IL DOVERE DELLA MEMORIA · violenze dell'Olocausto in quanto i nazisti ritenevano necessaria...

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IL DOVERE DELLA MEMORIA

"Chi è stato torturato rimane torturato. Chi ha subito il tormento non potrà più ambientarsi nel mondo, l'abominio

dell'annullamento non si estingue mai. La fiducia nell'umanità, già incrinata dal primo schiaffo sul viso,

demolita poi dalla tortura, non si riacquista più."

JEAN AMERY

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Nel conflitto più vasto della storia, nella prima vera

guerra totale mai combattuta, i civili spesso

non furono altro che obiettivi militari, vittime

inermi. Una delle dimensioni più evidenti della Seconda

Guerra Mondiale fu proprio quella del massacro delle

popolazioni, efficacemente definita "guerra ai civili".

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LA GUERRA RAZZIALE E LA SHOAH

La guerra ai civili era spesso sostenuta dal pregiudizio circa la superiorità etnica o

razziale dell'aggressore. Il vecchio motivo nazionalista faceva proprio tutto

l'armamentario ideologico del razzismo e ne nascevano micidiali impasti ideologici e inediti progetti di nuovo ordine. Tutto ciò

va sotto il nome di" Shoah".

I campi di concentramento erano disseminati in tutta Europa. Tra i

principali ricordiamo: Buchenwald e Ravensbruck in Germania e

Auschwitz in Polonia.

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Il termine "Olocausto" deriva dal greco holòkaustos (bruciato

interamente) e indicava il sacrificio in cui la vittima veniva completamente bruciata. Il termine è entrato in uso

per significare il genocidio degli ebrei, nonostante la non piena

corrispondenza concettuale con l'idea di un sacrificio. A partire dalla

seconda metà del XX secolo indica il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa e lo sterminio di tutte le categorie di persone ritenute dai nazisti "indesiderabili" per motivi

politici o razziali.

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« Ma no mio Dio... noi vogliam vivere! »(Dal "Diario di David Rubinowicz", testimonianza sulla Shoah di un bambino ebreo di 12 anni poi ucciso nel 1942 a Treblinka)

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LE DONNE E I BAMBINI DURANTE L'OLOCAUSTO

Le donne, sia ebree che non ebree, furono spesso soggette ad una persecuzione eccezionalmente

brutale da parte del regime. L'ideologia nazista prese di mira anche le donne rom , quelle di

nazionalità polacca e con difetti fisici o mentali.

Haika Grosman. Partecipò alla rivolta scoppiata nel ghetto di

Bialystok. Polonia,1945

Anna Frank, all'età di 11 anni. Olanda, 1940

I bambini furono tra i più esposti alle violenze dell'Olocausto in quanto i nazisti ritenevano necessaria l'uccisione dei figli di persone considerate "indesiderabili" o "pericolose". Tra le vittime oltre che ebrei ci furono anche rom, polacchi e sovietici.

La possibilità di sopravvivenza era maggiore per gli adolescenti tra i 13 e 18 anni, perché utilizzati nel lavoro forzato.

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI RAVENSBRUCK

Nel maggio 1939, i nazisti aprirono il più grande campo di concentramento esclusivamente femminile, quello di

Ravensbruck, dove più di 100.00 donne vi furono incarcerate tra la sua apertura e il momento in cui le truppe sovietiche lo liberarono, nel 1945. Alle deportate venivano rasati i capelli, poi utilizzati dall'industria tedesca; successivamente, dopo

essere state rasate, private di tutti i propri beni, ispezionate nelle parti intime e lavate, le prigioniere sono destinate ai Block. Questi ultimi sono costruzioni di legno incatramato,

divisi in due Stube, in ognuna delle quali ci sono un refettorio, un dormitorio, tre lavabi e tre latrine. Le detenute che si ribellavano, tentavano di evadere o compivano atti di

sabotaggio vero o presunto, venivano rinchiuse nella prigione del campo, il Bunker, un edificio a due piani con molte

piccole celle alcune senza finestra; bastava assai poco per finirvi dentro. Le detenute destinate al Bunker subivano gravi

sevizie morali e fisiche e molte finivano uccise o non sopravvivevano alle violenze. Nel Bunker si effettuavano

interrogatori, processi sommari, torture e condanne a morte.

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IL TRATTAMENTO DELLE DONNE INCINTE

Sia nei campi che nei ghetti, le donne erano particolarmente vulnerabili e soggette spesso sia

a pestaggi che a stupri. Le donne ebree in gravidanza cercavano di nascondere il loro stato per non essere costrette ad abortire. Anche le donne deportate dalla Polonia e dall'Unione

Sovietica per essere impiegate nei lavori forzati venivano spesso picchiate e violentate, o forzate

a prestazioni sessuali in cambio di cibo o altri generi di conforto. La gravidanza fu l'ovvia

conseguenza per molte donne. Se i cosiddetti "esperti della razza" determinarono che il

bambino non potesse essere germanizzato, venivano obbligate ad abortire, o mandate a

partorire in ospedali improvvisati, dove le condizioni avrebbero garantito la morte del

nascituro. Altre volte venivano semplicemente rispedite nelle regioni d'origine, senza né cibo né

assistenza medica.

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PERSONAGGI FEMMILI LEGATI AL CAMPO

•Liliana Segre, una delle più note ed attive testimoni dell'Olocausto.

Sopravvissuta ad Auschwitz, è liberata in marcia da Malchow

(Ravensbrück).

•Anna Cherchi Ferrari, partigiana reduce e testimone della vita e nel campo

di concentramento.

•Arianna Szörényi, una delle più note bambine italiane deportate ad

Auschwitz-Birkenau e sopravvissuta. Aveva solo undici anni quando insieme

alla sua famiglia giunse al campo. La piccola fu immatricolata con il numero:

89219, e fu immediatamente separata da tutti i componenti della sua

famiglia. Nel 1944 inclusa in una delle marce della morte viene prima

internata a Ravensbrück e poi a Bergen-Belsen fino alla liberazione del

campo da parte degli alleati.

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IL DESTINO DEI BAMBINI DURANTE L'OLOCAUSTO

Il destino dei bambini, ebrei e non ebrei, poteva seguire diverse vie:• I bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di

sterminio;• potevano essere uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano

ancora negli istituti che li ospitavano;• i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli

altri prigionieri li nascondevano;• I bambini maggiori di dodici anni venivano destinati al lavoro forzato o

erano usati per esperimenti medici;• vi furono bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle

contro i gruppi partigiani

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I BAMBINI DI TEREZIN

I bambini di Terezín sono stati i circa 15.000 minori ebrei (inclusi adolescenti), che tra il 1941 e il 1945, ciascuno per periodi più o meno lunghi, vissero nel Campo di concentramento di Theresienstadt (Terezín). Nonostante la fame, le malattie e le molte privazioni, sotto la guida di alcuni pedagogisti prigionieri con loro nel campo hanno lasciato tracce sorprendenti della loro creatività e voglia di vivere: disegni, racconti, poesie, musica, prima di essere quasi tutti deportati a gruppi nei ghetti della Polonia e quindi direttamente nei campi di sterminio di Treblinka e Auschwitz. L'United States Holocaust Memorial Museum calcola che il «90 per cento di quei bambini morì nei campi di sterminio».

I bambini di Terezín in un disegno di Malva Schalek, artista ceca deportata a Terezín

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VERSO LA FINE DELLA GUERRA: LE MARCE DELLA MORTE

Il resoconto di Liliana SegreNel gennaio 1945, Liliana Segre era giovanissima: non aveva ancora 15 anni ed era stata deportata ad Auschwitz circa un anno prima. Per molte donne di Auschwitz, la marcia di evacuazione ebbe come meta il campo di Ravensbrück, nei pressi di Berlino.Cosa ricorda della marcia della morte?

La marcia è molto difficile da ricordare. È stata una cosa inimmaginabile. Migliaia e migliaia di esseri stremati che si trascinavano nella neve come automi. La strada disseminata di cadaveri,donne, uomini morti per lo sfinimento, per il freddo, o finiti dai soldati della scorta con una fucilata alla testa. Io non li guardavo, andavo avanti, un passo dopo l’altro, come ubriaca, perchévolevo vivere, non volevo morire. Come le altre mi gettavo sugli immondezzai nella speranza di racimolare un torsolo di cavolo, una buccia di patata, una cosa qualsiasi da rosicchiare. Era unafollia. Anche voler vivere era una follia. Avevamo già perso da mesi i freni inibitori. Se avevi un bisogno fisico, poteva esserci chiunque davanti a te, ti accovacciavi al bordo della strada, faceviquello che dovevi fare e proseguivi. Ero già prigioniera da un anno, e un anno ad Auschwitz ti cambia enormemente. Camminavamo, nevicava, ricordo come dei flash, però non una continuità.Non saprei dire né quanti giorni né quante notti sia durata. La prima volta che ci siamo fermate eravamo in una stazione bombardata, il tetto mezzo aperto. Eravamo in cinquantaseimila a farela marcia della morte. Questo l’ho letto poi, perché certo allora non lo sapevo. Ci facevano camminare soprattutto di notte, perché i civili non dovevano vederci. Quando passavamo nei paesic’era l’oscuramento, la gente doveva tenere le finestre chiuse, le porte chiuse.

Però ricordo che una volta siamo passati per un paese in pieno giorno, c’erano dei curiosi che guardavano, e le guardie gridavano, non avvicinatevi, questi hanno più di voi, non hanno bisognodi nulla! Non che ci volessero dare qualcosa, figurarsi, erano solo dei curiosi che guardavano le file enormi che attraversavano il loro paesino. Eravamo dei tali spaventi di persone che credoche persino i civili tedeschi potessero notare come eravamo ridotti. Eppure le guardie sbraitavano, non avvicinatevi, questi non hanno bisogno di niente, stanno benissimo!

Dove si trovava?

Chi lo sa? Ho fatto la marcia della morte senza sapere dove fossi. Dopo l’ho vista sulla carta geografica, ma allora non sapevo. Camminavo, vedevo nomi che non mi dicevano niente, chedimenticavo subito dopo aver letto. Poi mi ricordo che abbiamo percorso un tratto su un treno merci, con i vagoni scoperti, sotto la neve che fioccava, pigiate l’una contro l’altra, e alla mattinaci scrollavamo di dosso i cadaveri, tutti coperti da un sottile strato di ghiaccio. Essere pressate, per quanto orribile, ci ha salvato, perché il corpo umano emana un certo calore, altrimentisaremmo morte assiderate. Tutte, alla mattina, avevamo una crosticina di ghiaccio sopra alle divise, e poi c’erano quelle dure, morte. Siamo scese saltando giù da questo vagone, contente diaver fatto un pezzo col treno e non a piedi…

La marcia della morte vera e propria è stata quella da Auschwitz fino a Ravensbrück, quello è stato lo spostamento epocale, ma dopo ce ne sono stati altri, più piccoli. Ci spostavano sempre piùa nord, man mano che si avvicinava il fronte. Ricordo che un’altra volta eravamo su un treno vero, un treno passeggeri, con i sedili di legno, ma neanche lì sapevo dove fossi. I miei ricordi sonovaghissimi, sia per la mia assoluta ignoranza della geografia che per il disinteresse che mi dominava; ero conscia solo della fatica tremenda, dei morti, dei colori della marcia, quello sì, ma nondi dove fossi, né di chi ci fosse con me.

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LE MARCE DELLA MORTE

Nell’estate del 1944, una massiccia offensiva dei Sovietici nella parte orientale della Bielorussia annientò l’Armata tedesca, permettendo alle forze di Stalin di prendere il controllo del primo dei grandi campi di concentramento creati dai Nazisti, quello di Lublino/Majdanek. Poco dopo quell’offensiva, il comandante delle SS (Reichsfuehrer SS) Heinrich Himmler ordinò che i prigionieri di tutti i campi di concentramento e dei campi satellite venissero evacuati e trasferiti all’interno del Reich. Le evacuazioni dei campi di concentramento erano dovute a tre considerazioni principali:1) Le autorità delle SS non volevano che i prigionieri cadessero vivi nelle mani del nemico raccontando le loro storie ai liberatori.2) Le SS pensavano di aver bisogno di quei prigionieri per continuare la produzione bellica, dove ciò era ancora possibile.3) Alcuni leader delle SS, incluso Himmler, credevano irragionevolmente di poter usare i prigionieri ebrei dei campi di concentramento come ostaggi per trattare una pace separata con l’Occidente e garantire la sopravvivenza del regime nazista.

Immagine di alcuni prigionieri durante una marcia della morte partita da Dachau che attraversò diversi paesini in direzione di Wolfratshausen. Cittadini tedeschi scattarono di nascosto molte fotografie delle marce della morte dal campo di concentramento di Dachau, immortalando il lento avanzare dei prigionieri attraverso le città bavaresi di Gruenwald, Wolfratshausen e Herbertshausen. Pochi tra loro, però, diedero aiuto ai prigionieri in cammino. Germania, aprile 1945.— KZ Gedenkstaette Dachau

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TESTIMONIANZE ORALI

CHARLENE SCHIFFDATA DI NASCITA: 1929, Horochow, POLONIA

CHARLENE DESCRIVE UNA SCUOLA

CLANDESTINA NEL GHETTO DI HOROCHOW

[INTERVISTA: 1993]

TESTOAll'inizio, mia madre e diverse altre donne organizzarono una scuola clandestina per i bambini che erano troppo piccoli per essere mandati a lavorare; ed era una cosa fantastica, perché avevamo qualcosa di bello da aspettare con impazienza. Ci permetteva di dimenticare la fame e tutto ciò che ci mancava in quelle condizioni di vita così primitive. La scuola rimase attiva per diversi mesi. Molte delle signore, inclusa mia madre, facevano dei baratti all'esterno e portavano a casa matite, carta per scrivere, persino alcuni libri; poi ci raccontavano storie e noi cantavamo canzoni e coloravamo ed era una cosa bella, che aspettavamo con impazienza. Lo era davvero, se solo... se fosse durato. Ma non durò che pochi mesi perché ben presto non c'erano più abbastanza gioielli o denaro da barattare. Non c'erano più scorte, materiali per la scuola e il morale, diciamo così, si afflosciò in tutto il ghetto. E le donne, quando venivano a casa, erano troppo stanche e troppo affamate, e malconce per poter fingere di essere contente di fronte ai bambini. Così anche quello finì nel nulla.