IL GIORNALE DELLARTE Restauro - marsilioeditori.it · XIV secolo, raffigurante I'«Incoronazione...

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IL GIORNALE DELLARTE Numero 372, febbraio 2017 31 Restauro Goya non copiava Madrid. Il recentemente restaurato «Ritratto di Carlo III cacciatore» (nella foto), opera di Goya del 1786, è protagonista dell'esposizione temporanea con cui fino al 19 marzo il Prado commemora il terzo centenario della nascita di Carlo III (1716-88), monarca illuminato e figura decisiva per 10 sviluppo dell'arte spagnola. L'opera è esposta per la prima volta accanto al ritratto del re che Anton Raphael Mengs realizzò più di vent'anni prima. Con «Carlo III cacciatore di Francisco de Goya. Relazioni e divergenze» il museo vuole offrire al pubblico la possibilità di comprovare che il ritratto di Goya fu dipinto dal vero e non rifacendosi a quello di Mengs come si riteneva: la precisione e la varietà delle pennellate, le sfumature di colore e le trasparenze che trasmettono con forza la personalità del re confermano che fu dipinto dal «T- vivo, anche se senza dubbio Goya conosceva l'opera di Mengs. «Oltre a contribuire alle mostre celebrative con importanti prestiti, il Prado ha voluto rendere il proprio omaggio al monarca che ne ordinò la costruzione», ha dichiarato Miguel Zugaza, direttore uscente del museo (cfr. lo scorso numero, p. 31). Insieme ai due ritratti sono esposte quattro medaglie, che documentano l'evoluzione dell'effigie dinastica e un gruppo di sette dipinti e due stampe che mostrano il monarca dall'infanzia fino al ritratto di Goya, passando per la rappresentazione ufficiale di Mengs. Considerato una copia al suo arrivo al museo nel 1847, «Carlo III cacciatore» fu attribuito a Goya nel 1900, ma fino a oggi non ha goduto della considerazione dovuta. La pulizia delle pitture ossidate ha rivelato un quadro di qualità eccezionale in perfette condizioni. Con la rappresentazione del re cacciatore, Goya mette in relazione Carlo III con i suoi predecessori della Casa d'Austria, in particolare con Filippo IV, l'infante don Fernando e il principe Baltasar Carlos immortalatati da Velàzquez nelle vesti di cacciatori. L'inedito naturalismo e il paesaggio aspro che non lascia spazio a convenzionalismi aprono la strada a una nuova interpretazione dell'aristocrazia, a tre anni dalla Rivoluzione Francese. Roberto Bosco L'AIhambra ritrova la giustizia Granaria (Spagna). Secondo un'antica leggenda dal sottosuolo deN'AIhambra emergeranno favolosi tesori nascosti quando la mano e la chiave scolpite sulla Torre de la Justicia (nella foto) si incontreranno. In attesa che la leggenda si avveri, l'AIhambra ha riaperto al pubblico dopo oltre 150 anni la torre che sovrasta una delle quattro porte d'accesso. L'architetto Pedro Salmerón l'ha trasformata in uno spazio adibito a «punto di lettura e sala da musica». Oltre a offrire un'inedita vista di Granada e della Sierra Nevada, la torre mette a disposizione dei visitatori un'ampia scelta di guide e libri in varie lingue suN'AIhambra e sulle sue mostre, che si possono leggere sul posto o prendere in prestito durante la visita. Nella torre 11 pubblico può anche ascoltare musica e suonare il piano verticale, la chitarra classica e altri strumenti dell'epoca in cui l'AIhambra, accolse artisti come Manuel de Falla, Isaac Albéniz e Àngel Barrios. Il restauro, che è costato 430mila euro, ha recuperato la pianta originale delle stanze, i tetti a volta e la terrazza ricavata nelle mura della città fortezza. Secondo l'iscrizione incisa sull'arco interno, la Torre de la Justicia fu battezzata Bib Axarea o Porta della Spianata da Yusuf 1 (1333-53) che la fece costruire nel 1348 come torre di difesa. Da allora e fino alla sua chiusura nel 1856, fu sempre utilizzata come residenza delle guardie, prima musulmane e poi cristiane. Come contrappunto ai simboli musulmani, i re cattolici fecero collocare una scultura gotica della Madonna con il Bambino di Roberto Alemàn sopra l'iscrizione con il nome arabo della porta. • Roberta Bosco II Miracolo prelude alla mostra di Marini Pistoia. Si è concluso il restauro del «Miracolo», opera di Marino Marini datata 1953-54. La scultura, che fa parte del nucleo consistente (oltre un centinaio di opere) donato dall'artista nel 1975 alla città, era particolarmente cara all'artista: «C'è tutta la storia dell'umanità e della natura nella figura del cavaliere e del cavallo, in ogni epoca, affermava, è // mio modo di raccontare la storia, È il personaggio di cui ho bisogno per dare forma alla passione dell'uomo». Nel gesto del cavaliere incapace di controllare il suo cavallo che si irrigidisce, Marini traduce tutta l'ansia della condizione umana destinata ad andare «incontro alla fine del mondo». L'intervento, approvato dalla Soprintendenza e finanziato interamente dal Rotary Club Pistoia (lOmila euro), è stato eseguito da Salvadori Arte di Pistoia. Il gruppo scultoreo è stato ora ricollocato nell'atrio del Palazzo Comunale in cui fu istituito nel 1976 il Centro di Documentazione dell'opera di Marino Marini, poi trasferito con la Fondazione nel Convento del Tau. Il restauro (consolidamento del basamento in bronzo e pulitura rispettosa della patina bronzea originale), rappresenta una sorta di prologo alla grande mostra dedicata a Marino Marini che si terrà in Palazzo Fabroni dal 16 settembre al 7 gennaio 2018. Intitolata «Passioni visive» e curata da Flavio Fergonzi e Barbara Cinelli, è realizzata dalla Fondazione d'intesa con il Comune nell'ambito del programma di Pistoia Capitale italiana della Cultura 2017. Laura Lombardi Aiutiamo Cascina Sant'Ambrogio Milano. Nella mappa del Catasto teresiano del 1721-23, a Cavriano (nell'attuale Parco Forlanini, nei pressi dell'aeroporto di Linate), figura ancora la chiesa del monastero-cascina di Sant'Ambrogio attestata già da documenti e mappe del Cinquecento. L'insediamento fuori le mura risaliva però al XII secolo, dopo la distruzione di Milano compiuta da Federico Barbarossa nel 1162, quando le monache dell'antico e potente monastero benedettino di Santa Radegonda abbandonarono la città devastata. Non stupisce perciò che in quello che era il catino absidale delia chiesa romanica restino tracce di un prezioso affresco, probabilmente del XIV secolo, raffigurante I' «Incoronazione della Vergine fra Angeli e Santi», realizzato quasi certamente con pigmenti preziosi come la malachite. Con le soppressioni giuseppine (1780- 90) il monastero subì l'identica sorte di parecchi altri sorti nei secoli in quell'area fertile e diventò una cascina. La chiesa fu tramezzata in altezza e trasformata in piccole unità abitative e l'area absidale (nella foto) fu trasformata in ghiacciaia. Tanti secoli e tante traversie hanno gravemente danneggiato l'affresco con fragili finlture a secco rendendone difficile anche la datazione e lo studio dei materiali, senza però nasconderne l'alta qualità che consente di accostarlo agli affreschi di scuola giottesca del tiburio della chiesa abbaziale di Chiaravalle e, per l'iconografia, a quelli di Santa Maria in Calvenzano. Nel 2014 il dipinto murale è stato oggetto di un «pronto intervento» realizzato da Paola Villa affiancata dalla Soprintendenza competente milanese. Ora però, a causa di lesioni nella muratura, distacchi dell'intonaco, profonde lacune, estesi sollevamenti della pellicola pittorica dovuti a infiltrazioni ed efflorescenze saline, l'affresco è bisognoso di restauri ben più radicali, al pari delle murature della chiesa e della lapide tardoantica murata in un L'Aquila: dopo sette anni, finalmente via libera per l'aggregato di Sant'Emidio Quanto c'è di Giambono nel Paradiso? Venezia. La mostra «II Paradiso riconquistato. Trame d'oro e colore nella pittura di Michele Giambono», alle Gallerie dell'Accademia fino al 17 aprile, è incentrata sul pittore veneziano attivo tra il 1420 e il 1460, ultimo testimone del Gotico In- ternazionale in Veneto. Curata da Paola Marini, Matteo Ceriana e Valeria Poletto, prende le mosse dai quattro anni di restauro della Pala del Paradiso (1447-48, un particolare nella foto) detta anche degli Ognissanti, irriconoscibile sotto la coltre di vernici ingiallite. Un intervento di Vittorio Moschini alla metà del Novecento aveva ridato integrità alla parte superiore, scoprendo le gerarchle angeliche e gli ultimi due registri di santi e ora l'opera è tornata leggibile nella sua interezza, compreso l'am- pio ricorso alla foglia d'oro. Resta un interrogativo circa l'autografia: l'opera è stata iniziata da Giambono e poi completata da altri oppure è un lavoro imprenditoriale con ampio intervento di aiuti di bottega? A confronto è esposto il «Paradiso» di Giovanni e Antonio Vivarini del 1444 dalla Chiesa di San Pantalon. Di Giambono sono in mostra una decina di opere tra cui una «Deposizione», di recente attribuita, conservata nei deposi- ti; un «Velo della Veronica» dalla Galleria Malaspina di Pavia; e un «San Crisogono a cavallo» dalla chiesa di San Trava- so, oltre alle più consuete iconologie di santi e di Madonne con Bambino. Gli stessi soggetti sono declinati da Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna. Catalogo Marsilio. Con le ultime mostre (Bosch e Manuzio) le Gallerie hanno aumen- tato il numero di visitatori del 10% (312mila nel 2016) e gli incassi del 25% (2 milioni di euro nel 2016). • Lidia Panzeri L'Aquila. Per sbrogliare la matassa ci sono voluti oltre sette anni e mezzo dal terremoto dell'aprile 2009, una marea di riunioni e di confronti tra istituzioni, un tavolo tecnico creato ad hoc a maggio 2015: alla fine è arrivato il via libera ai cantieri di restauro per «l'aggregato» di monumenti più vasto della città abruzzese, quello chiamato di Sant'Emidio (nella foto) seguito a fine dicembre dal sì al finanziamento pronunciato dal Comune. Salvo intoppi amministrativi riguardo ad alcune ditte, i lavori dovrebbero iniziare entro la fine di marzo o aprile. L'aggregato costeggia piazza del Mercato e il coordinamento dei restauri fa capo alla Soprintendenza per la città dell'Aquila e il Cratere. «Coprendo un ettaro di superficie nel centro storico, il progetto comprende il Palazzo arcivescovile, l'Episcopio, l'ex seminario con la sagrestia e la casa canonica, e due palazzi gentilizi privati, Palazzo Arduini e Palazzo De Nardis che è un gioiello del tardo Settecento», elenca Franco De Vitis, l'architetto che, con altri tecnici, ha seguito il tavolo di lavoro voluto dalla soprintendente Alessandra Vittorini per superare innumerevoli complicazioni, non solo tecniche ma anche burocratiche, giuridiche, strutturali, amministrative. «È incredibile la mole di procedure che abbiamo dovuto affrontare», ammette De Vitis. Lo stanziamento estremamente corposo, «35-36 milioni di euro» (ma tutto compreso supera i 40), le proprietà diverse e la necessità di accertare se il contributo pubblico è congruo spiegano la delicatezza di una fase istruttoria per restauri che interessano «un aggregato di origine trecentesca integralmente rìconftgurato dopo il devastante terremoto del 1703». I lavori dureranno quattro anni e includono il consolidamento della parete della navata sinistra e dell'abside della Cattedrale (danneggiata seriamente nel 2009, ha risentito delle scosse di agosto e ottobre 2016) che costeggia proprio l'aggregato di Sant'Emidio. Intanto, nel centro storico popolato da centinaia di gru, in piazza Duomo gli aquilani possono godersi, libera dai ponteggi, la facciata barocca della settecentesca Chiesa di Santa Maria del Suffragio da tutti conosciuta come le Anime Sante (la facciata fu progettata dall'architetto Gianfrancesco Leomporri e realizzata dal marmoraro di Pescocostanzo Antonio Bucci). Il restauro della chiesa, che fa capo al Segretariato regionale dei Beni culturali dell'Abruzzo, è cofinanziato dai Governi italiano e francese e si concluderà entro il 2017. • Stefano Miliani pilastro dell'attuale fienile. Il complesso necessita anche di nuovi studi perché le indagini stratigrafiche compiute da Paola Villa hanno evidenziato la presenza del portale romanico affogato nell'intonaco: non è escluso che quelle mura possano riservare altre sorprese. Il complesso è di proprietà del Comune di Milano che l'ha affidato a CasciNet, associazione fondata nel 2012 che, dopo l'indispensabile restauro, conta di realizzarvi un centro di attività culturali. Per attuare il progetto, affidato da CasciNet a Paola Villa è stata perciò attivata (con l'associazione Art9) una raccolta fondi che, grazie all'Art Bonus, premierà ogni «erogazione liberale» con un credito d'imposta pari al 65% dell'importo donato (http://artbonus. gov.it/116-8-restauro-abside-e-affresco- incoronazione-della-vergine-in-cascina- sanfambrogio.html). • Ada Masoero A Torino da tutto il mondo nel 2018 Torino. Cinquecento professionisti del restauro da tutto il mondo si riuniranno a Torino dal 10 al 14 settembre 2018 per il 27mo congresso biennale dell'lnternational Institute for Conservation (lic), un'organizzazione internazionale fondata nel 1950 a Londra che oggi conta migliaia di soci in 75 Paesi e che ha l'obiettivo di diffondere il sapere e le metodologie nel campo del restauro. Gruppi regionali deN'Iic sono attivi in Olanda, Austria, Francia, Giappone, Grecia, Spagna, Scandinavia e Italia dove l'Italian Grroup (Ig-lic) opera dal 2002 (con sede in via Valeggio 18 a Torino) per sviluppare il contatto professionale e l'interscambio tra le diverse figure coinvolte nella tutela dei beni culturali e favorire azioni, attività e progetti concementi la loro conservazione. Angri chiude con i danni bellici Angri (Sa). La trecentesca Collegiata di San Giovanni Battista aspettava questo momento dalla fine dell'ultima guerra: due delle tre sculture cinquecentesche del lunettone del portale d'ingresso ridotte in pezzi dal bombardamento del 1943 sono state restaurate. Il «San Giovanni Evangelista», il «San Giovanni Battista» e la «Madonna con Bambino» (nella foto) avevano subito un processo di rimozione dalla memoria collettiva, ignorate dagli studi e dai restauri della facciata. In realtà la bomba aveva distrutto completamente soltanto il san Giovanni Evangelista. Le altre due statue vennero abbandonate alle intemperie in un cortiletto attiguo alla Collegiata dove qualche tempo I" fa sono state riscoperte 1 tutte annerite. Grazie _ all'associazione di volontariato \ Panacea le i opere sono state J restaurate da una ditta specializzata in manufatti lapidei. 3 Tina Lepri

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IL GIORNALE DELLARTE Numero 372, febbraio 2017 31

Restauro

Goya non copiavaMadrid. Il recentemente restaurato«Ritratto di Carlo III cacciatore»(nella foto), opera di Goya del 1786,è protagonista dell'esposizionetemporanea con cui fino al 19 marzo ilPrado commemora il terzo centenariodella nascita di Carlo III (1716-88) ,monarca i l luminato e figura decisiva per

10 svi luppo del l 'ar te spagnola. L'operaè esposta per la pr ima volta accantoal r i tratto del re che Anton RaphaelMengs realizzò più di vent 'anni pr ima.Con «Carlo III cacciatore di Francisco deGoya. Relazioni e divergenze» il museovuole offrire al pubbl ico la possibi l i tà

di comprovare che il ritratto di Goyafu dipinto dal vero e non ri facendosi aquel lo di Mengs come si r i teneva: laprecis ione e la varietà del le pennel late,le s fumature di colore e le trasparenzeche t rasmet tono con forza la personal i tàdel re confermano che fu dipinto dal«T- vivo, anche

se senzadubbio Goyaconosceval'opera diMengs . «Oltrea contribuirealle mostrecelebrativecon importantiprestiti,il Pradoha volutorendere il

proprio omaggio al monarca che neordinò la costruzione», ha dichiaratoMiguel Zugaza, direttore uscente delmuseo (cfr. lo scorso numero, p. 31).Insieme ai due ritratti sono espostequattro medaglie, che documentanol'evoluzione dell'effigie dinastica e ungruppo di sette dipinti e due stampeche mostrano il monarca dall'infanziafino al ritratto di Goya, passando perla rappresentazione ufficiale di Mengs.Considerato una copia al suo arrivo almuseo nel 1847, «Carlo III cacciatore»fu attribuito a Goya nel 1900, ma fino aoggi non ha goduto della considerazionedovuta. La pulizia delle pitture ossidateha rivelato un quadro di qualitàeccezionale in perfette condizioni. Conla rappresentazione del re cacciatore,Goya mette in relazione Carlo III con isuoi predecessori della Casa d'Austria,in particolare con Filippo IV, l'infante donFernando e il principe Baltasar Carlosimmortalatati da Velàzquez nelle vestidi cacciatori. L'inedito naturalismo e ilpaesaggio aspro che non lascia spazio aconvenzionalismi aprono la strada a unanuova interpretazione dell'aristocrazia, atre anni dalla Rivoluzione Francese.• Roberto Bosco

L'AIhambra ritrovala giustiziaGranaria (Spagna). Secondo un'anticaleggenda dal sottosuolo deN'AIhambraemergeranno favolosi tesori nascostiquando la mano e la chiave scolpitesulla Torre de la Justicia (nella foto) siincontreranno. In attesa che la leggendasi avveri, l'AIhambra ha riaperto alpubblico dopo oltre 150 anni la torreche sovrasta una delle quattro ported'accesso. L'architetto Pedro Salmerónl'ha trasformata in uno spazio adibitoa «punto di lettura e sala da musica».Oltre a offrire un'inedita vista di Granadae della Sierra Nevada, la torre mettea disposizione dei visitatori un'ampiascelta di guide e libri in varie linguesuN'AIhambra e sulle sue mostre, che sipossono leggere sul posto o prenderein prestito durante la visita. Nella torre

11 pubblico può anche ascoltare musicae suonare il piano verticale, la chitarra

classica ealtri strumentidell'epoca incui l'AIhambra,accolse artisticome Manuelde Falla, IsaacAlbéniz e

Àngel Barrios. Il restauro, che è costato430mila euro, ha recuperato la piantaoriginale delle stanze, i tetti a volta e laterrazza ricavata nelle mura della cittàfortezza. Secondo l'iscrizione incisasull'arco interno, la Torre de la Justiciafu battezzata Bib Axarea o Porta dellaSpianata da Yusuf 1 (1333-53) che lafece costruire nel 1348 come torredi difesa. Da allora e fino alla suachiusura nel 1856, fu sempre utilizzatacome residenza delle guardie, primamusulmane e poi cristiane. Comecontrappunto ai simboli musulmani, i recattolici fecero collocare una sculturagotica della Madonna con il Bambino diRoberto Alemàn sopra l'iscrizione con ilnome arabo della porta. • Roberta Bosco

II Miracolo preludealla mostra di MariniPistoia. Si è concluso il restauro del«Miracolo», opera di Marino Marinidatata 1953-54. La scultura, che faparte del nucleo consistente (oltre uncentinaio di opere) donato dall'artista nel1975 alla città, era particolarmente caraall'artista: «C'è tutta la storia dell'umanitàe della natura nella figura del cavalieree del cavallo, in ogni epoca, affermava,è // mio modo di raccontare la storia, È ilpersonaggio di cui ho bisogno per dareforma alla passione dell'uomo». Nel gestodel cavaliere incapace di controllareil suo cavallo che si irrigidisce, Marinitraduce tutta l'ansia della condizioneumana destinata ad andare «incontroalla fine del mondo». L'intervento,approvato dalla Soprintendenza efinanziato interamente dal Rotary ClubPistoia (lOmila euro), è stato eseguitoda Salvadori Arte di Pistoia. Il grupposcultoreo è stato ora ricollocato nell'atriodel Palazzo Comunale in cui fu istituitonel 1976 il Centro di Documentazionedell'opera di Marino Marini, poi trasferitocon la Fondazione nel Convento delTau. Il restauro (consolidamentodel basamento in bronzo e puliturarispettosa della patina bronzea originale),rappresenta una sorta di prologo allagrande mostra dedicata a Marino Mariniche si terrà in Palazzo Fabroni dal 16settembre al 7 gennaio 2018. Intitolata«Passioni visive» e curata da Flavio

Fergonzi e Barbara Cinelli, è realizzatadalla Fondazione d'intesa con il Comunenell'ambito del programma di PistoiaCapitale italiana della Cultura 2017.• Laura Lombardi

Aiutiamo CascinaSant'AmbrogioMilano. Nella mappa del Catastoteresiano del 1721-23, a Cavriano(nell'attuale Parco Forlanini, nei pressidell'aeroporto di Linate), figura ancorala chiesa del monastero-cascinadi Sant'Ambrogio attestata già dadocumenti e mappe del Cinquecento.L'insediamento fuori le mura risalivaperò al XII secolo, dopo la distruzione diMilano compiuta da Federico Barbarossanel 1162, quando le monache dell'anticoe potente monastero benedettino diSanta Radegonda abbandonarono lacittà devastata. Non stupisce perciòche in quello che era il catino absidaledelia chiesa romanica restino tracce diun prezioso affresco, probabilmente delXIV secolo, raffigurante I'«Incoronazionedella Vergine fra Angeli e Santi»,realizzato quasi certamente conpigmenti preziosi come la malachite.Con le soppressioni giuseppine (1780-90) il monastero subì l'identica sorte di

parecchi altrisorti nei secoliin quell'areaf e r t i l e e d i v e n t ò

u n a cascina.La chiesa futramezzatain altezza etrasformata in

piccole unità abitative e l'area absidale(nella foto) fu trasformata in ghiacciaia.Tanti secoli e tante traversie hannogravemente danneggiato l'affrescocon fragili finlture a secco rendendonedifficile anche la datazione e lo studiodei materiali, senza però nascondernel'alta qualità che consente di accostarloagli affreschi di scuola giottescadel tiburio della chiesa abbaziale diChiaravalle e, per l'iconografia, a quellidi Santa Maria in Calvenzano. Nel 2014il dipinto murale è stato oggetto di un«pronto intervento» realizzato da PaolaVilla affiancata dalla Soprintendenzacompetente milanese. Ora però,a causa di lesioni nella muratura,distacchi dell'intonaco, profondelacune, estesi sollevamenti dellapellicola pittorica dovuti a infiltrazionied efflorescenze saline, l'affresco èbisognoso di restauri ben più radicali,al pari delle murature della chiesa edella lapide tardoantica murata in un

L'Aquila: dopo sette anni, finalmente via liberaper l'aggregato di Sant'Emidio

Quanto c'è di Giambono nel Paradiso?Venezia. La mostra «II Paradiso riconquistato. Trame d'oro e colore nella pitturadi Michele Giambono», alle Gallerie dell'Accademia fino al 17 aprile, è incentratasul pittore veneziano attivo tra il 1420 e il 1460, ultimo testimone del Gotico In-ternazionale in Veneto. Curata da Paola Marini, Matteo Ceriana e Valeria Poletto,prende le mosse dai quattro anni di restauro della Pala del Paradiso (1447-48, unparticolare nella foto) detta anche degli Ognissanti, irriconoscibile sotto la coltre divernici ingiallite. Un intervento di Vittorio Moschini alla metà del Novecento avevaridato integrità alla parte superiore, scoprendo le gerarchle angeliche e gli ultimi dueregistri di santi e ora l'opera è tornata leggibile nella sua interezza, compreso l'am-pio ricorso alla foglia d'oro. Resta un interrogativo circa l'autografia: l'opera è statainiziata da Giambono e poi completata da altri oppure è un lavoro imprenditoriale conampio intervento di aiuti di bottega? A confronto è esposto il «Paradiso» di Giovanni

e Antonio Vivarini del 1444 dalla Chiesa di San Pantalon. DiGiambono sono in mostra una decina di opere tra cui una«Deposizione», di recente attribuita, conservata nei deposi-ti; un «Velo della Veronica» dalla Galleria Malaspina di Pavia;e un «San Crisogono a cavallo» dalla chiesa di San Trava-so, oltre alle più consuete iconologie di santi e di Madonnecon Bambino. Gli stessi soggetti sono declinati da AntonioVivarini e Giovanni d'Alemagna. Catalogo Marsilio. Con leultime mostre (Bosch e Manuzio) le Gallerie hanno aumen-tato il numero di visitatori del 10% (312mila nel 2016) e gliincassi del 25% (2 milioni di euro nel 2016). • Lidia Panzeri

L'Aquila. Per sbrogliare la matassa ci sono voluti oltre sette anni e mezzo dalterremoto dell'aprile 2009, una marea di riunioni e di confronti tra istituzioni,un tavolo tecnico creato ad hoc a maggio 2015: alla fine è arrivato il via liberaai cantieri di restauro per «l'aggregato» di monumenti più vasto della cittàabruzzese, quello chiamato di Sant'Emidio (nella foto) seguito a fine dicembredal sì al finanziamento pronunciato dal Comune. Salvo intoppi amministrativiriguardo ad alcune ditte, i lavori dovrebbero iniziare entro la fine di marzo oaprile. L'aggregato costeggia piazza del Mercato e il coordinamento dei restaurifa capo alla Soprintendenza per la città dell'Aquila e il Cratere. «Coprendo unettaro di superficie nel centro storico, il progetto comprende il Palazzo arcivescovile,l'Episcopio, l'ex seminario con la sagrestia e la casa canonica, e due palazzi gentiliziprivati, Palazzo Arduini e Palazzo De Nardis che è un gioiello del tardo Settecento»,elenca Franco De Vitis, l'architetto che, con altri tecnici, ha seguito il tavolo dilavoro voluto dalla soprintendente Alessandra Vittorini per superare innumerevolicomplicazioni, non solo tecniche ma anche burocratiche, giuridiche, strutturali,amministrative. «È incredibile la mole di procedure che abbiamo dovuto affrontare»,ammette De Vitis. Lo stanziamento estremamente corposo, «35-36 milioni dieuro» (ma tutto compreso supera i 40), le proprietà diverse e la necessità diaccertare se il contributo pubblico è congruo spiegano la delicatezza di unafase istruttoria per restauri che interessano «un aggregato di origine trecentescaintegralmente rìconftgurato dopo il devastante terremoto del 1703». I lavoridureranno quattro anni e includono il consolidamento della parete della navatasinistra e dell'abside della Cattedrale (danneggiata seriamente nel 2009, harisentito delle scosse di agosto e ottobre 2016) che costeggia proprio l'aggregatodi Sant'Emidio. Intanto, nel centro storico popolato da centinaia di gru, in piazzaDuomo gli aquilani possono godersi, libera dai ponteggi, la facciata barocca dellasettecentesca Chiesa di Santa Maria del Suffragio da tutti conosciuta come leAnime Sante (la facciata fu progettata dall'architetto Gianfrancesco Leomporri erealizzata dal marmoraro di Pescocostanzo Antonio Bucci). Il restauro della chiesa,che fa capo al Segretariato regionale dei Beni culturali dell'Abruzzo, è cofinanziatodai Governi italiano e francese e si concluderà entro il 2017. • Stefano Miliani

pilastro dell'attuale fienile. Il complessonecessita anche di nuovi studi perchéle indagini stratigrafiche compiuteda Paola Villa hanno evidenziato lapresenza del portale romanico affogatonell'intonaco: non è escluso che quellemura possano riservare altre sorprese.Il complesso è di proprietà del Comunedi Milano che l'ha affidato a CasciNet,associazione fondata nel 2012 che,dopo l'indispensabile restauro, conta direalizzarvi un centro di attività culturali.Per attuare il progetto, affidato daCasciNet a Paola Villa è stata perciòattivata (con l'associazione Art9) unaraccolta fondi che, grazie all'Art Bonus,premierà ogni «erogazione liberale»con un credito d'imposta pari al 65%dell'importo donato (http://artbonus.gov.it/116-8-restauro-abside-e-affresco-incoronazione-della-vergine-in-cascina-sanfambrogio.html). • Ada Masoero

A Torino da tuttoil mondo nel 2018Torino. Cinquecento professionisti delrestauro da tutto il mondo si riunirannoa Torino dal 10 al 14 settembre 2018per il 27mo congresso biennaledell'lnternational Institute forConservation (lic), un'organizzazioneinternazionale fondata nel 1950 aLondra che oggi conta migliaia di sociin 75 Paesi e che ha l'obiettivo didiffondere il sapere e le metodologie nelcampo del restauro. Gruppi regionalideN'Iic sono attivi in Olanda, Austria,Francia, Giappone, Grecia, Spagna,Scandinavia e Italia dove l'Italian

Grroup (Ig-lic) opera dal 2002 (consede in via Valeggio 18 a Torino) persviluppare il contatto professionalee l'interscambio tra le diverse figurecoinvolte nella tutela dei beni culturalie favorire azioni, attività e progetticoncementi la loro conservazione.

Angri chiudecon i danni belliciAngri (Sa). La trecentesca Collegiatadi San Giovanni Battista aspettavaquesto momento dalla fine dell'ultimaguerra: due delle tre sculturecinquecentesche del lunettone delportale d'ingresso ridotte in pezzidal bombardamento del 1943 sonostate restaurate. Il «San GiovanniEvangelista», il «San Giovanni Battista»e la «Madonna con Bambino» (nellafoto) avevano subito un processo dirimozione dalla memoria collettiva,ignorate dagli studi e dai restauri dellafacciata. In realtà la bomba avevadistrutto completamente soltanto ilsan Giovanni Evangelista. Le altredue statue vennero abbandonatealle intemperie in un cortiletto attiguoalla Collegiata dove qualche tempo

I" fa sono state riscoperte1 tutte annerite. Grazie

_ all'associazionedi volontariato

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Jrestaurate da unaditta specializzata inmanufatti lapidei.3 Tina Lepri