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Dalle suggestive solitudini a località turistica di gran moda IL DIVINO CINQUALE Versilia, che Cosimo I dei Medici fece deviare intorno alla metà del Cinque- cento in direzione del lago, per inizia- re la bonifica delle aree paludose del piano di Pietrasanta, dove imperver- sava la malaria. E la malaria continuò a infierire sulla cittadina e su tutta la fascia costiera fino a Ottocento inol- trato, fino a quando cioè furono co- struite – alla foce del Motrone, del fosso Fiumetto e del Cinquale – le cataratte a bilico che impedivano il riflusso delle acque salse durante le mareggiate, causa dei ristagni dove la zanzara anofele proliferava. La lunga spiaggia di rena fine, che il vento accumulava a formare una fa- scia di dune oltre la quale si esten- deva una fitta boscaglia di lecci e querce, fino ai primi decenni dell’Ot- tocento era pressoché deserta, se si esclude il castello di Motrone a guar- dia del piccolo ma importante porto alla foce del fiume, che allora si get- tava in mare nell’altro lembo estremo di Versilia, a confine con Camaiore; e C hi oggi visita il Cinquale sco- pre un luogo ameno, turistico, con alberghi e pensioni, uno Sporting Club nautico con piccola darsena riservata proprio alla foce del fiume. La foce stessa un poco più a monte è stata ampliata e attrezza- ta per l’ormeggio di imbarcazioni da diporto. L’aeroporto, per piccoli aerei da turismo, dista poche centinaia di metri. Il Cinquale è diviso a metà tra il Comune di Forte dei Marmi e quello di Montignoso: verso Viareggio è ter- ritorio fortemarmino e verso Massa è montignosino. In effetti fin dall’an- tichità la foce del Cinquale segnava il confine tra l’enclave lucchese di Montignoso, già feudo della potente famiglia longobarda degli Aghinolfi, che edificarono l’omonimo castello, e l’enclave fiorentina di Pietrasanta, sede di Capitanato. Un tempo il Cin- quale era l’emissario del lago di Pe- rotto, o di Porta Beltrame, di cui re- sta soltanto un’area umida protetta. Oggi raccoglie le acque del torrente la torre di guardia del Cinquale, che Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Granduca di Toscana, trasformò dopo il 1770 in un forte simile a quello che fece costruire al “Magazzino” (que- sto era il vecchio nome del Forte dei Marmi, dal magazzino del ferro edi- ficato nel 1623) che darà poi il nome al paese che si sviluppò tutto intorno. Il Cinquale e Motrone delimitavano i confini costieri della Versilia. Il forte di Motrone lo fecero saltare in aria gli inglesi nel 1813, quello del Cinquale fu raso al suolo dai tedeschi nel 1944. L’unico che si è salvato è quello di Forte dei Marmi. Dalla foce del Cinquale si poteva ri- salire l’emissario con piccole barche fino a raggiungere il lago di Perotto e la località conosciuta come “Por- ta Beltrame”, dove a ridosso delle rupi calcaree in una sorta di strettoia naturale, passava la via Francigena romea. Era confine doganale, che i Medici munirono con una solida torre di mattoni, armata e fornita di guar- nigione: ancora oggi si erge pur con tutti i danni inferti dalle cannonate durante la seconda guerra mondiale. Questo posto, dove sorgeva anche una piccola chiesa nota come Santa Maria di Porta, era conosciuto popo- larmente come il “Salto della Cervia”. Il Cinquale era un luogo suggesti- vo, con il fiume che scorreva fra due sponde verdi e sfociava in un punto davvero magnifico della sterminata spiaggia che ai primi del Novecen- to incantò D’Annunzio. Un’intricata macchia mediterranea si estendeva di qua e di là dal fiume. Oltre la mac- chia e i pochi campi strappati agli acquitrini con le opere di bonifica, c’erano il lago e sullo sfondo le colli- ne punteggiate di case, il castello di Aghinolfo al sommo di uno sperone Cinquale, anni Venti Forte dei Marmi, il forte di Pietro Leopoldo, inizi 900 44 Costantino Paolicchi R STORIA

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Dalle suggestive solitudini a località turistica di gran modaIL DIVINO CINquALE

Versilia, che Cosimo I dei Medici fece deviare intorno alla metà del Cinque-cento in direzione del lago, per inizia-re la bonifica delle aree paludose del piano di Pietrasanta, dove imperver-sava la malaria. E la malaria continuò a infierire sulla cittadina e su tutta la fascia costiera fino a Ottocento inol-trato, fino a quando cioè furono co-struite – alla foce del Motrone, del fosso Fiumetto e del Cinquale – le cataratte a bilico che impedivano il riflusso delle acque salse durante le mareggiate, causa dei ristagni dove la zanzara anofele proliferava.La lunga spiaggia di rena fine, che il vento accumulava a formare una fa-scia di dune oltre la quale si esten-deva una fitta boscaglia di lecci e querce, fino ai primi decenni dell’Ot-tocento era pressoché deserta, se si esclude il castello di Motrone a guar-dia del piccolo ma importante porto alla foce del fiume, che allora si get-tava in mare nell’altro lembo estremo di Versilia, a confine con Camaiore; e

chi oggi visita il Cinquale sco-pre un luogo ameno, turistico, con alberghi e pensioni, uno

Sporting Club nautico con piccola darsena riservata proprio alla foce del fiume. La foce stessa un poco più a monte è stata ampliata e attrezza-ta per l’ormeggio di imbarcazioni da diporto. L’aeroporto, per piccoli aerei da turismo, dista poche centinaia di metri. Il Cinquale è diviso a metà tra il Comune di Forte dei Marmi e quello di Montignoso: verso Viareggio è ter-ritorio fortemarmino e verso Massa è montignosino. In effetti fin dall’an-tichità la foce del Cinquale segnava il confine tra l’enclave lucchese di Montignoso, già feudo della potente famiglia longobarda degli Aghinolfi, che edificarono l’omonimo castello, e l’enclave fiorentina di Pietrasanta, sede di Capitanato. Un tempo il Cin-quale era l’emissario del lago di Pe-rotto, o di Porta Beltrame, di cui re-sta soltanto un’area umida protetta. Oggi raccoglie le acque del torrente

la torre di guardia del Cinquale, che Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Granduca di Toscana, trasformò dopo il 1770 in un forte simile a quello che fece costruire al “Magazzino” (que-sto era il vecchio nome del Forte dei Marmi, dal magazzino del ferro edi-ficato nel 1623) che darà poi il nome al paese che si sviluppò tutto intorno. Il Cinquale e Motrone delimitavano i confini costieri della Versilia. Il forte di Motrone lo fecero saltare in aria gli inglesi nel 1813, quello del Cinquale fu raso al suolo dai tedeschi nel 1944. L’unico che si è salvato è quello di Forte dei Marmi. Dalla foce del Cinquale si poteva ri-salire l’emissario con piccole barche fino a raggiungere il lago di Perotto e la località conosciuta come “Por-ta Beltrame”, dove a ridosso delle rupi calcaree in una sorta di strettoia naturale, passava la via Francigena romea. Era confine doganale, che i Medici munirono con una solida torre di mattoni, armata e fornita di guar-nigione: ancora oggi si erge pur con tutti i danni inferti dalle cannonate durante la seconda guerra mondiale. Questo posto, dove sorgeva anche una piccola chiesa nota come Santa Maria di Porta, era conosciuto popo-larmente come il “Salto della Cervia”. Il Cinquale era un luogo suggesti-vo, con il fiume che scorreva fra due sponde verdi e sfociava in un punto davvero magnifico della sterminata spiaggia che ai primi del Novecen-to incantò D’Annunzio. Un’intricata macchia mediterranea si estendeva di qua e di là dal fiume. Oltre la mac-chia e i pochi campi strappati agli acquitrini con le opere di bonifica, c’erano il lago e sullo sfondo le colli-ne punteggiate di case, il castello di Aghinolfo al sommo di uno sperone

Cinquale, anni Venti

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Costantino Paolicchi

R STORIA

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roccioso e infine le cime tormentate e azzurre delle Apuane. Le foto dei primi del Novecento mostrano an-cora l’indicibile bellezza della marina deserta, per il tratto che dal Forte va «…verso Massa, di là da quel divino Cinquale dove nelle notti di luna van-no a dissetarsi le sirene». Così scrive-va l’Immaginifico.1 Era parte integrante, il Cinquale, di quella Versilia-Eden che in molti ave-vano scoperto nel loro vagare alla ri-cerca di un luogo ancora innocente dove lenire il “male di vivere”: D’An-nunzio, che affermava di essere rinato in Versilia «…a vita vigorosa e pura»; Eleonora Duncan che vi cercò confor-to e pace dopo un grande dolore; il protagonista del romanzo di Riccar-do Bacchelli, il giovane e disperato Ruben Brederus, che era riuscito a placare per poco i suoi tormenti sul-la spiaggia di un paese appena nato, Forte dei Marmi. «Era uno di quei luo-ghi – ha scritto Bacchelli – dove la na-tura sembra intesa a creare in esplicita e formale fantasia di bellezza…»2.Al Forte, ormai cittadina balneare ri-nomata, con il Grand Hotel, le ville e i ritrovi alla moda, giunse nel 1926 Carlo Carrà. Da allora in poi il Forte divenne la sua dimora estiva abituale. Era attratto dalla natura dei luoghi: le pinete, la spiaggia con i capanni di falasco, le montagne, un paesag-gio nuovo che lo ispira e con il quale si confronta nelle sue tele: «Anche il Cinquale mi occupò a lungo e riuscii alfine a realizzare i primi esempi sug-geritimi da questo fiume (…). Ma seb-bene la realizzazione mi riuscisse fati-cosa, fui (…) persuaso di aver trovato gli incanti e le magie di un paesaggio che si confaceva con il mio intimo sen-timento»3. Quel mondo gli divenne ben presto familiare e insostituibile e da quell’intenso rapporto scaturì il celebre dipinto Il Cinquale della Col-lezione della Lanterna, il quadro dei “Cavalli” che si trova ora nella Galleria d’Arte Moderna di Roma, e altri anco-ra degli anni tra le due guerre. Carlo Carrà vi era stato condotto, per

la prima volta, dallo scultore Arturo Dazzi che era nato a Carrara e cono-sceva bene il luogo. Restò soggiogato dal Cinquale al punto da volerlo tra-sformare in un fiume «celebre in tut-to il mondo». Anche Dazzi, che aveva vissuto lungamente a Roma, nel 1926 aveva deciso di stabilirsi a Forte dei Marmi «… in questa limpida e dolce Versilia che mi fece diventare pittore», dove «… ogni scultore dovrebbe di-pingere e ogni pittore scolpire». Fu un ritorno alle origini, felice, fortunato: «Questa terra chiara, serena, il mare, le mie Apuane, mi rinnovarono spiri-tualmente»4. E anche per lui il Cinqua-le fu fonte di ispirazione e di riflessio-ne per una ricerca pittorica orientata verso una espressione libera da ogni schema intellettuale. Nel 1932 Dazzi si presentava come pittore alla Bien-nale di Venezia, esponendo 22 opere che avevano per soggetto i paesaggi della Versilia, il fiume Cinquale, e poi pesci, animali, fiori, figure femminili. Si ricordano in particolare Mezzogior-no, Cinquale, Barca al Cinquale e Sul fiume Versilia, dove il fiume la spiag-gia e la natura avevano sollecitato in lui nuove libertà espressive, ribadite nella presentazione della sua mostra personale alla Quadriennale romana del 1935.

La guerra mondiale, la seconda, ha imperversato anche al Cinquale: non ha spazzato via soltanto il forte di Pietro Leopoldo e il curioso pon-te sorretto da due archi di cemento armato, costruito sul Versilia dal re-gime, e il cantiere navale alla foce e i capannelli sulla spiaggia. Negli anni del dopoguerra Enrico Pea os-servava, in una notte di tempesta, che «… a tratti, quelle che furono le ricche ville del Cinquale, le colo-nie marine confortevoli, apparivano edifici scoperchiati, ruderi sventrati da bagliori spettrali. (…) E in qua e in là, invece, a nutrire la speranza, ricostruite villette moderne, davano sotto il glaciale bagliore dei fulmi-ni, spicco di forme nuove, di colori bellissimi»5. Il fiume pigro era ancora ricco di pesce e grandi reti a bilancia, sollevate da lunghi pali infissi specu-larmente sulle due sponde, caratte-rizzavano l’ultimo tratto verso la foce. Oggi sono scomparse anche quelle, insieme ai grandi silenzi e alle vaste solitudini amate da Carrà. Ma qual-cosa sopravvive dell’antica bellezza: lo scoprirete passeggiando lungo gli argini del fiume, risalendolo fino all’area dell’ex Lago di Porta in Co-mune di Montignoso e al campo da golf in Comune di Forte dei Marmi.

NOTE1 G. D’Annunzio, Solus ad Solam, Firenze 1939, p. 307.2 R. Bacchelli, Il fiore della Mirabilis, Milano 1942.3 C. Carrà, La mia vita, Roma 1943, pp. 361-363.4 G. Matthiae, Dazzi, Roma 1979.5 E. Pea, Fragole e fulmini, in Corriere d’Informazione, 23 agosto 1952.

Cinquale 1915

La torre del Cinquale, il lago di Porta Beltrame, o di Perotto, in una carta del secolo XVII (Archivio

Storico Pietrasanta)

Cinquale, le cateratte 1917