Il Dolce Stil Novo del XXI secolo

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Il Dolce Stil Novo del XXI secolo, Vincenzo Troilo, Saggio - Shaliboo

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Vincenzo Troilo

IL DOLCE STIL NOVO DEL XXI SECOLO

Edizioni SHALIBOO

www.shaliboo.it

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Edizioni SHALIBOO

www.shaliboo.it

IL DOLCE STILNOVO DEL XXI SECOLO Copyright © 2010 Vincenzo Troilo

ISBN 978-88-6578-004-6 In copertina: immagine Shutterstock.com

Finito di stampare nel mese di Giugno 2010 da Digital Print

Segrate - Milano Per suggerimenti e critiche costruttive scrivere a: Vincenzo Troilo [email protected]

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All’amico don Mario Mazzoleni, tornato all’Oceano d’Amore.

Cosciente di varcare la soglia dell’ignoto meta-fisico, confido sulla mia modesta esperienza, sulle Sa-cre Scritture vediche, le Upanisad, sui Sacri Vangeli ma, soprattutto, confido su Bhagavan Sathya Sai Ba-ba, il Vedasvarupa di quest’Era, il Santo dai Piedi Scalzi, l’Incarnazione del Puro Amore, che vive in carne ed ossa a Prashanti Nilayam, Puttaparttī, India. Mi affido alla Sua benevola e saggia guida!

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I N D I C E Pagina Descrizione 9 -PROLOGO- SULLA DISTRUZIONE E RICREAZIONE 29 -I°CAP- SU ALCUNE VERITÀ NASCOSTE 43 -II°CAP- SU MOLTE MENZOGNE E ALCUNE VERITÀ 69 - SullaCritica della Ragion Pura 77 - Sulla Singolarità Ineludibile 83 - Sull’Algoeuristica 89 -III°CAP- SUL COLLOQUIO CON TODESCHINI 109 -IV°CAP- SUL METODO INSURREZIONISTICO 133 - Sulla Casta Ignorante Leggi Biologiche 143 -V°CAP- SULLA FISICA UMANISTICA 169 - Sul Punto Focale del Saggio Centrale 187 - Sulla Formalizzazione dell’Idea 239 -VI°CAP- SU ALCUNE CONCLUSIONI PER CAPIRE 239 - Sui neutrini e la vita primordiale 249 - Sullo sviluppo della Scienza Spirituale 259 -VII°CAP- SULLA COMPRENSIONE BENE E MEGLIO 259 - Sugli Esperimenti decisivi per la Fisica 271 - Sulla Soluzione di coaguli energomentali 279 - Io sono Io, Io sono Atma 285 - Sull’Angelo del Signore 293 - Sull’esistenza degli Extraterrestri 303 BIBLIOGRAFIA

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SULLA DISTRUZIONE E RICREAZIONE (- PROLOGO & Ciclo Vitale -)

Come carro sovraccarico

romba di dolore per il peso, così la mia anima rantola

staccandosi dalla coscienza trascinando pesanti catene.

Sulla corrente letteraria di Dante, il Dolce Stil Novo, è parlare del Puro Amore anche scientificamente; gli Stilnovisti erano considera-ti i poeti dell'amore idealizzato e, nella loro storia, parlavano anche del tentativo di unire la scienza medievale alla scuola siciliana e provenzale. Ovviamente riferito alla scienza moderna, mi ritengo uno Stilnovista del XXI° secolo, e dico col Saggio delle Upanisad: “L’Amore Puro è Verità che non ha bisogno di banditori, non pog-gia sulla curiosità egoica, non si concede a chi non ha amore di ri-cerca e cuore puro”, “a chi non è Filosofo” direbbe Platone; ai più interessa la cronaca o gossip, non la Verità-Amore Puro, purtroppo! Un collegato con la Tradizione Universale della Reincarnazione che mi fa piacere ricordare è il famoso Libro Tibetano dei Morti: è un testo buddista che parla dell’antica credenza religiosa tibetana di a-iutare le anime dei morenti ad evitare nuove incarnazioni. È un te-sto rivolto ai vivi che invita a rispettare e superare la ruota del karma attraverso le azioni virtuose, per consentire anche alle anime dei morti di abbandonare la strada della reincarnazione e liberarsi nel definitivo ricongiungimento con l’Assoluto Cosmico. Proprio con questa ultima credenza il testo si avvicina moltissimo a certe concezioni sull’aldilà di aiutare i morti con le “preghiere per i mor-ti” e con le buone azioni dei vivi, che in oriente son viste in ogni caso in un contesto di reincarnazione che solo da qualche secolo non c’è più in occidente. È notevole l’idea religiosa di unione con l’Assoluto Cosmico, dopo un periodo non specificato di purifica-zione, che si ridurrebbe notevolmente con le preghiere e le buone azioni dei vivi. Questa credenza è più antica di quella cattolica cri-stiana, che si lega più che altro ad una ipotetica “resurrezione dei

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corpi” che la Chiesa Cattolica vuol far credere provenga da alcune parole di Gesù Cristo. I versetti che dovrebbero indicare la dottrina della resurrezione dei corpi, pur trovandosi nei Vangeli canonici, indipendentemente dalla loro veridicità storica, hanno però tuttaltro significato che quello voluto dall’Istituzione religiosa romana se-condo il mio parere, ma soprattutto secondo molte affermazioni di Gesù Cristo riportate anche negli stessi Vangeli canonici1. Si può leggere la mia interpretazione di tali versetti evangelici nel mio commento dedicato alla gran parte dei versetti che formano il canonico Vangelo di Giovanni, non riportato in questo scritto. “Il libro tibetano dei morti” è legato alla tradizione post mortem del Bardo Thötröl. Il contesto del Bardo è legato all’atteggiamento pra-tico da assumere quando particolari eventi si verificano sia durante la vita incarnata sia dopo la dipartita dell’Anima dal fisico denso. Tali rituali servono per aiutare il morente a morire definitivamente, senza il dramma di una nuova incarnazione. Il rituale però serve so-prattutto alla persona viva che aiutando il morente vedrà accresciuti i meriti che lo metteranno, in questa stessa vita, in situazioni favo-revoli per uccidere il suo ego, causa prima degli attaccamenti e dei desideri mondani che sospingono l’Anima ad incarnazioni continue. Dalla lettura di questo testo credo sia molto importante carpirne il succo: la vera morte è quella dell’egoità; solo con la soluzione dell’ego l’Ente incarnato potrà veramente, definitivamente, morire e quindi essere immortale, cioè non rinascere più! Quando l’ego muore la morte di quel fisico sarà l’ultima (venendo a mancare il desiderio che è la spinta alla reincarnazione!) e non ci potrà più essere incarnazione ma solo fusione nell’Assoluto: sarà

1 Affermazioni in verità di Gesù che escludono ogni possibilità di dubbio: “Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spi-rito”. Parole precisate meticolosamente da Gesù nel colloquio notturno avuto con Nicodemo. Il corpo torna ai suoi elementi di cui è composto, lo Spirito è Immortale e il Suo riflesso animico risorge, cioè riprende un nuovo involucro per un nuovo ciclo, una nuova esperienza carnale, se ne-cessaria, fino a che la mèta verrà raggiunta, realizzata appieno come Re-gno di Dio.

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davvero il definitivo ritorno a casa del figlio prodigo. I filosofi e in particolare i teosofi, chiamavano la soluzione dell’ego la morte seconda: colui che in questa vita è capace di morire pur vi-vendo in un sanissimo fisico denso, non avrà più paura di niente e di nulla, perché avrà vinto la morte, sarà veramente libero da qual-siasi karma e quindi dal samara (il mare nostrum dei desideri!). A quel punto sarà una scelta volontaria di quell’anima, ormai salva, rivestirsi ancora di un misero corpo denso; se lo farà sarà solo per amore e compassione verso chi è atrocemente dibattuto tra le fauci fameliche di quel famoso coccodrillo samsarico, come definì la rei-terata reincarnazione il grande Sankaracharya rivolgendosi a sua madre, quando voleva farsi monaco rinunciante. Il Bardo Thötröl è soprattutto un insegnamento per trascendere la individualità e integrarsi con il Sé Assoluto e trascendente: la Chia-ra Luce del Dharma, così chiamato nel testo. Il libro tibetano dei morti tende a collegare i vantaggi dei vivi, che ritrovano con queste pratiche i loro personali doveri dharmici, con i vantaggi dei morti perché verrebbe suscitata una specie di accelera-zione interiore nelle anime dei trapassati verso i piani superiori dell’Energia Assoluta Cosmica, se istruite con il giusto Bardo. Comunque sia, la via diretta per la stabile consapevolezza speri-mentale della pura coscienza cosmica certamente è quella intrisa del puro amore verso tutti gli esseri viventi (ama il prossimo tuo come te stesso, dice Gesù Cristo), ricordando che gli “esseri viventi” non sono solo gli “esseri umani”, quindi “il prossimo tuo” è più ampio. Amore, parola che indica il tentativo di comprendere la falsità della diversità e la realtà dell’unità nell’Uno-senza-secondo.

Prima di proseguire è necessaria una piccola premessa tec-nico scientifica sulla Lunghezza d’Onda e la sua Frequenza. Un’onda è una struttura ripetitiva (periodica) tanto nello spazio che nel tempo. Considerando la sua periodicità spaziale, si può introdur-re la distanza che intercorre tra due suoi massimi (o minimi) conse-cutivi che viene chiamata Lunghezza d’Onda, solitamente indicata con la lettera greca λ (lambda) e misurata, per esempio, in metri. La Frequenza è invece una misura della ripetitività temporale (peri-odicità) di un’onda: quante volte nell’unità di tempo, per esempio in

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un secondo, si ripetono in una posizione fissa i punti di massimo (o minimo) dell’onda. La Frequenza, che rappresenta quanti cicli al secondo fa un onda, si indica con la lettera greca ν (nu) e si misura in Hertz (HZ): 1 HZ = 1 ciclo al secondo. Lunghezza d’Onda λ e Frequenza ν sono tra loro legate tramite la Velocità di Propagazione dell’Onda, che viene indicata con VP se-condo la seguente semplice relazione: (001) Questa premessa è necessaria per introdurre i Cinque Involucri di cui si riveste il Sé incarnato e capirne i meccanismi fisici e metafi-sici. I Cinque Involucri (kosha), dal più interno e denso al più e-sterno e sottile (oppure più esterno e denso). Ognuno di noi è com-posto da cinque kosha, cioè da “corpi” o “involucri” che, come le matrioske, sono racchiusi l’uno dentro l’altro: dal fisico al beatifico e viceversa! Pur essendo l’uno dentro l’altro, sono però strettamente connessi l’uno all’altro. Questo modello non costituisce una rigida verità, perché sono validi entrambi i sensi: dal fisico al beatifico e viceversa, perché il Sé individuale è lo stesso Supremo Signore Pu-rushottama, la cui natura è Energia Cosmica e Volontà Cosmica (cioè Coscienza Cosmica); come dire che l’aria all’interno di una bottiglia è la stessa aria che c’è all’esterno, quando si è consapevoli del Sé interiore si svela anche il Sé Supremo o Coscienza Cosmica!

Vediamoli nelle loro caratteristiche principali: Annamayakosha (involucro fisico denso, il più grossolano ed ester-no o interno);

λν ×=pV

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Pranomayakosha (involucro fisico sottile energetico; è la copia vi-tale del fisico denso); Manomayakosha (involucro fisico più sottile del Pranomaya; è il rivestimento Corpo Mentale o Spazio Mentale o Tessuto Mentale perché, come un tessuto, la sua trama è formata dall’intreccio dei Pensieri con i Desideri del “mio-tuo”); Vijnanamayakosha (involucro fisico più sottile del Manomaya; è sostanziato d’Intelletto chiamato anche Buddhi; qualcuno l’aggrega anche all’Anima; se rivolto al fisico si confonde con il Manomaya e in tal caso prende il nome di Buddhi Inferiore); Anandamayakosha (è l’involucro più sottile di tutti, sostanziato di beatitudine, ananda, perché Corpo Causale, è il più vicino al Sé in-teriore ed esteriore, è chiamata Anima e anche Jiva o Jivatma). Tutti e Cinque Involucri sono differenti Piani Esistenziali e corri-spondono a Cinque Stati di Coscienza più che essere particolari e-spressioni spaziali. Si può allora dire che nasce da queste Sfere Co-scienziali l’ordinaria comune dimensione spaziotemporale, perciò si possono considerare condizioni vibratorie con particolari scale di valori, ovvero particolari Frequenze ma, e ciò è davvero importan-te, soprattutto particolari Lunghezze d’Onda! Laddove una Sfera Coscienziale o Stato Vibratorio ha termine, ini-zia la Sfera superiore o più interna e sottile, con vibrazioni, e quindi frequenza, sempre più alta, ma soprattutto con Lunghezza d’Onda molto più grande, così fino alla sfera beatifica o animica; questo fatto comporta un isolamento tra le sfere, quasi insormontabile! Si capirà meglio il meccanismo se si specificano i due Princìpi Me-tafisici a sostegno, che sono: - anche la struttura del corpo è sottoposta al vedantico Princìpio di Pervasività Successiva; - il Princìpio di Pervasività Successiva opera in un senso, nella fa-se esplicativa detta Creazione, e nel senso esattamente opposto nel-la fase implicativa detta Dissoluzione.

Il ciclo Ceazione-Dissoluzione è riferito a tutti i Piani Esi-stenziali: particellare e cosmico. Il ciclo completo CreativoDissolu-tivo, che si ripete continuamente con una frequenza che varia in funzione del Piano Esistenziale (nanoattosecondi per le particelle

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subnucleari, eoni per il Cosmo) rispecchia sempre, su tutti i piani, una struttura oloarchica: unità autorganizzate di piani esistenziali che sono parte dell’organizzazione del livello superiore, secondo il suddetto Principio, il quale è presente sempre, soprattutto nel ciclo Creativo-Dissolutivo sotto riportato:

CREATO: RADIAZIONE > VIBRAZIONE > MATERIALIZZAZIONE (Verità) (Vita) (Materia) DISSOLTO: MATERIALIZZAZIONE > VIBRAZIONE > RADIAZIONE (Materia) (Vita) (Verità)

Tenendo in giusta considerazione il Princìpio della Pervasività Suc-cessiva, si capisce che i cinque involucri sussistono tutti contempo-raneamente nel corpo Causale Anandamaya dal quale promanano, in sequenza secondo l’ordine di pervasività successiva, dal più sot-tile al meno sottile, fino al corpo fisico denso, seguendo il senso del Principio Creativo-Dissolutivo o viceversa. Ricordando la premessa tecnico-scientifica, torna utile ripassare i due concetti di Frequenza e Lunghezza d’Onda. L’involucro fisico denso in cui ci troviamo è un particolare stato vi-bratorio che, per essere recepito, ha bisogno di un Corpo di Contat-to, correlato alla sua stessa Lunghezza d’Onda. La coscienza egoica del fisico denso, e quella di ogni Involucro, ha bisogno di uno strumento sintonizzato sulla Lunghezza d’Onda del piano relativo, nella fattispecie il Piano Materiale Grossolano og-gettivo, in modo che la coscienza egoica del fisico denso possa sin-tonizzarsi su tale Lunghezza e sviluppare così tutti gli Organi di Senso idonei alle funzioni del DNA e legate al Piano Esistenziale in esame. È come quando vogliamo sintonizzarci con una particolare stazione radio: cerchiamo la Banda, ovvero la Lunghezza d’Onda, poi ci sintonizziamo esattamente sulla frequenza della stazione. La stessa cosa fa l’Anima quando s’incarna ed entra nel feto mater-no dopo ben quattro mesi e nove giorni dalla gravidanza, prima di tale periodo è un feto senz’anima, è solo materia che segue il pro-gramma del DNA che si trascina dietro assieme al karma! Quest’ultimo, che l’Ente si porta dietro dalle vite passate, sarà quel-lo che gli permetterà di fare le cose giuste e già registrate nel suo

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DNA prenatale, per quanto attiene le fasi necessarie al feto fino alla nascita vera e propria, con relativa espulsione del feto dall’utero materno. In seguito ci sranno gli aggiustamenti del DNA, sempre nel rispetto del proprio libro karmico chiamato Luminoso, che per-metteranno la germinazione e lo sviluppo dei semi karmici, quindi la massificazione dei relativi desideri, causali del reiterato ciclo samsarico. Quando l’anima o jiva lascia il corpo fisico denso può anche abbandonarlo definitivamente, senza avere più alcuna possi-bilità di ricongiungimento. Ciò avviene solo se il jiva stacca il “doppio filo di luce d’oro” che lo àncora al corpo pranico e denso tramite una fitta rete di fili di luce energetici che si intrecciano e at-traversano, come un solo doppio filo, i due canali Ida e Pingala che affiancano la colonna vertebrale a sinistra e a destra, lasciando in tal modo che il fisico si disintegri. Il doppio filo di luce d’oro proviene dal Centro Vitale (nostra “batteria”) sito tra la dodicesima e la tre-dicesima vertebra, probabilmente collegato anche con l’energia del-la Kundalini (l’Arrotolata) posta alla base della colonna vertebrale. Sicuramente il doppio filo di luce d’oro è collegato anche con il ca-kra del plesso solare che riunisce le funzioni vitali dei polmoni e del cuore fisico. Nel caso di Post Mortem inizia l’abbandono definitivo del corpo denso e tutti i fili energetici si staccano definitivamente, nel senso che tutta l’Energia Vitale concentrata nella batteria e nella kundalini, si ritira attraverso il doppio filo trascinando dietro tutte le funzioni vitali nel senso inverso della nascita-incarnazione, la-sciando che il denso si disintegri e ritorni al suo serbatoio naturale. Il ritiro dal corpo fisico denso del Jiva viene chiamato morte mentre la sua incarnazione nascita. Invero non esiste morte o nascita alcu-na, ma solo abbandono di Piani Vibrazionali! Possiamo assimilare ad una Esteriorizzazione la nascita, ovvero l’incarnazione del Jiva su questo Piano Esistenziale; ad una Interio-rizzazione la morte, ovvero l’abbandono di questo Piano Vibrazio-nale. Tecnicamente quindi, non si potrebbe parlare né di morte né di nascita. La Fase Interiorizzante (abbandono graduale del fisico den-so) avviene, per una morte naturale e non violenta, attraverso tre principali stacchi del “doppio filo di luce d’oro” dai centri nevralgi-ci del corpo denso: dalle estremità degli arti fino ad arrivare al ca-

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kra del cuore col definitivo e completo abbandono del denso e ripo-sizionamento della coscienza del fisico dall’ombelico dov’era situa-ta prima sul denso, al centro della massa pranica-energetica distaccantesi. Alcuni scienziati americani hanno “riscoperto”, forse per l’ennesi-ma volta, un “secondo cervello” situato all’incirca nell’ombelico del fisico denso. Nei Veda la scoperta del “secondo cervello” fu fat-ta circa trentamila anni fa, e penso che corrisponda alla massifica-zione dello spin egoico della Coscienza del Fisico denso, la identi-ficazione con il corpo fisico denso anch’essa connessa, ovviamente, al Cervello Centrale posto nella scatola cranica, il quale a sua volta corrisponde alla massificazione dello spin egoico della Coscienza Mentale, l’identificazione con ciò che “pensiamo di essere” e ciò che pensiamo siano gli altri, che è parte del corpo sottile Manomaya posto sulla sommità del cranio. Per una buona salute è necessario che fra i due “io”, fisico e menta-le, vi sia la massima armonia possibile. In questa fase di stacco l’ego della Forma fisica va ad accumularsi all’ego Mentale Rajaego, perché le cellule iniziano a degradare, e ciò fa diminuire l’Energia Cinetica del loro campo intracellulare, di conseguenza diminuisce l’intensità dell’Onda Coscienziale della Forma, cioè il suo ego. Venendo a mancare il supporto fisico, l’ego della Forma tende ad annullarsi e il suo eventuale residuo si accumula nella mente assie-me all’ego mentale già ivi residente come rajaego.

Vediamo ora il meccanismo creativo che tende a riformare l’ego “eO” operativo per il successivo nuovo corpo psicofisico che rinascerà. L’ego della forma fisica si è annullato ma inizia ad aumentare il ra-jaego di M per l’aumento dell’energia cinetica d’accumulo prove-niente dall’aumento energetico del corpo pranico non più impegna-to a sostenere il fisico denso in degrado. Infatti, iniziando il degrado irreversibile del fisico denso e la sua putrefazione, di pari passo aumenta l’energia cinetica disponibile nel Mentale, ciò fa aumenta-re l’ego complessivo accumulatosi, che sarà la risultante del karma in maturazione, predisponendo già da adesso il Mentale (M) alla

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prossima catena egoica e quindi alla successiva nuova incarnazione. Pur incrementando il Fattore Energetico necessario per il trapasso, tutto il meccanismo grossolano si assopisce, ma il morente, pur non soffrendo alcun dolore, dalla finestra pranica ha ancora la capacità percettiva sottile di ciò che avviene nella dimensione densa. Del resto, la finestra pranica è ancora sufficientemente densa, ma non abbastanza da ricevere nitidamente tutte le sensazioni relative. Si può dire che il morente è ancora ricettivo sul piano sottile, ma non ha più la forza necessaria per reagire sul piano denso alle varie sensazioni pur percepite, e probabilmente non ha nemmeno la vo-lontà per reagire ad esse. Tutto è soffuso d’un velo chiaro che len-tamente ricopre tutto il fisico denso esterno o interno avvolgendolo in una specie di tunnel sempre più luminoso da non permettere una distinzione chiara degli oggetti, dando la sensazione di allontana-mento dalla dimensione oggettiva e, di conseguenza, una impres-sione di attraversamento di un tunnel dello stato coscienziale jivai-co, come se l’anima entrasse in un’altra funzione. L’impressione di attraversamento d’un tunnel potrebbe nascere da un fenomeno simile a quello inverso dei vasi comunicanti e l’autoli-vellamento dei campi di energia: per differenza di potenziale tra le due sfere vibrazionali la coscienza jivaica sarebbe attirata natural-mente da una sfera a Frequenza (ovvero Energia Cinetica) Inferiore verso una a Frequenza Superiore, e ciò spiegherebbe anche la varia-zione in crescendo della luminosità di un tale tunnel. In tal modo i due Campi Energetici si autolivellerebbero per la ani-ma, che si ritroverebbe ad assumere la stessa Frequenza della nuova sfera vibrazionale pià alta e sottile. La coscienza jivaica infatti, quando si trova completamente nella sfera superiore, si abitua alla nuova Frequenza e a quel punto il fe-nomeno tunnel sparirebbe. Si ha lo stacco del fisico denso e il passaggio della Coscienza egoi-ca sul piano prettamente pranico, e immediatamente dopo si stacca-no i polmoni e quindi il cuore fisico, con il quasi azzeramento dello spin egoico legato al fisico denso: la sua onda è quasi piatta e, se tutto procede senza traumi, si appiattisce del tutto. Detto in termini di quantistica classica:

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è come se l’onda egoica collassasse! Il morente a questo punto si ritrova tutto fuori e, se non è preso dal-la paura, può accorgersi del suo corpo denso appena lasciato; ciò dipende molto dalla sua “preparazione” alla morte e dalle sue vere intime convinzioni. Non può bleffare o far finta di niente, i suoi pensieri più nascosti nel profondo subconscio vengono a galla e non può evitarli, son lì davanti, magari anche massificati in forme note oppure sconosciute, piacevoli o meno; deve comunque subire la nuova situazione! Se è perfettamente convinto d’esser morto e non ha pendenze kar-miche pesanti da subire in questa fase, potrà tranquillamente prose-guire senza traumi il cammino d’Interiorizzazione con le successive fasi di abbandono delle altre dimensioni coscienziali e con il conse-guente e totale appiattimento dello spin egoico del fisico ancora re-siduo. A questo punto il Jiva si trova totalmente nel Corpo Pranico, nel Pranomayakosha. Vede ancora il fisico denso, lo spin egoico Fisico residuo influenza ancora il corpo pranico, le attività attorno al suo cadavere sono ancora percettibili e comprensibili pur essendo incapace d’intervenire in qualche modo: è il primo Punto Critico! Questo trauma è più comprensibile se si ripensa ai concetti della Frequenza e Lunghezza d’Onda con la relativa Velocità di Propaga-zione delle onde secondo la suddetta formula (001). I due piani in questione (fisico denso e fisico pranico) appartengono alla stessa “banda”, hanno cioè la stessa Lunghezza d’Onda, e ciò spiegherebbe la possibilità di percezione tra i due piani e la presen-za residua dello spin egoico del fisico denso, anche se molto debole perché quasi tutto trasformato in Rajaego Mentale. Il Piano Energetico Pranico ha una Frequenza maggiore del Piano Fisico Denso; per il Princìpio di Pervasività Successiva il Piano a Frequenza maggiore è più sottile e “contiene” quello a frequenza minore che è meno sottile, perciò il Piano pranico può percepire il denso, ma non viceversa! Inoltre il Piano pranico, avendo una Frequenza maggiore del denso, permetterà al Jiva una Velocità di Propagazione elevatissima che, assieme alla capacità di trapassare i corpi densi, gli permetterà spo-stamenti rapidissimi sul piano fisico denso, quasi istantanei!

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Al Jiva non tamasico basterà “pensare” a un luogo o a una persona, per ritrovarsi in quel luogo o vicino a quella persona, quasi istanta-neamente. Succede come nei viaggi astrali con il “cordone” vitale collegato al fisico denso; in questo caso di post mortem però, il cor-done è staccato dagli organi del fisico denso! Ho fatto questa breve digressione per far meglio capire ciò che succede al Jiva che non si riconosce morto ma non ha un karma tamasico pesante a suo carico. Per quanto non propriamente fisico denso, il Piano pranico sente molto forte l’attrazione del Piano fisico denso. Una potente Forza Elettromagnetica (Spaziodinamica) collega ancora il Piano pranico ai noti bhuta (i 5 elementi sottili, 5PB) del Piano denso, soprattutto se il Jiva è qualificato da una forte tendenza “terrena grossolana”, cioè se è portatore di un karma tamasico che non gli permette di “vedere” e riconoscere il suo cadavere per indolenza; o se lo vede, non lo collega alla sua persona, perché non pensa di essere morto, anzi, è convinto di essere ancora vivo, e si dispera che gli altri non riescano a vederlo e sentirlo, e lui a non riuscire a fare tutto ciò che ha fatto fino a poco tempo prima, ma senza impegnarsi a risolvere i suoi dubbi! Probabilmente non ha più la possibilità per potersi im-pegnare e risolvere i suoi dubbi in questa situazione di trapasso, a causa del karma ormai pienamente operante e dominante. In queste miserabili e disperate condizioni, il residuo spin egoico del fisico denso, pur essendo il denso clinicamente morto a tutti gli effetti elettrici e meccanici, si rinvigorisce se pensa di NON essere morto, e assorbe energia dal prana ambientale, ma ciò aggrava ulte-riormente la situazione, perché l’aumento, anche forzato, di Energia tende a far DIMINUIRE l’ego della Forma se non si tiene conto

della Mente (energyF

e 1= ), allontanandolo da essa; questo fenome-

no rende più precario il già labile equilibrio psicologico del moren-te, che fa di tutto per restare nel corpo, ma più si impegna più ha ri-sultati esattamente contrari! Spesso succede che, come pazzo, inizia a “vagare” (pensa!) in cerca di qualsiasi cosa che possa soddisfarlo, senza mai trovarla, perché la tamasicità gli fa cercare solo le sue stesse proiezioni mentali,

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perciò il suo “vagare” è solo un andare in circolo attorno al suo stesso asse polare jivaico: come il cane che si morde la coda, gira in tondo su se stesso sempre più velocemente. Questo moto polare-circolare non fa che incrementare l’Energia Cinetica dello spin e-goico, il quale lo fa ulteriormente allontanare dal corpo denso, allo-ra gira più velocemente incrementando l’Energia Cinetica che lo fa allontanare dal denso, allora si mette a girare più velocemente in-crementando … così di seguito. Se l’Ente è molto tamasico e si lascia sprofondare nell’abisso delle sue illusorie immagini e non si convince d’essere morto, la sua do-lorosa disperazione sarà una continua pena perché si crea, già nella sfera Pranomaya, il suo particolare e personale inferno! Nei libri esoterici ebraici, in particolare nel Zohar, questo fenomeno è assimilabile, secondo me, a ciò che la Qabbalah chiama il “respi-ro delle ossa” o “spirito delle ossa”. Se ciò accade, la povera Anima subisce un vero e proprio dramma, che può durare molto o poco tempo del piano FGS. Allorché il Jiva capisce e si convince d’essere morto, la sua paura si affievolisce, si calma, l’energia cinetica diminuisce, l’ego mentale aumenta e di conseguenza allenta la presa col fisico, iniziando a lasciare anche il Corpo di Espressione Pranico, con il definitivo totale azzeramento e appiattimento del residuo spin egoico del fisico denso, senz’altra possibilità di recupero: lo spin si annichilisce totalmente nell’am-biente e così pure il respiro delle ossa, finalmente acquietate! Inizia a questo punto la Fase più Critica di tutto il processo di inte-riorizzazione del Jiva: la fase delicatissima nel Mentale, la Manasi-ca, fulcro di tutto il processo chiamato comunemente da tutti Morte. Il corpo d’espressione pranico ritorna al suo naturale serbatoio, co-me era successo con i bhuta del corpo denso, e il Jiva si ritrova nel corpo d’espressione Mentale, ossia Manasico, cioè nella sfera Ma-nomayakosha, dove un ruolo molto importante e potente ha il Raja-ego o ego Mentale, che intanto è accresciuto di intensità e potenza

con l’abbandono dell’energetica sfera pranica (energyF

Me 1−= ).

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A questo punto è il solo ego in atto e lo chiamo semplicemente ego, riflesso operativo mentale del Jiva, che sarà il protagonista di tutti i momenti delicati, spesso burrascosi per il jiva ovvero per l’anima. Nella sfera centrale Manomayakosha il jiva, privato della sfera pra-nica, si ritrova in una dimensione con una Frequenza e una Lun-ghezza d’Onda differenti dalla guaina pranica, perciò non percepi-sce più il fisico, denso e pranico. La “finestra” mentale molto più sottile delle precedenti, ha una Fre-quenza elevatissima e, cosa molto caratteristica di questa sfera, una Lunghezza d’Onda differente dalle altre sfere ma, soprattutto, essa è variabilissima! È l’unico involucro dell’anima con Frequenza e Lunghezza d’Onda assai variabile, anche nei brevi tratti di tempo! Tale capacità del Mentale dava, e dà, fastidio, anche all’anima in-carnata, perché l’irrequietezza mentale non permette all’Ente di dominare i sensi, come giustamente vorrebbe l’Intelletto Superiore per preparare la strada al “Re dei re”: il Sé! Dice il Saggio Vedantico: “La vita è un’esperienza intesa ad addestrare (purificare) l’individuo per un più alto, profondo ed esteso livello di esistenza attraverso l’esperienza dei risultati delle sue azioni.” Questa caratteristica del Manomayakosha nel post mortem viene ul-teriormente rinvigorita dal fatto che vengono a galla dal profondo subconscio semi energetici molto variabili per Frequenza e Lun-ghezza d’Onda, colorando il Manomaya con tonalità sempre diverse che si aggiungono a quelli maturati e già attivi nel Mentale vero e proprio. Inoltre, si aggiunga il fatto che di per se questa sfera è un intreccio di pensieri e desideri, quindi di sentimenti e attaccamenti fatti di passioni deboli e forti: gelosia, invidia, odio, risentimento, ira, ecc. oppure amore, compassione, altruismo, attaccamenti, che sono ora tutti concentrati nella sfera mentale e vanno a sommarsi ai semi maturati provenienti dal subconscio, e si potrà avere una palli-da idea della fortissima tensione, sempre variabile e quindi incon-trollabile, esistente nella sfera della Manomayakosha in questa fase molto critica del post mortem. Infine, si pensi che il promotore, l’operatore e il fruitore di tutta questa enorme babilonia è proprio l’ego, e ci si rende conto della

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importanza enorme che esso assume in questa delicatissima situa-zione, dove spadroneggiava da incarnato con una certa moderazione dovuta all’influenza discriminatrice e volitiva dell’Intelletto, mentre in questa fase del post mortem l’Intelletto è quasi del tutto “fuori gioco” e prevalgono i semi karmici, cioè le reazioni alle nostre a-zioni fatte in vita, quella appena trascorsa e le precedenti accumula-tesi nel tempo. Per tutti questi motivi il Manomaya è da considerare il veicolo di manifestazione che non può mai risolversi completa-mente durante la fase Post Mortem, se il Jiva non è già abbastanza vicino alla purificazione e soluzione del Mentale già durante la sua ultima incarnazione, diversamente da come si potrebbe pensare con la idea purgativa del fantasioso dantesco aldilà. Manomaya è il vero corpo d’illusione dello psichismo, delle cristal-lizzazioni consce e subconsce. In questa sfera di manifestazione molti individui, anche da incarnati, spesso affogano, si perdono e ri-tardano notevolmente la presa di coscienza del Sé, che è la Chiara Luce Bianca sia nel post mortem che da incarnati; chiunque La può sperimentare, riconoscere e anche identificarcisi per fondersi in Es-sa, in qualsiasi momento della vita incarnata e del post mortem. Il Manomayakosha è il vero e proprio samsara Vedantico, cioè il mondo delle proiezioni illusorie che l’occultismo occidentale chia-ma anche “mondo astrale”, e difatti lo è assieme al Pranico. In genere succede che a questo punto l’ego jvaico vede il Sé, il vero Sé-Stesso che è la Chiara Luce Bianca: “il Fulgore di mille Soli” dice il Signore Krsna nella Bagavad Gita. Al Jiva identificato con l’ego poteva capitare di vedere la Chiara Luce Bianca del Sé anche quando era identificato ancora con il fisi-co denso o col pranico, in tal caso si sarebbe sublimato, eventual-mente fuso, col Sé in quelle stesse fasi del post mortem. Credo che per l’esperienza riconoscitiva del Sé non ci siano delle regole fisse, le modalità e il momento dell’incontro sono di ordine individuale e karmico, perciò l’incontro e il riconoscimento potrà avvenire prima o dopo la sfera Pranomaya, come potrà avvenire prima o dopo il Pranomaya anche la RICAPITOLAZIONE della vita incarnata appena lasciata! Questo particolare autoesame del Jiva, la nostra Anima, serve per

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poter “registrare nel libro akasico” chiamato “Luminoso”, tutte le nostre azioni volontarie, le buone e le cattive, cristallizzarle come semi causali (samskara) nel subconscio e proiettarli in modo inde-lebile sul telo della nostra Aura, nostro corpo astrale in continuum col nostro mentale, colorandola variamente secondo i valori co-scienziali dei semi karmici. Ricordiamoci che questo “libro” non è un “libro contabile” dove si registra in Dare una cifra, in Avere una cifra di segno opposto e poi si fa la somma algebrica, e per diffe-renza si ha il Saldo. No, questi casi non funzionano così! Per il Li-bro della Vita è sbagliato pensare in questo modo. Nel “Luminoso”, il mitico “Libro della Vita”, ogni cosa postata vie-ne considerata fine a sé stessa: tutte le azioni, buone e cattive, han-no un premio adeguato, nessuna buona azione può compensare una cattiva azione, ma ognuna segue il suo corso reattivo: la buona a-zione dona felicità, la cattiva un nuovo corpo fisico con il quale pa-garne le conseguenze. La “compensazione” è solo un artificio con-tabile immaginato dai ragionieri. È scritto in tutti i Testi Sacri che chi segue una disciplina spirituale deve imparare a “morire”, pur essendo in ottima salute nel proprio corpo fisico denso, perciò la descrizione delle cinque fasi principali del post mortem, corrispondenti ai cinque veicoli di manifestazione, oltre che essere ricavate dal Vedanta per inferenza o dalle espres-sioni chiare di alcuni Saggi delle Upanisad, sono anche esperienze di quelle poche persone, realizzate o prossime ad esserlo, che hanno voluto comunicarle pubblicamente, affinché quelle molte persone scettiche, che ritengono l’aldilà solo fantasia e realtà solo tutto ciò che i sensi possono percepire (sfacciatamente dicono a gran voce: “Non ci credo perché nessuno è ritornato dall’aldilà per dirmi ciò che veramente c’è!”), possano iniziare con fiducia un cammino che porti ad esperire di persona, in un corpo fisico ben vivo, ciò che tut-ti i Testi Sacri e tutti i Saggi al mondo confermano in perfetta coe-renza tra i loro pensieri, le parole e le azioni, dimostrando così che la loro vita è il loro vero messaggio! A tutte le persone incredule si può dire che non è vero che nessuno è mai ritornato dall’aldilà; coloro che hanno avuto la grazia di espe-rire fino in fondo il post mortem e ritornare nel corpo denso, dicono

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ciò che lo scrivente ha avuto la fortuna di recepire bene e a fondo dai Veda e da alcune esperienze molto significative avute attraverso la personale disciplina spirituale. Lo stesso Gesù Cristo racconta nei Vangeli, per esempio in Gv. 3, 1-15, chiaramente o con parabole a volte anche molto pittoresche, le fasi più importanti della vera morte, la “morte seconda” che è la totale risoluzione dell’io-egoico. La stessa cosa è raccontata, sotto diversi aspetti, in tutte le culture iniziatiche, orientali ed occidentali. Del resto, lo stesso simbolo del-la croce cristiana rappresenta proprio questa filosofica seconda morte. Il Vedanta afferma che la vera morte si attua da incarnati! Voler posporre il problema della morte è sicuramente una specie di alibi di un ego che cerca in tutti i modi di perpetuarsi come mentale. Fintanto che l’ego esiste espresso chiaramente, o camuffato sotto buoni intendimenti, i veicoli di espressione del Jiva protrarranno la loro esistenza, e quindi ciclicamente si avranno esperienze di post mortem e incarnazioni, perché tutte le qualità che l’ego si trascina dietro devono per forza manifestarsi. Fino a quando le azioni e-sprimono sempre i desideri “dell’io e del mio”, e gli attaccamenti si camuffano da sentimenti amorevoli, non si potranno evitare le loro reazioni e quindi il conseguente ciclo samsarico.

L’esperienza delle sfere superiori al Manomaya permette di recepire gli archètipi o idee universali, possibili solo all’Intelletto volitivo-intuitivo della sfera Vijnanamayakosha, detta pure Bud-dhimayakosha, che è una sfera molto più sottile, con Frequenza e Lunghezza d’Onda differenti da quelle della sfera Manomaya. La Buddhimaya Inferiore è molto vicina al Piano Mentale, la Supe-riore è Intuitiva e si avvicina molto alla sfera Beatifica Anandama-ya. L’esperienza post mortem della Buddhimayakosha Superiore e Anandamayakosha stanno a significare che l’Ente Jivaico trapas-sante, in vita era molto vicino alla realizzazione finale e, attraver-sando queste sfere, acquisisce la giusta purificazione che gli man-cava per l’ultimo passo, per la definitiva fusione nel Sé. È la classica realizzazione post mortem di cui parlano i Saggi.

È diffusa la FALSA CREDENZA secondo la quale “I morti sanno e conoscono tutto!”; si crede che basti essere morti per diven-

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tare saggi e acquisire conoscenza. Niente di più SBAGLIATO. Niente di più ridicolo, di totalmente falso e completamente sbagliato! La quasi totalità dell’umanità, deposto il vestito fisico denso, prima di rimettersene un altro si ritrova nella sfera intermedia sottile ILLUSORIA, FALSA E BUGIARDA del Manomaya, da dove non si può comunicare con nessun’altra sfera per motivi di Frequenze e di Lunghezze d’Onde, come già visto; ma se per caso dovesse capi-tare l’impossibile, invito alla massima attenzione e a non prendere per verità ciò che dovesse apparire come un “saggio messaggio dall’aldilà”, anche se più volte riscontrato con qualche verità molto più semplice. Si tenga presente che il Pranomayakosha e l’Annamayakosha sono quanto basta in sintonia per la stessa Lunghezza d’Onda, ma le dif-ferenze notevoli tra le loro Frequenze esclude la facilità di comuni-cazione tra loro. Tuttavia, sconsiglio qualsiasi contatto con il post mortem Pranoma-ya, per l’enorme pericolosità che se ne avrebbe psicologicamente, basta rileggere il passaggio post mortem tra le due sfere per render-sene conto. Il Bardo Thötröl parla anche di alcune credenze del Buddismo Ti-betano, come del resto ci sono in tutte le religioni che hanno tra-sportato nel campo della pittoresca tradizione e superstizione i pic-coli misteri della metafisica, sorti dalla paura “dell’ignoto aldilà”, fissata da millenni di cicli samsarici vissuti nella più completa igno-ranza metafisica della Realtà Trascendentale/Trascendente. Perciò si legge nei Vangeli di pittoresche immagini metaforiche di “stridor di denti” e di “voi che avete per padre il diavolo”, e nel Bardo di “deità irate e pacifiche” e di “Heruka”, il demonio della disarmonia energetica. Personalmente ritengo che i tre mondi: Paradiso, Inferno e Purga-torio, siano tutti dentro il cuore degli esseri umani. Penso che il Pa-radiso sia una situazione del post mortem nella sfera del Manomaya durante la quale l’anima vede e RICONOSCE il Sé nella Chiara Luce Bianca, ma non ha ancora le qualificazioni giuste per IDENTIFICARCISI, per cui l’Anima non si fonde con il Sat-Cit-

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Ananda ma ne gode solo la beatifica visione quale premio delle sue buone azioni fatte nel corpo denso. Quando tali effetti saranno ter-minati, prevarrà il desiderio che spingerà l’anima verso una nuova incarnazione, dove potrà godere di una buona vita per poi continua-re ad usufruire dei buoni frutti maturati e maturandi, oppure subire le conseguenze delle sue cattive azioni, oppure entrambe le due co-se, vivendo fisicamente una vita veramente infernale oppure una vi-ta che a volte sembra infernale e a volte paradisiaca, come succede alla gran parte di noi tutti comuni esseri durante il cammino quoti-diano della nostra vita. In genere, il karma che si ripete serve a correggere errori trasforma-ti in abitudini consolidate, quindi in “mentalità”. Quando per esempio si dice: “È la mia mentalità, non posso farci niente!” si afferma l’impossibilità di cambiare il carattere con le vie ordinarie volitive. Le conseguenze del karma da subire sono le vie straordinarie, atte a modificare mentalità completamente disallinea-te alla rettitudine dharmica, al cammino evolutivo del Dharma Uni-versale che è lo scopo stesso della vita incarnata, quindi lo scopo anche della nostra. Spesso le vie “straordinarie” sono dolorose e creano condizioni di vita anche molto dure: malattie, dispiaceri e malanni vari da soppor-tare che in genere servono per “ammorbidire” la durezza del cuore, l’orgoglio tracotante e l’invidia, che si accompagna con la superbia. Il Thötröl parla dell’Inferno nel secondo Bardo, in termini di preci-pitazione delle energie accumulate e non risolte, fino alla loro mas-sima espressione nel Manomayakosha nel Buddismo Tibetano chiamato Sambhogakaya: proiezioni karmiche con la cristallizza-zione del contenuto subconscio non risolto che si presenta alla co-scienza jivaica sotto forma di mostri e dèmoni di cui il trapassato deve per forza subirne le ire! Sarebbe quasi come un incubo in questa dimensione fisica, ove ca-pita di fare sogni paurosi con mostri e situazioni di pericolo assur-de; basta svegliarsi e tutto dovrebbe finire lì, invece nel post mor-tem non si ha alcuna possibilità di “risveglio” e quindi si è costretti a subire tutte le reazioni maturate. Secondo me questi casi estremi di massificazione delle cattive qua-

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lità dovrebbero riguardare solo le più cattive di esse, fatte con la diabolica volontà precisa di fare il male! Voglio sperare che queste persone così cattive siano veramente po-che, perché fanno pensare a caratteri demoniaci, che cercano in tutti i modi solo il male degli altri solo per il gusto del male. Costoro cercano di contrastare sempre il bene altrui e ogni sua espressione di puro amore nel prossimo, ma sicuramente non ci riusciranno a soffocare l’amore e soffrirano loro le più atroci pene nel loro infer-no, finché anche loro capiranno che la forza è solo “Amore camuf-fato”, che la Realtà è l’Uno-senza-secondo e che l’Amore è la Veri-tà Ultima del creato ed è anche la loro stessa Realtà Essenziale.

La mia Egodinamica è l’arte assopita di formare le Anime con l’aiuto dell’Intelletto, perché in essa la Scienza e la Religione vivono all’unìsono, in perfetto sincronismo, grazie alla riscoperta di Quello, l’Uno-senza-secondo, la Forza Viva di Sé che tutto unifica in Verità. Il “Tempio” è il nostro corpo-cuore-mente purificato che attualizza il “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” di Gesù, vedi il Discorso della Montagna nel Vangelo, Matteo 5, 8. Preso nelle spire del "creato", l'uomo però è cieco al fatto di essere parte del Divino Creatore e, identificandosi con la spoglia mortale di cui è rivestito, non percepisce l'unità di tutti gli esseri e di Tutto, nell'Universo Uno. Egli ha scritto e studiato testi innumerevoli sulle varie discipline e sulla scoperta spirituale, e forse ha fatto, molto probabilmente, una gran confusione, indulgendo in rivalità ed ar-gomentazioni dialettiche invece di sperimentare la teoria con la pra-tica! Colui che ha però messo in pratica almeno una o due pagine di questi innumerevoli tomi chiamati Sacri Testi, è reso silente e sce-vro da ogni desiderio di fama e vittoria; è felice nelle profondità del suo Essere: egli ara il campo del suo Cuore, sparge i semi dell'Amo-re e miete il raccolto della forza morale e dell'equanimità. In altre parole modella la sua anima, finalmente resa pienamente umana, per l’ascesi e la fusione nell’Oceano Infinito dell’Amore, del Puro Amore, quale singolarità ineludibile aldilà di ogni imma-gine, anche quella del sacrificio estremo del Golgota. In questo sen-so, sulla corrente letteraria di Dante, il Dolce Stil Novo è parlare del Puro Amore anche scientificamente; gli Stilnovisti erano, infatti,

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considerati i poeti dell'amore idealizzato e, nella loro storia, parla-vano anche del tentativo di unire la scienza medievale alla scuola siciliana e provenzale. Ovviamente riferito alla scienza moderna, mi ritengo uno Stilnovista del XXI° secolo. Infatti, l’essere umano è venuto al mondo per manifestare l’Amore, il Puro Amore Divino che è in lui, non è venuto solo per mangiare, dormire e copulare; è chiamato vyakti, cioè “manifestazione visibi-le, persona”, è infatti colui che rende visibile, manifesta, l’Energia Divina che è in lui e che lo muove. A questo scopo è stato dotato di un corpo e della intelligenza occorrente a controllarlo e a dirigerlo verso canali di attività utili: è un suo compito precipuo da svolgere nel rispetto della Norma Morale segnata a fuoco nel profondo del suo cuore e chiamata AMORE, PURO AMORE.

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SU ALCUNE VERITÀ NASCOSTE (- I° CAPITOLO -)

Soltanto la rinuncia può portare all’immortalità:

noi saremo liberati appena rinunceremo all’attaccamento e al desiderio.

Lo sviluppo di questo scritto segue la traccia della Tradizione se-condo la quale i Principi Primi sono l’essenza dei Principi Secondi che permettono poi lo sviluppo pratico di entrambi. In altre parole, i noti Principi Metafisici sono considerati Primi mentre quelli Mate-matici sono considerati Secondi. Dall’unità di entrambi (Primi e Se-condi) nasce ciò che chiamo Principi Fisici, che permettono di spe-rimentare e quindi verificare i Primi e i Secondi. Conseguenti ai Principi Fisici sono quelli Post Fisici dai quali si può ipotizzare uno stato di Post Mortem abbastanza verosimile, nel senso di ritenere il Post Fisico come stato teorico del Metafisico. La capacità umana di indagare il Post Fisico e quindi il Metafisico, e di progredire nel regno dell’Universale e dell’Assoluto, deve esse-re ancora sviluppata, perché ancora impuro è il cuore dell’uomo, il quale deve comprendersi iniziando un sincero e profondo dialogo con sé stesso. Infatti, è proprio nel dialogo con sé stesso che la ri-cerca della verità trova il maggiore sviluppo e progresso. Il filosofo ermeneuta Hans Georg Gadamer diceva: “L’esperienza di verità si da solo nel dialogo, in quella dialettica di domanda e ri-sposta che alimenta il movimento circolare della comprensione.” L’interpretazione filosofica quindi non si deve limitare alla sola in-tellettività dei testi, ma deve esigere una esperienza vissuta (ini-ziando con un dialogo con sé stesso) di ciò che i testi esprimono so-lo a parole. Questo modo di esperire la filosofia è parte di un Edu-care che non appartiene all’istruire, cioè all’ordinaria educazione. Bisogna comprendere la distinzione tra educazione e Educare: la educazione punta all’informazione mentre Educare mira alla tra-sformazione, l’educazione è limitata ai livelli fisico e mentale e de-riva da Educare che è relativo ai sentimenti profondi e alla purezza di cuore. Il pensiero, la parola e l’azione, cioè il modo di vivere,

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dovrebbero scaturire dal cuore con coerenza, questa è l’essenza di Educare: la COERENZA al cuore del modo di vivere! Soltanto quelli dotati di conoscenza pratica e saggezza sono in gra-do di comprendere veramente e apprezzare il concetto di Educare. Anche dopo aver ottenuto molte lauree, se si manca di purezza di cuore non si può essere definiti Educati veramente. L’essere umano deve realizzare la verità che i Sacri Testi esprimono simbolicamente come distanza dell’uomo da Dio; in verità questa distanza è la stes-sa che egli ha da Sé stesso quando, ad esempio, alza gli occhi al cie-lo. Da giovane mi ritrovavo spesso col naso all’insù a rimirare il cielo terso e pulsante di luccichii che sembravano volermi parlare e chiedermi perché tale meraviglia non suscitava in tutti i cuori lo stesso amore, perché in alcuni suscitava addirittura odio mortale? Di notti stellate, piene di calura tra i vicoli di Napoli, se ne viveva-no tante in estate, e quindi tante volte preferivo uscire all’aria aperta per cercare un po’ di refrigerio. Oggi, che ho i capelli imbiancati dall’età e vivo lontano da Napoli (miseramente peggiorata con una sinfonia ululante crescente, delinquenziale in modo esponenziale!), spesso rivivo quei momenti magici e ingenuamente mi richiedo: Dove mai si può trovare la chiave del mistero di questa meraviglia di cielo stellato? Dove si trova la chiave dell’Universo che tanto mi affascina, spesso addirittura fino ad una lacrima d’amore? In quel momento il pensiero torna laggiù, nel mio natìo; l’anima tutta si distende come zucchero caramellato, e aleggia nel cuore un antico amore. Una melodia vagheggio, mentre nei vicoli risento un lamentìo che si affievolisce - Vurrìa, vurrìa… -, diventa il pianto di un bambino, l’incanto di una voce che ritorna scugnizza, si rompe, rimbalza lenta tra i muri bui addormentati e, pulsante, arriva alla mia memoria … e un dolce nome mi sovviene! O melodia dell’anima, che tutto ritieni e mimi, nel tempo ogni in-ganno in te diventa lecito dolore, pur di compiacere, tiranno, il tuo padrone e signore che trasfigura in ego i vortici d’amore tra i poli di una possente calamita chiamata vita, dove l’anima viene attirata ora da un polo ora dall’altro polo, fino a che si svuota di ogni desiderio e diviene libera e pacifica, pronta per la fusione agognata in Quello, l’Infinito Oceano del Puro Amore. I miei studi filosofici, che tanto

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desideravo fare da giovane, furono successivamente fatti in libertà, cioè senza alcun obbligo scolastico e senza coerenza all’Educare. Solo da quando ho ricevuto il darśana2 di Sri Bhagavan Sathya Sai Baba la prima volta, gennaio 1997, cerco sempre la coerenza in o-gni angolo spigoloso del mio carattere, ma spesso essa è ancora molto difficile da realizzare. Sono sempre stato attirato dai misteri trascendenti esoterici, piccoli e grandi, per cercare di comprendere al meglio la coerenza neotestamentaria del Messaggio Universale del Cristo Cosmico, insito negli antichissimi Libri Vedici, fonda-menti inoppugnabili dell’unica Tradizione per Occidente e Oriente, che è non locale e tanto meno legata ad una Religione, ma che sicu-ramente è alla base di tutte, nessuna esclusa. Le Istituzioni religiose in Italia si stanno rendendo sempre più conto di una vaga smania spirituale che, con sempre più crescente intensi-tà, serpeggia tra i giovani e i meno giovani, indipendentemente dal-la loro distanza dalle stesse Istituzioni. Probabilmente è in atto una specie di rivoluzione più potente e generale di qualunque altra l’uomo abbia mai affrontata fino ad oggi. Non è una rivoluzione po-litica, non economica né tecnologica, anche se coinvolge tutti e tut-to, è bensì una rivoluzione spirituale. Essa sta sempre più chiarifi-cando la visione dell’uomo interiore affinché possa vedere, con più chiarezza mentale, la Realtà della realtà oggettiva, cioè quel Sé che tutto avvolge e riempie, rispettivamente come Sé Universale e Sé Individuale. Con questa crescente consapevolezza egli avrà presto un impatto che lo avvolgerà ed arricchirà, singolarmente e comuni-tariamente nel mondo, trasformando tutta l’umanità in un fiume di ricercatori della Verità, che scorrerà dolcemente verso il Mare Infi-nito della Divinità trascendente ed immanente chiamata Amore, Pu-ro Amore. L’essere umano ha quindi in Sé, quale sua vera Natura, una potenza immane impensabile, difficilmente descrivibile con le sole parole. Domandiamoci allora: quale è la sorgente di tutti questi poteri che continuamente si svelano ai semplici (puri) di cuore? Se andiamo a fondo vediamo che in natura esistono due elementi basilari, principiàli e “a priori”: Spazio ed Energia. La Energia è la 2 Punto di vista, visione.

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FORZA che utilizza e foggia lo Spazio, dallo stato fluidodinamico alle varie FORME sensibili: mattoni dell’Universo. Il Corpo Grossolano è il veicolo usato dall’Energia Cosmica Vitale, plasmato3 con una Forma, strutturata dallo e nello Spaziofluido. Il Corpo Sottile invece ha la Forma del Pensiero e dei Sentimenti, strutturati/suscitati dai e nei Desideri. Se e quando si trascende il Corpo Sottile, la consapevolezza della Energia Cosmica, la nostra Realtà Assoluta o Sé, si manifesta alla Coscienza. Come il corpo grossolano, così anche quello sottile è una parte integrante della composizione dell’uomo, ad iniziare dalle cellule procariote (senza nucleo) di diversi miliardi di anni fa. Dal Capitolo I° pagina 48 di “Grazie dottor Hamer” di C. Trupiano riporto testualmente: <<Recenti ricerche in Biologia hanno confermato che la vita di una cellula dipende principalmente dalla membrana esterna, dove ri-siedono le PIM (Proteine Integrali di Membrana), deputate al tran-sito in entrata e in uscita di tutti i segnali. Sono proprio i segnali esterni che hanno determinato, in miliardi di anni di evoluzione, la formazione dell’attuale stato cellulare, nucleo e DNA compreso. In-fatti, se volete eliminare una cellula, basta ledere la membrana pla-smatica esterna, mentre togliendo nucleo e DNA la cellula continua a vivere. All’inizio le cellule erano PROCARIOTE (senza nucleo) e per miliardi di anni hanno popolato la Terra, poi si sono evolute acquisendo ed elaborando nel tempo i segnali esterni ambientali. Questi si sono trasformati in “informazioni” immagazzinate e rac-colte nel NUCLEO e nel DNA, per conservare la MEMORIA di quanto acquisito. Ma questo NUCLEO non sta lì a programmare malattie, anzi continua a modificarsi nel tempo e questo solo in ba-se ad altri segnali ricevuti dall’esterno attraverso la membrana. Secondo il biologo Bruce Lipton queste continue modifiche e ade-guamenti ai segnali esterni sono ciò che chiamiamo semplicemente EVOLUZIONE DELL’UNIVERSO; secondo il dottor Hamer, que-ste continue modifiche sono CONFLITTI BIOLOGICI che ci per- 3 Genesi 2, 8

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mettono di evolvere, superando l’ostacolo. È interessante rilevare come le ricerche di Lipton e di Hamer si supportino scientificamen-te. Grazie ai due scienziati, stiamo assistendo al raggiungimento di uno straordinario traguardo comune: la definitiva prova scientifica (assieme a quella di Marco Todeschini con la sua Psicobiofisica. N.d.A.) del coinvolgimento della Psiche umana nei processi pato-logici e nei processi biochimici del corpo animale/uomo. Le conseguenze delle loro ricerche sono sconvolgenti, perché con la Nuova Medicina di Hamer viene ribaltata la Diagnostica della Medicina e con la Nuova Biologia di Lipton viene annullato il de-terminismo esclusivamente meccanico cellulare.>>

Con la Psicobiofisica di Todeschini si scopre la tecnologia elettronica che va dalla Psiche ai vari Organi, anche corpuscolari, dei cinque sensi esplicativi/introspettivi e dei sensi motori collegati. La scoperta, poi, dell’ego legato ad ogni forma (egospin delle for-me) grazie alla Egodinamica, si può comprendere meglio la esi-stenza dei cervelli locali di ogni Organo, legati tutti al Cervello cen-trale. Tutto ciò apre la strada allo straordinario percorso di rivaluta-zione degli Individui e della loro componente psichica, riaprendo anche il discorso sulla reincarnazione come necessaria evoluzione. Infatti, si può dire che una persona può togliersi i corpi grossolani, nei quali ha preso residenza temporanea, tante volte quante volte si taglia le unghie; invece il Corpo Sottile persiste molto a lungo e ce lo trasciniamo dietro, di vita in vita, come una collana/catena al col-lo, che può essere pregiata o miserabile, ma resta pur sempre una catena che ci trasciniamo e che va a conformare le nostre reiterate, necessarie, reincarnazioni, che sono fasi indispensabili agli aggiu-stamenti biologici, in funzione della meta finale che ha la Vita. Il dottor Hamer ha trovato una classificazione istologica dei tumori in base alla storia evolutiva o all’embriologia. In tal modo essi tro-vano una loro collocazione se ordinati in base alla storia evolutiva ovvero secondo il criterio di appartenenza dei diversi Foglietti Em-brionali. Se il Cervello nell’uomo (e nell’animale) è davvero il Computer, formatosi nel corso di milioni di anni, dell’Organismo,

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logicamente anche gli Organi corporei corrispondenti sotto il profi-lo evolutivo devono coabitare nel Computer Cervello! L’essere umano dunque, deve essere una unità complessiva formata da Corpo, Mente e Spirito. Il più delle volte lo Spirito viene identi-ficato con il Sé Assoluto per semplificare il discorso, anche perché lo Spirito ne è il Riflesso Incarnato, ma ciò non deve far confonde-re, perché il Sé Assoluto non si reincarna, è sempre presente in tutte le indefinite dimensioni di cui è il solo ed unico sostrato vitale. L’Anima dell’individuo condivide le qualità della eterna e immuta-bile Immortalità, ciò è reso evidente solo se la purezza mentale è ta-le da farlo trasparire. Più la Mente (chiamata anche ego o cuore) è pura, più “la gloria di Dio è visibile”: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!”, ripeteva Cristo incarnato in Gesù. Anche la Natura, lo spaziofluido, ossia il mondo fenomenico, è e-terno, ma con una differenza: esso è sottoposto all’eterno divenire, non è mai lo stesso, pur persistendo per sempre. Una interessante peculiarità del nostro cervello è rappresentata dalla diversità funzionale tra i due emisferi: infatti, mentre nell'emisfero sinistro si trovano i centri del linguaggio e, più in generale, le capa-cità logiche e matematiche, l'emisfero destro è sede dell'astrazione e delle capacità artistiche e musicali, insomma della creatività. Il cervello umano pesa circa 1,3-1,5 Kg di tessuto gelatinoso, com-posto da cento miliardi di cellule (i neuroni), ognuna delle quali svi-luppa in media diecimila connessioni con le cellule vicine. Durante la vita fetale l’organismo produce non meno di 250 mila neuroni al minuto, ma circa un mese prima della nascita la produ-zione si blocca e per il cervello inizia la seconda fase che durerà tut-ta la vita: la continua connessione tra le cellule neuroniche. In que-sto processo le cellule che falliscono le connessioni vengono elimi-nate. La morìa diviene imponente dai 30-40 anni di età, quando, senza che l’organismo le sostituisca, le cellule cerebrali cominciano a morire al ritmo di centomila al giorno ma senza un corrispondente declino mentale: la capacità delle connessioni preserva infatti le fa-coltà mentali acquisite perché la mente è legata ai semi karmici.

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Il Cervello umano è il risultato della sovrapposizione dei tre tipi di cervello apparsi nel corso dell’evoluzione dei vertebrati. In Fig. 0 vediamo dal basso (alla base del cranio), il cervello più antico o rombocefalo, specializzato nel controllo di funzioni involontarie come vigilanza, respirazione, circolazione e tono muscolare, com-prende il cervelletto e le parti del midollo spinale che si allungano nel cervello. Salendo c’è il mesencefalo: una piccola porzione di tessuto nervoso costituita dai cosiddetti peduncoli cerebrali e dalla lamina quadrigemina. Poi c’è il prosencefalo, la parte più moderna, suddiviso in diencefalo e telencefalo. Il primo, chiamato anche “si-stema limbico”, contiene strutture come talamo, ipotalamo, ipofisi e ippocampo, da cui provengono sensazioni come fame, sete o desi-derio sessuale. Infine la parte più recente in assoluto: la corteccia, dove hanno sede le funzioni dell’intelligenza e del linguaggio.

Fig. 0 - Il Cervello umano

Il premio Nobel R. Sperry ha effettuato negli anni Sessanta del No-vecento un gran numero di ricerche su individui con emisferi sepa-rati: si trattava di pazienti epilettici a cui veniva reciso il corpo cal-loso, cioè la struttura di collegamento tra i due emisferi. Ciò deter-

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minava un netto miglioramento delle condizioni di questi pazienti per ciò che riguardava l'epilessia; ma sottoponendo questi individui a semplici test, essi si comportavano come se fossero due persone distinte. A seconda del tipo di stimolo veniva attivato l'uno o l'altro dei due emisferi e si osservavano perciò risposte diverse: se per e-sempio questi pazienti venivano bendati e si chiedeva loro di rico-noscere al tatto una chiave e di usarla, questi sapevano usare la chiave se si trovava nella mano sinistra, ma non riuscivano a darle un nome: ciò si spiega se si pensa che l'informazione proveniente dalla mano sinistra va all'emisfero destro, che è muto, in quanto il centro del linguaggio è situato nell'emisfero sinistro. In realtà con il progredire degli studi sul cervello si è visto che esso possiede una forma di plasticità che gli permette di riorganizzare e ridistribuire le funzioni corticali: si è osservato, per esempio, che dopo l'amputazione di una parte del corpo, l'area corticale collegata a essa stabilisce connessioni nuove con altre parti del corpo. Insomma, il cervello non finisce mai di stupirci! Ma se, lasciati per un momento i complessi circuiti cerebrali pro-viamo ad affrontare il problema del rapporto tra cervello e mente, ci rendiamo conto che le cose si complicano notevolmente. Come possiamo correlare la coscienza dell'uomo e il suo corpo? Quali sono le basi fisiche dei fenomeni mentali? Il dibattito, ancora oggi attualissimo, ha visto, fin dai tempi più antichi, contrapporsi due posizioni distinte: quella materialista e quella dualista. Cartesio fu sostenitore della posizione dualista: egli distingueva nettamente la materia propriamente detta (res extensa) dalla parte pensante (res cogitans). La fisiologia meccanicistica di Cartesio considera il corpo degli animali e quello dell'uomo come una mac-china, il cui funzionamento dipende dal movimento coordinato di ingranaggi; tuttavia Cartesio ritiene che solo nell'uomo esista l'ani-ma, cioè l'aspetto razionale che caratterizza l'essere umano e lo di-stingue dagli animali. Egli aveva ipotizzato anche una sede fisica dell'anima, la ghiandola pineale, una piccola ghiandola, che oggi chiamiamo epifisi, posta alla base del cervello: solo attraverso que-sta struttura potevano interagire quindi lo spirito e la materia.

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Alla teoria dualista si contrapponeva la posizione materialista del fi-losofo Hobbes, secondo cui il cervello è sì una macchina molto complessa, ma è pur sempre una macchina, il cui funzionamento ha basi esclusivamente di tipo fisico. Il dibattito tra i sostenitori delle due teorie è attivo ancora oggi e si articola in una serie di posizioni teoriche diverse che coinvolgono in un lavoro comune studiosi di varie discipline: la filosofia, la psicologia, la neurobiologia, la in-formatica e altre ancora. Si tratta di un insieme di menti umane af-ferenti a vari campi di ricerca, che tentano di dare risposte a quesiti del tipo: come è organizzata la mente umana? Esiste un limite alla conoscenza? Cos'è e come funziona l'intelligenza? Che cos'è la co-scienza del Sé? Tentiamo di dare qualche nota sintetica basandoci su alcune delle principali linee di pensiero relative a questi temi, ri-ferendoci ad alcuni dei più importanti studiosi che si sono occupati più o meno recentemente dei problemi della mente. La teoria che si può considerare derivata dal dualismo cartesiano è il dualismo del filosofo Popper e del neurofisiologo Eccles, secondo i quali i feno-meni mentali derivano dalla interazione tra linguaggio e relazioni sociali, da una parte, e cervello e attività cerebrali dall'altra, il tutto mediato dall'apprendimento. Per quanto riguarda l'altro versante te-orico, quello delle teorie che afferiscono a una interpretazione mo-nistica e che possiamo considerare derivate dalla visione materiali-sta di Hobbes, il panorama si presenta molto più articolato e com-plesso. Secondo il materialismo riduzionista esistono basi esclusi-vamente di tipo materiale dei fenomeni mentali che semplicemente ancora non conosciamo; via via che procederanno gli studi sul si-stema nervoso sarà possibile dare spiegazioni specifiche a tali fe-nomeni. Per il funzionalismo, a cui è collegata la psicologia cogni-tivista, nonché gli studi sull'intelligenza artificiale, è necessario pre-scindere dalle basi materiali della mente - i circuiti cerebrali - e de-dicarsi a studiare le funzioni prodotte dalla mente; l'analogia mag-giormente utilizzata dai funzionalisti è quella di paragonare il Cer-vello umano al Computer, di cui possiamo tralasciare i circuiti ma-teriali per occuparci esclusivamente del programma in uso. Allo stesso modo per conoscere il funzionamento della mente dob-biamo studiare solo le modalità con cui il cervello elabora le infor-

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mazioni, trascurando l'aspetto neurofisiologico su cui si basano le funzioni stesse. L'esemplificazione, spesso utilizzata per chiarire questi concetti, è che la mente sta al corpo come il software sta al-l'hardware, anche se piuttosto riduzionistica! Secondo il darwinismo neuronale di G.M. Edelman, il cervello, nel corso del suo sviluppo, va incontro a una serie di modificazioni; la teoria della selezione di gruppi di neuroni ipotizza l'esistenza di un patrimonio genetico individuale il quale, entrando in relazione con l'ambiente esterno, va incontro ad autocorrezioni dovute a specifi-che selezioni dei neuroni. Un altro interessante filone di ricerca su queste tematiche è rappresentato da A.R. Damasio che introduce il ruolo determinante delle emozioni nelle funzioni della mente. A questo proposito si può leggere il saggio di Damasio: “Emozione, processo decisionale ed etica”- Frontiere della vita vol.3 pag. 231-. Per concludere questo breve inizio che ha appena sfiorato alcune delle tematiche più significative degli studi sul cervello-mente, vor-rei citare la metafora della stele-cervello proposta dal neurobiologo P. Calissano: "Di fronte a questi problemi il neurobiologo è un po' come il primo archeologo al cospetto della stele di Rosetta. In que-sta stele era infatti inciso lo stesso testo in tre alfabeti e due lingue: greco, demotico (che era la versione in corsivo della lingua egizia) e geroglifico. Grazie alla precedente conoscenza del demotico e del greco fu possibile decrittare i simboli della terza lingua espressa, appunto, in geroglifici" -Neuroni. Mente ed evoluzione-GarzantiEd- Per quanto riguarda il cervello-mente, conosciamo già le prime due lingue: le modalità di natura elettrica e chimica con cui comunicano i neuroni tra loro e con tutto l'organismo e le reti nervose che con-nettono ed elaborano le informazioni, assieme alla Psicobiofisica del nostro scienziato bergamasco Ing. Marco Todeschini e alle Cin-que Leggi Biologiche scoperte dall’oncologo dottor Hamer. Rimane da conoscere la terza lingua ancora ignota: quella dei geroglifici della mente, ma a questo proposito basta applicare la basilare Legge dell’Amore intimamente legata alla Legge del Karma, di cui la Bio-egodinamica è una semplice particella introduttiva! A questo punto è necessario puntualizzare che la Fisica Umanistica è Legge dell’Amore, e poiché va alla radice PREpsicologica della

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mente; ritengo che più che di ego qui si parli dell’Amore, perciò mi sembra più opportuno parlare di BIOegodinamica piuttosto che di Egodinamica che, come termine, è più legato alla psicologia invece che alla BIOpsicologia. Per ben chiarire riporto le parole del dottor Hamer ne “La Germanica”, capitolo 7.4 pag.126: <<Che cosa significa soluzione “biologica” di un conflitto? Spesso ricevo delle offerte di collaborazione da parte di psicologi, tera-peuti dell’ipnosi, operatori di biorisonanza o di PNL, che non posso accet-tare. Queste persone, che per lo più non hanno alcuna esperienza clinica, ritengono che si possano risolvere i conflitti, dei conflitti biologici, con “metodi sbrigativi”. Per non parlare del fatto che anche uno psicologo con il suo metodo, che nel frattempo si è rivelato altrettanto erroneo, può imbattersi per caso in un conflitto attuale e discutendone con il paziente può riuscire a farglielo risolvere, mentre spesso tale conflitto, a livello biologico, di fatto non avrebbe dovuto essere risolto. Questi psicoterapeuti inesperti di Nuova Medicina Germanica non sanno affatto che cosa siano un conflitto biologico (DHS) e il relativo programma (SBS). Anche gli ipnoterapeuti possono a volte risolvere un conflitto sebbene non siano in grado di inquadrarlo biologicamente. Inoltre la ipnosi profonda ha il GRANDE SVANTAGGIO di creare spesso una nuova DHS che non si sa se si potrà risolvere in seguito come sperato. Conosco molto bene en-trambi questi tipi di persone dal tempo in cui lavoravo nella psichiatria e li considero pericolosi per la loro ignoranza della NMG. Ritengo che PNL4 e biorisonanza siano una grande illusione per quanto riguarda la soluzione di conflitti biologici e di programmi speciali biologici e sensati (SBS). Tutti i loro metodi presuppongono che questi programmi SBS siano cattivi, “maligni”, per cui tutti i conflitti (anche biologici) secondo loro devono essere “eliminati con la terapia”. Tutti i processi chiamati maligni hanno invece il loro senso biologico, anche la soluzione del conflitto e ciò che ne consegue.>> Poiché nella medicina attuale la PSICHE ha la brutta reputazione di essere impalpabile, quindi estranea alla verifica STRUMENTALE SCIENTIFICA, occorre mettere i FOCOLAI DI HAMER (quale verifica strumentale dell’influenza diretta della Psiche sul Cervello

4 Programma Neuro Linguistico

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e sull’Organo) sotto il naso degli scettici affinché si sveglino alla NUOVA MEDICINA e non continuino a far fare una misera fine ai loro pazienti, per ottusa ignoranza delle Cinque Leggi Biologiche! Le basi del mondo materiale, che come detto sono a priori Energia e Spazio, sono eterni ma agiscono e interagiscono senza sosta, ma-nifestandosi in vari e molteplici modi solo sensibilmente differenti. L’Anima individuale o Sé Incarnato, NON trae la sua origine né dallo Spazio fluido né dalla Energia vitale, come invece avviene per il suo riflesso egoico detto anche egospin; NON è di natura materia-le, quindi è eterna ed immutabile e non può essere comparsa grazie all’impatto dell’Energia vitale sullo Spazio fluido, o viceversa. I composti andranno soggetti a disintegrazione (egospin), ma ciò che è se stesso ab inizio, cioè “a priori”, non può scomporsi. L’Anima, che non è dunque il risultato di una composizione, non può essere scissa perché naturalmente semplice, pertanto si può tranquillamente affermare che essa è asessuale, non ha nascita né morte, NON PUO’ essere GENERATA né CREATA ex nihilo, ma semplicemente è, come scintilla dell’Assoluto Sé Universale. Infatti, alcuni fisici moderni sono arrivati, anche se con molta rilut-tanza, alla conclusione che la realtà materiale fluisce dalla Co-scienza al Mentale, proiettando in tal modo l’Implicato come Espli-cato o Universo oggettivo. Freeman Dyson, un fisico brillante che in gioventù ha contribuito alla comprensione del potenziale elettrodinamico, si è spinto così lontano da scrivere un articolo serio pubblicato sul prestigioso gior-nale scientifico Reviews of Modern Physics sulla vita senza carne e sangue. Dyson ha ipotizzato che se il pianeta Terra diventasse ino-spitale per la vita come noi la conosciamo, essa potrebbe esistere in forma primordiale nell’Universo sotto forma di Coscienza Consa-pevolezza. Praticamente egli ribadisce: a) che questo Universo è impulsato dalla Pura Coscienza; b) che il nostro Universo molto probabilmente si è evoluto con

una tecnologia (e quindi una scienza) contro la matrice della Coscienza Universale che onnipervade l'intero Universo;

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c) che questa Coscienza è immanente in ogni particella elementa-re dell'Universo, ma raggiunge la sua forma più evidente e ric-ca nella razza umana;

d) che infine la Pura Coscienza non ha inizio né fine, ma ciò che Essa esplica, impulsandolo, pur non avendo un inizio, può ave-re una fine con l’annichilimento dell’ego e di conseguenza e-sperire la Pura Consapevolezza in modo costante ed integrato.

Come nutriamo il corpo e ci preoccupiamo della sua conservazione e manutenzione, così dobbiamo nutrire Consapevolezza e Intelletto con del cibo buono e sostanzioso idoneo; se non lo facciamo, sa-ranno “affamati” e si getteranno su ogni tipo di “alimento” inadatto. Dobbiamo perciò dar loro il giusto nutrimento, allora sì che funzio-neranno bene, cioè illumineranno l’Atma e ci aiuteranno a com-prendere profondamente il fatto che Essa è in tutti. Invece abbiamo una tendenza egoistica a trascurare queste buone e semplici indica-zioni, e ciò porta ad evidenziare la contraddizione fra le varie parti degli esseri umani, fra i loro corpi e la loro Natura spirituale tra-scendente, contraddizione che si manifesta con sempre più violenza fra le esigenze dell’Uomo Spirituale e quello Psicofisiologico. I segni evidenti di questa contraddizione sono sempre più abietti e, nel sociale, stanno divenendo sempre più orrendamente eclatanti! Sembra quasi che nessuno sia interessato a sganciarsi dal proprio destino, come se tutti fossero innamorati delle proprie pesanti e do-lorose catene che hanno tutti legate al proprio collo, fingendo di non vederle (?), solo per una paura atavica insopportabile? Spero proprio di sbagliarmi! Comunque sia, auguro che le pene e gli affanni trascorsi ci siano di buon esempio e di sprono per una vi-ta felice ed in pace con noi stessi, riportando utilmente alla memo-ria i momenti efficaci per la nostra vera e sana crescita, nella consa-pevolezza della Realtà Spirituale, la piena coscienza delle parole del Cristo incarnato in Gesù, in Maometto, Krsna, Buddha, Confu-cio, Mazda, Yahvé, Visnu, Rama, Sathya Sai Baba, ecc. che ci ras-sicura ed assicura che tutti gli esseri umani sono Dio Stesso:

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“Voi siete Dèi!”5, il Sé, afferma con decisione Cristo in Gesù, per-ciò possiamo attingere alla Conoscenza solo quando sveliamo la nostra natura Divina nei pensieri, parole ed azioni quotidiane, per-mettendo in tal modo alla Coerenza, cioè al Regno di Dio, di “veni-re” (“venga il Tuo Regno”) e annullare il regno terreno di creature finite, ovvero egolimitate! In tal modo qualsiasi DHS sarà risolta in tempo utile e non reiterata, e il corpo morirà per naturale ossidazione cellulare, dovuta solo ad una lunga vita di pace e amore, sarà una lunga e dolce vecchiaia. I Canti Devozionali (Bhajana) sono enormemente ricostituenti in questa vita fatta di affanni, danno forza e affinano il cuore. La de-vozione a Dio è la vera tecnica che ottiene la liberazione, ed è il più efficace degli esercizi spirituali. La devozione contribuisce alla cre-scita della saggezza, la devozione e l’odio non possono coesistere; quando una persona è colma di devozione l’ignoranza scompare, passo dopo passo. L’amore diretto verso Dio è il più proficuo e produce il bene più grande per tutti. Coltiviamo dunque la devozio-ne a Dio. Un Canto in particolare mi coinvolge, lo riporto volentieri è il C20B5, dal volumetto “Canti Devozionali” della Mother Sai Publications: “Dentro il cuore di ogni uomo nel profondo c’è il Signore. Tolgo il velo che nasconde la libertà, troverò l’Amore. No, non mi farò più ingannare dalle apparenze. Tolgo il velo e diventerò felice veramente. Prenderò il mio coraggio, spezzerò le mie catene. Non mi volterò più indietro e vivrò il presente. Ora ascolterò la voce del mio cuore: vibrazioni dell’Amore. E vivrò la mia vita come una Canzone. Non finirò più di cantare il Nome del Signore. Canto forte; dolcemente amo tutti; ho tolto la mia mente. Ed allora scoprirò che non sono più solo. Tutto ormai fa parte di me. Sono il Signore!” Adesso vi saluto, non mi resta che augurarvi una buona lettura… 5 Citazione di Gesù: Vangelo di Giovanni 10, 34 citando Salmo 82, 6 del Vecchio Testamento.

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SU MOLTE MENZOGNE E POCHE VERITÀ (- II° CAPITOLO -)

Nessuna Religione ha in sé il Potere Salvifico!

Una Religione può solo indicare un cammino…

Questo scritto è la maturazione del primo scritto intitolato Singolarità Ineludibile che, fatto leggere al valente critico d’arte Cav. Giovanni Amodio di Taranto, ha avuto la sua pregiata recen-sione, sottoriportata e pubblicata anche su alcuni quotidiani locali qualche tempo dopo. In un prossimo futuro si potrebbe parlare di “Fine del Mondo” cioè “Har-Maghedon”, anche se in tempi recenti questo termine ha indi-cato una guerra nucleare distruttiva del mondo, il suo vero signifi-cato si collega a:

“Il luogo dove si combatterà un grande e decisivo conflitto tra le forze del Bene e quelle del Male”

Il Bene è il Puro-Amore, il Male è l’Ego-Mentale, cioè il Raja-Ego. In effetti il “Male” è l’esplicazione del “Bene” in una certa dimen-sione dove non sussiste la consapevolezza dell’Unità ma prevale la illusoria Dualità. In realtà il dualismo Bene/Male è solo la polarità dell’Unità, ma essi in concreto sono irreali, l’unica Realtà è il Bene! Il rapporto: BENE / MALE = 1 ossia BENE=MALE; BENE = 1 L’Amore-Puro vincerà mai il Re-Ego, oppure una simile Battaglia è solo frutto della fantasia di epici uomini dell’antico passato? Intanto, il luogo dove la Madre di tutte le Battaglie avverrà, dove si trova? Si trova nel cuore degli uomini! È lì che la guerra si deciderà affinché si possano realizzare le parole di Cristo del Sermone della Montagna: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!”, le quali da sempre coincidono con quelle di tutti i Saggi di ogni epoca. Nel Mahā-Bhārata, grande poema epico di cui fa parte la Bhaga-vad-Gītā, il Kuruksetra era un campo di Battaglia oggettivo che simboleggiava il cuore degli uomini. Krsna decise di distruggere il Male con la distruzione fisica delle persone malvagie, ma oggi lo stesso Krsna, il Cristo Cosmico incarnato in Sathya Sai Baba, ha detto chiaramente che vincerà i malvagi con la Potenza dell’Amore,

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e questa sarà la prossima, vera, Har-Maghedon, perché se dovesse uccidere tutti i malvagi dovrebbe uccidere quasi tutta la popolazio-ne mondiale! Riporto la recensione di Amodio ad onor di cronaca, così come ri-cevuta dalle mani della poetessa Anna Marinelli, di cui mi reputo ammiratore ed amico, conterranea dello stesso Cavaliere Amodio: <<Il rapporto tra arte e scienza, tra sentimenti e scienza, tra Coscienza e Scienza, dai più supportati a differenti direzioni e discipline, in realtà sta-biliscono parentele, simbiosi e osmosi, spesso più palesi di quanto la co-modità interdisciplinare voglia ammettere. Se da un lato per la SCIENZA è dimostrabile quanto pegno debba all’Umanesimo, tant’è che nessuna scoperta scientifica si sottrae a due elementi come l’INTUITO e la CA-SUALITÀ (che sono fenomeni non certo scientifici), allo stesso modo, dalla indagine di studi approfonditi, nella filosofia, nella fisica e nella me-tafisica, ma anche nella stessa matematica, si ravvisano paradigmi, conso-nanze, speculazioni culturali, rapportati ai sentimenti. Del resto le neuro-scienze stabiliscono ampiamente tali rapporti, non più come ipotesi, ma come dati reali. Su tale piano intellettivo e di straordinario studio, si con-centra il libro di Vincenzo Troilo intitolato “Singolarità Ineludibile”, dove la peculiarità dell’individualismo “singolare” che traccia l’ineludibile uni-cità che sacralizza la persona e i sentimenti che esprime, come l’AMORE, qui divenuto oggetto di Purezza e di Forza Motrice primigenia, già intuite dalla poesia di Dante, ritrova soluzioni scientifiche ampiamente mostrate e dimostrate. L’intelligente lavoro di Troilo, che si avvale degli studi assimi-lati dalla adesione alle ricerche del Prof. Ing. Marco Todeschini e del Prof. David Bohm, anche se intesi in “senso puramente indicativo”, amplia il merito e il metodo e si distende nella capillare, preziosissima analisi, tra immanenza e trascendenza, tra verità e possibilità, tra fisica e metafisica. L’Amore diviene così non più e non solo trasporto inspiegabile e misteri-co, ma assoluto elemento “spaziofluido”, nel quale identificare lo scibile umano e le formule della più variegata acquisizione in campo della co-scienza e della scoperta che l’uomo contiene in sé e che può anche ritrova-re spiegazione logica, razionalità, purezza. Il saggio sublime dello studioso Vincenzo Troilo, è “ineludibile” nella oggettiva necessità di appartenere di volta in volta al lettore che ne conquista la portata di alto profilo. F.to Cav. Giovanni Amodio>>

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Nel 2009, a seguito di alcuni eventi, ho ritenuto necessario specifi-care meglio alcune aggrovigliate formulazioni fatte nel 2008 e am-pliare l’esposizione filosofica religiosa legata alla cultura vedica di Sri Bhagavan Sathya Sai Baba, l’Oceano di Puro Amore, onde por-re meglio in evidenza il rapporto osmotico delle religioni in genera-le, in particolare tra la cristiana e la induista, e allo scopo ho ritenu-to valido appoggiarmi ad una prefazione di un uomo in tonaca all’interno della religione cattocristiana e studioso della religione induista. Da questo studioso però ho avuto l’amara sorpresa che il tanto decantato ecumenismo della Chiesa Cristiana Cattolica Ro-mana era, ed è, solo una facciata retorica; di fatto essa, con i suoi rappresentanti, anche di alto livello gerarchico, pensa ad un ecume-nismo sottomesso ed accentrato a Roma. Infatti, quando l’intonacato estensore della prefazione ha bene inte-so i miei sentimenti nei confronti di Bhagavan Baba, si è infuriato e ha ritirato la sua prefazione, ammonendomi di “stare alla larga da quell’angelo nero di Sai Baba” e di ritornare al più presto nell’ovile sicuro di Sanctæ Romanæ Ecclesiæ, fonte di sicura salvezza. Mi è sembrato di tornare indietro al preconcilio di diversi anni e, sentendo dai notiziari giornalistici il rientro di Lefevre nel seno del-la Madre Chiesa Romana, mi sono domandato se l’assurdo fosse divenuto prassi quotidiana, allora ho pensato di modificare il titolo del libro in “Domine, quo vadis? A Roma o ad Auschwitz? ”, anche perché di fatto è un altro libro, e riprendere e rimaneggiare la prefa-zione dell’intonacato mettendo in evidenza, assieme alle sue inter-pretazioni sull’induismo, i suoi molti lati ottocenteschi sull’idea di ecumenismo. Allo scopo rilevo uno scritto di Raimon Panikkar, che a metà del XX° secolo scriveva correttamente su tale argomento: <<Anche se la Chiesa in senso mistico può essere considerata come lo ambito di azione di Cristo nel mondo, il cristianesimo, o la Chiesa come istituzione, è la religione concreta che vuole essere il luogo normale e co-mune della forza redentrice e dell’azione salvifica di Cristo. Come può al-lora l’induismo entrare in questo piano salvifico? È possibile dare due ri-sposte: o escludiamo dall’induismo ogni possibile azione di Cristo (vale a dire Cristo salverebbe gli hindù buoni malgrado o anche contro il loro in-

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duismo) oppure noi dobbiamo in qualche modo includere l’induismo nella economia universale della salvezza da parte di Dio, mediante Cristo. La seconda alternativa non nega che la salvezza sia sempre questione perso-nale, né implica che l’induismo, quale religione storica concreta, abbia un potere salvifico nel suo seno, ma nemmeno al riguardo ce l’ha in esclusiva il cristianesimo! In termini hindù, il cristianesimo conduce i suoi fedeli al-la liberazione nella misura in cui comunica ai loro cuori le tre verità cen-trali del sanātana dharma, la religione eterna: che Dio è, che può essere realizzato e che lo scopo della vita è realizzarlo. Questa realizzazione, li-berazione, è omeomorfica con ciò che i cristiani chiamano salvezza.6>>. Rilevando, perché fondamentale, che per Panikkar Cristo è il termi-ne omeomorfico per indicare lo Spirito, il Sé o Ātman, e che io ho preferito rilevare il Principio Cosmico Cristo con il termine più u-niversale di AMORE, a dimostrazione che è l’Amore il cemento di tutte le religioni, come continuamente dice inequivocabilmente lo stesso Sri Bhagavan Sathya Sai Baba, tanto scioccamente vitupera-to dalla ignorante penna dell’intonacato. Poi però, ripensandoci bene, credo che non valga la pena fare un ti-tolo “contro” perché parlo dell’amore, ma soprattutto perché parlo del Puro Amore Oceanico, del Christi tra noi, di nome Sai. Per questa ragione la presente introduzione può dirsi “a due penne”: la prima dell’intonacato e la seconda del sottoscritto autore, en-trambe infarcite tra loro come unico scritto, per meglio porre in e-videnza i molti concetti ottocenteschi e una pseudoapertura alla re-ligione induista e alle altre religioni, da parte del singolare intona-cato domenicano e, credo, delle alte sfere gerarchiche della Chiesa. Dalla “Premessa” di Claudio Rendina in “La santa casta della Chiesa”, riporto testualmente: <<La Chiesa di Roma diventa Stato facendo carte false di una donazione di Costantino, si inventa un sacro impero frammentato in Stati vassalli, fonte di benefici da gestire, con la unzione di un sovrano a latere, 6 Il Cristo sconosciuto dell’Induismo di Raimon Panikkar Edizioni Jaca Book

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l’imperatore, solo teoricamente difensore dei beni del vescovo definito pa-pa, che si qualifica sovrano temporale e si circonda di cardinali, vescovi, presbiteri, diaconi, con un potere finanziario basato su continui lasciti, di-lazioni e rendite di provenienza feudale. Ecco l’origine della santa ca-sta!>> Io NON intendo parlare di questa “santa casta” ma solo di ciò che essa ipocritamente vorrebbe rappresentare, facendo altre carte false nei Vangeli! Soprattutto intendo rilevare il lato scientifico dei Sacri Testi, trascurato anche dagli “addetti ai lavori”. L’Occidente accetta i Profeti ma è sconvolto dal concetto di Avata-rità, eccetto il caso di Gesù Cristo. Un Avatar è Dio stesso sceso in Forma umana. Ma come può, molti si domandano, una creatura es-sere anche Creatore e governare l’Universo? L’Avatarità, perciò, è descritta dai più come una fantasia della reli-gione induista, senza riflettere che l’Occidente non è poi così alieno da questo concetto. Penso a Platone e Plotino con il concetto di Es-sere e Divenire, penso al pensiero di Berkeley, alla filosofia di Schelling, e al magnifico filosofo britannico Coleridge che disse:

“Tutta la Conoscenza dimora nella fusione tra Oggetto e Soggetto. È possibile per il Soggetto Comprendere l’Oggetto perché la stessa Realtà che trascende ambedue li PERMEA entrambi.”

La Trinità non è, dunque, soltanto più ecumenica e più vicina alla Avatarità della religione induista, ma risponde anche a molti pro-blemi dell’uomo moderno del terzo millennio, perché il Mistero di-vino appartiene ad una Realtà nella quale siamo anche tutti noi uo-mini e il mondo, Realtà che il teologo Panikkar ha giustamente chiamata “Cosmoteandrica”. In questo senso l’Universalità è un soffio dello Spirito-Amore di cui anche la Scienza Fisica deve, prima o poi, tenerne conto, senza al-cuna remora, nell’ambito della stessa Fisica Teorica, se vuole dav-vero comprendere il Mistero della Chiave dell’Universo! La cosiddetta “rivoluzione cristiana” fu l’affermazione che Gesù Cristo è totalmente e veramente uomo, e pienamente Dio, afferma-

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zione che non ha senso al di fuori della Trinità, dogma che, per ra-gioni di potere ed efficacia, è stato mantenuto in penombra per sva-riati secoli. L’uomo-Dio, però, non fu una “scoperta” originale a di-re il vero. Prima della pseudo rivoluzione cristiana vi furono molti altri popoli a fare una tale affermazione, e fra questi primi, il primo fu il popolo indiano ariano, poi gli iranici e gli egizi, in oriente, lo stesso avvenne in occidente con i popoli amerindiani precolombia-ni, e solo alla fine vi pervennero anche i cristiani attraverso l’Egitto, imponendo un dogma inutile perché è nella natura dell’uomo la Trinità Divina (ribadita chiaramente da Gesù nel detto 52 Vangelo di Tommaso Apostolo): Padre-Figlio-Spirito Santo, ovvero Padre-CristoAmore-Spirito Santo, cui corrisponde, nella Trimurti induista, rispettivamente Brahmā-VisnuAmore-Siva. È perfettamente coincidente Trinità e Trimurti, in tutti i più imma-ginabili significati, e in particolare la persona chiamata anche Fi-glio-Cristo-Amore con la persona Avatāra-Visnu-Amore. Conseguenza immediata di ciò è la coincidenza dell’Avatāra Sri Bhagavan Sathya Sai Baba come Incarnazione dell’Amore-Cristo-Figlio, ovvero Avatāra di Visnu. C’è però da dire che mentre in Gesù l’identificazione trinitaria av-venne solo verso la fine del suo mandato (Io e il Padre mio siamo Uno7), nell’Avatāra Sathya Sai Baba lo è da sempre (quale Iśvara, Unità della Trinità) nella dinastia dei Raghu fino a risalire allo stes-so Manu, l’adamitico primo uomo o Puruşa, e fin dalla nascita an-che come uomo iscritto all’anagrafe col nome di Sathya Nārāyana nella famiglia Raju. Dal punto di vista della Fisica Teorica e Pratica, la Trimurti-Trinità coincide con il Trivettore Universale T del prof. Marco Todeschni:

222222ZYXZYX EHGFFFT ++=++=

quindi il Trivettore T rappresenterebbe Isvara , unificando ciò che Einstein ha sempre cercato di fare inutilmente con le sue due relati-vità. Todeschini quindi ha davvero unificato Gravità, Elettricità e Magnetismo con la sua geniale spaziodinamica. 7 Vangelo di Giovanni 10, 30

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In particolare la persona Cristo-Visnu-Amore potrebbe essere assi-milata al bivettore Elettro-Magnetico che risulta essere:

==Y

Z

Y

Z

HE

FF

tang β

Il Signore infatti è il Magnete Cosmico che “attira tutti a Sé”8. Le leggi della Fisica hanno dunque una doppia valenza: fi-

sica e metafisica-spirituale. In altre parole, una formula quale è, ad esempio, quella inerziale di Newton:

F = ma ha un significato sia fisico, evidente nel secondo membro con l’urto della materia, che metafisico-spirituale, poco evidente come forza F applicata alla materia, nel primo membro. In tal caso il significato fisico è il prodotto ma (Princìpio Unifeno-menico del prof. Marco Todeschini) mentre quello metafisico è la forza F che nasce come reazione psicologica al Principio Unifeno-menico. Se al posto di F mettiamo la A di Amore di ANF9 avremo:

A = ma che rappresenta assai più chiaramente il Princìpio Sacramentale in-sito nella Natura, secondo il quale TUTTA la Scienza è una espres-sione educativa dell’Amore Onnipervadente gli Universi. Quando sono presentati semplicemente razionalmente, i Sacramenti possono apparire come strumenti meccanici di Grazia nello scibile, quindi anche nella scienza, (ex opere operato), in verità se interpre-tati correttamente, tutta l’opera dello scibile umano è ex opere ope-rantis Christi, ovvero ex opere operantis Amore! Su questa incontrovertibile opere operantis si basa la creatività del-la Scienza e, in particolare, lo sviluppo matematico della operatività Bioegodinamica o Fisica Umanistica della Singolarità Ineludibile! I primi discepoli di Gesù ebbero l’ardire di chiamare universale la dottrina che nasceva allontanandosi dal giudaismo, senza pensare che non c’è “dottrina” universale poiché, in quanto dottrina, si deve sempre basare su postulati non universali. Questo fatto, incongruen-

8 Vangelo di Giovanni 12, 32 9 Cap.V°, A di Amore in ANF nell’Equazione Armonica: [ 1] ANF = AUM [ ind]

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te in sé, fu il presupposto per una specie di “colonialismo” chiamato pomposamente evangelizzazione, la quale non è altro che una cre-denza secondo la quale una sola dottrina poteva essere universale, cioè valida per tutte le altre religioni della Terra, arrocandosi in tal modo un diritto inesistente/assurdo per lo stesso messaggio di Gesu. Come ben scrive il teologo cattocristiano Raimon Panikkar: “Gesù è il Cristo (per i cristiani); Cristo in quanto Logos non si riduce al-la sola incarnazione in Gesù, che certamente non era “prima di Abramo” né poteva dire che quel che facciamo agli altri lo facciamo a Lui, Cristo è un simbolo (reale) della natura teandrica della umanità pienamente Divi-na e totalmente umana.”, insomma Panikkar parla dell’uomo comune che è, come diceva Napoleone, un fantoccino semplice che porta nel suo zaino il bastone da Maresciallo quale è da sempre, ma solo con un metodo purificatorio del cuore si svela Esserlo in Realtà! La stessa identica cosa, con parole diverse, dice Sri Bhagavan Sa-thya Sai Baba, l’Avatar di questo Kali Yuga presente.

Ai giorni nostri constatiamo una conoscenza delle religioni che racchiude lacune alle volte impensabili, soprattutto se si tiene presente la storia odierna delle religioni del mondo. L’uomo con-temporaneo è chiamato a interrogarsi sul problema delle religioni, sulla loro efficacia storica e sul rapporto tra società e religione, rap-porto che può divenire più problematico di quanto già lo è attual-mente, dato il pluralismo della società dei nostri giorni ma soprat-tutto perché i veri problemi nasceranno dai dominus egoici di cri-stianesimo e islamismo! Le religioni, come ben sappiamo, si pongono in modo diverso le une rispetto alle altre. Nella presente opera si tratta anche della reli-gione del SANĀTANA-DHARMA, il vero “Dharma Eterno”, poiché la sua origine non è dovuta all’opera o a un insegnamento di un qualsiasi maestro esistente nella storia e accertata; addirittura qual-cuno mette in dubbio anche la storicità dell’uomo Gesù! Le conoscenze religiose unite a quelle scientifico-matematiche tro-vano un’ampia eco nella riflessione metafisica dell’autore, risultato: Singolarità ineludibile, che è «quel ramo della filosofia scientifica che studia i problemi e i valori connessi ad una prassi della OM od AUM ve-dantico, il quale è l’ordine Esplicato o Verbo dell’ordine Implicato,

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quest’ultimo chiamato più semplicemente Puro Amore». La visione reli-giosa del Troilo è improntata tutta su una sana LAICITÀ, in quanto non inquadrata rigidamente dentro una ideologia fondamentalista, quindi NON è LAICISMO, tanto meno laicismo anticlericale, che oggi vorrebbe l’annichilimento di ogni religione e di Dio, come i-deologia distruttiva di tutte le radici spirituali dell’uomo per un gretto e ottuso materialismo. Il presente lavoro mostra molteplici chiavi ermeneutiche, ma ne pongo in evidenza solo le due maggiori. Scrive Panikkar che “molte persone avvertono resistenza e rifiuto sen-tendo pronunciare il nome di Cristo come se fosse esclusivo monopolio dei cristiani”, secondo me ciò è dovuto ad un fatto storico incontestabi-le: fin quasi dalle origini infatti, il cristianesimo lo ha unito esclusi-vamente a Gesù, e nel suo nome ha attuato le più orrende nefandez-ze. Devo testimoniare che in tempi moderni il lupo, purtroppo, non ha ancora perso il vizio che, grazie a Dio, è divenuto solo (si fa per dire) psicologico verso chi resiste alle sue enormi prepotenze velate di buonismo ed evangelizzazione. Il termine usato da Panikkar è “Cristo”, indicante lo Spirito Univer-sale, l’Ente Cosmico che invece l’autore di “Singolarità” ha ritenuto più opportuno renderlo con il termine “Amore”, più consono agli infiniti Nomi di Dio, cioè allo Spirito Universale, pur rimanendo valido il concetto teandrico dell’essere umano e quindi Amore ben visibile, concreto in tutti i suoi multiformi aspetti materiali, psico-logici e trascendentali, quindi Reale del fenomenale reale, ovvero ”Verità delle verità”. Il Principio di “Amore” o “Cristo” dovrebbe perciò far decadere tutte le apparenti e superflue differenze tra tutte le religioni, in quanto unificate tutte in Cristo, ovvero in Amore o Spirito o Principio Supremo. Alcune caratteristiche della “Religione Perenne” dell’induismo, cioè il SANĀTANA-DHARMA, racchiude tre verità cardine: 1. Dharma, dottrina dell’ordine cosmico, religioso e sociale, la qua-le prospera grazie alla giustizia e alla verità; ad essa si contrappone l’adharma, cioè l’ingiustizia e l’empietà. 2. Karman, azione umana, che produce sempre un frutto, positivo o negativo, da godere o espiare con questa o con una successiva esi-stenza incarnata.

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3. Samsāra, ciclo alterno di nascita-morte-rinascita-rimorte ecc. L’anima (jivatma, riflesso diretto dell’Ātman) si riveste di un corpo, soggetto dapprima a una naturale crescita e poi a un altrettanto na-turale decadimento, che poi abbandona al momento della morte come un abito consunto, in attesa di assumerne un altro, e così in-carnarsi di nuovo in questo mondo per godere e/o espiare purgando la mente-cuore che l’autore invita a fare con il metodo più semplice chiamato Namasmarana (la Ripetizione del Nome del Signore che sta a cuore a quell’anima). I Veda pongono quattro mete davanti all'uomo: la Rettitudine (Dharma), la Ricchezza (Artha), il Desiderio (Kama) e la Libera-zione (Moksha). Esse devono però essere perseguite a coppie: Dharma e Artha in-sieme, Kama e Moksha insieme. Ciò vuol dire che Artha deve essere ottenuta tramite il Dharma e Kama per mezzo di Moksha, ma l'uomo le prende separatamente e finisce per perdere tutto. Egli le mette in compartimenti separati ed adotta piani distinti per raggiungerle, abbandona Dharma e Moksha dietro di sé e spreca la vita inseguendo soltanto Artha e Kama: il so-lo Desiderio della Ricchezza materiale; questo lo porta alla rovina. All’interno dell’induismo sono concepiti quattro stadi di vita: il di-scepolato (brahamacarya); la vita familiare (gārhasthya); lo stabi-lirsi nella foresta (vanāprasthya) e, quale ultimo stadio, la rinuncia totale che coincide con il jivanmukti, liberato in vita, ovvero il “pu-ro di cuore” (samnyāsa). I maschi delle prime tre caste vengono introdotti al loro maestro spirituale (il guru). Diventati formalmente dvija, cioè due-volte-nati, apprendono diverse preghiere-discipline idonee per la purifi-cazione del cuore-mente. L’AUM, la sacra sillaba, esprime una dottrina altissima di cui si par-la nella Màndùkya Upanishad, màndùkya significa “rana”. L’AUM è anche il cuore di Singolarità Ineludibile, è parte della E-quazione Armonica intuita dal Troilo, che permette lo sviluppo del-la Egodinamica o Fisica Umanistica e l’assimilazione omeomorfica di ANF all’AUM, all’Ātman, al Cristo Cosmico, all’Amore Puro.

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Nella Màndùkya Upanishad si narra di Varuna, re degli dèi e degli uomini, il quale, avendo assunto le sembianze di una rana (màndu-ka), rivela la profonda e ricca verità sulla complessa dottrina della sacra sillaba AUM. Secondo l’insegnamento del re Ajàtaśatru vi è un unico Essere da cui tutto l’universo, compresi gli dèi (assimilabi-li agli angeli nelle religioni cosiddette monoteiste, meglio definiti potenze dell’Uno), è stato emanato: questo Essere è il Brahman in-condizionato, che nel contempo è il Sé o Ātman e il Paramātman, cioè il Cristo Incarnato e quello Cosmico. Afferma ancora il re: «Come un ragno va seguendo le sue fila, come dal fuoco sprizzano le pic-cole faville, così da questo Ātmabrahman tutti i sensi, tutti i mondi, tutti gli dèi, tutti gli esseri viventi si dipartono, emanano, escono. Il suo nome mistico è Realtà della realtà o anche Verità della verità. I sensi sono real-tà-verità, l’Ātman è la loro Realtà-Verità». L’AUM è tra tutte le sillabe quella sacra per eccellenza. Essa, afferma il primo versetto della Màndùkya Upanishad, è tutto l’Universo […] il passato, il presente, il futuro, tutto ciò è compreso nella sillaba AUM. E anche ciò che è al di là del tempo, che è triplice, è compreso nella sillaba AUM. Qualche lettore esigente -ci auguriamo siano in molti- potrebbe o-biettare il pericolo di sincretismo ed un velleitario tentativo di col-mare l’abisso che sussiste tra due religioni così profondamente di-verse nelle rispettive apparenze ritualistiche; l’autore risponderebbe che il Cristo è conosciuto in tutte le religioni, quindi anche in quella induista nella quale un qualsiasi altro nome è comunque omeomor-fico a Cristo e assimilabile all’infinità dei nomi del mitico Pantheon vedico sintetizzato nell’unità del Puro Amore di ANF e di AUM.

Al congresso di Chicago del 1893 Svami Vivekananda, di-scepolo dell’asceta indiano Ramakrishna, parlò della visione dell’induismo, sottolineando come tutte le religioni insegnano una unica verità. Per Vivekananda «lo scopo di tutte le religioni è lo stesso; soltanto il linguaggio dei maestri è diverso» (da Der Hinduismus di R. Zaehner, München 1964).

Al congresso di Berlino il professore indiano Vasvani parlò di “religioni sorelle”, esprimendo il desiderio di un’unica grande famiglia della fede. La Verità, si dice, è in fondo la stessa per tutte

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le religioni e l’autore cerca di dimostrarlo addirittura con l’aiuto della matematica in quanto Verità-Amore-ANF-AUM. Vi sono alcuni che nell’atto di dialogare vorrebbero eliminare dal cristianesimo cattolico qualsiasi pretesa di esclusività o di superiori-tà nei confronti delle altre religioni. Nel loro pluralismo, perciò, ac-cettano che la Realtà ultima di tutte le religioni è identica. Questo è pure l’intento dell’autore, anche se alcune sue affermazioni potreb-bero far pensare il contrario, quando cita o parla di Gesù il Cristo. Vi sono molti sacerdoti che sicuramente la pensano diversamente dall’autore e da chi la pensa come lui, e tanti sono addirittura con-trari all’idea del loro correligioso Raimon Panikkar, specialmente dopo la riammissione dei lefevriani nel seno istituzionale della Chiesa Cattolica Romana. Per questi cristiani, per questi religiosi, è chiaro che gli uomini possono salvarsi soltanto in Gesù Cristo, fer-mo restando che vi sono semina Verbi anche nelle altre religioni. Altre possibilità di mediazione non possono mai considerarsi sepa-rate dall’uomo Gesù, unico e solo mediatore, e la sua mediazione avviene prevalentemente all’interno della Chiesa, quale universale sacramento di salvezza, eredità lasciata da Gesù Cristo ai suoi Apo-stoli e continuata mediante la successione ininterrotta della tradi-zione, fino all’odierno Vicario sul soglio col nome di Benedetto XVI°. Appare chiaro che, dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa ha espressamente detto che la volontà salvifica di Dio abbraccia anche i non cristiani: ebrei, musulmani e tutti gli altri, cioè tutti coloro che, senza colpa, ignorano il vangelo di Cristo e non conoscono la sua Chiesa e che, senza colpa, non sono ancora giunti a conoscere espressamente Dio ma si sforzano di vivere una vita retta. Oggi non è in discussione la possibilità di salvezza fuori della Chie-sa, che può avvenire anche indipendentemente da essa e da Gesù, ma non da Cristo, quanto piuttosto il fatto che le religioni come tali abbiano un valore salvifico invece che di indirizzo, come invece dovrebbe essere nella teologia e nella liturgia di ogni religione! Questi teologi, con un’aria di superiorità, accondiscendono a che lo Spirito agisca anche nelle altre religioni, poiché tutte parlano del rapporto tra l’uomo e l’Assoluto, ma precisano che solo nella Chie-sa Cristiana Cattolica Romana, Corpo di Cristo, lo Spirito Santo è

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dato in pienezza10: le religioni certamente esercitano la funzione di praeparatio evangelica, per accogliere l’evento salvifico già avve-nuto in Gesù Cristo, e ribadiscono che le religioni possono aiutare la risposta umana alla corretta ricerca di Dio e divenire un mezzo che aiuta i propri “seguaci” alla salvezza, ma non si possono equi-parare all’azione che la Chiesa Cristiana Cattolica realizza per la salvezza sia dei suoi “seguaci” che di quelli che non lo sono; la specificità e l’irripetibilità della rivelazione divina in Gesù si fonda sul fatto che solo nella Sua persona si dà l’autocomunicazione del Dio Trino. E continuano: non si deve confondere il concetto di rive-lazione con quello di fenomenologia religiosa (sono religioni di ri-velazione quelle che si considerano fondate su una rivelazione divi-na); infatti non tutte le religioni hanno libri sacri e gli autori di libri sacri delle varie religioni non possono considerare i loro libri come “equivalenti all’Antico Testamento”, che costituisce la preparazione immediata alla venuta di Gesù Cristo nel mondo. Dimentica o non sa, o finge di non sapere, il caro amico intonacato, che molte profezie, addirittura più antiche di quelle riportate dallo Antico Testamento per Gesù, parlano di Bhagavan Sathya Sai Baba e della Sua venuta in questa era detta Kali Yuga; ne riporto sinteti-camente alcune, solo ad onor del vero: Le profezie che riguardano Sai Baba partono dall'Estremo Oriente e via via si avvicinano al nostro mondo. Le più antiche profezie si trovano nei Purana. Se i Purana e le Upanishad sono troppo lonta-ne dalla nostra cultura, non altrettanto si puó dire di Maometto, di Nostradamus, di S. Giovanni Evangelista, di Bab, di Papa Giovanni XXIII e, infine, di Malachia, che profetizzano del Santo Scalzo. Il Profeta Maometto, ad esempio, ne diede una descrizione incon-fondibile, inequivocabile, coincidente perfettamente con Sai Baba!

10 “Se lo scopo della religione è la salvezza e questa, in linguaggio teista, è la unione con Dio, la dimensione teandrica nell’uomo è decisiva per la salvezza. Non v’è quindi giustificazione per credere che SOLO il cristia-nesimo possieda la PIENEZZA della rivelazione di Dio e il potere salvifi-co!” R.Panikkar opera citata pag. 128, contraddice in pieno l’intonacato!

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<<Le profezie delle Upanishad Gli antichi testi sacri hindù avevano annunciato la discesa di Dio nel vil-laggio dei coni nel sud dell'India. Puttaparti significa appunto il villaggio dei coni, in quanto nel passato era stato invaso dalle termiti, che avevano costruito termitai in tutta la zona. Le profezie avevano anche previsto la famiglia presso la quale si sarebbe incarnato il Divino; tutte le tappe della Sua Missione spirituale e la sua morte a 95 anni. Le profezie annunciano che il divino si sarebbe incarnato all'interno del Kali Yuga, l' Età del Ferro iniziato 5.000 anni fa, subito dopo la morte di Krishna. Krishna é uno dei grandi Avatar del passato. Dovrebbe essere morto il 24 febbraio di 5083 anni fa. Avatar significa letteralmente discesa e sottintende la discesa di Dio sotto una forma visibile. Avatar, pertanto, va inteso come Incarnazio-ne Divina. La discesa del decimo Avatar doveva avvenire all'interno del Kali Yuga, circa al sesto millennio dopo la dipartita di Krishna. Sai Baba è il decimo Avatar, Purnavatar come Krishna, (incarnazione in possesso di tutti i poteri divini). Lui stesso dichiarò ad un monaco buddista di essere l'Avatar che doveva venire, dopo Siddharta. Sai Baba é il Kalki Avatar che nelle Sacre Scritture induiste viene descritto come un condot-tiero che cavalca un bianco destriero. Si potrebbe anche pensare che la profezia dell’Apocalisse di S. Giovanni Evangelista sia stata ispirata o ad-dirittura attinta da questi antichissimi Sacri Testi: i Purana. Le profezie dello Shuka Nadi Il libro dello Shuka é un testo sacro che viene tramandato di generazione in generazione; spesso, di famiglia in famiglia, da migliaia di anni. Il libro é scritto in sanscrito antico, in un dialetto oramai estinto: il brahmi. L'autore é il saggio Maharishi Shuka dev, un contemporaneo di Krishna, il Purnavatar comparso sulla terra poco più di 5000 anni fa. La data di stesu-ra del testo risale ufficialmente al 3.143 prima dell'era cristiana. Oggi il custode del libro è Sri Iyotischarya Ramakrishna Shastri (della Shuka Foundation 33, 5th Main Road. Chamaraipet, Bangalore), filosofo, ingegnere e ricercatore della verità. La famiglia del dottor Ramakrishna é entrata in possesso dei libri sacri circa 800 anni fa. Queste sono le rivela-zioni dello Shuka Nadi: "…la Sua missione é quella di risvegliare la rettitudine. Darà a ciascuno il suo, nel senso che ogni devoto riceverà in rapporto al livello di coscien-za raggiunto. Così, qualcuno riceverà un certo numero di oggetti per risa-nare qualche lacuna fisica o spirituale, qualcun altro riceverà soltanto u-n'indicazione per l'autorealizzazione. Il villaggio in cui comparirà nella Sua veste terrena diventerà luogo sacro. Potrà assumere qualunque for-

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ma, potrà eliminare qualsiasi pericolo e qualsiasi ostacolo. Creerà istituti di educazione e mostrerà la Sua onniscienza in mille modi. Se il devoto si arrenderà al Maestro avrà l'opportunità di riscattare i suoi peccati e otte-nere la liberazione. Molti lo avvicineranno ma alcuni non potranno farlo per il comportamento spinoso delle vite passate. Egli sarà la personifica-zione dell'Amore e della Beatitudine, ma soltanto le menti illuminate po-tranno capirne l'essenza. Sai Baba potrà essere sperimentato, ma non de-scritto. Egli camminerà nella rettitudine aldilà di ogni maldicenza. Sarà il rappresentante di Shirdi Baba e nascerà come risultato delle preghiere fatte dai devoti di Shirdi. Il Maestro si mostrerà a Whitefield anche dopo la morte del Suo corpo fisico. Sai Baba mostrerà tutti i Suoi poteri quando il male avrà raggiunto l'apice. Prima dell'anno 2000 mostrerà soltanto un decimo dei Suoi poteri! Negli anni successivi, tuttavia, i Suoi sforzi per salvare il mondo verranno centuplicati. Prima della fine di questo ciclo cosmico dimostrerà che Lui e soltanto Lui sarà in grado di controllare la furia della natura. Il Maestro pianterà un albero a Bangalore che divente-rà un campo di energia. Nonostante che Egli sia pienamente consapevole dei poteri che possiede, li rivelerà soltanto quando sarà strettamente ne-cessario. La Sua grandezza raggiungerà le più sperdute contrade del mondo, si mostrerà contemporaneamente in più luoghi e produrrà miraco-li mai visti. Ciò che fará potrà sembrare molto semplice agli uomini, ma in realtà ogni Sua azione avrà un'importanza universale. Il Suo cuore sarà perennemente pieno di compassione; non ferirà mai nessuno, né mostrerà disappunto per gli errori commessi dall'ignoranza. Ogni Suo gesto ed ogni Sua parola avranno un significato, i devoti che seguiranno la retta via a-vranno la Sua totale protezione. Egli insegnerà che questa nostra realtà é illusoria. Coloro che riconosceranno la verità di Sai Baba raggiungeran-no la salvezza. Le cose terrene perderanno di significato e il devoto sco-prirà che soltanto la conoscenza di se stesso potrà portarlo alla liberazio-ne finale…” Gli Shuka riferiscono che Sai Baba avrà il potere di guarire la gente e gua-rire se stesso spruzzando acqua sul suo corpo e che eserciterà questo Suo potere di guarire non soltanto sulla gente del nostro pianeta, ma anche su-gli esseri viventi di altri pianeti e persino nei piani esistenziali più elevati. "…Si verificheranno situazioni inspiegabili quando Egli prenderà su di Sé i mali degli uomini per salvarli da malattie o incidenti. Avrà anche il pote-re di prolungare la vita e quando l'influenza del Kali Yuga (questa Era, caratterizzata dalla corruzione e dall'ingiustizia) raggiungerà il suo apice, la gente vedrà la Sua grandezza e lo riconoscerà come Potere Assoluto.

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Allora, l'umanità si inginocchierà davanti ai Suoi piedi e lo adorerà come il personaggio più grande che sia mai apparso sulla faccia del nostro pia-neta. La Sua essenza é Divina. Non dimenticherà nulla. Non ci sarà nulla che non conosca. Egli avrà grandi poteri purificatori. Il solo vederlo purificherà l'animo della gente; la semplice esposizione all'energia irradiata da questo perso-naggio divino potrà annullare il karma di ognuno. Avrà tre incarnazioni in successione. Coloro che lo criticheranno commetteranno peccato. Dal 1979 la corrente del mondo cambierà direzione: la rettitudine affiore-rà gradualmente e l'ateismo comincerà a diminuire. Da quell'anno Egli compirà miracoli mai visti…" Le profezie dell'Apocalisse di Giovanni I testi sacri hindú avevano previsto la discesa di un Avatar, simbolicamen-te identificato come un condottiero che cavalca un cavallo bianco. Il caval-lo é il simbolo della mente e Colui che lo cavalca ha il significato di domi-narla. La mente é responsabile di tutte le proiezioni che ci allontanano dal-la verità suprema. I testi sacri segnalano che il Condottiero indosserà una veste color della fiamma, o del sangue, porterà i segni cutanei tipici degli Avatar, verrà accompagnato dai Kalas e condurrà l'umanità verso l'Era del-l'Oro che durerà mille anni. Dice Giovanni nella sua Apocalisse cap.IXX°:

"Poi vidi il cielo aprirsi, ed ecco un cavallo bianco e colui che lo cavalca-va si chiamava il Fedele ed il Verace ed egli giudica e guerreggia con la giustizia. Era vestito di una veste color del sangue ed il Suo nome é la pa-rola di Dio. Gli eserciti che lo seguivano sopra cavalli bianchi erano ve-stiti di lino bianco e puro. Egli afferrò il dragone del male e lo legò per mille anni, dopo di che avrà da essere sciolto per un po’ di tempo…" Il nome con il quale Sai Baba è registrato all'anagrafe dai genitori è Sathya Narayena Raju. Raju é il nome della famiglia. Sathya vuol dire verità e Narayena significa "colui che rimane fedele nel cuore degli uomini". In sintesi, il nome anagrafico di Sai Baba é “il Verace e il Fedele”. L’Apostolo Giovanni aveva visto giusto! Le profezie di Maometto Circa 1400 anni fa Maometto si propose al mondo come profeta, o inviato del Signore. Il profeta dell'Islam aveva attinto la Sua cultura e la Sua pre-parazione dal sistema filosofico indiano, come avevano fatto a suo tempo Buddha, Apollonio e Gesù. Ne l' "Oceano della Luce", al volume XIII, il Profeta consegna al mondo trecento segni che permetteranno al ricercatore spirituale di individuare la

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nuova incarnazione di Dio. L'opera, scritta circa sette secoli dopo la morte di Maometto, aveva lo scopo di raccogliere tutto ció che aveva dichiarato il profeta in vita, affinché non andassero perdute le Sue parole. L'"Oceano della Luce" é costituito di 25 volumi, il tredicesimo, che porta il titolo di "El Mahadi Maoud" che significa "L'atteso Condottiero", si ri-ferisce all'apparizione del Grande Maestro del Mondo verso la fine di que-sto secondo millennio. L'opera, scritta in arabo, é reperibile, non senza difficoltá, in Persia, l’at-tuale Iran. Alcuni brani vengono riportati da Lowenberg nel suo libro "The heart of Sai" (Sathya Sai pub, Prashanti Nilayam, Puttaparti, India). Il volume XIII parla esclusivamente del Condottiero Spirituale che dovrà sovvertire l'ordine delle cose, risvegliare la spiritualità e l'amore nell'uo-mo. La Sua comparsa avverrà, riferisce l'opera, nel momento in cui l'uma-nità avrà toccato il fondo. Così scorre il racconto: “ … Alcuni discepoli musulmani domandarono al profeta: "Sei tu El Ma-hadi Maoud, il Grande Maestro?" Rispose Maometto: "Nessun profeta e nessun messia potrà mai avere i poteri con i quali discenderà il Maestro del Mondo. Nessun profeta sarà grande quanto il Maestro, in quanto il potere che possiede il Messaggero non é sufficiente per risolvere i guai di una nazione, o salvargli la vita. Per quanto riguarda il Maestro del Mon-do, tuttavia, nessun potere del mondo riuscirà a conquistarLo, nessuna potenza potrà ucciderLo" I discepoli domandarono ancora: "Come potremo riconoscere il Signore dei Signori?" "Voi" disse allora Maometto "non potrete riconoscerLo per-ché quando il Maestro verrà voi sarete così spinosi che non avrete la pos-sibilità di trovarLo. I cristiani e i popoli di altre religioni avranno invece questa possibilità. Lo troveranno e Lo adoreranno, ma i musulmani non potranno farlo. Vi fornirò, comunque, i segni che consentiranno di ricono-scerLo e di distinguerLo dai falsi profeti che in quell'epoca discenderanno numerosi …" I segni che fornisce Maometto sono così precisi che é possibile persino tracciare un identikit del Condottiero. Ascoltiamo il Profeta nella sua de-scrizione: "… La sua chioma sarà come una corona, la fronte sarà larga, la radice del naso ampia, i denti centrali saranno separati. Il Suo viso sarà sempre ben rasato. Il Maestro del Mondo non porterà mai la barba. Avrà un neo sulla guancia e indosserà due abiti color della fiamma. Il Suo corpo sarà minuto, ma lo stomaco ampio nell'età matura. Le gambe saranno come quelle di un adolescente. Egli porterà con sé la sapienza e la conoscenza

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di tutte le religioni del mondo. Tutte le scienze e la cultura del mondo al-loggeranno nella Sua mente fin dalla nascita. Qualunque cosa chiederete Egli ve la donerà. Tutti i tesori del mondo saranno sotto i Suoi piedi. A tutti fará piccoli doni e materializzerà oggetti anche dalla bocca. Benedirá i devoti toccandoli con la mano. Coloro che lo vedranno saranno felici e le stesse anime disincarnate godranno della Sua visione. I devoti allun-gheranno il collo per vederLo. Il Maestro vivrà sino a 95 anni. Negli ulti-mi venti anni della Sua vita Egli verrà riconosciuto come il Re dei Re, an-che se per quel periodo soltanto due terzi dell'umanità crederà in Lui. I musulmani lo riconosceranno soltanto nove anni prima che Egli lasci il Suo corpo. Voi avreste potuto stringerGli la mano, ma avrete perduto que-sta grande occasione. Il Maestro vivrà in collina e i Suoi devoti si riuni-ranno sotto un grande albero. A quei tempi voi spenderete molto denaro per abbellire le vostre moschee, ma nessuno di voi andrà là a pregare. Pubblicherete bellissimi libri del Corano, ma nessuno di voi comprenderà ció che vi sta scritto. I veri insegnamenti di Mosé sono nascosti in una grotta dell'Antiochia, ma il Re del mondo, l'incarnazione di Dio, sarà l'u-nico che fornirà all'umanità un insegnamento di verità …" La descrizione fatta da Maometto é fotografica. Tutti i segni forniti dal Profeta dell'Islam calzano alla perfezione al personaggio Sai Baba. Lui stesso ha annunciato che morirà all'età di 95 anni. Una curiosità: posizione dei pianeti al momento della nascita Sri Ganapati, nel suo pregevole lavoro "Swami", introdotto dal biografo ufficiale di Sai Baba N. Kasturi, fornisce la seguente posizione dei pianeti al momento della nascita dell'Avatar: Luogo di nascita: Puttaparti Data di nascita: 23 novembre 1926 Ora di nascita: ore 5, minuti 6 Fase lunare: 4 giorno dopo la luna piena Stella Orione Longitudine 77 gra-di, 47' Est Latitudine 14 gradi, 10' Nord Tempo siderale: 8, 51', 54" Corso del sole: 22 gradi, 50', 9" Forza di equilibrio sulla data di nascita Rahu, 2° anno, 1° mese, 14° giorno Corso del sole 22 gradi, 50', 9" Forza di equilibrio sulla data di nascita Ra-hu, 2° anno, 1° mese, 14° giorno Sai Baba morirà nel 2021 e rinascerà nel distretto di Karnataka nel 2029. Per vent'anni, tuttavia, la nuova incarnazione divina che prenderà il nome di Prema Sai non si manifesterà pubblicamente; comparirà intorno al 2050 a Mysore, dove eleggerà il Suo quartier generale.

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Foto di Sai Baba con il libricino dei veri insegnamenti di Mosè, apportato da Swami durante un Suo Discorso sul tema in questione e poi “riposto” dove si trovava, nella grotta del-l’Antiochia, dove ancora si trova non “scoperto” e tanto meno prelevato!

Nel 2050 l'uomo assisterà alla trasformazione del mondo. La giustizia re-gnerà sul pianeta. Non vi saranno più religioni diverse ma un'unica reli-gione: quella del Divino Amore! L'umanità sarà riunita sotto un'unica ban-diera spirituale che adorerà Dio Uno e riconoscerà il Sé Interiore aldilá dei falsi edifici costruiti da solerti seguaci di questa o quella religione. "… L'intera umanità é la mia famiglia. Non esiste nessuno su questo pia-neta che non mi appartenga. Sono tutti miei, ed Io sono loro", dice Sai Baba, "Essi possono anche ignorarMi, ma sono egualmente Miei. Io non rinunceró a voi, nemmeno se Mi terrete lontano. Non dimenticherò nem-meno coloro che Mi negano. Sono venuto per tutti. Coloro che se ne stan-no lontani verranno egualmente chiamati vicino a Me e saranno salvati." Le profezie di Nostradamus Nel sedicesimo secolo il medico francese Nostradamus scrisse le sue Cen-turie; circa 2500 predizioni in stanze. Tra le tante previsioni, alcune sono di importanza internazionale e coprono un periodo di diversi secoli. Circa 800 predizioni si riferiscono agli ultimi 400 anni e sembrano essersi realizzate. Le profezie più significative riguardano l'Afganistan e la Persia (Iran) del 1727; la rivoluzione francese del 1792; le due guerre mondiali; l'ascesa di Hitler, che il veggente chiama Hilter, anagrammandone il no-me; l'ascesa e la capitolazione di Mussolini e delle sue camicie nere. Una profezia ha un interesse drammatico per tutta l'umanità e si riferisce a questi decenni quando un condottiero immortale nato in India, dotato di sapienza e di poteri eccezionali, parlerà alle genti e condurrà l'umanità sot-to l'unica bandiera di una religione universale fondata sulla verità, unifi-cando i popoli in una sola casta di fratelli. La profezia annunciata da Nostradamus ricalca quella dei maestri hima-laiani, di Maometto, delle Upanishad e di Papa Giovanni XXIII.

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Le profezie del profeta Bab Bab é il profeta della religione Bahai. La religione Bahai non é molto co-nosciuta in quanto i suoi seguaci non fanno del proselitismo. Bahai si na-sce, affermano i maestri di questa fede. Il ricercatore della verità viene in-contrato al momento opportuno. Il profeta Bab venne giustiziato sulla pubblica piazza, proprio nel paese in cui nacque e predicò (la Persia-Iran), attorno al 1845. Un seguace, Bahahullah, fondò una religione sul Suo in-segnamento. Bab profetizzò la discesa di un grande Maestro, che avrebbe unito tutte le religioni del mondo in quanto Dio é uno solo ed é perfetta-mente inutile e sciocco mantenere certe divisioni. L'unico sentiero che conduce a Dio, sosteneva il Profeta, é l'amore ed il servizio agli altri. L'annuncio profetico di Aurobindo Aurobindo, maestro spirituale indiano, ha avuto un ruolo importante nella stessa politica del suo paese, tracciando indelebili segni sociali sulla matri-ce di quella terra. L'annuncio che egli fece il 24 novembre 1926 é, a dir poco, drammatico. Si tratta di un annuncio impressionante perché pur non essendo così preciso e fotografico come la profezia di Maometto, é tuttavia così vivo da scuotere l'animo di chiunque. Il giorno dopo la nascita di Sai Baba, Aurobindo chiamò a raccolta i suoi discepoli. I devoti meditarono per circa 45 minuti. Quel giorno Aurobindo ritenne di aver raggiunto la perfezione spirituale. Benedì ogni singolo pre-sente ed avvertì che Dio si era incarnato: "Il divino é sceso sulla terra. Dio si é incarnato, portando con sé tutti i poteri della divinità: l'onnipotenza, l'onniscienza e l'onnipresenza." Da quel giorno Aurobindo visse in solitu-dine, comparendo raramente tra i discepoli. Il 24 novembre divenne uno dei quattro giorni dell'anno in cui Aurobindo offriva il suo darshan ai de-voti, mentre la gestione dell'ashram venne affidata ad una discepola fran-cese. Aurobindo morì nel 1950. L'unico grande mistico nato il giorno an-nunciato da Aurobindo é Sathya Sai Baba. "Il 24 novembre 1926 Krishna" aveva ribadito Aurobindo ("Sri Aurobin-do, uomo e profeta", edizioni Galeati, pagg. 330-331. "The Godman", di Gokak, Puttaparti) "é sceso sotto vesti umane. Un potere infallibile guide-rà le menti, e nel cuore delle genti arderà la fiamma immortale. Le molti-tudini ascolteranno la sua voce." Sai Baba nasce il 23 novembre 1926, mentre Aurobindo parla del 24. La differenza di 24 ore é legata al fatto che Aurobindo percepì la nascita dell'Avatar soltanto nel momento in cui raggiunse i poteri sovrannaturali, egli raggiunse la capacità di espletare tali poteri soltanto quel giorno!

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Le profezie di Angelo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII Angelo Roncalli, il papa buono, sembra essere l'autore di profezie scon-volgenti che oggi vediamo giá quasi tutte realizzate. Le profezie vennero fatte nel 1935, quando Roncalli ricopriva il ruolo di delegato apostolico in Turchia. A quel tempo Roncalli venne introdotto in una società segreta iniziatica dove dettò le sue profezie che, trascritte dal Cancelliere della società segreta, vennero gelosamente custodite ed appari-rono nel 1976 in un libro di Pier Carpi dal titolo "Le profezie di Papa Gio-vanni" - Edizioni Mediterranee - Roma. L'autore cercò di interpretare le dichiarazioni di Papa Giovanni, lasciando tuttavia alcune profezie non de-cifrate per mancanza di elementi. Mi pare che oggi possiamo interpretare meglio quei passi, usando una chiave esoterica. Le profezie annunciano tempi duri per la Chiesa Romana e, proprio in quel periodo di terrorismo e di sangue, ecco comparire sulla scena il Santo Scalzo: "Nella tua casa riceverai un santo a piedi nudi. E farai attendere i potenti, le mani disarmate, a pregarti. Il santo parlerà anche per te in ogni con-trada e dal mondo ecco i bianchi fiori ti avvolgeranno. Tuo sarà il viaggio del coraggio, la grande sfida al mondo ed all'immondo principe del mon-do. E ti farai scalzo, e camminerai col Santo Scalzo." Chi conosce Sai Baba comincia già ad intravedere la possibilità che Egli sia il Santo Scalzo di cui parla Angelo Roncalli. È il Santo che predica l'amore universale e tiene viva la fiaccola della spi-ritualità nel mondo. "Due fratelli e nessuno sarà Padre vero. La Madre sarà vedova. I fratelli d'Oriente e d'Occidente si uccideranno e nell'assalto uccideranno i loro figli. Allora scenderà dal monte il Santo Scalzo e scuoterà il regno, din-nanzi alla tomba dello scalzo. Ascoltate le sue parole.” Il Santo Scalzo scende simbolicamente dal suo piedestallo per soccorrere un'umanità affranta dalla lotta e dal sangue. Il monte di cui si parla va in-terpretato, oppure si riferisce alla collina di Puttaparthi? Tutte le interpre-tazioni concordano sul paesino in collina Puttaparthi, dove oggi risiede. "Nella terra di Brahma una voce disarmata, é la coscienza del mondo che non morirà mai. Da lui verrà al mondo un nuovo ordine di cose." Il libro citato continua: “Le armi costruite in gran segreto da diverse na-zioni portano il lutto sul pianeta, ma di nuovo il Santo Scalzo agirà attra-verso diversi accorgimenti proprio com'é nello stile di Baba, il quale ha affermato: "Dal mio sessantesimo anno, io agirò all'interno dei cuori, attraverso il pensiero, e raggiungerò il mondo".

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"I due capi russi si scontrano nel nome dell'umanità. Nella terra celeste sta la voce di chi ama il mondo e parla per i deboli… Roma, accetta le ro-vine, non stendere fiori o sete per i piedi nudi di chi viene. Questi piedi amano il dolore." Ci sarà un tempo in cui un papa avrà l'ardire di recarsi in pellegrinaggio dal Maestro del mondo e di camminare al Suo fianco a piedi nudi, così come nudi sono i piedi del Santo. Verrà anche il tempo in cui il Santo Scalzo verrà a Roma e verrà nel momento in cui la Chiesa Romana avrà maggiormente bisogno. Il messaggio di Dio non verrà abbandonato. Sarà il Santo Scalzo a tenerlo vivo anche quando la violenza, l'odio e il sangue soffocheranno ogni barlume di spiritualità. Sarà il Santo dei Santi, colui che cammina a piedi scalzi, che ristabilirà nel mondo la Giustizia, la Pace e l'Amore. Come scrive lo stesso Papa Roncalli in Pacem in Terris: scopri-re Cristo come Dio, nel mistero della Trinità, nella Parola e nella Rivela-zione, nel Sacrificio e nella Salvezza, NON è sufficiente, se NON si sco-pre anche il Cristo come uomo. Cristo è in ognuno che sia essere umano. Scoprirlo con un atto d’amore era il vero insegnamento di Papa Giovanni XXIII per una Chiesa che, con l’esempio, sapesse indirizzare i cuori a quella meta unica e universale che è il Puro Amore.>> Invece l’intonacato continua: nella teologia delle religioni e per un dialogo fruttuoso, i cristiani, dunque, non possono assolutamente prescindere dall’insegnamento paolino della conoscenza naturale di Dio e dall’azione universale dello Spirito, non si possono eliminare però le differenze tra la Cattolicità Romana e tutte le altre religioni, in nome di un presunto dialogo su un piano egualitario impossibile (specialmente con la reintroduzione dei lefevriani! N.d.A.), si può però scorgere tutto quello che accomuna gli altri alla cristianità. La dichiarazione Nostra Aetate (26/10/1965) del Vaticano II° rico-nosce che le religioni hanno in comune «lo sforzo di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri» e dunque si riconosce che nella ricchezza dei miti dell’induismo, nelle sue esigenze ascetiche e nelle sue pro-fonde meditazioni si esprime la ricerca fiduciosa di un rifugio in Dio, soprattutto una grande considerazione del cosmo, dell’uomo e di Dio. Ciò è molto vicino alla concezione cosmoteandrica di Pa-nikkar, che fa ben sperare in un prossimo futuro dialogo scevro da

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bassi e meschini pregiudizi dell’ego, enorme, grande quasi come “er cupolone!”. La medesima dichiarazione afferma che: «nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con l’inesauribile fecondità dei miti e i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraver-so forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza». L’autore di Singolarità Ineludibile, lo abbiamo scritto già all’inizio, precisa che la sua singolare opera è «un ramo della filosofia scienti-fica», eccoci dunque alla seconda chiave ermeneutica.

All’approccio filosofico riscontrabile in questo libro forse si muoverà l’accusa di un panteismo immanentista a scapito della tra-scendenza della Creazione ex nihilo, chiaramente espressa nella dottrina cristiana. Nel dialogo col prof. Todeschini, presente nel ca-pitolo III°, l’autore considera l’universo come una «esplicazione di Dio». Panteismo? La metafisica del Troilo non è molto diversa da quella cristiana e quella induista del vedanta. Nel libro è accentuata la divinizzazione dell’uomo cui l’induismo è particolarmente sensi-bile. S. Ireneo di Lione scriveva già nel II° secolo: «Il Verbo si è fatto uomo perché l’uomo divenga Dio» (Adversus Haereses).

Affermano alcuni filosofi, anche intonacati, che parlare di divinizzazione dell’uomo significa, allo stesso tempo, parlare di una presenza di Dio che ha un duplice modo di manifestarsi: una pre-senza di Immensità ed una presenza di Grazia. La prima dice che la Creazione senza Dio sarebbe nulla; viceversa essa non aggiunge nulla al Creatore. L’Immensità dice l’Infinità, e Dio è pura infinità positiva, Ipsum es-se per se subsistens, che trascende le creature ma si rende, allo stes-so tempo, perfettamente immanente ad esse, a modo di agente pres-so il suo effetto immediato. Il creato è il suo effetto proprio e senza la sua causa essendi non sussisterebbe nulla. La stessa matematica, spiritualizzata magistralmente dal Troilo, mostra questo rapporto di dipendenza radicale delle creature al loro creatore. Tra Dio e mondo vi è lo stesso rapporto che vi è sul piano matematico.

Così i filosofi “intonacati” evitano di dire chiaramente che, come sostrato, l’Universo è lo stesso Dio, che è Esistenza (Sat), allo

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stesso modo che la corda è il sostrato dell’apparente serpente, come dicono le Upanisad molto chiaramente, inequivocabilmente! La tonaca, riprendendo Barzaghi, afferma che il numero 10 si può dire in tutte le combinazioni possibili:

(8+2; 5+5; 2+3+5; 2+2+2+2+2; 9+4-3; … ecc.), dire dunque 6+4 è dire 10, ma dire 10 non è dire solo 6+4, perché il 10 è combinazione di combinazioni; le combinazioni diverse del 10 sono sue esplicazioni. Dio, dunque, è complicazione del mondo e il mondo è esplicazione di Dio.11 La creatura si risolve totalmente in Dio, mentre Dio si dice tutto nella creatura ma non totalmente, co-me 5+5 è simpliciter 10, ma 10 non è simpliciter 5+5, ma anche 8+2; 7+3 e cosi via (G. Barzaghi, Le condizioni metafisiche della divinizzazione, in Divus Thomas, n. 42, ESD 2005).

Il suddetto esempio tonacale riportato, presuppone di cono-scere a priori il numero 10, ovvero Dio, ma ciò invero non è, perché si conosce una o più delle infinite esplicazioni di 10, ma non diret-tamente 10; per esperire direttamente 10 e così davvero conoscerLo direttamente, è necessario trascendere tutte le Sue esplicazioni; per-tanto Dio è semplicità intuitiva, sicuramente non è complicazione! Ma questo l’aveva già ribadito Pasternak con tale bella poesia:

Imparentati con tutto ciò che esiste, conoscendosi e frequentando il futuro

nella vita di ogni giorno non si può non incorrere, alla fine, come in una eresia:

una incredibile semplicità. E noi non saremo risparmiati

e non potremo tenerla nascosta: SEMPLICITÀ ,

più di ogni altra cosa necessaria a noi e agli uomini, ma, loro,

intendono meglio solo cò che è COMPLESSO. L’universo intero è Volontà di Dio; Egli lo crea continuamente e lo sostiene. Alla fine, l’universo si fonde in Dio che è l’origine del suo

11 Ciò è contraddetto da Tommaso d’Aquino: Deus vere et summe simplex est.

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apparire. L’universo è conosciuto come Vishvam che significa pre-cisamente “ciò che è auto-espandente e pieno di beatitudine”. Vishvam non è semplicemente una estrinsecazione di materia fisica, è una manifestazione diretta di Dio, è l’effettiva incarnazione della Persona Cosmica con tutte le Sue membra. Dio è la causa fonda-mentale dell’universo che è il Suo riflesso. Visvham e Vishnu (Dio) non sono differenti l’Uno dall’Altro! Questo si può comprendere tramite la discriminazione (Viveka) tra il Sé e il non-Sé (la tecnica del neti-neti: non-questo non questo).

Il Novecento scientifico si presentava con un volto profon-damente nuovo. Il suo fondamento primo non era più l’esperienza, ma la matematica. Proprio tale trasformazione avrebbe imposto agli scienziati interessi filosofici, a differenza del positivismo di Comte e del Circolo di Vienna, che rifiutavano la metafisica preferendo il riduzionismo matematico. I tentativi di Popper e di Bachelard si collocano nel tentativo di una possibilità fondata di oggettivazione alla razionalità. Nel pieno riconoscimento della dignità e della au-tonomia della filosofia e della scienza, l’epistemologia attuale non può prescindere dal dialogo fra queste due discipline; la loro sepa-razione sarebbe quanto meno anacronistica. Il protagonismo assolu-to della scienza, negli ultimi tre secoli, ha mostrato la sua fragilità. Se lo scopo della scienza è il raggiungimento della verità degli og-getti studiati, non può prescindere da una domanda filosofica, o meglio epistemologica. Il tentativo del Troilo di coniugare la scien-za nei suoi risvolti prevalentemente matematici, e la filosofia nei suoi risvolti prevalentemente metafisici, mi sembra molto ben riu-scito! Alla luce di quanto il Troilo si propone, il ragionamento ma-tematico sperimentale della singolarità dell’opera, nel suo tentativo di presentare un cammino spirituale che conduca fino alla esperien-za di se stessi, si presenta arduo e rivolto ad un pubblico specifico, perché al dire di Nicolò Copernico:

«I pensieri del filosofo sono ben lontani dall’opinione comune, proprio perché suo compito è cercare la verità in ogni cosa, almeno nei limiti concessi da Dio alla ragione umana.»

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Perciò auspico un’ampia diffusione di questo libro, con la speranza che quanti si accingeranno alla sua lettura seguano il monito princi-pale dell’autore di fare esperienza di Sé stessi, beninteso che per fa-re ciò occorrono principalmente tre requisiti: il primo è di ricordarsi di non abdicare dalla ragione nel suo proce-dere alla ricerca della veritas; il secondo è di prestare gli orecchi al Deus deorum, Dominus, locu-tus est (Salmo 49, 1); il terzo è, di fatto, il primo in assoluto: la Purificazione del Cuore; la Conoscenza passa necessariamente dalla Devozione, e tutti coloro che aspirano ad essere devoti devono evitare attaccamento e avver-sione. Non occorre essere orgogliosi della propria pratica devozio-nale, tanto meno della conoscenza scientifica; ci dev’essere un netto miglioramento nelle abitudini e atteggiamenti del devoto e dello scienziato, se no la disciplina e lo studio restano entrambi un inutile passatempo, buono solo per accrescere un mostruoso egoismo! Oggi moltissimi uomini di scienza si definiscono atei. La verità è che non ci sono affatto atei, ma solo persone ignoranti! Non sanno che Dio è il loro centro più recondito. Negano Dio per-ché non sanno che in realtà il loro respiro è Dio. È come se un pesce negasse l’esistenza dell’acqua! Non sanno che Dio è con loro e con tutti come Beatitudine, ed è per questo che TUTTI gli esseri cercano la Felicità, automaticamente, sempre, in ogni cosa che ci circonda, così come lo scienziato la cerca in ogni ricerca scientifica. Le qualità malvagie come l’odio, l’invidia, la cupidigia e l’ostentazione dovrebbero venir sradicate. Questi tratti stanno invece viziando non soltanto la gente comune ma anche gli asceti, i monaci, i preti e i loro capi, tutte le istituzioni ipocrite; tra tutti questi, l’invidia e l’avidità sono ormai divenute incontrollabili. Ciò di cui il mondo non ha bisogno oggi è un ordine nuovo, un si-stema educativo nuovo, una società nuova o una nuova religione; la santità deve mettere radici e crescere nelle menti e nei cuori dei giovani e dei bambini dappertutto: questo è il bisogno del momento e il buono ed il pio devono sforzarsi di promuoverlo come la pratica spirituale più grande che chiunque possa intraprendere.

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Bisogna dunque sacrificare l’ego ed essere ripieni della consapevo-lezza che Dio è la nostra vera Essenza, la Verità intorno e dentro tutta la Vita che ci circonda e ci onnipervade, dall’atomo alle stelle.

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Sulla Critica della Ragion Pura Alcuni anni fa ebbi occasione di scambiare su un blog alcune idee su Kant e sulla Critica della Ragion Pura con un amico che, in pre-cedenza, aveva letto una mia bozza in merito, che ritengo lo schele-tro portante della mia interpretazione dell’Advaita Vedanta. Ne riporto sinteticamente i punti salienti:

<< È vero quasi tutto quello che hai scritto, Vincenzo, ma ho visto un errore che penso sia fondamentale. Tu dici, correggimi se sba-glio: “In altri termini Kant e la sua ragione restano nel dualismo delle cose oggettive, anche se le affianca al termine, molto abusato, di trascendente!” A quanto ho capito, pensi che Kant abbia individuato (in un modo ovviamente sbagliato per te) ciò che è “trascendente”. Bene, anzi male, perché la tua interpretazione è sbagliatissima! Kant non usa il termine "trascendente" ma "trascendentale" e, pen-so, che proprio nella differenza tra questi due termini stia invero tutta la Critica della Ragion Pura! Trascendente è ciò che non è immanente, ovvero ciò che è al di là della esperienza (come Dio, o la cosa in Sé: il “Noumeno”). Kant non nega che la cosa in Sè, il Noumeno, esista, non nega la e-sistenza del Trascendente ma nega la sua conoscibilità, affermando quindi che ogni sorta di metafisica non possa meritare il titolo di Scienza e sia quindi una Pseudoscienza! Trascendentale è invece un termine usato estensivamente per la prima volta da Kant stesso. Secondo Kant Trascendentale è cio che, sì, viene prima dell’esperienza, ma è sopratutto ciò che rende possi-bile l'esperienza stessa, (ovvero "agisce" nell'esperienza!), viene prima di essa ma la rende possibile! Ma esso, il trascendentale, non è niente di mistico, non è il Noumeno, la cosa in Sè, Dio e/o simili. Trascendentale è semplicemente il modo in cui è fatta la nostra mente “a priori” (ovvero prima dell'esperienza). È questo che rende possibile l'esperienza. Dice infatti Kant:

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"Chiamo Trascendentale ogni conoscenza che si occupa, non degli oggetti ma del nostro modo di conoscere gli oggetti, in quanto è possibile “a priori". E precisa: "Trascendentale non è ciò che è al di là di ogni esperienza" ma piuttosto "ciò che antecede l'esperien-za (a priori) pur non essendo destinato ad altro che a rendere pos-sibile la semplice conoscenza empirica". Allora, cos'è che secondo Kant è trascendentale, ovvero rende pos-sibile l'esperienza? Nell'Estetica trascendentale si parla della sensi-bilità, il nostro primo impatto con il mondo avviene attraverso le sensazioni, ovvero attraverso dati empirici che vengono "conosciu-ti" in modo intuitivo (ovvero non mediato). Ecco perchè Kant chiama questi dati empirici “intuizioni a priori”. Ora Kant si chie-de: “Esistono delle intuizioni pure, ovvero a priori, che vengono prima dell'esperienza e la rendono possibile? Esistono nella sensi-bilità elementi trascendentali?”, e risponde “Sì, esistono!” Le intui-zioni pure sono solo due: lo Spazio e il Tempo. Secondo Newton lo spazio e il tempo sono elementi assoluti, ovve-ro oggettivamente esistenti ma, filosoficamente parlando, questo i-niziò a venir messo in dubbio poco dopo, con gli empiristi (Locke e Hume) e Kant venne molto influenzato da questi due, come hai fat-to notare. Secondo Kant lo spazio non è un elemento assoluto veramente esi-stente nel mondo, ma è un elemento a priori della nostra sensibilità, ovvero la capacità di percepire le cose una accanto alle altre, come successivamente disse anche Albert Einstein nelle sue relatività a proposito dello spazio, spiegate meglio nel 1916. È quindi questo il primo elemento trascendentale, esso è una parte della nostra mente, è al di là dell'esperienza ma la rende possibile, è quindi trascendentale (senza lo spazio non potremmo percepire le cose, perchè per farlo esse devono essere a priori percepite in ma-niera ordinata). Anche il tempo non è oggettivo ma soggettivo, esso è il nostro modo di percepire le cose una dopo l'altra e di avere i pensieri in successione. Queste due intuizioni (spazio e tempo) sono pure, sono modi in cui noi siamo fatti e grazie ai quali possiamo sperimentare le cose.

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Ora arriviamo invece all'Analitica Trascendentale. Qui si esamina non più la sensibilità ma l'intelletto, che è ciò che mette in relazione più dati empirici, più intuizioni! Esso opera attraverso i concetti. Kant si chiede: “Esistono elementi a priori dell'intelletto? Esistono concetti puri, trascendentali?” e risponde: “Sì, esistono!”. Questi concetti puri esistono e sono le “Categorie”. Questo termine venne usato molto da Aristotele, secondo cui le Categorie sono i "predicati universalissimi dell'essere", e le principali sono la so-stanza, la qualità, la quantità e la relazione. Se dico "Io sono brut-to", la parola "Io" è la categoria della sostanza, mentre "brutto" è una qualità. Queste sono categorie, e sono inerenti all'essere, alla cosa in Sé che in seguito venne chiamato Noumeno. Kant non fa altro che riprendere queste categorie, ma capovolgen-dole: per Kant il Noumeno è Inconoscibile, quindi non si può nean-che predicarlo, perciò le categorie che, secondo Aristotele, sono i "predicati universalissimi dell'essere" in Kant diventano i "predica-ti universalissimi del pensiero". Quindi, le Categorie non appartengono più all'esperienza, ma la precedono, rendendola possibile, sono pertanto trascendentali. Per esempio la categoria della relazione non è, come diceva Aristo-tele, inerente all'essere ma è solo la capacità che ha la mia mente di vedere le cose in relazione, e lo stesso vale per la causalità. Essa non esiste oggettivamente, ma solo soggettivamente. Ma allora perchè, secondo Kant, anche se le Categorie sono soggettive, esse producono scienze? Guardiamo la Fisica; essa usa la categoria della causalità, che è il nostro modo di percepire le cose secondo meccanismi di causa-effetto. Questo modo di percepire le cose è sì soggettivo, ma uni-versalmente soggettivo, e riguarda solo ed esclusivamente il feno-meno (ciò che appare): non si addentra nell'esplorazione della cosa in sè. Perchè è così? Semplicemente perchè l'intelletto unisce, attra-verso le categorie, varie intuizioni empiriche, ovvero facenti parte della nostra esperienza. Può allora la Metafisica e la Religione essere una scienza? Secondo Kant no. Perchè? Perchè non si basano sull'esperienza, su intuizioni empiriche.

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Questo argomento viene trattato nella Dialettica Trascendentale, qui viene esaminata la ragione, che usa sì le categorie, ma senza a-vere quella base di cui ha bisogno per produrre una autentica cono-scenza: l'esperienza. La ragione vuole andare, in Kant, al di là dei nostri limiti, cercando di dare spiegazioni del Noumeno, della cosa in Sè. E mentre l'intel-letto usa i concetti, la ragione usa le idee, e le idee principali sono: 1- Idee sull'anima (psicologia) 2- Idee sul mondo (?) 3- Idee su Dio (teologia) Queste, secondo Kant, non essendo basate sull'esperienza, non sono scientifiche. Infatti Kant nota come, per esempio, sia possibile usare un corretto ragionamento che mostri l'esistenza di Dio, e allo stesso tempo sia possibile farne un altro mostrando il contrario; e lo stesso vale sia per il mondo che per l'anima. La spiegazione di ciò va al di là dei nostri limiti, perchè il limite della conoscenza è l'esperienza stessa! Ecco spiegata, molto brevemente, la Critica della Ragion Pura.>> << Devo dire che non sono d’accordo su alcune cose fondamentali, mio caro amico. Tu interpreti e scrivi: “Kant non usa il termine "trascendente" ma "trascendentale" e, penso, che proprio nella differenza tra questi due termini stia invero tutta la Critica della Ragion Pura!” Il termine trascendentale deriva da trascendente che letteralmente significa "andare oltre" (dal latino: trans+scendere). Normalmente oggigiorno viene usato con il significato di superiore, che ha una propensione a cose superiori, che deriva o sale verso co-se superiori fuori della tangibilità, che esula dalle cose puramente sensibili e dalla percezione fisica dei sensi umani. Trascendentale significa che si ispira a idee superiori non ancorate al puro materialismo ma che vengono da una realtà superiore e comunque diversa da quella visibile! Il pensiero del Trascendentale (di una idea superiore) è già dentro di noi. L'intelletto umano ha delle categorie impresse che sono innate

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e che non può "comprendere", nel senso che non può circoscriverle e misurarle. Queste categorie sono proprio quelle trascendentali. L'idea di infinito, sia in senso temporale che in senso spaziale, l'in-telletto la conosce bene, la può anche definire ma non la può com-prendere (nel significato di circoscrivere, contenere, conoscere, mi-surare), però l'intelletto umano sa che c'è e riesce a "comprendere" e definire che l'infinito è qualcosa che: "non ha un inizio, continua, e non ha una fine", quindi trascende. Nella vita della materia, anche di un sasso, c'è sempre una doppia componente che deriva dalla creazione primordiale che è la parte trascendentale (anima della Forma) di ogni cosa! Ancora scrivi: “Nell'Estetica Trascendentale si parla della sensibilità, il nostro primo impatto con il mondo avviene attraverso le sensazioni, ovve-ro attraverso dati empirici che vengono "conosciuti" in modo intui-tivo (ovvero non-mediato). Ecco perchè Kant chiama questi dati empirici intuizioni. Non sto a ripetere tutto il tuo scritto, e perciò ti dico che sullo “spa-zio mentale” siamo d’accordo; è proprio perché la nostra mente è “spazio” che i nostri pensieri si svolgono in “successione” secondo una progressione che ne scandisce anche il tempo, il quale se resta nell’ambito mentale è relativamente reale e ha una sua particolare cadenza che, riferita allo spazio extramentale oggettivo dello stato di veglia, assume una relatività differente perché si parametrizza ad altri sistemi spaziali che sono prettamente sensibili ai nostri organi di senso. In altre parole, il tempo mentale del sogno è quasi sempre differente dal tempo mentale della veglia. Entrambi appartengono a quella “categoria” spazio-temporale, ma essendo strumentalizzati dalla mente in modo differente, perché dif-ferenti sono i riferimenti, acquistano uno spazio differente! Ciò spiega come mai nel sogno si percorrono migliaia di chilometri in un brevissimo tempo rispetto a quello necessario nello stato di veglia (indipendentemente dal mezzo usato). Ciò spiega pure, ed è la cosa più interessante, che lo stato apparente di sogno è simile in tutto allo stato di veglia, tranne che per le PROPORZIONI dei riferimenti dello Spazio e del Tempo!

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Ciò conferma ulteriormente la coerenza della scrittura upanisadica quando afferma che il mondo dello stato di veglia è irreale come il mondo dello stato di sogno, fatte le dovute proporzioni spazio-temporali! Ecco perché la scrittura dice di “svegliarci” e di “realizzarci”!!! Non sono d’accordo sulla definizione di “intuizione” delle “catego-rie” di Spazio e di Tempo, che siano definite “superiori” o meno! L’intuizione “sensibile”, come la definisce Kant perché si appoggia alla materia sensibile e sminuisce la stessa intuizione, diversamente dalla intuizione superiore dello spazio-tempo perché ritenute queste due categorie intuitive a prascindere dal mondo oggettivo, sono en-trambe le definizioni incongruenti, secondo il mio modo di vedere advaitico. Per me lo spazio e il tempo sono coerenti alla mente e na-scono come categoria PRETTAMENTE mentale, perché la vera “categoria archetipa” dello Spazio e del Tempo è il Nome e la Forma! Sono questi gli archetipi che, attraverso il Prespazio, il Traspazio e lo Spazio oggettivo, mentale e non mentale, proietta ed estrinseca gli archetipi dei 5 Elementi Sottili che nel Traspazio de-cantano come Elementi Grossolani NON sensibili e infine si proiet-tano come Elementi di Spazio Fluido Sensibili che, evolvendo, si autoimpulsano, INDIPENDENTEMENTE dalla Causa-Effetto che DECADE nella Fisica del NON-LOCALE, come particelle subnu-cleari, nucleari e molecolari, secondo la Quantistica Coscienziale più accreditata ultimamente: vedi, per esempio, la Teoria delle Su-perstringhe. Già in base a questo, la tua disamina ammuffisce e, pur restando va-lida in alcuni concetti, si perde andando oltre, perché non si evolve assieme alla Coscienza, perché rinnega aprioristicamente lo stato di Realizzato in carne ed ossa, cioè lo stato di Consapevolezza Costan-te ed Integrata dell’Assoluto Sé Trascendente. Perché si può essere consapevoli del Sé Assoluto, senza peraltro svestirsi degli involucri materiali sottili e/o grossolani. Se non fosse così sarebbero inutili TUTTE le Scritture, a partire dai Veda, dai Vangeli, ecc. ecc.! Ma ciò non è, perché gli Avatara lo hanno da sempre dimostrato concretamente, lo dimostrano tuttora, anche per il futuro!

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Per tutte queste ragioni ringrazio Kant che ben TRE SECOLI fa eb-be a dire certe cose eccelse per l’epoca, ma il suo tempo è passato. Il domani è della Quantistica Bohmiana del “Campo del Punto Ze-ro”, del “Campo Forma” e della sua sincronicità con il nostro spa-zio Mentale, dove la Causa-Effetto è FUORI GIOCO, perché preva-le l’IMPULSO ISTATNTANEO NON-LOCALE. La scienza della Causa-Effetto, nel prossimo futuro, sarà materia di studio delle scuole elementari e medie inferiori, come avviamento alla Scienza superiore di cui si stanno buttando le basi in questi ul-timissimi anni. Guardiamo avanti e non fossilizziamoci nel XVIII° e XIX° secolo. Pensa che oggi si pensa che anche lo stesso Einstein abbia fatto il suo tempo, e il Prof. Marco Todeschini fu il primo a dirlo e a dimo-strarlo fin dall’anno di grazia 1949, anno della sua monumentale pubblicazione “La Teoria delle Apparenze”.

Grazie comunque del tuo pregiato e colto commento su Kant, molto utile allo studente di maturità, grazie, spero di averne altri e su altri argomenti, per esempio sulla relatività di Einstein. Ti saluto e ti abbraccio con affetto. >> FINE ANTEPRIMACONTINUA...