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Direzione generale e della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema Ufficio III Qualità delle attività e dei servizi IL DIPARTIMENTO Roma 23 febbraio 2005

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Direzione generale e della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di

assistenza e dei principi etici di sistema

Ufficio III Qualità delle attività e dei servizi

IL DIPARTIMENTO

Roma 23 febbraio 2005

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Indice p. 1. Introduzione 2 2. Definizione del Dipartimento 3 3. L’organizzazione dipartimentale dell’ospedale 3 4. Finalità 4 5. Costituzione dei dipartimenti: criteri di aggregazione e tipologia 6 6. Aspetti rilevanti per l’implementazione dei dipartimenti 8 7a. Normativa nazionale vigente 9 7b. Normativa nazionale in discussione 13 8. Normativa regionale 13 9. Esperienze internazionali 14 10. Valutazione dell’attuazione del dipartimento nelle strutture ospedaliere 17 11. Per collaborare 18 12. Approfondimenti 18

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1. Introduzione

L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa delle attività a cui fare

riferimento in ogni ambito del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con la finalità di assicurare la

buona gestione amministrativa e finanziaria ed il governo clinico.

Il dipartimento, favorendo il coordinamento dell’atto medico teso a gestire l’intero percorso di cura

e lo sviluppo di comportamenti clinico-assistenziali basati sull’evidenza, costituisce l’ambito

privilegiato nel quale poter contestualizzare le attività di Governo clinico nelle sue principali

estensioni ovvero la misurazione degli esiti, la gestione del rischio clinico, l’adozione di linee-guida

e protocolli diagnostico-terapeutici, la formazione continua, il coinvolgimento del paziente e

l’informazione corretta e trasparente.

Già da alcuni anni è stato dato avvio al processo di attuazione dei dipartimenti, in particolare a

livello territoriale, dove i dipartimenti di prevenzione rappresentano un modello oramai radicato di

organizzazione del SSN, seppure nella prospettiva di miglioramento continuo e di consolidamento

della loro funzione.

In ambito ospedaliero, dalle rilevazioni di esperienze condotte finora, emerge la necessità di un

ulteriore impulso all’attuazione del dipartimento così come alla piena ed effettiva applicazione di

tutte le sue funzioni.

E’ in tal senso necessario considerare che l’adozione del modello dipartimentale trova motivazione

non soltanto nell’ottica di un vantaggio organizzativo e di conseguenza economico, ma, soprattutto,

in quella di una complessiva elevazione dell’etica del sistema di cui gli elementi fondamentali sono

rappresentati dal recupero di centralità del paziente all’interno dell’organizzazione e dalla

valorizzazione di tutte le categorie professionali.

Il ruolo svolto dal personale nel far sì che l’organizzazione acquisisca valenza sostanziale appare

essenziale; il cambiamento dipartimentale, infatti, è facilitato e raggiunge i livelli più avanzati

laddove gli operatori recepiscano tale organizzazione come strumento di rafforzamento culturale e

di crescita professionale.

Il dipartimento, infatti, deve funzionare non solo come luogo di integrazione e coordinamento, ma

anche come luogo di sviluppo delle conoscenze e delle competenze, elementi questi strategicamente

indispensabili ai fini di una prospettiva di sviluppo futuro dell’ospedale.

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2. Definizione del Dipartimento Il Dipartimento è un’organizzazione integrata di unità operative omogenee, affini o complementari,

ciascuna con obiettivi specifici, ma che concorrono al perseguimento di comuni obiettivi di salute.

Esso, con il supporto di un sistema informativo adeguato alla valutazione della produttività e degli

esiti in salute, rappresenta il modello organizzativo favorente l’introduzione e l’attuazione delle

politiche di Governo Clinico quale approccio moderno e trasparente di gestione dei servizi sanitari e

costituisce il contesto nel quale le competenze professionali, ponendosi quale fattore critico per il

conseguimento degli obiettivi del dipartimento, rappresentano la principale risorsa

dell’organizzazione.

3. L’organizzazione dipartimentale dell’ospedale L’ospedale occupa una posizione preminente all’interno del SSN, di cui assorbe circa il 45% delle

risorse. Al suo interno risiedono le competenze specialistiche di più alto livello e le tecnologie più

avanzate e rappresenta, quindi, la sede dove vengono erogate le prestazioni mediche dal contenuto

tecnologico più elevato e la sede privilegiata per lo sviluppo di attività di formazione e di ricerca.

Ciò richiede un modello organizzativo che risponda, nel modo più appropriato, alla elevata

complessità del sistema, che consenta di raggiungere i livelli di appropriatezza, efficacia ed

efficienza richiesti per garantire l’ attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

A partire dagli anni ‘60 si è sviluppato un intenso dibattito per l’individuazione di un assetto

organizzativo che consentisse:

1) l’integrazione delle attività di professionisti operanti in settori diversi e recanti culture

fortemente e diversamente specialistiche;

2) la condivisione di tecnologie sofisticate e costose;

3) la razionalizzazione dell’impiego delle risorse;

4) la creazione di una struttura di controllo intermedia più vicina agli operatori e ai pazienti e

quindi più sensibile nel cogliere i problemi e più rapida ed efficace nel fornire risposte;

5) il miglioramento della qualità dei processi assistenziali.

L’organizzazione dipartimentale è apparsa la soluzione che, meglio di altre, potesse consentire il

raggiungimento di:

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1) obiettivi organizzativi, con miglioramento del coordinamento delle attività di assistenza,

ricerca e formazione;

2) obiettivi clinici, con la promozione della qualità dell’assistenza;

3) obiettivi economici, con la realizzazione di economie di scala e di gestione;

4) obiettivi strategici, con la diffusione delle conoscenze e lo sviluppo delle competenze.

L’organizzazione dipartimentale degli ospedali, in particolare con l’ applicazione della metodica del

budget come sistema di gestione economica e strumento di negoziazione, ha notevoli riflessi sulle

procedure e sugli strumenti di programmazione e controllo aziendale.

Sotto questo aspetto assume un forte connotato strategico la funzione del Capo Dipartimento al

quale viene affidato il compito di negoziare con l’Amministrazione gli obiettivi del dipartimento ed

il relativo budget.

4. Finalità Nella prospettiva della progressiva introduzione del Governo Clinico, le finalità perseguite

dall’organizzazione dipartimentale possono essere così schematizzate:

• Sinergie per l’efficacia. L’integrazione ed il coordinamento delle diverse professionalità,

che possono utilizzare risorse da loro scelte ed organizzate, aumenta la probabilità della

efficacia terapeutica.

• Garanzia dell’outcome. La misura degli esiti dei trattamenti deve essere prevista

nell’ambito del Dipartimento, per assicurare i risultati migliori in termini di salute, nel

rispetto delle risorse economiche disponibili e tramite l’implementazione e la manutenzione

sistematica di linee guida nazionali e internazionali;

• Continuità delle cure. I percorsi assistenziali, la presenza di professionisti che hanno

condiviso scelte terapeutiche ed organizzative, nonché momenti formativi, con la

conseguente riduzione di trasferimenti e prese in carico del paziente da parte delle diverse

unità operative, favorisce l’ integrazione e la continuità delle cure.

• Integrazione inter-disciplinare. La elaborazione condivisa di percorsi assistenziali e linee

guida favorisce la reciproca conoscenza e valorizzazione dei professionisti delle diverse

discipline, incrementando di conseguenza l’ efficacia e l’efficienza.

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• Orientamento al paziente. Nel dipartimento, la visione complessiva delle problematiche

del paziente (garantita dalla presenza di tutte le professionalità necessarie ad affrontarla),

favorisce l’impiego di percorsi assistenziali mirati, favorendo l’orientamento al paziente di

tutti i processi e la migliore gestione del caso.

• Aumento della sicurezza per il paziente. La progettazione di strutture e percorsi integrati,

l’impostazione interdisciplinare e multi professionale della cura, l’integrazione ed il

coordinamento delle risorse sono componenti importanti di un sistema volto alla sicurezza

del paziente.

• Valorizzazione e sviluppo delle risorse umane La crescita professionale e la

gratificazione degli operatori sanitari. è sostenuta dal confronto sistematico delle esperienze

e dalla condivisione delle conoscenze attraverso l’elaborazione di percorsi diagnostico-

terapeutici, la formazione e l’aggiornamento su obiettivi specifici con verifiche collegiali

delle esperienze.

• Ottimizzazione nell’uso delle risorse. La gestione comune di personale, spazi e

apparecchiature facilita l’acquisizione e la più alta fruizione di tecnologie sofisticate e

costose e favorisce l’utilizzo flessibile del personale consentendo soluzioni assistenziali

altrimenti non praticabili. Essa permette altresì l’attivazione di meccanismi di economia di

scala con la conseguente riduzione della duplicazione dei servizi e razionalizzazione della

spesa.

• Responsabilizzazione economica. Gli operatori sanitari vengono coinvolti attraverso la

gestione diretta del bilancio assegnato e la loro partecipazione nella realizzazione degli

obiettivi del dipartimento. La valutazione del personale sui risultati, con verifiche

periodiche, è uno strumento di garanzia per la piena valorizzazione del personale e

l’attuazione di una gestione efficiente.

• Organizzazione e sviluppo della ricerca. Amplia le possibilità di collaborazione a progetti

di ricerca biomedica e gestionale e favorisce l’applicazione dei risultati nella pratica

quotidiana

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5. Costituzione dei dipartimenti: criteri di aggregazione e tipologia La letteratura riporta molteplici criteri di aggregazione e tipologie di dipartimenti e ciò si riflette in

una pluralità lessicale e tassonomica talora confondente. D’altra parte il dipartimento, per poter

funzionare, necessita di una dimensione organizzativa differenziata a seconda delle necessità da

soddisfare e si realizza attraverso la creazione di modelli coerenti con le specifiche esigenze.

5.1 Criteri di aggregazione I più comuni sono:

• Per aree funzionali omogenee

• Per settore /branca specialistica

• Per età degli assistiti

• Per organo/apparato

• Per settore nosologico

• Per momento di intervento sanitario/intensità e gradualità delle cure

Nella realtà, questi non rappresentano gli unici criteri di aggregazione; infatti, essendo il

dipartimento un insieme di relazioni finalizzate, le singole aziende possono scegliere quali sono

quelle da privilegiare, tenendo conto degli obiettivi strategici, delle interdipendenze fra unità

operative e delle situazioni logistiche dell’azienda.

5.2 Tipologia Al momento non è disponibile una classificazione sistematica e quindi un elenco esaustivo delle

varie tipologie di dipartimenti, tuttavia si riporta una sintetica rassegna dei più comuni.

Una elementare classificazione suddivide i dipartimenti in base all’attività delle unità operative da

cui sono composti in amministrativi e clinici.

Le tipologie più frequentemente indicate dalla letteratura sono:

• strutturali, caratterizzati dall’omogeneità, sotto il profilo delle attività o delle risorse umane

e tecnologiche impiegate, delle unità organizzative di appartenenza (criterio centrato sulla

produzione sanitaria); il termine strutturale viene inteso come aggregazione funzionale e

fisica coinvolgendo unità con collocazione nella stessa area ospedaliera; ciò favorisce la

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gestione comune delle risorse umane, degli spazi, delle risorse tecnico-strumentali ed

economiche assegnate;

• funzionali, aggregano unità operative non omogenee, interdisciplinari semplici e/o

complesse, appartenenti contemporaneamente anche a dipartimenti diversi, al fine di

realizzare obiettivi interdipartimentali e/o programmi di rilevanza strategica (criterio

centrato su obiettivi comuni da realizzare);

• verticali, intesi come organizzazioni con gerarchie e responsabilità ben definite rispetto alle

unità che le compongono;

• orizzontali, costituiti da unità operative appartenenti a diversi dipartimenti verticali, anche

appartenenti ad aziende diverse, con la funzione di coordinare unità che appartengono ad

uno stesso livello gerarchico.

In base all’assetto di governo i dipartimenti si definiscono:

• forti, se vi è una gestione gerarchica delle unità operative di appartenenza;

• deboli, se vi è un coordinamento trasversale delle unità operative, che mantengono una

propria autonomia.

A seconda del coinvolgimento di unità operative ospedaliere o territoriali si identificano:

• dipartimenti aziendali, costituiti da unità operative della stessa azienda;

• dipartimenti interaziendali, derivati dall’aggregazione di unità appartenenti ad aziende

sanitarie diverse.

Il dipartimento aziendale può essere:

• ospedaliero, costituito esclusivamente da unità operative appartenenti all’ospedale;

• transmurale, costituito da unità intra ed extra ospedaliere facenti parte della stessa azienda;

• ad attività integrata o misto, costituito da unità ospedaliere ed universitarie.

Il dipartimento interaziendale può essere:

• gestionale, dove si realizza la gestione integrata di attività assistenziali appartenenti ad

aziende sanitarie diverse;

• tecnico-scientifico, con scarsa integrazione operativa e gestionale, ma con un ruolo di

indirizzo e di governo culturale e tecnico di alcuni settori sanitari.

La struttura dipartimentale può essere disegnata secondo un modello reticolare, ovvero una

struttura a rete con il fine di coordinare l’attività della disciplina interessata sotto l’aspetto

professionale, attraverso l’adozione di protocolli e linee guida e con l’ausilio di procedure

informatiche che colleghino in rete tutte le unità coinvolte, articolate in unità autonome sotto

l’aspetto gestionale e professionale, ma integrate tra loro da relazioni funzionali.

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Come per i criteri di classificazione, anche per quanto riguarda la tipologia, la diversificazione delle

realtà locali fa sì che questa classificazione non sia sufficiente a comprendere tutte le possibilità. La

normativa nazionale, considerando la complessità del problema, ha inteso fornire un quadro di

riferimento generale, senza elementi dettagliati sull’organizzazione dei dipartimenti, lasciando alle

Regioni e alle aziende la regolamentazione in merito, per consentire di adottare soluzioni

diversificate rispondenti alle singole realtà.

6. Aspetti rilevanti per l’implementazione dei dipartimenti Da più parti è stato sottolineato il rischio che il dipartimento possa garantire solo un’integrazione

fisica ed organizzativa, senza assicurare, nel contempo, il raggiungimento di un’integrazione

culturale e clinica.

Non deve essere trascurato il rischio che la dipartimentalizzazione possa costituire solo un atto

formale volto a soddisfare le disposizioni normative, nazionali e regionali, oppure che la scelta

possa essere condizionata dalla volontà di conferire al proprio ospedale una immagine più moderna,

più professionale e, quindi, più prestigiosa; per quanto l’adozione del modello dipartimentale

comporti tutti questi aspetti, tuttavia essi non ne costituiscono le finalità.

Un pericolo connesso con il mancato raggiungimento della completa integrazione delle attività è

che il percorso assistenziale si svolga sotto responsabilità differenti, favorendo situazioni di

frammentazione e autoreferenzialità, determinando altresì un’estensione della catena gerarchica,

aumento di conflittualità, soprattutto per la ripartizione delle risorse, e un allungamento dei tempi di

decisione.

Il consenso del personale sanitario appare fondamentale e gli ostacoli che più frequentemente si

possono incontrare nel coinvolgimento degli operatori sono:

• Comportamenti routinari dettati dall’abitudine e dalla tradizione;

• Scarsa diffusione delle necessarie competenze organizzative utili per partecipare

attivamente ai processi di programmazione, gestione, valutazione del dipartimento;

• Mancanza di una cultura partecipativa;

• Abitudine a lavorare secondo schemi rigidi e regole imposte;

• Timore verso le novità e i cambiamenti di modalità e articolazione del lavoro;

• Opinione che l’atto medico presupponga comportamenti individualistici;

• Scarsa abitudine al coordinamento ed all’integrazione con gli altri operatori;

• Timore del venir meno di un ruolo o di una posizione acquisita;

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• Difficoltà da parte dei dirigenti di influenzare e motivare il comportamento degli operatori e

di assicurarne il coinvolgimento;

• Mancata integrazione dell’organizzazione dipartimentale con gli accordi contrattuali.

Vi sono, inoltre, ostacoli di tipo amministrativo e logistici, quali:

• eccessiva rigidità e burocratizzazione;

• scarsa cultura manageriale nel settore sanitario;

• struttura architettonica di alcuni ospedali non adeguata alle attività che vi si svolgono.

Le resistenze all’attuazione dei dipartimenti sono emerse anche dalla indagine effettuata da

ANAOO-ASSOMED. L’indagine, estesa a 321 aziende sanitarie e IRCSS, pari al 94,42% del totale,

ha ottenuto l’adesione di 244 aziende pari al 76,04% (Indagine ANAOO-ASSOMED 2004, Stato

di attuazione dei Dipartimenti gestionali e Collegi di Direzione, Iniziativa Ospedaliera, anno XLIV

Numero 1/2004). L’analisi dei risultati evidenzia che l’organizzazione dipartimentale è stata

completata, secondo le disposizioni di legge, nel 40% delle aziende sanitarie e solo in alcune

regioni la percentuale supera il 50%; si conferma la disparità di attuazione tra le diverse aree

geografiche del paese e, soprattutto, nel confronto con i risultati di una analoga indagine condotta

nel 2001, emerge un quadro pressoché invariato e con una modesta attitudine al cambiamento.

7a. Normativa Nazionale vigente - DPR 27 marzo1969, n.128: “Ordinamento interno dei servizi ospedalieri”, pur non modificando in

modo sostanziale la legge 12 febbraio 1968 n.132, conteneva i primi accenni ad una organizzazione

dipartimentale degli ospedali e consentiva, in via discrezionale, la creazione, nell’ambito di ogni

ospedale, “di strutture organizzative a tipo dipartimentale tra divisioni, sezioni e servizi affini e

complementari al fine della loro migliore efficienza operativa, dell’economia di gestione e del

progresso tecnico e scientifico” ( art.10).

- Legge 18 aprile 1975, n.148: “Modifica e integrazione dei DPR nn. 130 e 128. Disciplina

sull’assunzione di personale sanitario”, introduce ulteriori suggerimenti alla modifica in senso

dipartimentale assegnando alle Regioni un ruolo preminente nella promozione ed attuazione e dà

facoltà alle amministrazioni di stabilire collegamenti ed integrazioni con istituzioni sanitarie

extramurali comprese nell’area di appartenenza dell’ospedale (art.55).

- DM 8 novembre 1976: “Orientamento per l’attuazione delle strutture dipartimentali previste

dall’art.55 della legge n.148 del 1975 e loro integrazione con le altre istituzioni sanitarie

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territoriali”, conferisce alle Regioni il compito, attraverso piani regionali, della graduale

introduzione del dipartimento con la funzione di “assicurare la convergenza di competenze, di

esperienze e risultati nei diversi settori della ricerca, della didattica ed ovviamene dell’assistenza

sanitaria .

- Legge 13 maggio 1978 n.180: “Organizzazione dei servizi psichiatrici sul territorio”,stabiliva che

le varie strutture ospedaliere e territoriali che operavano nel settore dell0’assistenza psichiatrica, al

fine di consentire continuità all’intervento sanitario fossero organicamente e funzionalmente

collegate in forma dipartimentale (art.6).

- Legge 23 dicembre 1978 n.833: propone il principio dell’organizzazione degli ospedali attraverso

i dipartimenti attribuendo alle Regioni il ruolo primario nella regolamentazione. La legge poneva

l’accento sulla funzione di coordinamento agevolando l’integrazione di diverse unità, ponendo in

contatto i servizi ospedalieri con quelli territoriali, coordinando le competenze dei singoli all’

interno dei gruppi di lavoro, integrando le strutture che sul territorio erogavano servizi volti alla

salute mentale.Il dipartimento diveniva l’unità operativa elementare degli ospedali

- Legge 23 ottobre 1985 n.595: “Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario

triennale 1986-1988”, prevedeva regole di organizzazione ospedaliera affidando ai piani regionali la

ristrutturazione secondo il modello delle aree funzionali omogenee negli ambiti di medicina,

chirurgia e nei vari settori specialistici. Veniva in tal modo introdotto un assetto organizzativo

nuovo che andava a sostituire l’ordinamento previsto dalla legge 132.

- DM 13 settembre 1988: “Determinazione degli standards del personale ospedaliero”, conteneva

indirizzi alle regioni per la riorganizzazione degli ospedali. Il decreto richiamava la natura unitaria

delle USL, indicava che la ristrutturazione degli ospedali doveva tener conto del complesso di

servizi erogati nel territorio e, nel contempo, indicava che il modello ospedaliero poteva essere

esteso ad altri servizi presenti nell’USL, supportando la possibilità di generalizzare il modello

dipartimentale e incentivando il compimento del processo di aggregazione per aree funzionali

omogenee e la sperimentazione dei dipartimenti.

- Legge 30 dicembre 1991 n.412: “Disposizioni in materia di finanza pubblica”, rendeva

obbligatoria la ristrutturazione degli ospedali secondo il modello delle aree funzionali omogenee e

introduceva il principio di unità operativa dotata di autonomia funzionale in un quadro di

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integrazione e collaborazione con organi affini e con uso comune delle risorse e anticipava la

possibilità di procedere all’integrazione dipartimentale dei servizi sanitari.

- DM. 29 gennaio 1992: “Elenco delle alte specialità e fissazione dei requisiti necessari alle strutture

sanitarie per l’esercizio delle attività di alta specialità”, nel porre i requisiti per le attività di alta

specialità prevedeva che i servizi di cui si compongono fossero accorpati in modo funzionale ed

unitario secondo le regole dell’istituzione del dipartimento.

- DPR 27 marzo 1992: “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei

livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, rendeva obbligatoria la costituzione del dipartimento

d’emergenza e di accettazione (DEA) in ospedali individuati dalle Regioni e fissava i criteri della

sua organizzazione strutturale e la ripartizione delle responsabilità e delle competenze tra gli organi

presenti.

- D.lgs 30 dicembre 1992, n.502: “Riordino della disciplina in materia sanitaria ai sensi dell’art. 1

della legge n. 421 del 23 ottobre 1992” e D.lgs. 7 dicembre 1993, n.517: “ Modificazioni del D:lgs.

30 dicembre 1992, n.502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria ai sensi dell’art. 1

della legge n. 421 del 23 ottobre 1992” disciplina la creazione del dipartimento di prevenzione

quale modello di integrazione di tutti i servizi territoriali sanitari e sociali operanti nel settore della

prevenzione (art.7), promuove in modo chiaro l’organizzazione dipartimentale quale elemento

essenziale nell’individuazione degli ospedali di rilievo nazionale e di alta specialità e indica alle

regioni di riorganizzare tutti i presidi ospedalieri per dipartimenti (art.4).

- Legge finanziaria 28 dicembre 1995, n.549: “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”,

sancisce l’organizzazione dipartimentale degli ospedali per evitare disfunzioni e distorto utilizzo di

risorse sanitarie.

- D. lgs 19 giugno 1999 n.229: “Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, a

norma dell’art.1 della legge 30 novembre 1998, n.419”, integra quanto tracciato dal decreto 502 e

dal decreto 517 ed indica il modello dipartimentale quale “modello ordinario di gestione operativa

di tutte le attività delle aziende sanitarie” a cui debbono uniformarsi ai fini dell’accreditamento

presso il SSN (art. 17-bis). L’obbligo è esteso a qualsiasi area territoriale ed amministrativa.

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Il decreto disciplina alcuni aspetti quali la nomina e le attribuzioni del direttore di dipartimento,

l’istituzione del comitato di dipartimento, mentre rinvia alle regioni il compito di disciplinare la

composizione e le funzioni del comitato.

- D. lgs. 28 luglio 2000 n° 254: “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 19

giugno 1999, n.229, per il potenziamento delle strutture per l’attività libero.professionale dei

dirigenti sanitari”, stabilisce l’istituzione del comitato di dipartimento anche quando non sia stato

ancora previsto dalle legislazioni regionali, con modalità definite dalle aziende sanitarie.

Il decreto apporta alcuni importanti elementi fra cui il principio dell’integrazione

interdipartimentale in particolare fra dipartimenti ospedalieri e territoriali (art.3) e l’assegnazione di

compiti di formazione ai dipartimenti (art.16).

- D.P.C.M. 29 novembre 2001, Definizione dei livelli essenziali di assistenza, che definisce, ai

sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e

integrazioni e dell’articolo 6, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con

modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e conformemente agli Accordi fra il Governo,

le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sanciti dalla Conferenza permanente per

il rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in data 8 agosto e

22 novembre 2001, i livelli essenziali di assistenza sanitaria di cui agli allegati 1, 2, 3 e 3.1 che

costituiscono parte integrante del presente decreto e alle linee-guida di cui all’allegato 4. Il DPCM

elenca, negli allegati, le attività e le prestazioni incluse nei Livelli, le prestazioni escluse, le

prestazioni che possono essere fornite dal Servizio sanitario nazionale solo a particolari condizioni.

In dettaglio: l’allegato 1 riporta le prestazioni erogate dal SSN nelle tre grandi aree di offerta della

“Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro”, dell’”Assistenza distrettuale” e

dell’”Assistenza ospedaliera”; l’allegato 2 A elenca le prestazioni escluse dai Lea, gli allegati 2 B e

2 C le prestazioni erogabili in particolari condizioni; l’allegato 3 fornisce indicazioni particolari per

l’applicazione dei Lea; l’allegato 4 descrive il ruolo delle Regioni in materia di Lea; l’allegato 5

riporta gli impegni assunti dalle Regioni per la riduzione delle liste di attesa delle prestazioni

specialistiche ambulatoriali e di ricovero.

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7b. Normativa Nazionale in discussione

- D.D.L 5107: “Principi fondamentali in materia di Servizio Sanitario Nazionale”, approvato dal

Consiglio dei Ministri in data 3-06-2004, ed attualmente all’esame del Parlamento.

8. Normativa regionale

Le Regioni hanno previsto l’organizzazione dipartimentale nei propri Piani Sanitari ed hanno

emanato provvedimenti con i quali danno indicazioni in merito.

Si segnalano alcuni tra i più recenti riferimenti normativi regionali:

Abruzzo : L:R. 2-7-1999 n.37 piano sanitario regionale per il triennio 1999-2000

Basilicata: L:R: 31-10-2001 n° 39 Riordino e razionalizzazione del servizio sanitario regionale

Calabria : L:R: 19-3-2004 n°11 piano sanitario regionale

Campania :L:R: 11-7-2002 n° 10

Emilia Romagna : L:R. 25/2/2000, n.11 modifiche della L.R 12-5-94 n° 19 recante norme per il

riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del D.lgs. 30 dicembre 1992, n°502 e della L.R.

n.50 recante norme in materia di programmazione, contratti e controllo delle aziende sanitarie locali

e delle aziende ospedaliere ai sensi del D.lgs. 19/6/99, n.229.

Friuli Venezia Giulia : L.R. 9-3-2001 n.8

Lazio : D. G.R. 21-12-2001 n. 2034

Liguria : L.R. 8-8-1994, n.42.

Lombardia : delibera 8-8-2003 n. VII/14049

Piemonte : delibera GR 11-12-2000 N°80-1700 principi e criteri per l’adozione dell’atto aziendale,

per l’organizzazione dipartimentale delle Aziende Sanitarie Regionali.

Marche :L:R: 20-6-2003 n° 13

Molise: L.R. 21-2-1997, n.2

Provincia autonoma di Bolzano: L.P. 5-3-2001, n.71

Provincia autonoma di Trento: L.P. 1-4-1993, n.10

Puglia : Reg. 20-12-2002 n° 9

Sicilia : Decreto 14 marzo 2001

Toscana : L.R. 8-3-2000 n.22

Umbria : L.R. 27-3-2000 n. 29

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Valle d’Aosta : L.R. 25-1-2000 n. 5

Veneto : Delib. GR. 15-6-2001

Si rinvia alla consultazione dei siti web delle singole regioni per ulteriori informazioni,

aggiornamenti ed approfondimenti sulla specifica normativa.

9. Esperienze internazionali Tutti i Paesi dotati di un sistema sanitario avanzato hanno dovuto affrontare il problema di una

organizzazione che rispondesse alle esigenze di coordinamento di strutture altamente specialistiche

e di razionalizzazione delle risorse. In molti casi, a fronte dell’affermazione dottrinale

dell’organizzazione dipartimentale, non ha corrisposto la trasposizione in concreto del modello e,

spesso, per dare mandato all’attuazione si è fatto ricorso allo strumento normativo.

A scopo esemplificativo si segnala l’esperienza in merito di Francia e Gran Bretagna, dove

l’attuazione dei dipartimenti ha avuto storia e percorsi molto diversi.

La Francia ha affrontato il problema agli inizi degli anni ’80, riflettendo su una organizzazione

intermedia tra la direzione apicale dell’ospedale ed i reparti i quali, nel frattempo, avevano

sviluppato una fortissima specializzazione.

L’organizzazione dipartimentale venne individuata come modello capace di soddisfare sia gli

operatori sanitari che gli amministratori, ma la realizzazione dei dipartimenti dovette passare

attraverso un atto normativo, nel 1984, con il quale ne fu disposta l’istituzione.

La legislazione francese ha sempre posto in primo piano il ruolo del personale nell’organizzazione

dipartimentale; i dipartimenti vengono definiti come raggruppamenti di personale che concorrono

alla realizzazione di un compito comune, la gestione è collegiale e fa capo ad un consiglio con

rappresentate tutte le categorie del personale, medico e non medico; la direzione viene affidata ad

un medico eletto dal consiglio stesso.

Tuttavia, in Francia, la realizzazione dei dipartimenti ha trovato numerosi ostacoli; nella

realtà ospedaliera del Paese, infatti, non era diffusa una cultura organizzativa tale da accogliere

l’innovazione. Ciò ha convinto il legislatore a procedere con gradualità, ma, a partire dal 1991,

l’organizzazione dipartimentale è stata decisamente sostenuta.

Il Ministero della Sanità francese, sostenuto dalle proposte di alcuni esperti del settore che hanno

constatato le rigidità e le suddivisioni gravanti sul funzionamento dell’istituzione ospedaliera, ha

avviato una riforma dell’organizzazione degli ospedali, integrata nel piano « Hôpital 2007 », con

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l’obiettivo di permettere alle strutture ospedaliere di assumere meglio le loro missioni al servizio del

paziente, snellendo l’organizzazione e mettendo in chiaro le varie responsabilità.

L’idea generale vuole che l’introduzione della « tariffazione dell’attività » (« tarification à

l’activité »), nuovo modo per finanziare l’ospedale il cui obiettivo è la prioritaria assegnazione delle

risorse a quei progetti che maggiormente rispondono ai bisogni dei pazienti, debba

obbligatoriamente essere corredata dalla sempre maggiore necessità di una valutazione della qualità

delle cure fornite.

A questo fine, il funzionamento interno dell’ospedale deve evolversi modificando il ruolo di

ciascuno. In particolare:

• Il consiglio di amministrazione è riorientato sul suo ruolo di definizione degli

indirizzi strategici della struttura ospedaliera, di valutazione e di controllo della loro

attuazione. Esiste, per esempio, la possibilità d’instaurare un comitato d’auditing o di

ingiungere la direzione dell’ospedale a presentare un piano di correzione, qualora ce ne

fosse bisogno.

• Parallelamente, una struttura paritetica composta da medici e responsabili

amministrativi, chiamata Consiglio Esecutivo (Conseil Exécutif), presieduta dal direttore

dell’ospedale, funge da tramite tra il mondo medico ed il mondo amministrativo, attende

all’elaborazione di tutti i progetti importanti e all’assegnazione di obiettivi e di mezzi

(Contrats d’objectifs et de moyens).

• La Commissione Medica di Struttura (Commission Médicale d’Etablissement) ed il

Comitato Tecnico di Struttura (Comité Téchnique d’Etablissement) sono strettamente

associati al funzionamento della struttura ospedaliera, sia attraverso la partecipazione di loro

rappresentanti al consiglio d’amministrazione che con il potere di avviso che è loro conferito

in caso di constatazione di una situazione finanziaria degradata della struttura ospedaliera.

• La Commissione delle cure infermieristiche, medico-tecniche e di riabilitazione

(Commission de soins, infirmiers, médico-techniques et de rééducation) vede le sue

competenze allargate e rinforzate: viene consultata sia a proposito delle politiche di

miglioramento continuo della qualità e della sicurezza delle cure sia per la valutazione delle

pratiche professionali.

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• Infine, la nuova “gouvernance” s’appoggia sulla creazione di « poli » d’attività,

creati dal consiglio d’amministrazione sulla base del progetto di struttura, che sono dei

nuovi spazi di libertà, di autonomia e di responsabilità dei professionisti dell’ospedale.

Diretti da medici, i « poli », che dispongono di una massa critica e di una vera e propria

autonomia, dovranno impegnarsi in una logica di contrattualizzazione interna all’ospedale

per l’attivazione del progetto di struttura. Quest’evoluzione si accompagna ad una maggiore

responsabilizzazione degli attori locali attraverso, in particolar modo, le modalità di nomina

e di attribuzione dei ruoli di capo dei poli e dei servizi.

• Ogni responsabile di polo contratta, con il direttore ed il presidente della

Commissione Medica di Struttura (Commission Médicale d’Etablissement), gli obiettivi del

polo ed i mezzi per raggiungerli.

• I differenti comitati e commissioni di sicurezza e vigilanza sono mantenuti come

sottocommissioni della Commissione Medica di Struttura (Commission Médicale

d’Etablissement), ad eccezione dei comitati d’igiene, di sicurezza e controllo delle

condizioni di lavoro, che restano immutati sia nella composizione che nel mandato.

• Lo status dei direttori e dei medici ospedalieri dovrà essere, parimenti, adattato a

questa nuova organizzazione.

Il progetto di riforma è stato presentato davanti al Parlamento e davanti alle parti sociali

nella primavera del 2004. Per la sua attuazione, è sembrato opportuno sperimentare queste nuove

disposizioni legislative presso una cinquantina di strutture volontarie (centri ospedalieri universitari,

centri ospedalieri, centri ospedalieri specializzati), prima di una sua generalizzazione prevista per il

primo gennaio 2005.

L’ Inghilterra, a differenza delle Francia e di altri Paesi, dispone di un Sistema sanitario da sempre

caratterizzato per la forte disposizione verso il lavoro di gruppo interdisciplinare, pertanto

l’integrazione dei servizi e il coinvolgimento dei medici nella gestione delle risorse è stato un

percorso naturale il cui sviluppo non ha reso necessario il ricorso ad obblighi di legge.

Sin dagli anni ’70 erano diffuse strutture organizzative che prevedevano l’integrazione di diverse

branche assistenziali, l’ utilizzo comune delle risorse, le valutazioni collegiali e risorse dedicate.

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Già alla fine degli anni ‘60 il sistema Cogwheel, basato sull’adesione volontaria degli operatori,

svolgeva attività di ricerca sull’organizzazione del lavoro negli ospedali, fornendo indicazioni sul

miglioramento dei servizi assistenziali e promuovendo il loro coordinamento

In Inghilterra, quindi, l’affermazione dei dipartimenti è avvenuta in modo del tutto naturale grazie al

fatto che nel paese era diffusa e radicata una cultura del lavoro di gruppo la quale faceva sì che tale

organizzazione non dovesse essere imposta dall’alto, ma essa nasceva dal cuore del sistema e dagli

stessi operatori.

Dal 1986 è stata introdotta nelle strutture sanitarie inglesi la logica del budget e nel corso degli anni

’90 è stata data attuazione ad un sistema di gestione degli ospedali nel quale, oltre alla naturale

dimensione clinica, assumeva un ruolo preminente la dimensione economico-finanziaria.

L’attività all’interno dell’ospedale è stata organizzata in termini di “clinical directorates”. Ogni

dipartimento ha un budget assegnato e fa capo al direttore di dipartimento, individuato sempre in un

profilo professionale clinico, il quale ha responsabilità cliniche, gestionali e finanziarie, per

assolvere alla quali viene coadiuvato da un responsabile amministrativo e da un coordinatore del

personale infermieristico.

In questi ultimi anni il Sistema Sanitario del Regno Unito ha progressivamente spostato l’interesse e

quindi il baricentro delle politiche sanitarie verso la performance clinica con riferimento alla qualità

delle prestazioni e agli esiti nella prospettiva di un sistema integrato di “clinical governance”.

10. Valutazione dell’attuazione del dipartimento nelle strutture ospedaliere Per conoscere il grado di attuazione e di diffusione dell’organizzazione dipartimentale nell’ambito

del SSN, l’Ufficio Qualità delle attività e dei servizi della Direzione Generale della

Programmazione Sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema ha

avviato un’indagine conoscitiva attraverso la predisposizione e l’invio di un questionario a tutti i

responsabili delle aziende sanitarie ed ospedaliere con l’obiettivo principale di costruire una mappa

delle strutture sanitarie nazionali che hanno realizzato o intrapreso l’istituzione dei dipartimenti sul

territorio nazionale. I risultati di tale indagine saranno disponibili sul sito del Ministero della Salute.

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11. Per collaborare L’Ufficio Qualità delle attività e dei servizi della Direzione Generale della Programmazione

Sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema, apre finestra di dialogo

[email protected], alla quale coloro che hanno esperienze di sviluppo o di realizzazione del

dipartimento possono accedere per inoltrare proposte, indicazioni, strumenti metodologici ed altri

materiali che potranno essere tenuti in considerazione ed eventualmente utilizzati o pubblicati sul

sito web del Ministero della Salute.

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