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1 Il linguaggio nell’Emilio di Rousseau. Un’interpretazione decostruttiva Esposizione della funzione del linguaggio orale e scritto nella pratica educativa di Rousseau

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Il linguaggio nell’Emilio di Rousseau.Un’interpretazione decostruttiva

Esposizione della funzione del linguaggio orale e scritto nella pratica educativa di Rousseau

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Le tappe

� Prima parte: il linguaggio nell’Emiliodi Rousseau

� Seconda parte: leggere Rousseau� Terza parte: una lettura decostruttiva

sul linguaggio nell’Emilio di Rousseau

� Quarta parte: indicazioni per una lettura decostruttiva

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� Emilio è un testo scritto nel 1762� La prima traduzione italiana è fatta da Vizzotto nel 1887

� Il testo anticipa alcuni temi tipici del Romanticismo (sentimento-intuizione)

� È un testo di carattere teorico-ideale in cui si propongono le linee fondamentali dell’educazione naturale

Introduzione

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Parte prima

Il linguaggio nell’Emilio di Rousseau

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Libro primo

� Il linguaggio nasce grazie al bisogno (il piacere porta il bambino a godere in silenzio, il dolore lo porta a lamentarsi)

� “Tutte le lingue sono artificiali. (Toutes nos

langues sont ouvrages de l’art) Per molto tempo si è cercato di scoprire se ve ne fosse una naturale e comune a tutti gli uomini; senza dubbio una ve n’è, quella che i bambini parlano prima di sapere. Questa lingua non èarticolata, ma ricca di intonazioni, sonora, intellegibile”. (J.J.Rousseau, Emilio, Roma, Oscar Mondadori, 2002, p. 50).

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Lingua naturale e artificiale

� Distinzione tra lingua naturale e artificiale� Lingua naturale: quella dei bambini prima

della ragione, conoscenza e razionalità. La lingua naturale è fatta di mimica, intonazioni, gesti e suoni che portano a comunicare

� Lingua artificiale: utilizzo della ragione e quindi separazione e impossibilitàdell’universalità. Le lingue degli uomini portano a difficoltà di comunicazione

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Educazione progressiva

� Le parole che i bambini dovrebbero sentire dovrebbero essere poche, semplici e sempre correlate a un oggetto da esperire

� Non si deve affrettare lo sviluppo linguistico: “riducete dunque quanto più potete il vocabolario del bambino. È un inconveniente gravissimo che egli abbia più parole che idee e che sappia dire più cose di quante possa pensarne”. (J.J.Rousseau, Emilio, cit., p. 63).

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Libro secondo: educazione negativa

� Mantenere il bambino puro fino a quando non si saranno completamente formate le sue capacità razionali

� Il bambino (uomo) è buono di natura. Quindi l’intervento dell’educatore deve essere ridotto e prudente (in particolare l’intervento concettuale-astratto-linguistico)

� “L’infanzia ha modi di vedere, di pensare, di sentire esclusivamente suoi; nulla è più stolto che pretendere di sostituirli coi nostri”. (J.J.Rousseau, Emilio, cit., p. 90).

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Il ragionamento nei bambini

� “Sono tuttavia ben lontano dal pensare che i fanciulli non posseggano alcuna specie di ragionamento. Vedo al contrario che ragionano benissimo di tutto ciò che conoscono e che si riferisce al loro interesse immediato e tangibile”(Rousseau J.J., Emilio, cit., p. 118).

� Il linguaggio razionale deve essere legato all’oggetto dell’esperienza(soprattutto nei bambini)

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Idee e segni

� Rousseau distingue tra idee e segni. � I segni compongono il linguaggio (scritto e

orale). � I segni devono rimandare alla cosa

rappresentata. Da soli non hanno alcun significato

� L’idea è un’astrazione che deve partire dall’esperienza

� Le idee troppo astratte non possono essere capite dai fanciulli.

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Citazione

� “Di regola non sostituite mai il segno alla cosa, tranne se vi è impossibile mostrarla, poiché il segno assorbe l’attenzione del fanciullo e gli fa dimenticare la cosa rappresentata”(J.J. Rousseau, Emilio, cit., p. 215).

� Contesto: il consiglio è dato ai maestri che vogliono insegnare l’astronomia: non è utile usare le carte, ma èfondamentale ricorrere all’esperienza diretta (osservazione del sole).

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La favola e le discipline linguistiche

� Rousseau esclude dalla pratica educativa di Emilio (fino a 12 anni) le favole, la geografia, la storia perché producono eccessiva erudizione e nozionismo

� Analizza la favola di La Fontaine ‘Il corvo e la volpe’ e ne afferma l’inutilità educativa:� eccessivo linguaggio poetico (metafora) e morale che

sfugge al bambino� mancanza di un interesse esperienziale legato all’idea

di adulazione ancora lontana dalla vita del fanciullo� rischio di immedesimazione nel ruolo negativo

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Il testo e la scrittura

� “[…] Elimino gli strumenti che maggiormente li rendono infelici: i libri. La lettura è il flagello dell’infanzia e quasi la sola occupazione che si è capaci di assegnarle. Soltanto a 12 anni Emilio sapràche cosa sia un libro. Ma è pur necessario, si dirà, che sappia leggere. Ne convengo: sarà necessario quando la lettura gli saràutile; fino allora non può che annoiarlo.” (J.J.Rousseau, Emilio, cit., p. 90).

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Schema ipotizzabile sul linguaggio in Rousseau

� La scrittura e i testi sono lontani dall’oggetto naturale

� Oggetto naturale suono (voce) segno (scrittura)

� Dalla verità dell’esperienza diretta alla mediazione che allontana dal vero della scrittura

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La condanna platonica

� Rousseau sembra riprendere la riflessione platonica sulla scrittura

� Platone nel Fedro afferma che la scrittura è un grado di allontanamento dal vero:� danneggia la memoria (esercizio vuoto di

ripetizione)� non può essere difesa dall’autore

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Libro terzo: citazioni� “Trasformiamo pure le nostre sensazioni in

idee, ma non saltiamo di colpo dagli oggetti sensibili a quelli puramente mentali. Èmediante i primi che dobbiamo giungere ai secondi. Nelle sue prime operazioni, la mente sia sempre guidata dai sensi: non abbia altro libro che il mondo, né altra fonte d’istruzione che i fatti. Il fanciullo che legge non pensa: si limita a leggere; e non s’istruisce, ma impara parole”. (J.J. Rousseau, Emilio, cit., pp. 212-13).

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Citazioni� “È forse il caso che io passi ora a parlare di

scrittura? No, ho vergogna di gingillarmi con inezie del genere in un trattato di educazione”. (J.J. Rousseau, Emilio, cit., p.133).

� “Odio i libri; insegnano solo a parlare di quello che non si sa. […] Uno ne esiste che costituisce il più felice trattato di educazione naturale. Questo libro sarà il primo che Emilio leggerà”. (J.J. Rousseau, Emilio, cit., p.236-37).

� Il libro è: Il Robinson Crusoe di Daniel Defoe (esempio di educazione naturale)

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Il linguaggio di Emilio

� “il suo linguaggio sarà semplice e poco figurato. Le parole, di solito, le adopera nel senso letterale e solo per farsi capire”. (J.J. Rousseau, Emilio, cit., p.339).

� Uso limitato del linguaggio (in particolare lo scritto)� Uso letterale e poco figurato del linguaggio� Uso comunicativo che non deve allontanare dal rapporto

diretto (esperienza) con la natura

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Parte seconda

Leggere Rousseau

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Le prime reazioni sull’Emilio

� I testi di Rousseau hanno generato un grande dibattito e accese polemiche

� L’Emilio (pubblicato nel maggio del 1762) già il 3 giugno viene sequestrato per ordine del tribunale

� Il 19 giugno la prima sezione del Parlamento decreta l’arresto dell’autore e la condanna del libro alle fiamme.

� Il libro viene messo all’indice da papa Clemente XIII

� Rousseau è costretto a fuggire dalla Francia

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Gli effetti positivi� Rousseau ebbe diversi riconoscimenti dai

lettori dell’Emilio. In particolare dalle madri per i consigli educativi

� Il libro si diffonde e viene letto esercitando una discreta influenza (nei 25 anni successivi alla pubblicazione di Emilio i testi sull’educazione raddoppiano)

� I principi dell’Emilio vengono molto apprezzati durante la Rivoluzione francese

� Rousseau verrà apprezzato soprattutto all’estero (Italia – Pestalozzi e Germania –Romanticismo)

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Difficoltà interpretative

� È stato difficile da subito collocare un testo come Emilio

� Non è scritto come un classico trattato sull’educazione

� È un testo narrativo (stile e racconto tipico del romanzo)

� È un testo in parte auto–biografico� È un testo utopico

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L’utopia narrativa� L’intenzione dichiarata di Rousseau è di

costruire un sistema educativo ideale che possa formare l’uomo nei suoi tratti essenziali e durevoli

� “avete ben ragione di dire che è impossibile formale un Emilio reale: ma potete davvero credere che sia stato questo il mio scopo e che il libro così intitolato sia un vero trattato sull’educazione? È un’opera di carattere piuttosto filosofico intorno a un principio sostenuto dall’autore in altri suoi scritti, e cioèil principio che l’uomo è naturalmente buono”. Lettera di R. a Philibert Cramer del 1764. (Cfr. Introduzione all’Emilio, in Rousseau J.J., Emilio, cit., p. XIV).

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Leggere Rousseau

� L’Emilio, quindi, non è solo un testo di educazione, ma anche un romanzo (impostazione narrativa) e un sistema filosofico (sui principi universali dell’uomo)

� L’Emilio coinvolge tutta la produzione di Rousseau (Confessioni, Contratto sociale, Discorsi sull’origine della diseguaglianza)

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Alcune interpretazioni

� La difficoltà di collocare l’opera di Rousseauha prodotto nel Novecento uno sforzo ermeneutico per produrre categorie metodologiche utili per comprendere meglio i suoi testi

� Metterò in evidenza alcuni esempi significativi della storia delle interpretazioni del pensiero di Rousseau prima di concentrarmi sull’approccio decostruttivo

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La biografia e i testi� Un approccio certamente significativo è

stato, all’inizio del Novecento, quello di ricostruire le condizioni storiche e il contesto biografico che hanno fatto da sfondo all’opera di Rousseau

� Tentativo di ricostruire gli elementi biografici palesi e nascosti che costituiscono la struttura dell’opera di Rousseau

� Esempi: G. Lanson, L’unità del pensiero di Rousseau (1912) e E. Cassirer, Il problema J.J. Rousseau (1932)

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Citazioni� “Il sistema di Rousseau è un pensiero vivo che

s’è sviluppato nelle condizioni della vita, esposto a tutte le variazioni e le tempeste dell’atmosfera”. (G. Lanson, L’unità del pensiero di Rousseau, in Il pensiero di Rousseau, Firenze, La Nuova Italia, 1927).

� “Questa genesi dell’opera è a sua volta possibile soltanto se la riconduciamo indietro fino al suo punto di partenza, alla vita di Rousseau e fino alla sua origine nella personalità di Rousseau”. (E. Cassirer, Il problema J.J. Rousseau, Firenze, La Nuova Italia, 1938, p. 13).

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Approccio critico-ermeneutico

� Si sviluppa nella seconda metà del Novecento seguendo le impostazioni metodologiche di Gadamer o Heidegger

� Centralità dell’atto di lettura del testo� Ogni comunicazione di significati richiede

un’interpretazione� il lavoro critico deve situarsi nel rapporto

complesso tra il segno (testo scritto) e l’interprete (colui che legge)

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Un esempio: la lettura di Starobinski

� Importanza della dualità tra autore-testoe interprete-lettore

� L’interprete ha il compito di mettere in evidenza, a partire dal testo, ciò che l’autore non è riuscito a trasmettere.

� Il testo di Rousseau viene letto a partire dalle coordinate storiche e dal contesto nel quale opera attraverso il rapporto con le categorie di chi interpreta.

� Cfr. J. Starobinski, J.J.Rousseau. La trasparenza e l’ostacolo, Bologna, Il Mulino, 1982.

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Il metodo di Starobinski� “La nostra prima preoccupazione sarà dunque quella di

garantire all’oggetto (testo) la sua più forte presenza e la sua massima indipendenza: che si consolidi la sua propria esistenza, che esso si offra a noi con tutti i caratteri dell’autonomia; che si opponga la sua differenza e segni le sue distanze.[…] Prima di ogni spiegazione, prima di ogni interpretazione comprensiva, l’oggetto deve essere riconosciuto nella sua singolarità, ossia in ciò che lo sottrae a un’illusoria annessione. Per una sorta di paradosso, è a furia di arricchimenti oggettivi che l’opera studiata ci può opporre una resistenza analoga a quella che incontriamo di fronte a una soggettività estranea: sfugge a ogni tentativo che non sia disposto a pagare il prezzo per attraversare lo spazio frapposto”. (J. Starobinski, La lettura: il testo e l’interprete, in AA.VV. Fare storia. Temi e metodi della nuova storiografia, Torino, Einaudi, 1981, p. 193-208).

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Il modello strutturalista

� Esponente significativo di questo approccio interpretativo è ClaudeLevi-Strauss

� Il testo presenta una struttura che deve essere colta dal lettore-critico e che rappresenta l’unitarietà del testo

� Levi-Strauss interpreta Rousseaucome il fondatore delle moderne scienze umane

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� La struttura di tutta l’opera di Rousseau si basa sulla questione dell’uomo

� Rousseau indaga l’uomo e le sue caratteristiche fondamentali inserendole all’interno del flusso vitale (natura) e della relazione con l’altro (società).

� Testo di riferimento: C. Levi-Strauss, JeanJacques Rousseau, fondatore delle scienze dell’uomo in Razza e storia. Razza e cultura, Torino, Einaudi, 2000.

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Citazione� La rivoluzione rousseauiana consiste nel rifiutare le

identificazioni obbligate, siano esse di una cultura a questa cultura, o di un individuo, membro di una cultura, a un personaggio o a una funzione sociale che tale cultura cerca di imporgli. In entrambi i casi, la cultura, o l’individuo, rivendicano il diritto a una piena rivendicazione, che può realizzarsi solo al di làdell’uomo: con tutto ciò che vive, e quindi soffre; e anche al di qua della funzione o del personaggio; con un essere, non già modellato, ma dato. Allora, l’io e l’altro, affrancati da un antagonismo che solo la filosofia cercava di stimolare, recuperano la loro unità. (C. Levi-Strauss, Jean Jacques Rousseau, fondatore delle scienze dell’uomo in J.J. Rousseau, Emilio, cit., p.708).

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La decostruzione di J.Derrida

� Derrida è filosofo francese contemporaneo� Il termine che indica la sua filosofia è: decostruzione

� Il contesto della decostruzione è la fenomenologia di Husserl riletta nella prospettiva dell’ermeneutica di Heidegger

� Il testo di riferimento è la Grammatologia(Cfr. J. Derrida, Della Grammatologia, Milano, Jaca Book, 1968)

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Cosa si intende per decostruzione?

� Genesi del termine� Derrida riprende il termine di Heidegger “Destruktion”� De-con-struzione� La decostruzione indica un’operazione negativa e

positiva� Caratteristiche

� Analisi e smontaggio delle categorie classiche della tradizione

� Capacità di mostrare il non detto dei testi� Contaminazione delle categorie del testo con quelle

del lettore-interprete� Ricostruzione di nuove categorie attraverso la

mediazione del lettore

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� “Si tratta soltanto, sotto questi titoli, di un’operazione testuale, se così si può dire, unica e differenziata, al cui movimento incompiuto non si assegna alcun inizio assoluto, e che, per quanto interamente consumata nella lettura di altri testi, non rinvia però, sotto un certo profilo, se non alla propria scrittura. Occorre abituarsi a pensare insieme questi due motivi contradditori”. (J. Derrida, Posizioni, Verona, Bertanieditore, 1967, p. 43).

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La lettura decostruttiva

� La decostruzione è un’operazione di lettura e scrittura

� Indica il nostro rapporto di interpreti-lettori nei confronti della nostra tradizione (memoria)

� È un’operazione che è all’opera (anche in modo inconsapevole) in ogni operazione di lettura e scrittura

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� La condizione di possibilità di qualsiasi decostruzione si trova all’opera, se così si può dire, all’interno del sistema da decostruire, vi si trova giàsituata, già al lavoro (…) La decostruzione non èun’operazione che sopraggiunge a posteriori, dall’esterno, un bel giorno; essa è sempre all’opera nell’opera. (…) Essendo la forza dislocante già da sempre localizzata nell’architettura dell’opera, allora, di fronte a questo già da sempre, non resterebbe altro che fare opera di memoria per saper decostruire”. (J. Derrida, Memorie per Paul De Man, Milano, Jaca Book, 1995, p. 68).

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La decostruzione non è un metodo

� La decostruzione è una pratica che descrive il rapporto tra il lettore-interprete e il testo-autore

� Come pratica operativa è sempre in divenire e non può tradursi in norme rigide e fisse

� Non è un metodo di lettura: non può dire come il lettore deve leggere un testo, ma solo suggerire un atteggiamento consapevole sulle nostre azioni di lettura e di confronto con la tradizione.

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Parte terza

Una lettura decostruttiva sul linguaggio nell’Emilio di Rousseau

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L’interpretazione su Rousseau nella Grammatologia di Derrida

� La tesi di Derrida� Rousseau comprende il ruolo del linguaggio

nella costruzione del soggetto� Rousseau comprende, anche se in modo

inconsapevole, l’importanza della scrittura nella costruzione di memoria occidentale

� Per questo Rousseau si scaglia con violenza contro la scrittura (testi) e ne limita il ruolo nel processo educativo

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La scrittura come memoria

� La scrittura non è uno strumento neutrale che veicola contenuti o descrive oggetti

� Il soggetto non può usare la scrittura senza essere modificato dal suo utilizzo

� La scrittura (alfabetica) produce i testi che rappresentano l’archivio del pensiero occidentale

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Gli schemi a confronto

� Schema classico (logocentrico):� Oggetto naturale suono (voce)

segno (scrittura)� Schema modificato da Derrida:

� Scrittura (iterazione di tracce)

oggetto naturale soggetto interpretante

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� “All’interno di questa epoca della metafisica, tra Descartes e Hegel, Rousseau è sicuramente il solo o il primo che faccia un tema e un sistema della riduzione della scrittura, quale era profondamente implicata da tutta l’epoca. Egli ripete il movimento inaugurale del Fedro e del De interpretazione ma questa volta a partire da un nuovo modello della presenza: la presenza a sé del soggetto nella coscienza o nel sentimento. Ciò che egli escludeva piùviolentemente di altri doveva, beninteso, affascinarlo e tormentarlo più di altri.” (J. Derrida, Della grammatologia, Milano, Jaca Book, 1998, p. 144).

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Logocentrismo� L’idea di natura di Rousseau coincide

(secondo Derrida) con un’idea di origine (logos) che Derrida considera illusoria

� La natura può essere colta senza mediazioni. Esperienza diretta e dominio della presenza.

� L’idea di natura indica la finalità del processo veritativo

� Il linguaggio (scrittura) è una mediazione che contamina l’idea stessa di origine pura e trasparente (Derrida)

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Uno schema

� Logos – origine pura – natura

� Coscienza – voce interiore –sentimento

� Comunicazione esteriore – corpo -scrittura

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Cosa è successo nella lettura decostruttiva?

� Primo momento: Derrida legge Rousseau come un autore della tradizione del pensiero occidentale (metafisica)

� “Perché attribuire all’epoca di Rousseau un valore esemplare? […] I nomi di autori o di dottrine non hanno qui alcun valore sostanziale. Non indicano nédelle identità né delle cause. Sarebbe una leggerezza pensare che ‘Decartes’, ‘Leibniz’, ‘Rousseau’, ‘Hegel’siano nomi di autori, i nomi degli autori di movimenti o spostamenti che noi così designamo. Il valore indicativo che attribuiamo loro è anzitutto il nome di un problema”. (J. Derrida, Della grammatologia, Milano, Jaca Book, 1998, p. 145).

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Secondo momento� Derrida individua alcune categorie nell’opera di

Rousseau sulle quali innestare il proprio discorso: linguaggio-segno-scrittura (di solito sono categorie marginali nell’opera)

� “[…] Poiché la fase primordiale e indispensabile, di fatto e di diritto, consiste nell’interrogare la struttura interna di questi testi (quelli di Rousseau) come sintomi, poiché questa è la sola condizione per determinarli come tali, nella totalità della loro appartenenza metafisica, ne trarremo l’argomento per isolare Rousseau e, nel rousseauianesimo, la teoria della scrittura”. (J. Derrida, Della grammatologia, Milano, Jaca Book, 1998, pp. 145-146).

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Terzo momento� Derrida mette in evidenza i vuoti concettuali (non detto) che costituiscono il tessuto portante del testo di Rousseau� Il non detto non è una mancanza (colpa)

dell’autore, ma l’aspetto generativo che permette la relazione tra testo e lettore

� Ciò che non è esplicito nel testo permette a Derrida-lettore di contaminare le categorie esplicite nel testo con la concettualità che gli èpropria come lettore-interprete

� Il lettore genera, così, percorsi innovativi attraverso gli innesti che ha operato sul testo

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Schema di operazione decostruttiva

� Linguaggio: parola viva – presenza – coscienza (sentimento)

Specchio:decostruzione

� Scrittura: minaccia della parola viva – assenza – contaminazione dell’idea di coscienza

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Un confrontoDerrida legge Rousseau� “Quante voci si levano contro di me.

Intendo di lontano i clamori di quella famosa saggezza che ci getta incessantemente fuori di noi, che tiene sempre il presente in nessun conto, e, inseguendo senza riposo un avvenire che fugge man mano che si procede, a forza di trasportarci là dove non siamo, ci trasporta làdove non saremo mai” (J.J. Rousseau, Emilio, cit., p.73, tr. modificata perché citata in Grammatologia).

� Osservazioni:� Rousseau parla della felicità del bambino che deve essere il primo

obiettivo del pedagogo� la felicità deve essere perseguita attraverso senza costrizioni

eccessive alle inclinazioni naturali del bambino� I giochi del bambino, la sua felicità presente sono più importanti

dell’avvenire e dei precetti morali

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Il commento di Derrida� “Avendo in un certo modo riconosciuto la

potenza che, inaugurando la parola, disloca il soggetto che essa costituisce, gli impedisce di essere presente ai suoi segni, lavora dentro il suo linguaggio con tutta una scrittura, Rousseau ha tuttavia fretta di scongiurarla che di assumerla a necessità. È la ragione per cui, teso verso la ricostruzione della presenza, egli valorizza e squalifica a un tempo la scrittura. A un tempo: cioè in un momento diviso e coerente. Bisognerà cercare di non perderne la strana unità”. (J. Derrida, Della grammatologia, Milano, Jaca Book, 1998, pp-197-198).

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Analisi del commento� Una lettura decostruttiva:

� Derrida elimina il contesto del testo di Rousseau (siamo nel secondo libro e si parla di felicità)

� La ‘famosa saggezza’ diventa la tradizione metafisica (testi della tradizione filosofica)

� La tradizione (scrittura) ci getta sempre fuori da noi: forza dirompente della scrittura che R. coglie

� R. interpreta questa operazione della tradizione come una minaccia alla piena presenza naturale. Minaccia che può essere evitata dall’esperienza piena e diretta con se stessi nel presente

� La ‘famosa saggezza’ è diventata la forza della scrittura� Scrittura non come strumento neutrale, ma come forza

violenta che il soggetto non può padroneggiare (avvenire, assenza)

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Da linguaggio naturale a scrittura� “Di regola non sostituite

mai il segno alla cosa, tranne se vi è impossibile mostrarla, poiché il segno assorbe l’attenzione del fanciullo e gli fa dimenticare la cosa rappresentata” (J.J.Rousseau, Emilio, cit., p. 215).

� “Bisogna dunque, partendo da questo schema problematico, pensare insieme l’esperienza e la teoria di R. della scrittura […]. Dal lato dell’esperienza, un ricorso alla letteratura come riappropriazionedella presenza, cioè della natura; dal lato della teoria, una requisitoria contro la negatività della lettera” J. Derrida, Della Grammatologia, cit., p.200)

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� Il linguaggio-scrittura in Rousseau sembra avere una funzione strumentale-biograficache, risulta necessaria, ma allontana dalla verità dell’esperienza diretta

� La scrittura ha una forza di perversione maggiore rispetto alla voce (quasi totale esclusione dei testi dal processo educativo)

� La scrittura è anche una forma necessaria per rappresentare la ‘presenza’ che non può piùessere detta in altro modo: la scrittura èsupplemento e letteratura

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La logica del supplemento� La scrittura è ciò che rappresenta un

assente (il pensiero dell’autore)� La scrittura è supplemento: nel senso che

supplisce (fa la parte di) colui che manca� Se l’assenza è irrimediabile la scrittura diventa necessaria (letteratura-testi)

� La scrittura di Rousseau è il tentativo di riprodurre quell’assenza. Un tentativo drammatico perché inevitabilmente volto al fallimento

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La scrittura come esperienza biografica

� “Amerei la società come gli altri, se non fossi sicuro di apparirvi, oltre che in una luce sfavorevole, addirittura diverso da quel che sono. Il partito che ho preso di scrivere e di nascondermi è precisamente quello che mi conveniva. Me presente, non si sarebbe mai saputo quanto valevo”. (J.J Rousseau, Confessioni, Milano, Garzanti, 2006).

Osservazioni:� Scrittura come sacrificio (sacrificio della propria presenza-vita)� Un sacrificio volto a recuperare una presenza completa, piena

che è impossibile nella società contemporanea� Un sacrificio che impone come unica possibilità la scrittura

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Conclusioni

� La scrittura attraverso l’analisi decostruttiva è diventata una categoria ampia e strutturale: � non può essere intesa solo comunicazione neutra di un

contenuto� è una forza dinamica che costruisce la nostra tradizione� È memoria e costruzione di tradizione � È supplemento� è esperienza biografica (tentativo estremo di Rousseau

di appropriarsi della presenza piena)� Derrida è partito dall’idea di scrittura presente in

Rousseau per far esplodere questo concetto (un concetto marginale che agisce in modo significativo nei testi di Rousseau)

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Parte quarta

Indicazioni per una lettura decostruttiva

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Un esperimento

� Oggetto: leggere pp. 7-16� Compiti

� Produrre uno schema (una pagina) attraverso il quale vengono riassunti i temi fondamentali del testo da leggere

� Produrre un secondo schema (una pagina) in cui si mettono in evidenza le categorie e le operazioni che ho svolto nella prima lettura e le possibili aperture del testo

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Spiegazione secondo schema� Il secondo schema deve essere un

esperimento di lettura decostruttiva. Deve mettere in evidenza e analizzare i temi della lettura operata nel primo schema:� Analisi etimologica dei temi significativi� Spiegazioni del perché ho messo in evidenza

determinate categorie nel primo schema� Esplicitazione delle letture personali (esami,

testi, film) che hanno influenzato e permesso la mia lettura del testo

� Possibili collegamenti e analogie che il testo mi ha suggerito