IL GRUPPO DELLA TRENTINA n. 5 - Benvenuti da Bruno G. F. · Dove andremo in vacanza quest'estate?...

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"IL GRUPPO DELLA TRENTINA " n. 5 Pierluigi Sciotti Assicurazione ironia Una cronaca vissuta, di amore, AIDS e morte Milano - Aprile 19&6 II Anno

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"IL GRUPPO DELLA TRENTINA "

n. 5

Pierluigi Sciotti

Assicurazione ironiaUna cronaca vissuta, di amore, AIDS e morte

Milano - Aprile 19&6 II Anno

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Pierluigi Sciotti

Assicurazione ironia. Considerazioni, esperienze, paure su un piccolo virus che provoca circa 80 vittime l ’ora.Dall'incontro del Gruppo della Trentina di sabato 16 marzo 1996.

Premessa:2 novembre 1995. h. 22,40

Impressioni su L'ultimo abbraccio Regia di John Erman. 1991.

Non volevo guardare questo film. La paura di soffrire, di riaprire ulterior­mente una ferita non ancora rimarginata e che stenta a richiudersi. Invece - masochisticamente - l'ho guardato tutto, mandando al diavolo un'amica che mi telefonava per problemi banali di simbologia e di arte in quel mo­mento e che in altre circostanze avrebbe avuto tutta la mia attenzione e il mio interesse. E a caldo ho deciso di scrivervi come l'ho visto io.Trovarsi di fronte alla morte non è facile. Bisognerebbe avere anche noi un'assicurazione ironia.Ricordo quel pomeriggio di giugno piovoso e freddo in cui Giuseppe mi disse di essere sieropositivo. Il mondo mi crollò addosso. Avevamo fatto l'amore per tutta la notte... ci rivedevamo dopo due anni di buona amici­zia. Non ne sapevo niente. Non avevo chiesto niente. Mi ero trovato im­provvisamente di fronte ad una realtà più grande di me. Cosa dovevo fare? La settimana che segui' quella domenica fu un incubo. Avevo due strade: la prima breve, semplice, Ciao, arrivederci..., la seconda scomoda, ri­schiosa... Scelsi. Ho avuto in dono tre anni meravigliosi ed un rapporto difficilmente ripetibile, per la reciprocità, per lo scambio intenso di affetti­vità, d'Amore che siamo riusciti a darci.Troppa paura anche delle parole. E' veror si parla troppo della vita e si vive troppo poco.Quella convivenza perversa (come certamente anche mia madre l'avrebbe definita) non l'abbiamo mai potuta attuare, ma ti ho accettato per quello che eri e tu mi hai accettato per quello che ero. Troppa paura anche delle parole, vero, di certe cose non ne parlavamo, era pudore, era paura.

Alcune frasi, potevano essere le nostre:

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Vuoi qualcosa? - Vivere sino a 85 anni.Voglio andare a casa...

E poi un gesto, quella carezza sulla guancia... La vita è un film.Quanta tenerezza, quanto Amore!

Non si tocca mai l'argomento.Avresti potuto amarlo com'è..Uno di quelli...Montagne di cose nascoste.Non ti sentivi condannata da tuo figlio ma dal tuo amico. Disillusa.Gli errori più gravi li capisci sempre dopo.

Frasi banali, colte al volo. Identificarsi. Il tempo narrativo, rivolto al pas­sato.Difficile comunicare agli altri quel che provi. E chi credevi amica ti ha saputo dire solo: E' tornato da te per morire. Anche se così fosse stato, cosa non vera, tu, donna, non puoi giudicare, né capire, guarda te stessa! Cade così quella che credevi un'amicizia siricera, di anni.E i vecchi amici? quelli che credevi vicihi, sofio fuggiti... tanto vale per­derli. Gente nuova, scohosciuta ti ha teso lina mano, ha cercato con una parola di darti aiuto. Amici, veri, si sono commossi quando l'hanno sa­puto, anche Se non lo avevano mai conosciuto di persona...Solo Anna mi ha tenuto per mano in quel giorno tremendo, ha accettato le mie lacrime, ha pianto con me... sorella elettiva d'amore e di luce ve­stita.Tesoro (quanto peso in questo vocabolo), tu che hai saputo darmi la vita, che hai saputo spingermi e spronarmi a realizzate cose che nessun altro era riuscito a farmi fare...Sperso, cerco di imitarti guardando anch'io il Cielo, ma questa scalata non è né facile, né agevole... fatta di ripensamenti, di incertezze, di paure, di ansie.Impietosa la solitudine che ti prende alle spalle improvvisa, cerchi di illu­derti, poi ti guardi allo specchio... chi vuoi che voglia ancora questo vec­chio. Andropausa?! forse anche, ma quel che conta è il vuoto lasciato, è incolmabile. Sei solo con te stesso. Sì, ci vorrebbe proprio un' assicura­zione ironia. Il tempo esistenziale, mai ripiegato verso il passato... Vivere. Andare, andare, non importa dove, l'importante è avere il coraggio di andare... Ma dove? E con chi?... La solitudine pesa, ma meglio di certa gente, certi sepolcri imbiancati, capaci di sorriderti per compiacenza, per

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compatimento e poi di colpirti alle spalle. Ci vogliono coglioni duri per sopportare la solitudine, come diceva Cesare Pavese, ma ci si abitua a convivere anche con lei. Eppure, vorrei ancora un compagno, qualcuno a cui comunicare ciò che so, qualcuno con cui condividere il quotidiano, il lavoro, la fatica di vivere, la gioia delle piccole grandi cose, una carezza... Come quella lacrima, non troppo furtiva, che mi asciugasti una delle ul­time volte che siamo potuti restare insieme... Dove andremo in vacanza quest'estate? Non risposi, volsi lo sguardo fuori della finestra, il verde della collina, se ti avessi risposto sarei scoppiato, impudicamente, a pian­gere... Il nostro ultimo abbraccio, pudico, tu mi richiamasti indietro, incu­rante di tutti, volevi che ti baciassi e pensare alle remore che ci eravamo fatti per delle stupide beghine, sorelle (scoprii poi) di un transessuale ope­rato!Le nostre mani, quante cose ci siamo detti tenendoci per mano... fin da quella prima domenica di giugno, quando seppi...non si possono dimenti­care queste cose... Til Insostituibile.

Questa lettera agli Alnici del Gruppo della Trentina per chiudere un ciclo e per la voglia di continuare e credere in un cammino comune di crescita.

Varese il 17 marzo 1996.

La rivista COLORS, diretta da Oliviero Toscani ed edita da United Co- lors of Benetton a Roma, poco conosciuta dai più, anche da chi vi scrive prima che mi regalassero il n. 7 del giugno 1994, ha dedicato un numero speciale al problema AIDS. Qualcuno di voi l'ha avuta tra le mani sabato 16, dopo rincontro con il dolce e coraggioso Rafael e la "splendida" dotto­ressa Angelica Lupo dell'Ospedale Sacco di Milano.Il numero speciale 7/94 aveva per argomento: Cos'è l'AIDS?A raffica alcuni titoli dei servizi e degli articoli contenuti in quel numero fatidico:

L'AIDS è una botta e via. Fatto l'amore con un nuovo partner ulti­mamente? Ti diciamo che probabilità aveva di essere sieroposi­tivo. L'AIDS è un guanto d'amore. L'AIDS è la moda del lattice. L'AIDS è un test. L'AIDS è un nuovo concetto di sesso. L'AIDS è

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un grande viaggiatore. L'AIDS è una nuova lingua. L'AIDS sono 37 pillole al giorno. L'AIDS uccide. L'AIDS è blu. Editoriale: Ogni tragedia ha bisogno di un eroe. L'AIDS non è il peggiore dei. virus...

Vorrei riportare alcune frasi da Blue, l'ultimo film-testamento di Derck Jarman. uno dei più ammirati registi inglesi. Attore, scrittore, pittore, scenografo ed esponente dichiarato della campagna per i diritti dei gay. Nel 1986 è risultato sieropositivo. Dopodiché ha fatto sei film, ha scritto due libri e ha continuato la sua battaglia per i diritti dei gay.Jarman ha scritto e diretto Blue mentre stava perdendo la vista, effetto collaterale dell'AIDS. Per 76 minuti l'unica immagine visibile è uno schermo blu con ogni tanto un'ombra. Mentre fissa il blu, il pubblico sente una colonna sonora di musica, suoni e voci di attori che leggono i versi dei commoventi diari d'ospedale di Jarman.

Il virus imperversa. Ormai tutti i miei amici sono morti o moribondi. Come una coltre blu di gelo, li ha presi in trappola. Al lavoro, al cinema, alle manifestazioni, in spiaggia. Inginocchiati nelle chiese o in corsa, silenziosi o tnentre urlavano la loro protesta. ...I l blu si stira, sbadiglia ed è sveglio.Nel giornale stamattina c'è una foto di profughi che lasciano la Bosnia.Sembrano fuori del tempo. Contadine con gli scialli e le vesti nere uscitedalle pagine di un'Europa passata. Una di loro ha perduto i suoi tre figli.Sono una finocchio mascolinaCampionessa di immersioni inguinaliAppassionata di grossi calibriRinghiosaUno psicofrocioLeccaculoMolestatore della quiete pubicaChe si scopa ragazzi lesbiciUn perverso eterodemoneChe equivoca sulle intenzioni della morteIl Gautama Buddha mi dice che devo allontanarmi dalla malattia.Ma a lui non hanno mai fatto una flebo.Mi sono sorpreso a guardare le scarpe nella vetrina di un negozio. Pen­savo di entrare a comprarne un paio, ma mi sono fermato. Le scarpe he porto adesso dovrebbero bastarmi per percorrere quest'ultimo tratto di vita.

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Baciami Sulle labbra Sugli occhiIl nostro nome sarà dimenticato Col tempoNessuno ricorderà il nostro lavoro La nostra vita passerà come tracce di una nuvola E si dileguerà come Foschia braccata dai Raggi del solePerché il nostro tempo è il passaggio di un 'ombraE le nostre vite corrono come Scintille fra le stoppie

I place a delphinium, Blue, upon your grave.Metto una pervinca. Blu, sulla tua tomba.

Jarman è morto il 19 febbraio 1994 all'età di 52 anni, rifiutando, alla fine, la medicina che lo stava mantenendo in vita.

Solo sino a qualche anno fa, non era difficile sentire o leggere frasi del genere:

Solo i froci beccano l'AIDS, I ricchi non prendono l'AIDS, L'AIDS è una punizione di Dio, Solo i drogati prendono l'AIDS, L'AIDS viene solo ai neri, Gli asiatici non prendono l'AIDS, Gli anziani non si ammalano di AIDS, Le donne non prendono l'AIDS, L'AIDS è dei ricchi, L'AIDS è un problema dei bianchi.

La realtà è ben diversa: nessuno ne è immune!E riprendendo da Forrest Gump, la nota frase: La vita è come una scatola di cioccolatini... Non sai mai quello che ti capita. Cosi tra di noi: nessun partner è sicuro. C'è il pudore del proprio stato. C'è la paura. Come com­portarsi con un amico sieropositivo? Il continuo aumento del contagio e del propagarsi della malattia. Secondo stima dell'Organizzazione Mon­diale della Sanità 7'000'000 persone sono morte di AIDS nel 1993, ovvero circa 80 l'ora. Ormai si sa come si propaga, come ci si difende, quali sono i comportamenti a rischio. Purtroppo ci si infetta in età molto giovane.Il problema esiste e bisogna parlarne per conoscerlo, per prenderne co­scienza. Molta gente pensa che per prendere l'AIDS bisogna essere o com-

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portarsi in un certo modo. All'AIDS non gliene importa niente. L'HIV vive nei liquidi biologici delle persone infette. Vive nel sangue, nello sperma, nelle secrezioni vaginali, nel flusso mestruale e nel latte materno. Nel momento in cui i liquidi biologici passano da un corpo a un altro, anche il virus può essere trasmesso. La saliva trasmessa con il bacio pro­fondo, anche se contiene piccole quantità di HIV, grazie ad enzimi parti­colari, che ne impediscono la riproduzione, sembrerebbe non pericolosa, a meno di perdite di sangue da genvive o tagli. L'HIV ha bisogno di una calda e umida accoglienza. Non può passare attraverso la pelle intatta. Non può passare attraverso una barriera di lattice. Non può sopravvivere a lungo al di fuori del corpo umano.Non sì prende l'AIDS bevendo dallo stesso bicchiere. Non si prende dalle zanzare. Né si prende l'AIDS da un water, né facendo amicizia, né an­dando in piscina, né tanto meno mangiando un hamburger o stringendo la mano a qualcuno...

Da dove Viene? E qui ci si è sbizzarriti: è stato causato dalle radiazioni di test nucleari francesi nel deserto del Sahara! (Attribuito allo scienziato americano Ernest Stirpglass in De Thè, Sur la piste du cancer. Flamma- rion, Paris, 1984). L'AIDS viene dalle scimmie verdi. Gli esseri umani si sono presi il virus - mangiando il cervello crudo delle scimmie.1 (Citato come mito dal The Guardian, novembre 1993), L'HIV è stato creato dagli scienziati sovietici ... nella ricerca di nuove armi biologiche! (Citato come mito dal The Guardian, novembre 1993). L'AIDS è un complotto della C.I.A. (Citato da Langone come mito riportato dai giornali sovietici in AIDS: The Facts, Little, Brown & Company, 1991. Citato anche nel New York Internationalist, dicembre 1993).I soldati americani sono stati i primi a prendersi l'AIDS... facendo l'amore con le scimmie in Vietnam! (Riportato da Islam, una rivista turca, agosto 1987. Questa voce si è dif­fusa velocemente in tutto il Medio Oriente. Citato come mito da René Sabatier in Blaming Others, Panos Institute, 1988). Droga sessuale usata dai Gay... ha causato l'AIDS (Citata come mito da Langone in AIDS: The Facts, Little, Brown & Company, 1991)

Test o non test? Molti di noi sono tormentati da questo dilemma. In defi­nitiva, l’AIDS è solo una tra le molte malattie infettive, ma fa paura a molle persone, perché è una malattia nuova, dal decorso atipico, difficile che culmina quasi sempre con la morte e per la quale non si è ancora

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trovato né un vaccino, né una cura che porti alla guarigione.Dopo che il virus HIV è penetrato nell'organismo, il sistema immunitario reagisce in un modo specifico, producendo sostanze immunizzanti, i co­siddetti anticorpi, che identificano il virus HIV. Il test non segnala la pre­senza del virus nel sangue, ma verifica se il sangue contiene gli anticorpi contro il virus HIV. Di regola gli anticorpi fanno la loro comparsa nel sangue solo tre mesi dopo l'infezione, ma il periodo può variare dalle quattro settimane a diversi mesi. Solo dopo questo lasso di tempo, il si­stema immunitario segnala l ' intrusione del virus HIV. Se il primo test in laboratorio risulta positivo, lo stesso campione di sangue viene esaminato con un procedimento più complesso. Se anche questo test conferma il ri­sultato del primo, ne viene data comunicazione al paziente. In questo caso, la probabilità di essere infettivi è molto alta. Si informerà il paziente della sua "sieropositività", è sperabile, durante un colloquio personale. Evitate, nel vostro interesse, di informarvi telefonicamente sull'esito del test.Il test non protegge dal virus HIV.Se il test risulta negativo, non ci sono anticorpi HIV nel sangue, se non avete fatto il test prematuramente, non siete sieropositivi. Tra un'ipotetica situazione a rischio e il test devono trascorrere circa tre mesi. Questo pe­riodo può variare da quattro settimane a diversi mesi.C'è paura, incertezza, è difficile affrontare il verdetto in caso di positività. Lo choc può essere grande, anche se positività significa solo che il virus è presente nell'organismo. La vita continua, anche se in un modo nuovo, diverso.I medici di base in molti casi sono disinformati, hanno pregiudizi, non sanno come comportarsi. Si rischia nella vita di tutti i giorni, e non solo per questa malattia. Solo che l'HIV dà fastidio. I soldi spesi per campagne informative... per pubblicità sono soldi che non fruttano allo Stato, non hanno un ritorno.Sì o no: la decisione spetta solo a voi.Quante domande insorgono quando ci si pone di fronte a questa decisione:

Perché voglio sottopormi al test?E' davvero necessario che mi sottoponga al test?A chi comunicherò il risultato?E se fosse positivo?Il mio partner, gli amici, i miei familiari come reagiranno?Come lo comunicherò loro?

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Come reagirei se il mio partner fosse sieropositivo?...A quest'ultima domanda, io ho risposto, abbandonandomi totalmente a Lui, cercando di dargli tutto il mio affetto ed il mio Amore.

Si può migliorare la vita di chi è sieropositivo.Ci si atteggia in maniera diversa di fronte alla vita scoprendo la propria sieropositività o quella del proprio compagno.Non vi sono sintomi palesi immediati. La medicalizzazione è una libera scelta, che può anche portare beneficio per lungo tempo. Importante il rapporto interpersonale che si stabilisce tra medico e paziente. Si propone e non si impone mai una terapia. Si può conoscere la sieropositività per poi decidere anche di ignorarla.La sessualità nel mondo gay è anche forma di linguaggio, perché negarla se opportunamente protetta o se si modificano i nostri propri comporta­menti.Certo è uno Sconqtiassamehto della e nella vita di coppia. Si parla di Safer Sex (Sesso più sicuro) e di preservativi con il proprio o con la propria partner Le precauzioni valgono per tutti, questo bisogherebbe sempre ri­cordarlo I rischi ci sono sempre stati, le tnalattie Veneree diffuse da secoli sono diventate meno temibili grazie alla scoperta di determinati farmaci Cosa significa safer sex? Significa: evitare che Sperma, secreziorii Vagi­nali e sangue penetrino nel corpo del partner o della partner La sessualità anche con il Safer sex rton viene certo menomata. Ci si rapporta diversa- mente. I massaggi, le carezze, il petting, i baci sono fondamentali in que­sto nuovo rispetto reciproco. Ciò significa sentirsi entrambi protetti, vi­vere la sessualità nel rispetto reciproco, con molta fantasia e tenerezza sotto forma di baci, carezze, massaggi e molte altre cose ancora. Scoprire in modo consapevole il proprio corpo e quello del partner. Conservare il piacere della sessualità e sentirsi bene anche il mattino dopo, senza ango­sce e senza pentimenti. Significa anche parlare della sessualità con il pro­prio partner. Creare delle nuove lunghezze d'onda, grazie alle quali comu­nicare in modo nuovo con l'altro. Non si può certo pretendere di parlarne nel bel mezzo dei preliminari, quando l'eccitazione prevale sulla raziona­lità. o quando accorgendosi che non hai preservativi in tasca. . Mai uscire senza! Le mamme italiane, come una volta dicevano ai loro figlioli, al momento di uscire: Hai messo la maglia di lana?!, oggi dovrebbero dir loro: Hai preso i gommini? [Preservativo é ancora parola tabù, come inse­gnava la Russo Jervolino per Lupo Alberto... quella parola, non si dice! -

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Morite pure, ma non pronunciate certe parole a scuola!].L'uso sbagliato della conoscenza, la mancanza di informazione... il perché dovrebbe capitare proprio a me?, o peggio la malafede non si giustifi­cano oggi!Necessita essere tranquillizzati. Il preservativo unisce, non separa. Non è un'espressione di sfiducia o un attacco alla dignità del partner. Senza mezzi termini: Usate il preservativo! Riimparate a gestire la vostra vitasessuale.La castità - se si decide per essa - va accettata, condivisa. Può essere anche un'esperienza molto dolce e bella, ma non ci deve essere imposta. Etica e morale sono due termini troppo sovente confusi e non rispettati.Bisogna ridurre il rischio, non il piacere. Allora consideriamoci tutti sie­ropositivi e rispettiamo noi stessi e i nostri partners!La sieropositività non toglie il diritto di vivere, anzi pone nuovi problemi, ti fa pensare. C'è una motivazione nuova per vivere. Vivi la quotidianeità. Gusti la vita in un modo diverso. Scopri una dimensione nuova del tempo. C'è qualcosa che ti porta al pudore. Qualcosa che nello stesso tempo ti porta alla disponibilità al dialogo, perché è difficile tenere per sé questo fatto. Parlare, confidarsi con la persona giusta può alleviare la tensione. Si deve imparare a convivere con una nuova realtà, a superare le paure che inevitabilmente si provano.La malattia come alterità. E' un qualcosa che cambia la tua scala dei va­lori. Il risultato positivo del test si ripercuote anche sulla vita affettiva. Bisogna parlarne con il proprio partner. Il coraggio dell'onestà, del ritro­varsi magari soli dopo, ma chi non mi ama in questo momento, forse, non mi ha mai amato, se non a parole.C'è, poi, il problema del lavoro, nessuno può obbligarvi al test. Ci sono possibilità di ottenere l'invalidità, in caso di malattia conclamata. Alimentazione sana, evitare eccessivi affaticamenti, evitare le malattie in­fettive e vivere nel modo più normale possibile, non lasciarsi andare all'a­libi della malattia per sfuggire alle proprie responsabilità...Affrontare una sentenza di morte è tragico e meraviglioso, perché ti rendi conto che riesci a gestirla. Ma rinunciare alle piccole grandi cose!....

Vorrei parlarvi - come al solito - di come io ho vissuto e convissuto con un ragazzo sieropositivo.Ero entrato nel Gruppo per cercare di allentare la tensione terribile (tremenda!), che mi attanagliava. Era un anno fa. Beppe era sempre di più

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mcdicalizzato e trascorreva più tempo in ospedale che a casa. I nostri in­contri erano: o al di là di un vetro, con una conversazione attraverso un citofono o, se c'era rinfermiera giusta, diretti, in camera. Un raggio di sole in un buio terribile. Le sue mani tra le mie, i nostri occhi... si parlava sempre meno, non ce n'era bisogno, appena sua madre ci lasciava soli e l’altro paziente dormiva o usciva anche lui, qualche furtivo bacio. Un paio di weekand insieme a casa sua. L'ultima cena insieme, le nostre mani si sfiorarono più volte anche sopra il tavolo, guardarti, sempre più pallido, sempre più incavate le tue guance, solo i tuoi occhi verdi, luminosi, an­cora più grandi... Il disperato tentativo di superare le mie paure, le mie ansie rifugiandomi nello studio... nove esami fatti in meno di un anno, una tesi stesa in venti giorni. Il lavoro come alternativa, come rifugio, per non pensare. Il filo rosso con sua madre. Qualche sua telefonata. Le mie fughe pomeridiane a Brescia per vederlo ùn'ora, forse anche meno, per non stancarlo troppo... Un'operazione di appehdice improvvisa... rtesSuno vuole operarlo, resta in attesa di un Chirurgo disponibile dalle dieci del mattino alle due dellà notte. Il mercoledì, tre giorni dopo, riesco ad andate da lui. Inizia un calvario assurdo, giocato tra flebo e tentativi vani... Mi concentro sùlla stesura della tesi (ottocento pagine in venti giorni). Egoi­sticamente devo sopravvivere. Le lacrime, non si contano. Lui non deve vederle, lui nort deve sapere il buio che è dentro di me.

Cosi ho vissuto tre almi con un ragazzo sieropositivo, morto il 19 giugno dell'anno scorso, consapevole sin dall'inizio. Ho condiviso alcune delle sue gioie e alcune delle sue angosce. Mai mi sono pentito di questa rela­zione e di aver accettato di accompagnarmi a Lui in questi anni. Mi ha insegnato a convivere con l'idea della morte, a sorridere di alcune nostre debolezze, a considerare la vita in modo nuovo e mi ha riaperto le porte della fede. Non posso che ringraziarlo e ricordarlo con una sua frase: 77 amerò per sempre!.

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Bibliografia a disposizione e utilizzata per queste note.

"Colore", Roma, n. 7, gnidio 1994.Dall'AIDS alla Z. Risposte a molte domande. Una guida pratica per i diretti interessati e per le persone che vivono accanto a loro, li accompagnano, li assistono e li sostengono, Zurigo, Aiuto Aids Svizzero, 1995.Il tuo manuale. Per conoscere, affrontare e vivere positivamente i problemi legati alla sieroposi- tività. Consigli per i malati e per chi li assiste. Milano, Associazione Solidarietà Aids (A.S.A.), 1995.AIDS Chi conosce i rischi può proteggerei efficacemente. Vivere e amare senza paura. Zurigo, Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), Aiuto AIDS Svizzera (AAS), 1988.Safer Sex Hard, Zurigo, Aiuto Aids Svizzero, 1990.AIDS Dossier d'informazione, Berna, Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), 1991. AIDS § Diritto, Zurigo, Aiuto Aids Svizzero, 1991.Breve informazione sulla fondazione Aids Info Docu Svizzera, Berna, Aids Info Docu Svizzera, 1992Mangiare positivamente. Guida dietetica per le persone con l'HIV, Zurigo, Aiuto AIDS Svizzera (AAS) e Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), 1992.Derib, Jo, La Tour-de-Peliz, Fondation pour la Vie, 1992.Auto-Aiuto e Aids come e perché di una fatalità. Convegno Intemazionale 1 giugno 1991 Mi­lano, Milano, ASA, s.d.la Campanie Stop Sida 1987-1992, Berne, Aide suisse contre le sida (ASS) et l'Office federai de la sante publique (OFSP), 1993.Associazione Solidarietà Aids, 3° Corso di formazione per volontari: L'assistenza e i diritti delle persone con AIDS, aprile-maggio 1993, Milano, A S A , 1994.I-ove, love, love, Zurigo, AAS, 1994.Momenti X, Zurigo, AAS, 1994.Arcat SIDA, L'essai thérapeutique, Paris, 1995.Quando un Amico ha l'Aids Milano, ASA, [ 1995 ].Safer Sex. Informazioni per i giovani omosessuali, Progetto MSM Ticino di AAS, 1996.ARCI GAY MILANO, Sesso Sicuro. Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul sesso sicuro tra uomini....Milano, Arci Gay, s.d.Safer Sex ... più sicuro, Berna, Aids Info Docu Svizzera, (1995).Dall'AIDS ci si può proteggere. Un'informazione sul tema AIDS, Zurigo, Ufficio federale della sanità. (1995).il preservativo un amico prezioso, ARCI GAY Milano, Milano, s.d.

Per contatti con gli amici svizzeri:Spazio Gay, Via Stazio 10, 6900 Lugano-Massagno, 004191 9681717 E-mail [email protected]

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Una lettera da Modena di un aderente al Gruppo della Trentina del 27 marzo 1996, indirizzata al portavoce Gianni:

E' da molto tempo che mi ero riproposto di scriverti, se non altro per ringraziarti di inviarmi sempre le lettere del Gruppo sebbene non ci siamo mai visti, ma vuoi per stanchezza, vuoi per... tristezza, non l'ho fatto sino ad ora. Ci siamo sentiti telefonicamente alcune volte in novembre-dicembre in quanto ti aveva dato il mio numero un ragazzo di Modena che non poteva (o voleva) darti il suo. Era nelle mie intenzioni venire a Milano per prendere parte a qualcuna delle vostre iniziative, ma tuttora non so se e quando verrò perché da qualche mese, mi manca vera­mente il tempo materiale e tutto il mio tempo, oltre che la mente, è co­stantemente occupato dal mio ex, malato di AIDS e ricoverato dal 3 gen­naio a Bologna.Sebbene sia ex ormai da 9 anni, rton posso non essere coinvolto dopo 7 pregressi anni di relazione, specie se si considera che non ha nessuno oltre a me che lo assista è provi a recidergli meno avvilente la sopravvi­venza nello stato di non autosufficiehza iri cui si thn>a. Non è semplice per me organizzare la giórnata in modo da poter tindare ógni giorno a Bologna, fare le cose Indispensabili per me, per lui, per la casa mia e sua, per il lavorò, cercare di conciliare Un minimo di vità sociale con un'iperattivltà spicciola raddoppiata: lavare, stirare, cucinare, pulire, fare la spesa e contemporaneamente lavorare, affrontare gli usUali scazzi quotidiani cercando di superarli, glissare, ammorbidire, accettare; rin­correre treni e bus, maledicendo ritardi e contrattempi che scombusso­lano la programmazione fittissima di cose da fare; cercare di non pen­sare troppo negativamente alla situazione per non trovarsi a piangere in autobus con la gente imbarazzata che è costretta a mostrare una falsa indifferenza e infine cercare di non ammalarsi perchfnon me lo posso permettere e cercare anche di non farsi sopraffare dalla stanchezza fisica che alla lunga si fa sentire.Io non sono un carattere forte ed è molto duro per me non farmi prendere dallo sconforto in questa situazione ansiogena che, tra l ’altro, non riesco a condividere con nessuno perche la gente ha già abbastanza problemi e problemini con se stessa e con gli altri e non ha molta voglia di sentire guai e miserie altrui. Così finisce per evitarti. I gay, poi, sono bravissirhi in questo sport; d'altra parte il nome stesso è indicativo di una certa stereotipizzazione (allegria e leggerezza, "gaiezza" appunto) che trova

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ampio riscontro comunque nella realtà gaya. Devo ammettere che io. In questa situazione, non faccio molto par contattare o mantenere contatti con altri, ma davvero non so come fare e quando qualcuno mi telefona per raccontarmi le sue crisi che si riducono poi ad incontri saltati o in fruttuosi o mal riusciti, a problemi di solitudine e di mancanza di amia amanti, a risentimenti per tradimenti, sgorbi o altro, io provo vera­mente un malcelato senso di fastidio che diventa insopportazione quando mi rendo conto che l'interlocutore non capisce la mia situazione se non nei termini di una generica comprensione magari condita da incoraggia­menti del tipo "tieni botta, prima o poi andrà meglio". Certo non sarà sempre così, ma è triste capire che la gente non si rende conto che "mente" sarà più come prima./■orse davvero solo chi si è già trovato in una circostanza simile riesce a comprendere il dramma di dovere ogni giorno sperare al massimo in un non peggioramento, la frustrazione di sentirsi falsi e inutili quando si prova a dire qualcosa di consolatorio, la spiacevole sensazione di fare tutto per sentirci in pace con noi stessi e non realmente per l'ammalato, il senso di colpa che si prova quando si viene via dall'ospedale perché bene o male io sono fuori e vivo mentre lui resta là in compagnia del suo male, li vengono alla niente episodi, situazioni, fatti del passato, piccole cose. bagaleUe che mai in altre circostanze affiorerebbero e che ovviamente sono mediate dalla malinconia, e viene naturale pensare che un c erto giorno non ci sarà piu, non lo vedrò piu, non sentirò più la sua voce, le sue frasi tipiche, le sue cazzatine..So che è così per tutti quando si deve affrontare una perdita e che ognuno si deve far forza da sé ma è incredibilmente mostruosa questa malattia che, bomba a tempo, toglie prima la voglia di programmare, di cercare di costruire qualcosa, di ragionare al futuro, poi toghe la speranza e, prima di togliere la vita, specie se uno era sano come un pesce, usa tempi lunghissimi e coinvolge sofferenze esasperanti. Non riesco a non pensare che chi dice di star male perdei non ha un partner che lo ami o perche ce l'ha magli fa le corna o perchè, è innamorato ma non corrisposto o per­ché si rende conto di essere gay ma nonvorrebhe esserlo o per altre cose simili, dovrebbe adottare un malato di AIDS, uno a caso e cercare di affezionargli si, credo che poi vedrebbe molto ridicolo il suo star male di prima.

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