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Il follow-up del paziente con artrite reumatoide di lunga durata Anno XIV, N. 1, febbraio 2011 A cura di Fabrizio Conti e Rossana Scrivo Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche Reumatologia, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma in_focus_conti:abbott 14-03-2011 16:32 Pagina 1

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Il follow-up del pazientecon artrite reumatoide di

lunga durataAnno XIV, N. 1, febbraio 2011

A cura diFabrizio Conti e Rossana Scrivo

Dipartimento di Medicina Interna e Specialità MedicheReumatologia, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma

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Il follow-up del paziente con artrite reumatoide di lunga durataISBN: 978 88 7556 633 3

Comitato Editoriale: Stephanie BlickGiuliana GerardoLuisa GranzieroClaudio OliveriFilippo Polcaro

Redazione:Rosy Bajetti

Produzione:

Silvia Minora

© 2011 Wolters Kluwer Health Italy srl

Finito di stampare nel mese di marzo 2011 da Litografia Bruni srl - Pomezia (RM)

Pubblicazione fuori commercio riservata alla Classe Medica

Tutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essereriprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura,registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni, senza il permesso scritto da parte dell’Editore. L’Editore è disponibileal riconoscimento dei diritti di copyright per qualsiasi immagine utilizzata della quale non si sia riusciti a ottenere l’autorizzazionealla riproduzione.Ogni prodotto menzionato deve essere usato in accordo con il Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto fornito dalle CaseProduttrici.

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Ha collaborato:Paola Rizzuto

Atlanta Biondi

In Focus. Registrazione del Tribunale di Milano n. 474 del 7 agosto 1997

Direttore responsabile: Giulio Zuanetti

ISSN: 2035-0252

Loredana Biscardi

IN FOCUS

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Il follow-up del paziente con artritereumatoide di lunga durata

A cura diFabrizio Conti e Rossana Scrivo

Dipartimento di Medicina Interna e Specialità MedicheReumatologia, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma

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Indice

INTRODUZIONE 5

PATOGENESI 5

CLINICA 7

DIAGNOSTICA STRUMENTALE 9

INDICI DI ATTIVITÀ E DI RISPOSTA CLINICA 12

TERAPIA 14

INDICI PROGNOSTICI 20

FOLLOW-UP 21

PROSPETTIVE FUTURE 22

BIBLIOGRAFIA 22

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Introduzione L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria sistemica ad andamento cronico checolpisce elettivamente le articolazioni diartrodiali (articolazioni mobili), descritta per la primavolta da Sir Alfred Baring Garrod nel 1859[1]. È la forma più comune di poliartrite cronica conuna prevalenza, nella popolazione caucasica adulta, pari allo 0,5-1%, sebbene siano state os-servate considerevoli variazioni regionali[2] che probabilmente riflettono l’importanza dellapredisposizione genetica nel favorire l’insorgenza della malattia. I dati disponibili circa l’inci-denza dell’AR si riferiscono alla popolazione di etnia anglosassone, in cui sono stati osser-vati 20-300 nuovi casi su 100.000 persone per anno[3]. Com’è tipico della maggior partedelle malattie infiammatorie croniche di interesse reumatologico, anche l’AR predilige ilsesso femminile, non soltanto per la maggiore frequenza (rapporto F:M = 2:1), con un piccod’incidenza compreso tra la quarta e la quinta decade di vita[4], ma anche per il decorso piùaggressivo che ne condiziona la prognosi[5].

PatogenesiLa patogenesi dell’AR è multifattoriale e risulta ancora solo parzialmente definita, anche sevi sono stati numerosi progressi nelle conoscenze dei meccanismi cellulari e molecolari chela regolano[6,7]. Per molti anni il modello patogenetico dominante è stato sostenuto in ma-niera univoca dalla scoperta di un autoanticorpo, il fattore reumatoide (FR), presente finnell’80% dei pazienti[8], capace di formare immunocomplessi che attivano il complementodanneggiando in tal modo i tessuti bersaglio[9]. Oggi sappiamo che la patogenesi è molto piùcomplessa di quanto supposto in passato, sebbene l’ipotesi di fondo, secondo la quale unoo più antigeni sconosciuti innescherebbero il processo infiammatorio in individui genetica-mente predisposti, rimanga valida. Il principale sito infiammatorio della malattia è rappre-sentato dalla membrana sinoviale, il cui lining – cioè la superficie rivolta verso la cavitàarticolare, normalmente costituito da 1 o 2 strati cellulari privi di tight junctions in cui si ri-conoscono sinoviociti di tipo A (ad attività macrofagica) e di tipo B (ad attività fibroblastica)– diviene ipertrofico e iperplastico (4-10 strati). Il sublining, che si fonde con la capsula arti-colare, in condizioni fisiologiche contiene vasi sanguigni e scarsi adipociti e fibroblasti, men-tre in corso di AR viene infiltrato da numerose cellule, quali linfociti T e B, plasmacellule,macrofagi, mastcellule, cellule natural killer e cellule dendritiche. La sinovia assume quindigli stilemi di un tessuto infiammatorio con carattere di aggressività e invasività, il cosiddettopanno sinoviale, caratterizzato anche da neoangiogenesi, che erode la cartilagine di incro-stazione e l’osso subcondrale dell’articolazione colpita[10]. Dietro questa caratterizzazioneapparentemente essenziale si può tratteggiare un diagramma molto articolato, in cui le cel-lule infiltranti si stimolano vicendevolmente nel microambiente sinoviale, producendo uncomplesso network di citochine proflogogene come tumor necrosis factor (TNF)-a, inter-feron (IFN)-g, interleuchina (IL)-1, IL-6, IL-8, IL-15, IL-17 che amplificano e automan-tengono la risposta infiammatoria[11]. Il TNF gioca un ruolo centrale nel network citochinico

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coinvolto nella sinovite reumatoide in quanto, prodotto per lo più dai linfociti e dai macrofagiattivati, favorisce il rilascio di altre citochine proinfiammatorie (IL-1, IL-6, IL-17, IL-18), di chemo-chine (IL-8, RANTES, MCP-1) e l’espressione di molecole di adesione sulle cellule endoteliali;inoltre interviene nei processi di neoangiogenesi e danno tissutale[12]. Anche le altre citochineproinfiammatorie partecipano al danno articolare che caratterizza la malattia attraverso l’atti-vazione delle MAP-chinasi dei fibroblasti sinoviali, con conseguente de-repressione selettivadei geni che codificano per le metalloproteinasi, gli enzimi maggiormente responsabili delladistruzione cartilaginea[13,14]. Il danno strutturale è imputabile a un ulteriore meccanismo, chevede coinvolto il sistema RANK/RANK-Ligand (RANKL): RANK è espresso soprattutto dagliosteoclasti e dai loro precursori nei quali, in conseguenza del legame con RANKL (prodottoda linfociti T attivati e fibroblasti sinoviali), induce la differenziazione in osteoclasti maturi[15]. Questa risposta infiammatoria così variamente integrata è la conseguenza di una disrego-lazione del sistema immunitario: l’AR è infatti considerata una malattia sistemica autoim-mune, in cui, oltre al FR, sono stati descritti altri autoanticorpi[16]. Il FR, che riconosce ilframmento Fc di una immunoglobulina di isotipo G, presenta un valore diagnostico limitatodalla bassa specificità[17]. Rispetto al FR, negli ultimi anni ha assunto particolare interesse ilsistema degli anticorpi anti-proteine/peptidi citrullinati (ACPA), che coniugano una specificitàsuperiore a quella del FR con una sensibilità sovrapponibile[18]. Tali anticorpi riconoscono pro-teine che abbiano subito il processo di citrullinazione, termine con cui si indica una modifi-cazione post-traduzionale in seguito alla quale i residui di arginina vengono convertiti in unaminoacido atipico, la citrullina appunto, in presenza di un enzima chiamato PAD (peptidylarginine deiminase)[19]. La citrullinazione è un fenomeno fisiologico che sembra essere im-portante per la degradazione delle proteine intracellulari in corso di apoptosi, ma evidente-mente tali modificazioni possono evocare, in alcuni soggetti, una risposta autoreattiva. Neipazienti con AR il riscontro degli ACPA nel siero può precedere di anni l’insorgenza dei sin-tomi[20-22], la loro presenza predice la progressione da una forma di artrite indifferenziata al-l’AR[23] e si associa a un danno articolare più severo e a un’attività di malattia più elevata[24].Tuttavia, è opportuno sottolineare che gli ACPA compaiono preferibilmente (ma non esclu-sivamente) nei pazienti che esprimono una o due copie degli alleli del cosiddetto sharedepitope (SE)[25], una sequenza aminoacidica condivisa da alcune molecole HLA-DRB1 a livellodella terza regione ipervariabile della catena β1 in posizione 70-74, ritenuta responsabile dellegame di un ipotetico peptide “artritogenico”[26]. La formazione degli ACPA non è influen-zata soltanto dalla presenza dello SE, ma anche dall’abitudine al fumo di sigaretta da partedei pazienti. Il fumo si configura infatti come un importante fattore di rischio ambientale perl’insorgenza dell’AR solo nei pazienti positivi per ACPA. È inoltre interessante rimarcare comenei soggetti che presentano lo SE tale rischio sia aumentato fino a 21 volte rispetto ai sog-getti non fumatori che non lo esprimono[27,28]. Oggi si ritiene che il fumo di sigaretta possafavorire la citrullinazione delle proteine e questa ipotesi ha trovato sostegno nella scopertache i soggetti fumatori, a differenza dei non fumatori, presentano proteine citrullinate nel

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fluido di broncolavaggio alveolare[29]. Questa interessante osservazione ha indotto a ipotiz-zare che il fumo possa provocare l’apoptosi delle cellule alveolari e la loro citrullinazione esuccessivamente, con meccanismi ancora sconosciuti, anche l’induzione di una rispostaimmunitaria specifica caratterizzata dalla presenza degli ACPA. Rimane ancora da chiarirecome e perché questa risposta possa raggiungere le articolazioni diartrodiali. Nei pazienti con AR e negatività per ACPA (circa il 30%) il principale fattore di rischio gene-tico è rappresentato dall’espressione della molecola HLA-DR3, parte integrante di un aplo-tipo in cui sono comprese regioni che codificano per citochine proinfiammatorie come ilTNF. Pertanto, è lecito ipotizzare che la presenza di questo marcatore possa influire sulla su-scettibilità alla risposta infiammatoria, oppure possa favorire la produzione di un altro si-stema autoanticorpale, non ancora identificato[30]. I progressi degli ultimi anni nelle metodiche di tipizzazione genetica hanno permesso di as-sociare all’AR molte altre varianti genetiche oltre allo SE e agli alleli HLA di classe II. Un sin-golo polimorfismo nucleotidico (SNP) in posizione 1858 (C→T) nella tirosin fosfatasi PTPN22,enzima implicato nell’inibizione del segnale recettoriale delle cellule T e B, è stato dimo-strato come fattore di rischio indipendente nei pazienti con AR e ACPA. Si ritiene che talemutazione riduca la soglia d’attivazione dei linfociti T e B facilitando lo sviluppo di cloni au-toreattivi. Recenti studi condotti utilizzando genome-wide test su numerosi SNPs hanno di-mostrato l’associazione tra AR con positività per ACPA e diversi altri polimorfismi quali quellinelle regioni che codificano per STAT4 (signal transducer and activator of transcription 4, fat-tore trascrizionale coinvolto nella differenziazione di Th-1 e Th-17), TNFAIP3 (tumor necrosisfactor-α induced protein 3) e TRAF-1 (tumor necrosis factor receptor associated factor-1).

ClinicaL’esordio della malattia è variabile, ma nella maggior parte dei casi è insidioso e graduale. Lemanifestazioni articolari rappresentano la modalità d’esordio più frequente, tipicamente conun pattern poliarticolare simmetrico a carattere aggiuntivo e centripeto. Talvolta, soprattuttoquando l’esordio è acuto, la poliartrite si associa a sintomi che riflettono l’interessamento si-stemico della patologia, quali febbre, astenia, perdita di peso, mialgie e rash cutaneo[31,32]. Piùraramente la malattia è introdotta dalle manifestazioni peculiari del reumatismo palindromico,caratterizzato da episodi afebbrili e ricorrenti di artrite e periartrite che si risolvono sponta-neamente dopo poche ore o alcuni giorni[33], mentre nei pazienti più anziani si può osservareun quadro simil-polimialgico[34]. Indipendentemente dalle modalità d’insorgenza, il decorsodell’AR appare eterogeneo, delineando uno spettro ai cui estremi si riconoscono forme lievie poco evolutive oppure forme estremamente aggressive e disabilitanti[35,36]. Le articolazionimaggiormente coinvolte sono le metacarpofalangee (MCF) e interfalangee prossimali (IFP)delle mani, quelle del carpo e le metatarsofalangee (MTF) dei piedi. L’interessamento di que-ste articolazioni può realizzare, nella malattia evoluta, alcune deformità irriducibili molto ca-ratteristiche secondarie al cedimento strutturale di capsule, tendini e legamenti

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persistentemente infiammati. Le manifestazioni più evocative sono rappresentate dalla co-siddetta deviazione della mano “a colpo di vento” (per sublussazione palmare e ulnare delleMCF), dalle dita “a collo di cigno” o “ad asola” (per interessamento delle IFP e interfalangeedistali), dal “caput ulnae” (per sublussazione dorsale dell’ulna), dal “piede triangolare reu-matoide” (per valgismo dell’alluce e dislocazione delle altre dita del piede) [Figure 1 e 2].

Comunque, tutte le articolazioni diartro-diali possono essere interessate, e infattila sinovite può coinvolgere anche i gomiti,le spalle, le articolazioni costo-claveari eacromion-claveari, le caviglie, le ginoc-chia, le anche, le articolazioni temporo-mandibolari. Una delle localizzazioni piùtemibili, in genere tardiva, è rappresen-tata dall’interessamento dell’articola-zione atlanto-odontoidea[37]: a tale livello,la sinovite può usurare il dente dell’epi-strofeo e sfiancare l’azione contenitivadel legamento trasverso, con conse-guente sublussazione posteriore deldente medesimo divenuto instabile.Ancor più severa è la migrazione cranialedel dente attraverso il forame occipitalecon pericoloso avvicinamento al troncoencefalico, condizione che richiede il trat-tamento chirurgico d’urgenza[38]. Il qua-dro clinico è caratterizzato da doloreoccipitale con spiccata rigidità, e segni esintomi derivati dalla eventuale com-pressione del midollo[39]. Sebbene il quadro clinico dell’AR sia do-minato dalle manifestazioni articolari,studi epidemiologici hanno dimostratol’elevata prevalenza di interessamentodegli organi interni: in tal caso la prognosiè più severa, soprattutto in presenza divasculite (che colpisce in genere i vasi dipiccolo calibro), amiloidosi (che si mani-festa dopo molti anni spesso con protei-nuria legata all’interessamento del

Figura 1. Mano di un paziente di 46 anni affetto da artrite reu-matoide da 17 anni: sublussazione volare delle falangi prossi-mali sulle teste metacarpali del I e II dito e deformazione “adasola” del V dito (immagine dalla casistica clinica personale).

Figura 2. Piede di un paziente di 46 anni affetto da artritereumatoide da 17 anni: tipico aspetto “triangolare” del-l’avampiede reumatoide, che si osserva nelle fasi più evo-lute della malattia, caratterizzato da valgismo dell’alluce,sublussazione plantare delle teste metatarsali e dita a mar-tello (immagine dalla casistica clinica personale).

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glomerulo renale), fibrosi polmonare (indistinguibile dalle forme idiopatiche), episclerite esclerite[40]. È ormai acclarato, inoltre, che l’AR rappresenta un fattore di rischio indipendenteper patologie cardiovascolari, condizione secondaria al danno aterosclerotico che interessaprecocemente le pareti dei vasi arteriosi come conseguenza dell’infiammazione siste-mica[41,42]. In particolare, il tasso di mortalità per cardiopatia ischemica risulta più elevato neipazienti con AR rispetto alla popolazione generale[43]. Al di là delle manifestazioni più severe,la lesione extra-articolare più frequente dell’AR, legata alla positività ad alto titolo del FR, èrappresentata dai noduli reumatoidi, considerati espressione di una complicanza vasculi-tica, che più spesso compaiono in corrispondenza delle prominenze ossee o nelle regionijuxta-articolari[44]. Tali noduli possono essere asintomatici oppure, nel caso in cui si siano svi-luppati lungo il decorso dei tendini, ne possono favorire la rottura[45]. Raramente si localizzanoa livello del parenchima polmonare, delle corde vocali, delle sclere, dell’endocardio e dellamembrana sinoviale, ponendo ardui problemi di diagnosi differenziale[46]. Nelle forme con-clamate ed evolute di AR la diagnosi è generalmente agevole, ma negli stadi precoci di ma-lattia, se il quadro clinico non è dirimente, è necessario escludere le altre patologie checausano sinovite (spondiloartriti sieronegative, polimialgia reumatica, artriti post-infettive,connettiviti), ma anche disordini metabolici (artriti microcristalline, emocromatosi) e infe-zioni (endocardite batterica, infezione da virus dell’epatite B, AIDS, ecc.). Nel 2010 sono statipubblicati i nuovi criteri classificativi dell’AR, che consentono di formulare la diagnosi anchein fase molto precoce (6 settimane dall’esordio dei sintomi) seguendo un algoritmo che pre-vede la valutazione clinica del numero e del tipo di articolazioni interessate dal processo in-fiammatorio, i livelli dei reattanti di fase acuta e la positività per FR e/o ACPA (Tabella 1)[47].

Diagnostica strumentaleLo studio del danno strutturale nei pazienti con AR fornisce importanti informazioni ai fini dia-gnostici e appare inoltre estremamente utile per monitorare l’evoluzione della malattia e larisposta al trattamento[48]. Un danno anatomico può essere dimostrato nel 70% dei pazienticon la radiografia tradizionale entro 2 anni dall’esordio dei sintomi[49]. La più caratteristicaespressione radiografica dell’AR sono le erosioni ossee, che spesso compaiono prima a li-vello dei piedi e successivamente anche alle mani. Negli stadi più avanzati della malattia leerosioni possono progredire sia in ampiezza sia in profondità fino a produrre estesi quadridi riassorbimento osseo e associarsi ad altri segni tardivi quali osteoporosi generalizzata,sublussazioni, anchilosi fibrosa, artrosi secondaria (Figure 3 e 4)[48,50]. Negli ultimi anni l’impiego della radiologia è stato ulteriormente valorizzato dal fatto che laquantificazione del danno anatomico nei pazienti con AR e la sua progressione nel temposono state riconosciute come parametri di valutazione della severità di malattia e dell’effi-cacia delle terapie. Dei vari metodi proposti per misurare tale danno, il più diffusamente uti-lizzato nei trial clinici è quello di Sharp con le sue varianti[51-53]. A fronte dei numerosi vantaggi, la radiografia convenzionale presenta alcuni limiti: è poco

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PUNTEGGIO

L’algoritmo dovrebbe essere applicato ai pazienti che abbiano almeno 1 articola-zione con sinovite clinicamente evidente (tumefazione) e in cui la sinovite non siaspiegata da altre patologie.L’algoritmo si basa sul calcolo di un punteggio che si ottiene sommando i pun-teggi delle categorie A-D: perché un paziente possa essere classificato come af-fetto da artrite reumatoide definita è necessario ottenere un punteggio ≥ 6/10.

A. INTERESSAMENTO ARTICOLARE*1 grande articolazione 2-10 grandi articolazioni 1-3 piccole articolazioni (con o senza coinvolgimento di quelle grandi)4-10 piccole articolazioni (con o senza coinvolgimento di quelle grandi)> 10 articolazioni (di cui almeno 1 piccola articolazione)**

B. SIEROLOGIA (NECESSARIO ALMENO 1 TEST)FR negativo e ACPA negativiFR positivo a basso titolo o ACPA positivi a basso titoloFR positivo ad alto titolo o ACPA positivi ad alto titolo

C. REATTANTI DI FASE ACUTA (NECESSARIO ALMENO 1 TEST)PCR normale e VES normalePCR elevata o VES elevata

D. DURATA DEI SINTOMI*** < 6 settimane≥ 6 settimane

Tabella 1. Nuovi criteri classificativi dell’artrite reumatoide proposti nel 2010 dall’American College of Rheumato-logy e dalla European League Against Rheumatism (elaborata da[47])

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ACPA, anticorpi anti-proteine/peptidi citrullinati; FR, fattore reumatoide; PCR, proteina C reattiva; VES, ve-locità di eritrosedimentazione.Tali criteri sono stati concepiti per classificare i pazienti alla prima valutazione. Tuttavia, anche i pazienticon malattia erosiva tipica per artrite reumatoide con un’anamnesi compatibile con pregresso soddisfa-cimento dei criteri 2010 oppure i pazienti con malattia definita ed evoluta (anche se inattiva, con o senzatrattamento) possono essere classificati come affetti da artrite reumatoide sulla base dei nuovi criteri pur-ché la storia clinica pregressa consenta di soddisfarli. *Si intende qualsiasi articolazione tumefatta o dolente all’esame obiettivo, con sinovite confermata me-diante una metodica strumentale per immagini. Sono escluse dalla valutazione clinica le articolazioni in-terfalangee distali, la prima carpo-metacarpale e la prima metatarsofalangea bilateralmente. Le grandiarticolazioni comprendono spalle, gomiti, anche, ginocchia, caviglie; le piccole articolazioni comprendonole metacarpofalangee, le interfalangee prossimali, le metatarsofalangee (dalla II alla V), le interfalangeedei pollici e i polsi. **Almeno 1 tra le articolazioni interessate dal processo infiammatorio deve essere piccola; le altre pos-sono includere una qualsiasi combinazione di grandi e altre piccole articolazioni (non contemplate nelladefinizione), così come altre articolazioni non espressamente specificate altrove (temporomandibolari,acromionclaveari, sternoclaveari, ecc.).***Si riferisce alla durata dei segni o sintomi di sinovite (dolore, tumefazione, dolorabilità) riportati dalpaziente a livello delle articolazioni clinicamente coinvolte al momento della visita, indipendentementedalla terapia in atto.

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accurata nella valutazione dei tessutimolli ed espone il paziente alle radia-zioni, seppure in bassa quantità; inol-tre, poiché la struttura tridimensionaledelle articolazioni viene convertita inun’immagine bidimensionale, si deter-mina una sovrapposizione di struttureadiacenti che possono pregiudicare lacorretta interpretazione dei radio-grammi[54]. Infine, numerosi studihanno dimostrato che la radiografia èuno strumento molto meno sensibilerispetto alle altre metodiche di ima-ging di più recente introduzione, qualil’ecografia articolare e muscolo-tendi-nea (musculoskeletal ultrasonogra-phy, MSUS) e la risonanza magneticanucleare (RMN)[55,56]. La MSUS per-mette di studiare con uguale perizial’osso e i tessuti molli, e presenta ca-ratteristiche di non invasività, riproduci-bilità e costi relativamente contenuti[57].Tra le principali indicazioni della MSUSnella pratica clinica reumatologica, visono la precoce individuazione delleerosioni, favorita dall’elevato grado di ri-soluzione spaziale della metodica[58], el’utilizzo del power Doppler, indispen-sabile per riconoscere l’aumentata per-fusione dei tessuti molli e quindi unasinovite molto attiva (Figura 5)[59]. La MSUS è comunque una metodicaoperatore-dipendente, che richiede untraining molto accurato per evitare chela lettura delle immagini possa esserecondizionata dallo specifico assettooperativo dello strumento e dalle mo-dalità d’esecuzione dell’indagine.La RMN è una metodica sensibile per

Figura 3. Radiografia delle mani di una paziente di 57 anni af-fetta da artrite reumatoide da 20 anni: bilateralmente si osservaosteoporosi diffusa e marcata, sublussazioni, erosioni e geodi,carpite di grado severo con scomparsa della rima articolare (dal-l’archivio personale).

Figura 4. Radiografia dei piedi di una paziente di 57 anni affettada artrite reumatoide da 20 anni: bilateralmente si osservano se-vere erosioni con marcato riassorbimento osseo delle teste me-tatarsali, sublussazioni e osteoporosi diffusa (dall’archiviopersonale).

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studiare la sinovite e la progressionedel danno erosivo[60,61]; tuttavia, lascarsa diffusione e i costi elevati ne li-mitano ancora oggi l’applicabilità[57].Anche la tomografia computerizzata haun ruolo circoscritto, soprattutto perl’elevata dose di radiazioni assorbitadal paziente, sebbene sembri più sen-sibile della RMN nello studio delle ero-sioni[62,63].

Indici di attività e di risposta clinicaNei pazienti con AR uno stato di persi-stente attività di malattia sostiene laprogressione del danno strutturale equindi la disabilità che, in caso di dannoprogressivo, diviene irreversibile[64,65].Misurare l’attività di malattia (e i suoiesiti) è, pertanto, un’esigenza motivatadalla necessità di valutare in manieracritica l’efficacia della terapia assuntadal paziente, attraverso il monitoraggioperiodico di alcuni parametri clinici. Pertale motivo, i due più importanti orga-nismi internazionali, l’American Col-lege of Rheumatology (ACR) e laEuropean League Against Rheuma-tism (EULAR), hanno raggiunto unampio consenso sulla definizione di un core set, cioè un numero minimo di variabili di atti-vità di malattia che dovrebbero essere indifferibilmente misurate, con lo scopo di standar-dizzare l’approccio al paziente con AR e poter confrontare i risultati di differenti studiclinici[66-68]. Tali variabili comprendono il numero delle articolazioni dolenti e tumefatte, la mi-sura della capacità funzionale – in genere eseguita utilizzando il questionario autosommini-strato Health Assessment Questionnaire (HAQ)[69] – i reattanti di fase acuta velocità dieritrosedimentazione (VES) e proteina C reattiva (PCR), e il giudizio circa l’attività di malat-tia espresso sia dal medico sia dal paziente oltre a quello sull’intensità del dolore percepitodal paziente[70]. Queste ultime 3 valutazioni vengono riportate su una scala analogica visiva(VAS), una linea orizzontale lunga 10 centimetri con gli estremi marcati dalle diciture “nes-sun dolore/attività di malattia nulla” e “il peggior dolore possibile/massima attività di ma-

Figura 5. Immagini ultrasonografiche relative a pazienti con ar-trite reumatoide di lunga durata. A) Presenza di versamento (*)con segni ecografici di proliferazione sinoviale e iperemia tissu-tale (^) a livello dell’articolazione radio-carpica: tale quadro è dariferire a sinovite attiva. Sono inoltre presenti irregolarità dellesuperfici ossee di verosimile natura erosiva (↑). B) Erosione(↑) a livello della testa del metacarpo dell’articolazione meta-carpofalangea del secondo dito della mano sinistra. (Per gentileconcessione del Servizio di Ecografia Muscoloscheletrica, Reu-matologia, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma).

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lattia”, sulla quale il paziente e il medico tracciano un segno verticale in corrispondenza delpunto che meglio descrive il loro giudizio: si ottiene così una misura su scala continua, chelegittima l’elevata sensibilità del metodo[71]. Nei trial clinici che prevedono un follow-up dialmeno 1 anno sarebbe opportuno includere nel core set anche una misura di danno strut-turale.La definizione e la successiva applicazione del core set nei pazienti con AR ne hanno messoin luce anche i limiti, derivati dal fatto che l’AR, come gran parte delle malattie infiammato-rie croniche, è clinicamente eterogenea, pertanto le singole variabili potrebbero non cattu-rare lo stato di attività di malattia con la medesima efficacia in tutti i pazienti. Per tale motivosono stati creati gli indici compositi, che combinano le informazioni derivate da più variabiliindividuali, e consentono di ridurre la numerosità campionaria necessaria per poter indivi-duare differenze statistiche tra i gruppi di pazienti confrontati[72,73]. Gli indici compositi più uti-lizzati sono il Disease Activity Score (DAS)[74], il DAS28[75], il Simplified Disease Activity Index(SDAI) e il Clinical Disease Activity Index (CDAI)[70]. Tutti questi indici considerano una contadi 28 articolazioni dolenti e tumefatte, a eccezione del DAS, che valuta invece le articolazionidolenti attraverso l’indice di Ritchie[76] e le articolazioni tumefatte su un totale di 44. Il DASe il DAS28 non sono intercambiabili: il DAS28 è stato introdotto per agevolare il calcolo del-l’attività di malattia attraverso la sostituzione dell’indice di Ritchie con la semplice conta dellearticolazioni dolenti, limitata a 28 così come per quelle tumefatte. Gli indici SDAI e CDAIsono stati validati più di recente e presentano il vantaggio che la loro elaborazione non è le-gata a una formula matematica (e quindi alla necessità di avere a disposizione un calcola-tore) ma alla somma aritmetica delle singole variabili. Il CDAI, unico tra gli indici compositi,non contempla alcun esame di laboratorio, pertanto la sua determinazione, prevedendo sol-tanto parametri clinici, può essere effettuata anche qualora il paziente non abbia effettuatocontrolli laboratoristici. La Tabella 2 riassume le principali caratteristiche degli indici com-positi di attività di malattia utilizzati nei pazienti con AR.Oltre alle misure adottate per valutare l’attività di malattia, è emersa la necessità di definireparametri che misurassero la risposta al trattamento. Sia l’EULAR sia l’ACR hanno sviluppatodei criteri per poter definire il miglioramento e la remissione clinica. Pur essendo completa-mente diversi, entrambi sono considerati validi nelle sperimentazioni cliniche: i criteri EULARsi basano su valori assoluti e sulle variazioni del DAS/DAS28 rispetto alla valutazione inizialee permettono di classificare la risposta al trattamento come buona, moderata o assente[75].I criteri di miglioramento ACR valutano invece il miglioramento (del 20, 50, 70 o più rara-mente 90%) di tutte le variabili del core set[77].I criteri di remissione definiscono l’assenza o comunque un livello molto basso di attività dimalattia che deve essere mantenuto per un determinato periodo di tempo. L’ACR ha propo-sto già nel 1981 una definizione di remissione basata su 6 variabili (rigidità mattutina ≤ 15 mi-nuti, VES ≤ 30 mm/ora nelle femmine o ≤ 20 mm/ora nei maschi, assenza di astenia, di dolorearticolare valutato anamnesticamente, di dolorabilità al movimento e di tumefazione artico-

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lare o tendinea)[78]. L’EULAR utilizza invece il livello assoluto del DAS, per il quale sono statiidentificati dei valori soglia (DAS < 1,6, DAS28 < 2,6)[79]. In entrambi i criteri la remissione siconsidera raggiunta quando la risposta venga mantenuta per almeno 2 mesi consecutivi.

TerapiaLe nuove acquisizioni patogenetiche sull’AR hanno consentito di sviluppare strategie tera-peutiche più efficaci, legate all’introduzione di farmaci innovativi, a un cambiamento dellemodalità di approccio alla malattia di lunga durata e alla consapevolezza che la terapia otti-male prevede un intervento di tipo multidisciplinare, che dovrebbe coinvolgere, oltre al reu-matologo, anche il fisiatra, il terapista occupazionale, il chirurgo ortopedico, lo psicologo. Gliobiettivi principali del trattamento sono tesi a ridurre l’attività di malattia e a modificarne ildecorso naturale: tuttavia, per molti anni tali aspetti sono stati sottovalutati e, seguendo i det-tami della teoria della “piramide terapeutica”, si è privilegiato un atteggiamento conservativobasato sull’impiego dei farmaci antinfiammatori non steroidei insieme con un programma

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Tabella 2. Principali indici utilizzati per misurare l’attività di malattia nei pazienti con artrite reumatoide (ela-borata da[70,74,75])

PCR, proteina C reattiva; VAS, scala analogica visiva; VES, velocità di eritrosedimentazione. *Sono dispo-nibili le formule per il DAS e il DAS28 a 3 variabili, in cui rimane esclusa la VAS. Inoltre, sono state propo-ste, per entrambi gli indici, le formule in cui la PCR sostituisce la VES, ma sono poco utilizzate perché nonintercambiabili con gli indici originali.

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di esercizi di economia articolare e di riposo ai quali, in caso di scarsa efficacia, si associavala terapia steroidea. Tale schema veniva proseguito anche per anni, fino a quando non eranochiaramente evidenti le erosioni articolari, e solo allora si riteneva legittimo introdurre i co-siddetti disease modifying anti-rheumatic drugs (DMARDs), farmaci capaci di modificare inparte l’evoluzione dell’AR[80]. Questo atteggiamento ha condotto a un elevato grado di disa-bilità tra i pazienti, supportato dall’evidenza che durante i primi 2 anni di malattia, tempo chenormalmente intercorreva per progredire nell’ascesa della piramide, la sinovite evolveva inmodo critico, realizzandosi gran parte del danno articolare[81]. Si è giunti così a un cambia-mento radicale che ha portato a utilizzare i DMARDs il più precocemente possibile, a usarliin combinazione, e alla convinzione che, allo scopo di raggiungere risultati ottimali, fosseronecessari controlli periodici per poter modificare tempestivamente la terapia in caso di ri-sultati insoddisfacenti (Tabella 3)[82-85].Allo stato attuale, i DMARDs più usati sono metotressato (MTX), sulfasalazina, ciclosporina,leflunomide e idrossiclorochina. Tra di essi il MTX è il farmaco di riferimento, per la capacitàdi controllare i sintomi e rallentare la progressione del danno strutturale, oltre che per il buon

profilo di tollerabilità[86].I DMARDs possono essereutilizzati in monoterapia, asse-condando uno schema caratte-rizzato da un uso sequenzialedei diversi trattamenti e realiz-zato con la pronta sostituzionedi un farmaco in caso di scarsaefficacia sulla progressionedella malattia[87]. Un’altra pos-

sibilità è quella di utilizzarli in combinazione, con il vantaggio di ridurre la dose del singolo far-maco e sfruttare le sinergie appartenenti a farmaci con meccanismi d’azione differenti[88]. Intale ambito sono stati proposti l’approccio step-down, che prevede l’uso contemporaneo dipiù DMARDs per ottenere la remissione clinica con successiva interruzione sequenziale deivari farmaci fino al mantenimento del meno tossico a più lungo termine[89], e quello step-up,in cui invece si aggiungono altri DMARDs al farmaco iniziale che ancora non abbia prodotto irisultati attesi[90]. In genere il MTX rientra in tutti gli schemi di combinazioni proposte; quellepiù efficaci e tollerate sono risultate le associazioni MTX/sulfasalazina/idrossiclorochina[91] eMTX/ciclosporina[92]. Nonostante la loro utilità, i DMARDs tradizionali non sempre soddisfano i requisiti essenzialiper un effettivo controllo della malattia. Inoltre, sono propri dei DMARDs la lenta comparsadella risposta terapeutica, che non sempre viene mantenuta nel tempo, il limitato effettosulla progressione del danno radiologico[85] e l’impossibilità, se non in rari casi, di indurre laremissione clinica. Quest’ultima è considerata oggi l’obiettivo ideale del trattamento del-

� Precoce utilizzo dei DMARDs (metotressato in primis)� Frequenti visite di controllo con monitoraggio dell’attività

di malattia e aggiustamenti terapeutici� Combinazione di più DMARDs quando indicato� Utilizzo di farmaci biologici nei pazienti non responsivi ai

DMARDs � Passaggio a un altro farmaco biologico in caso di insuc-

cesso del primo

Tabella 3. Principi di terapia dell’artrite reumatoide. DMARDs, disease mo-difying anti-rheumatic drugs (elaborata da[85])

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l’AR e ha pertanto un peso specifico rilevante nella valutazione della risposta terapeutica. Di grande attualità rimane l’impiego dei glucocorticoidi per la capacità di fornire, anche abasse dosi, rapido sollievo dai segni e sintomi dell’infiammazione[93], proprietà che ne giu-stifica l’ampio utilizzo nella pratica clinica in aggiunta ai DMARDs. I glucocorticoidi andreb-bero comunque impiegati per il periodo più breve possibile e alla dose minima efficace,tenendo conto delle comorbilità (diabete mellito, ipertensione arteriosa, osteoporosi) e deipossibili eventi avversi.

Terapia con farmaci biologici antagonisti del TNFLa consapevolezza dei limiti dei DMARDs tradizionali rispetto alle aspettative più ambiziosesull’efficacia terapeutica nell’AR ha fornito un nuovo impulso alla ricerca, clamorosamentesfociato, alla fine degli anni ‘90, con l’introduzione dei farmaci biologici, ottenuti con proce-dure di colture cellulari pro- o eucariote e di ingegneria genetica. Questi farmaci sono staticoncepiti per contrastare in maniera mirata alcuni mediatori particolarmente attivi nella ca-scata infiammatoria responsabile della sinovite reumatoide[94]. I primi bersagli dei farmaci bio-logici sono stati il TNF e l’IL-1: mentre l’efficacia clinica del blocco di IL-1 non ha prodottorisultati soddisfacenti[95], l’inibizione del TNF rappresenta oramai un’acquisizione consolidatasia nella terapia dell’AR sia in quella delle spondiloartriti[96]. Gli antagonisti del TNF attual-mente disponibili comprendono l’anticorpo chimerico umano/murino infliximab, l’anticorpototalmente umano adalimumab, ed etanercept, proteina di fusione tra l’analogo strutturaledel recettore solubile p75 del TNF e la regione Fc di una IgG1 umana. Nell’AR in stadio avan-zato gli antagonisti del TNF sono stati impiegati, nell’ambito di studi controllati, perlopiù inpazienti con risposta inadeguata al MTX e, sebbene non sia stato pubblicato alcuno studiodi confronto diretto, tutti e tre hanno dimostrato di poter soddisfare le aspettative disattesedai trattamenti convenzionali: rapidità d’azione, marcata riduzione dei segni e sintomi dellamalattia, risposta terapeutica costante e duratura, miglioramento significativo della qualitàdi vita e, soprattutto, marcato rallentamento della progressione radiologica del danno strut-turale, in particolare quando utilizzati in associazione con il MTX[97-113]. Assai incoraggiantisono i risultati degli studi a lungo termine, ottenuti estendendo in aperto la durata della te-rapia: questi dimostrano infatti, in una percentuale elevata di pazienti, la persistenza della ri-sposta già osservata nell’analisi a breve termine e il mantenimento di un buon profilo disicurezza[104,110,114]. Il marcato rallentamento della progressione del danno radiografico eragià apparso evidente nello studio ATTRACT in cui pazienti con AR attiva nonostante il MTXsono stati randomizzati ad aggiungere placebo o 4 dosaggi di infliximab[97,98]. Risultati moltobuoni sono stati ottenuti anche con etanercept, come si rileva dall’estensione a 3 anni dellostudio TEMPO[106], che ha dimostrato la superiorità della terapia di combinazione etanerceptpiù MTX rispetto alla monoterapia con i due farmaci sia sulla risposta clinica sia sul dannostrutturale. La maggiore efficacia della terapia di combinazione è stata descritta anche conadalimumab nel trial ARMADA, in cui pazienti non adeguatamente responsivi al MTX sono

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stati randomizzati ad aggiungere al MTX placebo o 3 differenti dosaggi di adalimumab. Av-viato come studio randomizzato e controllato per le prime 24 settimane, è stato poi estesoin aperto fino a 4 anni, consentendo a tutti i pazienti di assumere adalimumab alla dosestandard di 40 mg ogni 2 settimane[109,110]. Alla fine del periodo di osservazione la superioreefficacia di adalimumab rispetto al placebo, valutata con i criteri di risposta ACR, veniva man-tenuta nel tempo nonostante la riduzione della dose dei glucocorticoidi e/o di MTX conco-mitanti, e il 43% dei pazienti ancora in trattamento presentava una remissione clinicasecondo i criteri del DAS28[110]. Un lungo follow-up a nostra disposizione è quello relativo al-l’estensione a 8 anni dello studio DE019[107,108], di prossima pubblicazione. In questo trial mul-ticentrico, della durata di 52 settimane, 619 pazienti con malattia attiva nonostante il MTXsono stati randomizzati ad aggiungere allo stesso MTX adalimumab alla dose di 20 mg/set-timana oppure di 40 mg/2 settimane o ancora placebo[107]. I pazienti che hanno completatoquesta prima fase hanno poi ricevuto in aperto adalimumab alla dose di 40 mg/2 settimanein associazione al MTX per altri 7 anni. Al termine dell’ottavo anno 185 pazienti erano ancorain trattamento, una risposta ACR20/50/70/90 si dimostrava rispettivamente nell’81%, 62%,46% e 19% dei pazienti, ben il 60% dei pazienti trattati con adalimumab e MTX presentavauna remissione clinica (DAS28 < 2,6) e un arresto della progressione del danno radiograficoera evidente nel 55% dei pazienti trattati sin da subito con MTX più adalimumab 40 mg/2 set-timane rispetto al 37% di coloro che erano stati trattati con MTX e placebo nel corso delprimo anno. Dai principali studi clinici in cui sono stati impiegati i farmaci antagonisti del TNFnei pazienti con AR consolidata si evince che, come dimostrato nell’AR di recente insorgenza,si può ottenere una risposta clinica significativa, valutata in base ai criteri EULAR o ACR, eun rallentamento della progressione del danno strutturale (Tabella 4). Nel 2006 sono state pubblicate le raccomandazioni per l’uso degli antagonisti del TNF nel-l’AR da parte della Società Italiana di Reumatologia, che prevedono l’utilizzo di tali farmaci inpazienti con malattia attiva (DAS28 > 5,1) che abbiano fallito la terapia con DMARDs (inclusoil MTX alla dose di almeno 15 mg/settimana per 12 settimane)[115]. Più di recente l’EULAR hapubblicato le evidenze a sostegno dell’uso degli anti-TNF nei pazienti che abbiano fallito la mo-noterapia con MTX (o altro DMARD in caso di controindicazione o intolleranza al MTX), rac-comandandone, quando possibile, l’associazione con il MTX[116].I risultati ottenuti dai trial controllati hanno dimostrato che i farmaci biologici anti-TNF presen-tano generalmente un buon profilo di sicurezza. Dai registri di sorveglianza post-marketingsono emersi alcuni eventi avversi, talvolta gravi, soprattutto dopo trattamenti a lungo termine.L’esempio più eclatante è l’aumentato rischio di riattivazione di un’infezione tubercolare la-tente, motivo per cui lo screening antitubercolare è raccomandato per tutti i pazienti candidatial trattamento[117,118]. Altri eventi avversi secondari all’uso di questi farmaci comprendono le in-fezioni, spesso opportunistiche, la comparsa di autoanticorpi, i linfomi e i tumori solidi (evi-denze non definitive), l’anemia o la pancitopenia, la comparsa di psoriasi, il rialzo delletransaminasi, l’aggravamento dello scompenso cardiaco congestizio, le reazioni infusionali

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o nel sito di inoculo, e le sindromi demielinizzanti[119]. Infine, in assenza di dati certi, si scon-siglia l’assunzione degli anti-TNF durante la gravidanza[120].Sul mercato europeo si stanno affacciando due nuovi antagonisti del TNF: golimumab (an-ticorpo monoclonale umano anti-TNF) e certolizumab pegol (frammento Fab’ PEGilato di unanticorpo monoclonale umanizzato anti-TNF).

Opzioni terapeutiche in caso di insuccesso degli antagonisti del TNF Nonostante la comprovata efficacia, il 30% circa dei pazienti trattati con gli anti-TNF dispo-nibili in commercio è costretto a sospendere il trattamento a causa di una risposta inade-guata (per inefficacia primaria, quando il paziente non abbia mai risposto alla terapia, oppuresecondaria, nel caso in cui l’efficacia si sia persa con il tempo, o ancora perché la risposta ot-tenuta è parziale) o per eventi avversi[121,122]. Nella pratica clinica, le strategie per gestire talipazienti includono l’incremento del dosaggio, che tuttavia non sembra essere particolarmenteefficace[123], lo switching verso un altro antagonista del TNF (alternativa possibile per le diffe-renze di struttura e meccanismo d’azione tra i diversi anti-TNF), o l’utilizzo di target terapeu-tici diversi. Lo switching tra antagonisti del TNF è molto praticato: i dati provenienti daun’ampia casistica del registro inglese mostrano che la maggior parte dei pazienti trattati conun altro anti-TNF dopo il fallimento del primo ha proseguito la terapia con il secondo farmaconel periodo di follow-up, e che le ragioni di un’inadeguata risposta al secondo antagonistaerano analoghe a quelle del primo fallimento[124]. Tali dati sono in accordo con quanto osser-vato in una nostra casistica in cui i pazienti sono stati seguiti longitudinalmente per 8 anni.In questo studio abbiamo fornito ulteriori evidenze sull’opportunità di provare un secondoanti-TNF dopo il fallimento del primo, anche se la probabilità di raggiungere una risposta cli-nica a seguito dello switching era maggiore in caso di sospensione del primo farmaco per per-dita di efficacia o evento avverso piuttosto che per inefficacia primaria (Figura 6)[125]. L’utilizzo di farmaci dotati di un meccanismo d’azione diverso rispetto a quello del blocco delTNF è giustificato dal fatto che la patogenesi dell’AR, come già detto, è molto complessa e coin-volge numerosi mediatori. Oggi disponiamo di farmaci capaci di modulare la co-stimolazionedei linfociti T (CTLA4 Ig, abatacept), di bloccare i linfociti B (anticorpo monoclonale chimericoanti-CD20, rituximab) e di inibire IL-6 (anticorpo monoclonale umanizzato antirecettore dell’IL-6,tocilizumab), e tutti hanno dimostrato la loro efficacia in studi clinici randomizzati e controllati, so-prattutto in associazione con il MTX[126-128].

Indici prognosticiLa notevole efficacia dei farmaci biologici, testimoniata dai numerosi trial randomizzati con-trollati di cui si è già detto, ha spinto a utilizzarli in fase sempre più precoce, e questa tendenzaè stata suggellata dalle raccomandazioni proposte dalle linee guida internazionali[129,130]. Tut-tavia, poiché il decorso dell’AR può essere molto variabile, è importante disporre di marca-tori capaci di identificare i pazienti candidati a sviluppare una malattia severa che possano

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beneficiare al meglio di un trattamento aggressivo. Dagli studi pubblicati emerge che livelliincrementati di VES e PCR, un elevato numero di articolazioni dolenti e tumefatte, una ma-lattia in fase attiva, valutata anche con l’ausilio dell’ecografia con esame power Doppler, ela presenza di erosioni al momento della diagnosi si associano a una prognosi più severa eal danno erosivo[131-135]. Anche gli autoanticorpi possiedono un valore predittivo: tuttavia, men-tre gli ACPA sono universalmente riconosciuti come il fattore prognostico più affidabile nellapratica clinica, i dati relativi al FR appaiono ancora contrastanti[136-139].

Follow-upI pazienti affetti da AR devono essere monitorati frequentemente, soprattutto durante i primianni di malattia, allo scopo di contenere le fasi di riacutizzazione infiammatoria responsabilidel successivo sviluppo del danno anatomico. La valutazione dovrebbe prevedere la misu-razione dell’attività di malattia con uno degli indici a nostra disposizione (DAS, DAS28, SDAI,CDAI). Anche nei pazienti con malattia consolidata possono esserci fasi di riacutizzazione in-fiammatoria che devono essere prontamente trattate per evitare un’ulteriore progressionedel danno; particolare attenzione deve essere posta, inoltre, alla possibilità che vi sia un in-

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Figura 6. Passaggio a un secondo anta-gonista del tumor necrosis factor (TNF) neipazienti con artrite reumatoide (AR). In unostudio osservazionale prospettico della du-rata di 8 anni è stata valutata l’efficacia,nella pratica clinica quotidiana, del passag-gio a un secondo anti-TNF nei pazienti af-fetti da AR che avevano sospeso il primoper la comparsa di eventi avversi o ineffi-cacia (insuccesso primario o perdita di ef-ficacia nel tempo). Dei 395 pazienti con ARtrattati con anti-TNF nel periodo conside-rato (253 con etanercept, 115 con adali-mumab e 27 con infliximab), 22 cheavevano sospeso etanercept sono statitrattati con adalimumab e 12 che avevanosospeso adalimumab con etanercept. Adistanza di 3 mesi dall’inizio del secondofarmaco, una risposta buona/moderatasecondo i criteri della European LeagueAgainst Rheumatism (EULAR) si dimo-strava in oltre il 60% dei pazienti. Infine 3pazienti sono stati trattati prima con infli-ximab e poi con etanercept, con rispostaEULAR a distanza di 3 mesi in 1 dei 3.Inoltre, la durata media del trattamentocon il secondo anti-TNF era significativa-mente più lunga nei pazienti che avevanosospeso il primo farmaco per perdita diefficacia ed evento avverso rispetto a co-loro che avevano sospeso per insuc-cesso primario (p < 0,05) [modificatagraficamente da(125)].

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teressamento viscerale e anche alle eventuali deformità articolari che, in caso di sensibilelimitazione funzionale, potrebbero essere risolte chirurgicamente. Circa il 20-30% dei pa-zienti non presenta erosioni dopo 2 anni dall’esordio dell’AR e non è candidato a sviluppareuna malattia rapidamente progressiva: la frequenza del monitoraggio in questi soggetti puòessere ridotta[140].

Prospettive futureLa possibilità di utilizzare i farmaci biologici nell’AR è stata ripetutamente etichettata come“rivoluzionaria” con riferimento all’obiettivo terapeutico di cui si è ampiamente detto. Eppurerimangono ancora delle necessità insoddisfatte: alcuni pazienti rispondono solo parzialmentealle terapie biologiche o comunque sviluppano eventi avversi che costringono a sospen-derle; la remissione reale, cioè quella dimostrabile anche dopo la sospensione della terapia,viene raramente mantenuta; non sempre si ottiene l’arresto o il rallentamento della pro-gressione del danno strutturale e la riparazione delle lesioni anatomiche preesistenti finoraha assunto una rilevanza soltanto aneddotica. Pertanto, la sfida del prossimo futuro saràquella di sfruttare al meglio le applicazioni delle biotecnologie emergenti, quali la genomica,la trascrittomica, la proteomica, la metabolomica e la bioinformatica, per poter interpretarein maniera più puntuale la patogenesi dell’AR e sviluppare quindi percorsi terapeutici per-sonalizzati sul profilo dei singoli pazienti[141].

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Humira 40 mg soluzione iniettabile in penna pre-riempita. 2. COMPOSIZIONE QUALI-TATIVA E QUANTITATIVA Ciascuna penna pre-riempita monodose da 0,8 ml contiene 40 mg di adalimumab. Adalimumab è unanticorpo monoclonale umano ricombinante espresso in cellule ovariche di criceto (Chinese Hamster Ovary). Per l’elenco completodegli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione limpida iniettabile contenuta in penna pre-riempita.4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Artrite reumatoide Humira, in combinazione con metotressato, è in-dicato per: il trattamento di pazienti adulti affetti da artrite reumatoide attiva di grado da moderato a grave quando la risposta ai far-maci anti-reumatici modificanti la malattia (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs – DMARDs), compreso il metotressato, risultainadeguata. Il trattamento dell’artrite reumatoide grave, attiva e progressiva in adulti non precedentemente trattati con metotres-sato. Humira può essere somministrato come monoterapia in caso di intolleranza al metotressato o quando il trattamento conti-nuato con metotressato non è appropriato. Humira, in combinazione con metotressato, inibisce la progressione del dannostrutturale, valutata radiograficamente, e migliora la funzionalità fisica, in questa popolazione di pazienti. Artrite giovanile poliarti-colare idiopatica Humira in combinazione con metotressato è indicato per il trattamento dell’artrite giovanile poliarticolare idiopa-tica, in adolescenti di età compresa tra 13 e 17 anni, che hanno avuto una risposta inadeguata ad uno o più farmaci anti-reumaticimodificanti la malattia (DMARDs). Humira può essere somministrato come monoterapia in caso di intolleranza al metotressato oquando il trattamento continuato con metotressato non è appropriato (vedere il paragrafo 5.1). Artrite psoriasica Humira è indicatoper il trattamento dell’artrite psoriasica attiva e progressiva in soggetti adulti quando la risposta a precedenti trattamenti con far-maci anti-reumatici modificanti la malattia (Disease Modifying Anti-rheumatic Drugs – DMARDs) è stata inadeguata. E’ stato di-mostrato che Humira riduce la percentuale di progressione del danno articolare periferico associato rilevato attraverso radiografiein pazienti affetti da sottogruppi poliarticolari simmetrici della malattia (vedere il paragrafo 5.1) e migliora la funzionalità fisica. Spon-dilite anchilosante Humira è indicato per il trattamento dei pazienti adulti affetti da spondilite anchilosante attiva grave in cui la ri-sposta alla terapia convenzionale non è risultata adeguata. Malattia di Crohn Humira è indicato nel trattamento della malattia di Crohnattiva grave, in cui la risposta ad un ciclo terapeutico completo ed adeguato a base di corticosteroidi e/o di un immunosoppressorenon è risultata adeguata, o nei pazienti che risultino intolleranti a tali terapie o presentino controindicazioni mediche ad esse. Pso-riasi Humira è indicato per il trattamento della psoriasi cronica a placche, di grado da moderato a severo, nei pazienti adulti che nonhanno risposto, o che presentano controindicazioni o che sono risultati intolleranti ad altre terapie sistemiche, tra cui il trattamentoa base di ciclosporina, metotressato o PUVA. 4.2 Posologia e modo di somministrazione La terapia con Humira deve essere ini-ziata e monitorata da medici specialisti con esperienza nella diagnosi e nel trattamento dell’artrite reumatoide, artrite giovanile po-liarticolare idiopatica, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, malattia di Crohn o psoriasi. Ai pazienti trattati con Humira deveessere consegnata una speciale scheda di allerta. Dopo adeguate istruzioni sulla tecnica di iniezione di Humira, i pazienti possonoeseguire da soli l’iniezione, se il medico lo ritiene opportuno, e con controlli medici periodici, secondo necessità. Durante il tratta-mento con Humira, le altre terapie concomitanti (ad esempio i corticosteroidi e/o gli agenti immunomodulatori) devono essere ot-timizzate. Adulti Artrite reumatoide La dose di Humira indicata per i pazienti adulti con artrite reumatoide è di 40 mg di adalimumabin un’unica somministrazione ogni due settimane per via sottocutanea. Il metotressato deve essere continuato durante il tratta-mento con Humira. Glucocorticoidi, salicilati, farmaci anti-infiammatori non-steroidei o analgesici possono essere continuati incorso di terapia con Humira. Per quanto riguarda la combinazione con altri DMARDs diversi dal metotressato vedere paragrafi 4.4e 5.1. Alcuni pazienti che in monoterapia mostrano una riduzione nella risposta possono beneficiare di un aumento della dose a 40mg di adalimumab ogni settimana. Sospensione del dosaggio Ci potrebbe essere necessità di interruzione della somministrazione,per esempio prima di un intervento chirurgico o in caso di grave infezione. Dati disponibili indicano che la re-introduzione di Humira,dopo sospensione di 70 giorni o più, determina una risposta clinica della stessa importanza e con un profilo di sicurezza simile ri-spetto a prima della sospensione del dosaggio. Artrite psoriasica e spondilite anchilosanteLa dose raccomandata di Humira per ipazienti affetti da artrite psoriasica o spondilite anchilosante è di 40 mg di adalimumab somministrati ogni due settimane in dosesingola per via sottocutanea. Per tutte le indicazioni soprariportate, i dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica viene soli-tamente ottenuta entro 12 settimane dall’inizio del trattamento. Nei casi di mancata risposta entro questo periodo di tempo, la con-tinuazione della terapia deve essere valutata con particolare attenzione. Malattia di Crohn La dose di Humira indicata in caso diterapia di induzione è pari a 80 mg alla Settimana 0 per i pazienti adulti affetti da malattia di Crohn grave, seguita da una dose di 40mg alla Settimana 2. Nel caso in cui sia necessario indurre una risposta più rapida alla terapia, può essere somministrata una dosepari a 160 mg alla Settimana 0 (tale dose può essere somministrata praticando quattro iniezioni nel corso di un giorno oppure dueiniezioni al giorno per due giorni consecutivi), seguita da 80 mg alla Settimana 2, tenendo presente che il rischio di eventi avversirisulta maggiore durante l’induzione. Dopo il trattamento di induzione, la dose indicata è pari a 40 mg a settimane alterne, som-ministrata per via sottocutanea. Alternativamente, nel caso in cui un paziente abbia interrotto il trattamento con Humira e qualoradovesse ricorrere la sintomatologia tipica della malattia, la terapia con Humira può essere somministrata nuovamente. Esistonopochi dati sulla risomministrazione di Humira qualora sia trascorso un periodo di 8 settimane dalla somministrazione della dose pre-cedente. Nel corso della terapia di mantenimento, il dosaggio di corticosteroidi può essere gradatamente ridotto in base alle lineeguida elaborate per la gestione clinica della malattia. Alcuni pazienti nei quali la risposta alla terapia si riduce possono trarre giova-mento da un aumento del dosaggio a 40 mg di Humira ogni settimana. I pazienti che non hanno manifestato una risposta adeguataalla terapia entro la quarta settimana potrebbero trarre giovamento dall’istituzione di una terapia di mantenimento continuata finoalla dodicesima settimana. Nei pazienti in cui la risposta alla terapia risulti inadeguata entro questo periodo di tempo, deve essereattentamente valutata la necessità di istituire una terapia continuata. Psoriasi La dose raccomandata di Humira per i pazienti adultiè costituita da una dose iniziale pari a 80 mg, somministrati per via sottocutanea, seguita da una dose pari a 40 mg, per via sotto-cutanea, somministrati a settimane alterne, ad iniziare dalla settimana successiva all’assunzione della dose iniziale. Nei pazienti cheentro questo periodo di tempo non hanno sviluppato una risposta soddisfacente, sarebbe opportuno valutare attentamente se siail caso di proseguire la terapia oltre le 16 settimane. Pazienti anziani Non sono richieste modifiche del dosaggio. Bambini e adole-scenti (di età compresa tra 13 e 17 anni) Artrite Giovanile Poliarticolare Idiopatica La dose raccomandata di Humira per pazienti conartrite giovanile poliarticolare idiopatica dai 13 anni in su è di 40 mg di adalimumab somministrati a settimane alterne in dose sin-gola per via sottocutanea. I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica si raggiunge solitamente entro le 12 settimane ditrattamento. Nei pazienti in cui la risposta alla terapia risulti inadeguata entro questo periodo di tempo, deve essere attentamentevalutata la necessità di istituire una terapia continuata. Insufficienza renale e/o epatica Humira non è stato studiato in questo tipo

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di popolazione. Non possono essere fornite raccomandazioni posologiche. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivoo ad uno qualsiasi degli eccipienti.Tubercolosi attiva o altre gravi infezioni come sepsi e infezioni opportunistiche (vedere paragrafo4.4). Insufficienza cardiaca da moderata a grave (classe III/IV NYHA) (vedere paragrafo 4.4). 4.4 Avvertenze speciali e precauzionid’impiego Infezioni I pazienti in trattamento con bloccanti del TNF sono più suscettibili alle infezioni gravi. Una funzione polmonarecompromessa può aumentare il rischio di sviluppare infezioni. I pazienti devono pertanto essere attentamente esaminati per la va-lutazione d’infezioni, compresa la tubercolosi, prima, durante e dopo il trattamento con Humira. Poichè l’eliminazione di adalimu-mab può richiedere fino a 5 mesi, il controllo deve essere continuato durante tale periodo. La terapia con Humira non va iniziata inpazienti con infezioni attive, incluse le infezioni croniche o localizzate, fino a che queste non siano sotto controllo. In pazienti chesono stati esposti alla tubercolosi ed in pazienti che hanno viaggiato in aree ad alto rischio di tubercolosi o di micosi endemiche,quali istoplasmosi, coccidioidomicosi, o blastomicosi, il rischio ed i benefici del trattamento con Humira devono essere conside-rati prima di iniziare la terapia (vedere Infezioni opportunistiche). I pazienti che sviluppano una nuova infezione durante la terapiacon Humira devono essere attentamente seguiti ed essere sottoposti ad una completa valutazione diagnostica. In caso d’insor-genza di una nuova infezione grave o di sepsi, la somministrazione di Humira deve essere interrotta e deve essere istituita una ido-nea terapia antimicrobica o antifungina fino a quando l’infezione non sia sotto controllo. I medici devono porre cautela nell’usareHumira in pazienti con storia di infezioni recidivanti o con patologie concomitanti che possano predisporre i pazienti alle infezioni,incluso l’uso concomitante di farmaci immunosoppressivi.Gravi infezioni: Sono stati riportati casi di infezioni gravi, inclusa sepsi, causata da batteri, micobatteri, funghi invasivi, parassiti, virus,o altre infezioni opportunistiche, quali listeriosi, e pneumocistosi in pazienti trattati con Humira. Altre infezioni gravi osservate nelcorso di studi clinici includono polmonite, pielonefrite, artrite settica e setticemia. Sono stati riportati casi di ospedalizzazione o dieventi fatali associati alle infezioni. Tubercolosi: Sono stati riportati casi di tubercolosi in pazienti che utilizzano Humira. E’ stato no-tato che nella maggioranza di questi casi, la tubercolosi era extra-polmonare, p. es. disseminata. Prima di iniziare la terapia conHumira, tutti i pazienti devono essere esaminati per valutare la presenza di tubercolosi attiva o inattiva (latente). Tale valutazionedeve includere un’anamnesi clinica dettagliata dei pazienti con una storia pregressa di tubercolosi o eventuali contatti con pazientiaffetti da tubercolosi attiva, e con precedenti e/o concomitanti terapie immunosoppressive. Devono essere eseguiti esami discreening appropriati (per es. il test alla tubercolina e la radiografia toracica) in tutti i pazienti (possono essere seguite le linee guidalocali). Si raccomanda che l’esecuzione di tali test venga registrata nella scheda di allerta del paziente. I medici devono porreattenzione al rischio di falsi negativi al test cutaneo alla tubercolina, soprattutto in pazienti gravemente ammalati oimmunocompromessi. Se si diagnostica una tubercolosi attiva, la terapia con Humira non deve essere iniziata (vedere paragrafo4.3). Nel caso in cui esista un sospetto di tubercolosi latente, è consigliabile consultare un medico specializzato nel trattamentodella tubercolosi. In tutte le situazioni di seguito descritte, sarebbe opportuno effettuare un’attenta valutazione del rapporto ri-schio/beneficio della terapia a base di Humira. In caso di diagnosi positiva di tubercolosi inattiva (“latente”), prima di somministrareHumira deve essere subito istituito il trattamento indicato per la tubercolosi latente secondo le locali linee guida. Nei pazienti chepresentano svariati o significativi fattori di rischio per la tubercolosi, qualora il test cutaneo alla tubercolina eseguito per accertareil sospetto di tubercolosi latente abbia dato risultato negativo, prima di iniziare il trattamento con Humira, deve essere consideratal’opportunità di effettuare un’adeguata terapia anti-tubercolare. L’istituzione di una terapia anti-tubercolare deve essere presa inconsiderazione anche prima di iniziare il trattamento a base di Humira in quei pazienti che all’anamnesi presentano una storia per-sonale di tubercolosi latente o attiva nei quali non sia possibile confermare se il ciclo di trattamento cui sono stati sottoposti sia ri-sultato adeguato. Nel corso del trattamento con Humira, alcuni pazienti precedentemente sottoposti a trattamento per tubercolosilatente o attiva, hanno anifestato la comparsa di tubercolosi attiva. I pazienti sono invitati a rivolgersi al medico se, durante o dopola terapia con Humira, si manifestano segni/sintomi (per es. tosse persistente, deperimento, perdita di peso, febbre moderata), in-dicativi di possibile infezione tubercolare. Altre infezioni opportunistiche: In pazienti che hanno assunto Humira sono stati osser-vati casi di infezioni opportunistiche, incluse infezioni fungine invasive. Queste infezioni non sono state correttamente diagnosticatein pazienti che assumevano bloccanti del TNF e ciò ha comportato un ritardo nel trattamento appropriato, talvolta con esito fatale.In pazienti che sviluppano segni e sintomi quali febbre, malessere, perdita di peso, sudorazione, tosse, dispnea e/o infiltrato pol-monare o altre malattie sistemiche gravi con o senza shock concomitante, si deve sospettare un’infezione fungina invasiva e deveessere prontamente interrotta la somministrazione di Humira. La diagnosi e la somministrazione di terapia antifungina empirica inquesti pazienti dovrebbero essere effettuate consultando un medico specializzato nella cura di pazienti con infezioni fungine inva-sive. Riattivazione dell’Epatite B In pazienti portatori cronici del virus dell’epatite B quando sottoposti a trattamento con antagoni-sti del TNF incluso Humira, si è verificata una riattivazione dell’epatite B. Alcuni casi hanno avuto un esito fatale. Prima di iniziarela terapia a base di Humira, i pazienti a rischio di infezione da virus dell’epatite B devono essere valutati allo scopo di verificare seesistono già prove del virus dell’epatite B. I portatori del virus dell’epatite B che necessitano di un trattamento a base di Humiradevono essere attentamente monitorati allo scopo di rilevare la comparsa dei segni e sintomi dell’infezione attiva da virus del-l’epatite B non solo nel corso di tutta la terapia, ma anche durante i mesi successivi alla sospensione del trattamento. Non sonodisponibili dati adeguati relativi al trattamento di pazienti portatori del virus dell’epatite B, sottoposti a terapia anti-virale al fine dievitare la riattivazione del virus dell’epatite B, in concomitanza con la terapia con antagonisti del TNF. Nei pazienti che sviluppanouna riattivazione del virus dell’epatite B, la somministrazione di Humira deve essere interrotta e deve essere istituita un’efficaceterapia anti-virale accompagnata da un adeguato trattamento di supporto. Eventi neurologici I farmaci anti-TNF, compreso Humira,sono stati correlati, in rari casi, con la nuova insorgenza o con l’esacerbazione di segni/sintomi clinici e/o evidenze radiografiche dimalattie demielinizzanti inclusa la sclerosi multipla. Deve essere usata cautela nell’uso di Humira in quei pazienti con patologie de-mielinizzanti del sistema nervoso centrale pregresse o di recente insorgenza. Reazioni allergiche Nel corso degli studi clinici, in se-guito a somministrazione sottocutanea di Humira, non sono state registrate gravi reazioni allergiche. Anche le reazioni allergichenon gravi sono state infrequenti, durante gli studi clinici. Nella fase di post-marketing, raramente si sono verificate reazioni aller-giche gravi anche di tipo anafilattoide, dopo la somministrazione di Humira. Se si verificano reazioni anafilattiche o altre gravi ma-nifestazioni allergiche, la somministrazione di Humira deve essere immediatamente interrotta e deve essere iniziata una terapiaappropriata. Il cappuccio che ricopre l’ago della siringa è costituito di gomma naturale (latex, lattice). Può causare gravi reazioni al-lergiche. Immunosoppressione In uno studio su 64 pazienti con artrite reumatoide, sottoposti a trattamento con Humira, non è stataevidenziata alcuna inibizione dell’ipersensibilità ritardata, nè riduzione dei livelli delle immunoglobuline o cambiamenti nel numero

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dei linfociti T, B, delle cellule NK, dei monociti/macrofagi e dei neutrofili. Neoplasie e malattie linfoproliferative Nelle sezioni con-trollate degli studi clinici con farmaci anti-TNF, sono stati osservati più casi di neoplasie, incluso linfoma nei pazienti riceventi unanti-TNF rispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, i casi sono stati rari. In studi postmarketing, sono stati riportati casi di leucemia inpazienti trattati con un antagonista-TNF. C’è un maggiore aumento del rischio di sviluppare linfomi e leucemia per i pazienti con ar-trite reumatoide gravemente attiva e di lunga durata, una patologia infiammatoria che complica la valutazione del rischio. Con leattuali conoscenze, non è possibile escludere lo sviluppo di linfomi, leucemia e altre neoplasie in pazienti trattati con farmaci anti-TNF. Casi di tumori, alcuni fatali, sono stati riportati in ragazzi, adolescenti ed adulti di giovane età (fino all’età di 22 anni) trattati conagenti TNF bloccanti (inizio della terapia ≤ 18 anni), compreso l’adalimumab negli studi postmarketing. Approssimativamente metàdei casi sono stati linfomi. Gli altri casi hanno rappresentato una varietà di differenti tumori e hanno incluso rari tumori solitamenteassociati con immunosoppressione. Non può essere escluso un rischio per lo sviluppo di tumori in bambini ed adolescenti trattaticon TNF-bloccanti. Nei pazienti trattati con adalimumab, sono stati osservati rari casi postmarketing di linfoma epatosplenico a cel-lule T. Questo raro tipo di linfoma a cellule T ha un decorso clinico molto aggressivo ed è spesso fatale. Alcuni di questi casi di lin-foma epatosplenico a cellule T si sono manifestati in pazienti giovani adulti trattati con Humira e sottoposti a terapia concomitantecon azatioprina o 6-mercaptopurina, farmaci utilizzati per il trattamento della malattia di Crohn. Nei pazienti trattati con Humira nonpuò essere escluso il rischio di sviluppo del linfoma epatosplenico a cellule T (vedere paragrafo 4.8). Non sono stati condotti studiclinici su pazienti con anamnesi positiva per neoplasie o su pazienti nei quali il trattamento con Humira è continuato dopo lo svi-luppo di neoplasia. Pertanto il trattamento con Humira in questa tipologia di pazienti deve essere considerato con ulteriore cautela(vedere paragrafo 4.8). Prima e durante il trattamento con Humira, tutti i pazienti, in particolare i soggetti che presentano una sto-ria clinica da cui risultino massicce terapie immunosoppressive o soggetti affetti da psoriasi che presentano storia clinica di tratta-mento con PUVA, devono essere esaminati per valutare la presenza di un eventuale tumore della pelle non melanotico. In uno studioclinico esplorativo sulla valutazione dell’uso di un altro agente anti-TNF, infliximab, in pazienti con malattia polmonare ostruttivacronica (COPD) da moderata a grave, furono riportate, nei pazienti trattati con infliximab rispetto ai pazienti controllo, più neopla-sie, soprattutto al polmone o alla testa ed al collo. Tutti i pazienti avevano una storia di grandi fumatori. Pertanto, deve essere usatacautela quando si utilizza qualsiasi antagonista-TNF in pazienti affetti da COPD, così come in pazienti con aumentato rischio di neo-plasia dovuta al fumo eccessivo. Reazioni a carico del sistema emopoietico In seguito all’uso di farmaci TNF antagonisti, sono statisegnalati rari casi di pancitopenia, tra cui la comparsa di anemia aplastica. Nei pazienti sottoposti a trattamento con Humira, sonostati segnalati eventi avversi a carico del sistema emopoietico, tra cui citopenie significative dal punto di vista medico (ad esem-pio trombocitopenia, leucopenia). Durante il trattamento con Humira tutti i pazienti devono essere avvisati della necessità di con-sultare immediatamente un medico per ottenere adeguata assistenza nel caso in cui si manifestino segni e sintomi chesuggeriscano la presenza di discrasia ematica (ovvero febbre persistente, ecchimosi, emorragia, pallore). Nel caso di pazienti chepresentino confermate significative alterazioni a carico del sistema emopoietico, si deve prendere in considerazione la necessitàdi interrompere la terapia a base di Humira. Vaccinazioni Risposte anticorpali simili al vaccino standard 23-valente pneumococcicoed al vaccino trivalente per il virus dell’influenza trivalente sono state osservate in 226 soggetti adulti affetti da artrite reumatoideche sono stati trattati con adalimumab o con placebo. Non ci sono dati disponibili sulla trasmissione secondaria di infezione da vac-cini vivi in pazienti che stanno assumendo Humira. Pazienti trattati con Humira possono ricevere vaccinazioni simultanee, ad ec-cezione dei vaccini vivi. Nei pazienti affetti da artrite giovanile poliarticolare idiopatica, prima di iniziare la terapia a base di Humirasi raccomanda, se possibile, di attuare il programma di vaccinazioni previsto, in ottemperanza alle linee guida in vigore sulle vacci-nazioni. Insufficienza cardiaca congestizia In un trial clinico con un altro farmaco anti-TNF sono stati osservati il peggioramento del-l’insufficienza cardiaca congestizia e l’aumento di mortalità ad essa correlata. Anche in pazienti trattati con Humira sono statiosservati casi di peggioramento di insufficienza cardiaca congestizia. Humira deve essere usato con cautela in pazienti con lieveinsufficienza cardiaca (classe I/II NYHA). Humira è controindicato nell’insufficienza cardiaca moderata o severa (vedere paragrafo4.3). Il trattamento con Humira deve essere interrotto nei pazienti che presentino peggioramento o insorgenza di nuovi sintomi del-l’insufficienza cardiaca congestizia. Processi autoimmuni Il trattamento con Humira può indurre la formazione di anticorpiautoimmuni. Non è noto l’impatto del trattamento a lungo termine con Humira sullo sviluppo di malattie autoimmuni. Se un pazientesviluppa sintomi suggestivi di sindrome lupus-like a seguito di trattamento con Humira e risulta positivo per gli anticorpi contro ilDNA a doppia catena, non deve essere somministrato un ulteriore trattamento con Humira (vedere paragrafo 4.8).Somministrazione concomitante di antagonisti del TNF e di anakinra Nel corso di studi clinici condotti sulla terapia combinata conanakinra ed un altro farmaco anti-TNF, etanercept, sono state osservate infezioni gravi senza alcun beneficio clinico rispetto ad eta-nercept in monoterapia. Considerata la tipologia degli eventi avversi osservati con la combinazione di anakinra ed etanercept, po-trebbero manifestarsi effetti indesiderati simili in seguito alla combinazione di anakinra ed un altro farmaco anti-TNF. Pertanto, lacombinazione di adalimumab con anakinra non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Somministrazione concomitante di anta-gonisti del TNF e abatacept La somministrazione concomitante di antagonisti del TNF e abatacept è stata associata ad un aumentodel rischio di infezioni incluse infezioni gravi rispetto agli antagonisti del TNF da solo, senza aumento del beneficio clinico. La com-binazione di Humira e abatacept non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Interventi chirurgici Nei pazienti trattati con Humirac’è un’esperienza limitata, relativa alla sicurezza di procedure chirurgiche. Nel caso in cui si pianifichi un intervento chirurgico si deveconsiderare la lunga emivita di adalimumab. Un paziente che dovesse essere sottoposto ad intervento chirurgico, durante il trat-tamento con Humira, deve essere attentamente seguito per lo sviluppo di infezioni, nel qual caso andrebbero intraprese oppor-tune azioni. C’è un’esperienza limitata per quanto riguarda la sicurezza in pazienti sottoposti ad interventi di artroplastica in corsodi trattamento con Humira. Ostruzione dell’intestino tenue La mancata risposta al trattamento per la malattia di Crohn può indicarela presenza di stenosi rigida fibrotica che può richiedere un intervento chirurgico. I dati disponibili suggeriscono che Humira nonpeggiora o causa stenosi. Popolazione anziana La frequenza di infezioni gravi tra i pazienti di età superiore ai 65 anni (3.9%) trat-tati con HUMIRA è stata superiore rispetto a quelli di età inferiore ai 65 anni (1.4%). Alcuni di questi hanno avuto un esito fatale.Particolare attenzione per quanto riguarda il rischio di infezione deve essere prestata nel trattamento dei pazienti anziani.4.5 Interazione con altri prodotti medicinali e altre forme di interazione La terapia con Humira è stata studiata in monoterapiae in combinazione con metotressato in pazienti affetti da artrite reumatoide, artrite giovanile poliarticolare idiopatica e da artrite pso-riasica. Quando Humira è stato somministrato in combinazione con metotressato la formazione di anticorpi è stata inferiore ri-spetto alla monoterapia. La somministrazione di Humira senza il metotressato ha determinato un aumento della formazione di

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anticorpi, un aumento della clearance ed una riduzione dell’efficacia di adalimumab (vedere paragrafo 5.1). La combinazione di Hu-mira e anakinra non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4 “Somministrazione concomitante di antagonisti del TNF e anakinra”).La combinazione di Humira e abatacept non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4 “Somministrazione concomitante di antagoni-sti del TNF e abatacept”). 4.6 Gravidanza ed allattamento Per Humira non sono disponibili dati clinici su gravidanze esposte. Inuno studio tossicologico condotto su scimmie, non è stata riscontrata tossicità nella madre, nè embriotossicità o teratogenicità.Non sono disponibili dati preclinici sulla tossicità postnatale e sugli effetti di adalimumab sulla fertilità (vedere paragrafo 5.3). A causadell’inibizione del TNFa, la somministrazione di adalimumab durante la gravidanza potrebbe interferire con normale risposta im-munitaria del neonato. La somministrazione di adalimumab non è, pertanto, consigliata in gravidanza. Alle donne potenzialmentefertili si consiglia fermamente di usare una contraccezione adeguata per prevenire la gravidanza e continuarla per almeno cinquemesi dopo l’ultimo trattamento con Humira. Non è noto se adalimumab sia escreto nel latte materno o assorbito sistemicamentedopo l’ingestione. Comunque, poiché le immunoglobuline umane sono escrete nel latte, le donne non devono allattare al seno peralmeno cinque mesi dopo l’ultimo trattamento con Humira. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinariHumira può avere una lieve influenza sulla capacità di guidare e usare macchinari. Dopo la somministrazione di Humira si possonoverificare vertigini e disturbi della vista .(vedere paragrafo 4.8). 4.8 Effetti indesiderati Studi clinici Humira è stato studiato in 6.728pazienti nel corso di studi clinici controllati e in aperto per un periodo di 60 mesi. Tali studi sono stati effettuati su pazienti affetti daartrite reumatoide ad insorgenza precoce e di lunga durata, artrite giovanile poliarticolare idiopatica, così come su pazienti affettida artrite psoriasica, spondilite anchilosante, malattia di Crohn e psoriasi. I dati riportati nella Tabella 1 si basano su studi registra-tivi controllati che sono stati condotti su 4.419 pazienti sottoposti a trattamento con Humira e su 2.552 pazienti cui è stato som-ministrato placebo o un comparatore attivo durante il periodo di controllo. La percentuale di pazienti che hanno interrotto iltrattamento a causa di eventi avversi durante la fase in doppio cieco, controllata, degli studi registrativi è stata del 4,5% per ipazienti che hanno assunto Humira e del 4,5% per i pazienti trattati con il controllo. Effetti indesiderati in pazienti pediatrici affettida artrite giovanile poliarticolare idiopatica In generale, gli eventi avversi nei pazienti pediatrici sono risultati simili a quelli riscontratinei pazienti adulti sia in termini di frequenza che di tipologia. Gli eventi avversi, sia clinici che di laboratorio, almeno possibilmentecorrelati con adalimumab per gli studi clinici sono classificati in base al sistema/organo coinvolto e alla frequenza (molto comune≥1/10; comune ≥1/100 a <1/10; non comune ≥1/1.000 a ≤1/100, raro ≥1/10.000 a <1/1.000 e molto raro <1/10.000) riportati nellatabella 1. All’interno di ogni gruppo di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. È’ stata in-clusa la frequenza più elevata osservata tra le varie indicazioni. Nella colonna Classificazione per sistemi ed organi compare un aste-risco (*) nel caso in cui siano presenti ulteriori informazioni contenute nei paragrafi 4.3, 4.4 e 4.8.Sulla base di uno dei più comuni eventi avversi osservati con adalimumab negli studi clinici controllati, si può stimare che in circail 15% dei pazienti si sono verificate reazioni nel sito di iniezione.Tabella 1. Effetti indesiderati osservati negli studi clinici

Classificazione per sistemi Frequenza Reazione avversaed organi

Infezioni ed infestazioni* Molto comune infezioni delle vie respiratorie (tra cui infezioni delle vie respiratorie superiori ed inferiori, polmonite, sinusite, faringite, nasofaringite e polmonite da herpes virus)

Comune infezioni sistemiche (tra cui sepsi, candidosi ed influenza), infezioni intestinali (tra cui gastroenterite virale), infezioni della pelle e dei tessuti molli (tra cui paronichia, cellulite, impetigine, fascite necrotizzante ed herpes zoster),infezioni dell’orecchio,infezioni del cavo orale (tra cui herpes simplex, herpes orale ed infezionidentali),infezioni dell’apparato riproduttivo (tra cui infezione vulvovaginale micotica),infezioni delle vie urinarie (tra cui pielonefriti),infezioni fungine

Non comune infezioni opportunistiche e tubercolosi (tra cui coccidioidomicosi, istoplasmosi e infezioni da mycobacterium avium complex),infezioni neurologiche (tra cui meningite virale),infezioni oculari,infezioni batteriche,infezioni articolari

Neoplasie benigne, Comune neoplasia benigna,maligne ed aspecifiche tumore cutaneo escluso il melanoma (tra cui carcinoma basocellulare e(tra cui cisti e polipi)* carcinoma a cellule squamose)

Non comune linfoma**,tumori solidi (tra cui carcinoma mammario, neoplasia polmonare e neoplasia tiroidea),melanoma**

Alterazioni del sistema Molto comune leucopenia (tra cui neutropenia e agranulocitosi),ematico e linfatico*anemia

Comune trombocitopenia, leucocitosiNon comune porpora trombocitopenica idiopaticaRaro pancitopenia

Alterazioni del sistema Comune ipersensibilitàimmunitario* allergie (tra cui allergia stagionale)

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Disturbi del metabolismo Molto comune iperlipidemiae della nutrizione

Comune ipokaliemia, iperuricemia, alterazione della sodiemia,ipocalcemiaiperglicemia,ipofosfatemia,iperkaliemia

Non comune disidratazioneDisturbi di natura psichiatrica Comune disturbi dell’umore (tra cui depressione), ansia, insonniaDisturbi a carico del sistema Molto comune cefaleanervoso*

Comune parestesia (tra cui ipoestesia),emicrania,sciatica

Non comune tremoreRaro sclerosi multipla

Disturbi dell’apparato visivo Comune disturbi visivi, congiuntivitiNon comune blefarite,

rigonfiamento oculare, diplopia

Disturbi dell’apparato uditivo Comune vertiginie del labirinto

Non comune perdita dell’udito, tinnitoDisturbi cardiaci* Comune tachicardia

Non comune aritmia,insufficienza cardiaca congestizia

Raro arresto cardiacoDisturbi vascolari Comune ipertensione,

vampate, ematoma

Raro occlusione vascolare arteriosa,tromboflebite, aneurisma dell’aorta

Disturbi dell’apparato respiratorio, Comune tosse,del torace e del mediastino* asma,

dispneaNon comune malattia polmonare ostruttiva cronica,

malattia polmonare interstiziale,polmonite

Disturbi gastrointestinali Molto comune dolore addominale,nausea e vomito

Comune emorragia gastrointestinale, dispepsia, malattia da reflusso gastroesofageo,sindrome sicca

Non comune pancreatite, disfagia, edema faccialeDisturbi epatobiliari* Molto Comune aumento degli enzimi epatici

Non comune colecistite e colelitiasi, aumento della bilirubina,steatosi epatica

Disturbi della cute e del Molto comune rash (tra cui rash esfoliativo),tessuto sottocutaneo

Comune prurito, orticaria,ecchimosi (tra cui porpora), dermatite (tra cui eczema),onicoclasia, iperidrosi

Non comune sudorazione notturna, cicatrice

Disturbi dell’apparato Molto comune dolore muscoloscheletricomuscolo-scheletrico, del tessutoconnettivo ed osseo

Comune spasmi muscolari (tra cui aumento dellacreatinfosfochinasi ematica)

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Non comune rabdomiolisiRaro lupus eritematoso sistemico

Disturbi dell’apparato urinario Comune ematuria, insufficienza renale

Non comune nicturiaDisturbi dell’apparato Non comune Disfunzione erettileriproduttivo e mammarioDisturbi di carattere generale Molto comune reazione al sito di iniezione (tra cui eritema al sito e del sito di iniezione* di iniezione)

Comune dolore toracico, edemaNon comuni infiammazione

Esami ematochimici Comune Disturbi del sangue e della coagulazione (tra cui prolungamento del tempo di tromboplastina parziale attivata), Positività ai test per autoanticorpi (tra cui anticorpi antiDNA a doppia catena), Aumento della lattato deidrogenasi ematica

Lesioni ed avvelenamento* Comune difficoltà di cicatrizzazione* sono presenti ulteriori informazioni contenute nei paragrafi 4.3, 4.4 e 4.8** tra cui studi di estensione in apertoReazioni nel sito di iniezione Negli studi clinici registrativi controllati, il 15% dei pazienti trattati con Humira ha manifestato reazioninel sito d’iniezione (eritema e/o prurito, emorragia, dolore o edema), contro il 9% dei pazienti trattati con placebo o con controlloattivo. Le reazioni nel sito d’iniezione non hanno richiesto generalmente la sospensione del farmaco. Infezioni Negli studi cliniciregistrativi controllati, il tasso d’infezione è stato di 1,50 per paziente/anno nel gruppo trattato con Humira e di 1,42 perpaziente/anno nel gruppo trattato con placebo e con controllo attivo. Le infezioni sono state rappresentate principalmente danasofaringiti, infezioni delle vie respiratorie superiori e sinusiti. La maggior parte dei pazienti ha continuato ad assumere Humiradopo la remissione dell’infezione. L’incidenza di infezioni gravi è stata di 0,03 per paziente/anno nel gruppo trattato con Humira edi 0,03 per paziente/anno in quello trattato con placebo e con controllo attivo. Nel corso degli studi controllati e in aperto condotticon Humira, sono state segnalate infezioni di grave entità (anche infezioni fatali, verificatesi solo raramente), che hanno inclusosegnalazioni di casi di tubercolosi (anche con localizzazioni miliari ed extra-polmonari) e infezioni opportunistiche invasive (ad esempioda istoplasmosi disseminata o extrapolmonare, blastomicosi, coccidioidomicosi, pneumocistosi, candidosi, aspergillosi e listeriosi).La maggior parte dei casi di tubercolosi si è verificata nel corso dei primi otto mesi dall’inizio della terapia e possono essereinterpretati come una recrudescenza della malattia latente. Neoplasie e malattie linfoproliferative Nel corso dello studio eseguitosomministrando Humira ai pazienti affetti da artrite giovanile idiopatica, non sono state osservate neoplasie maligne nei 171 pa-zienti con un’esposizione di 192,5 anni/paziente. Nelle sezioni controllate di studi registrativi su Humira della durata di almeno 12settimane in pazienti con artrite reumatoide da moderatamente a gravemente attiva, artrite psoriasica, spondilite anchilosante,malattia di Crohn e psoriasi, neoplasie, oltre a linfoma e carcinoma cutaneo non melanotico, sono stati osservati con una media(95% di intervallo di confidenza) di 6,6 (4,0; 10,8) per 1.000 anni/paziente fra 3.917 pazienti trattati con Humira verso una media di4,2 (1,8; 10,1) per 1.000 anni/paziente su 2.247 pazienti controllo (la durata mediana del trattamento è stata 5,6 mesi per i pazientitrattati con Humira e 4,0 mesi per i pazienti controllo). Il tasso (95% di intervallo di confidenza) dei carcinomi cutanei non mela-notici è stata di 9,9 (6,6; 14,8) per 1.000 anni/paziente nei pazienti trattati con Humira e 2,5 (0,8; 7,9) per 1.000 anni/paziente neipazienti controllo. Di questi carcinomi cutanei, carcinomi a cellule squamose si sono verificati con tassi (95% di intervallo di con-fidenza) di 2,5 (1,1; 5,5) per 1.000 anni/paziente nei pazienti trattati con Humira e 0,8 (0,1; 6,0) per 1.000 anni/paziente nei pazienticontrollo. Il tasso (95% di intervallo di confidenza) di linfomi è stato di 0,8 (0,2; 3,3) per 1.000 anni/paziente nei pazienti trattati conHumira e 0,8 (0,1; 6,0) per 1.000 anni/paziente nei pazienti controllo. Quando vengono combinati parti di questi studi e studi di esten-sione in aperto sia in corso che completati con una durata media di approssivamativamente 3,4 anni includendo 4.954 pazienti e più di 21.021pazienti/anno di terapia, il tasso di neoplasie osservate, a parte linfoma e carcinoma cutaneo non melanotico, è approssimativamente di 9,1per 1.000 anni/paziente. Il tasso osservato di carcinoma cutaneo non melanotico è approssimativamente di 10,1 per 1.000 anni/paziente eil tasso osservato di linfomi è approssimativamente di 1,1 per 1.000 anni/paziente. In una esperienza post-marketing dal Gennaio 2003, prin-cipalmente in pazienti affetti da artrite reumatoide, il tasso riportato di neoplasie a parte linfomi e carcinomi cutanei non melanotici è ap-prossimativamente di 1,7 per 1.000 anni/paziente. I tassi riportati rispettivamente per carcinomi cutanei non melanotici e linfomi sonoapprossimativamente di 0,2 e 0,4 per 1.000 anni/paziente (vedere paragrafo 4.4). Nell’esperienza post-marketing sono stati segnalati raricasi di linfoma epatosplenico a cellule T nei pazienti trattati con adalimumab (vedere paragrafo 4.4). Autoanticorpi Nel corso di studi I-V con-dotti sull’artrite reumatoide, sono stati analizzati, in varie occasioni, i campioni sierici dei pazienti per la valutazione degli autoanticorpi. In que-sti studi, l’11,9% dei pazienti trattati con Humira e l’8,1% dei pazienti trattati con placebo e con controllo attivo, che presentavano valorinegativi di anticorpi antinucleo all’arruolamento, ha presentato valori positivi alla ventiquattresima settimana. Due pazienti su 3.441 trattaticon Humira nel corso di tutti gli studi condotti sull’artrite reumatoide e sull’artrite psoriasica ha manifestato segni clinici che indicavano l’ini-zio di una sindrome simile al lupus. Il paziente è migliorato dopo la sospensione della terapia. Nessun paziente ha sviluppato una nefrite dalupus o sintomi a carico del sistema nervoso centrale. Aumento degli enzimi epatici Studi clinici sull’artrite reumatoide: nel corso di studiclinici controllati sull’artrite reumatoide (studi AR I-IV), gli aumenti delle transaminasi nei pazienti che hanno assunto adalimumab o placebosono risultati simili. In pazienti con artrite reumatoide precoce (con durata della malattia inferiore ai 3 anni)(studio AR V), gli aumenti delletransaminasi sono risultati più comuni nel gruppo che ha utilizzato l’associazione (Humira/metotressato) rispetto al gruppo che ha utilizzatometotressato in monoterapia o al gruppo che ha utilizzato Humira in monoterapia. Nel corso dello studio sulla JIA (Juvenile Idiopathic Ar-thritis), sono stati osservati pochi casi in cui è stato rilevato un lieve aumento delle transaminasi, il cui valore è risultato simile a quello ri-scontrato nei pazienti esposti a placebo e ad adalimumab. La maggior parte di questi casi si sono verificati quando il farmaco è statosomministrato in associazione al metotressato. Studi clinici sull’artrite psoriasica: gli aumenti delle transaminasi sono risultati più comuni

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nei pazienti affetti da artrite psoriasica (studi PsA I-II) rispetto ai pazienti trattati negli studi clinici sull’artrite reumatoide. In tutti gli studicondotti sull’artrite reumatoide, artrite giovanile poliarticolare idiopatica e l’artrite psoriasica, i pazienti con innalzamento delle tran-saminasi sono stati asintomatici e nella maggior parte dei casi gli aumenti sono stati transitori e si sono risolti durante il prose-guimento della terapia. Studi clinici sulla malattia di Crohn: nel corso degli studi clinici controllati, gli aumenti delle transaminasi sonorisultati simili nei pazienti trattati con adalimumab o con placebo. Studi clinici sulla psoriasi: nel corso degli studi clinici controllatisulla psoriasi, gli aumenti delle transaminasi sono risultati simili tra i pazienti sottoposti a trattamento con adalimumab o placebo.Ulteriori reazioni avverse osservate in fase di post-marketing e in studi clinici di fase IV Le ulteriori reazioni avverse osservate infase di post-marketing o in studi clinici di fase IV sono state riportate nella Tabella 2:

4.9 Sovradosaggio Non è stata osservata tossicità legata al dosaggio durante gli studi clinici. La dose più elevata è stata di 10mg/kg per via endovenosa; tale dose risulta equivalente a circa 15 volte la dose raccomandata. 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGI-CHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: Agenti selettivi immunosoppressivi. Codice ATC: L04AB04Meccanismo d’azione Adalimumab si lega selettivamente al TNF e ne neutralizza la funzione biologica bloccando la sua interazionecon i recettori del TNF di membrana cellulare, p55 e p75. Adalimumab modula anche le risposte biologiche che sono indotte o re-golate dal TNF, inclusi i cambiamenti dei livelli delle molecole di adesione responsabili della migrazione dei leucociti (ELAM-1,VCAM-1, e ICAM-1 con un IC50 di 0,1-0,2nM). Effetti farmacodinamici Dopo trattamento con Humira, si è osservata una rapida di-minuzione delle proteine di fase acuta, indici di infiammazione (proteina C reattiva -PCR, velocità di eritrosedimentazione -VES) edelle citochine sieriche (IL-6) nei pazienti con artrite reumatoide. Anche i livelli sierici delle metalloproteinasi della matrice (MMP-1e MMP-3), coinvolte nel rimodellamento tissutale responsabile della distruzione della cartilagine, erano diminuiti in seguito allasomministrazione di Humira. I pazienti trattati con Humira hanno generalmente mostrato un miglioramento dei segni emato-chi-mici dell’infiammazione cronica. Nei pazienti affetti dalla malattia di Crohn, è stata anche osservata una rapida diminuzione dei li-velli di PCR (proteina C reattiva) così come una riduzione del numero di cellule che esprimono i marcatori tumorali infiammatorinel colon compresa una significativa riduzione dell’espressione del TNF . Studi endoscopici della mucosa intestinale hanno evi-denziato la guarigione mucosale nei pazienti trattati con adalimumab. Nei pazienti affetti da artrite giovanile poliarticolare idiopatica,è stata anche osservata una rapida diminuzione dei livelli di PCR (proteina C reattiva). Studi clinici Artrite reumatoide Humira èstato valutato su oltre 3.000 pazienti in tutti gli studi clinici sull’artrite reumatoide. Alcuni pazienti sono stati sottoposti a tratta-mento per un periodo fino a 60 mesi. L’efficacia e la sicurezza di Humira per il trattamento dell’artrite reumatoide sono state valu-tate in cinque studi randomizzati, in doppio cieco e ben controllati. Lo studio AR I è stato condotto su 271 pazienti di età ³ 18 anni,affetti da artrite reumatoide di grado moderato-severo, refrattari ad almeno un farmaco DMARD incluso il metotressato a dosaggicostanti, compresi tra 12,5 e 25 mg (10 mg se intolleranti al metotressato) a settimana. Humira 20, 40 o 80 mg o placebo sonostati somministrati a settimane alterne per 24 settimane. Nello studio AR II sono stati studiati 544 pazienti di età ³ 18 anni, affettida artrite reumatoide di grado moderato-severo, con insufficiente risposta ad almeno un farmaco DMARD. Sono state sommini-strate dosi di 20 o 40 mg di Humira attraverso iniezione sottocutanea ogni due settimane con placebo a settimane alterne, o ognisettimana per 26 settimane; il placebo è stato somministrato ogni settimana per la stessa durata. Non è stato consentito l’uso dialtri DMARDs. Allo studio AR III hanno partecipato 619 pazienti, di età ³ 18 anni, con artrite reumatoide di grado moderato-severocon inadeguata risposta alla terapia con metotressato a dosaggi compresi tra 12,5 e 25 mg, o intolleranti a 10 mg di metotressatoogni settimana. In questo studio sono stati costituiti 3 gruppi. Il primo ha ricevuto iniezioni di placebo ogni settimana per 52 setti-mane. Il secondo ha ricevuto 20 mg di Humira a settimana per 52 settimane, mentre il terzo ha ricevuto 40 mg di Humira ognidue settimane e iniezioni di placebo a settimane alterne. Successivamente i pazienti sono stati arruolati in una fase di estensionein aperto in cui Humira è stato somministrato alla dose di 40 mg a settimane alterne fino a 60 mesi. Lo studio AR IV ha valutato inprimo luogo la sicurezza di Humira in 636 pazienti con artrite reumatoide di grado moderato-severo e con età ³ 18 anni. La popo-lazione studiata era costituita sia da pazienti mai trattati con DMARDs, sia da pazienti refrattari a questi ultimi; in tal caso era pos-sibile continuare la terapia anti-reumatica preesistente a condizione che questa fosse stabile da un minimo di 28 giorni. Questeterapie includono metotressato, leflunomide, idrossiclorochina, sulfasalazina e/o sali d’oro. I pazienti sono stati randomizzati perricevere 40 mg di Humira o placebo ogni due settimane per 24 settimane. Lo studio AR V ha valutato 799 pazienti adulti mai trat-

Tabella 2 Effetti indesiderati in fase di post-marketing ed in studi clinici di fase IV

Classificazione per sistemi e organi Reazione avversa

Infezioni e Infestazioni DiverticoliteNeoplasie benigne, maligne ed linfoma epatosplenico a cellule T; leucemiaaspecifiche (tra cui cisti e polipi)*Alterazioni del sistema immunitario* anafilassi, sarcoidosiDisturbi a carico del sistema nervoso* disturbi di demielinizzazione (ad esempio neurite ottica,

sindrome di Guillain-Barré); accidenti cerebrovascolariDisturbi dell’apparato respiratorio, Embolia polmonare del torace e del mediastino* Versamento pleurico, fibrosi polmonareDisturbi gastrointestinali* perforazione intestinaleDisturbi epatobiliari* riattivazione dell’epatite BDisturbi della pelle e del vasculite cutanea, sindrome di Stevens-Johnson, angioedema, nuova insorgenza otessuto sottocutaneo peggioramento della psoriasi (inclusa la psoriasi palmoplantare pustolosa),

eritema multiforme, alopeciaDisturbi dell’apparato muscoloscheletrico sindrome lupus-likee del tessuto connettivoDisturbi cardiaci Infarto del miocardio*sono presenti ulteriori informazioni contenute nei paragrafi 4.3, 4.4 e 4.8

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tati in precedenza con metotressato ed affetti da artrite reumatoide precoce attiva di grado moderato-grave (durata media della ma-lattia inferiore a 9 mesi). Questo studio ha valutato l’efficacia di 40 mg di Humira somministrato a settimane alterne in terapia as-sociata con il metotressato, di 40 mg di Humira somministrato in monoterapia a settimane alterne e di metotressato in monoterapianella riduzione dei segni e sintomi di malattia e dell’indice di progressione del danno articolare causato dall’artrite reumatoide per104 settimane. L’obiettivo primario degli studi AR I, II, III, e, secondario dello studio AR IV, era la valutazione della percentuale dipazienti che raggiungeva una risposta ACR 20 alla Settimana 24 o 26. L’obiettivo primario dello studio AR V era la valutazione dellapercentuale di pazienti che raggiungeva una risposta ACR 50 alla Settimana 52. Inoltre gli studi AR III e V avevano l’obiettivo prin-cipale di dimostrare l’inibizione della progressione di malattia (attraverso gli esami radiografici) alla Settimana 52. Lo studio AR IIIaveva anche l’obiettivo primario di dimostrare il miglioramento della qualità di vita. Risposta ACR Le percentuali di pazienti trattaticon Humira, che hanno raggiunto risposte ACR 20, 50 e 70 erano sovrapponibili negli studi AR I, II e III. I risultati relativi al tratta-mento con 40 mg ogni due settimane sono riassunti nella Tabella 3.

astudio AR I a 24 settimane, studio AR II a 26 settimane, e studio AR III a 24 e 52 settimaneb40 mg di Humira somministrato ogni due settimanecMTX = metotressato**p<0,01, Humira versus placebo

Negli studi AR I-IV, tutti i parametri valutati per la definizione della risposta ACR (numero di articolazioni dolenti e tumefatte, valutazionedell’attività di malattia da parte del medico e del paziente, valutazione del dolore da parte del paziente, indice di disabilità - HAQ) e i va-lori di PCR (mg/dl) sono significativamente migliorati a 24 o 26 Settimane rispetto al placebo. Nello studio AR III, tali miglioramenti si sonomantenuti nell’arco di 52 settimane. Inoltre, le percentuali di risposta ACR si sono mantenute costanti, nella maggioranza dei pazienti se-guiti nella fase di estensione in aperto, fino a 104 settimane. Su 207 pazienti che hanno continuato con Humira 40 mg a settimane al-terne per 60 mesi, 114 hanno abbandonato lo studio. Tra questi, 86, 72 e 41 pazenti hanno avuto risposte ACR 20/50/70, rispettivamenteal Mese 60. Nello studio AR IV, la risposta ACR di pazienti trattati con Humira, in combinazione con la terapia convenzionale, è stata si-gnificativamente migliore rispetto ai pazienti trattati con placebo associato a farmaci tradizionali (p<0,001). Negli studi AR I-IV, i pazientitrattati con Humira hanno raggiunto risposte ACR 20 e 50 in percentuali significativamente superiori rispetto al placebo già entro 1-2 set-timane dall’inizio del trattamento. Nello studio AR V, nei pazienti affetti da artrite reumatoide precoce che non erano mai stati prece-dentemente trattati con metotressato, la terapia associata Humira/metotressato ha determinato risposte ACR più rapide esignificativamente superiori rispetto alla monoterapia con metotressato ed alla monoterapia con Humira alla Settimana 52 e tali rispostesi sono mantenute nell’arco di 104 settimane (vedere tabella 4).

Tabella 3 Risposte ACR nei Trial controllati con Placebo(Percentuale di pazienti)

Risposta studio AR Ia** studio AR IIa** studio AR IIIa**

Placebo/ cHumirab/ Placebo Humirab Placebo/ Humirab/ MTXc

MTXc MTXc n=110 n=113 MTXc n=207n=60 n=63 n=200

ACR 206 mesi 13,3% 65,1% 19,1% 46,0% 29,5% 63,312 mesi ND ND ND ND 24,0% 58,9%ACR 506 mesi 6,7% 52,4% 8,2% 22,1% 9,5% 39,1%12 mesi ND ND ND ND 9,5% 41,5%ACR 706 mesi 3,3% 23,8% 1,8% 12,4% 2,5% 20,8%12 mesi ND ND ND ND 4,5% 23,2%

Tabella 4 Risposte ACR nello studio AR V(percentuale di pazienti)

Risposta MTX Humira Humira/ Valore pa Valore pb Valore pc

N=257 N=274 N=268ACR 20Settimana 52 62,6% 54,4% 72,8% 0,013 <0,001 0,043Settimana 104 56,0% 49,3% 69,4% 0,002 <0,001 0,140ACR 50Settimana 52 45,9% 41,2% 61,6% <0,001 <0,001 0,317Settimana 104 42,8% 36,9% 59,0% <0,001 <0,001 0,162ACR 70Settimana 52 27,2% 25,9% 45,5% <0,001 <0,001 0,656Settimana 104 28,4% 28,1% 46,6% <0,001 <0,001 0,864

a il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con metotressato e la terapia associata Humira/metotressato uti-lizzando il test U Mann-Whitney.b il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con Humira e la terapia associata Humira/metotressato utilizzandoil test U Mann-Whitneyc il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con Humira e la terapia con metotressato utilizzando il test U Mann-Whitney

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Alla Settimana 52, il 42,9% dei pazienti che era stato sottoposto a terapia associata con Humira/metotressato ha raggiunto re-missione clinica (DAS28< 2,6) rispetto al 20,6% dei pazienti trattato con metotressato in monoterapia ed al 23,4% dei pazienti cheaveva ricevuto Humira in monoterapia. La terapia associata Humira/metotressato si è rivelata superiore dal punto di vista clinico estatistico alle monoterapie con metotressato (p<0,001) e Humira (p<0,001) nel determinare una riduzione dell’attività di malattiain pazienti in cui era stata di recente diagnosticata atrite reumatoide di grado da moderato a grave. La risposta ottenuta nei duegruppi in monoterapia è stata simile (p=0,447). Risposta radiologica Nello studio AR III, in cui i pazienti trattati con Humira avevanouna durata media di malattia di circa 11 anni, il danno strutturale è stato valutato radiograficamente ed espresso come variazionedell’Indice Totale di Sharp modificato (Total Sharp Score TSS) e dei relativi componenti, gli indici di erosione e di riduzione della rimaarticolare (Joint Space Narrowing, JSN). I pazienti trattati con Humira /MTX hanno mostrato una progressione radiologicasignificativamente inferiore ai pazienti che hanno ricevuto solo MTX, a 6 e 12 mesi (vedere tabella 5). I dati relativi alla fase diestensione in aperto, indicano che la riduzione del tasso di progressione del danno strutturale si mantiene per 60 mesi in unsottogruppo di pazienti. 113 pazienti su 207 originariamente trattati con Humira 40 mg a settimane alterne, sono stati valutatiradiologicamente a 5 anni. Tra questi, 66 pazienti non hanno mostrato progressione del danno strutturale individuato attraverso unamodifica del TSS di zero o minore.

Nello studio AR V, il danno articolare strutturale è stato valutato radiograficamente ed è espresso in termini di variazione dell’IndiceTotale di Sharp modificato (vedere tabella 6).

Dopo 52 settimane e 104 settimane di trattamento, la percentuale di pazienti in cui non si è avuta progressione (variazione rispettoal valore basale dell’Indice Totale di Sharp modificato £ 0,5) è stata significativamente maggiore con la terapia associata Hu-mira/metotressato (63,8% e 61,2% rispettivamente) rispetto alla monoterapia con metotressato (37,4% e 33,5% rispettivamente,p<0,001) ed alla monoterapia con Humira (50,7%, p<0,002 e 44,5%, p<0,001, rispettivamente). Qualità della vita e funzionalità fi-sica La qualità di vita e la funzionalità fisica sono state valutate con l’indice di disabilità ottenuto attraverso il questionario di valu-tazione dello stato di salute (Health Assessment Questionnaire - HAQ), in quattro studi originali, adeguati e ben controllati, ed èstato uno degli obiettivi primari dello studio AR III alla 52^ settimana. Tutti gli schemi terapeutici con Humira, nei quattro studihanno evidenziato miglioramenti statisticamente significativi dell’indice di disabilità dell’HAQ rispetto al placebo. L’analisi dellostato generale di salute, valutato attraverso lo Short Form Health Survey (SF -36) nei quattro studi, supporta queste conclusioni pertutti gli schemi di somministrazione di Humira con risultati statisticamente significativi per quanto riguarda gli indici di attività fisica,di dolore e dello stato di benessere, registrati con Humira 40 mg sottocute a settimane alterne. Una diminuzione statisticamentesignificativa del senso di affaticamento così come risulta dagli indici della valutazione funzionale relativa al trattamento della pato-logia cronica (FACIT) è stata riscontrata in tutti i tre studi in cui è stata valutata (studi AR I, III, IV). Nello studio AR III, il migliora-mento della funzionalità fisica è stato mantenuto per 260 settimane (60 mesi) di trattamento in aperto. Il miglioramento dellaqualità di vita è stato misurato fino alla Settimana 156 (36 mesi) ed il miglioramento è stato mantenuto nel tempo. Nello studio AR

Tabella 5 Variazione radiografica media dopo 12 mesi nello studio AR III

Placebo/ HUMIRA/MTX Placebo/MTX Valore di pMTXa 40 mg a HUMIRA/MTX

settimane (Intervallo di alterne confidenza 95%b)

Indice Totale di Sharp 2,7 0,1 2,6 (1,4-3,8) <0,001c

Indice di Erosione 1,6 0,0 1,6 (0,9-2,2) <0,001Indice JSNd 1,0 0,1 0,9 (0,3-1,4) 0,002

a metotressatob Intervallo di confidenza del 95% per le differenze nelle variazioni degli indici tra metotressato e Humira.c Basato sull’analisi a ranghid Joint Space Narrowing (riduzione della rima articolare)

Tabella 6 Variazioni radiografiche medie alla Settimana 52 nello studio AR V

MTX Humira Humira/MTX Valore pa Valore pb Valore pc

n=257 n=274 n=268(95% intervallo (95% intervallo (95% intervallodi confidenza) di confidenza) di confidenza)

Indice Totale di Sharp 5,7 (4,2-7,3) 3,0 (1,7-4,3) 1,3 (0,5-2,1) <0,001 0,0020 <0,001Indice di erosione 3,7 (2,7-4,7) 1,7 (1,0-2,4) 0,8 (0,4-1,2) <0,001 0,0082 <0,001JSN 2,0 (1,2-2,8) 1,3 (0,5-2,1) 0,5 (0-1,0) <0,001 0,0037 0,151

a il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con metotressato e la terapia associata Humira/metotressato uti-lizzando il test U Mann-Whitney.b il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con Humira e la terapia associata Humira/metotressato utilizzandoil test U Mann-Whitneyc il valore p è stato ottenuto confrontando a due a due la terapia con Humira e la terapia con metotressato utilizzando il test U Mann-Whitney

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V, il miglioramento dell’indice di disabilità valutato in base all’HAQ e della componente fisica dell’SF 36 hanno dimostrato un mi-glioramento superiore (p<0,001) quando è stata effettuata terapia associata Humira/metotressato rispetto alla monoterapia con me-totressato ed a quella con Humira alla Settimana 52, e questo miglioramento si è mantenuto nell’arco di 104 settimane. Artritegiovanile poliarticolare idiopatica (JIA) La sicurezza e l’efficacia di Humira sono state valutate in uno studio multicentrico, rando-mizzato, in doppio-cieco, a gruppi paralleli, in 171 bambini (di età compresa tra i 4 ed i 17 anni) affetti da artrite giovanile poliartico-lare idiopatica (JIA). Nel corso della fase di ammissione in aperto (open-label lead in phase = OL LI), i pazienti sono stati stratificatiin due gruppi, il gruppo trattato con MTX (metotressato) ed il gruppo non trattato con MTX. I pazienti ammessi nel braccio non trat-tato con MTX o non erano mai stati sottoposti prima ad alcuna terapia o la somministrazione di MTX era stata sospesa almeno duesettimane prima della somministrazione del farmaco allo studio. Ai pazienti sono state somministrate dosi costanti di farmaci an-tinfiammatori non steroidei (FANS) e/o di prednisone (≤ 0,2 mg/kg/die o 10 mg/kg/die massimo). Nel corso della fase OL LI, a tuttii pazienti sono stati somministrati 24 mg/m2 di adalimumab fino ad una dose massima pari a 40 mg di Humira, a settimane alterneper 16 settimane. La distribuzione dei pazienti per età e la dose minima, media e massima somministrata nel corso della fase OLLI sono riportate nella tabella 7.

I pazienti che avevano dimostrato una risposta ACR30 Pediatrica alla 16a settimana, possedevano i requisiti necessari per essereammessi alla randomizzazione della fase dello studio in doppio cieco (Double Blind = DB) ed hanno ricevuto 24 mg/m2 di Humirafino ad un massimo di 40 mg o placebo a settimane alterne per un ulteriore periodo di 32 settimane oppure fino alla riacutizzazionedella malattia. I criteri di definizione della riacutizzazione della malattia sono stati definiti in base ad un peggioramento maggiore ouguale al 30% (³ 30%) rispetto al valore basale di 3 o più dei 6 criteri principali dell’”ACR Pediatric core”, alla presenza di 2 o più ar-ticolazioni attive, ed in base ad un miglioramento maggiore del 30% in non più di 1 dei 6 criteri suddetti. Dopo 32 settimane o nelmomento in cui si è verificata la riacutizzazione della malattia, i pazienti sono stati ritenuti in possesso dei requisiti necessari peressere ammessi alla fase di estensione in aperto.

Tra coloro che alla 16a settimana hanno risposto al trattamento (n=144), le risposte Ped ACR 30/50/70/90 sono state mantenute per dueanni durante la fase OLE nei pazienti a cui è stato somministrato Humira nel corso di tutto lo studio. Le risposte complessive sono ri-sultate generalmente migliori e pochi pazienti hanno sviluppato anticorpi quando sono stati trattati con la terapia combinata Humira e MTXrispetto al trattamento con Humira somministrato in monoterapia. Prendendo in considerazione tali risultati, l’uso di Humira è racco-mandato in associazione al MTX ed in monoterapia nei pazienti per i quali l’uso di MTX sia sconsigliato (vedere il paragrafo 4.2). Artritepsoriasica Humira, somministrato alla dose di 40 mg a settimane alterne, è stato studiato in pazienti affetti da artrite psoriasica attiva digrado moderato-grave in due studi controllati con placebo, gli studi PsA I e II. Nel corso dello studio PsA I della durata di 24 settimane,sono stati trattati 313 pazienti adulti che avevano una risposta inadeguata alla terapia con farmaci antinfiammatori nonsteroidei e di que-sti, circa il 50% stava assumendo metotressato. Nel corso dello studio PsA II della durata di 12 settimane, sono stati trattati 100 pazientiche avevano una risposta inadeguata alla terapia con DMARD. A conclusione di entrambi gli studi, 383 pazienti sono stati arruolati in unostudio di estensione aperto ed hanno ricevuto Humira 40 mg a settimane alterne. A causa del numero limitato di pazienti studiati, nonvi è sufficiente evidenza dell’efficacia di Humira in pazienti affetti da artrite psoriasica simil spondilite anchilosante. Le risposte ACR nellostudio PsA I sono state simili con e senza terapia concomitante con metotressato. Le risposte ACR nello studio di estensione aperto sonostate mantenute fino a 136 settimane. Negli studi sull’artrite psoriasica sono state valutate le modifiche radiologiche. Sono state ese-guite radiografie delle mani, dei polsi e dei piedi al basale ed alla Settimana 24, durante la fase in doppio cieco quando i pazienti eranotrattati con Humira o con placebo, ed alla Settimana 48, quando tutti i pazienti erano trattati con Humira in aperto.

Tabella 7 Distribuzione dei pazienti per età e dose di adalimumab somministrata nel corso della fase OL LI

Gruppo d’età Numero di pazienti al basale n (%) Dose minima, media e massima

Dai 4 ai 7 anni 31 (18,1) 10, 20 e 25 mgDagli 8 ai 12 anni 71 (41,5) 20, 25 e 40 mgDai 13 ai 17 anni 69 (40,4) 25, 40 e 40 mg

Tabella 8 Risposta PedACR nel corso dello studio JIA

Braccio MTX Senza MTXFaseOL-LI 16a settimanaRisposta PedACR 30 (n/N) 94,1% (80/85) 74,4% (64/86)

Doppio cieco Humira Placebo Humira \Placebo(n = 38) (n = 37) (n = 30) (n = 28)

Riacutizzazione della 36,8% (14/38) 64,9% (24/37)b 43,3% (13/30) 71,4% (20/28)c

malattia alla fine della 32a settimanaa (n/N)Tempo medio della >32 settimane 20 settimane >32 settimane 14 settimaneriacutizzazione della malattia

a Le risposte Ped ACR 30/50/70 alla 48a settimana sono risultate significativamente maggiori rispetto a quelle ottenute nei pazientitrattati con placebo b p = 0,015c p = 0,031

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E’ stato utilizzato un Indice Totale di Sharp modificato (mTSS) che includeva le articolazioni distali interfalangee (cioè diverso dal-l’Indice Totale di Sharp utilizzato per l’artrite reumatoide). Il trattamento con Humira in confronto al trattamento con placebo, ha ri-dotto la percentuale di progressione del danno articolare periferico, come rilevato dalla modifica dell’Indice Totale di Sharp modificatoal basale (media ± DS) 0,8 ±2,5 nel gruppo placebo (alla Settimana 24) rispetto a 0,0 ± 1,9 (p<0,001) nel gruppo Humira (alla Set-timana 48). Nei pazienti trattati con Humira senza progressione del danno radiologico dal basale alla Settimana 48 (n=102), l’84%ha continuato a non mostrare alcuna progressione del danno radiologico nelle 144 settimane di trattamento. I pazienti trattati conHumira hanno dimostrato uno statisticamente significativo miglioramento della funzionalità fisica alla Settimana 24 rispetto ai pa-zienti trattati con placebo, come valutato dall’HAQ e dallo Short Form Health Survey (SF 36). Il miglioramento della funzionalità fi-sica è continuato fino alla Settimana 136 nello studio di estensione in aperto. Spondilite anchilosante E’ stata valutata lasomministrazione di 40 mg di Humira assunti a settimane alterne da 393 pazienti nel corso di due studi randomizzati in doppio ciecocontrollati con placebo della durata di 24 settimane in soggetti affetti da spondilite anchilosante (in cui il punteggio basale mediodell’attività della malattia [Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index (BASDAI)] è risultato pari a 6,3 in tutti i gruppi analiz-zati) che hanno sviluppato una risposta inadeguata alla terapia convenzionale. Settantanove pazienti (20,1%) sono stati trattati conterapia concomitante con DMARDs, e 37 pazienti (9,4%) con glucocorticoidi. Il periodo condotto in cieco è stato seguito da un pe-riodo in aperto durante il quale i pazienti hanno ricevuto 40 mg di Humira a settimane alterne per via sottocutanea per un periododi tempo aggiuntivo di 28 settimane. Ai soggetti (n=215, 54,7%) in cui non è stato possibile ottenere l’ASAS 20 alla Settimana 12,o alla 16 o alla 20, sono stati somministrati per via sottocutanea 40 mg di adalimumab come terapia di salvataggio precoce inaperto a settimane alterne e sono stati conseguentemente trattati come soggetti non-responders nelle analisi statistiche condottein doppio cieco. In uno studio AS I più ampio in cui sono stati analizzati 315 pazienti, i risultati hanno mostrato un miglioramentostatisticamente significativo dei segni e dei sintomi della spondilite anchilosante nei pazienti trattati con Humira rispetto ai pazientitrattati con placebo. La risposta significativa è stata per la prima volta osservata alla Settimana 2 ed è stata mantenuta per un pe-riodo di 24 settimane (Tabella 10). I pazienti trattati con Humira hanno manifestato un miglioramento significativamente più elevatoalla Settimana 12 che è stato mantenuto per tutta la durata della terapia fino alla Settimana 24 sia nell’SF36 che nel Questionariosulla Qualità della Vita della Spondilite Anchilosante (ASAQoL). Tendenze simili (non tutte statisticamente significative) sono stateosservate in uno studio AS II più piccolo randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo condotto su 82 pazienti adulti af-fetti da spondilite anchilosante attiva. Malattia di Crohn La sicurezza e l’efficacia di Humira sono state valutate in oltre 1.500 pazienti

Tabella 9 Risposte ACR in studi controllati con placebo nei casi di Artrite Psoriasica (percentuale di Pazienti)Studio PsA I Studio PsA II

Risposta Placebo Humira Placebo HumiraN=162 N=151 N=49 N=51

ACR 20 Settimana 12 14% 58%*** 16% 39%*Settimana 24 15% 57%*** N/A N/AACR 50 Settimana 12 4% 36%*** 2% 25%***Settimana 24 6% 39%*** N/A N/AACR 70 Settimana 12 1% 20%*** 0% 14% *Settimana 24 1% 23%*** N/A N/A

*** p<0,001 per tutti i confronti tra Humira e placebo* p<0,05 per tutti i confronti tra Humira e placebo

N/A non applicabile

Tabella 10 Risposte di Efficacia in uno studio controllato con placebo sulla Spondilite Anchilosante – studio IRiduzione dei Segni e dei SintomiRisposta Placebo Humira

N=107 N=208ASASa 20

Settimana 2 16% 42%***Settimana 12 21% 58%***Settimana 24 19% 51%***

ASAS 50Settimana 2 3% 16%***Settimana 12 10% 38%***Settimana 24 11% 35%***

ASAS 70Settimana 2 0% 7%**Settimana 12 5% 23%***Settimana 24 8% 24%***

BASDAIb 50 Settimana 2 4% 20%***Settimana 12 16% 45%***Settimana 24 15% 42%***

***,** Statisticamente significativa a p<0,001, <0,01 per tutti i valori messi a confronto tra Humira e placebo alla Settimana 2, 12 e 24a Valutazioni della Spondilite Anchilosanteb Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index

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affetti da malattia di Crohn, da moderatamente a gravemente attiva (Crohn’s Disease Activity Index = indice di attività della malat-tia di Crohn (CDAI)) ³ 220 e £ 450) in studi randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo. 524 dei pazienti arruolati (32%)sono stati definiti come affetti da malattia di Crohn grave (punteggio CDAI >300 e terapia concomitante con corticosteroidi e/o im-munosoppressori), corrispondente alla popolazione definita nell’indicazione (vedere paragrafo 4.1). E’ stata consentita la sommi-nistrazione concomitante di dosi costanti di amminosalicilati, di corticosteroidi, e/o di agenti immunomodulatori ed il 80% deipazienti ha continuato ad essere sottoposto a terapia con almeno uno di questi farmaci. L’induzione della remissione clinica (defi-nita come CDAI < 150) è stata valutata in due studi, studio CD I (CLASSIC I) e studio CD II (GAIN). Nello studio CD I, 299 pazientimai trattati con anti-TNF sono stati randomizzati ad uno dei quattro gruppi di trattamento; il placebo alla Settimana 0 e 2, il gruppotrattato con 160 mg di Humira alla Settimana 0 e con 80 mg alla Settimana 2, il gruppo trattato con 80 mg alla Settimana 0 e 40mg alla Settimana 2, ed il gruppo trattato con 40 mg alla Settimana 0 e 20 mg alla Settimana 2. Nello studio CD II, 325 dei pazientiche avevano perso la risposta o si sono rivelati intolleranti ad infliximab sono stati randomizzati per ricevere o 160 mg di Humiraalla Settimana 0 ed 80 mg di Humira alla Settimana 2 oppure placebo alla Settimana 0 ed alla Settimana 2. I non-responders pri-mari sono stati esclusi dagli studi e, di conseguenza, questi pazienti non sono stati sottoposti ad ulteriori valutazioni. Il manteni-mento della remissione clinica è stato valutato nello studio CD III (CHARM). Nello studio CD III, 854 pazienti hanno ricevuto in aperto80 mg di Humira alla Settimana 0 e 40 mg alla Settimana 2. Alla Settimana 4, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere 40 mga settimane alterne, 40 mg ogni settimana, oppure il placebo, la durata totale dello studio è stata pari a 56 settimane. I pazienti chehanno manifestato una risposta clinica adeguata (diminuzione dell’indice CDAI ≥ 70) alla Settimana 4 sono stati stratificati ed ana-lizzati separatamente da coloro che non hanno manifestato una risposta clinica adeguata alla Settimana 4. È stata consentita unariduzione graduale del dosaggio di corticosteroidi dopo la Settimana 8.Le percentuali relative all’induzione della remissione e dellarisposta clinica dello studio CD I e dello studio CD II sono riportate nella Tabella 11.

Percentuali di remissione simili sono state osservate nel gruppo trattato con il dosaggio di induzione pari a 160/80 mg ed a 80/40mg entro la Settimana 8 e gli eventi avversi si sono manifestati più frequentemente nel gruppo trattato con il dosaggio pari a 160/80mg. Nello studio CD III, alla Settimana 4, il 58% (499/854) dei pazienti ha manifestato una risposta clinica adeguata ed è stato va-lutato nell’analisi primaria. Tra i pazienti che hanno manifestato una risposta clinica adeguata alla Settimana 4, il 48% era statoesposto precedentemente a terapia con altri farmaci anti-TNF. Le percentuali relative al mantenimento della remissione e della ri-sposta clinica sono riportate nella Tabella 12. I risultati relativi alla remissione clinica sono rimasti relativamente costanti a pre-scindere dall’esposizione precedente a farmaci anti-TNF. Alla settimana 56 il ricovero ospedaliero correlato alla malattia e gliinterventi chirurgici erano statisticamente significativamente ridotti con adalimumab rispetto al placebo.Tra i pazienti che non hanno evidenziato una risposta adeguata alla Settimana 4, il 43% dei pazienti trattati con terapia di manteni-mento a base di Humira ha manifestato una risposta adeguata entro la Settimana 12 rispetto al 30% dei pazienti trattati con pla-cebo. Tali risultati suggeriscono che alcuni pazienti che non hanno manifestato una risposta adeguata alla Settimana 4 traggonogiovamento dalla terapia di mantenimento continuata fino alla Settimana 12. La terapia proseguita oltre le 12 settimane non ha por-tato ad un numero significativamente più elevato di risposte (vedere paragrafo 4.2). 117/276 pazienti dallo studio CD I e 272/777

Tabella 11 Induzione della Remissione e della Risposta Clinica(Percentuale di Pazienti)

Studio CD I: Pazienti mai trattati Studio CD II: Pazienti già utilizzatori di Infliximabcon InfliximabPlacebo Humira Humira Placebo HumiraN=74 80/40 mg 160/80 mg N=166 160/80 mg

N = 75 N=76 N=159Settimana 4Remissione clinica 12% 24% 36%* 7% 21%*Risposta clinica 24% 37% 49%** 25% 38%**(CR-100)Tutti i valori p rappresentano i confronti a coppie delle percentuali di Humira verso placebo* p<0,001** p<0,01

Tabella 12 Mantenimento della Remissione e della Risposta clinica(Percentuale di Pazienti)

Placebo 40 mg Humira 40 mg Humiraa settimane alterne ogni settimana

Settimana 26 N=170 N=172 N=157Remissione clinica 17% 40%* 47%*Risposta clinica (CR-100) 27% 52%* 52%*Pazienti in remissione 3% (2/66) 19% (11/58)** 15% (11/74)**senza trattamento steroideo per >=90 giornia

Settimana 56 N=170 N=172 N=157Remissione clinica 12% 36%* 41%*Risposta clinica (CR-100) 17% 41%* 48%*Pazienti in remissione 5% (3/66) 29% (17/58)* 20% (15/74)**senza trattamento steroideo for >=90 giornia

*p < 0,001 per confronti a coppie delle percentuali Humira verso placebo **p < 0,02 per confronti a coppie delle percentuali Humira verso placebo adi coloro che sono stati trattati con corticosteroidi allo baseline

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pazienti provenienti da studi CD II e III sono stati seguiti per almeno 3 anni di terapia con adalimumab in aperto. 88 (75,2%) e 189(69,5%) pazienti, rispettivamente, hanno continuato a mantenere la remissione clinica. La risposta clinica (CR-100) è stata man-tenuta rispettivamente in 102 (87,2%) e 233 (85,7%) pazienti. Qualità della vita Nello studio CD I e nello studio CD II, un migliora-mento statisticamente significativo del punteggio totale del questionario delle malattie infiammatorie intestinali specifiche dellamalattia (IBDQ) è stato ottenuto alla Settimana 4 nei pazienti randomizzati a ricevere 80/40 mg di Humira e 160/80 mg rispetto alplacebo ed è stato osservato anche nello studio CD III alle Settimane 26 e 56 tra i gruppi trattati con adalimumab rispetto al gruppotrattato con placebo. Psoriasi La sicurezza e l’efficacia di Humira sono state studiate nei pazienti adulti affetti da psoriasi cronica aplacche (BSA ≥10% e Psoriasis Area and Severity Index (PASI) ≥12 o ≥10), i quali erano candidati alla terapia sistemica o alla foto-terapia, durante gli studi randomizzati in doppio cieco. Il 73% dei pazienti ammessi agli studi I e II sulla Psoriasi erano stati prece-dentemente sottoposti a terapia sistemica o fototerapica. Lo studio I sulla Psoriasi (REVEAL) ha valutato 1.212 pazienti entro treperiodi di trattamento. Nel corso del periodo A, ai pazienti è stato somministrato placebo o Humira ad una dose iniziale pari a 80mg, seguita da una dose pari a 40 mg, a settimane alterne, somministrata ad iniziare dalla settimana successiva all’assunzione delladose iniziale. Dopo 16 settimane di terapia, i pazienti che hanno ottenuto almeno una risposta PASI 75 (in cui il punteggio PASI haregistrato un miglioramento pari ad almeno il 75% del valore al basale) sono stati ammessi al periodo B ed hanno ricevuto un do-saggio di Humira pari a 40 mg, a settimane alterne, in aperto. I pazienti che hanno mantenuto una risposta ≥ PASI 75 alla Settimana33 e che erano stati inizialmente randomizzati per la terapia attiva nel corso del periodo A, sono stati nuovamente randomizzati nelperiodo C a ricevere 40 mg di Humira, a settimane alterne, o placebo, per un ulteriore periodo di 19 settimane. In tutti i gruppi ditrattamento, il punteggio PASI medio al basale è risultato pari a 18,9 ed il punteggio relativo al Physician’s Global Assessment(PGA) è risultato di grado “moderato” nel 53% dei soggetti inclusi, “severo” nel 41% e “molto severo” nel 6,6%. Lo studio II sullaPsoriasi (CHAMPION) ha paragonato l’efficacia e la sicurezza di Humira rispetto al metotressato ed al placebo in 271 pazienti. Perun periodo di 16 settimane, i pazienti hanno ricevuto placebo, o metotressato con una dose iniziale pari a 7,5 mg successivamenteelevata fino alla Settimana 12 e con un massimo di 25 mg, o Humira alla dose iniziale di 80 mg seguita dalla dose di 40 mg som-ministrata a settimane alterne. Non sono disponibili dati che mettano a confronto Humira e metotressato oltre le 16 settiman diterapia. Nei pazienti trattati con metotressato che hanno raggiunto una risposta ≥ PASI 50 alla Settimana 8 e/o alla Settimana 12,non sono stati effettuati incrementi del dosaggio. In tutti i gruppi di trattamento, il punteggio PASI al basale medio è risultato paria 19,7 ed il punteggio PGA al basale è risultato da “lieve” (<1%) a “moderato” (48%) a “severo” (46%) a “molto severo” (6%).I pazienti che hanno partecipato a tutti gli studi di Fase 2 e Fase 3 sulla psoriasi sono stati considerati idonei ad essere arruolati inuno studio di estensione in aperto, dove Humira è stato somministrato per un periodo aggiuntivo di almeno 108 settimane. Neglistudi I e II sulla Psoriasi, l’endopoint primario è stato rappresentato dalla percentuale di pazienti che ha ottenuto una risposta PASI75 al valore basale alla Settimana 16 (vedere Tabelle 13 e 14)

Nel corso dello studio I sulla Psoriasi, nel 28% dei pazienti che hanno ottenuto una risposta PASI 75 e che sono stati nuovamenterandomizzati per ricevere placebo alla Settimana 33 rispetto al 5% di pazienti che ha proseguito la terapia con Humira, p<0,001, siè verificata una “perdita di risposta adeguata” (punteggio PASI che dopo la Settimana 33 e prima della scadenza della Settimana52 abbia dato luogo ad una risposta <PASI 50 rispetto al valore basale con un aumento minimo di 6 punti del punteggio PASI re-lativo alla Settimana 33). Tra i pazienti in cui si è verificata la “perdita di risposta adeguata” dopo la ri-randomizzazione per ricevereplacebo, e che sono stati successivamente ammessi allo studio d’estensione in aperto, il 38% (25/66) ed il 55% (36/66) sono riu-sciti ad ottenere una risposta PASI 75 rispettivamente dopo 12 e 24 settimane di ri-trattamento. Durante lo studio I sulla Psoriasi,un totale di 233 pazienti tra coloro i quali avevano ottenuto una risposta PASI 75 alla sedicesima settimana e alla trentatreesimasettimana e che avevano continuato la terapia con Humira fino alla cinquantaduesima settimana, hanno continuato la sommini-strazione di Humira nello studio di estensione in aperto. In questi pazienti, le percentuali di risposta PASI 75 e PGA corrispondentea remissione totale della malattia o a persistenza di malattia minima, sono state rispettivamente 74.7% e 59.0%, dopo un periodo

Tabella 13 Studio I sulla Psoriasi (REVEAL)Risultati relativi all’Efficacia alla Settimana 16

Placebo Humira 40 mg a settimane alterneN=398 N=814n (%) n (%)

≥ PASI 75a 26 (6,5) 578 (70,9)b

PASI 100 3 (0,8) 163 (20,0)b

PGA: Guarigione/ 17 (4,3) 506 (62,2)b

Marcato miglioramentoa La percentuale di pazienti che ottenuto una risposta PASI 75 è stata calcolata sotto forma di center-adjusted rateb p<0,001, Humira vs. placebo

Tabella 14 Studio II sulla Psoriasi (CHAMPION)Risultati relativi all’Efficacia alla Settimana 16

Placebo MTX Humira 40 mg a settimane alterneN=53 N=110 N=108n (%) n (%) n (%)

≥ PASI 75 10 (18,9) 39 (35,5) 86 (79,6) a, b

PASI 100 1 (1,9) 8 (7,3) 18 (16,7) c, d

PGA: Guarigione/ 6 (11,3) 33 (30,0) 79 (73,1) a, b

marcato miglioramentoap<0,001 Humira vs. placebobp<0,001 Humira vs. metotressatocp<0,01 Humira vs. placebodp<0,05 Humira vs. metotressato

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di 108 settimane di terapia somministrata in aperto (per un totale di terapia continuativa di 160 settimane). In un’analisi effettuatasu tutti i pazienti che avevano interrotto lo studio per eventi avversi o per mancanza di efficacia, o che avevano aumentato la po-sologia e che per tali motivi erano stati considerati come non rispondenti alla terapia, analogamente le percentuali di risposta PASI75 e PGA corrispondente a remissione totale della malattia o a persistenza di malattia minima, sono state del 69.6% e del 55.7%,dopo un periodo di 108 settimane di terapia somministrata in aperto (per un totale di terapia continuativa di 160 settimane). Un to-tale di 347 pazienti, caratterizzati da una risposta stabile alla terapia, ha preso parte ad uno studio di estensione in aperto per la va-lutazione degli effetti della sospensione e della ripresa del trattamento. Durante il periodo di sospensione della terapia, i sintomidella psoriasi si sono ripresentati in maniera progressiva con un tempo medio di recidiva (progredendo fino ad uno stadio PGA “mo-derato” o peggiore) di circa 5 mesi. Nessuno di questi pazienti ha manifestato fenomeni di rebound durante il periodo di sospen-sione del trattamento. Un totale del 76.5% dei pazienti (218/285), che erano entrati nella fase di ri-trattamento, avevano ottenutouna risposta PGA corrispondente a remissione totale della malattia o a malattia minima dopo sedici settimane di terapia, indipen-dentemente dal fatto di aver avuto o meno riacutizzazione della malattia durante il periodo di sospensione dal farmaco (rispettiva-mente il 69.1%[123/178] e 88.8%[95/107] dei pazienti che avevano avuto o meno una riacutizzazione della malattia durante ilperiodo di sospensione). Durante la ripresa del trattamento è stato osservato un profilo di sicurezza del tutto simile a quello os-servato durante il periodo precedente alla sospensione della terapia. E’ stato dimostrato che il DLQI (Dermatology Life Quality Index)dei pazienti trattati con Humira evidenzia miglioramenti significativi alla Settimana 16 a partire dal valore basale rispetto al placebo(studi I e II) ed al metotressato (studio II). Nel corso dello studio I, anche i miglioramenti relativi ai punteggi complessivi delle com-ponenti fisiche e mentali del SF-36 sono risultati significativi rispetto al placebo. In uno studio d’estensione in aperto, tra i pazientiche a causa della risposta PASI inferiore a 50% avevano ricevuto incrementi del dosaggio a partire da 40 mg a settimane alterne,fino a 40 mg assunti ogni settimana, valutati alla Settimana 12 dopo l’aumento del dosaggio, 93 su 349 (26.6%) hanno raggiuntouna risposta PASI 75. Immunogenicità La formazione di anticorpi anti-adalimumab è associata all’aumento della clearance ed allariduzione dell’efficacia di adalimumab. Non esiste una correlazione evidente tra la presenza di anticorpi anti-adalimumab e l’insor-genza di eventi avversi. I pazienti degli studi RA I, II e III sono stati esaminati a vari intervalli di tempo per valutare gli anticorpi anti-ada-limumab durante il periodo da 6 a 12 mesi. Negli studi clinici principali, gli anticorpi anti-adalimumab sono stati riscontrati in 58/1053(5,5%) pazienti trattati con adalimumab, rispetto a 2/370 (0,5%) nei pazienti trattati con placebo. Nei pazienti a cui non è stato sommi-nistrato contemporaneamente il metotressato, l’incidenza è stata 12,4%, rispetto allo 0,6% quando adalimumab è stato usato in com-binazione con metotressato. Nei pazienti affetti da artrite giovanile poliarticolare idiopatica, sono stati identificati anticorpianti-adalimumab in 27/171 soggetti (15,8%) trattati con adalimumab. Nei pazienti ai quali non è stato somministrato metotressato as-sieme ad Humira, l’incidenza è stata pari a 22/86 (25,6%) soggetti rispetto a 5/85 (5,9%), quando adalimumab è stato utilizzato in as-sociazione al metotressato. Nei pazienti affetti da artrite psoriasica, gli anticorpi anti-adalimumab sono stati identificati in 38/376 soggetti(10%) trattati con adalimumab. Nei pazienti non sottoposti a terapia concomitante con metotressato, l’incidenza è risultata pari al 13,5%(24/178 soggetti) rispetto al 7% (14 su 198 soggetti) quando adalimumab è stato utilizzato in associazione al metotressato. Nei pazientiaffetti da spondilite anchilosante, gli anticorpi anti-adalimumabsono stati identificati in 17/204 soggetti (8,3%) trattati con adalimumab.Nei pazienti non sottoposti a terapia concomitante con metotressato, l’incidenza è risultata pari a 16/185 (8,6%) rispetto all’1/19 (5,3%)quando adalimumab è stato utilizzato in associazione al metotressato. Nei pazienti con malattia di Crohn, anticorpi anti-adalimumab sonostati identificati in 7/269 soggetti (2,6%) trattati con adalimumab. Nei pazienti affetti da psoriasi, sono stati identificati anticorpi anti-ada-limumab in 77/920 (8,4%) soggetti trattati con adalimuman in monoterapia. In pazienti affetti da psoriasi a placche trattati a lungo ter-mine in monoterapia con adalimumab che hanno partecipato ad uno studio di sospensione e di ri-trattamento, la percentuale di positivitàper anticorpi anti adalimumab dopo la ripresa del trattamento (11 casi su 482 soggetti, 2.3%) si è mostrata simile a quella osservataprima della sospensione del farmaco (11 casi su 590 soggetti, 1.9%). Poiché le analisi di immunogenicità sono specifiche del prodotto,il confronto fra le quantità di anticorpi con altri prodotti non è appropriato. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Dopo la somministrazionesottocutanea di una singola dose di 40 mg, l’assorbimento e la distribuzione di adalimumab è stata lenta, con picchi di concentrazionesierica raggiunti circa 5 giorni dopo la somministrazione. La biodisponibilità media assoluta di adalimumab rilevata nei tre studi dopouna dose sottocutanea unica di 40 mg è stata del 64%. Dopo dosi intravenose singole da 0,25 a 10 mg/kg, le concentrazioni sono stateproporzionali alla dose. Dopo dosi di 0,5 mg/kg (~40 mg), la clearance sono variate da 11 a 15 ml/ora, il volume di distribuzione (Vss) èvariato dai 5 ai 6 litri, e l’emivita media della fase finale è stata approssimativamente di due settimane. Le concentrazioni di adalimu-mab nel liquido sinoviale in diversi pazienti affetti da artrite reumatoide sono variate del 31-96% rispetto a quelle sieriche. In seguito asomministrazione sottocutanea di 40 mg di Humira ogni due settimane in pazienti adulti con artrite reumatoide (AR) le concentrazioniminime all’equilibrio sono state in media di circa 5 mg/ml (senza terapia concomitante con metotressato) e 8-9 mg/ml (in combinazionecon metotressato). I livelli sierici minimi di adalimumab all’equilibrio a seguito di dosaggi sottocutanei 20, 40 e 80 mg ogni 2 settimaneo settimanalmente sono aumentati approssimativamente in maniera dose-dipendente. In seguito alla somministrazione di 24 mg/m2

di adalimumab (fino ad un massimo di 40 mg) per via sottocutanea a settimane alterne ai pazienti affetti da artrite giovanile poliartico-lare idiopatica (JIA), la concentrazione sierica minima media allo stato basale di adalimumab (valori misurati a partire dalla 20a fino alla48a settimana) è stata pari a 5,6 ± 5,6 µg/mL (102% CV) con Humira in monoterapia ed a 10,9 ± 5,2 µg/mL (47,7% CV) con metotres-sato somministrato in concomitanza. Nei pazienti con malattia di Crohn, la dose di carico con 80 mg di Humira alla Settimana 0 seguitada 40 mg di Humira alla Settimana 2 ha ottenuto concentrazioni sieriche minime di adalimumab di circa 5,5 mg/ml durante il periododi induzione. Una dose di carico con 160 mg di Humira alla Settimana 0 seguita da 80 mg di Humira alla Settimana 2 ha ottenuto con-centrazioni sieriche minime di adalimumab di circa 12 mg/ml durante il periodo di induzione. Sono stati osservati livelli medi all’equili-brio di circa 7 mg/ml nei pazienti con malattia di Crohn che hanno ricevuto una dose di mantenimento di 40 mg di Humira ogni duesettimane. Nei pazienti affetti da psoriasi la concentrazione minima all’equilibrio è risultata essere in media di circa 5 g/ml durante iltrattamento con un dosaggio di adalimumab pari a 40 mg, somministrato a settimane alterne, in monoterapia. Le analisi farmacocine-tiche di popolazione, su un campione di più di 1.300 pazienti con AR, hanno evidenziato una tendenza ad un apparente aumento dellaclearance di adalimumab con l’aumentare del peso corporeo. Dopo correzione per le differenze del peso corporeo, sesso ed età sonorisultati avere un effetto minimo sulla clearance di adalimumab. I livelli sierici di adalimumab libero (non legato agli anticorpi anti-adali-mumab – AAA) sono stati più bassi nei pazienti con titoli misurabili di AAA. Humira non è stato studiato in pazienti con insufficienza re-nale o epatica. 5.3 Dati preclinici di sicurezza I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per gli esseri umani in base a studi di tossicitàsulle dosi singole e multiple e di genotossicità. E’ stato condotto uno studio sulla tossicità embrio-fetale in scimmie cinomologhe condosaggi di 0, 30 e 100 mg/kg (9-17 scimmie/gruppo); tale studio non ha evidenziato danni fetali provocati da adalimumab. Le prove di

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cancerogenesi e le valutazioni standard sulla fertilità e sulla tossicità postnatale, non sono state condotte a causa di mancanza di mo-delli appropriati per un anticorpo con limitata reattività crociata per il TNF nei roditori e lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti nei roditori.6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Mannitolo, acido citrico monoidrato, sodio citrato, sodio fosfato mo-nobasico diidrato, sodio fosfato dibasico diidrato, sodio cloruro, polisorbato 80, sodio idrossido, acqua per preparazioni iniettabili. 6.2Incompatibilità In assenza di studi sulla compatibilità, questo farmaco non va combinato con altri medicinali. 6.3 Periodo di validità24 mesi 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°C – 8°C). Non congelare. Conservare la pennapre-riempita nella confezione. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Humira 40 mg soluzione iniettabile è contenuta in penne pre-riempite monouso pronte per l’utilizzo da parte dei pazienti: Confezioni: 1 penna pre-riempita con 1 tampone imbevuto di alcool in unblister. 2 penne pre-riempite, ciascuna con 1 tampone imbevuto di alcool, in un blister. 4 penne pre-riempite, ciascuna con 1 tamponeimbevuto di alcool, in un blister. 6 penne pre-riempite, ciascuna con 1 tampone imbevuto di alcool, in un blister. Non tutti i tipi di con-fezione potrebbero essere commercializzati. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento HUMIRA 40 mg soluzione iniettabile noncontiene conservanti. Il prodotto inutilizzato e gli altri materiali di rifiuto devono essere trattati secondo le disposizioni locali.7. Titolaredell’autorizzazione all’immissione in commercio Abbott Laboratories Ltd, Abbott House, Vanwall Business Park, Vanwall Road, Maid-enhead, Berkshire, SL6 4XE, Regno Unito 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO EU/1/03/256/007 1 penna preriempita 0,8 ml + 1 tampone 035946072/EEU/1/03/256/008 2 penne preriempite 0,8 ml + 2 tamponi 035946084/EEU/1/03/256/009 4 penne preriempite 0,8 ml + 4 tamponi 035946096/EEU/1/03/256/010 6 penne preriempite 0,8 ml + 6 tamponi 035946108/E9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data di prima autorizzazione: 8 Settembre 2003.Data ultimo rinnovo: 8 Settembre 2008 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO febbraio 2011.

Prezzo di cessione al SSN alla data del 21/11/2007 € 465,89 per penna. Classe di rimborsabilità H. Modalità di dispensazione:Ricetta Ripetibile Limitativa (RRL).

Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica rilasciata dal centro ospedaliero o dallo specialista reumatologo, derma-tologo, gastroenterologo, internista, pediatra.

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Con il contributo educazionale di

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