacoli. Tra le diverse varianti di questa attività, la più complessa e completa è lo “Shedding”, ovvero la “separazione di un gregge”

cuccioli e co.

a cura dott. Michele Tommasinodirettore sanitario clinica veterinaria

Unire l’amore per la salute e la forma fisica a quello per il proprio amico a quattro zampe e trasmettere questi valori ai propri bambini è una forma di soddi-sfazione molto appagante.

e tanti sport da fare p famiglie con cani, bambini

e tenersi in forma

approfondimenti17

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5. Disc Dog: prevede gare che vedono come protagonisti i cani insieme ai loro padroni con l’obiettivo di essere i migliori nel lanciare e prendere dischi. Le sfide sono generalmente divise in gare di “lancio e recupero “ e “freestyle”. Nella categoria freestyle, il padrone e il cane lavorano insie-me, spesso con un sottofondo musicale, per creare una coreografia dove agilità, stile e velocità rappresentano gli elementi essenziali che rendono la sfida uno spettacolo emozionante.

I ‘Bimbi Games’ sono un’al-tra possibilità: dei divertenti giochi che vedono come pro-tagonisti i bambini e i loro cani. Questi giochi possono avere una finalità esclusivamente lu-dica e praticati quindi all’interno

del centro cinofilo, oppure aprire ai bambini le porte dell’agonismo. Dato che sono giochi di squadra, i ‘Bimbi Games’ hanno una duplice funzione: insegnano al bambino il corretto rapporto con il proprio cane e il corret-to rapporto con i suoi coetanei. Lavorare in squadra, per raggiungere un obiettivo comune, stimola nei bambini la collaborazione, l’autonomia, la concentrazione e la pazienza. Per informazioni bisogna contattare la Fe-derazione Italiana Sport Cinofili.•

e tanti sport da fare p er divertirsie tenersi in forma tutti insieme

Il bambino nel processo di sviluppo della sua motricità non impara solo a girarsi sulla pancia, a sedersi e a camminare ma impara anche a impara-re. Impara a esercitare un’attività qualsiasi in maniera autonoma, a provare interesse, a sperimentare esperienze e emozioni nuove; impara a conoscere le sensazioni del proprio corpo scoprendo se stesso e il corpo degli altri. Il mondo attuale offre molte occasioni di vita sedentaria dove spesso si è spettatori passivi. È in questo contesto che l’outdoor ed esperienze mo-torie come il camminare, correre, saltare, rotolare, lanciare e ricevere, arrampicarsi, assumono grande valore e consentono al bambino di vivere da protagonista e sviluppare spontaneamente capacità motorie coordinate.

Le pratiche motorie e lo sport, inteso nelle sue prime forme di gioco di movimento con regole, praticato dai bambini possono offrire occasio-ni importanti per crescere, per accettare l’altro e farsi accettare, per misu-rarsi nell’accoglienza e nella cooperazione tra pari. Un corpo che si muove è la prima forma di comunicazione con l’altro ed è in connessione diretta con il vissuto emozionale dei bambini. Le implicazioni emotive e sociali dell’attività ludico e motoria promuovono nel bambino l’esplorazione dell’ambiente, la sperimentazione delle capacità corporee e danno il via a legami sociali più differenziati, abbandonando via via l’attaccamento alla persona adulta più familiare e conquistando maggiore autonomia.

Società Dolce è da sempre attenta al sostegno delle iniziative so-ciali tese a migliorare la qualità della vita e alla promozione di una cultura differenziata volta al benessere della persona, coinvolgendo le fasce dei più piccoli. La partecipazione a iniziative sportive e la promozione dei luoghi di aggregazione e divertimento, sono la testimonianza di questo impegno, oltre a progettualità di servizi per l’infanzia dove corpo e movi-mento sono parole ricorrenti e dove l’educazione ludico-motoria è un itinerario privilegiato da seguire.

Di recente abbiamo conosciuto Laboratorio 0246, l’associazione che nasce per volere del Gruppo Benetton e che ha realizzato a Treviso il Parco Primo Sport, un parco giochi dedicato allo sviluppo senso-motorio della prima infanzia ed ecco che è già in cantiere per il prossimo anno educativo-scolastico l’apertura di un centro Primo Sport a Bologna presso il parco dei Cedri: un parco giochi speciale per le scuole e per le famiglie offerto gratuitamente alla città di Bologna… un regalo che crediamo possa essere espressione e traduzione delle buone prassi educative per i bambini e le famiglie.•

Ogni bambino dalla nascita avvia un proprio percor-so di crescita che attraverso il costante movimento del corpo lo proietta a nuove scoperte dello spazio e delle capacità motorie e relazionali.

un Centro Primo Sport

anche a Bologna?si, grazie!

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filo diretto

a cura di Giulia SermasiPromozione Servizi Settore Infanzia Società Dolce

A settembre, infatti, con la ripresa delle scuole, si ripresenta ai genitori l’importanza della scelta dell’attività pomeridiana che coinvolge il bambino e lo aiuta a dare voce alle sue passioni. Proviamo quindi ad ascoltare i nostri figli, cercando di capire se si tratta di un banale capriccio o di una reale volontà di immergersi in una disciplina artistica come la danza che coinvolge a 360° grandi e piccini.

Perché scegliere la danza? Capita, in modo puro e spontaneo, che il bambino veda il movimento come un magico mezzo di comunicazione e di espressione alternativo alla parola; ed ecco che appena sente la musica non resiste al richiamo del ritmo e si lascia andare, ballando con passi di danza che sembrano solo apparentemente scomposti.Questo accade perché, liberi da sovrastrutture sociali e culturali, i bambini possiedono un’innata capacità di organizzare il loro corpo nel movimento e vantano una libertà creativa che può essere sviluppata e ampliata grazie alla danza.

Che cos’è la danza? Non è altro che una manifestazione dell’energia vitale che si esprime attraverso il corpo ed è pertanto bella sia da fare sia da osservare. La danza ha un linguaggio del tutto speciale, ci parla di cose dette ”tra le righe”, che a volte non si riesce a esprimere con le parole e aiuta i bambini a manifestare i pensieri che accompagnano la loro crescita.

Il nostro corpo non è soltanto movimento, ma anche sentimento ed emo-zione, è un tramite per relazionarsi e conoscere gli altri; attualmente i bam-bini hanno tantissime occasioni per fare esperienze con il corpo espressi-vo, per es. attraverso la propedeutica, il Giocodanza, i laboratori teatrali

salute in movimento

a cura di Beatrice Ragnimaestra certificata di Giocodanza®

Danzare per i bambini può essere importante tanto quanto il voler parlare ed è necessario che i genitori siano sempre in ascolto riguardo a tale richiesta, poi-ché la Danza è una delle rare attività in cui il bambino si trova totalmente impegnato: corpo, cuore e spirito.

bambini? perchè è coin perchè è così importante la danza per i

totale: corpo, cuore

Il bravo insegnante di danza si propone, non si impone e lavora in modo che il bambino sia attivo e partecipativo durante la lezione; se sarà bravo, diventerà una figura di riferimento, un maestro-amico che grazie anche all’utilizzo del gioco porterà il suo allievo a conquistare la propria creatività e unicità.

approfondimenti21

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e anche attraverso la sperimentazione e l’improvvisazione sulla musica, sempre guidati e trainati da insegnanti che hanno alle spalle anche studi di pedagogia e psicomotricità e tante ore di esperienza in sala.

In questo primo contatto con la Danza è molto importante che la parte del divertimento non passi mai in secondo piano, perché il bambino deve essere felice di ballare! Solo lasciando intatto il proprio istinto motorio e la propria fantasia ne trarrà un grande benessere psicofisico, dando libero sfogo al suo bisogno di movimento e sviluppando allo stesso tempo

un proprio linguaggio creativo e immaginario.

Lezione dopo lezione, in modo naturale e spontaneo, il bam-bino conoscerà il significato dello Spazio, del Ritmo e del Tempo e imparerà a entrare

in relazione con gli altri e a controllare le proprie espressioni emo-tive, cognitive e comportamentali. Se l’insegnante di danza avrà colpito nel segno e sarà riuscito a trasmet-tere all’allievo la sua forte passione per la danza, allora gli trasferirà anche la voglia di partecipare al saggio di fine anno, atto conclusivo di un anno d’impegno, sudore e fatica ma momento più atteso in assoluto dai bam-bini, che saranno felici e pieni di emozione nell’esibirsi di fronte al loro pubblico. •

bambini? perchè è coin volgimentototale: corpo, cuore e spirito

a cura dott.ssa Claudia Filidiginecologa

mesi è raccomandato, perché mantiene il tono muscolare, soprattutto dei muscoli paravertebrali che aiutano la schiena a sostenere il peso del pancione; inoltre favorisce la circolazione sanguigna, prevenendo gonfiori e pesantezza delle gambe.Non solo: muoversi aiuta a tenere sotto controllo il peso corporeo e stimola il rilascio di ormoni (endorfine) che infondono buonumore a mamma e feto. Infine avere un fisico allenato consente di andare incontro con più agilità alle fatiche del parto, aumentando anche la tolleranza al do-lore.

Inoltre alcune condizioni patologiche legate alla gravidanza, come il dia-bete e l’ipertensione gestazionale, possono migliorare con l’attività fisica, limitando il ricorso ai farmaci necessari per controllare tali patologie.

Vanno bene tutti gli sport, tranne quelli che hanno un alto rischio di cadute o che implicano contatti corpo a corpo, che potrebbero comportare traumi all’addome molto pericolosi.Sono sconsigliate anche le attività che prevedono corse o salti, perché possono aumentare la contrattilità uterina.Quindi care mamme, se la vostra gravidanza è fisiologica ed il ginecolo-go lo consente, bando alla pigrizia e via libera a nuoto, acquagym, yoga, pilates o semplicemente passeggiate a passo sostenuto.

L’esercizio fisico, se praticato con costanza e con le dovute cautele, an-che in gravidanza fa bene a voi e al vostro bambino. Quindi non abbando-nate le scarpe da ginnastica e buon allenamento!•

Chi è sportiva da sempre, an-che nel momento in cui scopre di aspettare un bambino, sente il bisogno di continuare a praticare sport; le sedentarie incallite, inve-ce, si guardano bene dal comin-ciare a muoversi proprio adesso, credendo che sia più prudente starsene tranquille e a riposo.

E invece la gravidanza non è una malattia, e non ci si deve comportare come se si fosse malate. È vero che in gravidan-za è necessario adattare l’allena-mento al proprio stato, ma se il gi-necologo dà il via libera, praticare un’attività sportiva procura note-voli benefici alla futura mamma e al suo bambino.

Tranne che per le gravidanze a rischio (minaccia d’aborto, pla-centa previa, minaccia di parto pretermine, ritardo di crescita fetale), fare attività fisica nei 9

mondo donna

attività sportiva

e gravidanza...

La Postura è una chiave di lettura che unisce corpo e mente e li legge come un’unica entità. La posturologia è oggi una giovanissima branca del-la medicina in continua evoluzione che sta facendo passi da gigante e che vuole aiutarci in tal senso. Ma cos’è la Rieducazione Posturale?

E’ un metodo nel quale il paziente è protagonista attivo e partecipa con la respirazione e la guida del fisioterapista nell’ascolto della propria postura. Una volta presa coscienza della corporeità inizia la fase mirata al riequilibrio muscolare individuando e poi eliminando le compensazioni presenti, ossia tutte quelle strategie del corpo per fare fronte a uno stimolo (doloroso o non), reindirizzando la propria forza muscolare.

E’ un lavoro faticoso che richiede un’attiva collaborazione, costanza e de-terminazione e che dà risultati visibili e duraturi in breve tempo sia in termini funzionali (non ho più male, ho più forza, mi sento meglio) sia estetici, con curve più armoniose del corpo. Si suggerisce pertanto di cominciare a partire dalla prima adolescenza (11-12 anni), mentre nei casi di dismorfismi del rachide nei bambini più piccoli (scoliosi o dorsi curvi), si ritiene abbiano più senso periodici con-trolli con ortopedici, fisiatri e fisioterapisti specializzati con eventuali indi-cazioni di percorsi psicomotori e più in generale di tanta attività fisica di esplorazione e sperimentazione.

Il grandissimo vantaggio di questo approccio è di sviluppare le poten-zialità della persona invece di intervenire esclusivamente con una cor-rezione passiva; tuttavia a volte viene indicata anche in associazione all’utilizzazione di ortesi (busti o corsetti) o di semplici apparecchi dentali.

A chi consigliare una valutazione posturale? Potenzialmente a chiun-que anche semplicemente a scopo preventivo ma in particolare in presen-za di dolore, in persone con scoliosi e dorsi curvi.

La perfezione non esiste, nessuno può pensare di avere una postura per-fetta; è possibile però intraprendere un percorso di scoperta di se stessi, che richiede un’importante motivazione ma che può regalare grandi soddisfazioni. •

Il linguaggio non verbale del nostro corpo ci svela a noi stessi: quando un bambino cresce, scrive la sua storia con il proprio corpo.

postura:emozione che prende

forma nello spazio

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in movimento

a cura degli esperti del settore NeuromotorioCentro Riabilitazione AXIA

a cura dott.ssa Silvia Schiano di Tunnariellopedagogista, counselor relazionale, coordinatore asilo nido “L’Isola che non C’è”

Mentre lo sviluppo del piede e del passo è fisso in tutti gli uomini, pertan-to la grande studiosa afferma che, una volta imparato a camminare gli uomini utilizzeranno nello stesso modo i loro piedi tanto da essere considerato un fatto biologico; lo stesso non può dirsi per le mani la cui funzione non è fissa: lo sviluppo della mano nell’uomo dipende dal-la psiche, non solo dell’io individuale, ma anche dalla vita psichica delle differenti epoche.

Quando l’uomo pensa, pensa ed agisce con le mani (e del suo lavoro fatto con le mani ci ha lasciato traccia quasi subito dopo la sua comparsa sulla terra) nelle grandi civiltà del passato si sono sempre avuti esempi del suo lavoro manuale, basti pensare all’antico Egitto abbiamo prove di inestimabile valore del suo lavoro, mentre civiltà ad un livello meno raffinato ci hanno lasciato esempi più “rozzi”, infatti, se guardiamo alle epoche preistoriche, ci appare un tipo di civiltà primitivo, basato sulla for-za, i monumenti e le opere di quel tempo sono costituiti da enormi massi di pietra; altrove, opere d’arte più raffinate ci rivelano un lavoro di uomini ad un livello superiore di civiltà.

Lo sviluppo dell’abilità della mano va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza. La Montessori prosegue, sostenendo che l’intelligenza del bambino raggiunge un certo livello, senza far uso della mano; con l’attività manuale egli raggiunge un più alto livello di sviluppo, e sostiene, inoltre, che il bambino che ha potuto far uso delle proprie mani svi-luppa un carattere più forte. La trattazione di questa materia da parte di Montessori prosegue, analizzando quelle che sono le implicazioni e le cor-relazioni tra lo sviluppo delle mani e degli arti inferiori: i piedi, il camminare. Dunque, i piedi, capaci di camminare, trasportano l’uomo dove egli possa

la parola al pedagogista

Nel precedente numero di Girotondo attraverso gli studi della grande Maria Montessori abbiamo co-nosciuto la mano, quale strumento cardine per lo sviluppo dell’intelligenza umana.

portano i nostri bam mani e piedi

sul cammino dell’in

Maria Montessori ci dà un’indicazione importante: il bambino che ha imparato a camminare, deve camminare da solo, perché qualsiasi sviluppo viene rafforzato con l’esercizio; e così se continuiamo a portare in braccio il bambino che sa camminare non lo aiutiamo ma ostacoliamo il suo sviluppo.

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lavorare con le mani, e lasciare traccia del suo passaggio, del suo opera-to. Lo sviluppo della mano è dettato da intelligenza, coscienza ed esercizio, nell’arco del primo anno di vita il bambino passa, infatti, dalla prensione inconscia al movimento intenzionale: aprire e chiudere cassetti, sportelli, mettere tappi alle bottiglie, togliere oggetti da un recipiente all’al-tro.

Nel frattempo cosa succede ai piedi? M. Montessori afferma che né l’intelligenza, né la coscienza sono intervenute; avviene qualcosa di ana-tomico nello sviluppo del cervelletto che dirigerà l’equilibrio del bambino; e così questi prima si alza a sedere, poi si gira sul ventre, cammina carponi, infine si alza e cammina da solo. Tutto questo processo è dovuto soltanto ad

una maturazione interna, il camminare rappresenta un passaggio im-portante nello sviluppo del bambino: un altro stadio dell’indipendenza è raggiunto!

Non dobbiamo portare in braccio il bambino ma permettergli di cammina-re e se la sua mano vuole lavorare, gli dobbiamo offrire attività intelligen-ti da esplicare. Perché solo le proprie azioni portano il bambino sul cammino dell’indipendenza.•

portano i nostri bam bini sul cammino dell’in dipendenza

... e, se praticato nel modo corretto, è un’attività molto piacevole e di-vertente per i bambini e per i ragazzi” parola di Armando Calzolari, Responsabile Unità operativa complessa di Medicina Cardiorespiratoria e dello Sport - Dipartimento di Medicina Pediatrica - dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, uno degli ospedali di riferimento a livello internazionale per l’assistenza e la ricerca in campo pediatrico.

Sin da piccoli, i nostri figli conducono una vita sedentaria e fare sport permette di acquisire un bagaglio di esperienze motorie che sarà prezioso per tutta la vita. Infatti da grande sarà molto più avvantaggia-to rispetto a chi non ha mai praticato attività fisica, perché ha strutturato una muscolatura migliore e ha “sperimentato” e formato il proprio corpo in un’età in cui si sviluppano le cosiddette capacità coordinative, come l’equilibrio e l’orientamento, e le capacità condizionali, ossia la forza, la resistenza e la velocità.

Qual è il risultato? Se anche interromperà per alcuni anni la pratica sportiva, il suo corpo conserverà memoria dei benefici acquisiti da piccolo e quando, da adulto, vorrà riprendere a fare sport o vorrà intraprende uno sport nuovo, avrà già le basi giuste per ripartire alla grande. Di solito i genitori cominciano a far praticare sport ai propri figli intorno ai tre-sei anni. Vero è però che in questa fascia d’età non c’è molta differenza tra i vari sport, perché in tutti i casi l’approccio è ludico e non si entra nello specifico della disciplina sportiva.Fino ai sei anni infatti non si può parlare di sport vero e proprio, ma più di esperienza del proprio corpo, in un’età in cui l’individuo è assai ricettivo ad imparare cose nuove.

Solo con il passare degli anni il bambino attraverso la pratica sportiva avrà la possibilità di sviluppare gradualmente le varie capacità fino all’adole-scenza, quando certe potenzialità potranno essere perfezionate con l’allenamento e in base al proprio talento individuale (ci sarà chi è più portato verso l’equilibrio, chi verso l’orientamento, chi verso la velocità ecc.). Dopo i sei anni si assiste a un progressivo sviluppo sia del fisico che della capacità di coordinazione dei movimenti, che consente l’approccio a nuove discipline sportive, come per esempio l’atletica leggera o il basket. Regola di base tuttavia deve continuare ad essere la stessa: l’atti-vità deve consentire lo sviluppo armonico di tutto il corpo. Non ha senso accompagnare i figli al corso e poi lasciarli lì come a un parcheggio

filo diretto

a cura di Naomi Polselli

“Praticare sport in età pediatrica presenta tan-ti aspetti positivi: assicura un adeguato sviluppo dell’apparato scheletrico e muscolare, regola il me-tabolismo, favorisce la socializzazione...

a tirare fuori il meglio aiutiamo i nostri figli

grazie ai benefici

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per approfittarne a sbrigare le proprie faccende. Verifichiamo invece che la lezione preveda una preparazione fisica di base (sempre indispensabile, qualunque attività si pratichi), che non sia ripetitiva e noiosa, che il bambi-no abbia la possibilità di divertirsi e di fare davvero sport.

A qualunque età si incominci a fare sport, la figura dell’istruttore è un punto di riferimento importante per il bambino. Fino ai sei anni il piccolo atleta non ha bisogno di un semplice insegnante, che impartisca

delle nozioni tecniche, ma di una sorta di “baby-sitter tecni-co” che sappia entrare in em-patia con lui, sappia ascoltarlo e riesca a farsi ascoltare.

Ma anche dopo i sei anni, l’i-struttore continua a ricoprire un ruolo determinante - a lui spetta il compito di motivare il

suo allievo, sostenerlo durante l’allenamento, ma anche interrompere, se è il caso, la lezione per fermarsi a parlare con lui e capire quali difficoltà si possono nascondere dietro eventuali insuccessi. In questo modo si in-staura una relazione che va al di là del semplice rapporto tecnico e che alla fine dà i risultati migliori, perché il ragazzo va a fare sport con più piacere e un po’ per volta riesce a tirar fuori il meglio di sé. Non solo: se si stabilisce un rapporto di fiducia diventa anche più facile far affrontare all’allievo i sacrifici che l’allenamento e l’apprendimento del gesto tecnico comportano.•

a tirare fuori il meglio di se stessigrazie ai benefici dello sport!

a cura dott. Claudio Buccheripsicomotricista, TNPEE, formatore, supervisore e tutor

Il corpo da vettore di conoscenza e costruzione di consapevolezza diven-ta, improvvisamente, nella scuola Primaria un oggetto alieno agli obiettivi dei programmi educativi al punto da rappresentare un vero e proprio osta-colo alla normale didattica quando non si dimostri bastantemente educato. Se il bambino mostra una certa irrequietezza, un non sufficiente livello attentivo, magari “aggravato” da una certa aggressività nelle condotte, scatta subito l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali) col quale s’invita la famiglia ad attivarsi per una qualche certificazione, si può andare da una semplice Iperattività alla dislessia, ambito diagnostico in sorprendente espansione.

Segno questo, a mio avviso, di una scuola in difficoltà nell’accogliere i bambini nella loro globalità che, imponendo loro una rimozione forzosa del corpo, relegandolo ai soli momenti di gioco libero durante l’intervallo o alle canoniche due ore settimanali di educazione fisica, perde di vista i bisogni espressivi e le potenzialità cognitive intimamente legate alla corporeità di ogni individuo.

Un intervento psicomotorio alla scuola primaria offre ai bambini uno spa-zio di libera espressione ove le regole dello stare insieme sono co-co-struite e non imposte dall’adulto e anche la certezza che, ove si manife-stassero difficoltà nel gruppo, queste sarebbero di diretta responsabilità dell’adulto al quale spetta l’obbligo di garantire il loro diritto a trovare nell’attività un momento di benessere condiviso ed evolutivo. A tale riguar-do, mi preme dire che ogni qualvolta mi trovo ad affrontare passaggi delica-ti, cerco la soluzione dai bambini e, immancabilmente, se riesco a seguire le

psicomotricita '

Molto spesso ci siamo dedicati con efficacia a de-scrivere il delicato passaggio tra scuola dell’infanzia e la scuola primaria, ma io vorrei con questo mio intervento, porre l’attenzione sul mutamento di pa-radigma imposto ai bambini nella relazione con il loro corpo al momento dell’entrata nella Primaria.

alla ricerca del corpo nei banchi della scu

I percorsi di psicomotricità possono costituire un valido ponte tra l’espressione dei bisogni dei bambini e la declinazione delle norme che regolano lo stare nello spazio tempo della classe e al contempo, può aprire ad una riflessione cooperativa col gruppo docente sulle fonti del disagio educativo in classe e/o di quello che può nascere dal confronto con alcuni bambini particolari, cercando il senso delle loro condotte “problematiche” oltre che modalità e strumenti in grado di trasformare le relazioni adulto-bambino. Infine può offrire alle famiglie un momento di scambio e scoperta che talvolta può aprire a nuovi sguardi sui figli.

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loro indicazioni, le criticità si sciolgono. Inoltre offre loro un adulto in grado di creare spazi di elaborazione e delineare posizioni di gioco che ac-compagnino i bambini nella costruzione di una sempre più consapevole au-toregolazione per il tramite di opzioni di scelta che li rendano protagonisti responsabili delle loro scelte.

Al contempo, per i docenti osservare i bambini in azione rappresenta la possibilità di scoprire le risorse inespresse in seno all’attività currico-lare che, se riconosciute, potrebbero trovare spazio in un mutato quadro

relazionale, riconoscendo al bambi-no “difficile” un proprio sapere/saper fare da offrire al gruppo classe. I do-centi avrebbero anche la possibilità di riflettere sulla propria posizione ed escogitare strategie di comunica-zione efficaci che abbassino i livelli di reattività nelle comunicazioni. Ad

esempio, un gruppo docente, facendo risorsa di un mio suggerimento di dare agli alunni un indicatore visivo dello stato di disagio delle insegnanti prima che ci fosse l’inevitabile urlata, ha elaborato un termometro della “arrabbiatura dell’insegnante” sulla cui scala veniva spostato un quadra-to che salendo, determinava conseguenze conosciute dalla classe. L’aspetto per me più significativo è che i docenti abbiano usato uno stru-mento nuovo, che li ha portati necessariamente a riflettere sul loro stato interno prima di urlare alla classe e al contempo, ha reso visibile lo stato

alla ricerca del corpo perduto...nei banchi della scu ola primaria!

emotivo del docente permetten-do alla classe di autoregolar-si prima di incorrere in sanzioni. Avrei tanti altri esempi come que-sto da raccontare ma lo spazio è tiranno… per concludere mi sento di ricordare che già nel V sec. a.C. si usava dire che “puoi scoprire di più riguardo a una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”, sen-za dimenticare che per ap-prendere i ragazzi dovrebbero essere guidati “per mezzo di ciò che li diverte” e per ciò stes-so senza dimenticarne il corpo, veicolo straordinario di apprendi-mento efficace ed immediato per ognuno di noi.•

a cura dott. ssa Licia Vasta psicopedagogista

Ma è proprio qui che l’ansia dei genitori e la preoccupazione che il pro-prio cucciolo possa farsi male si insinua e mette in genitori in uno stato di allerta tale da non consentire al bambino di sperimentare e quindi di imparare. Donald Woods Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese dei primi del ‘900, fa una bellissima distinzione tra la preoccupazione intesa come angoscia e pericolo e la pre – occupazione responsabile, ovve-ro il diritto dei bambini di avere accanto a loro adulti che possano mettere a disposizione uno spazio pensato a loro misura e, in quello spazio, muoversi liberamente .

I bambini di oggi, troppo protetti, non conoscono più il minimo ri-schio ma è solo sperimentando quei piccoli pericoli di cadute e la propria capacità di rialzarsi che si possono conoscere e, di conseguenza, evitare i reali rischi. La paura che il bambino si possa far male, cadere, graffiarsi un ginocchio porta i genitori a una sorta di iperprotezione che li anticipa nei piccoli e grandi movimenti, che toglie il piacere di sperimentare anche sbagliando, ma allo stesso tempo scoprire lo stupore di riuscire a fare da soli: gioia immensa per nutrire l’anima del piccolo, nutrimento che fa crescere la fiducia in Sé stesso, quella che conosciamo come autosti-ma! Recuperare la naturalezza, rallentare la corsa frenetica di oggi che non ci permette di pensare, di osservare e guardare potrebbe essere un primo passo in direzione dei bisogni dei bambini e dei loro diritti naturali.

Noi a volte guardiamo senza vedere, senza che la memoria epider-mica possa fare tesoro di tante storie passate e mai dimenticate.Gianfranco Zavalloni, uno dei più validi educatori del nostro paese, par-la di diritto all’uso delle mani intendendo il piacere del toccare, costruire, montare e smontare, cosa non possibile con i giocattoli di oggi precon-fezionati e “perfetti“ al punto tale che non si chiede più ai bambini di IM - Magi - NARE, di riscoprire il mago interno come esperienza di curiosità e scoperta, come conduttore di un fare che si coniuga

la relazione di aiuto

Correre, cadere, sbucciarsi un ginocchio, alzarsi nuo-vamente e correre ancora per sperimentare la gioia e lo stupore di essere capaci di rialzarsi e accrescere così la fiducia in sé stessi.

e la preoccupazione d il movimento dei bambini

diritti naturali da ris

L’ambiente esterno è sensorialità, è ascoltare e guardare, poter lasciare spazio al silenzio perché gli sguardi dei bambini possano tornare a guardare e non solo vedere, perché guardare è diverso da vedere, e ascoltare non è semplicemente sentire con le orecchie, ma sentire le emozioni, e questo permette ai piccoli di alimentare la curiosità se non invasa e anticipata da sollecitazioni, richieste che pre–tendono e che dimenticano cosa significa per un piccolo soffermarsi nei dettagli.

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all’esplorazione del mondo naturale, perché il diritto all’uso delle mani è uno dei diritti più trascurati nella nostra società.

Un adulto vicino ai bambini che non li sovrasti della propria presenza, ma che dia invece a loro la “possibilità di stare da solo in presenza di qualcuno” è fondamentale per lasciare crescere il piccolo di uomo.È importante allora recuperare questa presenza di silenzio, lentez-za, ascolto e dove farlo meglio se non immersi nella natura, nei par-chi e nei giardini di infanzia? Questa dimensione deve essere recupera-

ta prima di tutto da noi educatori, insegnanti, genitori andando a ri – cercare il nostro bambino in-terno e ascoltandolo, non con le orecchie, ma con il cuore, con le emozioni dei ricordi che ci pos-sono dire quali sono i bisogni profondi dell’essere umano.

La curiosità guida l’esplorazione e il tempo acquisisce un’altra mi-sura, lo spazio e il tempo diventano “bussole interne che permettono di separarsi senza perdersi, di giocare da soli in presenza di qualcuno” (D. Winnicott), la fretta non c’è all’esterno perché il ritmo lento permette di cogliere il particolare, comprendere quel suono, rumore, respiro o silenzio... nel gioco spontaneo il bambino ritrova se stesso, si sente unico e speciale. Albert Einstein afferma “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.•

e la preoccupazione d ei genitori: diritti naturali da ris coprire

neuropsichiatria e dintorni

a cura dott.ssa Marina Ciampoliex responsabile unità pediatrica-nido Ospedale Palestrina (RM)

Riconoscere il disturbo specifico dell’apprendimento D.S.A. Richiede diver-se competenze e diverse professionalità e possono essere molte le persone che principalmente, lo studente e la famiglia, possono incontrare in un per-corso che può spaventare la famiglia ma che diventa necessario per il bene del bambino affinché possa continuare, nel caso venga diagnostica-to il disturbo, a vivere in serenità nel gruppo classe senza sentirsi inadeguato ma anzi possa essere aiutato nel migliore dei modi nel suo percorso d’ap-prendimento scolastico proprio dalle sue insegnanti. L’iter d’identificazione del D.S.A. può essere sintetizzato in queste tre fasi:

Identificazione precoce del disturbo. I docenti attraverso il lavoro in clas-se possono identificare sospette difficoltà ponendo attenzione sull’appren-dimento delle abilità fondamentali nella lettura, nella scrittura e nel calcolo oppure attraverso uno screening, cioè alcune prove collettive somministrate all’intera classe come ad esempio dettati, comprensione del testo, ecc., ef-fettuate al termine della seconda elementare per l’area linguistica e in terza elementare per quella matematica, previa comunicazione alla famiglia. Nel caso s’identificassero bambini a rischio si suggerirà una valutazione clinica.

Richiesta di valutazione e diagnosi. La valutazione clinica può essere effettuata, presso le AUSL o privatamente, da uno psicologo specializzato in neuropsichiatria infantile, coadiuvato da un logopedista. Insieme testeranno il quoziente intellettivo per l’età di riferimento e le abilità che possono risultare deficitarie. In alcuni casi potranno essere effettuati test con audiometristi e optometristi che misureranno le funzioni uditive e visive al fine di escludere patologie che possono inficiare l’apprendimento ma non rientrare nella dia-gnosi di D.S.A. Se la valutazione risulterà positiva, verrà redatta una diagnosi che, a discrezione della famiglia, potrà essere presentata alla scuola per la formulazione di un piano didattico personalizzato elaborato dai docenti o dal consiglio di classe, con la collaborazione della famiglia e degli specialisti coinvolti.

Riabilitazione e provvedimenti compensativi e dispensativi. In questa fase possono entrare in gioco diverse figure, in base alle esigenze del ragaz-zo, alcune delle quali sono: gli insegnanti che tramite una didattica perso-nalizzata gli permettano di raggiungere gli obiettivi curricolari; il logopedista che si occuperà delle difficoltà di linguaggio orale e scritto attraverso attività

mirate e di tipo riabilitativo ed infine il tutor che attraverso il compito a casa lo aiuterà a trovare le strategie e il metodo di studio più congeniale.•

di apprendimento?

come posso sapere se mio figlio

ha un disturbo specifico

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a cura dott.ssa Marina Ciampoliex responsabile unità pediatrica-nido Ospedale Palestrina (RM)

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in cui si scrive su carta con obsolete penne a sfera, in cui adulti non sem-pre empatici usano uno strano strumento chiamato gessetto per tracciare segni su un altro ancora più vecchio e malconcio arnese chiamato lava-gna su cui poi alla fine, invece di schiacciare il tasto canc sono costretti ad adoperare addirittura un cancellino di feltro che ha l’età dei loro bisnonni.

E se la scuola cerca lentamente di introdurre nuovi metodi e strumenti per intercettare l’interesse dei giovani con classi informatizzate, dove ai libri di testo si sostituiscono gli iPad, lavagne digitali, programmi personalizzati e nuovi percorsi di studio, cosa possiamo fare noi genitori? Intanto non lasciamoli troppo soli nel loro mondo virtuale questi no-stri figli, spieghiamogli che, come nella vita reale, ci sono da una parte grandi opportunità dall’altra rischi e pericoli non sempre evidenti e se l’uso delle nuove tecnologie è per loro un grande privilegio, l’abuso porta inne-gabili svantaggi.

È importante e necessario che i genitori riescano al contempo a suscitare in-teresse ed entusiasmo anche per altre attività: lo sport, il gioco all’aperto, la scoperta della natura anche per ovviare ai problemi fisici e psichici che l’uso eccessivo delle tecnologie digitali comportano: disturbi muscolari e articola-ri, problemi di postura e sovrappeso, disturbi visivi e uditivi, irritabilità e iso-lamento e molto altro ancora. In ogni caso amiamo questi nostri nativi digitali anche quando ci guardano con sufficienza se non sappiamo cos’è WhatsApp, ricordiamoci che questo è e sarà il loro mondo.•

Hanno fin da piccolissimi nelle loro camerette consolle per videogio-chi, computer, iPad, cellulari. È una generazione che a noi ge-nitori e insegnanti, “immigrati di-gitali” che abbiamo dovuto cioè avvicinarci e imparare a volte fati-cosamente l’uso delle nuove tec-nologie, fa un poco paura poiché non parliamo la stessa lingua, non capiamo i loro interessi, noi figli dei libri non sempre riusciamo a con-frontarci con questi figli di internet.

Eppure poiché siamo noi gli adul-ti tocca a noi fare i primi passi per ritrovarci su un terreno comune di dialogo e comprensione e ancor di più dovremmo impegnarci se oltre che genitori siamo anche insegnati ed educatori.

Mettiamoci per un attimo nei panni dei nostri figli, come dice giusta-mente Paolo Ferri dell’Università Milano Bicocca: ogni mattina i nostri ragazzi escono di casa e intraprendono un viaggio a ritroso nel tempo: ...vanno a scuola! e si trovano proiettati in un mondo e in un’epoca a loro ignota, un mondo

pillole di pediatraParliamo di quella “specie in via di apparizione” pre-cocemente esposta alle nuove tecnologie, sono quei bambini e quei ragazzi che vivono in case in cui i me-dia digitali sono sempre più presenti ed indispensabili

dai figli dei libri ai figli di internet:come avvicinarci ai

nostri nativi digitali

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a cura dott.ssa Mariangela Pincineuropsichiatra infantile

Le Paralisi cerebrali infantili costituiscono un gruppo di disturbi permanenti, ma non immutabili, dello sviluppo del movimento e della postura che causano una limitazione delle attività ai quali sono spesso associati deficit sensitivi e/o sensoriali, alterazioni della percezione, problemi prassici e/o gnosici, disturbi cognitivi e/o relazionali, problematiche comunicative e/o comportamentali nonché si possono riscontrare la presenza di epilessia e di problemi muscoloscheletrici secondari.

Una classificazione delle PCI in base alla distribuzione topografica del disturbo motorio identifica la monoplegia, paraplegia, tetraplegia, emiplegia; mentre rispetto al tipo di disturbo motorio presente ne distingue una forma spastica, atetosica, atassica, discinetica/distonica nonché forme miste.

Nell’avvio al trattamento terapeutico del bambino con PCI sarà necessario effettuare un’accurata raccolta anamnestica e disporre di esami strumentali che possano identificare in modo preciso la lesione responsabile del danno. E’ di fondamentale importanza individuare oltre alle competenze motorie di base, mediante una precisa classificazione sia in termini di localizzazione (tetraplegia, diplegia, paraplegia etc) che di natura del difetto (presenza di spasticità, flaccidità, etc), anche la presenza di patologie associate che possano coinvolgere il sistema visivo, uditivo, propiocettivo, sensoriale, nonché deficit cognitivi, della comunicazione, del comportamento che possono condizionare significativamente il recupero motorio. Va inoltre valutata anche l’assunzione di farmaci per la presenza di epilessia e/o per modificare il tono muscolare di base accanto o meno all’uso di ortesi per rendere più efficace e funzionale l’intervento terapeutico.

neuropsichiatria e dintorni

Le Paralisi Cerebrali Infantili (PCI) sono attribuibili a un danno permanente ma non progressivo, che si è verificato nell’encefalo nel corso dello sviluppo cere-brale del feto, del neonato o del lattante per cause pre-, peri- e post-natali.

scopriamo cos’è e co Paralisi Cerebrale Infantile:

aiutare il trattamen

Risulta fondamentale stabilire il cosidetto “accordo terapeutico” con il bambino stesso, qualora ciò sia possibile in relazione all’età e al livello di sviluppo cognitivo raggiunto, e con la famiglia sia rispetto agli obiettivi predefiniti dall’equipe ri-abilitativa sia per coinvolgere i genitori nel favorire la loro compliance del bambino verso le indicazioni dei professionisti.

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La presa in carico ri-abilitativa dei pazienti affetti da PCI deve essere preceduta da un’osservazione diretta e una valutazione del quadro clinico, che permetta di definirne in modo preciso un profilo funzionale, guidata dall’impiego di protocolli specifici. Dovranno essere inoltre utilizzati strumenti standardizzati e/o metodiche strumentali al fine di rendere la valutazione più obiettiva, quantificabile e confrontabile nel tempo e tra i vari professionisti.

Il progetto ri-abilitativo non può essere stabilito in modo predeterminato per tutti i casi di PCI, ma deve essere rigorosamente definito e adattato al quadro funzionale di quel determinato bambino rispettandone sia i punti di forza che di debolezza e pertanto

deve essere sottoposto a una costante revisione e verifica degli obiettivi a breve, medio e lungo termine definiti.

In tal senso il suddetto progetto deve essere costituito da attività concrete e finalizzate a obiettivi realistici.

Nella definizione del progetto terapeutico è fondamentale un approccio multidisciplinare che coinvolga diversi professionisti (neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista della neuro psicomotricità dell’età evolutiva, tecnico ortopedico); accanto a queste figure sarà necessario averne a disposizione delle altre che possano subentrare nella gestione delle comorbidità associate (ortopedico, oculista, nutrizionista, etc).

Ai genitori devono essere date delle chiare informazioni anche rispetto ai reali limiti del recupero delle aree dello sviluppo compromesse. Inoltre è necessario individuare con la famiglia delle situazioni di vita quotidiana in cui il bambino possa compiere esperienze adeguate e in linea con il percorso di recupero, per poter generalizzare quanto appreso nel setting ri-abilitativo. Anche le istituzioni educative e scolastiche devono avere un ruolo attivo e propositivo in tal senso.•

scopriamo cos’è e co me puòaiutare il trattamen to riabilitativo

a cura dott.ssa Morena Manzinilogopedista, counselor relazionale

Molte e discordanti emozioni si affolleranno negli animi di bambini e genitori, ma non voglio porre l’attenzione su questo aspetto, ma su quali sono i prerequisiti indispensabili per affrontare la prima elementare.Un bambino che deve affrontare la prima elementare ed imparare a leggere e a scrivere senza problemi, non solo deve possedere una buona compe-tenza linguistica, cioè essere in grado di programmare tutti i suoni (fonemi) della parola, ma deve essere anche in grado di organizzare le parole in frasi, rispettando regole grammaticali della lingua italiana e avere una buona ca-pacità meta-fonologica.

Ma cosa significa?Il prefisso META indica la capacità di riflettere, FONOLOGIA determina l’or-dine di fonemi nella parola. La METAFONOLOGIA è quindi la capacità di riflettere sulla forma delle parole e sui suoni della nostra lingua e di pensare alla parola in modo astratto. Il bambino non deve solo comprendere il significato della parola, ad esem-pio CANE (l’animale) ma deve utilizzare la parola CANE per giocare a scom-porre e ricomporre i suoni della parola in pezzetti più o meno grandi esem-pio (CA-NE o C.A.N.E.).

Questa abilità è chiamata competenza meta-fonologica ed è la capa-cità di analizzare separatamente i singoli suoni che compongono le parole a prescindere dal significato. Già a partire dai 4 anni il bambino comincia a prestare attenzione agli aspetti fonologici del linguaggio:sensibilità per le rime; capacità di usare suffissi (aggiunta di un elemento ad una parola esistente per ricavarne un’altra); capacità di segmentare le parole (sillabe); capacità di esprimere giudizi sulla lunghezza delle parole.

Nell’ultimo anno della scuola materna e nei primi 2 anni della scuola prima-ria le abilità metalinguistiche, cioè la consapevolezza fonologica, assumono una grande importanza nell’apprendimento della lingua scritta. La consa-pevolezza delle sillabe precede quella dei fonemi e questa gerarchia di sviluppo è fondamentale nell’evoluzione delle abilità meta-fonologiche. Le competenze meta-fonologiche sono da tempo riconosciute come il requisi-to necessario per l’apprendimento della letto-scrittura. Esiste una correlazione altamente significativa tra le capacità di riconoscere correttamente i suoni e la capacità di scrittura e lettura in prima elementare. I bambini con una maggiore consapevolezza fonologica, imparano più fa-cilmente la corrispondenza grafema-fonema, cioè il suono corrispondente al segno e viceversa.

bambini e linguaggio

In questi giorni come si può non rivolgere un pensie-ro a tutti quei bambini che stanno facendo il grande salto, quello del passaggio dalla scuola d’infanzia e che cominciano la scuola primaria?

3... 2... 1... viaaa!tutti pronti per i ba

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I bambini che presentano maggiori difficoltà fonologiche e meta fonologiche e che non sono in grado di smontare la parola nei pezzi che la costituiscono, prima in sillabe CA-NE poi in fonemi C.A.N.E, hanno maggiore probabilità d’incontrare difficoltà scolastiche.

Per imparare a leggere e a scrivere il bambino deve conoscere 4 concetti:• QUANTI ELEMENTI NELLA PAROLA• QUALI ELEMENTI DELLA PAROLA• DISPOZIONE DEGLI ELEMENTI• RAPPRESENTAZIONE DEGLI ELEMENTI

La competenza meta -fonolo-gica può essere sviluppata con l’esercizio e dovrebbe essere proposta nell’ultimo anno del-la scuola materna, ma troppo spesso i prerequisiti fonologici

vengono trascurati a vantaggio degli aspetti grafo motori. La scrittura però, non è una semplice operazione grafica ma la capa-cità di saper analizzare la parola come sequenza di suoni; da qui l’im-portanza del training sulla consapevolezza meta-fonologica prima dell’ap-prendimento formale della letto-scrittura.

E i genitori come possono aiutare? Giocando con i bambini con filastroc-che, canti, conte, giochi di rima, scioglilingua, telefono senza fili, catene di parole e ricerca di parole che iniziano o finiscono con un fonema o sillaba, segmentazione e fusione di fonemi e/o sillabe che compongono la parola.•

3... 2... 1... viaaa!tutti pronti per i ba nchi di scuola!

Bibliografia che può aiutare:

“Dislessia lavoro fonologico tra scuola dell’infanzia e scuola primaria” di Maria Angela Berton, E. Lorenzi, A. Lugli, A. Valenti

“Alletterando” di Luciano Poli, Nicola Milano Editore

“Giocare con le parole” “Gio-care con le parole 2” di E. Perrotta, M. Brignola, Edizioni Erickson

“Leggere per immagini” di Ma-ria Luisa Isetta, Edizioni Erickson

Questo è maggiormente necessario nella terapia ortodontica, che si oc-cupa di prevenire la comparsa di malocclusioni dentali e, qualora già pre-senti, ripristinare un corretto rapporto tra denti e arcate dentali e che non può prescindere della collaborazione del paziente, al fine di raggiungere un risultato eccellente anche per il professionista più esperto.

La collaborazione va insegnata e coltivata dialogando con la famiglia e con il piccolo paziente, aiutandoli a risolvere eventuali dubbi, ascoltandoli, e accogliendoli in un ambiente familiare dove, soprattutto i bambini, pos-sano sentirsi a casa. Per questo è bene vedere i bambini anche più volte prima di iniziare la terapia ortodontica, anche solo per far loro prendere confidenza con l’ambiente dello studio dentistico, con la poltrona, i rumori e i vari componenti dello staff.

Parlare con i genitori e spiegare il percorso che stanno per intraprendere, le diverse terapie nei vari anni dei loro figli è fondamentale. Una diagnosi corretta è essenziale per capire il giusto momento d’intervento (timing) e la durata giusta per ogni terapia.

Il primo intervento è dai 5 ai 9 anni e serve per trovare e risolvere la cau-sa della malocclusione prima che questa peggiori in gravità, è di durata limitata (6-12 mesi) e mirata al ripristino dell’equilibrio dell’osso mascellare con la mandibola. Le apparecchiature sono fisse nel palato in modo da ottenere modifiche ortopediche e non solo dentali. L’utilizzo di apparec-chiature mobili, per questo tipo di problema non è indicato, vista la loro scarsa efficacia. Il coinvolgimento di altre figure specialistiche come otorini e logopedisti è a volte necessario per risolvere tutte le cause che hanno portato all’insorgenza della malocclusione.

approfondi denti

a cura dott.ssa Elena LafrattaMaster universitario di II livello in Ortognatodonzia, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”

Nella cura ortodontica di un bambino è prima di tut-to importante creare una sinergia fra medico e fami-glia per assicurare al piccolo paziente un’esperienza che gli permetta di vivere la relazione con la visita dentistica in maniera positiva e senza pregiudizi

terapie in tempi giust l’apparecchio senza stress?

grazie al dialogo co

Se il timing di intervento è corretto si eviterà al bambino e di conseguenza alla famiglia, lo stress di una terapia troppo lunga senza motivo, ottenendo maggiore collaborazione e risultati migliori. Sono due i principali momenti di intervento: intercettivo e in dentatura permanente.

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Il secondo intervento è in dentatura permanente o a fine permuta (12-13 anni, ma nelle bambine anche prima) durante il picco di crescita del pa-ziente. Anche qui la maggiore efficacia si ottiene con apparecchiature fisse su entrambe le arcate per correggere sia i rapporti dentali che le proble-matiche residue a carico delle ossa, specialmente della mandibola che vede in questo momento la sua crescita maggiore guidata dalla predispo-sizione genetica.

Non tutte le problematiche possono essere corrette da bambini; alcune di grossa entità o con una gene-tica “sfavorevole” richiederan-no un ulteriore trattamento da adulti e la chirurgia ortognatica.

Per riuscire a capire quale sia il giusto timing di intervento è necessario eseguire un accura-to studio del caso mediante la

raccolta di dati diagnostici quali: fotografie del volto e delle arcate dentarie mediante l’utilizzo di una reflex, specchi e apribocca; impronte delle arcate dentali; studio della radiografia panoramica e della teleradiografia latero-laterale, quest’ultima analizzata mediante il tracciato cefalometrico. In al-cuni casi vengono richieste ulteriori indagini radiologiche e analisi articolari o miofunzionali della bocca.

Lo studio del caso deve poi essere spiegato ai genitori e all’adolescente in modo che capiscano l’importanza della terapia al fine di avere la migliore collaborazione possibile e procedere sereni verso il trattamento.•

terapie in tempi giust i ed efficacigrazie al dialogo co n le famiglie

a cura dott.ssa M. Lavinia Bartoluccispecialista in Ortognatodonzia, prof. a.c. Università di Bologna

L’apparecchio ortodontico permette di avere un sorriso smagliante ma, se trascurato, può rappresentare un alleato della placca batterica, aggregato di germi posato sui denti che è la causa di carie e malattia parodon-tale. La carie è una malattia infettiva causata da batteri che producono acidi in grado di distruggere il dente provocando forti dolori. È una delle malattie più comuni al mondo e i bambini sono i soggetti più colpiti. Le cause principali sono rappresentate sicuramente da una predisposizione genetica dell’individuo, da una dieta ricca di zuccheri e da scorrette abitudini di igiene (spazzolare i denti in modo non corretto e meno di tre volte al giorno).

La malattia parodontale colpisce le gengive, il legamento che unisce la radice del dente all’osso e l’osso stesso. La forma più frequente di questa malattia è la gengivite causata direttamente dai batteri presenti nella placca dentale che fanno infiammare, gonfiare e sanguinare le gengive. Questa può essere curata, senza danni permanenti con un’adeguata igiene, se tra-scurata a lungo invece, in persone predisposte da un’eredità genetica, la situazione può precipitare in una diminuzione dell’altezza dell’osso che può causare dolore, sanguinamento e perdita dei denti.

Ma… cos’è in effetti la prevenzione?Si sente spesso parlare di prevenzione, un termine che racchiude tutto l’insieme di procedure rivolte a evitare l’insorgenza delle malattie. La prima cosa da fare è sicuramente rimuovere i cosiddetti “fattori di rischio” ovvero promuovere una corretta alimentazione e un’impeccabile igiene orale domiciliare per eliminare la placca batterica. Fondamentale l’intervento del professionista che effettuerà sedute d’igiene professionale ambulatoriale, applicazioni di fluoro, sigillature dei solchi e controlli periodici. L’assunzione o utilizzo di fluoro aiuta a prevenire la carie. La fluoroprofilassi non comporta rischi purché si rispettino i dosaggi prescritti dagli specialisti.

approfondi denti

Un’attenta igiene è fondamentale per mantenere in salute la bocca dei nostri bambini e ancor mag-giore attenzione deve essere prestata da chi porta apparecchi ortodontici fissi per evitare danni a denti e gengive.

scopriamo cos’è ques oltre all’igiene la prevenzione…

fondamentale per la

Lo spazzolino è l’alleato più importante per pulire tutte le superfici del dente e le gengive insieme al filo interdentale, utilissimo per rimuovere lo sporco tra un dente e l’altro, dove lo spazzolino non arriva. L’igienista dentale gioca un ruolo importante per motivare ed insegnare come spazzolare e passare il filo.

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E in caso di apparecchi ortodontici fissi? Il trattamento con apparecchi ortodontici fissi, pur essendo il metodo più efficace e più utilizzato per allineare i denti, rende però, più facile l’accumulo di placca e quindi aumenta il rischio di sviluppare macchie bianche da de-calcificazione (carie iniziale), carie e infiammazione gengivale. La mancanza di igiene può determinare inoltre, nella peggiore delle ipotesi, una vera e propria perdita di osso. Per contro, i pazienti che hanno già perso sup-porto osseo a seguito di malattia parodontale pregressa possono affrontare un trattamento di ortodonzia fissa, purché non ci sia un’in-

fiammazione in atto e la malattia sia stata adeguatamente trattata.

L’igiene orale durante la terapia ortodontica fissa non è molto di-versa da quella consueta ma alcu-ne manovre devono subire degli “ag-giustamenti” per essere adattate alla presenza dell’apparecchio. Sarebbe

opportuno lavare i denti dopo ogni pasto con un dentifricio al fluoro. L’igie-ne delle zone difficilmente raggiungibili può essere realizzata con spazzolini monociuffo, scovolini e l’immancabile filo interdentale seguendo le istruzioni dell’ortodontista e dell’igienista.

Infine, studi recenti e una revisione della letteratura hanno dimostrato che regolari sessioni di motivazione del paziente, associate a periodiche sedute di igiene professionale, garantiscono il mantenimento di un’igiene migliore in corso di trattamento ortodontico fisso.•

scopriamo cos’è ques to alleato fondamentale per la nostra salute

a cura dott.ssa Alessandra Cremoninibiologo nutrizionista, etologo alimentare, naturopata,esperta in alimentazione psicosomatica

nutriamoci bene

Inizia irrequietudine, ipersensibilità, salivazione abbondante, bisogno di su-zione, di mordicchiare e pianti improvvisi. Prurito e dolore alla gengiva, sono i malesseri più frequenti, ma possiamo anche dover fare i conti con al-tri disturbi. Si tratta di un momento di cambiamento importante, spes-so accompagnato non solo da fastidi che manda il corpo ma anche malesseri emotivi tipici di tutte le fasi del crescere. Come lenire i fastidi legati alla dentizione?

Per quanto ovvio sia, i bimbi prima di tutto portano le manine alla bocca per premere e sfogare il fastidio, invece di impedirlo, la cosa mi-gliore è tenerle pulite, in modo che lo possano fare senza troppi problemi. Quando questo non basta si possono fare Impacchi di acqua e bicarbo-nato, sciogliendo qualche cucchiaino di bicarbonato in mezzo bicchiere di acqua fredda, e poi con una garzina premere con delicatezza la gengiva dolente.

La Verdura fredda da rosicchiare, come carote, sedano e finocchio raf-freddati in frigo possono dare molto sollievo se mordicchiati con le gengi-ve. Bisogna però prestare attenzione perché il bimbo potrebbe staccarne pezzetti pericolosi, è quindi consigliabile utilizzare sempre gli appositi sacchettini. In commercio, poi, ci sono tantissimi anelli da dentizione, in silicone e alcuni che hanno un gel all’interno che mantiene il freddo, ma attenzione all’etichetta, controllate che non contengano ftalati oppure sce-glierlo in legno naturale non trattato.

Un altro efficace rimedio, reperibile online o in negozi biologici, è la radice di iris levigata che funziona come un anello da dentizione, ma ha in più proprietà antinfiammatorie ed antidolorifiche rilasciate ammorbidendo-si con la saliva. La collanina d’ambra è un rimedio caro all’Antropo-sofia e consigliato da Rudolph Steiner. L’attività dell’ambra, in quanto resina, pare sia di rompere i campi elettromagnetici, alleviando il dolore. Indossando la collana d’ambra il calore del nostro corpo causa il rilascio di acido succinico, una sostanza organica che assorbita dalla pelle svolge-rebbe una funzione analgesica ed antinfiammatoria. Tra le altre proprietà attribuite a questa resina c’è anche l’effetto calmante. Il mio consiglio, per prevenire incidenti, è comunque di utilizzarla solo durante il giorno.

Per i bimbi più grandi, alle prese con i denti definitivi si possono utilizzare gli sciacqui con la malva. Si versa un cucchiaio di fiori essiccati di malva in

una tazza da tè di acqua bollente, si lascia riposare per almeno un quarto d’ora, poi si filtra, si fa raffreddare e si usa l’infuso per fare sciacqui.•

Quello della dentizione è un momento delicato per i bimbi e non tutti la prendono allo stesso modo, ma per molti, già qualche settimana prima dello spun-tare del dentino...

di dentizione

naturopatia pediatrica:

un aiuto ai problemi

salute

a cura dott.ssa Laura Magnanifarmacista

che vanno dalle banali faringiti alle più pericolose polmoniti. Oltre a rinfor-zare l’azione di molti antibiotici, ha ottime proprietà antinfiammatorie, funghicide e antivirali può essere, infatti, usata anche su herpes e virus influenzali. In generale è consigliabile assumere la Propoli già dai primi sintomi e pro-seguire per almeno 7-10 giorni e può anche essere associata agli antibio-tici prescritti dal pediatra.

Se afte, stomatiti, mal di gola si fanno sentire, sono utili gli spray orali senza alcool, spruzzati più volte al giorno a cui aggiungere le caramel-le aromatizzate alla frutta, entrambe a base di Propoli. Quando, invece, raffreddore, influenza, sintomi simil-influenzali fanno la loro com-parsa, è meglio lo sciroppo, che permette di ottenere un’azione antin-fiammatoria e disinfettante più diffusa, o l’estratto totale senza alcool, da somministrare a gocce.

La Propoli può anche venir respirata grazie ai diffusori ambientali che per-mettono di respirarne la parte più piccola riproducendo l’aria naturale e benefica del bosco, ottenendo così un prolungato effetto antibiotico e an-tinfiammatorio, utile anche in caso asma bronchiale e allergica. La Propoli, di solito ben tollerata, va impiegata con cautela e su consiglio del medico se il bambino ha avuto gravi reazioni allergiche a farmaci o ad alimenti (soprattutto prodotti derivanti dall’alveare) e non va usata in caso di allergie al polline o al veleno d’api o nei bambini con meno di due anni.

Non dimentichiamo però che la qualità della materia prima utilizza-ta, anche in questo caso è molto importante, per questo è sempre bene affidarsi ai suggerimenti del vostro farmacista di fiducia.Smettiamo allora di aver paura delle api e anzi ringraziamole per questo dono così prezioso!•

La nostra storia sulla Propoli incomincia d’estate: quando la maggior parte di noi è in vacanza e le api lavorano per produrla! A partire da agosto, le api trasfor-mano con la loro saliva le resine raccolte dagli alberi, aggiungendo cera, polline ed enzimi, fino a cre-are questa sorprendente sostan-za che è la Propoli!Le api la usano per proteggere e sigillare il loro alveare durante l’in-verno sia dal freddo che da virus e batteri che potrebbero far amma-lare le api stesse e le loro larve.

Proprio dall’osservazione dell’uti-lizzo della Propoli da parte delle api è nato l’impiego in medici-na fino a ricoprire oggi un posto molto importante tra i prodotti naturali con proprietà curative e medicamentose. È uno dei mi-gliori antibatterici naturali, efficace nei confronti di numerosi ceppi di streptococchi responsabili di un gran numero di patologie invernali

in farmacia

c’era una volta...la propoli!

a cura dott.sse Loredana Raso e Nada Raspantierboriste fitoterapiche

Ed è qui che ci vengono in soccorso le nostre amiche api, con la loro pro-duzione di Papap Reale... ma cos’è in effetti Pappa Reale?È una sostanza gelatinosa, per questo definita anche “gelatina reale”, dal colore bianco-giallognolo a riflessi perlacei, astringente in boc-ca e dal sapore acidulo, simile a quello dello yogurt, ma anche leg-germente zuccherino.

La Pappa Reale è il prodotto di una secrezione delle ghiandole ipofaringee e mandibolari delle api nutrici, cioè quelle che, nel succedersi determinato dall’età delle funzioni dell’alveare, hanno tra i 4 e i 15 giorni di vita. Costitu-isce il nutrimento esclusivo di tutte le larve di api dalla schiusa al terzo giorno di vita, per quelle larve destinate a diventare regine, il nutrimento a base di Pappa Reale continua fino al loro quinto giorno di vita larvale (il momento in cui la cella viene opercolata e lo sviluppo avviene come in un bozzolo). L’ape regina, invece, si nutre di Pappa Reale per tutta la durata della sua vita. I benefici della pappa reale sono in primo luogo nutritivi, energetici e meta-bolici, infatti oltre ad essere tonificante, immunostimolante e favorire l’insorgere dell’appetito, viene consigliata:- per sostenere il corpo durante i cambi stagionali;- in periodi di stress e di sforzo fisico e mentale;- in caso di depressione (in questi casi possono giocare un ruolo particolare l’acetilcolina e le vitamine del gruppo B);- durante le convalescenze o in occasione di periodi di ospedalizzazione;- come stimolante del metabolismo;- per bambini prematuri o con deficienze nutrizionali e pazienti anziani.

La pappa reale si trova in commercio fresca, liofilizzata, in miscela col miele e con altri prodotti dell’alveare, in pillole, capsule, lozioni, creme, unguenti, shampoo ed emulsioni, ma il solo uso che raccoglie un’unani-mità di consensi è quello della pappa reale fresca, che si conserva bene per 10-12 mesi a una temperatura tra 0 e 5 gradi. In questo caso assicuriamoci sempre che il prodotto sia di origini Italiane, poiché essendo un prodotto fortemente instabile potrebbe perdere molte delle sue caratteristiche se costretto ad un lungo viaggio.La pappa reale non ha grosse controindicazioni ma come tutti i pro-dotti apistici non va somministrata sotto l’anno di età per rischio Botulino.•

Con l’inizio della scuola e la ripresa delle attività extrascolastiche, l’esigenza di aiutare i nostri piccoli ad affrontare le loro nuove sfide si fa sentire a gran voce ...

pappa reale: l’energia

che ci regalano le api

salute49

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in erboristeria

a cura di Francesca Cristofarimamma di Jacopo e Jari

Se è vero che il termine educare dal latino “educere” significa “tirare fuori quello che si ha dentro”, si comprende l’importanza che assume la scuola nel suo complesso per evitare che competenze e potenzialità possano restare inespresse. Secondo Rudolf Steiner: “il nostro obiettivo è elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa”.

La pedagogia Waldorf mira a sviluppare individualità libere in grado di continuare a imparare dalla vita. Cerca di riconoscere e coltivare le po-tenzialità di ciascun bambino, rispettando i tempi della sua evoluzione fisica e interiore. Il bambino è un essere in divenire. L’approfondita co-noscenza dei processi di sviluppo permette all’educatore di coglierli e accompagnarli con interventi pedagogici adeguati. Grande importanza hanno le conoscenze su come, insieme ai mutamenti fisici, si evolvono le facoltà dell’animo umano: volere, sentire, pensare. Occorre cercare un equilibrio tra due correnti: da un lato bisogna educare le capacità di comprendere il mondo esterno attraverso un affinamento dei sensi; dall’altro bisogna curare tutto ciò che lo rende attivo (attività motoria, fantasia, creatività). La pagella è senza voti. Secondo Steiner il profitto scolastico “estorto” con il ricatto del voto dà uno scarso contributo allo sviluppo dell’autonomia e della responsabilità del bambino. L’attestato individuale tende invece a “spiegare” il bambino nello sviluppo globale delle sue capacità. Solo così, in piena libertà, si può stimolare la volontà del bambino a far meglio il suo lavoro.

Un altro metodo conosciuto in tutto il mondo è il Metodo Montessori. L’educazione si fonda sul profondo rispetto per i bambini intesi come esseri unici e si intende come aiuto al naturale sviluppo dell’essere uma-

pianeta scuola

I genitori sono sempre più spesso protagonisti della crescita dei loro figli e attenti osservatori dei loro cambiamenti. La scuola rappresenta un punto cru-ciale in questo senso, visto che i bambini vi trascor-rono diverse ore.

metodologie di inseg scuola moderna e

qual e’ quella giust

“La scuola si può considerare secondo due punti di vista: o come il luogo in cui si impartisce l’istruzione o come una fase di preparazione alla vita. In quest’ultimo caso deve soddisfare tutti i bisogni della vita”.

Maria Montessori

scuola51

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no. I bambini non sono tutti uguali, ognuno ha modi e tempi diversi. L’approccio Montessori è studiato in funzione del rispetto di queste di-versità. L’insegnante lavora in collaborazione con i bambini sfruttando la ricchezza degli spunti individuali. I bambini si muovono scegliendo liberamente dove stare. Movimento e apprendimento sono interdipen-denti. L’autostima si costruisce attraverso la consapevolezza del proprio perfezionamento. Tutti gli esseri umani sono guidati dalle stesse leggi naturali che ci assimilano l’uno con l’altro, ci unificano nell’appartenere alla specie umana, le cosiddette “tendenze umane” (comunicare, muo-

versi, esplorare, concentrarsi). Quando l’ambiente favorisce le tendenze umane, lo svilup-po e l’esistenza sono armonici ed equilibrati.

Nella scuola tradizionale pubblica l’educazione si iden-

tifica con un programma curriculare nazionale applicato a un gruppo di bambini che devono uniformarsi allo stesso standard, devono imparare secondo modalità e rimi uniformi. L’insegnante conduce il lavoro, forni-sce contenuti regole e significati. La rivoluzione digitale nella didattica tradizionale sta a poco a poco mandando in soffitta la vecchia lezione frontale per rendere più attivi gli studenti. Una didattica della scoperta e della ricerca è sicuramente più motivante di uno studio passivo e li-bresco. Certo è che il momento non è dei migliori con i continui tagli di risorse alla scuola pubblica, sempre più povera di strumenti, proposte formative e personale. Non tutti possono permettersi di scegliere una scuola privata!

Dunque una riforma seria basata sulla meritocrazia è auspicabile. Bi-sogna dare agli insegnanti di oggi validi strumenti per adeguarsi a una scuola in “itinere”. Penso che come genitori dobbiamo essere presenti e propositivi e penso che l’apprendimento sia la conseguenza naturale della curiosità che ogni docente dovrebbe essere in grado di stimolare. Solo così l’apprendimento cambia volto e si trasforma in bellezza e pas-sione. Un lavoro fondamentale per evitare che i nostri figli si perdano! Ognuno di loro ha un colore più o meno acceso, capolavori unici che se aiutati potranno costruire un futuro migliore!•

metodologie di inseg namento:qual e’ quella giust a?

Ci renderemo conto che si trat-ta sempre di esperienze che ci hanno coinvolto in prima perso-na, con i sensi, il corpo e l’azio-ne emozionandoci, divertendoci e fatto comprendere qualcosa in maniera sorprendentemente chiara ed immediata.

Talvolta si dimentica questo fatto che tutti abbiamo sperimentato: più si è coinvolti, fisicamente ed emotivamente in una cosa, più questa diventa fonte di co-noscenza di noi stessi e del mondo. La “Didattica Attiva” si rifà a questa idea e a scuola, come in altri contesti, si riscopre l’uso del laboratorio come meto-do di lavoro che mira a rendere il bambino protagonista attivo e non più passivo del processo educativo.

Da Dewey a Montessori, da Lodi a Malaguzzi, da Rodari a Munari, tanti esperti in campo pedagogico hanno dimostrato che la cono-scenza parte dall’esperienza diretta, utilizzando tutti i sensi,

sperimentando e facendo scoperte a partire dalla propria naturale curio-sità, utilizzando gioco, fantasia e creatività per trovare risposte e soluzioni ai problemi concreti.

Il laboratorio, dunque, al di là della classica immagine di una stanza piena di alambicchi e sostanze chimiche, si configura come “setting” preparato ad hoc con tempi, spazi, materiali, rituali e stili di con-duzione. Niente è lasciato al caso, ma tutto è pensato per dare spazio alla persona affinché esprima le sue potenzialità e si senta libero di spe-rimentare, creare e senza dire “cosa” fare, ma limitandosi, talvolta anche solo con il gesto, a spiegare il “come”, un “come” dei tanti possibili, senza stereotipi o giudizi o percorsi preconfezionati.

L’assenza di omologazione e valutazione, così come la possibilità di espri-mersi liberamente, attraverso divertimento, movimento, narrazione, crea-zione artistica, sono condizioni favorevoli al mettersi in gioco, superando paure ed inibizioni, favorendo l’aumento dell’autostima del bimbo.

Un altro aspetto della modalità laboratoriale sta nel fatto che si pre-sta bene al lavoro di gruppo, rivelandosi uno strumento di lavoro prezioso per le relazione tra pari e la cooperazione. Impegnarsi insie-me per uno scopo comune, senza competizione, aiuta a conoscere gli altri e se stessi e allena alla comunicazione non violenta, all’ascolto reciproco, al rispetto.•

pianeta scuola

Proviamo a chiudere gli occhi e richiamiamo alla memoria le esperienze vissute durante l’infanzia che più ci sono rimaste impresse e che continuano a far parte di noi.

i laboratori: una preziosa

risorsa educativa percrescere sperimentando

a cura dott. sse Costanza NadaliniGiuliana Giardinopedagogiste ed esperte dell’infanzia

a cura dott.ssa Roberta Sabattinimedico veterinario

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Recentemente sono entrata a far parte di un gruppo di studio che ha lo scopo di portare nelle scuole primarie un momento di incontro con la natura. I bambini vengono catapultati nel mondo animale per approfondire le abitudini di alimen-tazione, gioco e interazione tra le diverse specie. Si tratta di lezioni che presentano agli alunni infor-mazioni attraverso materiale di-mostrativo, e attività didattiche che vedono la partecipazione globale e interpretativa dei singoli bambini e dell’intera classe. Lo scopo è au-mentare le conoscenze dei giovani divertendosi attraverso l’interazio-ne con l’animale considerato come portatore di un valore specifico di relazione.

Non possiamo impedire alla tecnologia di entrare in classe, ma possiamo invitare la natura a sedersi tra i banchi. Il progetto potrebbe partire il prossimo anno scolastico in seguito all’approva-zione della direzione didattica e dei genitori.•

Cosa possiamo fare per evitare che i nostri piccoli geni diventino sempre più robot e meno bambini?

Per quanti se lo stessero chiedendo, sono nati asili e scuole nel bosco dove i nostri figli passano tutta la giornata all’aperto, lezioni, pasti e pisolini compresi che sia bel tempo o che piova. Scuole in cui NON è vietato arrampicarsi e giocare con il fango. D’altra parte, come diceva Fred Rogers, noto pedagogista americano, giocare è il lavoro dell’infanzia!

Nelle scuole tradizionali si incentiva lo stare al passo con il Mondo, si fan-no ricerche computerizzate, e l’uso di internet è indispensabile per cono-scere e apprendere. I ragazzi delle medie sono digitali provetti, i bambini più piccoli sfogliano fotografie da tablet e telefonini e usano giochi elettro-nici molto meglio di noi adulti.

La comunità pedagogica-scientifica però parla chiaro: ai bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni deve essere concessa solo mezz’ora di videoschermi al giorno e l’uso di internet deve essere vietato. In un’epoca digitale, i ragazzi più grandi trovano lavoro inventando App di successo, scrivendo blog e pubblicando libri su Amazon. La tecnologia riesce ad offrire moltissime opportunità di sviluppo, ma questo a discapito di un vero contatto con la natura e con quello che è la vita reale, la vita che si può toccare, annusare e osservare!

cuccioli e co.Viviamo in un mondo in cui se non stai al passo con la tecnologia sei fuori. Questo vale sempre di più per i bambini che ormai sono dotti di ipad, smartphone e studiano sui libri digitali.

la natura entra in classe: la parola

al veterinario!

scuola

cipazione delle famiglie e di tutti i soggetti coinvolti e coprotagonisti nei processi educativi.

Ogni giorno più di 8.500 cittadini e famiglie incontrano i servizi edu-cativi di lES. In particolare, i nidi d’infanzia comunali rappresentano circa il 73% dell’offerta, con 2.545 posti, mentre le scuole d’infanzia comuna-li rappresentano il 60% dell’offerta con 5.002 posti. In lES lavorano circa 1.700 dipendenti: dirigente, responsabili, coordinatori, pedagogisti, opera-tori di sistema, insegnanti, educatrici ed educatori, operatori. Delle risorse che il Comune di Bologna destina all’educazione e alla scuola ogni anno circa 73 milioni di euro sono dedicati ai servizi gestiti dall’Istituzione.

Per la progettazione delle sue attività IES si avvale inoltre di un Comitato Scientifico di esperti in ambito culturale ed educativo. Al fine di assicurare un costante coordinamento, monitoraggio e miglioramento della qualità dei servizi, l’IES si avvale di una funzione di coordinamento pedagogico, suddiviso in 3 aree territoriali: Area 1: quartieri Borgo Panigale-Reno e Na-vile; Area 2: quartieri Porto-Saragozza e Santo Stefano; Area 3: quartieri San Donato-San Vitale e Savena.

PROGETTI dell’Istituzione IESProgetti qualità: una nuova carta dei servizi di IES e percorsi di auto-etero valutazione dei servizi; progetto di rete fili d’infanzia: nuove modalità di relazione tra servizi educativi e servizi sanitari per affrontare situazioni di cri-ticità educativa; progetto qualifichiamo insieme la nostra scuola: rivolto ai comitati di gestione, lES promuove un bando a progetto per attività di ar-ricchimento di Nidi e Scuole dell’Infanzia; progetto logos: formazione spe-cifica a insegnanti e operatori della Scuola dell’Infanzia per l’individuazione di difficoltà comunicative e di linguaggio; progetto agio: ricerca e formazio-ne sulla psicomotricità e attività motorie quale arricchimento del patrimonio pedagogico di ogni servizio; progetto outdoor education: formazione e progettazione educativa in relazione al gioco e all’esplorazione nei contesti naturali; progetto di sostenibilità ambientale: introduzione dei piatti in ce-ramica e dei pannolini ecologici.per ridurre i rifiuti e sensibilizzare a pratiche eco-sostenibili; progetto di promozione del volontariato: sviluppo e pro-mozione della partecipazione presso i servizi educativi e scolastici.•Scoprite di più sul sito www.iesbologna.it

A partire dall’anno scolastico 2014/2015 IES si prende cura di tutti i servizi comunali che si rivolgono ai bambini dai 0 ai 6 anni: i nidi, le scuola d’in-fanzia, gli spazi bambino, i centri per bambini e genitori, i SET (lu-doteche, spazi lettura, centri per l’educazione ambientale, ecc) occupandosi in particolare della progettualità pedagogica e della gestione del personale.

Le finalità sono: sviluppare e in-novare i processi educativi; favo-rire la realizzazione di un sistema educativo inclusivo e non discri-minante; promuovere il sistema formativo integrato; valorizzare le professionalità in termini di inter-disciplinarità; diffondere la cultura dell’infanzia; promuovere la parte-

filo diretto

a cura de L’Istituzione Educazione e Scuola (IES) Comune di Bologna

L’Istituzione Educazione e Scuola (IES) è l’organismo strumentale del Comune di Bologna che, ispirandosi ai principi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, promuove le pari op-portunità di educazione, formazione, cura e relazione.

scuole comunali

e qualità dei percorsi:garantisce l’istituzione IES

scuola

umane messe in campo. Si im-para a rispettare l’avversario, a confrontarsi con l’altro (simile o diverso che sia), ad accettare la sconfitta e gli errori come momento di crescita e oppor-tunità, ad incrementare l’au-tostima, la fiducia, le capacità decisionali.

In attesa che gli scacchi venga-no introdotti come materia nelle Scuole Pubbliche italiane, come già avvenuto in diversi stati dell’U-nione Europea, c’è già la possibili-tà di rivolgersi ai Circoli scacchisti-ci o a Istruttori della Federazione Scacchistica, per organizzare corsi o lezioni scolastiche o extra-scolastiche. I bambini più appas-sionati poi, possono partecipare ai tornei giovanili della Federazio-ne Scacchistica Italiana oppure ai tornei scolastici, vivendo impor-tanti occasioni di crescita.•

In un mondo sempre più digitalizzato, gli antichissimi scacchi si rivelano ancora oggi un gioco educativo, formativo e sportivo. Capace di risve-gliare nei bambini di ogni età attenzione, curiosità, ingegno e abilità di problem-solving. A differenza della maggior parte delle attività ludiche, dove bisogna se-guire regole rigide e passive, negli scacchi è la creatività che la fa da padrona, permettendo al bambino di costruirsi in modo personalizzato, e sempre diverso, il proprio stile di gioco. In questo modo il bambino può esprimere tratti della sua personalità, sia quelli dominanti, sia quelli più sopiti.

Gli scacchi sviluppano abilità logico-cognitive nel bambino, ma an-che negli adulti, tanto che è dimostrato che giocare a scacchi migliora il rendimento scolastico! Sviluppare un pensiero logico, risolvere problemi, elaborare piani strategici, calcolare, sono tutte abilità che il bambino può apprendere e migliorare attraverso questo gioco. Da non dimenticare la dimensione sociale: è utile per favorire il confronto e la socializzazione, al di là di ogni barriera di lingua, sesso, religione, cultura o età. Un modo di unire e coinvolgere anche le famiglie, infatti spesso sono i nonni e i papà che insegnano i rudimenti del gioco ai più piccoli, per poi essere surclas-sati: non dimentichiamo che i bambini imparano in fretta!

Gli scacchi sono anche un’attività sportiva vera e propria, ricono-sciuta dal CONI, che è formativa ed educativa. Essendo il gioco del tutto privo dell’elemento “fortuna”, risulta impossibile barare, bluffa-re, truffare... contano solo le qualità individuali, il merito e le capacità

filo diretto

a cura di Stefano BalestraIstruttore Federazione Scacchistica Italiana - SNAQ

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crescere giocandoa scacchi!

diventare genitori

scacco matto alla tecnologia:

A volte le canzoni, con un titolo o con un verso, riescono a esprimere concetti complessi; è ciò che succede se abbiniamo la parola “musica” ai versi di G. Paoli “Quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti…” La musica può trasportare adulti e bambini negli spazi infiniti della fantasia e, come le neuroscienze ci indicano, è un’esperienza che può potenziare sin dalla tenerissima età le capacità di apprendimento e di relazione; “Il cervello, alla nascita, è l’organo meno differenziato e le esperienze precoci indirizzano le connessioni fra neuroni”; per questo quando decidiamo di fare o ascoltare musica, se i protagonisti o i fruitori sono bambini, dovremmo scegliere il luogo e i mezzi senza sottovalutare alcuni importanti fattori:

La Luce nello spazio sonoro. L’oscurità può favorire stati d’animo che la musica riesce a esaltare, ma per una serena concentrazione i bambini hanno bisogno di ambienti luminosi e, potendo scegliere, di una diffusa luce naturale.

I Colori nello spazio sonoro. In genere i bambini amano i colori vivaci, ma sono i colori chiari e tenui (pastello) che conducono i bambini alla tranquillità d’animo e alla concentrazione, elementi necessari alla pratica e all’ascolto della musica. Il bianco merita una considerazione particolare: è un colore che può lasciare indifferente la sensibilità di un bambino, ma con la guida consapevole di un genitore o di un educatore può diventare la pagina bianca che accoglie tutte le sfumature della sua creatività.

Gli arredi nello spazio sonoro. Il senso dell’udito dei bambini è molto sensibile a tutte le frequenze sonore e per questa ragione le esperienze musicali dovrebbero essere vissute nei modi più opportuni consentendo un ascolto piacevole. Attenzione perciò ad ambienti o troppo “riflettenti” o troppo “assorbenti” che esaltano esageratamente o impediscono la propagazione delle naturali rifrazioni e risonanze di cui la musica ha bisogno.

Il Volume d’ascolto. Quantità non è sinonimo di qualità. Il volume, nel caso dei bambini, dovrebbe essere alto quanto basta per coinvolgerli emotivamente e fisicamente;

in questo modo la personalità e la sensibilità del bambino non rischiano di finire “schiacciate” dal peso della musica. Quando la musica è eseguita e/o ascoltata nei luoghi opportuni e con modalità che non ne alterano la portata emotiva, anche una semplice esecuzione ha il potere di rigenerare, “nutrire” e “accendere” il nostro cervello; anche un semplice canto (semplice come quello di un bambino) ha il potere di commuoverci o di farci sorridere: in una parola… di emozionarci.•

L’esperienza sonora è come una piattaforma multimediale che mette in relazione e “accende” connessioni nel nostro cervello, potenziando a livello cognitivo ed emozionale.

come possiamo vivere

al meglio la musicanella quotidianità?

diventare genitori57

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filo diretto

a cura del M° Sabrina Simoni e M° Siro Merlomusicista e didatta musicista e compositore

Inviate lo scarabocchio o il disegno del vostro bam-bino (in formato JPEG - max 4 disegni) indicando il nome e l’età dell’autore e... se l’età lo permette chie-dete al vostro piccolo artista di dare un titolo al suo disegno! Li aspetto per spiegare cosa significano su: [email protected].

a cura dott.ssa Anna Maria Casadeiesperta di psicologia del disegno infantile e dello scarabocchio

Ogni disegno è espressione della persona che lo esegue. Quando un bambino ti mostra un foglio scarabocchiato, ti sta rivelando parte del suo mondo e di se stesso.Lo scarabocchio è l’origine della scrittura, dell’esistere come essere se-parato dall’altro, come atto primitivo universale simile in tutte le culture, presso ogni razza e a tutte le latitudini.La mano libera del bimbo, percorrendo il foglio in lungo e in largo, lascia una traccia, un’espressione che codifica e rappresenta gli avvenimenti vis-suti. Cari genitori, ecco una breve sintesi dei disegni arrivati i mesi scorsi:

1 - Carla, 4 anni e 6 mesi. È una bambina molto osservatrice, nel treno racchiude la sua giornata, le sue affettività. È serena ma un poco sola. 2 - Flora, 6 anni. Nel disegno Flora rappresenta la vita insieme agli ani-mali che ama di più. È metodica e molto precisa. 3 - Nadia, 4 anni e 9 mesi. Nadia indica la sua serenità coinvolgendo animali, farfalle, palloncini, fiori e un padre, sorridente e allegro, collocato in alto nel cielo. 4 - Nika 5 anni e un mese. Disegna un momento doloroso – proviene da un paese in guerra – una persona che viene ferita e cade. Da notare le braccia, senza mani, come richiesta di aiuto. 5 - Jacopo 5 anni. Disegna la mamma al centro che tende le braccia

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ci parlano del loro mo i disegni dei nostri bambini

e delle loro emozio

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per abbracciarlo e lui, sulla destra, corre volando da lei. È un momento idilliaco. 6 - Mimma 4 anni. Ha disegnato un insieme di linee e segni mentre ascoltava della musica. Le chiedo: “E tutti questi colori?” “Sono le perso-ne che ascoltano”. 7- Adele anni 4 e sei mesi. Disegna la mamma enorme con in pancia un fratellino ma con la faccia triste che forse riflette il fatto che Adele è triste e ancora non ha accettato il fratellino... 8- Pietro, 7 anni. Pietro si fa forte e vuole vincere la paura disegnando uno scheletro... proprio ciò che lo spaventa.

ci parlano del loro mo ndoe delle loro emozio ni...

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mediazione e famiglia

a cura dott.ri Daniela Politino - Marco Di Maioavvocati

nitore e delle risorse economiche di entrambi considerando anche i compiti domestici. Le spese straordinarie di regola vengono sostenute al 50% dai coniugi e vanno ad aggiungersi al manteni-mento periodico sopra indicato, in-tendendosi le spese mediche non coperte dal sistema sanitario na-zionale (che prevedono il consen-so di entrambi, salvo l’urgenza); le spese scolastiche, come le tasse, rette, libri di testo e talora le spe-se extra-scolastiche, quali corsi di istruzione, attività sportive e ludiche (che prevedono il con-senso di entrambi).

È sempre difficile trovare un nuovo assetto in questo tipo di famiglia separata, ma è mia espe-rienza che con il tempo anche i genitori che si sono separati nel peggior modo trovano un accordo proprio, un “modus vivendi” per il bene dei propri figli che com-prende il diritto inalienabile di ogni bambino, come dice la legge, di avere un papà ed una mamma e di poter godere del bene di entrambi, elemento fondamentale per ogni bambino che deve guidare le azio-ni di tutti i genitori, sempre.•

La legge 162 del 10 novembre 2014 stabilisce che, quando vi è accordo sia sulle modalità di visita che sulle questioni economiche, non è più necessario separarsi comparendo davanti al Giudice. Infatti vi è la possibilità di re-digere un accordo scritto con l’assistenza di due diversi difensori nel quale i genitori stabiliscono le regole inerenti a tutti gli aspetti della fine del matrimonio. Tale accordo necessita del “controllo” del Pubblico Ministero e successivamente viene comunicato all’Ufficiale di stato civile del Comune ove si è celebrato il matrimonio. Sono notevoli vantaggi di tale pro-cedura soprattutto in termine di tempi in quanto, stilato l’accordo, in circa trenta giorni l’iter si può considerare concluso.

Nell’ipotesi in cui non vi sia accordo tra i coniugi si darà il via, mediante il deposito di un ricorso, al procedimento per la separazione giudiziale che prevede una prima udienza davanti al Presidente del Tribunale competen-te dove i coniugi verranno autorizzati a vivere separati e verranno as-sunti i provvedimenti temporanei ed urgenti, dando poi corso ad una vera e propria fase di contenzioso che si concluderà con una sentenza. Quando si parla di affidamento dei figli, si opta sempre per l’affido condiviso: ciascun genitore deve continuare ad occuparsi dei figli e deve essere per essi un punto di riferimento costante.

In quest’ottica i due genitori, se da un lato hanno il dovere di collaborare nel prendere insieme le decisioni più importanti e significative per i figli, dall’altro hanno, ciascuno, il diritto di ritagliarsi degli spazi autonomi, nell’ambito dei quali costruire un nuovo rapporto con i figli, senza alcuna interferenza o ingerenza da parte dell’ex coniuge. Normalmente i minori continue-ranno ad abitare con la madre presso la casa familiare. Quanto all’e-sercizio del diritto di visita del genitore non convivente, il consiglio è quello di essere molto dettagliati nel disciplinare orari, giorni, gestione delle vacanze estive e feste comandate. Ciò consentirà di avere regole chiare e concordate le quali garantiranno maggiore serenità alla coppia e soprat-tutto stabilità ai bambini. Va da sé che con il passare del tempo e sempre nell’interesse dei minori i genitori potranno decidere insieme di gestirsi in maniera più elastica. Per ciò che concerne gli obblighi di mantenimento a favore dei figli, i genitori hanno l’obbligo di contribuire al sostentamento dei propri bambini in misura proporzionale al reddito. L’assegno di mantenimento ad essi spettante, do-vrà tener conto delle attuali esigenze del figlio del tenore di vita goduto con entrambi i genitori, dei i tempi di permanenza presso ciascun ge-

La fine di un matrimonio è sempre un momento dif-ficile per la coppia ma questa fatica aumenta quando ci sono figli, soprattutto se minori. Le domande che i genitori spesso pongono agli avvocati riguardano prin-cipalmente le modalità del giudizio di separazione.

mio figlio: prioritàassoluta anche in caso

di separazione

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bambini

Diamo il via alla preparazione del nostro Leo-Pan-cake! Per prima cosa schiacciamo la banana con una forchetta, aggiungiamo l’ovetto, la farina e mescoliamo bene per ottenere un composto liscio ed omogeneo. Ungiamo con poco olio una padella antiaderente e la facciamo scaldare per qualche minuto. Versiamo l’im-pasto nella padella, cercando di dargli una forma ro-tonda, e non appena vediamo delle piccole bollicine in superficie, lo giriamo. Una volta cotto possiamo dare

forma al nostro leon-cino, preparando una bella criniera di melo-ne e carote, due occhi grandi e attenti di man-

dorle e aggiungendo i dettagli che più preferiamo!

Mamme e papà, abituate i vostri bimbi a consuma-re una buona prima colazione, sempre! In questo modo i vostri “cuccioli” diventeranno leoni per af-frontare la “giungla” del loro piccolo-grande mon-do!•

una colazione che... ruggisce!!!

a cura dott.ssa Alessandra Augustibiologa, nutrizionista

Fra momenti di gioco e risate so che voi siete già di-ventati dei campioni e proprio per questo voglio svelar-vi il segreto per diventare ancor più “super” nel vostro sport preferito: fare sempre una buona colazione! La colazione è il pasto più importante, e ancor di più se siamo dei piccoli sportivi, perché ci dà energia, forza e la giusta concentrazione... Proprio da leo-ni! Leo Pancake non vede l’ora di essere preparato e… Gustato! In più, alternarlo a tante altre idee arric-chirà la vostra colazione!

Ingredienti per un paio di Leo Pancake: 1 uovo pic-colo, 1 banana matura non troppo grande, 1-2 cucchiai di farina integrale, 1 fetta di melone, qualche mandorla, 1 piccola carota e gocce di cioccolato quanto basta. Ma prima di iniziare…

OCCHIO ALL’INGREDIENTE!La banana! Il frutto preferito dei campioni! Dolce e cre-mosa, è uno dei frutti più graditi dai bambini di tutte le età. Ricca di proprietà benefiche, contiene zuccheri “complessi” a lento rilascio, utili per fare il pieno di energia, ma anche fibre e vitamine A, C e B6, e sali minerali. In particolare il potassio, rende la banana un frutto molto “sportivo”, in quanto previene i crampi, favorisce la trasmissione degli impulsi nervosi e, insieme al magnesio, contribuisce alla contrazio-ne dei muscoli. Inoltre, grazie alla sua digeribilità e al fatto di non essere un alimento allergizzante, la banana è ideale per la dieta dei più piccini.

piccoli cuochi crescono

Ciao bambini! C’è uno sport che amate fare, magari in compagnia degli amici? Fatelo, perchè lo sport fa bene alla salute e ci rende più forti e felici! E ora, prepa-rate con me questa ricetta da leoni, per diventare dei veri campioni!

una colazione che... LEO PANCAKE:

bambini

cisi anch’io di fare ritorno a casa. Qui tutti mi aspettavano, e tutti chiesero notizie. Raccontai il triste episodio. Ma, il più piccolo dei miei aiutanti mi chiese: “Non è possibile… tutto finisce così? dovrà pur esserci una fatina, un cavaliere o un potente incantesimo che riporti pace e serenità per tutti…” Questo mi colpì, e tanto. Decisi di cercare di porre rimedio.

Mi recai nella sala degli incantesimi, e cominciai a sfogliare il grande libro di magia, nella speranza di trovar qualcosa di utile. E lo trovai... l’incantesimo del tempo fu la rispo-sta! Di corsa tornai al Bosco, radunati gli abitanti spiegai loro che questo incantesimo avrebbe riportato indietro il tempo, ma non ne avrebbe cancellato il ricordo. Decisero che era giusto tentare. Usai l’incantesimo, le lancette magicamen-te si rincorsero al contrario. Tutto come prima, se non per una variante… ora gli abitanti li aspettavano! Arrivarono. Ad accoglierli i nostri amici del Bosco, i quali tolsero via dai loro occhi le bende, perché potessero “vedere” la bellezza di essere “fratelli”, i tappi dalle orecchie perché potessero “sentire” l’appartenenza in egual misura a questo nostro meraviglioso mondo. E la festa d’estate ebbe inizio…

a cura di Marianna De Lucaeducatrice scuola materna e elementari

Credo sia doveroso raccontare anche il giorno più triste di Fiabilandia, perché così come nella vita anche nelle fiabe c’è “un brutto giorno”. La calda estate era ormai alle porte, Fiabilandia era in fermento. La famiglia di papà Orso era impegnata nei preparativi; avrebbero trascorso le vacanze estive nella casetta sul lago, poco distante dal Bosco. Le cose da preparare ancora tante, il tempo poco e gli orsetti gemellini troppo birbantelli si divertivano a disfare le valigie preparate con tanta cura dalla mamma, che in realtà non si divertiva affatto! La famiglia di mamma Oca invece era in-tenta a rendere la propria casa più accogliente che mai, visto che per le vacanze estive avrebbero ospitato i nonni e i cugini venuti da lontano.

Tutti si preparavano a vivere un’altra meravigliosa estate! E come da tradizione, gli abitanti di Fiabilandia salutavano la nuova stagione con un’allegra festa di benvenuto! Il Bosco in quella serata così speciale, si vestiva di mille luci, tutte colorate, tra i rami degli alberi festoni dai mille colori e un venticello leggero ondeggiava tra i lunghi veli color del cielo messi anche loro li, ad abbellire più di quanto Madre Natura non avesse già fatto. E la musica…i banchetti e le risate di un Bosco in festa lieto di accogliere l’attesa estate che già tanto si respirava. Purtroppo però un avvenimento inaspettato divenne la nota stonata di questa bella serata. Arrivarono silenziosamente, nessuno li aveva mai visti li a Fiabilandia… sugli occhi una benda, nelle orecchie dei tap-pi... non ci fu il tempo e cominciarono a distruggere, senza motivo, la meraviglia e la bellezza di un Bosco in festa. Tutto si fermò. Gli abitanti increduli. Cos’era successo? Perché? Chi erano? Della “Benvenuta Estate” era rimasto ben poco, solo la tristezza negli occhi degli abitanti per un gesto a cui non seguirono mai risposte.

Questo, amici cari il giorno più brutto per Fiabilandia, e sarebbe rimasto così, appeso e sospeso ad un mare di “perché” senza risposta alcuna. Cosi’ triste ed abbattuta de-

l'angolo delle fiabe

Amici carissimi, oggi vi porterò con me in un giorno non tanto lontano, un giorno diverso dagli altri, uno di quelli che non si dimenticano facilmente.

un brutto giorno...

CE

N