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1 IL MANIFESTO DELLA SVOLTA PREMESSA Un progetto strategico chiaro, condiviso ed efficace, che preveda una politica industriale di forte identità nella tutela degli interessi e dei valori delle PMI, è fondamentale per un preciso posizionamento nello scenario associativo italiano. Tale progetto passa attraverso alcune scelte fondamentali quali ad esempio: il contratto di lavoro che lo caratterizzi nella dimensione dell’azienda oltre che nella specifica appartenenza settoriale; il posizionamento europeo e la partecipazione attiva ai temi internazionali; il metodo in cui si realizza attraverso propri studi e la presentazione di dati sviluppati con autorevoli Università e Centri di Ricerca. La competenza, le idee, la credibilità dei contenuti, il valore dei Partner e delle persone che la rappresenteranno permetteranno una forza ed uno slancio di rappresentanza maggiori nel posizionamento istituzionale. Il superamento di vecchie logiche che portano a consumare energie nel dibattito interno per mere rendite di posizione senza una visione globale, nazionale ed europea, oltre ad una coscienza di ciò che siamo e di ciò che potremmo essere nella rappresentatività del vero tessuto connettivo economico-industriale del paese (che vede il 92% delle aziende al di sotto dei 10 dipendenti), ci potrà offrire un’opportunità straordinaria di occupare territorio e non ruoli, sviluppando una forza di condizionamento del sistema politico e non viceversa. Allora Confapi non sarà solo una Confederazione indipendente ed apartitica, una realtà con 68 anni di storia e con la titolarità, pur

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IL MANIFESTO DELLA SVOLTA

PREMESSA

“Un progetto strategico chiaro, condiviso ed efficace, che preveda una

politica industriale di forte identità nella tutela degli interessi e dei valori

delle PMI, è fondamentale per un preciso posizionamento nello scenario

associativo italiano.

Tale progetto passa attraverso alcune scelte fondamentali quali ad

esempio: il contratto di lavoro che lo caratterizzi nella dimensione

dell’azienda oltre che nella specifica appartenenza settoriale; il

posizionamento europeo e la partecipazione attiva ai temi internazionali;

il metodo in cui si realizza attraverso propri studi e la presentazione di

dati sviluppati con autorevoli Università e Centri di Ricerca.

La competenza, le idee, la credibilità dei contenuti, il valore dei Partner e

delle persone che la rappresenteranno permetteranno una forza ed uno

slancio di rappresentanza maggiori nel posizionamento istituzionale.

Il superamento di vecchie logiche che portano a consumare energie nel

dibattito interno per mere rendite di posizione senza una visione globale,

nazionale ed europea, oltre ad una coscienza di ciò che siamo e di ciò che

potremmo essere nella rappresentatività del vero tessuto connettivo

economico-industriale del paese (che vede il 92% delle aziende al di sotto

dei 10 dipendenti), ci potrà offrire un’opportunità straordinaria di

occupare territorio e non ruoli, sviluppando una forza di condizionamento

del sistema politico e non viceversa.

Allora Confapi non sarà solo una Confederazione indipendente ed

apartitica, una realtà con 68 anni di storia e con la titolarità, pur

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fondamentale, della sottoscrizione istituzionale nelle relazioni industriali

ma una realtà moderna, rapida, efficace, capace di muoversi nel

difendere gli interessi delle Piccole Medie Imprese in un panorama

nazionale statico, asfittico privo di idee e risorse e politicizzato.

La situazione economica attuale richiede azioni concrete e tempestive per

le quali sono necessari comportamenti attivi ed anticipatori e non solo di

reazione postuma a problemi che possono danneggiare le nostre imprese.

La scelta della chiarezza, della buona amministrazione, del rispetto

istituzionale e delle regole, dell’equità nei comportamenti

indipendentemente dalle posizioni, ma soprattutto la verifica della lealtà

nell’appartenenza saranno i principi che contraddistingueranno la

gestione e che rappresenteranno istituzionalmente il posizionamento

etico di Confapi .

Il posizionamento internazionale sarà invece caratterizzato da una forte

partecipazione alla politica europea, nella piena convinzione che una

rappresentanza internazionale potrà influire positivamente anche sul

posizionamento italiano, anche attraverso pressioni che da Bruxelles

potrebbero arrivare su Roma nell’interesse del sistema delle nostre

aziende sulle varie tematiche di interesse di seguito presentate e

commentate”

Roma, 26 Luglio 2012

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NON BISOGNA AVER PAURA DEL CAMBIAMENTO

Questo stralcio del programma presentato il 26 luglio 2012 fotografava il

mio pensiero dell’epoca sul posizionamento di Confapi .

Scenari economici di crisi globale, drammaticità amministrativa interna

riscontrata e mai immaginata e bagaglio d'esperienza acquisito non

hanno mutato i principi ai quali ispirare le attività della nostra

Confederazione. Essi ci spingono anzi e con forza a ritenere vitale

un’accelerazione dirompente per una “Perestroika”, per una Nuova Era di

CONFAPI.

Il Paese necessita di interventi urgenti per crescita e sviluppo. Per fare ciò,

serve il LAVORO.

Il lavoro lo crea l'impresa, ed in Italia soprattutto quella che

dimensionalmente noi siamo e che noi vogliamo rappresentare.

Noi siamo il lavoro!

I grandi temi, tasse, credito, flessibilità e semplificazione contrattuale,

burocrazia, regole certe e giustizia rapida, non sono stati neppure sfiorati

perché siamo vittime di un antico sistema di potere che i relativi

protagonisti (tutti in coro) non pensano minimamente di voler cambiare.

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LA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELL’INDUSTRIA E

DELL’IMPRENDITORE

Il dibattito pubblico del nostro Paese tende a relegare l’imprenditore a

figura specifica tra le tante, portatore di interessi settoriali. Questo

accade a causa del deficit storico di cultura d'impresa in Italia, e al

persistere di vecchie ritrosie ideologiche nei confronti di chi, perseguendo

il proprio profitto, crea benessere diffuso. Al contrario, oggi

l'imprenditore, in tutte le gradazioni qualitative e quantitative della

parola, è la figura chiave della contemporaneità, e l'impresa è l'unico

luogo possibile della ripartenza, dell'inversione di marcia rispetto alla

crisi.

La Piccola e Media Industria ed il suo imprenditore di riferimento devono

acquisire coscienza di questo loro ruolo-chiave nella società, altrimenti

delegheranno sempre le decisioni di sistema a qualcuno non cresciuto

nella cultura d'impresa, che non ne conosce i bisogni e le priorità. Per

questo motivo, l'imprenditore deve senz'altro sostenere le ragioni

dell'azienda e della filiera di riferimento, ma è chiamato anche a prendere

posizioni sull'assetto sociale complessivo, sull'agenda della politica, sulle

priorità dell'economia. Deve essere, in sintesi, un soggetto attivo nella

vita politica del Paese. L'imprenditore che rischia ed investe sul futuro

della propria azienda non può prescindere da una sensibilità globale su

temi quali ad esempio ambiente, cultura e scuola, la quale crea la futura

classe dirigente del Paese (oggi l’Italia è tra i più bassi livelli europei di

laureati 22% > 40% e di investimento sulle future generazioni, con una

spesa pubblica per la scuola che ammonta al 4,6% del Pil, contro circa il

6% del resto d'Europa ponendoci all’ultimo posto della classifica OCSE.

Discorso identico per i fondi destinati all’università ed alla ricerca: l’Italia

investe appena l’1%, anche qui ultima rispetto ad una media di circa

1,5%) non riducendo la scuola a solo posti di lavoro o a pregiudizievoli

discussioni sull’ autorità di un Preside, ma ponendola al centro come

investimento vero per lo sviluppo di un progetto Italia.

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IL RUOLO POTENZIATO DI CONFAPI ED IL CAMBIO DI PASSO

Occorre abbandonare qualsiasi logica di sterile conservazione dello status

quo e conferire a Confapi un ruolo di rottura e di proposta in tutte le

tematiche di interesse. Basta dunque con una struttura relegata ad un

ruolo puramente burocratico rispetto a vicende di rilievo secondario e,

invece, apertura massima verso una visione nella quale Confapi si fa

primo conoscitore di tutte le reali problematiche del settore e le

rappresenta con forza ai vari livelli.

Da quanto detto sopra, emerge chiaramente come Confapi non possa più

limitarsi ad incarnare una struttura settoriale, focalizzata sull'esclusiva

rappresentanza burocratica della categoria, e confinata in un ruolo di

mera interlocuzione su singoli dossier. Viceversa, nella missione di

rappresentanza di Confapi c'è una naturale apertura all'intero universo

delle problematiche del tessuto produttivo, che richiede la

trasformazione in soggetto che si faccia carico di veicolarle con forza

persuasiva e autonomo peso specifico nei confronti di tutti gli

interlocutori istituzionali. La credibilità di Confapi passerà attraverso le

sue idee, i suoi progetti e le sue proposte e non solo più attraverso i suoi

rappresentanti e quel riconoscimento di trasparenza e corretta gestione

che l’hanno contraddistinta nel triennio precedente e che avrà modo di

continuare a manifestare.

Un primo obiettivo d'importanza capitale sarà quello di dotare Confapi di

personalità giuridica, al fine anzitutto di garantire ancora maggiore

trasparenza e di preservarne il patrimonio. Non solo: tale iniziativa, vista

la mancata applicazione della Costituzione da parte dei sindacati e delle

confederazioni di categoria, assume una portata epocale e prospettica dal

punto di vista politico ed organizzativo.

Il naturale destino di Confapi è però l'azione di pressione nell'interesse

dell'intera filiera manifatturiera, in un Paese che manifesta tuttora dei

deficit rilevanti in quanto a cultura d'impresa. Per questo, occorre

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abbandonare qualsiasi logica passiva e qualsiasi ottica di piccolo

cabotaggio che svilisca la missione di Confapi, e conferirle un ruolo di

proposta continua, di stimolo critico nei confronti della classe dirigente, di

potenziale rottura del sistema quando le inadeguatezze di questo si

riverberano palesemente sul tessuto produttivo, l'unico in grado di

invertire la spirale negativa della crisi. Occorre insomma qualificare

Confapi come organo di cambiamento del Paese, e di un cambiamento

che aumenti il livello della cultura d'impresa in Italia, così come la

possibilità pratica di fare impresa, e quindi di accrescere il benessere

generale.

Il Ruolo di Confapi non può prescindere da una visione in ambito europeo

ed internazionale. Il collegamento con le omologhe Confederazioni

industriali europee dovrà incidere sul sistema politico dell’Unione

Europea per spingere le scelte verso posizioni meno rigide e burocratiche,

ma indirizzate alla crescita ed allo sviluppo ed incidere positivamente

anche sul sistema italiano, dove ad esempio il rigore del patto di stabilità

e del tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil blocca il Paese e risorse

territorialmente disponibili.

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TASSE

Il costo del lavoro è un problema. Lo è anche il costo dell'energia. Ma il

vero cappio al collo delle imprese CONFAPI è la pressione fiscale: LE

TASSE!

La madre di tutte le battaglie per le piccole e medie imprese, ma più in

generale per chiunque voglia produrre in Italia. Confapi non solo deve

fare di questa consapevolezza un tratto distintivo, ma deve anche

individuare i metodi migliori per condurre una credibile battaglia contro

le storture del Fisco. Nessun cedimento demagogico: tutti nel nostro

Paese devono pagare le imposte e contribuire allo sviluppo dell'Italia. Ma

ormai la nostra situazione è avvitata su un paradosso: le tasse stanno

soffocando e obbligando alla chiusura chi dovrebbe pagarle. Ma se le

tasse “mangiano” (soffocano per i più esteti) chi le deve pagare come si

potrà andare avanti? In questo modo, è tutto il sistema-Paese ad

accusare il colpo. Il livello della pressione fiscale è sopra il massimo

sostenibile. Dobbiamo batterci, anche qui se del caso con iniziative

clamorose, contro il Governo perché asfissiare le imprese di imposte

significa farle chiudere o scappare.

Confapi deve fare della questione fiscale una delle priorità della propria

mission, con alcune premesse assodate: il total tax burden, ovvero il peso

fiscale complessivo sui profitti d'impresa, oggi in Italia è circa del 65%. Tra

i Paesi europei, solo in Francia è lievemente superiore, a fronte però di

un'efficienza del sistema burocratico e dei servizi di gran lunga migliore.

In Germania siamo al 48,8%, nella pur disastrata Grecia al 50%, in

un'economia matura e dinamica come il Regno Unito (che negli ultimi 5

anni, sotto il mandato Cameron, ha generato più posti di lavoro che tutta

l'Europa continentale messa insieme) siamo al 33,7%. È evidente che

siamo di fronte a un sistema insostenibile economicamente, ed ingiusto

moralmente, dal punto di vista dei rapporti Stato-cittadino-impresa.

Quella sulla pressione fiscale deve essere la prima battaglia qualificante di

Confapi, anche con iniziative clamorose a sostegno dell'intera filiera

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produttiva, e d'incalzo nei confronti del governo, di qualunque assetto

politico sia esso espressione. Per questo, essendo una revisione seria ed

incisiva della spesa pubblica la conditio sine-qua-non per un

alleggerimento del carico fiscale, Confapi deve farsi anche carico di

immaginare politiche di spending review, di sottoporle al potere politico e

di chiamarlo a rispondere qualora questo non le prendesse in

considerazione. “Affamare la bestia pubblica” per liberare le energie

dell'impresa privata, questo era lo slogan del presidente Reagan, sotto il

cui mandato gli Stati Uniti conobbero una crescita esponenziale. Meno

spesa e meno tasse per più impresa e più lavoro, questa è la direzione che

risponde agli interessi non solo del tessuto produttivo, ma del Paese.

Occorre fare anche alcune considerazioni.

L’Europa conta il 5% della popolazione mondiale, il 25% della produzione

ed il 50% della spesa sociale.

In futuro tutti e tre i parametri cambieranno. Rimarrà circa così il primo

dato (5%) ma di una popolazione sempre più vecchia. Secondo i dati

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la nostra vita media si allunga

di cinque ore al giorno. E pertanto le aspettative di vita e le tendenze

demografiche rivoluzioneranno il mondo. Nel 1950 eravamo 2 miliardi e

mezzo, nel 2009 circa 7 miliardi, nel 2050 saremo oltre 9 miliardi. Tra

cinque anni i maggiori di 65 anni supereranno i minori di cinque.

Si rende strategico impostare una Politica Industriale adatta e

lungimirante sulla base di questi scenari ed incidere sul Governo in questo

senso sradicando la cultura del consenso immediato, ma investendo in

ricerca e programmazione della nostra produzione nei prossimi decenni.

Cambierà la domotica, l’automotive, l’alimentazione, la casa, le

infrastrutture ecc.. La macchina del diciottenne sarà diversa ad esempio

da quella del novantenne e così la casa che sarà sempre più

automatizzata e con una progettualità e realizzazione adeguata a queste

nuove esigenze. Il Progetto Industriale infatti non dovrà prevedere

esclusivamente la meccanica, pur rimanendo essa importantissima, ma

necessita anche di un intervento fondamentale e strategico nell’edilizia

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ed uno sviluppo in settori quali l’alimentazione, il turismo, il design

industriale ed i servizi strategici nel nostro Paese che coinvolgono

l'interesse di tutte le nostre categorie.

Ci troviamo già di fronte ad un continente europeo sempre più vecchio

contro quello asiatico (e africano) sempre più giovane e dinamico.

Cambieranno gli altri due rapporti: il 25% della produzione ed il 50% della

spesa sociale. L’altra parte del mondo non è più disposta a farci credito

per pagarci le nostre pensioni, la nostra sanità, la nostra assistenza e per

pagarci quel 50% che nel benessere sociale appunto ci distingue dal resto

del mondo. Dobbiamo rendercene conto tutti, sindacati compresi.

Si rende necessario rivedere completamente e con coraggio la spesa

pubblica e la spesa sociale.

Si può garantire l’intervento sociale ottimizzando i costi, a partire da

quelli sanitari, e ridurre la spesa pubblica a partire dai sistemi regionali,

veri centri di spesa e lottizzazione politica senza contare gli altri

innumerevoli interventi sul gigantismo dell'apparato pubblico.

Con il contributo che le imprese private offrono alla collettività, in termini

di imposte versate (che vanno ovviamente contenute) si può contribuire a

ricostruire l’economia del paese. Si pensi ad esempio alla possibilità di

prevedere un vincolo di destinazione al finanziamento di specifiche opere

di interesse pubblico (scuole, asili, parchi, impianti sportivi, ecc.), a scelta

del contribuente, su una parte delle imposte versate. Ciò contribuirebbe

ad una ottimizzazione della spesa per finalità concrete individuate sul

territorio, oltre che a chiamare in causa quella responsabilità sociale

dell'imprenditore che costituisce uno dei valori aggiunti della sua figura.

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BANCHE

Il soggetto-banca ormai ha del tutto abdicato alla sua funzione originaria,

e sociale quella di fornire il credito a individui, famiglie e aziende e di

accompagnare gli imprenditori nelle loro iniziative (se del caso

coadiuvandoli anche in caso di progettazione e start up), ovvero

fondamentalmente di sostegno all'economia reale. Viceversa, le banche

oggi privilegiano funzioni esclusivamente speculative in ambito finanziario

(che se perseguite con strumenti scissi dall'economia reale finiscono

inevitabilmente per riflettersi negativamente su di essa, come ci ha

insegnato anzitutto la genesi della grande crisi) o si dedicano a funzioni

puramente commerciali, quali la vendita esplicita di beni e/o servizi

(peraltro configurando non di rado una situazione di concorrenza sleale

rispetto a imprese che operano e rischiano nei rispettivi mercati).

Confapi deve allora intestarsi la battaglia per un radicale cambio di

paradigma, che riporti il ruolo della banca a quello originario e lo ri-saldi

con il tessuto produttivo concreto. Anche con clamorose iniziative di

protesta occorre che le banche siano riportate alla loro funzione cardine e

siano altresì spinte a rischiare assieme agli imprenditori, abbandonando

quella passiva funzione “notarile” che sono venute assumendo negli anni.

I danari con i quali le banche sono state salvate sono danari dei cittadini e

devono quindi essere utilizzati per creare ricchezza reale (ossia imprese

vere e tangibili) e non per alimentare effimere realtà virtuali (la cui

repentina apparizione e sparizione ha già più volte creato sconquassi nel

sistema).

Proprio perché anche la banca è un'impresa, seppur atipica (noi infatti

non coltiviamo nessun pregiudizio ideologico sulla banca, anzi vorremmo

tornasse a comportarsi come tale), deve tornare a condividere il rischio

con l'imprenditore e non appiattirsi in quella funzione meramente

finalizzata a degli interessi propri che l'ha via via snaturata negli anni, non

di rado peraltro fagocitando competenze specifiche di professionisti

specifici senza essere in grado di garantire la stessa resa. Le banche come

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mezzo per orientarsi e agire nel mercato, e non come fine a cui piegare

l'autonomia del mercato.

Su questo tema, Confapi deve allestire una grande battaglia ideale, con

particolare attenzione anche al risvolto mediatico, deve farsi centro

d'ascolto e catalizzatore di tutte le istanze della filiera produttiva, e nel

caso immaginare anche eventi di rottura che portino al tema l'attenzione

che merita, oltre a ripensare e rilanciare nuovi modelli di intermediazione

e finanziamento delle piccole e medie imprese per il tramite del canale

bancario o al di fuori dello stesso attraverso strumenti di finanziamento

alternativo.

Da questo punto di vista perché non pensare alla creazione di una nostra

banca, “Confapibanca”, dedicata in via pressoché esclusiva a sostenere gli

associati di Confapi e tutte le PMI italiane consentendone la crescita sia

nella dimensione che nel numero con profondi benefici - in ultima analisi -

anche per il Pil del nostro Paese.

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BUROCRAZIA

Il problema fiscale, oltre a palesarsi sulla soglia troppo elevata di

tassazione per un Paese avanzato, coinvolge anche la questione della sua

burocrazia, della vera e propria elefantiasi dell'apparato in Italia. Nel

rapporto internazionale che misura la "facilità" del sistema fiscale, l'Italia

si classifica ultima in Europa e 141ª nel mondo, situazione inaccettabile

per un Paese del G7. Tra IRES, IRAP, tasse sugli immobili, versamenti IVA e

contributi sociali in Italia un imprenditore medio effettua in un anno 15

versamenti al fisco, 6 in più di un suo collega tedesco, 7 in più di un

inglese, di uno spagnolo o di un francese e 9 in più di uno svedese.

Anche per essere in regola con il fisco le nostre aziende sono costrette ad

occupare una parte consistente del loro tempo: con 269 ore l’anno

impiegate per adempimenti fiscali, l’Italia è sesta in Europa e prima tra le

grandi economie, a fronte delle 110 ore impegnate da un imprenditore

del Regno Unito. Se aggiungiamo a questa mole quella dovuta

all'incontro/scontro generale con la Pubblica Amministrazione, otteniamo

che un imprenditore italiano dedica (o meglio, butta) più di un mese di

lavoro all'anno in pratiche burocratiche. È evidente che con un apparato

pubblico e para-pubblico del genere risulta velleitario parlare di ripresa.

Confapi, inoltre, deve battersi a favore di tempi certi per la concessione

delle licenze, di sanzioni per chi deroga a questi tempi immotivatamente,

della meritocrazia e dello spoil system introdotti nell'apparato, altrimenti

esso continuerà ad essere un fattore di conservazione. Strategica, poi, è la

battaglia a favore di una semplificazione digitale vera, non a spot, ma a

sistema, della pubblica amministrazione, e di una conseguente agilità

pratica nel fare impresa. Non è solo innovazione ma economia reale e

sviluppo. La digitalizzazione del Paese, il wi-fi free e la banda larga sono

una priorità per posizionarci al pari degli altri Paesi industrializzati ed

offrire alle aziende le stesse opportunità di mercato e di sviluppo. Negli

Stati Uniti d'America, ovvero nella più grande democrazia liberale del

mondo, un'azienda si apre con un clic, il wi-fi free è presente anche in

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spiaggia ma, rimanendo solo in Europa, il quadro è preoccupante per

quanto riguarda le differenze di percentuale fra media italiana ed

europea nella classifica – un po’ più concreta – della banda ultra larga. Se

in Italia la media è del 22,3 %, in Europa è del 64%, pari quasi a tre volte. Il

divario è simile anche per quanto riguarda le connessioni da 100 Mbps o

superiori, con l’Italia che si ferma al 2,4% a fronte di una media europea

del 6%. Ecco, è la burocrazia 2.0 che ci servirebbe oggi.

Tutto ciò comporterebbe semplificazione, rapidità, costi ridotti e

metterebbe nelle condizioni di pareggiare la concorrenza, almeno da

questo punto di vista. Ma i governi non solo non sanno semplificare la

burocrazia, schiavi del suo stesso potere, ma non sanno neppure

guardare e copiare l’efficienza di altri Paesi. Un esempio banale, ma

significativo: il doppio passaporto garantito agli industriali tedeschi, per

favorire esportazioni e relazioni internazionali. Studiare per capire!

In conclusione sulla questione burocrazia mi piacerebbe vedere realizzata

un’idea che è realtà per l’edilizia: pretendiamo in ogni Regione, uno

Sportello Unico delle PMI, dove gestire in forma accentrata TUTTI i

momenti autorizzativi di qualsiasi attività.

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SINDACATO

Occorre uscire dalla logica della consorteria e della proliferazione di enti

ed apparati e dalla logica ingessata della concertazione continua tra

apparati e burocrazie scissi dalla loro rappresentanza, e ormai

esclusivamente interessati alla propria perpetrazione, che ha costituito un

freno storico per lo sviluppo del Paese. Questa è stata anche la strada

privilegiata di molte associazioni di categoria, tutt’ora difesa.

Non deve invece essere la via battuta da Confapi, come organo di

rappresentanza larga della filiera produttiva nazionale privata, quella che

non gode di contaminazioni col sistema dell'industria pubblica.

Occorre mettere in discussione il dogma della contrattazione collettiva,

uno degli impedimenti principali allo sviluppo di un'economia moderna, e

opporsi alla deriva ideologizzata dei rapporti sindacali. La via maestra è

quella della contrattazione di secondo livello, territoriale o aziendale:

accordi stipulati nelle diverse aeree del Paese o nelle singole imprese tra

la proprietà e i rappresentanti dei dipendenti, con la flessibilità delle

soluzioni che procede in parallelo alla flessibilità del mercato e alla

differente contingenza economica tra le diverse aree geografiche.

Occorre sviluppare relazioni industriali più vicine al mercato con

l’identificazione di un contratto innovativo nel comparto industriale,

leggero, snello, semplificato ed in grado di reggere il confronto sui

mercati internazionali, volto a rimettere in asse il lavoro, considerando le

nostre realtà dimensionali. Un contratto di titolarità che si allinei agli

standard dei Paesi occidentali avanzati, (che sia legato non solo

all'inflazione ma anche alla deflazione) e valorizzi la cultura del risultato

legando gli aumenti al premio di produzione.

Il baricentro di questa rivoluzione nei rapporti sindacali è il superamento

dei vecchi schemi novecenteschi: impresa e lavoro non sono termini

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antitetici, ma la prima è la condizione del secondo. Si collabora con chi

condivide l'ottica, ci si oppone sia alla contrapposizione ideologica che

alla concertazione burocratica.

Occorre altresì rivedere tutto il superamento delle vecchie logiche dei CAF

e degli Enti Bilaterali, pensandoli come realtà vera di servizi e opportunità

di specifica formazione e non come sostentamento di sistemi consolidati,

di spese incontenibili e di interessi che non riguardano direttamente lo

sviluppo dell’industria, anche attraverso l'individuazione di necessità

diverse nelle differenti Regioni del Paese.

Deve terminare la logica politica della sussistenza per entrare

direttamente in quella dell’aumento della competenza e dell’efficienza,

superando articolazioni burocratiche ed artificiose ma rendendo i sistemi

più diretti.

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STATUTO DELLA PICCOLA E MEDIA IMPRESA

Una delle battaglie immediate e più innovative su cui connotare la nuova

azione di Confapi: è ora che chi, come i nostri aderenti, combatte dalla

sera alla mattina per la propria azienda e che con essa costituisce il reale

tessuto connettivo dello Stato italiano, sia dotato di un sistema di

garanzie, di norme, e modelli di riferimento pressoché immodificabili nel

tempo. Non è possibile che chi è già costantemente esposto alla

fluttuazione di tutti i fattori del mercato sia anche in balia del continuo

mutare delle agende politiche e degli scenari normativi. Poche regole e

chiare e soprattutto certe ed immodificabili per incentivare la sana

competizione nel mercato.

Occorre inoltre riscrivere i termini del rapporto tra apparato burocratico,

imprese e contribuenti, in ottica di trasparenza e correttezza, per il

tramite di norme semplici e precise e di facile applicazione, punendo

esemplarmente chi commette scorrettezze ed allo stesso tempo

garantendo l’ineccepibilità dei controlli da parte dell’apparato pubblico,

limitando solo nei casi strettamente necessari l’utilizzo di presunzioni

nell’ambito dei controlli, presunzioni che spesso si sono trasformate da

utile strumento a veri e propri salvacondotti privi di fondamento per

sostenere i controlli effettuati in ambito fiscale.

Le regole Europee dovrebbero valere sia in negativo che in positivo, così

come gli obblighi e le infrazioni. Ma se è così per lo sforamento del 3%,

non è altrettanto vero per quanto riguarda il rispetto sottoscritto dal

Governo italiano da oltre un anno sui tempi di pagamento alle imprese. In

Italia le dilazioni di pagamento concesse e ricevute superano in modo

evidente i 60 giorni (nella ricerca circa 110 giorni quella concessa ai

clienti). Cosa succederebbe se tale termine fosse rispettato? Quale

sarebbe l’impatto finanziario per le imprese? È evidente l'esigenza di

regole certe.

Questo è l'obiettivo di Confapi, e per perseguirlo chiederemo lo Statuto

della Piccola e Media Industria Privata!

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TERRITORI E GOVERNANCE DI SISTEMA

Affermare la centralità dei territori significa affermare la centralità delle

Aziende che, necessariamente, esprimono i propri bisogni sul territorio e

si rivolgono naturalmente alle sedi territoriali. Un dialogo biunivoco

centro-periferia permette al centro di mantenersi allineato con le più

attuali esigenze aziendali ed alla periferia di portare alle aziende la

consapevolezza di appartenere ad un sistema.

Inoltre va perseguita permeabilità e trasparenza tra i diversi organismi di

sistema, così da agevolare le collaborazioni.

Negli organismi assembleari è opportuno evitare la

sovrapposizione/duplicazione di rappresentanza delle aziende, dando

priorità al criterio territoriale rispetto all’appartenenza ad altri organismi

(categoria, giovani, donne, altro), che verranno comunque rappresentati

nel corpo assembleare.

Occorre, nell'ordine: organizzare una struttura tecnica innervata in

maniera dinamica e funzionale, a partire dai direttori, fino alle varie

competenze di merito; predisporre un coordinamento periodico dei

direttori da parte della direzione generale; creare una rete informativa

interna (circolari su talune normative e contratti, implementazione di

ConfapiPress con informazione sull’attività politica svolta, circolari sulle

attività di sistema quali ad esempio emanazione bandi, circolari

tecniche/informative circa l’azione di posizioni comuni sul sistema

politico/sindacale, ecc.); costruire un’indispensabile e strategica sinergia

di “sistema” tra la Confederazione e gli Enti di emanazione collegati e

partecipati con il coordinamento della Direzione Generale.

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STATI GENERALI DELL'IMPRESA

Più a lungo termine, Confapi deve farsi promotore di una grande iniziativa

civile che coinvolga l'intero territorio nazionale, e che punti alla

convocazione di un grande evento aperto, e continuamente in fieri, che

potremmo chiamare Stati Generali dell'Impresa. Una sorta di cantiere, il

più largo possibile quanto a rappresentanza e il più eterogeneo possibile

quanto a contributi, che stili una vera e propria agenda di riferimento del

tessuto produttivo italiano. Questa deve diventare la leva con cui

proporre le nostre ricette al Paese, e il grimaldello con cui stanare la

classe politica nel caso persista in azioni chiaramente opposte a quelle

che dovrebbero caratterizzare un Paese moderno, in possesso di una

cultura d'impresa moderna.

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LA BATTAGLIA DELLA COMUNICAZIONE UNA CONFAPI 2.0

La linea tracciata sopra (una Confapi che alza le proprie ambizioni di

rappresentanza e che si pone come soggetto interlocutore a 360 gradi sul

sistema-Paese) deve contemplare un'ovvia ricaduta in termini

comunicativi e distinguersi per una proposta politica originale nei

contenuti e nella modalità di presentazione facendo sì che i territori e le

singole aziende possano avere percezione e soddisfazione

dell’appartenenza al sistema.

Nella stessa mission c'è infatti l'esigenza di far passare il messaggio e di

coinvolgere quanti più soggetti recettori possibili, per non rimanere

confinati nella propria autoreferenzialità. Un'altra priorità è la creazione

di un "think thank", un Pensatoio dinamico e propositivo, che ricerchi le

soluzioni più peculiari e si confronti con le realtà e gli esempi

internazionali, avvalendosi anche di una parte statistica.

Quest'ultimo sarà funzionale non solo ai contenuti, ma anche all’attività

di comunicazione e di proposta politica.

Confapi dovrà quindi immaginare un'azione di comunicazione articolata

su più versanti, a partire da quelli oggi imprescindibili dei social network e

della Rete.

Questo nuovo approccio, ovvero la missione di conferire peso specifico a

CONFAPI attraverso lo studio e la comunicazione, richiederà il

conseguente e necessario reperimento di risorse, da attuarsi con il

concorso strategico dei fondi di sistema.

Una Confapi 2.0 deve essere tale ovviamente non solo in relazione al

dibattito online (che oggi non di rado partorisce poi le priorità dell'agenda

Paese), ma anche alla propria struttura e alla propria azione: una Confapi

smart, veloce nella comunicazione dei suoi messaggi, agile ed elastica

nella scelta degli interlocutori e delle battaglie, post-ideologica nei suoi

canoni di riferimento, tendenzialmente inclusiva, ovvero interessata a

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coinvolgere nella propria azione quanti più referenti attivi possibile. La

stessa cultura d'impresa, del resto, oggi non può che essere 2.0.

Un ultimissimo pensiero che prende spunto anche da una storia vissuta:

costituiamo un “CNEL” della Confapi, dove studiosi, imprenditori e

professionisti studiano i singoli problemi e supportano scientificamente

l’attività politica della Confederazione.

I temi sui quali misurarci ed operare sono dunque tanti, ma le sfide sono

sempre state la cifra della mia esistenza.

Questa sfida ovviamente non la affronto nel mio interesse ma

nell’interesse dell’intero Sistema di Confapi perché davvero ritengo che

noi si rappresenti le identità di un Paese che, anche per le vestigia che è

chiamato a mantenere di fronte a tutto il mondo, non può essere

abbandonato al declino ed alla rassegnazione.

Il mio obiettivo è pertanto quello di rivederci qui fra tre anni per

consegnare al mio successore una Confapi proiettata verso un futuro

ricco di soddisfazioni per sé e per i suoi associati.

Roma, 16 Luglio 2015

Maurizio Casasco