Il lavoro che vorrei

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Il volume consiste nella costruzione del fenomeno lavoro sia sotto il profilo sociologico, sia sotto il profilo filosofico.

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Pasquale Melissari87 Il lavoro che vorreiI n d i c epag.Introduzione7I FILOSOFIA DEL LAVORO1.Filosofia del lavoro: il fondamento e il concetto19 2.Filosofia del lavoro come determinazione dellottimo lavoro213.Filosofia del lavoro come ricerca del suo fondamento224.Filosofia del lavoro come individuazione della categoriadel lavoratore415.Filosofia del lavoro come metodologia delle scienze del lavoro456.Filosofia del lavoro, analisi del linguaggio46II IL LAVORO1.Lavoro, valore assoluto, valore relativo55IIILA SOCIOLOGIA DEL LAVORO1.La sociologia del lavoro come concetto storico: una visione integrale e i suoi criteri672.La sociologia del lavoro come scienza nomotetica713.Lenergia e lentropia744.Lordine e il disordine805.Certezza e incertezza82 pag.6.Il tempo della certezza: latto84 7.La norma858.Loggetto dellincertezza: il dubbio879.Il mezzo-guida8910. Il processo: la separazione9011. Loggetto della certezza e della norma: latto9212. Il contenuto della norma9413. Incertezza obiettiva e incertezza subiettiva9614. Lorganizzazione 10315. Lorganizzazione deve creare non solo informazione ma anche conoscenza 10816. Lorganizzazione apprende 11117. Il rapporto dagenzia: il soggetto-agente, eclettico e omosessuale 11518. Loggetto dellorganizzazione lobiettivo12019. Organizzazione aperta e organizzazione chiusa 122IVIL LAVORO CHE VORREI1. Lideologia 1272. La motivazione 1333. La scelta1354. Il paradosso 1375. Il metodo 140 6. Esser-ci e dover esser-ci 145IntroduzioneLa scienza alla quale tutte le scienze sono subordinate, come al loro ultimo fine, la sociologia. Compito di questa scienza quello di percepire nettamente il sistema generale delle operazioni successive, filosofiche e politiche, che devono liberare la societ dalla sua fatale tendenza alla dissoluzione imminente e condurla direttamente ad una nuova organizzazione, pi progressiva e pi salda di quella che riposava sulla filosofia teologica (A.Comte, Phil.pos., IV, p.7).Ecco che, la sociologia deve costituirsi nella stessa forma delle altre discipline positive e concepire i fenomeni sociali come soggetti a leggi naturali, che ne rendano possibile la previsione sia pure nei limiti compatibili con la loro complessit superiore.Secondo Comte, la sociologia, o fisica sociale, perci divisa in statica sociale e dinamica sociale, corrispondenti ai due concetti fondamentali su cui essa si fonda, quelli dellordine e del progresso.Se la statica sociale mette in luce la relazione necessaria, il consenso universale, che hanno tra loro le varie parti del sistema sociale, la dinamica sociale, invece, evidenzia il progresso cio lo sviluppo continuo e graduale dellumanit.Secondo Comte, il progresso, riferito agli stati sociali, il risultato necessario del precedente e il motore indispensabile del seguente, secondo il luminoso assioma del grande Leibniz: il presente gravido dellavvenire (Ib.,IV, p.292).Perci, lidea del progresso importante per la sociologia. Il progresso, infatti, realizza un perfezionamento incessante, per quanto non illimitato, del genere umano.Ad opera di Comte la sociologia nata come sistema, cio come determinazione della natura della societ nel suo complesso, mediante la determinazione delle leggi di essa. La sociologia pretende di organizzarsi, in questa fase, a somiglianza della fisica newtoniana: come scienza che delinea, mediante leggi rigorose, un ordine necessario, di questordine.Comte, pertanto, chiamava la sociologia fisica sociale e vedeva la prima parte di essa nello studio dellordine sociale, cio nella statica e la sua seconda parte dello studio del progresso sociale, cio nella dinamica (Course de phil.positive, IV, p.292).Comte, quindi, insieme a Spencer (v Trattato) e Vilfredo Pareto (Trattato di sociologia generale) intende realizzare la sociologia come scienza sintetica o sistematica avente come oggetto la totalit dei fenomeni sociali da osservare nel suo complesso cio nelle sue leggi.Diversamente, la sociologia del lavoro appartiene alla sociologia analitica, che ha per oggetto, gruppi o aspetti particolari dei fenomeni sociali e da essi procedente a generalizzazioni opportune. Il passaggio dalla sociologia sintetica, a quella analitica pu ritenersi segnato dallopera di E. Durkheim che abbandona il presupposto fondamentale di questultima: il presupposto cio che la societ costituisca un tutto o un sistema organico (Rgles de la mthode sociologique, 1895; 11 ed., 1950).Max Weber realizza invece la netta separazione, tra la ricerca empirica o logica da un lato e le valutazioni pratiche o etiche, politiche o metafisiche dallaltro lato (Der Sinn der Wertfreiheit der soziologischen und okonomischen Wissensohaften, 1917).La sociologia del lavoro, in quanto sociologia analitica, indirizzata allo studio dei rapporti che si sviluppano nei luoghi di lavoro, nonch linfluenza reciproca tra tali rapporti e lorganizzazione industriale. (Franco Ferrarotti, La sociologia industriale in America e in Europa, 1959). Il nostro tentativo quello di attuare nellambito di questa disciplina (sociologia del lavoro) una concettualizzazione teoretica della materia, per un ritorno alla forma sistematica della stessa, per far ci, non si pu prescindere dalla filosofia del lavoro Oggi si individuano la sociologia dellindustria, la sociologia dellazienda, la sociologia dellorganizzazione e la sociologia del lavoro. Questultima, in particolare studia il mercato del lavoro, la formazione e lorientamento professionale; il valore attribuito al lavoro; la formazione e lorientamento professionale; la sua qualit il suo grado di organizzazione, automazione, parcellizzazione, alienazione, mercificazione; le sue conseguenze psicofisiche e sociali; lo status e la stratificazione che ne derivano; la conflittualit che esso scatena; i rapporti sociali che determina o inibisce (De Masi, 1985, p.17). Due sono secondo il De Masi gli indirizzi. Un primo indirizzo che denominato sociologia manageriale caratterizzato, da una subalternit dellelaborazione teorica alla ricerca empirica e alla prativa professionale, da un interesse prevalente verso la produttivit, lefficienza e il profitto, da una centratura sullorganizzazione produttiva - di solito lazienda manifatturiera - rispetto al macro sistema sociale. In questo ambito sono individuabili: la teoria della divisione del lavoro, accompagnata dalla pratica delle human relations (Mayo, Roethlisberger, Likert, Herzberg); la teoria dei sistemi, accompagnata dalla pratica dei sistemi socio tecnici (von Bertalanffy, Emery, Trist, Woodward). Un secondo indirizzo, denominato sociologia strutturale dellorganizzazione, caratterizzato da una prevalenza dellelaborazione teorica sullosservazione empirica; da unattenzione per la salvaguardia dei valori umani e dei diritti civili piuttosto che per il profitto, considerato un bene in s ma un parametro di economicit di gestione; da una centratura sullintera societ, alla ricerca delle determinanti di un ordine sociale pi adeguato ai bisogni individuali e allo sviluppo collettivo. I paradigmi della sociologia strutturale derivano da paradigmi pi ampi, tesi a spiegare lintera societ e non solo i fatti che attengono allazienda o ad altre organizzazioni. In questambito possibile individuare i seguenti principali paradigmi: il paradigma marxista; il paradigma critico (Adorno, Horkheimer, Marcuse, Habermas); quello del socialismo utopistico(Gorz, Schumaker, Illich, Gershuny); il paradigma cattolico; quello liberale (Weber, Schumpeter, Daherendorf); il paradigma post-industriale (Touraine, De Masi)..Ecco, quindi, che lindagine filosofica (statica) del lavoro, intende realizzare la migliore o pi compiuta sistemazione esplicativa del concetto di lavoro. Di contro lindagine sociologica (dinamica) del lavoro, indagine metodologica sui procedimenti e le tecniche, logiche e sperimentali, di cui ci si avvale per offrire risposte.Pertanto, lapproccio con il lavoro nellindagine sociologica dato da un aspetto critico dellindagine, che tende a determinare i limiti esatti della validit della scienza stessa, sottraendola, diremmo, alla pretesa metafisica della prima.Sotto questo aspetto, alla filosofia del lavoro si accompagna sempre una sociologia del lavoro; ma bisogna osservare che non ogni critica costituisce sociologia del lavoro.Ci per affermare che non si deve ridurre al minimo o addirittura negare il valore conoscitivo della filosofia sulla sociologia del lavoro.Lintento quello di costruire una sociologia del lavoro che non sia una scienza rigorosa, come le scienze positive della natura, e perci escluda ogni metafisica e si limiti al riconoscimento e alla elaborazione dellesperienza.Ogni individuo-lavoratore si trova originariamente di fronte a un ambiente circostante e di fronte ad altri individui-lavoratori; ma lindividuo e il mondo ambiente non sono due realt separate ed opposte giacch luomo ha esperienza dellambiente, proprio nello stesso senso in cui ha esperienza di se stesso: luno e laltra realt appartengono ad una sola esperienza e sono costituite dagli stessi elementi.Questi elementi dipendono dallazione reciproca dellambiente e di come lindividuo-lavoratore interagisce nellambiente.Quindi, possiamo affermare che la sociologia del lavoro la forma del lavoro assoluto, quella precisamente in cui il lavoro si manifesta nella forma della rappresentazione.In definitiva, il rapporto della filosofia del lavoro con il lavoro stesso sta nel fatto che la filosofia del lavoro non deve creare il lavoro, ma semplicemente riconoscere che gi c: il lavoro determinato, positivo, presente.Il lavoro realt presente; il divenire, che gi gli antichi definivano come passaggio dal nulla allessere.Mentre, la sociologia del lavoro consente lanalisi del lavoro quale fenomeno che si evolve e muta nel tempo e nello spazio. necessario, quindi, offrire una spiegazione razionale e compito del sociologo del lavoro, quello di ricercare dei principi generali, con i quali tutti i fatti indagati possono essere spiegati.Ecco che, non si pu prescindere dalla filosofia del lavoro come scienza dei primi principi dellessere lavoro: le supposizioni sulla realt ultima.In senso tecnico, la critica e la sistemazione od organizzazione di tutto il sapere dedotto dalla scienza empirica (la sociologia del lavoro), che diventa dinamicamente razionale, in relazione al tempo ed allo spazio.Se la filosofia del lavoro laspetto teoretico del concetto lavoro, la sociologia del lavoro laspetto pratico, essendo il primo laspetto del valore assoluto lavoro quale oggetto di conoscenza come fine a se stesso, mentre il secondo quale conoscenza del valore assoluto lavoro come guida allazione.I rapporti della sociologia del lavoro, con la filosofia del lavoro al pari di quelli che la prima ha con altre discipline, devono essere considerati nella prospettiva analitica, perch tali rapporti appaiono assai stretti e inscindibili.Limportanza di questa affermazione, emerge da questa considerazione.Ogni indirizzo filosofico comprende in forma esplicita o implicita, e con varia accentuazione, procedure metodiche che paiono assicurare con maggiore probabilit, la elaborazione di preposizioni aventi un elevato contenuto esplicativo e previsivo.Occorre ricordare che lindirizzo filosofico che ha coltivato maggiormente tali meccanismi il neopositivismo (o empirismo scientifico).Ci non significa che la ricerca sociologica debba essere subordinata allinsegnamento che proviene dalla filosofia, bens che attraverso la critica filosofica essa pu eliminare presupposti gnoseologici, epistemologici e metodologici, i quali intralciano la sua strada e nei quali rischia di ricadere. La sociologia si dissociata dalla filosofia .... non perch i loro problemi fossero una volta per tutte di natura scientifica e non interessassero la filosofia, e ancor meno allo scopo di attribuirsi in partenza una sorta di patente di superiore esattezza, ma semplicemente perch, se si vuole avanzare nella conoscenza, necessario delimitare i problemi, lasciare indietro quelli su cui non possibile sul momento alcun accordo e procedere sul terreno disponibile ala constatazione e alla verifica comuni (Jean Plaget, Le scienze delluomo, Ed. Universale Laterza, 1983, pag. 33).Qui, quello che s'intende accentuare sotto vari aspetti, lunit della scienza lavoro.Esiste, per noi ununit logica da cui filosofia e sociologia del lavoro non possono prescindere: i concetti non sono di tipo fondamentalmente diverso, ma appartengono ad un sistema coerente.Lo sviluppo conduce ad una teoria generale del lavoro come fondamento sia della filosofia, sia della sociologia del lavoro.Lattivit del sociologo, non si riassume in rilevazione empiriche di fatti, n pu essere una semplice enunciazioni di tesi dedotte formalmente da una teoria.Le conoscenze sul lavoro come fatto sociale, possono progredire solo se solidalmente ancorate a una teoria e se poggiano sulla raccolta di dati che la teoria servir a guidare .Il tentativo quello di offrire alla sociologia del lavoro, oggetti di ricerca specifici o di metodi realmente distinti da quelli usati dalla sociologia generale.Ecco che, per far questo una scienza anche se applicata non pu prescindere da una sua struttura teorica e quindi secondo noi dalla filosofia del lavoro.La sociologia del lavoro, come la sociologia in genere, cerca di comprendere le collettivit umane che si costituiscono nelle attivit sociali e grazie alle attivit sociali. Il loro oggetto di studio il sistema concreto di interazioni che si sviluppa fra gli attori sociali nel quadro delle relazioni che le istituzioni contribuiscono a definire. Perci la rilevazione empirica delle azioni degli individui non pu essere compresa, se non nel contesto sociale allinterno del quale gli individui si collocano.Come la sociologia, la sociologia del lavoro studia i fenomeni sociali che si producono in un dato sistema. Oggetto di analisi linterazione fra struttura e individuo, fra il sistema di pressioni e gli attori, fra i vincoli e le strategie (Tersac). Quanto sopra detto, trova il suo fondamento se si pensi che il lavoro, resta fondamentale per cogliere tanto lo sviluppo della societ quanto il loro funzionamento.Non bisogna dimenticare che ogni attivit umana resta subordinata allattivit produttiva, grazie alla quale luomo si assicura beni atti a soddisfare la variet dei propri bisogni. La posizione di rilievo accordata allatto produttivo e alla situazione allorigine della sociologia del lavoro.Questa disciplina stata definita dagli autori del Trattato di sociologia del lavoro (Friedmann e Naville), sulla base di una concezione del lavoro inteso come motore della societ.Per quanto ci concerne, consideriamo il lavoro, un valore assoluto e come tale la sfera lavoro, come un luogo privilegiato per analizzare le ragioni e i processi che costituiscono la collettivit, i caratteri determinanti, le forme di conflittualit che si producono nel lavoro stesso, la solidariet che si instaurano o non si instaurano per regolare gli effetti che il lavoro produce.Riteniamo, dunque, che queste due dimensioni, quella filosofica e quella sociologica, in ogni caso permettano, una visione integrale che abbracci tutte le dimensioni possibili del lavoro.Anzi, crediamo che una terza riflessione relativa allincidenza giuridica, distinta dalla riflessione sui fattori filosofici, sociali e morali, sia imprescindibile per accostarci al concetto e al fondamento del lavoro.Questa terza riflessione, per, devierebbe loggetto della nostra ricerca, quello di una definizione del fenomeno lavoro.Ed allora, qualcuno potrebbe parlare di riduzionismo sociologico, portando alle estreme conseguenze la teoria che limita il lavoro al solo aspetto sociologico, come elemento imprescindibile al funzionamento e alla dinamica del sistema, al ruolo di una tecnica operativa estranea a qualsiasi connotazione filosofica.Un accostamento di tipo esclusivamente sociologico, che considerasse solamente limpatto sociale del lavoro, la sua efficacia, la sua origine e i modi attraverso i quali opera nella realt sociale, sarebbe ugualmente riduzionistico e, probabilmente, arriverebbe a considerare comunque, il lavoro come elemento del sistema, offuscando la sua connotazione filosofica.In ogni caso, questa una possibilit e non una realt attuale, in quanto la filosofia del lavoro appena agli inizi.la comprensione del lavoro ha la pretesa di superare il riduzionismo fondamentalista e quello funzionalista, e implica unattivit intellettuale che porta allintegrazione tra la filosofia e la sociologia. un punto dincontro fra lessere e il valore, forse il pi rilevante di tutti, certamente mediato, come vedremo dalla necessit di considerare nessuna delle due costruzioni isolatamente o che una o laltra si esauriscono in se stessa.IFILOSOFIA DEL LAVORO1.Filosofia del lavoro: il fondamento e il concetto.Stabilire con chiarezza e precisione che cosa si debba intendere per Filosofia del lavoro, non compito facile.Cos grande potrebbe essere la variet di opinioni in proposito, che la via migliore da seguire sembra essere quella di proporre, come punto di partenza, non gi una definizione a priori, ma una definizione ostensiva, cio ricavata dallesistenza e dalla possibilit stessa di una considerazione filosofica del fenomeno lavoro.Molti certamente potrebbero essere i modelli ideali che potrebbero ispirare la mente.Non pretendiamo certo che questa riflessione esaurisca tutti gli interrogativi, tutte le perplessit, che lespressione Filosofia del lavoro, suscita nella mente.A motivo di ci, bene puntualizzare che il termine filosofia qui utilizzato nel significato di uso del sapere a vantaggio delluomo (Eutidemo pag. 288 e 290 d - Platone), quindi una scienza nella quale coincidono il fare e il sapersi servire di ci che si fa.Secondo questo concetto, la filosofia implica: il possesso o lacquisto di una conoscenza che sia nel contempo la pi valida e la pi estesa possibile;luso di questa conoscenza a vantaggio delluomo.Perci, occorre intendere e definire la natura o se si preferisce le caratteristiche salienti, della disciplina che va sotto il nome di Filosofia del lavoro, quindi intenderla come descrizione dellottimo lavoro, come ricerca del suo fondamento, come individuazione della categoria del lavoratore e infine come metodologia delle scienze del lavoro in generale.Ad ognuno di questi modi di intenderla corrisponderebbe un significato diverso dellespressione Filosofia del lavoro.Fino ad ora abbiamo analizzato espressioni che hanno la pretesa di abbracciare il fenomeno lavoro nella sua integrit.Ne esistono altre, come quelle sopra indicate, che si usano abitualmente nel linguaggio comune, quantunque con una polisemia linguistica possano assumere significati pi precisi o pi delimitati nel linguaggio specifico, e rappresentino esempi di interferenze tra due dimensioni: quella naturale e quella tecnica. In ogni caso, per di pi esse si riferiscono a parti o settori della realt dei fenomeni e non si estendono a ricomprendere tutte le possibili sfumature.Non una, quindi, ma molteplici sarebbero le definizioni che si potrebbero dare di questa disciplina, tranne che, per dichiararne legittima una sola, si dichiarino illegittime (e si dimostrino esser tali) tutte le altre.In conclusione, sembra che lespressione Filosofia del lavoro, sia adatta per identificare il fenomeno lavoro, bench non sia nostra intenzione entrare in dispute verbali prive di significato, n di favorire alcun tipo di sostanzialismo linguistico.2.Filosofia del lavoro come determinazione dellottimo lavoro.Lottimo lavoro un modello ideale di lavoro costruito mediante un procedimento logico astratto e deduttivo, indifferente rispetto alle possibilit di una sua realizzazione effettiva.Lespressione indica in genere leccellenza di una operazione (attivit), volta ad ottenere il massimo di una energia per caratterizzare la scelta con cui un soggetto (lavoratore) massimizza la sua funzione obiettivo.Certamente un modello utopistico che descriverebbe e teorizzerebbe un modello di lavoro perfetto, espressione di una societ, che si liberata dalle catene dello sfruttamento e delloppressione e, quindi, passata dal c.d. regno delle necessit in quello delle libert. credere nel valore assoluto, perci possibile sentirsi profeti di una condizione umana immodificabile e non soggetta al divenire del tempo. Sul concetto di valore assoluto e relativo, si ritorner pi avanti.3.Filosofia del lavoro come ricerca del suo fondamento.Questa seconda categoria spiegherebbe il perch del lavoro.Loggetto della ricerca non pi lottimo lavoro, bens quella che con un vocabolo desueto recentemente tornato in favore, si chiama la sua legittimazione.Tale problema si pu dire accomuni pensieri antichi e contemporanei e perci sinteticamente la legittimit potr essere tradizionale o razionale.Con il termine tradizionale, la legittimazione del lavoro ricercata nella sua istituzione divina.Soprattutto su quest'aspetto, si fonda la condanna che la filosofia antica e medievale, ha pronunciato sul lavoro manuale. Nellantichit classica, sia i greci sia i romani, consideravano il lavoro come un peso ADRIANO TILGHER Il lavoro per il greco un malanno inevitabile almeno .fino a quando - scrive ironicamente Aristotele - le spole andranno da s e i plettri faranno risonare da soli le cetre. E Platone ed Aristotele giustificano la schiavit con la necessit che una parte, la maggiore, dellumanit sia addetta al duro ufficio di trasformare la materia per la soddisfazione dei nostri bisogni, perch unaltra parte, la minore, gli eletti, possa esercitare le pure attivit dello spirito: larte, la filosofia, la politica..........Identica in fondo, a quella dei Greci la dottrina dei Romani sul lavoro, rappresentata specialmente da Cicerone. Per Cicerone sono degni di un uomo libero innanzi tutto lagricoltura, poi il commercio in grande, soprattutto se mette capo a un onorevole ritiro nella pace dei campi. Tutte le altre arti sono vili e disonoranti. Le arti meccaniche non meno che il piccolo commercio, la locazione delle proprie braccia non meno che lusura. Esse avviliscono lanimo asseverandolo alla ricerca del guadagno e ponendolo nella dipendenza daltri (De officiis, I, 42) In Homo Faber - Storia del concetto di lavoro nella civilt occidentale - Analisi filosofica di concetti affini, - pag.9-11, 1944- Roma . che deprime luomo. Il lavoro legato alla produzione delle cose materiali della vita e perci affidato ad esseri non liberi, abietti, agli schiavi.Luomo non lavora poich se lavora si avvilisce e perde la propria libert. Luomo libero solamente impegnato nellesercizio della politica e delle armi. Lideale luomo contemplativo perch indipendente e come tale non condannato a lavorare, a svolgere arti vili, faticose e penose, perci, degno dellessenza umana: la libert. PLATONE , Repubblica, pag. 369 e segg. Trad. it. di G. FRACCAROLI; CICERONE De Officiis I,42; SENECA De otio ad Serenum; ESODO Le opere e i giorni. ....il lavoro necessario perch Giove lo ha imposto agli uomini in conseguenza del peccato di Prometeo...In tale visione del mondo, non c posto per il lavoro materiale, che mescolando lanima alla materia e contaminandola con il contatto di essa, lallontana dalla visione dellidea: esso un male inevitabile da ridursi al minimo, e, al limite, da sopprimere completamente ARISTOTELE ... La costituzione perfetta non far mai cittadino un operaio meccanico , Politica, III, III, 5.Non mancano per filosofi che celebrano le virt e la dignit del lavoro anticipando certi contegni di vita che avranno diffusione e significato solo col cristianesimo in cui s'intravede la mancanza in loro del vero concetto della personalit umana, che libert ed autocreazione Tra i sofisti si ricorda Prodico di Ceo secondo cui il lavoro in definitiva radice che da dignit alla vita tanto da elevare Ercole, eroe delle fatiche, a simbolo di virilit consapevole, potenza efficiente, attivit. Platone nel Carmine ne rimase ammirato pur essendo tale espressione frutto del pensiero di un sofista. Anche Socrate pregia il lavoro, rilevandone tutta la dignit, e non solo riferendosi allattivit intellettuale ma anche a quella manuale. Queste due teorie sul lavoro cos diverse e antinomiche vanno ricondotte nel quadro della religione misterica e quindi della classe diseredata che si pregia di lavoro, cosa dura e faticosa, le cui soste sono le feste religiose, il cui riscatto nella vita eterna, da un lato, dallaltro laristocrazia, olimpica essenzialmente contemplativa ed estetica. In effetti il lavoro viene celebrato proprio dalla povera gente, da scrittori come Antistene che era un plebeo, da Socrate che aristocratico non era, dai sofisti i quali appunto rappresentano la crisi della citt gentilizia, della religione ufficiale, accogliendo i fermenti che venivano dal basso. Eccezioni queste, perch la diffusione nella popolazione della religione olimpica, legata alla contemplazione ed allestetica, conduce luomo greco al disdegno per il lavoro che disdegno per quanto pratico perch manuale, non intellettuale e speculativo, versante nelle cose e non sublime nel pensiero. Perci lantitesi tra il lavoratore ed il pensatore completa. Comunque il dualismo metafisico, per la prima volta, legittima dualit di ceti, per cui al lavoro triste retaggio delle masse si oppone il privilegio della cultura e dellintellettualit riservato a pochi. Per il greco la scienza scienza pura e non applicata. Luomo libero pensa, si affina nel pensiero; lo schiavo lavora e si confonde con le cose, divenendo materia egli stesso. Il dualismo istituzionale di schiavi e di padroni riflette un dualismo che nella realt: di uomini superiori e di uomini inferiori, di pensiero e di prassi. La ragione delle antinomie evidenziate e in quelle in cui si avvolge il pensiero di Aristotele a proposito della schiavit deve ricercarsi nella mancanza in lui, come in altri pensatori greci del vero concetto della personalit umana, che libert di autocreazione..Il senso della vita come un universale valore di tutti gli uomini noi labbiamo acquisito col cristianesimo.Con lebraismo, il lavoro pena, fatica, travaglio, per motivata, poich luomo condannato a lavorare, perch deve espiare il peccato originale, quello che Adamo ed Eva hanno commesso nel Paradiso terrestre Genesi, III, 17-19; TILGHER Gli Ebrei non vedevano lavoratori intenti allopera dei campi senza salutarli e benedirli (Salmo 129). Ma il lavoro resta pur sempre un duro giogo, pesante a portare, e lEcclesiaste sospira:la fatica delluomo no sazia lanima pag. 14 op. cit.. Attraverso il lavoro, luomo si riscatta e si riottiene, sul piano naturale, quel bene che si era perduto in cospetto a Dio: la dignit. Quindi, il lavoro resta come per i Greci, un duro travaglio ed faticoso perch il pegno della riappacificazione degli uomini con Dio. Ecclesie, VI, 7.Non mancano nellebraismo antico e pi recente, tendenze ascetiche dove si giunge ad identificare il ricco e potente con il malvagio e il povero e il debole con il santo e quindi viene negato il lavoro e con esso svalutata la ricchezza ed il risparmio. Apocalisse e nel libro dei Profeti. Del resto le differenze di scuola sono molteplici: la scuola di Rabbi Simeon condanna il lavoro, mentre quella di Rabbi Ismael lo pregia.Ci consente di affermare che la visione ebraica del lavoro rappresenta un progresso rispetto a quella classica, poich non esclude anzi esige nel suo dominante aspetto una valutazione dellattivit umana.Il mondo cos non semplicemente essere, dover essere; non realt gi data e compiuto che si tratta solo di contemplare, un ideale che deve essere realizzato dallo sforzo delluomo.La vita quindi, non leterno ritorno delle medesime cose e dei medesimi eventi, il continuo e graduale processo di restaurazione dellarmonia primigenia distrutta.In definitiva il Cristianesimo primitivo si pone il problema del lavoro, e lo risolve nel senso tradizionalmente giudaico che esso imposto da Dio alluomo come conseguenza del peccato originale e come pena di esso. Per il Cristianesimo primitivo riconosce al lavoro anche una funzione positiva: lavorare necessario non solo per guadagnarsi la vita e per essere in condizione di non aver bisogno di nessuno, ma anche perch chi non ha beni di fortuna possa disporre dei mezzi di fare la carit ai fratelli che ne hanno bisogno. Efesi, IV, 28; Epistola di Barnaba, XIX, 10.Il lavoro cos strumento dellopera di amore e di carit, su di esso cade un raggio della luce divina attraverso cui essa si diffonde.Con lavvento del cristianesimo il regno da raggiungere che era avvolto nella materialit, diviene spirituale, fruizione spirituale non di beni materiali, bens di beni spirituali, non per un popolo (il popolo di Israele) ma di tutti i popoli, per gli uomini affratellati nel sacrificio divino in quel Cristo, che per essi hanno saputo morire.Nei quattro Evangeli il diniego del lavoro deciso. Matteo, VI 25-34; Luca, XII, 22-34. Lordine provvidente di Dio non esige il lavoro, Dio d ai suoi fedeli di che sostentare la vita, che tutta deve protendersi al bene supremo nel rispetto dei beni contingenti. Ci che si condanna laderenza ai beni materiali in quanto ci leghiamo alla terra, non i beni materiali in s e per s, e tanto meno il lavoro, che pu divenire eticamente negativo.Il lavoro da maledizione divina della Bibbia che fa seguito al peccato, assume con San Paolo funzione positiva. la famosa formula paolina: Chi non vuol lavorare, non mangi; nel senso che unico titolo per avere vitto sia lavere lavorato, mentre pi genericamente deve intendersi, che chi non abbia personali ricchezze quegli deve lavorare per non essere aggravio a nessuno. lindipendenza che sta a cuore di San Paolo, non il diretto rapporto tra lavoro e sussistenza. Erra chi pensa che il lavoro con San Paolo e con i primi documenti cristiani assuma un valore autonomo proprio: esso ha una dignit indiretta di mezzo, non diviene mai fine in s, mezzo per gli scopi della vita cristiana: Chi non vuol lavorare, non mangi, derivato dallobbligo di non addossare agli altri la fatica e la pena del lavoro (II tessal., III 8-10).Nello stesso senso veniva prescritto il lavoro da SantAgostino (De Operibus Monachorum, 17-18) e da San Tommaso (S.th., II, q.187 a.3) come precetto religioso.Il cristianesimo amore e carit e come tale apre la via per intendere luomo come persona, asserisce la personalit delluomo, come soggetto morale. Ne scaturiscono corollari dalta importanza, luguaglianza di natura degli uomini rispetto a Dio, luniversale dignit delluomo, come soggetto morale, ci che si dice la personalit.Allozio contemplativo del pensiero classico si aggiunge la pratica caritativa cristiana che non esclude lintellettuale godimento di Dio, ma ne lintegrazione.Intendere luomo in senso cristiano significa comprendere il lavoro in maniera diversa da come era inteso nellantichit tant che lo schiavo non era pi cosa ma persona.La patristica e la scolastica riaffermano le antitesi, che sono nel cristianesimo primitivo e dellet apostolica. Per i monaci e gli eremiti erano lavoratori. Le regole prescrivevano lobbligo del lavoro e il modello della vita eremitica era il lavoro. Il lavoro serve per combattere lozio e serve per provvedere ai bisogni dellanima (il lavoro intellettuale) e del corpo. Cos le sette ereticali sono tutte praticanti il lavoro, nel presupposto che il provvedere alla propria sussistenza col proprio travaglio assicura indipendenza e come tale consente di realizzare il pauperismo, lopposizione alla ricchezza. in fondo la posizione di san Francesco, il quale anch'egli nella regola impone il lavoro che si colora di gioia e non pi duro e quindi penoso TILGHER .... Ma al fondo di questa prescrizione chi ben guardi trover non gi un cresciuto senso della dignit del lavoro, ma uno spirito di rinuncia al mondo e ai suoi beni, disprezzo della ricchezza e di esaltazione della povert: uno spirito essenzialmente poveristico e ascetico che, credendo erroneamente di confermarsi al messaggio di Cristo, vede nella povert un valore religioso assoluto e da esso soltanto deduce come necessario corollario il precetto di vivere del lavoro delle proprie mani. pag.37 op.cit.. Il lavoro intanto obbligatorio, in quanto necessario a mantenere il singolo e la collettivit di cui fa parte. Mancando lo scopo, luomo non ha bisogno di lavorare. Lavoro, dunque, s, ma solo nei limiti della legge di natura, che legge divina. E dinanzi a questa legge il lavoro non assurge mai alla dignit di fine autonomo, resta semplice mezzo subordinato allo scopo che la vita. Il lavoro fine a s stesso, il lavoro per il lavoro un concetto che la Chiesa ripudia per la stessa logica interiore, per cui respinge il concetto della vita fine a s stessa.A partire dal 400, la dignit del lavoro manuale, si afferma tanto che Galileo esplicitamente riconosceva il valore delle osservazioni fatte dagli artigiani meccanici ai fini della ricerca scientifica (Discorsi intorno a due nuove scienze, in Op., VIII, pag. 49).Ci che caratterizza il rinascimento il senso della dignit delluomo, della sua personalit, della sua creativit, possibile ove si tenga ferma lintuizione cristiana. Cos dalloggettivismo del pensiero classico si sostituisce il soggettivismo cristiano, che il rinascimento mantiene e approfondisce.Lumanesimo rinascimentale, dunque, valorizza lhumanitas il valore delluomo, in tutti i suoi aspetti, sia come ragione sia come volont.Luomo non pi passivo dinanzi alla natura e alle cose, attivo ed efficace, si scopre detentore dei principi che regolano il mondo. Luomo un quasi-Dio, attivit.Lazione non nasce da una necessit bens dalla scelta consapevole e responsabile delluomo.Il rinascimento celebra il lavoro. Il suo apprezzamento nasce spontaneo nella visione umanistica. Il lavoro, che i cristiani ritenevano conseguenza del peccato, che i pagani ritenevano indegno delluomo libero, si trasvaluta in un nuovo apprezzamento dellhumanitas come libera attivit razionale. Lozio condannato come disumano, il lavoro invece costituisce la vera essenza umana. Alluomo gli occorrono gli strumenti e perci li crea; cos nascono le arti ed il lavoro diviene simbolo di civilt e progresso Teorici del lavoro come concetto chiave delletica in questo periodo ricordiamo M. PALMIERI Della vita civile, M. FICINO, Theologia platonica, XIII, 3, L.B. ALBERTI, Della tranquillit dellanimo, in Opere volgari, LEONARDO DA VINCI, GIORDANO BRUNO, TOMMASO CAMPANELLA.. Nel rinascimento la pratica posta sullo stesso piano della contemplazione classica, tanto da realizzare il suo primato.Il limite di questa concezione umanistica consiste nel fatto che il lavoro che si assume lavoro di eccezione, come eccezionale ne il soggetto. Vi un lavoro altamente creativo ed un lavoro inferiore, meccanico e manuale.La contrapposizione tra lavoro manuale e attivit intellettuale, verr mantenuta anche nel Rinascimento. Un passo di Giordano Bruno afferma che la provvidenza ha disposto che luomo venga occupato ne lazione delle mani e, contemplazione per lintelletto, de maniera che non contemple senza azione, e non opre senza contemplazione (Spaccio della bestia trionfante, 1584, in Op. Ital. II pag. 152).Con Giordano Bruno il concetto di lavoro assume a significazione metafisica, in un sistema nuovo ed originale, nel quale si raccolgono tutti i motivi rinascimentali, si apre la via per ulteriori sviluppi del pensiero.Luomo partecipa alla divinit della natura ed intelletto e volont che come operatore e fattore si esplica nel lavoro.Per il Bruno che pur celebra il lavoro segno delleccellenza umana, distingue nettamente cultura e lavoro. Nessuno pi di lui che certo riconosce il valore delloperosit, eleva la visione dellUnus per la riserva solo ad alcuni, sicch lumanit rimane divisa in due gruppi senza alcun collegamento. Il dualismo delle facolt, la loro gerarchia diviene gerarchia anche di ceti.Inoltre, dalla esigenza di distribuire fra tutti la pena e la degradazione del lavoro manuale sono ispirate lUtopia di Tommaso Moro e la Citt del Sole di Campanella, che prescrivono per tutti i membri della loro citt ideali, lobbligo del lavoro.Il Campanella nella Citt del Sole fonda sul lavoro la struttura ideale della sua repubblica, infatti egli non solo idealizza la comunanza dei beni e delle donne, ma delinea tutto un sistema di educazione che si fonda sul sapere e sul lavoro, tali che non si possano dissociare. Il superamento del tradizionale dualismo di lavoro intellettuale e di lavoro manuale, di lavoro qualificato e di lavoro sordido, che poi diviene dualismo di classi e di ceti, d insomma al Campanella un posto eccezionale nel concetto di lavoro, anche perch il primo ad affermare il valore pedagogico del lavoro. Anche Francesco Bacone, ha un alto concetto del lavoro, tanto da concepire la scienza come tecnica, mezzo di dominio delluomo sulla natura, diversamente da Tommaso Moro che se esalta il lavoro, egli idealizza la contemplazione dello spirito A suo dire la felicit della vita consiste non nel lavoro che servit del corpo ma nella libert dello spirito e della cultura. T. MORO Utopia..La riforma protestante ha indirettamente generato atteggiamenti spirituali prima che pratici che sono stati favorevoli allo sviluppo di una pi piena nozione del lavoro. Anche per Lutero, il lavoro non cessa di essere remedium peccati come nel medioevo, per assume un significato nuovo: il lavoro come servizio divino.Ci significa che la professione mondana, in quanto compiuta con spirito religioso, lesercizio di un culto che non ha mediatori. Dio secondo Lutero e per ci che ci riguarda, non fuori dal mondo, si proietta nel mondo, lo dispone al suo fine: il lavoro ne lo strumento mirabile.Il concetto di lavoro acquista nel pensiero di Lutero estensione universale. Su di esso, poggia la societ; esso fondamento della propriet; per esso si attua principalmente la divisione degli uomini in classi sociali. Il lavoro ha per scopo soltanto il sostentamento, non il guadagno. Loriginalit di Lutero sta nel evidenziare che il lavoro servizio divino. Pertanto se lattivit, ogni attivit, in quanto tale, divina, cade ogni ragione di differenza tra servizio divino e lavoro quotidiano, tra culto e professione. TILGHER ....E con Lutero che la parola tedesca indiacnte professione, Beruf, acquista una colorazione religiosa che non perder pi, e che dal tedesco passata in tutte le parole analoghe dei paesi protestanti. Professione e vocazione divengono sinonimo.... pag. 47 op. cit.Il lavoro che in Lutero aveva un significato vocazionale, professionale del divino, diviene in Calvino TILGHER pag. 49 e ss. op. cit. lo strumento di unascesi mondana per cui ci si vota ad esso al fine di instaurare il divino nel mondo: il lavoro servizio divino.Quindi lavoro per Dio in terra, tendenza al guadagno per testimoniare di una vocazione: ci che fu detto nuova ascesi vocazionale, nuova ascesi mondana in opposizione allascesi medioevale.Ne vengono gravi conseguenze. Innanzitutto la razionalizzazione del lavoro. Se esso ha un cos importante significato nella nostra destinazione, non converr abbandonarlo al caso, occorrer razionalizzarlo o come si suole dire organizzarlo. Ecco che lesercizio di una professione non causale, la posizione che Dio ci assegna nel mondo per lui, perci bisogna darsi tutto ad esso, in uno sforzo razionale, programmatico, della cui specialit siamo ben consapevoli. Il lavoro quindi la vocazione, la ricchezza, il dono di Dio, perci non appare, come concetto unitario, nel senso che a tutti assicuri la salvezza, ma solamente a coloro che donano tutti i beni della vita, tant che lindividualit qualificata ancora retaggio di pochi eletti ed il lavoro per loro attivit e creazione.C dunque lavoro e lavoro, lavoro qualificato e lavoro manuale in un dualismo sempre presente ma arricchito dallindividualit della creazione segno di elezione per quei pochi che Dio appunto elegge, essendo la fede efficace solo a coloro cui elargita.Il lavoro, quindi, che grato solamente a Dio non il lavoro saltuario e occasionale, il lavoro metodico, disciplinato, razionale, uniforme, perci specializzato. Il lavoro viene quindi affrancato dalla soggezione alla professione come dato di natura per divenire il lavoro per il lavoro.Nel settecento il lavoro si presenta in forme nuove, tanto che viene considerato su un piano di umanit assoluta, conformemente allo spirito dei tempi che razionalista ed illuminista e si spoglia di ogni premessa religiosa per rivelarne gli aspetti utilitari ed economici. Lilluminismo in generale segna la rivendicazione della dignit del lavoro manuale; dal quale Rousseau voleva che Emilio acquistasse la prima idea della solidariet sociale degli obblighi che essa impone (Emile - 1762, IV).Nel termine razionale, invece, la legittimazione del lavoro viene ricercata in una determinazione umana consapevole, nel culto del passato o in un calcolo utilitario.Ci avvenne nel Romanticismo quando si cominci a stabilire il rapporto tra il lavoro e la natura stessa delluomo.Queste vedute sono espresse un po dappertutto.Locke, considera il lavoro e la terra come i due fattori della vita economica e nel senso che il primo operando sulla seconda crea la ricchezza; luomo mediante il suo lavoro rende una cosa suo bene particolare e lo distingue da ci che a tutti comune. Il lavoro per il filosofo inglese a fondamento d'ogni valore.Locke, quindi, celebra il lavoro come fonte della propriet individuale e scaturigine di ogni valore economico LOCKE Governo civile cap. IV Hume pi energico di Locke ed afferma che il lavoro distingue luomo dalla bestia ed attraverso il lavoro stesso simpadronisce della natura, perch generato povero e nudo sul mondo, compra tutti i beni della natura.Rousseau per la soluzione decadentista del lavoro, per la Natura contro la Civilt e la Cultura ci determina superfluo, il lusso, la ricchezza, il denaro e le arti che loro danno origine.Lindustria nata per sviluppare bisogni e passioni ignote ai popoli vicini allo stato naturale. La divisione del lavoro che stabilisce rapporti di scambio e di propriet genera dipendenza e schiavit, e alla ricchezza eccessiva degli uni oppone la misera degli altri.Ogni nuovo passo nella complicazione del lavoro porta seco aumento di dipendenza e dineguaglianza, quindi dinfelicit. ROUSSEAU Discours sur linegalitIl lavoro che Rousseau apprezza quello manuale e il lavoratore che apprezza di pi lartigiano perch questi dipende solamente dal suo lavoro, pi libero dellagricoltore: egli porta via le sue braccia e se ne va.Ferguson diversamente da Rousseau, mostra nella civilt, frutto dellattivit e del lavoro umani, la vera natura delluomo e celebra come Hume, Voltaire, Mandeville, il lusso e la ricchezza.Smith approfondisce il concetto lockiano per affermare che non occorre distinguere lavoro, da lavoro, in quanto esso sempre produzione, non c lavoro improduttivo. Improduttivo solamente lozio. Pertanto secondo Smith la vera ricchezza della nazione nella quantit di lavoro che essa esegue e di cui capace. il lavoro come attivit delluomo che crea ogni anno la massa di beni che consuma, e non le forze naturali, che, abbandonate a s stesse, rimarrebbero infeconde e sterili.Smith, intuisce che il lavoro produttivo in quanto tale non pu che appartenere a tutti i lavori che trasformano la materia, diversamente dai Fisiocratici, che ritenevano che il lavoro agricolo fosse lunico a fornire il materiale della ricchezza, mentre lindustria e il commercio si limitano a mettere in opera.Il lavoro, viene perci considerato nelleconomia della scuola liberale fuori d'ogni preoccupazione morale, similmente a qualunque macchina che costa un capitale e che rende un interesse.Nel 700 il lavoro quindi al centro delleconomia senza distinzioni di sorta, manuale e intellettuale, agricolo ed industriale commerciale e bancario; poich lavoro significa solo e genericamente attivit utile delluomo, di cui non si nega ma si conferma la dignit morale.Vico con la sua formula verum et factum convertuntur (lidealit del pensiero si converte nella realt delle storiche concrezioni e che viceversa il fatto storico, se opera delluomo, partecipa del valore ideale che nelluomo in quanto pensiero e coscienza), concretizza il concetto che conoscere e fare si rappresentano nellattivit. Si conosce ci che si fa e solo ci che si fa. Occorre lopera per la conoscenza e la conoscenza solo tale rispetto allopera. Lhomo cognoscens altres homo faber. Il lavoro, quindi, per Vico ha in s la conoscenza, essendovi solo conoscenza, essendovi solo conoscenza nel lavoro.Lidealismo germanico e Kant, riprendono tale concetto, rappresentando lo spirito come attivit, evitando i pericoli di qualcosa che oltre allattivit, sia passivit e si riproponga come contemplazione. La coscienza assoluta che nella coscienza comune, diviene attivit costitutiva in un lavoro che individuale, dellindividuo storico. Lattivit non attivit generica, essa suscita e crea, pone ed elabora, costruisce e trasforma, il lavoro nel senso specifico.Conoscere fare, agire, produrre generatrice d'unit, ordine e armonia.Fichte formula con chiarezza la funzione demiurgica dello spirito. Luomo deve trovare nellattivit e solo in essa la felicit. La fonte di ogni vizio la pigrizia, linerzia, inerente alla materialit. Per soddisfare i propri bisogni luomo non ha altra risorsa che lavorare la natura, e deve ridurla in sua soggezione. Secondo Fichte, ognuno deve poter vivere del proprio lavoro e lo Stato ha il diritto di vigilare, che ognuno lavori quanto pu e chi non ha fatto tutto il possibile per mantenersi e non ha potuto ha diritto al soccorso. Perci, lo Stato deve assicurare ai cittadini il diritto al lavoro, perch ognuno guadagni con il lavoro quanto necessario alla sua esistenza. TILGHER, op.cit. pag. 86 ss.Con Bergson la conoscenza riceve una soluzione pratica tant che il lavoro si relaziona con lintelligenza umana, che caratterizzata dallinvenzione meccanica: lintelligenza essenzialmente artigiana e meccanica.Lintelligenza lutensile che consente alluomo di conquistare la libert dalla servit e dallazione determinata e identica e lo mette in grado di cavarsela in ogni situazione e di superare indefinitamente s stesso. TILGHER, op. cit. pag. 89 grazie a Bergson che lHomo faber diventa Homo sapiens. Nessuno prima di lui aveva detto, che in quanto fabbro luomo celebra la sua divinit.Fichte afferma che anche loccupazione ritenuta pi bassa e insignificante, in quanto connessa con la conservazione e la libera attivit degli essere mortali, santificata allo stesso modo dellazione pi elevata (Sittenlehre,III, 28).Ed Hegel, ha dato la prima dottrina filosofica del lavoro che utilizza i risultati raggiunti da Adamo Smith nelleconomia politica. Gi nelle Lezioni di Jena (1803-04) Hegel considerava il lavoro come la mediazione tra luomo e il suo mondo; difatti, a differenza degli animali, luomo non consuma immediatamente il prodotto naturale ma elabora, nei modi e per fini pi diversi, la materia fornita dalla natura, dando cos a tale materia, il suo valore e la sua conformit allo scopo (Ved. Filosofia del diritto, $196).Hegel ha anche messo in luce la crescita indefinita dei bisogni, limportanza della divisione del lavoro e il rilievo che acquista, in base a questa divisione, la distinzione delle classi (Ib. 195,241,245). Ha visto pure che la divisione del lavoro porta alla sostituzione della macchina alluomo. Difatti con quella divisione, si accresce s la facilit del lavoro e quindi la produzione; ma si ha pure la limitazione a una sola abilit e quindi la dipendenza incondizionata dellindividuo dal complesso sociale. Labilit stessa, quindi, diventa meccanica e ne deriva la possibilit di surrogare al lavoro umano la macchina.Marx accetta questi capisaldi di Hegel, per insiste sul carattere naturale o materiale del rapporto che il lavoro stabilisce tra luomo e il mondo, contro il carattere spirituale espresso dal primo.Infatti, i sistemi socialisti del XIX secolo rifiutano la concezione giudaico-cristiana del lavoro come espiazione, la quale presuppone la dottrina del peccato originale, ma privilegiano la filosofia di cui il Progresso il concetto cardinale.Il lavoro obbligatorio ma una piacevole occupazione poich la soppressione dei lavori pi duri per opera delle macchine e la loro sostituzione con lavori pi facili e piacevoli render il lavoro un gioco, una passione.Tale socialismo utopistico si contrappone a quello di Marx ed Engels dove il lavoro assume un significato pi realista e non cedono allutopia del lavoro attraente, del lavoro gioco. Per essi, nella societ nuova, il lavoro, quantitativamente ridotto al minimo del tempo e laffermazione normale delluomo. Nella societ socialista il lavoro tende a liberarsi da ogni connotazione, scompare il contrasto tra lavoro intellettuale e manuale e diviene puramente tecnico e produttivo. Il lavoro diventa il modo normale di agire delluomo. Luomo tipo secondo Marx, non pi il saggio o lasceta o il cittadino, il lavoratore inteso come produttore, il lavoro assume nella sua filosofia, significato e importanza metafisica. In questa concezione di Marx il lavoro assurge ad importanza demiurgica. Filosofare lavorare. Il vero filosofo il lavoratore. Il lavoro diventa cos la pi alta dignit e nobilt delluomo.Secondo Marx, il lavoro non solo un mezzo di sussistenza ma il mezzo che consente alluomo di esser tale, il suo modo specifico di essere e di farsi uomo (Ideologia tedesca, IA; trad. it. pag. 17; Manoscritti economico-politici del 1844, I trad. it. pag. 230 sg.).Questa stretta connessione del lavoro con lesistenza umana, che nobilita il lavoro stesso e ne fa un fine oltre che un mezzo, diventa un luogo comune della filosofia e in generale della cultura temporanea.E anche al di fuori dellambito marxista, il carattere penoso del lavoro messo sul conto, non del lavoro stesso, ma delle condizioni sociali nelle quali esso si svolge nella societ industriale e, quindi, ritenerlo lottimo lavoro.Dice Dawey naturale che lattivit sia piacevole. Essa tende a trovare una via duscita e il trovarla in s soddisfacente perch segna una riuscita parziale.Se lattivit sia piacevole, essa tende a trovare una via duscita e il trovarla in s soddisfacente perch segna una riuscita parziale. Se lattivit produttiva diventata cos inerentemente insoddisfacente che gli uomini hanno bisogno di essere artificialmente indotti a impegnarsi in essa, questo fatto un'ampia prova che le condizioni sotto le quali il lavoro svolto impediscono il complesso delle attivit invece di promuoverle, irritano e frustano le tendenze naturali invece di indirizzarle verso la fruizione (Human Nature and Conduct, II, 3, pag. 123-124).Lo stesso Marcuse concepisce lottimo lavoro come un ordine d'abbondanza che si ha quando tutti i bisogni fondamentali possono soddisfarsi con un dispendio minimo di energia fisica e psichica e in un tempo minimo (Ero e civilt cap. 9, trad. it. pagg.212-213)Questi concetti si rifanno ad una premessa di valore e sono una semplice sottospecie di quelle dellottimo lavoro tanto che il lavoro ha assunto nella civilt contemporanea, il mezzo che riporta infallibilmente luomo al paradiso perduto.Forse non Adamo il primo lavoratore? Tentato stacc la mela !Quindi, la categoria della legittimazione consente una maggior latitudine di interpretazione e di applicazione di quelle del lavoro ottimo, per limitarsi a indicare quali condizioni il lavoro deve ottemperare per essere (o meritare di essere) accettato come valido, lasciando indeterminati i modi in cui tali condizioni possono essere, di fatto, realizzate: si pensi alla variet e molteplicit delle soluzioni oggi proposte e giustificate in nome di questo o quel principio.Ancora tale categoria consentirebbe anche il sovrapporsi dei principi di legittimit o di vivere, fianco a fianco, senza che lessere lavoratore si renda conto della loro possibile incompatibilit.Dunque, la categoria della legittimazione, teoria dellideologia del lavoro ottimo, quindi, teoria dellutopia.4.Filosofia del lavoro come individuazione della categoria del lavoratore.Terza possibile accezione della filosofia del lavoro , come s detto la determinazione del concetto generale di lavoro; di ci che caratterizza il fenomeno lavoro e lo fa tale, distinguendolo e differenziandolo dagli altri fenomeni sociali. scoprire lautonomia del lavoro, che significa individuazione delle caratteristiche proprie dellattivit lavoro e delle leggi da cui questa governata, che sono diverse da quelle proprie ad altre attivit umane.Ci significa proporre una nozione confusa di quello che il lavoro : descrivere i caratteri e segnare i confini.Certo che in ogni pensatore, il concetto del lavoro che gli proprio, costituisce indubbiamente un'ideologia, quindi un valore relativo. lideologia della forza, l'elemento costitutivo e ad un tempo stesso legittimante del lavoro.Anche in questo caso alla filosofia del lavoro, viene assegnato un compito di determinare i caratteri differenziali del fenomeno lavoro, per essere ricondotto ad un rapporto di forza.Ecco laffermarsi che lassenza del fenomeno lavoro consiste nellimposizione del potere da parte di una minoranza (chi offre lavoro) sulla maggioranza (chi domanda lavoro).Ecco laffermarsi che la categoria dellessere-lavoratore individuata in un rapporto amico-nemico.Ma vi di pi! Heidegger M. Heidegger, La questione dellessere in Segnavia, Adelphi, Milano, 1987, p.341 e ss. nel ricordare il concetto di lavoro osserva che la questione della tecnica assume un significato importante, tanto da divenire la manifestazione pi vistosa, di ci che luomo divenuto, con la fine della metafisica, e soprattutto di cosa divenuto il rapporto delluomo con lessere non ci che , ma ci che appare alluomo. Il lavoratore, luomo che si dotato della tecnica, diviene la misura di tutte le cose e mentre luomo si erge a soggetto pienamente cosciente di s, si costituisce innanzi a lui, un mondo-oggetto, privato di vita e di essere, suscettibile di essere dominato.Questo nuovo rapporto tra uomo-soggetto e un mondo-oggetto, Heidegger lo chiama tecnica, ma si potrebbe chiamarlo anche umanismo.Lumanizzazione del mondo e tecnica sono la stessa cosa, perch umanizzare significa il potere delluomo sulla natura e questa operazione si realizza attraverso la tecnica.Ci troviamo quindi nellera della tecnica e con tale termine dobbiamo designare, non solo linsieme delle procedure meccaniche miranti a rendere il mondo pi confortevole. Si tratta di un tipo di rapporto con il mondo-oggetto in cui questultimo, viene considerato a un tempo come un campo da trasformare, come una riserva da cui luomo-lavoratore trae ci che gli utile.La tecnica non quindi un semplice mezzo che luomo potrebbe dominare o controllare a suo piacimento: la tecnica moderna non un utensile.Si comprende meglio adesso come il lavoro, che in qualche modo la forma concreta della tecnica, possa rappresentare per Heidegger lessenza del mondo moderno.Il fatto che luomo sia in rapporto con la tecnica, significa anche che in relazione con s stesso, atteso che la tecnica una sua creazione, una forma forgiata per controllare il mondo-oggetto.La scienza, perci, ha perduto la propria dimensione di conoscenza e di critica per divenire un apparato di dominio, un apparato dazione.In tale processo il lavoro strumento per controllare la natura ed il nuovo organizzatore dei rapporti sociali, divenendo cos esso stesso il fine.Dunque, si comprende a questo punto perch il lavoro abbia potuto occupare la totalit dellattivit umana.Se cos fosse il lavoro rimane un fattore, subordinato allo sviluppo tecnico dellindustria e dei servizi e lorganizzazione del lavoro retta dal principio di efficacia, che a sua volta deriva dallimperativo assoluto di accrescere sempre la ricchezza.La cosa in fondo pi sorprendente non tanto che ogni opera divenga lavoro (Hannah Arendt) H. Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1989, p.4 ma soprattutto che ogni lavoro possa essere considerato come unopera. Perch sono proprio le categorie dellopera che sono oggi impiegate per descrivere il lavoro, il quale permetterebbe a ciascuno di esprimere la propria singolarit attraverso oggetti, servizi, rapporti e, contemporaneamente, sarebbe profondamente socializzante.Non possibile ricondurre tutta lattivit umana al concetto di lavoro. su questo punto che il pensiero umanistico si rivela estremamente imbarazzante, in quanto usa il termine lavoro in senso generale, omettendo di precisare le condizioni del suo realizzarsi.Il lavoro resta concepito in modo meccanico e astratto, e la sua natura non mai analizzata in quanto tale.Soprattutto, il lavoro non viene fatto oggetto di una valorizzazione particolare, ed ancora interpretato come potenza creatrice per eccellenza tant che al centro della meccanica sociale, divenendone il suo strumento di elezione: a un tempo lo sforzo umano che trasforma e lo strumento di misura che indica, scientificamente, quanto valga questo sforzo.Il lavoro, quindi, il mezzo concreto attraverso cui si persegue labbondanza e lo scambio. D. Mda La societ senza lavoro - Per una nuova filosofia delloccupazione - Feltrinelli 1997, pag. 685.Filosofia del lavoro come metodologia delle scienze del lavoro.Giungiamo cos al quarto modo di intendere la filosofia del lavoro: di intenderla cos come semplice metodologia, come riflessione critica intorno al discorso lavoro, sia questo il discorso del moderno scienziato oppure dei teorici del passato.La filosofia del lavoro in tal senso una ricerca di secondo grado che mira ad analizzare, chiarire e classificare il linguaggio, gli argomenti e i propositi di tutti coloro che del lavoro hanno fatto o fanno oggetto di discussione e di studio.In questo senso si pu parlare della filosofia del lavoro come di una metascienza, cio di un accertamento rigoroso dei procedimenti con cui condotta la ricerca della scienza del lavoro empirica; pi in generale si pu attribuire il compito di individuare le componenti del pensiero che si rivela appunto allanalisi come metodologicamente impuro, risultando nella maggioranza dei casi dalla confluenza di tre propositi diversi tra di loro, e cio:lassunzione di concetti non sempre criticamente accertati;una descrizione sedicente oggettiva e avalutativa di situazioni fattuali e delle leggi che regolano il corso;una indicazione dei fini ai quali tende o dovrebbe tendere lattivit lavorativa, fini che a loro volta vengono usati come metro per vagliare e giudicare la realt del lavoro esistente. questa una concezione positivista del lavoro, che considera la filosofia del lavoro, come metascienza alla quale spetterebbe il compito di appurare per prima cosa il concetto di lavoro e di delimitare il campo in cui si esercita o pu esercitarsi, la ricerca empirica.3.Filosofia del lavoro, analisi del linguaggio.Al termine di questo rapido giro dorizzonte, non si pu non concludere, che dalla posizione esaminata per ultimo che occorre partire.Oggi, infatti, non possibile prescindere da quella chiarificazione preliminare del linguaggio che un'esigenza prima del pensiero filosofico.Potrebbe darsi tuttavia che lanalisi del linguaggio conducesse a risultati anche pi radicali delle osservazioni neopositivista, per essere un linguaggio che, nellatto stesso in cui viene usato, compie funzioni diverse: designa, valuta e descrive, ma anche ad un tempo prescrive; e ci per la ragione molto semplice che i vocaboli di cui si vale sono parole apprezzative che non possibile eliminare.Gli esempi che vengono alla mente sono numerosi: basta pensare alluso delle parole libert o uguaglianza, che designano ad un tempo un fatto e un valore o alla possibilit di dare allo stesso termine un significato diverso e talora opposto chiamandolo con un nome piuttosto che con un altro.Vista in questa prospettiva, la filosofia del lavoro appare come unoperazione critica mirante a mettere in questione qualsiasi discorso che abbia per oggetto il lavoro.Come tale, essa si distingue quindi anzitutto dalla scienza del lavoro che attiene a problemi politici, sociali e economici.Essa, inoltre, se ne distingue, perch pu ben avvenire che la critica filosofica non si limiti a chiarire e ad affinare i procedimenti e gli strumenti della ricerca scientifica, ma ne contesti o addirittura ne vanifichi i propositi.Pu essere rilevato che lambiguit del linguaggio che ha referente il fenomeno lavoro, e lincapacit sin dora apparente della scienza del lavoro di crearsi un linguaggio appropriato, cio privo di ogni impurit valutativa e puramente fattuale.La conclusione obiettiva di quanto sosteniamo e che difficile ridurre il linguaggio e i vocaboli che vengono ricondotti al lavoro, ad un significato solo.Quindi, non possibile offrire una definizione scientificamente pura e quindi obiettivamente valida del concetto lavoro.Ma lesempio pi probante e decisivo dell'impossibilit per lo scienziato di prescindere nella determinazione stessa del proprio compito, da una presa di posizione valutativa (o, se si preferisce affermare, ideologica) si pu trovare nellattribuzione, di un significato particolare e specifico alla parola lavoro.Attribuire a determinati fenomeni il carattere lavoro, non , infatti, altro che dare ad essi una rilevanza particolare rispetto ad altri fenomeni, rilevanza che di per s stessa una connotazione di valore.Definire il lavoro, dunque gi per se stesso prendere posizione, circa i fini dellagire umano, stabilire una gerarchia fra diverse forme, una scelta di valore, gravida di una particolare visione della vita e delluomo.Posto ci come non chiedersi se lintento di trattare scientificamente il lavoro, in maniera del tutto distaccata e imparziale, non sia anchessa il risultato di una scelta, diciamo pure il segno di una particolare ideologia?Di questo passo si finirebbe per considerare il prodotto lavoro, come il prodotto di un contesto storico e sociale ben determinato.Nasce perci lesigenza di stabilire esattamente che cosa significa lattribuzione lavoro, quali conseguenze ne derivano.Occorre dunque affrontare finalmente luso che si fa di tale parola, per poi attribuire ad essa, ragioni che non descrivano dei fatti, ma prescrivano delle scelte, propugnare dei valori.Ecco che occorre essere coscienti dei nostri limiti e delle difficolt che ci provengono dallimperfezione degli strumenti che disponiamo.Abbiamo pure il dovere di ammettere, che il lavoro esiste soltanto in quanto ci sono degli uomini che lo riconoscono e che lo fanno tale.La nostra civilt la civilt del lavoro, perch nata e progredisce con il lavoro. Si parla ancora di dignit, del lavoro, di dovere del lavoro, di diritto al lavoro, affermandosi con ci che il lavoro un valore nellordine etico giuridico tale che alluomo conferisce e luomo eleva. Si accenna persino ad una religione del lavoro, nellintento di collegarlo ad una veduta, se non pi trascendente, immanente della vita e del nostro destino, s da farne un culto, una specie di rivelazione, appunto la religione del lavoro, una religione laica ed umana. Da questi punti di vista: economico, tecnico, giuridico, etico, religioso, il lavoro acquista unimportanza sempre maggiore nel senso che non se ne pu prescindere per lintendimento della vita.Che cosa il lavoro, che cosa comporta, quali aspetti presenta e tra questi quelli che ne costituiscono lessenza, sono interrogativi a cui, non agevole dare una risposta.Il termine lavoro ci appare di per s polisenso, tale da corrispondere ai pi diversi concetti. Esso denota tanto la forma o lazione generale del lavoro, quanto la cosa lavorata o prodotto, quanto infine lo sforzo sostenuto per produrre, essendo sinonimo di fatica. Inoltre nella sua generalit congloba lattivit della mente e quella della fabbricalit, la fatica fisica e lintellettuale, tutte da noi dette genericamente lavoro o lavori. Dunque lavoro termine sintetico dell'atto del costruire, del prodotto ottenuto, della fatica compiuta; termine sintetico dellatto del costruire, del prodotto ottenuto, della fatica compiuto; termine sintetico delloggetto, dellazione e della relazione di produzione tra soggetto e oggetto. E se tanti punti di vista diversi si assommano nel termine comprensivo di lavoro, in un sostantivo, evidente che questo va chiarito concettualmente, va arricchito di predicati perch possa intendersi. La parola lavoro rivela la complicazione di attribuzione di significato specifico atteso che anche gli idiomi antichi e quelli moderni stranieri rivelano la stessa complicazione. Basta pensare al greco, topos che significa in primo luogo fatica, quindi lavoro, e per traslato, opera faticosa, cosa conseguita con il lavoro che fatica, ove, come si tante volte notato, laspetto dominato e primario ci che noi diciamo travaglio, gli aspetti derivanti tutti gli altri. Osservano gli etimologisti che la radice del greco topos, lo stessa del latino poena. E analogamente si dica del latino labor, e del fr. travail deriverebbe da travailler dal basso lat. tripaliare torturare col tripalium e poi faticare, lavorare. Cos pure bisogne (cfr. it. bisogna) ci che occorre fare in quanto dovere fare, anche se volentieri ne faremmo a meno, lavoro doveroso e per non piacevole. Anche il tedesco arbeit, linglese labour e work, presentano la stessa problematica, cosicch occorre concludere che non il termine ad illuminare il concetto o sono i concetti a dar senso ai termini a dar senso al termine. Vedi nota 26Se si dovesse stare a quanto sopra detto, il termine lavoro dovrebbe riferirsi solamente ad una cosa: lavoro attivit del produrre e cosa prodotta e ancora la relazione produttiva del soggetto e delloggetto in quanto impegni fatica o pena; ma questa veduta, non esatta, perch il lavoro non ha solo aspetti penosi, produce anche gioia. Questi attributi del concetto, questa qualificazione ulteriore della nozione, non appare nel termine chiarito etimologicamente e nel suo significato lessicale, il quale si rivela da tale punto di vista del tutto insufficiente.Lavoro concetto complesso, perch impegna i pi diversi aspetti della vita, per riguarda le pi diverse scienze, ciascuna delle quali si occupa di esso diversamente.La filosofia diversamente dalle altre scienze mira a rilevare tutti gli aspetti ed ad unificarli in una nozione integrale, il concetto di lavoro come essenza delluomo che sia attivit, che in s attinge loggetto e lo costituisce. Latto di consapevolezza e di creazione che d inizio allo spirito gi lavoro.Data una definizione filosofica del lavoro, vedremo come questa unifichi i vari aspetti del lavoro, quali sono definiti dalle altre discipline.Perch la nostra indagine non permanga sterile, svolgeremo diverse trattazioni di filosofia del lavoro per arrivare ad una definizione del concetto lavoro. La definizione si ha col progresso dello studio, si integra e si rileva chiara alla fine dello studio. Si muove da una nozione provvisoria, presupposta, e la si saggia nellesperienza, negli aspetti vari che offre, la si cimenta con le difficolt, se ne eliminano le aporie, si affina nelle sfumature, e infine si rileva il concetto, si attinge la definizione, non un concetto chiuso, una definizione esauriente per sempre, ma tale che appaghi lansia presente, valida in relazione ai nostri attuali problemi. FELICE BATTAGLIA - Filosofia del lavoro - Bologna 1951IIL LAVORO1. Lavoro, valore assoluto, valore relativo.In senso lato il termine lavoro La parola lavoro, come il corrispondente vocabolario labour, deriva dal latino labor -fatica, pena sforzo - riconducibile, presumibilmente, al verbo labare, vacillare sotto un peso. In Francia, intorno al XII secolo, compare sia il termine labeur, per designare le attivit agricole che ouvrier, dal latino operaius. Il vocabolo attualemnte in uso, travail, apparso nellXI secolo, si afferma - nellattuale significato - solo verso la fine del XVII secolo. Gi nella met del XV secolo entrano nelluso corrente anche la parola salaire - razione si sale, poi indennit sotitutiva della razione destinata allacquisto del sale - e proltaire, da proletarius, cittadino che conta solo per la sua discendenza (proles), in quanto privo del censo richiesto per liscrizione in una delle classi in cui era diviso il popolo. Tali termini, tuttavia, assumeranno il loro significato moderno solo verso la fine del XVII secolo. Nella lingua spagnola il vocabolo trabajo significava originariamente mettere al mondo, essere partoriente ma da alcune fonti viene ricondotto al latino tripalium, uno strumento di tortura composto di tre pali. Non sorprende, pertanto, che in alcune regioni dellItalia nord-occidentale e nelle isole il verbo travagliare sia ancora oggi impiegato per designare un lavoro faticoso, duro, pericoloso. Questi brevi accenni storici sulletimo del termine lavoro consentono, anzitutto, di rilevare che i momenti cronologici di affermazione dei relativi vocaboli, in diversi contesti geografici e culturali, sono situabili nel XII e nel XIII secolo, in pieno sviluppo della societ feudale; verso la fine del XV e nel XVI secolo, in un momento di grande espansione economica e di avvio al modo di produzione capitalistico; nel XVII secolo, epoca di importanti rivoluzioni economiche, politiche e sociali. In secondo luogo, il contributo degli etimologi mostra inequivocabilmente che le idee pi antiche legate allattivit lavorativa rinviano alla sofferenza, alla pena al dolore, alla dipendenza, allo sfruttamento. Esiste, dunque, un significato arcaico e primitivo del lavoro che sottolinea la dimensione della fatica, della onerosit, dello sforzo, del peso, insiti nel lavoro, con una variabilit di natura quantitativa, fino al limite di usare il lavoro come pena e come restrizione della libert personale. ......... In un primo senso generico, lavoro qualsiasi esplicazione di energia (umana, animale, meccanica) volta a un fine determinato. Gi in questa sommaria concezione presente lidea del movimento, della trasformazione, della finalizzazione. In un senso pi specifico, lavoro lapplicazione delle potenzialit psico-fisiche delluomo diretta alla produzione di un bene o di un servizio o, comunque, ad acquisire un risultato tangibile di utilit individuale o collettiva. In questo senso il lavoro viene concepito come un processo dinamico: un movimento chesi conclude in un prodotto o un servizio; un mezzo di espressione delle risorse fisiche, intellettuali ed emotive dellindividuo; un intervento di cambiamento sia delloggetto su cui si esercita lattivit lavorativa sia del soggetto che la compie il quale, nello scambio con lambiente fisico e sociale, sviluppa capacit e affina sinsibilit che altrimenti potrebbero rimanere sopite; una sequenza produttiva in quanto finalizza a conseguire un risultato utilizzabile e consumabile, direttamente o indirettamente, dal suo autore; un territorio nel quale si attivano rapporti e stili di relazioni e di convivenza caratteristici di uno specifico e determinato contesto politico, economico, culturale e sociale....... In questo senso la vecchia concezione del lavoro come pena, sofferenza, disagio, dovere, sembra sfumarsi dovendo coesistere con una visione del lavoro come diritto, desiderio, investimento, creativit. Dobbiamo, cio, abituarci a considerare il lavoro come un processo complesso, multideterminato, carico di significati simbolici sia individuali che collettivi... F. AVALLONE Psicologia del lavoro- Ed. La Nuova Italia Scientifica - 1994 pagg. 15-17., indica qualsiasi esplicazione d'energia colta a un fine determinato.Tale significato porta con s il concetto d'energia e di forza che produce un risultato.Il lavoro, quindi collegato allo sforzo che luomo compie, in un certo periodo di tempo, e in un certo ambito spaziale, per conseguire un risultato.In genere, stato affermato per modificare in un determinato modo le propriet di una qualsiasi risorsa materiale o simbolica, per conseguire beni economici onde accrescere lutilit per s (soddisfare i suoi bisogni) o per altri (come sacrificio che la collettivit richiede al singolo per il soddisfacimento anche degli interessi collettivi).Questa una concezione finalistica del lavoro, in cui ha rilievo non solo lattivit (umana), che rappresenta lelemento fisiologico del lavoro, ma anche la sensazione penosa che a tale attivit si accompagna e che rappresenta lelemento psicologico del lavoro.Codesta concezione finalistica, comporta che lattivit la somma di tutti gli atti sistematicamente volti a procacciare e distribuire i beni necessari al soddisfacimento dei bisogni umani.Levoluzione che ha compiuto il genere umano, nella sua prestazione d'attivit, caratterizzata dalla scomparsa dellisolamento individuale e dallo sviluppo di forme associative.In quasi tutte le attivit lavorative, si matur presto la debolezza e linsufficienza del singolo nellottenimento dei beni occorrenti al soddisfacimento dei bisogni, per cui si ricorre allassociazione tra coloro che si dedicano a uno stesso tipo di lavoro.Ecco che il funzionamento dellassociazione di attua, mediante la scomposizione dellattivit in atti singoli organizzati per la realizzazione di un risultato, ci che nella sociologia del lavoro indicato come divisione del lavoro e coordinamento del lavoro.Il primo vantaggio della divisione del lavoro, quello di rendere pi agevole a ognuno la possibilit di seguire nelle scelte dellattivit lavorative, linclinazione derivante dalle qualit naturali.Ecco che attraverso la scelta, il lavoro diventa utile per soddisfare il bisogno.La scelta una manifestazione connessa ad un fatto organizzativo, che conduce, determina e costituisce il fine.La scelta dunque sempre una scelta utile, perch collegata finalisticamente ad un bisogno.Essa consente di liberare lenergia, che consente la determinazione produttivistica del bisogno in termini d'obiettivo quantitativo e qualitativo.Si comprende, perci, la rilevanza della macchina quale mezzo che libera luomo dallo sforzo fisico e lo vincola alla sua tecnica, e perci diviene rispetto ad essa, un soggetto fungibile.Ecco che lenergia rappresentabile e riproducibile nella forma che sono le mansioni, che poi vengono qualificate e livellate.Il concetto di forma utilizzato per configurare la rappresentazione dellenergia che assume concretezza e consistenza.Mutando una espressione cara al diritto, la veste esteriore di un atto (energia), necessaria perch lambiente sociale ne venga a conoscenza. perci essa rilevante.Ecco che lenergia diviene atto formale, cio una forma sostanziale che determina lenergia e quindi il lavoro ad essere ci che , piuttosto che qualcosa daltro.Per esempio la forma sostanziale del fuoco fa s che il composto, nel quale essa esiste, sia fuoco e nullaltro.Latto anche un'operazione mentale o fisica che costituisce una fase del processo entelechiaco, compiuto con lintenzione di creare un comportamento modificativo, spazialmente e temporalmente determinato, quindi finalizzato al risultato.Per atto intendiamo, un momento del comportamento o della condotta, la creazione o tentata creazione di un mutamento da parte di un agente, lesecuzione della scelta o decisione fatta da un agente (cos il non agire pu essere un atto).Latto lo strumento che soddisfa i flussi di bisogni umani e riesce a coinvolgere molti interessi, sia convergenti sia contrastanti fra loro, poich in tale ottica, tutti i portatori d'interessi immediati o mediati, sono meritevoli di tutela.Ecco che possiamo a questo punto, occuparci delloggetto del concetto di lavoro.Per oggetto intendiamo sia lentit cui rivolta lattivit del soggetto, (oggetto materiale) entit intesa nella sua concretezza, sia la modalit con cui tale entit termine dellattivit del soggetto (oggetto formale)Per cui lo stesso ente pu essere oggetto materiale di pi atti, che hanno per un oggetto formale diverso ,in quanto lo considerano sotto aspetti diversi.Loggetto del concetto lavoro come termine di una qualsiasi operazione, attiva o passiva, si esprime in tre elementi: un agente, un obiettivo, una linea di azione a cui, in ogni caso, ricondotta una forza, quindi un potere.Lagente del potere (o della forza) pu essere una persona individuale o collettiva operante come entit singola.Il detentore di tale potere (o forza), si pone sempre degli scopi, determinando le linee dazione per raggiungerli.Il potere-oggetto non potrebbe, infatti sussistere senza finalit, quali che siano, n vi sarebbe potere-oggetto se per conseguire queste finalit non si potesse scegliere una linea dazione, intendendo per tali le possibili sequenze dazione idonee a condurre alla realizzazione delle proprie aspirazioni.Queste affermazioni sono vere e proprie astrazioni e resterebbero tali, se considerate nel loro aspetto statico.Oggi quello che rileva non tanto come ed a chi stato distribuito il potere-oggetto, aspetto statico, ma come esso esercitato, aspetto dinamico.Quindi, ci che rileva lattivit.Attraverso lattivit possibile misurare il grado di subordinazione al potere e allobbedienza.Infatti, anche attraverso lattivit, ove sussista una legittima investitura ad esercitare il potere-oggetto, che si individua chi di fatto lo esercita.Abbiamo cos individuato le strutture formali che rappresentano i possibili modi di organizzare i contenuti del concetto lavoro e le vie per trovarli.Certo che non occorreva inventare nulla: le cose da dire, infatti, si trovavano gi in partenza nella materia del nostro discorso, purch fosse interrogata opportunamente.A questo punto possiamo dare una risposta alla seguente domanda: che cos il lavoro ?Il lavoro entit eclettica di incondizionata condizione.Il termine entit qui indica un modo dessere specificatamente definibile, cio ogni oggetto del quale si possa definire lo status essenziale.Nel nostro caso indica che loggetto del lavoro il nucleo in cui contenuta lenergia cio qualsiasi forza, atta a produrre un effetto o a compiere unattivit che rispetto allo spazio ed al tempo , e non pu non essere.In definitiva linsieme di eventi che sono nel cono di luce dellens e sono suoi possibili effetti.Tali eventi sono legati allens, da rapporti temporali di successione di tipo invariante, ovvero sono dopo lens per ogni soggetto agente.Quindi, similmente alle cellule animali e delle piante il nucleo la struttura interna pi grande e meno visibile, nonch quella che stata scoperta per prima: lo indica il termine stesso eucariote (dal greco karyon = nucleo).Il nucleo presenta una serie di propriet che si muovono.Il nucleo scambia sostanze con lambiente esterno, pu essere stimolato a reagire in modo complesso a influssi esterni, sintetizzando e adeguando lenergia occorrente per produrre ci che soddisfa il bisogno.Ci ci consente di riferire la distinzione tra energia potenziale (o di posizione) ed energia cinetica ( o di movimento) dovuta al Leibniz che la esprimeva nel 1686 in una memoria intitolata Demostratio erroris memorabilis Cartesii, che a noi serve semplicemente a comprendere il momento statico e quello dinamico del lavoro.Linevitabile schematismo staticit e dinamicit, rappresenta opposizioni concettuali e stereotipate per rappresentare la filosofia dellessere, il cui capostipite Parmenide e la filosofia del divenire, il cui corifeo Eraclito.Sebbene tali due tipi di modalit - staticit e dinamicit - siano da tenersi rigorosamente distinte, importante qui ricordare che entrambe sono legate allenigma del tempo.Non compito nostro offrire una risposta a tale enigma, ma richiamare lattenzione su tale aspetto, ci consente di affrontare gli interrogativi di cui sopra. Riguardo la filosofia del tempo vedi: Mauro Dorato Futuro aperto e libert - Unintroduzione alla filosofia del tempo - Editori Laterza 1997.Eclettico termine che indica il metodo che consente di produrre leffetto, perch porta alla luce la scelta dellattivit che offre minor dispendio di energia, per produrre il fine determinato.Si detto che latto tende al risultato.Ecco che il movimento divenuto entelechiaco Lepressione stralciata dal pensiero di Aristotele)., poich al momento di attualit, succede laltro di attuazione.Questi due momenti sono tra loro collegati da un nesso causale.Ecco che quando uno accade laltro segue necessariamente (condizione sufficiente), quando il secondo avviene, il primo deve averlo preceduto (condizione necessaria), quando luno accade sotto determinate condizioni, laltro necessariamente ne consegue.Ecco che lincondizionata condizione, non solo indica, la relazione teologica tra energia-attivit e risultato, cio ci che ci spinge a dirigere lenergia incondizionatamente verso il risultato, ma anche linvarianza cio lindipendenza dellens rispetto alla descrizione del fenomeno..Per quanto sopra riferito possiamo affermare che il lavoro valore assoluto se riferito al suo ente, mentre relativ, se riferito alla forma storicamente e spazialmente data.Considerando perci la forma nei suoi aspetti tipici e nelle sue integrazioni atipiche possiamo distinguere tra elementi essenziali (c.d. elementi o essentialia) ed elementi non essenziali (c.d. coelementi).Gli elementi costituiscono il nucleo centrale, mentre i coelementi influiscono dall'esterno al raggiungimento del risultato, essendo solamente delle concause.Tutto ci chiarisce come pur distinguendosi, elementi e coelementi, per il loro contenuto e per il loro diverso scopo, sono legati da nessi strettissimi e da una coordinazione necessaria.IIISOCIOLOGIA DEL LAVORO1.La sociologia del lavoro come concetto storico: una visione integrale e i suoi criteri.Sociologia del lavoro un'espressione verbale, che serve ad indicare una disciplina, che ha avuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo nel campo delle ricerche empiriche e che si presenta oggi in una veste diversa da quella che aveva in passato, quando con tale denominazione ci si riferiva a delle trattazioni prevalentemente analitiche, collegate ad alcune concezioni specifiche della sociologia generale La sociologia del lavoro per molti aspetti si caratterizza come qualcosa di pi di un semplice ramo specialistico nellambito degli studi sociologici. Il suo oggetto di studio, il lavoro umano, le ha fornito, fin dagli inizi del periodo classico della tradizione sociologica, uno status del tutto particolare, ovvero un punto di osservazione privilegiato su tutta la vicenda della nascita e della affermazione della societ industriale. Gian Primo Cella in Guida alla Laurea in sociologia, Ed. Mulino, 1996, pag. 93..Per le trasformazioni subite, per le discussioni tuttora aperte, sui rapporti della sociologia del lavoro con le scienze sociali e la sociologia generale e per le difficolt che in genere si presentano nel definire questa disciplina nella sua essenza e nei suoi propositi, non stata tracciata ancora e non sarebbe certo facile, tracciare una storia della disciplina stessa.La maggior parte degli Autori che si sono occupati di questo argomento, si sono, infatti, limitati ad indicare alcuni precedenti e, nel far ci, hanno seguito vie diverse di ricostruzione. Il lavoro acquista una posizione nei percorsi di riflessione di molti sociologi dellet classica (in primo luogo Durkheim, in La divisione del lavoro, I ed orig. 1893), e della fase matura della societ industriale (Ferrarotti, Gallino, Touraine).La via che seguiremo qui, una via intermedia ricordando che tra i precursori della sociologia del lavoro si possono annoverare anzitutto maestri delleconomia, che indirettamente si sono occupati della nostra materia: da un lato, quelli del sorgere del lavoro nella societ, dallaltro lato quelli della posizione e della funzione del lavoro nella societ. Ved. tra tutti, Max Weber, Economia e societ, Edizioni di Comunit, Milano, 2 voll; 1968, pp.4 e 19-24; Karl Marx, Lineamenti della critica delleconomia politica (1857-1858), La Nuova Italia, Firenze, vol. II, pp.389-403.Relativamente al primo ordine di problemi, interessante rilevare come alcuni studiosi di questa scuola, per approfondire e risolvere i medesimi, si siano avvalsi talvolta di strumenti certo meno perfezionati, ma forse non molto diversi da quelli di cui si avvalgono i moderni sociologi del lavoro.Adam Ferguson, (1767), ha esercitato un'enorme influenza nel determinare loggetto della sociologia del lavoro, nonch il modo di accostarlo (A.Ferguson - Saggio sulla storia della societ civile, cap.IV, sezz.i e ii).Adam Smith (1776) il primo ad occuparsi della divisione del lavoro, nel suo libro le Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni.Karl Marx, un secolo dopo Ferguson precisamente nel 1867 pubblica il primo libro del capitale dove analizza, ai capitoli XII e XIII della IV sezione, lavanzamento della divisione del lavoro nella manifattura, ponendola in rapporto con la divisione del lavoro nella societ, e lo sviluppo del macchinario nella grande industria. il precursore dellaspetto dinamico della sociologia del lavoro, in particolare l dove si occupa del processo attraverso il quale il talento delloperaio viene progressivamente soppiantato dal perfezionamento delle macchine.Emile Durkheim nel 1893 ne La divisione del lavoro sociale, interpreta la differenza del lavoro in settori di cui gi Ferguson e Smith avevano evidenziato alcuni effetti sulla produttivit, tanto da assumere il lavoro a fattore di solidariet delle societ moderne, mettendo in luce anche gli effetti patologici cui essa pu dar luogo se spinta alleccesso.Sia Marx, sia Durkheim, considerano lindividuo come il prodotto di una socializzazione e partono dal pensiero individuale come origine della realt collettiva. Di fatto viene abbandonata quella che fino a poco tempo prima costituiva la riflessione iniziale sulla sociologia, denominata sociocentrismo ideologico. I fatti vengono analizzati secondo una logica comparativista e sistematica. Il 1903 segna una nuova era per la sociologia del lavoro. Infatti Frederich Wislow Taylor pubblica il manuale Divisione dofficina in cui per la prima volta lattivit di preparazione e programmazione del lavoro vengono separate scientificamente dalle attivit di esecuzione, fornendo anche un metodo pratico e riproducibile, per applicarlo a qualsiasi tipo di lavorazione e quindi, laver scoperto la dimensione comparitivista sforzandosi di accumulare i fatti e non soltanto le idee.Ancora, nel 1913 lindustriale Ford inaugura a Detroit il lavoro a catena: il prodotto in fabbricazione scorre ora davanti agli operai, ciascuno dei quali deve compiere la medesima operazione, o un breve ciclo di operazioni, entro un tempo che determinato dalla velocit di avanzamento del nastro trasportatore. di fatto impossibile allontanarsi dal posto di lavoro senza chiedere ed ottenere di venire sostituiti, anche solo per alcuni minuti. Lesperienza lavorativa perde ogni significato; compiere per anni le medesime operazioni non soltanto non qualifica per mansioni pi complesse, ma deteriora le capacit manuali e intellettuali dellindividuo.Henry Fayol ne Lamministrazione industriale e generale (1916), propone un metodo di analisi del lavoro atto a razionalizzare dallalto lorganizzazione del lavoro al contrario di quanto aveva fatto Teylor.Gli anni 20 e 30 sono caratterizzati dalle ricerche di Hawthorne, ispirate allopera di Elton Mayo e dalla pubblicazione di due rapporti dettagliati, fase per fase delle ricerche di Hawthorne (Whithead, 1938;Roethlisberger e Dickson, 1939). Il fine di queste ricerche quello di scoprire il c.d. fattore X che condiziona la produttivit di operai e operaie. Tali ricerche sono importanti perch rivelano limportanza del comportamento di gruppo, delle relazioni interpersonali che si erano stabilite tra i loro membri, nonch tra questi ed i ricercatori.Gli anni, 40 e 50 sono caratterizzati delle analisi della trasformazione del lavoro, partendo dallanalisi degli effetti negativi del lavoro in frantumi (G. Friedmann, Problemi del macchinismo industriale), per arrivare alle conseguenze economiche e sociali dellautomazione (Friedrich Pollock), preceduta dallanalisi di Alain Touraine sullo sviluppo delle macchine utensili nellindustria meccanica di serie Alain Touraine, Levoluzione del lavoro operaio della Renault, 1955, Torino, Rosenberg & Sellier, 1974. Lautore si occupa in tale pubblicazione dellanalisi dellevoluzione della tecnologia industriale e dei suoi effetti sulla qualificazione professionale.La qualit della vita di lavoro influenzano gli studi negli anni 60 e 70, mentre successivamente fino ai giorni nostri il concetto di qualit del lavoro e le sue dimensioni (ergonomica, della complessit, dellautonomia, del controllo) sono al centro delle indagini dei sociologi del lavoro, con particolare attenzione alle relazioni industriali. I contributi terorici, fondativi pi importanti, appartengono alla scuola di Oxford; Ved. H.A. Clegg., Sindacato e contrattazione collettiva, Milano, Angeli, 1980; H.A: Clegg, A. Flanders e A. Fox, la contesa industriale, Roma Ed. Lavoro, 1980; A Pizzorno, I soggetti del pluralismo, Bologna, Il Mulino, 1980.2. La sociologia del lavoro come scienza nomotetica.Si definiscono scienze nomotetiche, le discipline che simpegnano nella ricerca delle leggi. Ci comporta che nella ricerca vengono utilizzati sia metodi di sperimentazione stretta, in quanto specialistica, per es. nella sociologia del lavoro essa avviene nel e per il lavoro, sia di sperimentazione intesa nel senso pi ampio di osservazione sistematica con verificazioni statistiche, analisi delle varianti, controllo delle relazioni dimplicazione, ecc.Pertanto, essa si discosta dalle scienze storiche delluomo, cio di quelle discipline, il cui oggetto di ricostruire e comprendere levoluzione di tutte le manifestazioni della vita sociale nel corso del tempo.Occorre anche far rilevare che quando le discipline nomotetiche considerano uno svolgimento temporale, lo si chiami o no storia, il loro sforzo costantemente quello di stabilire delle leggi e,