Il laboratorio si pone l’obiettivo di

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Il laboratorio si pone l’obiettivo di introdurre brevemente alla storia e alle problematiche della fotografia.

Il laboratorio affronterà in particolare le questioni oggi messe all’insegna della “post-fotografia” (la fotografia cioè dell’era del digitale, di internet, dei social network, dei telefoni mobili), ricostruendo a partire da esse le premesse e gli sviluppi storici nonché le questioni e i riferimenti teorici.

l laboratorio si avvarrà dell’ausilio in particolare dei tre volumi adottati:

Franco Vaccari Fotografia e inconscio tecnologico Einaudi, Torino, 2011 Mark Cousin, Storia dello sguardo Il Saggiatore, Milano, 2018 » Pagine/Capitoli: Parte prima (pp.1-45), Parte terza (417-480), Conclusione (481-493). Joan Fontcuberta La furia delle immagini. Note sulla postfotografia Einaudi, Torino, 2018

A partire dagli argomenti che si affronteranno si dovrà consegnare come esercitazione finale un elaborato fotografico (o “post-fotografico”) accompagnato da un breve testo di spiegazione dei propri intenti presentandolo l’ultimo giorno di lezione o inviato via mail (per i non frequentanti).

Franco Vaccari Fotografia e inconscio tecnologico Einaudi, Torino, 2011

Mark Cousins Storia dello sguardo Il Saggiatore, Milano, 2018 » Pagine/Capitoli: Parte prima (pp.1-45), Parte terza (417-480), Conclusione (481-493)

Joan Fontcuberta La furia delle immagini. Note sulla postfotografia Einaudi, Torino, 2018

Da studiare due tra i tre seguenti testi proposti

1. Graham Clarke La fotografia. Una storia culturale e visuale Einaudi, Torino, 2009

2. Massimo Canevacci Antropologia della comunicazione visuale. Feticci, merci, pubblicità, cinema, corpi, videoscape Postmediabooks, Milano, 2017

3. Vilém Flusser Come la tecnologia ha cambiato la nostra percezione Fazi Editore, Roma, 2009

4. Nicholas Mirzoeff Introduzione alla cultura visuale Meltemi, Roma, 2005

5. Hans Belting Facce. Una storia del volto Carocci Editore, Roma, 2014

6. Elio Grazioli Corpo e figura umana nella fotografia Mondadori , Milano, 2000

7. Giorgio Bonomi Il corpo solitario. L'autoscatto nella fotografia contemporanea Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2002

8. Nathalie Herschdorfer Il corpo nella fotografia contemporanea. Ediz. illustrata Einaudi, Torino, 2019

9. Luigi Zoja Vedere il vero e il falso Einaudi, Torino, 2018

10.Francesco Bonami Post. L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità sociale Feltrinelli, Milano, 2019

11.Walter Benjamin Piccola storia dela fotografia Abscondita, Milano, 2015

12.Susan Sontag Sulla fotografia Einaudi, Torino, 2004

13.Roland Barthes La camera chiara Einaudi, Torino, 2003

Per approfondire

?IMPRESSIONE

INTROSPEZIONE

PROSPETTIVA

ARTE

RILIEVO

PORZIONE DI MONDO

FOTOGRAFIA

IL PAESAGGIO LA CITTÀ IL CORPO

DOCUMENTARIO

ARTE MANIPOLATA

vedere?

guardare?

percepire con gli occhi” (vedere) L'esercizio della vista può limitarsi allo stadio puramente “sensoriale. Il vedere riconosce il percetto ma non è detto che lo registri con la mente. PASSIVO

“soffermare lo sguardo su qualcuno o qualcosa” (guardare) - intenzionalità L'orientamento, la durata, l'intensità, l'intenzionalità dello “sguardo” muta sensibilmente. Attività cognitiva ed intellettuale. il guardare costituisce una cattura del percetto da parte del soggetto che guarda. ATTIVO

vedere/guardare

La visione però non è mai un percorso a senso unico: la domanda da porsi è non solo cosa significano le

immagini, ma qual è il segreto della loro vitalità?

Cosa esse vogliono?

Cosa vogliono veramente le immagini?

Cosa desiderano le immagini?

manifesto del Regno Unito del 1914. La frase recita: Lord Kitchener vuole te. Britannici, arruolatevi nell'esercito del vostro paese!. Da questo poster deriva quello dello Zio Sam.

Il manifesto degli Stati Uniti del 1917. La frase recita: Voglio te per l'esercito degli Stati Uniti.

Un manifesto di reclutamento pubblicato per gli ebrei americani durante la Seconda guerra mondiale. La Figlia di Sion (che rappresenta il popolo ebreo) dice: Voglio la vostra Vecchia Nuova Terra! Arruolatevi nel reggimento ebraico!.

Manifesto di prevenzione degli incendi boschivi negli Stati Uniti, in cui compare l'orsetto Smokey Bear che recita la frase: Solo tu puoi prevenire gli incendi boschivi.

che cosa vogliono le immagini?

GLANCE (sguardo partecipe)

GAZE (sguardo fisso)

Il nostro sguardo diviene immagine

Gli sguardi sono complici delle immagini. È molto difficile individuare dove finisce lo sguardo e inizia l’immagine.

Le immagini attraggono i nostri sguardi quando li stimolano col desiderio.

Lo sguardo è in sé “immaginale” e nelle immagini trova un territorio ad esso familiare.

SCATTARE è un verbo attivo

La considerazione della macchina fotografica come strumento per “cacciare” immagini (in inglese fotografare è appunto shooting, sparare), come prolungamento ed esternizzazione di un Io rapace, è difatti presente, per lo meno a livello inconscio, in tutti gli operatori e con evidenza in molti individui poco civilizzati che spesso effettivamente rifiutano di farsi fotografare temendo che la propria personalità possa essere carpita. Pure anche molte persone civili reagiscono in maniera irrazionale e imbarazzata di fronte alla macchina fotografica.

shooting

L’immagine di un dipinto ad esempio, in quanto “prodotta” (creata) diviene simbolo della cultura scopica. Il produttore in quanto pittore diviene testimone oculare e controllore sulla verità dell’immagine.

Jan Vermeer, L’Allegoria della Pittura, 1666

Nell’autoritratto il pittore incontra il proprio sguardo. Il pittore reclamava il proprio posto

Alfred Dürer, L’Autoritratto con pelliccia, 1500

Lo specchio e la finestra diventano luoghi simbolici nei quali diventiamo coscienti del nostro sguardo. Attraverso il corpo e l’esperienza dei sensi noi comunichiamo con il mondo e ci appropriamo di noi stessi nell’immagine. Non sono le immagini ad essere protesi del corpo, quando semmai tutte le tecniche mediali con cui produciamo immagini. Perché le immagini si creano già nel corpo, ma si rendono visibili nei media a loro destinati

Diego Velazquez, Las Meninas (La famiglia di Filippo IV o Le damigelle d’onore), 1656, Museo del Prado, Madrid

Non è possibile separare il visivo dal visuale, da un atto di visione che si compie a partire da un certo sguardo (gaze / regard / Blick )

Uno sguardo prospettico che, proprio in virtù dell’assunzione di un punto di vista particolare, inquadra un campo visivo che NON coincide con la totalità del visibile, ma viene ritagliato; uno sguardo che mette a fuoco alcune porzioni del visibile, per lasciarne altre in zone periferiche digradati fino all’invisibilità; uno sguardo che ha un punto cieco e angoli morti.

Il cosa di un’immagine dipende dal come essa trasmette il proprio messaggio

Le politiche dell’immagini hanno bisogno di un medium per trasformare un’immagine immateriale (image) in immagine materiale (pitcure)

ciò che l'occhio non riesce a vedere", ... il microscopio e il telescopio del tempo, ... il negativo del tempo, ... la possibilità di vedere senza confini né distanze, ... "la vita colta sul fatto" ... non in quanto tale, ma per mostrare gli uomini senza maschera e senza trucco, per coglierli con l'occhio della cinepresa nel momento in cui non stanno recitando, per leggere i loro pensieri messi a nudo dalla cinepresa

Dziga Vertov - "Cineocchio" (1924)

Marina Abramović, The Artist is present, 2010, MOMA, NY

Marina Abramovic, The Artist is the present, 2010

Un Chien Andalou (1929), de Luis Buñuel

Una fotografia può contenere una fabula sotto il dettato di una intentio lectoris (colui che pensa mentre la guarda)? In una fotografia, fatta salva l'intenzione del fotografo di ritrarre con un determinato scopo (spesso il ricordare), L’immagine è in grado di mostrare una sua possibilità significativa, coadiuvato naturalmente dalla intentio auctoris? La fotografia contiene due funzioni apparentemente contraddittorie: l'oggettività di quanto rappresenta e l'intenzione del fotografo di scegliere come rappresentarla. Da un lato la registrazione della realtà e dall'altra una sua interpretazione soggettiva. Inoltre, l'immagine, a sua volta, si distingue dal referente, assumendo una sua singolarità, una intentio operis. Condizioni tutte che sembrano offrire una funzione argomentativa.

Fotografia come fabula

• INTENTIO AUCTORIS: intenzioni dell’autore, ciò che voleva dire l’autore empirico.

• INTENTIO LECTORIS: intenzione del lettore, ciò che il lettore fa dire al testo in riferimento ai propri sistemi di significazione o ai propri desideri, pulsioni, credenze.

• INTENTIO OPERIS: “intenzione” dell’opera, ciò che un’opera esprime di per sé, al di là delle intenzioni di chi la produce o di chi la legge.

LE INTENTIONES DEL TESTO

Uso: modo strumentale o idiosincratico (cioè personale) di interpretare il testo senza riguardo per quanto esso effettivamente dice.

Interpretazione: rispettare sostanzialmente i testi, ciò che dicono “letteralmente”. Ricostruire il suo significato legittimo.

USO E INTERPRETAZIONE DEI TESTI

Si definisce STUDIUM una specie di interesse umano, un affetto medio, l'applicazione a una cosa, il gusto per qualcuno, un'attenzione sollecita ma senza particolare intensità.

Lo STUDIUM è interessamento che tocca ma non punge, un contatto un contratto stipulato tra OPERATOR e SPECTATOR.La foto viene definita dallo STUDIUM, attraverso le proprie conoscenze. Un’emozione mediata, legata alle proprio bagaglio culturale (PARTECIPAZIONE DISTACCATA / DESIDERIO NON CURANTE)

MI PIACE / NON MI PIACE / I LIKE / I DON’T LIKE

Koen Wessing, Nicaragua, L’esercito pattuglia le strade, 1979

è il PUNCTUM. Non cercato è lui che partendo dalla scena, come una freccia, trafigge.

Questa fatalità, questa ferita, questa puntura, questo segno provocato da uno strumento aguzzo, sta nella foto come un punto sensibile, richiama in una particolare zona dell'immagine, la punteggia.

In migliaia di foto, comprese quelle che possiedono un buon Studium, tutto accade all'interno della cornice e muore incondizionatamente appena al di fuori di questa, ma non appena vi è un Punctum subito si forma un fuori-campo come se l'immagine proiettasse il desiderio al di là di ciò che essa dà a vedere.

James van der Zee, Ritratto di famiglia, 1926

Roland Barthes

L'OPERATOR è il fotografoLo SPECTATOR siamo tutti noi che guardiamo Lo SPECTRUM è il bersaglio, il Referente, di quel che fotografiamo.

L'esperienza dell'OPERATOR passa attraverso il foro stenopeico (l’obiettivo= per mezzo del quale guarda, limita, pone in prospettiva quello che vuole cogliere.Il fotografo sovrappone soggetto e oggetto, sovrapponendo diversi ritagli di realtà. Complice dell’OPERATOR è il soggetto che dà origine a differenti realtà.

Il soggetto assume inconsciamente o no una POSA.In modo paradossale il soggetto viene affidato alla MORTE.

Roland Barthes Alexander Gardener, Ritratto di Lewis Paine, 1895

FARE / SUBIRE / GUARDARE

Il lettore di una fotografia, se capace, se vuole, potrà modellare, aggiungere riflessioni, immaginazioni, narrazioni. In questo modo si leggerà non soltanto quello che la fotografia dice ma quanto potrebbe dire, ovviamente alle condizioni del commentatore e a quelle coerenti del testo. Accade talvolta, nel guardare una fotografia che in qualche maniera ci attrae, questa, accompagni in chi la sta “leggendo”, una pensosità, un pensare per immagini, più prolungato della semplice percezione.

Questo sguardo attento produce un flusso di considerazioni, di divagazioni mentali, complementari alla fotografia capace di sollecitare quella forza di espansione metonimica (usare il nome della causa per quello dell'effetto) dell’evento che l'immagine suggerisce.

Ricezione e interpretazione sono i due enzimi catalizzatori di un guardare attento: questo implica una riflessione, e cioè la proiezione esterna di un'immagine creata attivamente, identica o simile all'oggetto e che si modella sui suoi contorni. Ed è proprio il suo modellarsi sui

suoi contorni che induce ad ipotizzare che un particolare riflettere con lo sguardo possa consentire, nel coniugare tra loro le parti dell'immagine o soffermandosi soltanto su una di esse, che si produca una breve narrazione, un'avventura mentale minima molto simile alle conseguenze della lettura di una pagina di romanzo.

la fotografia ed il cinema svelano l'inconscio ottico, la dimensione della visione originariamente preclusa, nascosta. Egli si riallaccia alla psicanalisi di Freud, ed all'interpretazione dei sogni dello stesso, nel suo concetto di inconscio. Freud sostiene che la coscienza dell'uomo si divide in strati, poi vi è l'inconscio (es), ovvero la dimensione della mente di cui l'uomo non è a conoscenza e che si rivela nei sogni facendo riemergere determinati ricordi, traumi, momenti passati. Cinema e fotografia ci consentono di vedere un aspetto della realtà che normalmente non percepiamo, facendo venire alla luce una sorta di inconscio ottico. La fotografia è un'immagine che cattura un istante, cristallizzando uno stato di cose. Il cinema è una moltiplicazione dei punti di vista. La natura che parla alla cinepresa è diversa da quella che parla all'occhio, al posto di uno spazio elaborato dalla coscienza dell'uomo interviene uno spazio elaborato inconsciamente. Dell'inconscio ottico sappiamo qualcosa, infatti, grazie alla cinepresa che con i suoi mezzi ausiliari rende analizzabile la realtà che riprende, catturando anche aspetti che all'occhio sfuggirebbero

WALTER BENJAMIN, 1936

INCONSCIO OTTICO

La natura che parla alla macchina fotografica è una natura diversa da quella che parla all’occhio; diversa specialmente per questo, che al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall’uomo, c’è uno spazio elaborato inconsciamente. Se è del tutto usuale che un uomo si renda conto, per esempio, dell’andatura della gente, sia pure all’ingrosso, egli di certo non sa nulla del loro contegno nel frammento di secondo in cui si allunga il passo. La fotografia, coi suoi mezzi ausiliari: con il rallentatore, con gli ingrandimenti glielo mostra. Soltanto attraverso la fotografia egli scopre questo inconscio ottico, come, attraverso la psicanalisi, l’inconscio istintivo.

WALTER BENJAMIN, 1936

INCONSCIO OTTICO

La tecnica vi è sempre stata da quando è esistito l’uomo, essa non sempre si è manifestata in uno stesso e identico modo: laddove la «prima tecnica» (erste Technik, termine con cui Benjamin designa i rituali primitivi e le pratiche magiche) puntava a impiegare l’uomo il più possibile, e massimamente nel sacrificio umano, la «seconda tecnica» (zweite Technik) tende a farvi ricorso il meno possibile. Il suo modello è l’aereo telecomandato privo di equipaggio, e la sua aspirazione è quella di rendere disponibili per l’essere umano forze altrimenti impegnate nel confronto con le forze ostili della natura.

La seconda tecnica è improntata all’ideale di un «gioco combinato» (Zusammenspiel) di uomo e natura, di un «equilibrio» (Gleichgewicht) tra l’essere umano e l’apparecchiatura, che trova il suo culmine teoreticamente più pregnante nel concetto di «innervazione» (Innervation), una modalità dell’incorporazione in virtù della quale medium tecnico e corpo umano cessano di essere contrapposti come l’artificiale al naturale.

WALTER BENJAMIN, 1936

INCONSCIO OTTICO

Tutti i media sono metafore attive in quanto hanno il potere di tradurre l’esperienza in forme nuove.

C’è un principio base che distingue un medium “caldo” come la radio o il cinema, da un medium “freddo” come il telefono o la TV. È caldo il medium che estende un unico senso fino a un’“alta definizione”: fino allo stato, cioè, in cui si è abbondantemente colmi di dati. Dal punto di vista visivo, una fotografia è un fattore di “alta definizione”, mentre un cartoon comporta una “bassa definizione”, in quanto contiene una quantità limitata di informazioni visive. Il telefono è un medium freddo, o a bassa definizione, perché attraverso l’orecchio si riceve una scarsa quantità di informazioni, e altrettanto dicasi, ovviamente, di ogni espressione orale rientrante nel discorso in genere perché offre poco ed esige un grosso contributo da parte dell’ascoltatore. Viceversa i media caldi non lasciano molto spazio che il pubblico debba colmare o completare; comportano perciò una limitata partecipazione, mentre i media freddi implicano un alto grado di partecipazione o di completamento da parte del pubblico È naturale quindi che un medium caldo come la radio abbia sull’utente effetti molto diversi da quelli di un medium freddo come il telefono.

La fotografia estende e moltiplica l’immagine umana alle proporzioni di una merce prodotta in serie.

Marshall McLuhan

IL MEDIUM è IL MESSAGGIO

Con il telegrafo, l’uomo occidentale ha iniziato ad allungare i suoi nervi fuori dal proprio corpo. Le tecnologie precedenti erano state estensioni di organi fisici: la ruota è un prolungamento dei piedi; le mura della città sono un’esteriorizzazione collettiva della pelle. I media elettronici, invece, sono estensioni del sistema nervoso centrale, ossia un ambito inclusivo e simultaneo. A partire dal telegrafo, abbiamo esteso il cervello e i nervi dell’uomo in tutto il globo. Di conseguenza, l’era elettronica comporta un malessere totale, come quello che potrebbe provare una persona che abbia il cervello fuori dalla scatola cranica

Marshall McLuhan

ESTENSIONE DEL CORPO

Non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui”.

FRANCO VACCARI, 1979

INCONSCIO TECNOLOGICO

Nel momento dello scatto fotografico intervengono (…)  -l’inconscio tecnologico del mezzo, -l’inconscio sociale, -e poi tutti i tipi di inconscio rintracciabili nella persona del fotografo, -buona ultima, ma invadente e rumorosa, c’è anche la motivazione personale cosciente”.

Derrick De Kerckhove, 2016

INCONSCIO DIGITALE

Siamo passando della cultura dell’opacità, quella della lettera, della carta, dell’identità privata a quella dei Big Data, dell’inconscio digitale dove tu non sai tutto ciò che si sa o che si può sapere su di te.

I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la percezione visiva nei termini di una corrispondenza puntuale tra stimolo distale (la presenza fisica dell’oggetto) e percetto (percepito, acquisito cioè con la percezione).

Fondamentale a questo riguardo è il contributo della psicologia della Gestalt.

L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una semplice somma delle parti che la costituiscono:

“il tutto è diverso dalla somma delle parti”.

Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul movimento stroboscopico (movimento apparente), che segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt.

La psicologia della percezione

Sono possibili diverse descrizioni del mondo, ad esempio un dato stimolo può essere descritto:

–dal un punto di vista di un fisico (tipi di materiali, caratteristiche della luce riflessa, etc.)

– da un punto di vista di un neurofisiologo (quantità e qualità della risposta nervosa a livello retinico, della corteccia visiva primaria, etc.)

– da un punto di vista di uno studioso della percezione (fenomenologico: descrizione di cosa si vede, ovvero l'esperienza percettiva in sé)

Diversi approcci allo studio scientifico della percezione

La percezione ha come oggetto di studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò che noi vediamo (sentiamo,...), così come lo vediamo (sentiamo,...).

Ciò che noi vediamo, così come lo vediamo, può essere chiamato un "fenomeno", dunque la percezione visiva studia i fenomeni (fenomenologia sperimentale, fenomenologia della percezione, etc.).

Più precisamente, la percezione visiva studia l'organizzazione dello spazio percettivo, data una certa configurazione di stimoli limitata nel tempo e nello spazio.

Credere di vedere le cose esattamente come sono nella realtà, ovvero credere che le proprietà dell'esperienza (colore, forma, dimensioni, etc.) dipendano direttamente dalle proprietà del mondo è detto dai percettologi realismo ingenuo.

Lo studio della percezione coincide con il superamento del realismo ingenuo.

Nel caso delle figure bistabili, quindi, assume rilevanza anche l'impostazione soggettiva dell'osservatore, che determina la segregazione figura/sfondo sulla base di uno spostamento dell'attenzione

(KANIZSA, 1975).

Una situazione in cui la percezione di uno stimolo da parte di un osservatore non corrisponde alle proprietà fisiche di tale stimolo.

Due occhi hanno punti di vista differenti: in ogni momento ci sono quindi due diverse immagini retiniche disponibili.

Dal confronto fra queste due immagini è possibile ottenere una percezione molto accurata della profondità.

Due retine, una sola immagine

Differenti posizioni di osservazione risultano in viste 2D differenti della stessa scena a 3D.

Avere due occhi invece comporta molti vantaggi, molti dei quali sono legati alla percezione della profondità.

Avere due occhi permette anche:a) di avere un campo visivo più esteso b) di poter ottenere sommazione binoculare

c) di avere un sistema ridondante capace di permettere la visione anche nel caso che uno dei due occhi venga danneggiato

Due retine, una sola immagine

I predatori hanno occhi frontali (per la visione binoculare), mentre le prede hanno occhi laterali (per massimizzare il campo).

La vergenza degli occhi: l’azione coordinata dei muscoli che controllano il movimento degli occhi

infinito lontano

vicino

La visione stereoscopica ci conferisce una straordinaria capacità di valutare le distanze relative fra oggetti.

Grazie a questi meccanismi siamo in grado di rilevare una differenza di meno di 0,05 mm fra le distanze di oggetti collocati a 50 cm da noi.

Se ai due occhi vengono proiettate immagini leggermente disparate queste verranno fuse fra loro e si avrà la sensazione di tridimensionalità.

Il modo più efficace per vedere la tridimensionalità generata dagli stereogrammi è usare uno stereoscopio, che mostrando le due immagini separatamente ad ogni occhio ci porta a fondere le due immagini in una sola, tridimensionale.

Indossando degli occhiali con una lente rossa e una verde (o blu) le linee rosse vengono viste da un occhio e quelle verdi (o blu) dall’altro, creando un illusione di profondità stereoscopica.

La possibilità di muovere gli occhi è cruciale per vedere.

Il movimento degli occhi è controllato in modo preciso, per migliorare la nostra percezione.

Gli spostamenti del nostro sguardo influiscono sulla nostra possibilità di elaborare informazioni.

Questi spostamenti devono avvenire a favore di ciò che è “realmente” importante.

Spesso non sono gli oggetti che si muovono (e devono essere “inseguiti”), ma siamo noi a non rimanere mai fermi: con gli occhi dobbiamo compensare anche questi spostamenti

Mantenere lo sguardo su questi oggetti o posizioni per il tempo necessario.

Spostare lo sguardo su oggetti e posizioni spaziali diverse.

Ci sono due vie visione-azione (Goodale e Milner, 1995):

1. una via diretta visione-azione, mediata dal sistema dorsale

how-come (affordances?)

2. una via indiretta visione-semantica-azione, mediata dal sistema ventrale what-cosa

L’area premotoria F5 fa parte di un sistema detto mirror, che contiene neuroni che rispondono durante l’esecuzione di movimenti di afferramento, anche quando questi movimenti sono compiuti da altri individui.

Per questo vengono chiamati neuroni specchio.La loro esistenza è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni '90 dal gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti presso il dipartimento di neuroscienze dell'Università di Parma.

Per ottenere attivazione nei neuroni mirror è necessario che l’azione sia finalizzata all’afferramento dell’oggetto.

In questo caso i neuroni rispondono anche quando il movimento effettivo non è visibile.

I neuroni specchio, più in generale, sono neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare conspecifici).

I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso.Non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti: i neuroni-specchio si attivano anche quando l'azione è semplicemente mimata.

Sono stati individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell'uomo. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore.

L’occhio, come abbiamo visto è il primo elemento che partecipa al processo visivo. L’anatomia di quest’organo è estremamente complessa, pensa che ciascun occhio é composto da oltre due milioni di elementi.

Le parti principali dell’occhio umano sono:

• La cornea, che rappresenta la parte più esterna. • La pupilla, il punto nero al centro dell’occhio. • L’iride, la parte colorata che circonda la pupilla. • Il cristallino, é sospeso dietro l’iride, e rappresenta una vera e propria lente fondamentale nella messa

a fuoco della scena. • La retina, che è una membrana che riveste la parte interna dell'occhio. È molto sensibile alla luce ed è

composta da milioni di fotorecettori denominati “bastoncelli e coni”

 Per capire il meccanismo della visione umana dobbiamo distinguere tre parti: • L'occhio: un sistema ottico che forma e proietta le immagini su una superficie sensibile • La retina: una superficie sensibile che raccoglie le immagini, ne fa una prima elaborazione e trasmette

l'informazione ai centri superiori (corpo genicolato laterale, corteccia cerebrale visiva)

• Il cervello: un elaboratore dei dati provenienti dalla retina che li elabora ulteriormente e "forma" l'immagine definitiva.

Quando ci saremo fatti un'idea del funzionamento di questi tre sistemi, potremo studiare la percezione visiva , facendo un cenno ai movimenti oculari, essenziali per la raccolta di informazioni utili per elaborare la scena visiva.  

Occhio

L'occhio umano è un sistema ottico relativamente semplice, costituito da un diottro (cornea, umor acqueo, e umor vitreo) di indice di rifrazione 1.33 e da una lente biconvessa, il cristallino, di indice di rifrazione 1.44, in cui la curvatura della faccia anteriore può essere modificata dalla contrazione dei muscoli ciliari, variando così la distanza focale della lente (accomodamento). Cornea, camera anteriore, cristallino e camera posteriore nel loro complesso formano una lente convergente (provvista di una distanza focale variabile fra 2,4 e 1,7 cm) che proietta le immagini sulla retina, rimpicciolite e capovolte. Una membrana muscolare, l'iride, al cui centro e' ricavata un'apertura, la pupilla, serve a diaframmare, cioè a regolare la quantità di luce che entra nell'occhio.

Retina

La superficie sensibile dell'occhio è costituita dai fotorecettori (i bastoncelli ed i coni),  il cui compito è quello di trasformare in impulsi elettrici le informazioni ricevute dalle reazioni fotochimiche che vengono attivate dalla radiazione luminosa e di inviare questi segnali ai neuroni retinici - le cellule orizzontali, bipolari, amacrine e ganglionari - che sono variamente connessi fra di loro ed effettuano una prima elaborazione del segnale visivo. Gli assoni delle cellule gangliari si riuniscono in modo da formare il nervo ottico, un cavo che conduce l'informazione visiva fuori dalla retina fino ai centri superiori, dapprima al corpo genicolato laterale e da qui alle aree corticali.

  Le fibre nervose provenienti da punti diversi della retina si dirigono verso punti diversi del nucleo genicolato (LGN) e della corteccia, ricreando così una mappa cerebrale della retina nel cervello.

Ognuno di noi ha un "buco" nel proprio campo visivo, uno per occhio, e non lo percepisce: la parte di immagine che manca viene ricostruita deducendola da ciò che si vede intorno.

Tutto il fondo dell'occhio è ricoperto dai fotorecettori, tranne che in un punto, un'area di 1,5 millimetri di diametro, dove convergono i nervi e i vasi sanguigni della retina, pertanto questo punto non è sensibile alla luce, è una zona senza informazioni. Tuttavia il cervello riesce a ricostruire l'immagine mancante attraverso un processo chiamato "filling in" (riempimento) studiato da ricercatori americani, svizzeri, olandesi e giapponesi. Con grande sorpresa essi hanno scoperto che la parte di corteccia visiva che corrisponde al punto cieco è attiva durante il processo di riempimento, anche se, direttamente, non riceve alcuna informazione dalla retina.

La percezione é una simulazione ricostruttiva generata dal cervello, sotto il controllo di una determinante genetica, delle interazioni tra noi e l’ambiente materiale che ci circonda e in base alle nostre conoscenze e alle nostre esperienze precedenti: ciò che è percepito è diverso dall'oggetto esterno che rappresenta

INIZIAMO A GUARDARE

INSIEME

la mappa non e' il territorio, e ognuno di noi costruisce mappe diverse dello stesso territorio e anche mappe diverse da momento a momento, in base al nostro grado di attenzione, ai nostri bisogni, alle nostre motivazioni.

BIG BANG

Gli umani guardavano il mondo attraverso due globi roteanti vulnerabili ed acquosi. Due bulbi oculari, in ognuno 120 milioni di bastoncelli erano in grado di percepire cinquecento gradienti di luminosità e oscurità. Sette milioni di cellule cono sarebbero stati capaci di registrare un milione di contrasti cromatici

Circoscriviamo la vita a quel piccolo, glorioso frammento visibile all’occhio umano.

Ingmar Bergman, Persona, 1966

Frank Llyod, Trafalgar (The Divine Lady) 1929

Carl Theodor Dreyer, La passione di Giovanna d'Arco , 1930

Sergej Michajlovič Ėjzenštejn ,

La corazzata di Potemkin. Soviet Union, 1925

Sergej Michajlovič Ėjzenštejn ,

La corazzata di Potemkin. Soviet Union, 1925

Josef von Sternberg,L’angelo azzurro (Der blaue Engel), 1930

Sergio Leone. C’era una volta il West, Italy, 1969.

Joseph L. Mankiewicz. Cleopatra (Theda Bara),1963

Charlie Chaplin, Il monello (The Kid), 1921

Federico Fellini, La strada, 1954

Or non vedi tu che l’occhio abbraccia la bellezza di tutto il mondo?»

William Turner, La valorosa Téméraire (1839),

Caspar David Friedrich, Il Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer), 1818

Martin Scorsese,Taxi Driver 1976

Marina Abramovic, The Artist is the present, 2010

Albrecht Dürer, 1500

Édouard Manet, Colazione sull’erba, 1863. L’origine du monde (1866) di Gustave Courbet

Billy Wilder, A qualcuno piace caldo (Some Like It Hot) 1959

Leo McCarey,,La guerra lampo dei Fratelli Marx

( Duck Soup, Zuppa d'anatra o Zuppa d’anitra), 1933

Alexander Payne, A proposito di Schmidt (About Schmidt), 2009.Jacuqes Louis David, La morte di Marat, 1793

Federico Fellini, Otto e mezzo, 1963

JEAN LOUIS THÉODORE GÉRICAULT - La Balsa de la Medusa (Museo del Louvre, 1818-19)

Seneca Ray Stoddard, Quel che si vede dal sedile di poppa, 2001  

Jack Bradley, “Harold Whittles, 1974

CRONOFOTOGRAFIA

Stanley Kubrik, Arancia Meccanica, 1971

Walter Ruttmann, Berlino – Sinfonia di una grande città (Berlin - Die Sinfonie der Großstadt), 1927

Fritz Lang, Metropolis, 1927

Charlie Chaplin, Tempi moderni, 1936

Ridley Scott, Blade Runner,1982

Jonathan Glazer, Birth, 2004

SCHAFFNER, Il pianeta di scimmie, 1968

EDWARD MUNCH, L’urlo, 1893HERY MOORE, L’elmo,

1939

GIORGIO DE CHIRICO,

Teste, 1918

George Lucas, Star Wars, 1977

Cooper, KingKong, 1993

Christo & Jeanne-Claude, 1995

Spielberg, Lo squalo, 1975

Spielberg, Jurassic Park, 1993

Attentato a Kennedy, 22 novembre 1963

11 SETTEMBRE 2001

SORVEGLIANZA E SORVEGLIATI

Bergman, Sinfonia d’autunno, 19778

Michael Curtiz, Casablanca, 1942

Krzysztof Kieslowski, Blu, Bianco, Rosso 1993-1994.