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Il minore parte sostanziale e parte formale nel processo civile (Pisa, 12 settembre 2014) di Claudio Cecchella

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Il minore parte sostanziale e parte formale nel processo civile

(Pisa, 12 settembre 2014)di Claudio Cecchella

claudio cecchella
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Il minore da estraneo a parte sostanziale e formale del processo civile, il diritto internazionale ratificato

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1. I principi costituzionali e internazionali.

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L’ostracismo del minore

Il minore è stato vittima di un ostracismo dal processo. che ha ad oggetto i suoi diritti: ostracismo che non poteva, né può giustificarsi, sulla base di principi sistematici nazionali e internazionali.

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la ratio dell’ostracismo

Non è più sostenibile sul piano positivo l’idea che il fanciullo, secondo la preferibile dizione delle convenzioni internazionali, per la sua intrinseca debolezza e fragilità, non possa essere coinvolto nel processo giurisdizionale, nei luoghi in cui si consuma il conflitto matrimoniale ovvero nei luoghi in cui si assumono determinazioni fondamentali per la sua vita e la sua crescita, come la responsabilità genitoriale, l’affidamento, il collocamento e il diritto di visita, l’adottabilità.

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Il minore titolaredi diritti soggettivi

Il processo familiare implica interessi che fanno capo al minore, molti dei quali assurgono a veri e propri diritti soggettivi e come tali, se oggetto di giudizio, non possono non coinvolgerlo, non soltanto come parte sostanziale (il che è nelle cose), ma come vera e propria parte formale, cui discende l’obbligo di munirsi di un difensore tecnico.

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Principi costituzionali implicati

1) il diritto di azione e il diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost.;

2) ma anche internazionali, come quelli introdotti dalla Convenzione di New York del 1989 e dalla Convenzione di Strasburgo del 1996, entrambe ratificate con legge dallo Stato italiano (risp, nn. 176/1991 e 77/2003)

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Convenzione di NY: l’ascolto

si legge all’art. 12, 2° comma: “... si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

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Convenzione di Strasburgoart. 1, tutela di diritti azionabili e difesa

nell’art. 1, si legge: “oggetto della presente Convenzione è promuovere, nell'interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l'esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un'autorità giudiziaria”.

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art. 5, rappresentanza tecnica

art. 5, poi, sono sanciti: “a) il diritto di chiedere di essere assistiti da una persona appropriata, di loro scelta, che li aiuti ad esprimere la loro opinione; b) il diritto di chiedere essi stessi, o tramite altre persone od organi, la designazione di un rappresentante distinto, nei casi opportuni, di un avvocato; c) il diritto di designare il proprio rappresentante; d) il diritto di esercitare completamente o parzialmente le prerogative di una parte in tali procedimenti”.

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art. 9, il conflitto di interesse con i genitori

art. 9, in caso di conflitto di interessi con i genitori: “1. Nei procedimenti che riguardano un minore, quando in virtù del diritto interno i detentori delle responsabilità genitoriali si vedono privati della facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interessi, l'autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentante speciale che lo rappresenti in tali procedimenti. 2. Le Parti esaminano la possibilità di prevedere che, nei procedimenti che riguardano un minore,l'autorità giudiziaria abbia il potere di designare un rappresentante distinto, nei casi opportuni un avvocato, che rappresenti il minore”.

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Strasburgo e il rappresentante tecnico, deontologia

“1. Nei procedimenti dinanzi ad un'autorità giudiziaria riguardanti un minore, il rappresentante deve, a meno che non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore: a) fornire al minore ogni informazione pertinente, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità di discernimento sufficiente; b) fornire al minore, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità di discernimento sufficiente, spiegazioni relative alle eventuali conseguenze che l'opinione del minore comporterebbe nella pratica, e alle eventuali conseguenze di qualunque azione del rappresentante; c) rendersi edotto dell'opinione del minore e portarla a conoscenza dell'autorità giudiziaria”.

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2. Il diritto positivo interno

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La legge sulla adozione

Salvo sei anni di prorogatio secondo un costume invalso nei tempi recenti (l’entrata in vigore risale al 1° luglio 2007), la legge 28 marzo 2001, n. 149, sull’adozione e sull’affidamento dei minori, impone all’art. 8, comma 4, che “il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10”.

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La nomina del difensore

All’art 10, 2° comma, poi : “all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice”.

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I procedimenti sulla responsabilità genitoriale

All’art. 37, poi, novellando l’art. 336 c.c. ed introducendo l’eventualità anche nel contesto del processo avente ad oggetto la responsabilità genitoriale si sancisce all’ultimo comma della disposizione: “Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore”.

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il d.p.r. n. 115 del 2002e la abrogazione di un inciso

All’art. 336 era aggiunto un inciso: “ anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge”.

Prima della entrata in vigore, questo inciso è stato abrogato e si è precisato con la legge n. 175 del 2002: che “ sino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato…continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti..”

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l’obbligo di rappresentanza tecnica

Da tali disposizioni sembra chiaro un dato, che nel processo di adozione e sulla responsabilità genitoriale vige l’obbligo della rappresentanza tecnica del minore.

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La atecnicità della legge:il problema del conflitto

Basti evidenziare la scarsissima sensibilità per i problemi del conflitto, laddove si ipotizza in astratto (la congiunzione “e” ripetuta nelle due norme) che un difensore possa assumere il mandato del minore e contemporaneamente dei genitori. La legge di riforma dell’adozione e della responsabilità genitoriale, infatti, lascia del tutto impregiudicato il delicato tema del conflitto minore-genitori e, sul piano tecnico, il coordinamento della nuova normazione con la disciplina della nomina del curatore ex art. 78 c.p.c., in caso di conflitto di interesse con i genitori.

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Mancanza della normazione di cornice

Il legislatore lascia inoltre del tutto insoluta una disciplina di cornice, che renda concretamente operativo il dettato della legge, attraverso la introduzione di una difesa d’ufficio del minore, necessitante di un’organica disciplina, anche in relazione ai compensi destinati al professionista prescelto.

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l’eccezionalità

La normazione interna nell’intervenire soltanto nelle controversie sull’addozione e sulla responsabilità genitoriale sembra escludere in altri procedimenti la necessità di una rappresentanza tecnica del minore.

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3. La giurisprudenza, tra incostituzionalità e interpretazione abrogratrice

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la questione di costituzionalità

La Corte di appello di Brescia, Sezione per i minorenni, con ordinanza depositata il 19 marzo 2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 30, 31 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 250 del codice civile, laddove il procedimento non contempla il minore con tutti i diritti di una parte.

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La censura

“richiamato il disposto dell'art. 250 cod. civ., espone che, per principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nel giudizio instaurato, ai sensi del quarto comma della citata norma, il figlio naturale, non ancora sedicenne, non assume la qualità di parte”

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la Corte cost., Sent., 11-03-2011, n. 83

“Una menzione a parte merita, infine, l'art. 336 cod. civ. …Come già notato da questa Corte (sentenze n. 179 del 2009 e n. 1 del 2002), dal coordinamento tra l'art. 12 della Convenzione di New York, e l'art. 336, comma quarto, cod. civ. si desume che, nelle procedure disciplinate da tale norma, sono parti non soltanto entrambi i genitori ma anche il minore, con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, previa nomina, se del caso, di un curatore speciale, ai sensi dell'art. 78 del codice di procedura civile”

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segue, il minore è parte

“Ne deriva che al detto minore va riconosciuta la qualità di parte nel giudizio di opposizione di cui all'art. 250 cod. civ. E, se di regola la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore che ha effettuato il riconoscimento (artt. 317-bis e 320 cod. civ.), qualora si prospettino situazioni di conflitto d'interessi, anche in via potenziale, spetta al giudice procedere alla nomina di un curatore speciale. Il che può avvenire su richiesta del pubblico ministero, o di qualunque parte che vi abbia interesse (art. 79 cod. proc. civ.), ma anche di ufficio, avuto riguardo allo specifico potere attribuito in proposito all'autorità giudiziaria dall'art. 9, primo comma, della citata Convenzione di Strasburgo”

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ordinanza conforme

La Corte cost ha avuto modo di pronunciare in modo conforme con la ord., 10-11-2011, n. 301.

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rappresentanza della parte incapace e rappresentanza tecnica

Se è corretto quanto afferma la Corte costituzionale, seppure in una sentenza interpretativa di rigetto della questione, non si possono confondere i concetti della rappresentanza della parte incapace e della rappresentanza tecnica nel processo civile.

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rappresentanza dell’incapace

Non è dubitabile, infatti, che l’incapace debba stare in giudizio con il suo rappresentante legale (art. 182 c.p.c., che per il minore è il genitore) e che, in caso di conflitto con il proprio rappresentante, l’incapace sia parte del processo con un curatore speciale ex art. 78 c.p.c.

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rappresentanza tecnica

Ma è ben altra cosa la rappresentanza tecnica, a cui nessuna parte può sottrarsi, salvo le eccezioni dell’art. 82 c.p.c., ovvero la obbligatorietà a pena di nullità degli atti del processo di un mandato ad un avvocato iscritto all’albo, a cui deve provvedere il rappresentante legale come il curatore speciale

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App. di Milano, del 16 ottobre 2008

“La difesa è dunque diventata obbligatoria fin dall’inizio, con la conseguenza che le parti, ivi compreso il minore, devono stare in giudizio con il ministero del difensore e che è stata così per la prima volta inserita nel sistema processuale civile la figura del difensore d’ufficio, il quale per evidenti criteri di opportunità deve essere nominato dall’autorità giudiziaria, anche in considerazione del fatto che tale incarico va affidato a professionisti “in possesso di competenze adeguate alla particolarità ed alla delicatezza della funzione da assolvere”

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prevalenza della norma sostanziale sulla norma processuale

E’ difficile, come l’importante pronuncia milanese, non condividere la necessità di riempire la lacuna e la carenza sul piano tecnico della legge nazionale, attraverso la disciplina convenzionale e i principi costituzionali e sotto questo profilo ritenere prevalente la regola introdotta dalla legge di ratifica della convenzione su ogni altra e distinguere gli istituti della rappresentanza ex art 182 c.p.c. da quello della rappresentanza tecnica ex art. 82

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conclusione

E’ introdotto inderogabilmente nel nostro sistema, oltre al riconoscimento di una qualità di parte formale del minore, anche quella derivata di prevedere la nomina obbligatoria di un suo difensore tecnico, mediante iniziativa dello stesso ufficio, il quale ne assuma pienamente la rappresentanza e difesa.

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Cassazione Civile Sent. n. 16553 del 14-07-2010, il ritorno al passato

“Tuttavia la previsione di un' "assistenza legale" del minore, fin dall'inizio del procedimento, senza, come si è visto, indicazione di modalità alcuna al riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa affatto, come sostiene il giudice a quo, che debba nominarsi un difensore d'ufficio al minore stesso, all'atto della apertura del procedimento. Il minore è dunque parte a tutti gli effetti del procedimento, fin dall'inizio, ma, secondo le regole generali e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo del rappresentante, e questi sarà il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi, un curatore speciale”

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segue

“E' appena il caso di precisare che il curatore speciale, ove sia comunque nominato (quando il tutore non provvede alla nomina di un difensore, e non esiste il protutore, ovvero sorge conflitto di interessi tra tutore e minore), non riveste necessariamente la qualità di difensore (anche se nella prassi prevalente, a fini di semplificazione, si nomina un curatore, rappresentante del minore che, quale difensore, possa stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, ai sensi dell'art. 86 c.p.c.) e in tal caso provvedere alla nomina di una difensore”.

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L’escamotage

La lacuna del sistema che non ha previsto un difensore d’ufficio, retribuito dallo Stato, al minore viene supplita attraverso l’istituto della nomina del curatore speciale, che ovviamente viene identificato in un avvocato, in modo da fondere i due istituti differenti, la rappresentanza legale con la rappresentanza tecnica

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la sentenza della S.C. 31-03-2014, n. 7478

“l’ultimo comma dell'art. 336 cod. civ. trova applicazione soltanto per i provvedimenti limitativi ed eliminativi della potestà genitoriale, ove si pone in concreto un profilo di conflitto d'interessi tra genitori e minore, e non in una controversia relativa al regime di affidamento e di visita del minore, figlio di una coppia che ha deciso di cessare la propria comunione di vita”

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dunque…

L’obbligo del difensore del minore non esiste nelle controversie tra coniugi o coppie di fatto sull’affidamento, il collocamento, il diritto di visita, come nel contesto dei procedimenti di separazione e divorzio o nei corrispondenti procedimenti che interessano coppie di fatto, ma solo nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale (artt. 330 e ss c.c.) e sull’adozione,

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la motivazione

“In tale ipotesi, diversamente dal procedimento di adozione, ove è prevista ex lege l'assistenza legale del minore, ritenendosi in re ipsa il conflitto d'interessi con i genitori (ex multis Cass. 16553 del 2010), la partecipazione del minore nel conflitto genitoriale deve esprimersi, ove ne ricorrano le condizioni di legge, se ne ravvisi la corrispondenza agli interessi del minore medesimo e si riscontri un grado di discernimento adeguato, mediante il suo ascolto (S.U. n. 22238 del 2009)”.

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L’ascolto, come mezzo difensivo

Se ne desume che l’ascolto costituisce un’espressione difensiva del minore, una sorta di alternativa alla difesa tecnica, che sarebbe garantita in tutti i procedimenti in cui è controverso un interesse protetto del minore medesimo, mentre soltanto nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale e l’adozione, vi sarebbe obbligo di difesa tecnica (con l’escamotage della nomina del curatore)

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segue

“Il principio, già codificato nell'art. 155 sexies c.c., con riferimento ai provvedimenti relativi all'affidamento dei figli minori, è stato ribadito dall'art. 315 bis c.c., introdotto dalla L. n. 219 del 2012 ( ndr. oggi 313 – octies con il d.lgs. n.154 del 2013). La nuova norma ha esteso l'obbligo di ascolto a tutte "le questioni e le procedure" che riguardano il minore, così dando piena attuazione all'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo”.

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segue

“….oltre che mediante l'esercizio dei poteri istruttori officiosi di cui il giudice può usufruire in virtù della natura e della preminenza dell'interesse da tutelare..”

Il giudice difensore del minore?

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4. Le ricadute deontologiche

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il problema

Il processo civile che conosce sul piano positivo, anche se non nel diritto vivente, la previsione di un difensore d’ufficio, nella particolare materia familiare, quando è implicato un diritto pieno del minore, come nelle controversie sulla responsabilità genitoriale, affidamento o sullo stato di adottabilità, non può non farne discendere importanti implicazioni deontologiche per l’avvocato

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segue

Esiste comunque nel processo di familiare nel ruolo del difensore tecnico tensioni deontologiche che rendono non assimilabile la materia alle controversie comuni

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Indipendenza e autonomia

principi di indipendenza ed autonomia, che subiscono tensioni difficilmente contenibili nel conflitto e particolarmente negli episodi in cui si svolgono tentativi verso una risoluzione concertata della controversia, in cui è fortemente coinvolto il difensore e nei quali può apprendere fatti e circostanze destinate a rimanere riservate.

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diligenza e competenza

Si pensi anche all’attuazione dei principi di diligenza e competenza, particolarmente in quel corollario oggi insostituibile che è l’obbligo di formazione.

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Peculiarità del rapporto difensore-minore

Ma queste problematiche sono dense di gravi implicazioni, per le quali le stesse norme deontologiche approvate dall’organo deputato, nella generalità di previsione, necessitano di un intervento di precisazione e adattamento, quando si tratta di esaminare la particolare posizione del difensore del minore.

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indipendenza ed autonomia rispetto ai conflitti

sembra opportuno evidenziare il delicato ruolo del difensore nel rapportarsi al suo mandatario, il minore, e nell’orientarsi attraverso il gomitolo formato dall’intersecarsi di relazioni familiari e di interessi, in primo luogo quello dei genitori.In tale contesto non pare dubitabile che il difensore debba rapportarsi in primo luogo con la parte rappresentata, senza lasciarsi suggestionare da interventi genitoriali e particolarmente senza ricercarli.

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segue, incompatibilità

Ne costituiscono corollario, l’impossibilità per chi ha difeso uno dei genitori di assumere il patrocinio del minore e viceversa, come anche da parte di chi abbia anche solo partecipato a fasi preparatorie di natura mediativa o latu sensu conciliative nel conflitto genitoriale, ancor più insidiose per l’autonomia e l’indipendenza, a causa delle informazioni di carattere riservato acquisite in quei contesti.

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il ruolo del difensore del genitore nell’ascolto

Esiste poi, nel ruolo del difensore del genitore il tema dell’ascolto del minore, che deve probabilmente escludersi in radice, se non con il consenso dell’altro, per la stessa ragione per cui un consulente di parte non può visitare il minore contro la volontà del genitore avversario.

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Cass., sez. un., 4 febbraio 2009, n. 2637

Costituisce violazione dei doveri di dignità, decoro e lealtà professionali per un avvocato, nel corso di un giudizio di separazione coniugale, intrattenere colloqui con i figli minorenni della propria assistita, all'insaputa del padre, su questioni attinenti alla causa di separazione, considerata soprattutto la tenera età dei figli e la circostanza che il giudice aveva disposto specifiche restrizioni in ordine alla frequentazione dei minori da parte di entrambi i genitori.

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diligenza e competenza

Sotto il secondo profilo, quello della diligenza e della competenza, non pare dubitabile la necessità che l’organo preposto alla regola deontologica valuti attentamente il delicato tema delle specializzazioni e della formazione diretta a favorirle.

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difensore d’ufficio, la formazione

Come nel settore penale, ove la nomina d’ufficio del difensore impone la partecipazione dell’avvocato a speciali corsi di formazione, non pare procrastinabile la necessità del difensore del minore di unire alla tradizionale formazione giuridica, pure quella psicologica e medica, solo che si pensi all’audizione del minore, alla sensibilità verso tecniche mediative a cui dovrà ricondursi, in funzione di un principio di favore verso soluzione concertate della crisi familiare.

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il ricorso ad altre professionalità

Qualora il bagaglio culturale cui è munito l’avvocato non soccorre alla necessità, sarà inevitabile che il difensore faccia uso di uno esperto, e non solo nell’ambito giuridico, oppure di un’estensione del mandato ad altro professionista specialista.

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necessità di una normazione deontologica specifica

Certo la materia, e non solo quella relativa alla difesa del minore, necessita di un profondo ripensamento, a cui non può escludersi la necessità di un adeguamento anche delle regole deontologiche, che non possono più proporsi come regole generali, laddove per materia esistono rationes speciali che giustificano la introduzione di regole diverse.

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5. Il nuovo codice deontologico forense,approvato dal CNF il 31 gennaio 2014

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Art. 56 – Ascolto del minore, 1° comma

L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.

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2° comma

L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse.

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3° comma

L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.

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4° comma

La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.