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Trimestrale della Sezione del Club Alpino Italiano "Umberto Vivi" di Siena - www.caisiena.it - [email protected] Il Monte Amiata Anno 48 N.3 Luglio/Settembre 2018

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Il Monte AmiataAnno 48 N.3 Luglio/Settembre 2018

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SOMMARIO

3 I ruderi del Cerretaccio: tra storia e leggendaAntonella Gozzoli

6 Obiettivo meno rifiutiManola Terzani

8 Meteo e montagna: i temporali estiviFrancesco ParigiClaudio Lucietto

10 Zaino in spalla nel modo giustoGabriele Clementi

11 Quattro mete per tutti nella Catena delle BoccheClaudio Lucietto

14 GLI APPENNINI CHE MI MANCANOCarlo Cristel

In copertina: i ruderi del Cerretaccio emergonodal bosco

DALLA REDAZIONE

Strada di campagna dopo il passaggiodi un temporale

Foto e illustrazioni: Marco Sabbatini, Gabriele Clementi, Lisa Nonken, Stefano Viti, Carlo Cristel, Pixabay

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Il paesaggio del Chianti, con i suoi castelli,i suoi boschi, i secolari conflitti tra Senesi eFiorentini, ha generato nel tempo una seriedi leggende di fantasmi che fanno di que‐sta affascinante terra una sorta di Scoziamediterranea amatissima dai viaggiatoristranieri.Esattamente di fronte al Castello di Brolio,dove si manifesta il più noto dei fantasmichiantigiani ovvero quello di Bettino Rica‐soli, si ergeva il Castello di CerretoCiampoli, piccolo avamposto senese desti‐nato a non sopravvivere all’avanzamentodel dominio guelfo. Non lontano da Pia‐nella e Pievasciata, i ruderi del “Cerre‐taccio” si configurano come luogo dievidente suggestione spiritica che ben sicolloca tra le leggende e i racconti che po‐polano il territorio del Chianti.Il castello, la cui esistenza è già docu‐mentata nel 1097, fu venduto nel 1142alla consorteria locale dei Cerretani, da cuiprese il nome. Nel 1232 venne espugnatodai Fiorentini che intimarono ai Senesi,mediante accordo scritto, la demolizionedel luogo che di fatto non si realizzò.Successivamente i Senesi riuscirono adimpossessarsi di nuovo del castello che di‐venuto con il tempo rifugio prescelto dasaccheggiatori e fuoriusciti, venne distruttoper questo motivo da Siena stessa nella pri‐ma metà del XVI secolo.I ruderi del castello sono ancora ben visibi‐li, sebbene siano in parte nascosti da unafolta vegetazione che non consente di ve‐

derli dall’esterno. La bellissima torre delcassero, adagiata su un fianco completadelle sue fondamenta dopo che fu abbattu‐ta dai Senesi nel XVI secolo, costituisce si‐curamente uno degli scorci più stupefacentiche la visita al sito può regalare. Al di fuoridella cinta muraria, probabilmente rifattanel corso dei secoli, è presente una piccolachiesa di forma rettangolare.Ad accrescere il fascino del luogo è situata,a poca distanza dal castello, anche unapiccola capanna di pietre e legno, sullesponde di un piccolo lago dove viveva damolte generazioni una famiglia di Tempe‐starii “alleati” dell’esercito Senese. Nella

I ruderi del Cerre-taccio sono nascosti

da un fitto bosco chenon ne permette la

visione dall'esterno.Sotto, i resti dellatorre del cassero,

per lunghi trattiancora integra.

I ruderi del Cerretacciotra storia e leggendaAntonella Gozzoli

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TerritorioIl Monte Amiata - 3 - 2018

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Per approfondire:Fiamminghi S., Ilpaesaggio del rude-re, in Bartolini G.,Tronti C., Valenti M.et alii, Sistema deicastelli e delle forti-ficazioni in terra diSiena. Dalla ricercaalla valorizzazione,Firenze, All’insegnadel Giglio, 2005, pp.104-111.

cultura medievale i Tempestarii erano unasorta di stregoni ritenuti capaci di controlla‐re alcuni aspetti della natura e di tuttoquello che creava il cielo. A livello popola‐re si credeva che questa specie di stregoniavesse il potere di controllare temporali,vento, fulmini e tuoni: potevano utilizzare iloro poteri contro i nemici, ad esempioconcentrando la grandine in un unicopunto per uccidere gli avversari, cosa cheaccadde esattamente durante la battagliadel 1232 tra Guelfi e Ghibellini per lacontesa del castello.In questo clima di mistero e stregoneria,dove si favoleggia di tesori custoditi instanze sotterranee, di cunicoli imprecisatiche si collegherebbero ‐ guarda caso ‐proprio al bastione di Brolio, è più chenaturale che siano diffuse tra gli abitantinumerose testimonianze e leggende legateai fantasmi del Cerretaccio che la tradizio‐ne vuole appartenessero ai soldati uccisidurante il sanguinoso assedio dei Fiorenti‐ni. Non si tratterebbe di illustri figure comenel caso del Barone Ricasoli, ma di spiritirigorosamente anonimi capaci soltanto dicreare un certo scompiglio in questi luoghipacifici ed isolati, spiriti del bosco come sene trovano nella più tipica tradizione lette‐raria inglese.Pare inoltre che i famigerati tesori nascostisotto il Cerretaccio siano ben difesidall’apparire improvviso di entità che simaterializzano a chiunque ne tenti il ritro‐vamento: si narra che l’apparizione di unospettro gigantesco a due giovani contadiniche una notte avevano tentato l’impresa

aveva provocato nel primo un attacco diitterizia ed una brutta polmonite nel se‐condo che, completamente sudato per lafatica dello scavo, si era poi raffreddatobruscamente correndo a precipizio versocasa…Don Virgilio Peruzzi, parroco della vicinaPievasciata, grande appassionato discienze medianiche, seppe dar vita in que‐

Sopra, la facciatadella piccola chiesa,posta accanto allacinta muraria.Di fianco, spezzonidi mura crollate, consullo sfondo partedel circuito murario,che per lunghi trattiè ancora conservato.

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Attorno al bosco delCerretaccio le collineospitano molti ettari

di vigne, destinatealla produzione del

Chianti.

sta zona ad un vero e proprio museocontenente monete etrusche, fiori pietrifi‐cati, sarcofagi sanniti, narghilè orientali masoprattutto volumi di parapsicologia, alchi‐mia e rabdomanzia nonché un medaglionecontenente la firma autografa nientemenoche di Satana… L’origine di questa “reli‐quia” risalirebbe a quando una giovanissi‐ma parrocchiana completamenteanalfabeta, in preda ad una grave posses‐

sione satanica, aveva afferrato una pennadal tavolo tracciando l’autografo infernalepur non avendo avuto mai alcuna istruzio‐ne… Che sia vero o no, saranno i nostriSoci durante l’escursione in programma ilprossimo autunno che ci diranno quale siail fascino e il mistero che aleggia in questiluoghi.Che dire, è auspicabile che la passeggiatasi concluda prima del crepuscolo…

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Oggi si parla molto di ambiente e di cometutelarlo ed è compito di tutti fare laraccolta differenziata, ma possiamo farequalcosa di ancora più efficace e radicale:evitare di produrre rifiuti, perché riciclarenon è sempre facile. L'unico materiale chepuò essere più a lungo riciclato è il vetro,mentre la plastica e la carta sono riciclabilima non all'infinito, così come ipoliaccoppiati, utilizzati per realizzare il Te‐trapak, che sono anche difficili da separaree che spesso finiscono negli inceneritori.Il discorso si complica se parliamo di mobi‐li realizzati in pannelli di legno pressato eimpastato con colla o di oggetti informaticie tecnologici che per essere smembrati ne‐cessitano di personale in grado di recupe‐rare i vari componenti.Ecco quindi alcuni consigli per ridurre allaradice il problema dei rifiuti:

1) Evitare l'acquisto di prodotti con moltoimballaggio, che inesorabilmente finirebbenei cassonetti di carta o plastica, e preferireprodotti a chilometri zero che si possonoacquistare senza confezione (se possibile,fare biscotti o dolci in casa).

2) Utilizzare borracce metalliche o in plasti‐ca robusta per la scorta di acqua giornalie‐

ra, evitando così di comprare nei bar o allemacchinette le inquinanti bottigliette di pla‐stica monouso.

3) Fare attenzione ai poliaccoppiati, chetroviamo nei brick del latte o dei succhi difrutta, ai sacchetti da forneria che non pos‐sono essere in alcun modo riciclati, alleconfezioni di alcuni cibi già pronti chevanno ad esempio nel microonde.

4) Cambiamo il telefonino o il pc soloquando ne abbiamo davvero bisogno. Sepurtroppo siamo costretti dalle aziendeproduttrici a subire l'obsolescenza pro‐grammata degli oggetti (una strategia mi‐rata a progettare beni che abbiano vitabreve, al fine di essere presto sostituiti con

Obiettivo meno rifiutiManola Terzani

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Ambiente

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Sotto, una spiaggia

invasa dai rifiuti di

plastica gettati in

mare. Si calcola che

ormai non ci siano

più zone di mare e

di eceano prive di

plastica.

Per approfondire:

https://it.wikipe-

dia.org/wiki/Pacifi-

c_Trash_Vortex

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AmbienteIl Monte Amiata - 3 - 2018

prodotti nuovi), possiamo almeno cercaredi non cascare nella trappola psicologicadell'obsolescenza percepita (spesso lapubblicità induce il consumatore a percepi‐re come obsoleto un prodotto ancorafunzionante per spingerlo a sostituirlo con

uno nuovo). Nei telefonini, ad esempio, se‐condo uno studio condotto da E‐waste Labdi Remedia in collaborazione con il Poli‐tecnico di Milano, sono contenuti 9 grammidi rame, 11 grammi di ferro, 250 mg diargento, 24 mg di oro, 9 mg di palladio,65 gr di plastica, 1 gr di terre rare (Praseo‐dimio, Neodimio, Cerio, Lantanio, Sama‐rio, Terbio, Disprosio) e altri elementipreziosi contenuti in piccolissime quantità,come cadmio, cobalto, rutenio. Questimetalli costano moltissimo al pianeta intermini economici, ma soprattuttoambientali, per la loro estrazione, che po‐trebbe essere evitata riciclando quelli che sitrovano nei vecchi telefonini dismessi e chespesso vengono abbandonati nei nostricassetti.

5) Impariamo a buttare i nostri oggetti, inostri mobili o i nostri vestiti solo quandoproprio non possiamo farne a meno: ripa‐riamoli invece e diamogli una seconda vita,oppure regaliamoli a chi può utilizzarli. Neipaesi del nord Europa, da tempo hannoaperto negozi dove è possibile affittare, percifre modiche, un trapano o un paio di sci,che non ha senso acquistare per usarli unao due volte l'anno. Di un italiano è invecel'idea di una applicazione che permette diaffittare gli oggetti più disparati di cui si habisogno vicino a noi, cercando la personache è disposta ad affittarti quello che staicercando.

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I rifiuti di appa-recchiature elettriche

ed elettronichevengono contrasse-

gnati con la siglaRAEE.

Il comune di Sienaoffre il seguente

servizio di raccolta:http://www.comu-

ne.siena.it/La-Citta/Territorio/Di-

rezione-Territorio/Servizio-Logistica-ed-

Ambiente/Ambiente/Rifiuti-e-Bonifiche-ambientali/Centro-di-Raccolta-Comu-

nale

A fianco, unavecchia coppia di

stivali si è tra-sformata in un vaso.Il riuso degli oggetti

sta diventando unpunto cardine per la

gestione dei rifiuti,perché permette diridurre al minimo il

ricorso alla discaricae all'incenerimento.

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Il temporale è un fenomeno convettivointenso, accompagnato da forti raffiche divento, precipitazioni violente, scaricheelettriche e spesso anche da grandine. Inmontagna i fulmini rappresentano il perico‐lo più serio per l’escursionista e l’alpinista.Sulle Alpi e l’Appennino i temporali sonomolto frequenti nel periodo estivo (in mediaun giorno su due), mentre nel periodo pri‐maverile sono più probabili sulle Prealpi, inquanto sulle Alpi ancora innevate è più

difficile raggiungere al suolo le temperaturedi innesco. Chi frequenta la montagna de‐ve imparare ad osservare i segnali deltempo, in modo da non essere sorpreso daun temporale su creste, pareti, vette o vieferrate. In estate è comunque buona regolapartire per un’escursione all’alba, in mododa essere già sulla via del ritorno nel primopomeriggio, evitando così le ore più caldedella giornata, che sono quelle più favore‐voli allo scoppio di un temporale. I para‐metri che entrano in gioco per laformazione di un temporale sono tre:temperatura, pressione ed umidità.1. Temperatura: il terreno assorbe moltobene il calore (soprattutto in mancanza divegetazione) e a parità di irraggiamento siscalda molto più velocemente dell’ariacircostante.2. Pressione: l’aria riscaldata dal terreno siespande, divenendo quindi meno densa epesante di quella fredda.3. Umidità: l'umidità relativa (UR o RH)rappresenta il rapporto percentuale tra laquantità effettiva di vapore acqueo pre‐sente nell’aria e la massima quantità che,alla medesima temperatura, sarebbe ne‐cessaria perché l’aria fosse satura di vapo‐re acqueo. Infatti, per ogni valore ditemperatura dell’aria, esiste una quantitàmassima di vapore acqueo che può esserecontenuta allo stato aeriforme: superataquesta quantità, il resto del vapore acqueo

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Meteo e montagna:i temporali estiviFrancesco Parigi ‐ Claudio Lucietto

Il colore dei fulmini

ci può fornire

informazioni sul tipo

di precipatazione in

atto: se la saetta è

rossastra indica

pioggia, se azzurra

grandine, se gialla

polveri in so-

spensione, infine se

bianca scarsa umi-

ditò.

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MeteorologiaIl Monte Amiata - 3 - 2018

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condensa in goccioline di acqua allo statoliquido, causando la precipitazione.Andiamo ora a vedere quali sono i segnipremonitori che ci indicano la possibilitàche si verifichi un temporale: per prima co‐sa occorre una giornata particolarmentecalda ed afosa in valle, dopodiché bisognafar caso ad alcuni sintomi di instabilitàatmosferica, come l’aumento del ventonelle ore più calde della giornata, conbrezze già molto attive sin dal primo matti‐no, e lo sviluppo delle nubi cumuliformi(per intendersi quelle a forma di “cavolfio‐re”); se queste ultime, nel loro moto diaccrescimento verticale, tendono a divenireimponenti e torreggianti, occorre prestaremolta attenzione in quanto è probabile laformazione di un cumulonembo, la nube ti‐pica del temporale. Quando la parte piùelevata del cumulonembo assume la tipicaforma sfilacciata “ad incudine”, vuol direche è stata raggiunta la fase di maturità deltemporale. Da notare che la sommità diquesta nube può talvolta raggiungere e su‐perare i 10.000 m di quota. Le gocce di

vapore acqueo in essa contenute salendoincontrano temperature molto al di sottodello zero e si trasformano quindi in cristallidi ghiaccio; questi vengono portati ulte‐riormente in alto sotto la spinta di forticorrenti ascensionali aumentando progres‐sivamente di spessore, finché, divenutitroppo pesanti, ricadono al suolo sottoforma di grandine. Fatto molto importanteè che i moti ascendenti dell’aria sono favo‐riti dalla presenza di versanti montuosi:questo è il motivo per cui in montagna siha un’alta frequenza di temporali estivi.Cumuli e cumulonembi si dissolvono infinedopo il tramonto, quando cessano i motiascensionali dell’aria dovuti all’irraggia‐mento solare: per questo motivo tali nubivengono definite dai meteorologi “ad evo‐luzione diurna”. In ultima analisi il nostroaltimetro, in caso di un improvviso sbalzodi quota (se indica cioè una quota moltomaggiore di quella reale), indica che c’èstata una rapida diminuzione della pressio‐ne atmosferica, con probabile formazionedi un temporale.

Appena sentiamo ilprimo tuono, spe-

cialmente se passa-no meno di 30'' tra il

fulmine e il boato,raggiungiamo un

luogo sicuro, lontanodalle creste, dai letti

di fiumi, ruscelli elaghi, da funi e

strutture metallichedi ferrate, dagli

spazi aperti e daalberi isolati.

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Il Monte Amiata - 3 - 2018

Equipaggiamento

Insieme agli scarponi è il compagno piùintimo delle nostre escursioni; senza di luiandremmo poco lontano, ma se non lo ca‐richiamo e regoliamo correttamente po‐trebbe crearci dei problemi: parliamo dellozaino da escursionismo.Volume, carico e attrezzatura variano a se‐conda del periodo, della lunghezza e del ti‐po di attività della nostra escursione, quindinon esiste uno zaino per l'escursionismo,ne esistono di vari tipi, ma le raccomanda‐zioni per un giusto utilizzo valgono per tutti.Partiamo dal carico: la leggerezza è unaprerogativa indispensabile a cui non pos‐siamo rinunciare. Cerchiamo di essere es‐senziali, portando con noi solol'indispensabile: è buona regola avere unozaino che non superi il 15% del nostro pe‐so corporeo.La distribuzione del carico all'interno dellozaino è importantissima per evitare che cisbilanci durante il nostro cammino. Glioggetti più leggeri (per esempio, il saccolenzuolo o la biancheria di ricambio) vannomessi sempre nella parte più bassa dellozaino, quella che una volta indossato saràa contatto con la fascia lombare; glioggetti più pesanti (per esempio, viveri, ve‐stiti, moschettoni) devono essere posizionatisopra questa fascia, nella porzione di zaino

che andrà ad aderire alla parte centrale esuperiore della schiena (importante: collo‐chiamoli a contatto con lo schienale).Un carico pesante spostato troppo in bassotenderà a spingerci indietro, sbilanciandoci.E' buona norma posizionare nella parte altao nelle tasche laterali tutti quegli oggetti ‐impermeabile, guanti, fasce ‐ che devonostare a portata di mano: in montagna, sisa, il tempo cambia rapidamente.La borraccia può essere tenuta nella tascalaterale, oppure possiamo utilizzare lesacche idriche, che vengono collocate tralo schienale e lo zaino, un'ottima posizioneper il bilanciamento del carico: i nuovimodelli sono quasi tutti predisposti peraccoglierle.Dallo zaino non deve penzolare niente: ilnostro equipaggiamento deve stareall'interno. Bastoncini o oggetti ingombranti(per esempio, casco, materassino o tenda)vanno fissati all'esterno con le appositecinghie di compressione.Lo zaino deve aderire bene al nostro corpo:perché questo succeda, è importante rego‐lare correttamente gli spallacci e le cinturedi cui è dotato.Quando lo indossiamo, per prima cosaallacciamo la cintura in vita, aumentandocosì la stabilità del carico, poi regoliamogli spallacci in modo da far aderire lo zainoalla schiena, infine allacciamoci e regolia‐mo il cinturino pettorale per aumentarel'aderenza dello zaino al corpo.A questo punto non ci resta che partire...

Gabriele Clementi

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Zaino in spalla nel modo giusto

Un buono zaino de-

ve essere realizzato

con materiale robu-

sto, antiabrasione,

con tasche e cinghie

che permettano di

fissare e rendere

accessibili i nostri

oggetti.

Materiale leggero

Materiale pesante

Cintura in vita

Spallacci

Cinturinopettorale

mg

kg

g

mg

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EscursionismoIl Monte Amiata - 3 - 2018

Il Gruppo di Bocche èuna breve catena di

rocce eruttive effusive(porfido), geologica-mente simili a quelle

della vicina catena delLagorài. Il gruppo

montuoso ha unandamento ovest-est,grossomodo dall’abi-

tato di Predazzo, inVal di Fiemme (TN), a

quello di Falcade, inValle del Biois (BL), ecostituisce la dorsale

di divisione fra la ValSan Pellegrino e la ValTravignolo. Subito so-pra Predazzo il solita-

rio massiccio di CimaVièzzena (m 2490)domina la zona delPasso Lusia, servita

dalla cabinovia “AlpeLusia”. Da qui la cre-

sta prosegue con i La-stè di Lusia (m 2480),

il Gronton (m 2622), laCima Bocche (m 2745)e la Cima Juribrutto (m

2697), caratterizzateda versanti dirupati e

rocciosi verso la ValSan Pellegrino e da

vasti tavolati inclinativerso la Val Travigno-lo, ove sorgono pitto-reschi bacini lacustri diorigine glaciale (Laghi

di Lusia, Lago diBocche, Lago di Juri-

brutto). Ampie fiancatedetritiche e boscose

scendono ad orienteverso i prati del Passo

Valles.

Quattro mete per tuttinella Catena di BoccheClaudio Lucietto

La Catena di Bocche è ricchissima di tracce della Prima Guerra Mondiale, con resti di trincee,camminamenti, reticolati e caverne. Cima Bocche rimase sotto il controllo dell’esercito austro‐ungari‐co per l’intera durata del conflitto. Nel 1915 la montagna subì numerosi tentativi di conquista daparte italiana: tra luglio ed agosto le nostre truppe tentarono l’offensiva risalendo la valle dei Laghi diLusia, con l’intento di prendere Forcella Bocche. Nonostante numerosi varchi nei fili spinati apertidall’azione di una potente bombarda trasportata con fatica in quota, le difese austro‐ungariche riu‐scirono a tenere e la Brigata Tevere venne respinta con gravissime perdite. In autunno fu il costoneSud‐orientale della cima ad essere interessato dagli scontri: gli Alpini presero il cosiddetto “Os‐servatorio”, nei pressi di Forcella Juribrutto, e si spinsero fin quasi sotto la cima, ma in una posizionepoco difendibile. Ad inizio novembre, il sopraggiungere di improvvise tormente di neve e le bassissi‐me temperature, costrinsero gli italiani ad una precipitosa ritirata.

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Accesso: da Moena (Val di Fassa), seguendo le indicazioniper il Passo di San Pellegrino, si raggiunge la stazione dipartenza della cabinovia “Alpe Lusia”, in località Ronc (m1447, 2,5 Km da Moena); utilizzando i due tronchidell’impianto si sale ai 2200 m della stazione a monte.Punti di appoggio: Rifugio Passo Lusia, m 2055 (18 postiletto, cell. 347 6268437).Periodo consigliato: da inizio luglio a metà settembre.Equipaggiamento e attrezzatura: scarponi con suola benmarcata e abbigliamento da alta montagna; per il SentieroAttrezzato del Gronton è necessario l’utilizzo del set daferrata e del casco.Cartografia consigliata: carta topografica per escursionistiTabacco, scala 1:25.000, foglio 06 (Val di Fassa e DolomitiFassane).

1. CIMA VIÈZZENA (m 2490)Sentieri: non numeratoDislivello: salita m 300, discesa m 300Tempo di percorrenza: ore 2 a/rDifficoltà: E

Dalla stazione a monte della cabinovia si segue la stradache scende al Passo Lusia, incontrando in breve sulla destral’arrivo di una seggiovia chiusa nel periodo estivo. Da quiparte la traccia segnata (senza numero) che percorre tuttala cresta del Vièzzena. Allontanandosi dagli impianti il pa‐norama si fa via via più bello e spazia su Latemar, Lagorài ePale di San Martino. Sempre seguendo l’esile ma ben evi‐dente traccia su terreno erboso, si passa per il dosso deno‐minato “Piavac” (m 2272), quindi si percorre tutto il filo dicresta, che talvolta si allarga fino a rivelare insospettabilivallette, arrivando alla piccola croce di legno posta sullavetta di Cima Vièzzena (m 2490, 1 ora). Il panorama è va‐sto e circolare e l’ambiente insolito, con piccole guglie diroccia e dirupati canaloni. Il rientro avviene seguendo a ri‐troso l’itinerario di salita.

2. SAS DA MESODÌ (m 2301)Sentieri: 614, 614‐622, 614Dislivello: salita m 200, discesa m 580Tempo di percorrenza: ore 2,45Difficoltà: EE

Dalla stazione a monte della cabinovia si segue la stradache si dirige in discesa verso ovest, attraversando l’ampiovallone erboso. Giunti a quota 2069 m, poco prima di unacurva a destra si lascia la strada e s’imbocca a sinistra ilsentiero n. 614 (indicazione) che traversa in quotaraccordandosi poi all’itinerario n. 622. Si prosegue a sini‐stra salendo nel bosco, andando a scavalcare la Sforcelade Pozil (m 2144, ore 0,30). Calati di qualche metro nellaVal de Pozil, si lascia il sentiero 622 e si prosegue a destrasul 614 che oltrepassa un rado bosco, alzandosi poi conun paio di tornanti fino sul culmine della dorsale, che segueper un breve tratto. L’esile traccia taglia i ripidi fianchierbosi del Col de Poza, raggiunge la Sforcela de Val Bonéta(m 2215) e rimonta il crinale del Sas da Mesodì. In

un’alternanza di prati e roccette si arriva sulla panoramicavetta (m 2301, 1 ora), che si apre come un balconesull’intera Val di Fassa. Il sentiero n. 614 discende per ladorsale nord‐est, toccando un’evidente spalla dove si tro‐vano i ruderi di una postazione della Prima GuerraMondiale. L’itinerario si abbassa poi con numerose strettesvolte lungo il versante orientale del monte, raggiunge ilsolco della Val Bonéta e lo attraversa. Il sentiero si fa infinepianeggiante e, oltrepassato il bosco, esce sui prati e siconclude alla stazione intermedia della cabinovia (m 1820,ore 1,15 dalla vetta).

3. LAGHI DI LUSIA E CIMA BOCCHE (m 2745)Sentieri: 633Dislivello: salita m 1020, discesa m 1020Tempo di percorrenza: ore 5,30 a/rDifficoltà: E

Dalla stazione a monte della cabinovia si segue la stradaverso est e si scende al sottostante Passo Lusia (m 2055) eall’omonimo rifugio. Di fronte al rifugio si imbocca ilsentiero n. 633 che risale una serie di gradoni erbosi, amargine della pista da sci “Lastè”, fino alla stazione amonte dell’impianto di risalita, dove volta a destra e in pia‐no arriva alle Baite Lasté (m 2327). Si segue ora il tracciatodi una vecchia mulattiera militare dal fondo selciato, che ri‐monta la caratteristica banconata porfirica meridionale di

ITINERARI

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Cima Lastè e, dopo alcune svolte, conduce ai 2425 mdella “Trincea”, stupendo punto panoramico sulle Pale diSan Martino e sui Laghi di Lusia. Il sentiero traversa ora indirezione del primo Lago di Lusia, calando al bivio con l’iti‐nerario 621 e al vicino Bivacco Redolf (m 2333, ore 1,30),situato a pochi metri dalla riva. L’ambiente è magnifico e lazona estremamente tranquilla e isolata. Si aggira il lago e siprosegue sul sentiero n. 133 salendo fra i pascoli,raggiungendo in 20 minuti il secondo Lago di Lusia (m2380) e in altri 20 minuti la Forcella Bocche (m 2543, pre‐cario ricovero), punto di arrivo del Sentiero Attrezzato delGronton. Dalla forcella il sentiero 633 si alza ora più ripi‐damente fra i ghiaioni della dorsale sud‐ovest di CimaBocche e, passando nei pressi di numerose trincee ed ope‐re murarie risalenti alla Guerra 1915‐18, arriva sulla piattae panoramica sommità di Cima Bocche (m 2745, ore 0,50da Forcella Bocche), ove è posto un crocefisso in memoria

dei caduti. Il rientro avviene seguendo a ritroso l’itinerariodi salita.

3a SENTIERO ATTREZZATO DEL GRONTON E VETTA DEL

GRONTON (m 2622)Sentieri: 634ADislivello: salita m 250, discesa m 50Tempo di percorrenza: 1 ora per il percorso attrezzato, 20minuti a/r per la vetta del GrontonDifficoltà: EEA

Giunti al primo Lago di Lusia (m 2333), si lascia il sentieron. 633 e si prende a sinistra il 634A che s’inerpica allespalle del Bivacco Redolf, portandosi in cresta presso laForcella Cajerin (m 2363). Un cartello avvisa dell’inizio delsentiero attrezzato e della necessità di utilizzare il set daferrata.Per quasi tutto il tragitto il sentiero si sviluppa lungo icamminamenti austriaci della Prima Guerra Mondiale postisul versante settentrionale della montagna. Sono ancoraben visibili le postazioni e le baracche che si affacciano suCima Juribrutto (dove si trovavano le postazione italiane),mentre veri e propri balconi si aprono sui due Laghi di Lu‐sia, sulla Val San Pellegrino e sulla Cresta di Costabella. Sisegue in saliscendi una prima cengia attrezzata con cavoche si snoda poco al di sotto della cresta del Gronton,agevolati da gradinate rocciose costruite dai soldati. Sicontinua quindi su lastronate, dopodiché si supera un altrotratto in cengia e un ponticello di legno (fune metallica), acui segue un’altra cengia esposta priva di attrezzature che,benché molto facile, va affrontata con prudenza. Un ultimobreve tratto in cresta conduce al termine del sentieroattrezzato (ore 0,50 da Forcella Cajerin), dove si trova unbivio: volgendo a sinistra (indicazione “Gronton”) si sale inbreve sulla vetta del Gronton (m 2622, deviazione consi‐gliata). Tornati al termine della via ferrata, si cala veloce‐mente a Forcella Bocche (m 2543), dove si ritrova ilsentiero n. 633.

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GLI APPENNINI CHE MI MANCANO ‐ parte quinta

Carlo Cristel

La voce dei soci

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Giovedì 29 giugno 2017

Questa è la cronaca del primo giorno di un tritticodedicato alle montagne più meridionalidell'Appennino. Mentre scrivo ho davanti a mel'articolo pubblicato sul Monte Amiata 3/2016 dalnostro Gabriele Petrini. Sono andato a ricercarloperché nessuno come me può capire i sentimentiche lo hanno attraversato, avendo vissuto un perio‐do buio molto simile al suo. La caduta, il tendinesovraspinato che cede, le visite, l'operazione, la fa‐sciatura, l'impossibilità di dormire per più di duemesi se non su una poltrona, la nuova, lunga e do‐lorosa riabilitazione, la forma fisica che svanisce equella mentale che insinua cattivi scenari perché iltempo non lavora più a mio favore. Poi finalmentela ripresa, verso la fine dell'estate la svolta, rico‐mincio gli allenamenti, all'inizio solo camminando,da San Gusmè a Monte Luco e ritorno, tutte lemattine, poi corricchiando in pianura e in discesa,infine di nuovo di corsa. La spalla non fa più maleed è recuperata all'ottanta, novanta per cento. Altriproblemi mi tengono lontano dalla montagna finoa febbraio di quest'anno quando, superando lapaura di rifarmi male, rimetto gli sci. Da quel mo‐mento ho la certezza di poter riprendere il mioambizioso progetto che prevede di salire tutti gliAppennini sopra i 2000 metri.E arriva anche giovedì 29 giugno. La sera primaho preparato tutto, un ultimo sguardo al meteo cheprevede tempo bello e stabile, forse un po' troppocaldo al sud, ma la quota dovrebbe mitigare la ca‐lura. L'obiettivo di giornata prevede la salita alMonte del Papa, l'unico “2000” del gruppomontuoso del Sirino. Ho con me la relazionedell'ormai famoso Albrizi che descrive, con la solitadovizia e precisione di particolari, anche la salitaalle due cime che fanno da corona al Monte delPapa, la Madonna di Sirino e la Timpa Scazza‐riddo. La solita levataccia e sono in macchina, miattendono più di 580 km. Sono da poco passate le10 quando arrivo al piazzale antistante il rifugioItalia al lago Laudemio, dove finisce la stradaasfaltata (1575 m.). Il tempo di cambiarmi,prendere lo zaino, mettere in funzione il GPS e

partire. Dopo pochi metri eccolo il lago Laudemio,poco più di un acquitrino di un insolito colore bei‐ge; il bosco che lo circonda invece è bellissimo,meravigliosi faggi centenari gli fanno da cornice,gli giro tutto intorno e comincio la salita vera epropria. Fino alla sella (1865 m.) che divide ilMonte del Papa dalla Timpa Scazzariddo si salelungo la pista da sci. Il sole picchia già e lapendenza accentuata, la mancanza di vento el'elevato tasso di umidità rendono abbastanza durala salita. Sulla sella invece tutto cambia, c'è unvento molto forte e relativamente freddo.Quando raggiungo la cima del Monte del Papa(2005 m.) sono costretto ad indossare la giacca avento. La foschia riduce il panorama che si godeda quassù, tuttavia lo sguardo arriva fino al lagodel Pertusillo e a sud al bel Monte Alpi e al lago diCogliandrino. È ancora presto, le gambe girano adovere e così decido di completare il programma esalire anche le due cime secondarie. La vetta dellaMadonna di Sirino (1907 m.) è deturpata da unacostruzione in pietra e cemento armatocomprendente una chiesa, sagrestia, rifugio equant'altro. Ritorno al Monte del Papa e incontrootto escursionisti romani, saranno l'unica presenzaumana dell'intero trittico; scambiamo due parole,ma il vento è sempre più forte e ci consiglia di nonindugiare. Scendo alla sella e risalgo dall'altraparte, in pochi minuti sono sulla cima della TimpaScazzariddo (1930 m.). Le foto di rito e sono sullavia del ritorno.Sotto la sella il vento cessa di colpo e la tempe‐ratura schizza in alto, via la giacca a vento e velocediscesa fino al lago e alla macchina. Il GPS recita:14,3 Km. ‐ 4 ore e 20' – 1200 metri di dislivello insalita e discesa (che mi sembrano un po' troppi,secondo i miei calcoli non dovrebbero superare i1000).Riparto, mi attendono 100 km. di strada per arri‐vare a Varco, una frazione del comune di Viggia‐nello (PT) dove ho prenotato una camera per duenotti con opzione per una terza se il programmadel secondo giorno risultasse troppo ambizioso, maquesta è un'altra storia e ve la racconterò inun'altra occasione..

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La croce sulla vetta del Montedel Papa (2005 m)

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