Il Diario Messaggero Vita ecclesiale Don Giussani e gli ... · quella di andare a vivere stabilmen-...

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Sabato 16 novembre 2013 9 Vita ecclesiale Il nuovo Diario Messaggero Don Giussani e gli imolesi un rapporto molto stretto Don Beppe Tagariello: «Dalla spinta che ebbi da lui nacque l’Oratorio di San Giacomo» Don Pierpaolo Pasini: «Mi chiamò mentre provavo un’auto da corsa in autodromo... La sua risposta? "Dacci dentro"» Dania Tondini ari sono gli imolesi che hanno conosciu- to e frequentato don Giussani e che han- no vissuto con lui momenti significativi della loro vita, che restano ancora ben im- pressi nella memoria. Ricorda don Lindo Contoli: «Era il 1965-’66, era domenica e don Giussani, tornando da Roma, si fermò a Imola a mangiare con noi preti al ristorante Acli, iniziò un’accesa di- scussione, lui voleva convincere ma senza vin- cere, e senza mollare un attimo, ogni sua pa- rola era misurata, mi colpì il suo sapere e co- me sapeva difenderlo anche di fronte a perso- ne molto competenti, il dialogo durò dalle ot- to a mezzanotte, don Giussani mangiò poco e parlò molto, se l’argomento lo interessava molto si dimenticava anche di mangiare». E ancora: «Una volta, a un ritiro di preti nei pres- si di Bologna, iniziò la lezione chiedendo: "Chi di voi si ricorda cosa è stato detto la volta scor- sa?" Nessuno parlò, lui non disse niente ma era arrabbiato, come un padre si arrabbia di fronte ai figli che sciupano il pane. Don Gius- sani era molto paziente ma se una cosa a cui lui teneva era trascurata, diventava durissimo, per lui era una cosa seria». Infine: «Nel 1975 andai al ritiro dei preti a Firenze, dopo che per alcuni anni, quando stavamo iniziando la co- munità agricola, avevo trascurato di parteci- pare. Lui mi vide e mi salutò, senza dire nien- te. Io gli dissi: "Queste parole sono vere come la prima volta anche se da due o tre anni non le sento". Lui costruì la sua lezione sulla per- manenza del vero, sostenendo che, anche se lo metti da parte, arriva il momento in cui sal- ta di nuovo fuori. Aveva capito che ero torna- to a casa». Anche don Beppe Tagariello ha avuto un’in- tensa frequentazione con don Giussani: «Per correttezza ci tengo a chiarire che io non ap- partengo più al movimento di Cl ; nel tempo ho fatto altre scelte. Ho portato comunque con me, quasi ho rapito, metodo, contenuto e V dovevamo partecipare a un convegno a Cra- covia. Partimmo io, lui e un cardinale, io ave- vo in valigia libri, registrazioni, tutto ciò che non era il caso che lui portasse. Arrivati all’ae- roporto, io li feci passare avanti, ma perquisi- rono me! C’era tutta la comunità in attesa che gli donò un mazzo di rose di benvenuto, ma don Giussani, vedendo che io non uscivo, camminava nervosamente dentro e fuori, con il fascio di rose in mano, e diceva: “Io non ti ab- bandono!”. Lo trattarono malissimo e a un cer- to punto mi chiesero di mandarlo via. Mi col- pì molto questo suo non volermi mollare». An- nalia continua a ricordare: «Quando veniva in Polonia colpiva per la capacità di ascolto e di rispetto totale dell’esperienza che incontrava, sia a riguardo dell’esperienza ecclesiale ma in tutto, ad esempio andava in bestia se qualcu- no venuto con lui dall’Italia si lamentava del cibo - che era effettivamente pessimo e scar- so -, non accettava che uno andasse lì con le sue idee in testa, era consapevole del sacrifi- cio che facevano le persone per darci da man- giare. Per me è stato sempre un’indicazione di percorso: l’apertura totale al diverso, all’altro da sé. Non era mai ideologico e aveva la capa- cità di valorizzare anche il minimo spunto di bontà, chiunque si sentiva abbracciato e que- sto faceva scattare il desiderio di cambiamen- to, con lui nessuno si metteva in difesa, aveva una infinita capacità di stupirsi, e in questi viaggi riusciva a stupirsi di tutto». Anche don Pierpaolo Pasini, oltre all’incon- tro citato nel libro (vedi box) ricorda tanti epi- sodi con don Giussani: «Nel 1999, stavo per partire per l’Argentina, un amico mi invitò a provare una Porsche all’autodromo. Stavo fa- cendo il giro più veloce quando all’altezza del- la variante Senna suonò il telefono, era don Giussani. Inchiodai per lo stupore e per lo spa- vento, tanto che dai monitor di controllo te- mettero che avessi avuto un malore. Fu una telefonata brevissima, alla fine mi chiese: “Ma tu dove sei?” Trascorsero dieci secondi che fu- rono un’eternità, mi passarono in testa i pen- sieri più disparati, non sapevo cosa dire, mi preoccupavo di cosa avrebbe pensato di me, che non ero a pregare o a confessare… Gli dis- si la verità: "Sono all’autodromo e sto provan- do una macchina da corsa". E lui, urlando con entusiasmo: "Sì! Dacci dentro!" La questione per lui non era mai moralistica ma sulla deci- sione, in tutto, perché è solo la decisione nel- la realtà che porta al mistero». E ancora: «Al- l’inizio del 2003 lo incontrammo con i preti con cui ero in Argentina. Pur essendo già sof- ferente, di fronte a tutto quello che gli abbia- mo raccontato, i suoi commenti erano sempre da un lato di entusiasmo, dall’altro ci aiutava a renderci conto meglio di quello che stava ac- cadendo, non era solo un assecondare il no- stro racconto ma un giudizio, e alla fine ci dis- se: "Bellissimo quello che fate, ma se quello che voi dite ai vostri studenti non diventa esperienza, tutto rimane per aria"». Gianni Montroni, per molti anni responsabi- le di Cl a Imola, ricorda nitidamente il primo incontro con lui (raccontato anche nel libro Uomini segnati da un incontro. Una storia lunga 50 anni, Itaca edizioni, ndr): «Quando l’ho conosciuto a Limone Piemonte, ascol- tando quel che diceva (il primo capitolo del vangelo di San Giovanni, il Verbo si è fatto car- ne’) mi ha cambiato la vita». Montroni mette a fuoco cosa lo ha colpito in lui: «Quando don Pasini partì per il Brasile nel 1988, don Gius- sani venne a Imola (nella foto), cenammo in- sieme, lui mi fece domande su di me e sulla mia vita, per un’ora ero io al centro del mon- do, ebbe per me un’attenzione che io non ave- vo e che non ho mai provato. Dopo 20-25 an- ni mio figlio Isacco accompagnò un’amica da don Giussani, lui era già malato, gli chiese: "Chi sei?" mio figlio si presentò e lui: "Mon- troni! Quello di Imola!" Dopo 20-25 anni che non ci vedevamo! Che cosa eravamo noi per lui, in che modo ci amava! Nell’incontro con lui uno si sentiva amato e ripartiva, incontrar- lo faceva venire voglia di seguire lui per capi- re chi era Cristo». tante amicizie. Don Giussani l’ho conosciuto di persona in tempi e circostanze diverse: era davvero un grande! Uno dei benefici di cui ha usufruito la cristianità è il suo aver- ci fatto toccare con mano la ragio- nevolezza della fede. Per me, che ho fatto l’insegnante di filosofia e sto- ria, questo è stato determinante, mi ha liberato, come credente, da ogni complesso di inferiorità, conse- gnandomi la spinta alla missione nel mio ambito di lavoro. L’oratorio di San Giacomo è nato così!» Tanti episodi da raccontare ha an- che Annalia Guglielmi (figlia di An- na Guglielmi, a cui è dedicata la ca- sa di accoglienza di Montecatone, ndr): «Don Giussani veniva alla Pie- ve e durante la malattia di mia ma- dre, tra il 1982 e l’84, fu più volte a trovarla a Montecatone, era molto legato a lei e amava molto la sua cu- cina. Quando lei è morta, io ero a Corvara, insieme anche a don Gius- sani, avvertirono prima lui che con me fu tenerissimo, mi mise a dispo- sizione un’auto con autista per tor- nare subito a casa, e abbracciando- mi mi disse: "Non mi sono mai sen- tito tanto vicino mia mamma come dopo che è morta, e vedrai che sarà così anche per te"». Prosegue: «Tut- te le decisioni importanti della mia vita le ho prese con lui, compresa quella di andare a vivere stabilmen- te in Polonia, nel 1978 e poi nel ’90». Molte occasioni di frequentazione con don Giussani nascono proprio da questa scelta: «Ho fatto tanti viaggi con lui, per accompagnare la nascita del movimento in Polonia. Lui era sempre molto in ansia quan- do si doveva attraversare la cortina di ferro. Una volta, nel maggio 1985, Nel libro anche un po’ di Imola Dal libro "Vita di don Giussani" di Alberto Savorana, Rizzoli Da tempo don Pasini è in rapporto con Giussani. Tra i tanti episodi della loro amicizia ricorda un fatto acca- dutogli all’inizio degli anni Ottanta: chiede di incon- trare Giussani per parlargli di alcune questioni riguar- danti il movimento a Imola. L’appuntamento viene fis- sato per le 10.30 del 15 agosto, in via Martinengo 16, a Milano. Il giovane sacerdote domanda a suo padre, operaio agricolo in pensione, di accompagnarlo. Gius- sani riceve don Pasini, il dialogo è intenso: Non ricor- do bene ciò che mi disse, ma ricordo perfettamente l’ultima parte di questo incontro. Un istante prima di salutarmi mi dice: "Viva Imola!". Poi, dopo una breve pausa, chiede: "Ma sei venuto da solo?". Rispondo: "No, mi ha accompagnato mio padre" . Non l’avesse mai detto: A questo punto Giussani ha cambiato espressione del volto e tono di voce. Con la forma espressiva propria di chi fa un rimprovero severo, qua- si gridando, ha detto: "Ma come? Perché non me lo hai detto subito?". E scostandomi energicamente, si è pre- cipitato nella saletta di attesa scusandosi con mio pa- dre della non attenzione prestatagli, senza rinunciare a rimproverarmi davanti a lui di non averlo presenta- to prima . Don Pasini ricorda: Da quel momento in poi il dia- logo si è svolto a due: Giussani e mio padre. Io ero diventato quasi un incomodo! "Signor Marino, che lavoro fa?" "Sono in pensione, ma facevo il conta- dino, producevo vino". "Ah, bellissimo. A me piace il Barolo!" "No, io producevo Albana e Sangiove- se…" Io li seguivo ascoltando divertito la conversa- zione che si protrasse per quasi mezz’ora . Don Pa- sini rimane impressionato dall’interesse di Giussa- ni per suo padre, mai visto e conosciuto prima, ma come fosse un amico di vecchia data, il cui valore era dato non da una ‘conoscenza quantitativa’, ma dal fatto di esserci. E poi che capacità di riconosce- re come valore ciò che è buono e bello e di valoriz- zare chiunque, anche un semplice contadino come mio padre, che della bontà e della bellezza del vino aveva goduto e continuava a godere . La conversa- zione prosegue al bar vicino: Giussani ha ordinato due aperitivi precedendo mio padre che voleva es- sere lui a offrire. Poi mio padre ne ha ordinati altri due, ovviamente pagando lui. Nonostante a me non avessero offerto nulla, guardandoli ero commosso di trovarmi davanti a un uomo che faceva vedere a me, di mio padre, quello che fino a quel momento io non avevo che nebulosamente intuito. Lieto e commosso li guardavo parlare (pag. 763-764). Venerdì 22 la presentazione del volume A confronto sulla figura di don Giussani Venerdì 22 novembre alle 21 alla sala conferenze della Cesi verrà presentato il libro Vita di don Giussani di Alberto Savorana con gli interventi di Augusto Cavina, direttore generale di Montecatone Rehabilitation Institute; Loris Lorenzi, direttore ConAmi; Andrea Ferri, direttore de Il Nuovo Diario Messaggero, e Giorgio Vittadini, ordinario di statistica metodologica all’Università di Milano Bicocca e fondatore e presidente della Fondazione per la sussidiarietà. Giorgio Vittadini è stato allievo di don Giussani, non solo in Cl, ma come anche studente universitario, e gli è stato vicino durante tutta la vita, anche negli anni della malattia. E gli altri relatori? Per quale motivo sono stati invitati a parlare? Augusto Cavina ha conosciuto don Giussani attraverso coloro che lo seguivano, in particolare il chirurgo modenese Enzo Piccinini, morto in un incidente stradale nel 1999, che di don Giussani era uno dei più stretti collaboratori. Loris Lorenzi è stato invitato a seguito del suo intervento nella rubrica Il cortile dei gentili su questo settimanale (numero del 24 novembre 2012, ndr), in particolare per il concetto di ragione che esprime e che in qualche modo si avvicina a quello proposto da don Giussani. Andrea Ferri, infine, da sempre è attento a tutte le espressioni della vita ecclesiale e a tutte le occasioni di confronto con la cultura laica. La presentazione del libro risponde all’invito di papa Francesco ad andare incontro agli altri, «a dialogare con tutti quelli che non la pensano come noi», ad «incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio», come ha ripreso don Julián Carrón (successore di don Giussani alla guida del movimento di Comunione e Liberazione) nella lettera inviata alla Fraternità di Cl il 16 ottobre scorso, dopo l’udienza privata con papa Francesco: «Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza».

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Sabato 16 novembre 2013 9Vita ecclesialeIl nuovo Diario Messaggero

Don Giussanie gli imolesiun rapportomolto strettoDon Beppe Tagariello: «Dalla spinta che ebbida lui nacque l’Oratorio di San Giacomo»Don Pierpaolo Pasini: «Mi chiamò mentreprovavo un’auto da corsa in autodromo...La sua risposta? "Dacci dentro"»

Dania Tondini

ari sono gli imolesi che hanno conosciu-to e frequentato don Giussani e che han-no vissuto con lui momenti significativi

della loro vita, che restano ancora ben im-pressi nella memoria.Ricorda don Lindo Contoli: «Era il 1965-’66,era domenica e don Giussani, tornando daRoma, si fermò a Imola a mangiare con noipreti al ristorante Acli, iniziò un’accesa di-scussione, lui voleva convincere ma senza vin-cere, e senza mollare un attimo, ogni sua pa-rola era misurata, mi colpì il suo sapere e co-me sapeva difenderlo anche di fronte a perso-ne molto competenti, il dialogo durò dalle ot-to a mezzanotte, don Giussani mangiò poco eparlò molto, se l’argomento lo interessavamolto si dimenticava anche di mangiare». Eancora: «Una volta, a un ritiro di preti nei pres-si di Bologna, iniziò la lezione chiedendo: "Chidi voi si ricorda cosa è stato detto la volta scor-sa?" Nessuno parlò, lui non disse niente maera arrabbiato, come un padre si arrabbia difronte ai figli che sciupano il pane. Don Gius-sani era molto paziente ma se una cosa a cuilui teneva era trascurata, diventava durissimo,per lui era una cosa seria». Infine: «Nel 1975andai al ritiro dei preti a Firenze, dopo che peralcuni anni, quando stavamo iniziando la co-munità agricola, avevo trascurato di parteci-pare. Lui mi vide e mi salutò, senza dire nien-te. Io gli dissi: "Queste parole sono vere comela prima volta anche se da due o tre anni nonle sento". Lui costruì la sua lezione sulla per-manenza del vero, sostenendo che, anche selo metti da parte, arriva il momento in cui sal-ta di nuovo fuori. Aveva capito che ero torna-to a casa».Anche don Beppe Tagariello ha avuto un’in-tensa frequentazione con don Giussani: «Percorrettezza ci tengo a chiarire che io non ap-partengo più al movimento di Cl ; nel tempoho fatto altre scelte. Ho portato comunquecon me, quasi ho rapito, metodo, contenuto e

Vdovevamo partecipare a un convegno a Cra-covia. Partimmo io, lui e un cardinale, io ave-vo in valigia libri, registrazioni, tutto ciò chenon era il caso che lui portasse. Arrivati all’ae-roporto, io li feci passare avanti, ma perquisi-rono me! C’era tutta la comunità in attesa chegli donò un mazzo di rose di benvenuto, madon Giussani, vedendo che io non uscivo,camminava nervosamente dentro e fuori, conil fascio di rose in mano, e diceva: “Io non ti ab-bandono!”. Lo trattarono malissimo e a un cer-to punto mi chiesero di mandarlo via. Mi col-pì molto questo suo non volermi mollare». An-nalia continua a ricordare: «Quando veniva inPolonia colpiva per la capacità di ascolto e dirispetto totale dell’esperienza che incontrava,sia a riguardo dell’esperienza ecclesiale ma intutto, ad esempio andava in bestia se qualcu-no venuto con lui dall’Italia si lamentava delcibo - che era effettivamente pessimo e scar-so -, non accettava che uno andasse lì con lesue idee in testa, era consapevole del sacrifi-cio che facevano le persone per darci da man-giare. Per me è stato sempre un’indicazione dipercorso: l’apertura totale al diverso, all’altroda sé. Non era mai ideologico e aveva la capa-cità di valorizzare anche il minimo spunto dibontà, chiunque si sentiva abbracciato e que-sto faceva scattare il desiderio di cambiamen-to, con lui nessuno si metteva in difesa, avevauna infinita capacità di stupirsi, e in questiviaggi riusciva a stupirsi di tutto».Anche don Pierpaolo Pasini, oltre all’incon-tro citato nel libro (vedi box) ricorda tanti epi-sodi con don Giussani: «Nel 1999, stavo perpartire per l’Argentina, un amico mi invitò aprovare una Porsche all’autodromo. Stavo fa-cendo il giro più veloce quando all’altezza del-la variante Senna suonò il telefono, era donGiussani. Inchiodai per lo stupore e per lo spa-vento, tanto che dai monitor di controllo te-mettero che avessi avuto un malore. Fu unatelefonata brevissima, alla fine mi chiese: “Matu dove sei?” Trascorsero dieci secondi che fu-rono un’eternità, mi passarono in testa i pen-

sieri più disparati, non sapevo cosa dire, mipreoccupavo di cosa avrebbe pensato di me,che non ero a pregare o a confessare… Gli dis-si la verità: "Sono all’autodromo e sto provan-do una macchina da corsa". E lui, urlando conentusiasmo: "Sì! Dacci dentro!" La questioneper lui non era mai moralistica ma sulla deci-sione, in tutto, perché è solo la decisione nel-la realtà che porta al mistero». E ancora: «Al-l’inizio del 2003 lo incontrammo con i preticon cui ero in Argentina. Pur essendo già sof-ferente, di fronte a tutto quello che gli abbia-mo raccontato, i suoi commenti erano sempreda un lato di entusiasmo, dall’altro ci aiutavaa renderci conto meglio di quello che stava ac-cadendo, non era solo un assecondare il no-stro racconto ma un giudizio, e alla fine ci dis-se: "Bellissimo quello che fate, ma se quelloche voi dite ai vostri studenti non diventaesperienza, tutto rimane per aria"».Gianni Montroni, per molti anni responsabi-le di Cl a Imola, ricorda nitidamente il primoincontro con lui (raccontato anche nel libroUomini segnati da un incontro. Una storialunga 50 anni, Itaca edizioni, ndr): «Quandol’ho conosciuto a Limone Piemonte, ascol-tando quel che diceva (il primo capitolo delvangelo di San Giovanni, il Verbo si è fatto car-ne’) mi ha cambiato la vita». Montroni mettea fuoco cosa lo ha colpito in lui: «Quando donPasini partì per il Brasile nel 1988, don Gius-sani venne a Imola (nella foto), cenammo in-sieme, lui mi fece domande su di me e sullamia vita, per un’ora ero io al centro del mon-do, ebbe per me un’attenzione che io non ave-vo e che non ho mai provato. Dopo 20-25 an-ni mio figlio Isacco accompagnò un’amica dadon Giussani, lui era già malato, gli chiese:"Chi sei?" mio figlio si presentò e lui: "Mon-troni! Quello di Imola!" Dopo 20-25 anni chenon ci vedevamo! Che cosa eravamo noi perlui, in che modo ci amava! Nell’incontro conlui uno si sentiva amato e ripartiva, incontrar-lo faceva venire voglia di seguire lui per capi-re chi era Cristo».

tante amicizie. Don Giussani l’hoconosciuto di persona in tempi ecircostanze diverse: era davvero ungrande! Uno dei benefici di cui hausufruito la cristianità è il suo aver-ci fatto toccare con mano la ragio-nevolezza della fede. Per me, che hofatto l’insegnante di filosofia e sto-ria, questo è stato determinante, miha liberato, come credente, da ognicomplesso di inferiorità, conse-gnandomi la spinta alla missionenel mio ambito di lavoro. L’oratoriodi San Giacomo è nato così!»Tanti episodi da raccontare ha an-che Annalia Guglielmi (figlia di An-na Guglielmi, a cui è dedicata la ca-sa di accoglienza di Montecatone,ndr): «Don Giussani veniva alla Pie-ve e durante la malattia di mia ma-dre, tra il 1982 e l’84, fu più volte atrovarla a Montecatone, era moltolegato a lei e amava molto la sua cu-cina. Quando lei è morta, io ero aCorvara, insieme anche a don Gius-sani, avvertirono prima lui che conme fu tenerissimo, mi mise a dispo-sizione un’auto con autista per tor-nare subito a casa, e abbracciando-mi mi disse: "Non mi sono mai sen-tito tanto vicino mia mamma comedopo che è morta, e vedrai che saràcosì anche per te"». Prosegue: «Tut-te le decisioni importanti della miavita le ho prese con lui, compresaquella di andare a vivere stabilmen-te in Polonia, nel 1978 e poi nel ’90».Molte occasioni di frequentazionecon don Giussani nascono proprioda questa scelta: «Ho fatto tantiviaggi con lui, per accompagnare lanascita del movimento in Polonia.Lui era sempre molto in ansia quan-do si doveva attraversare la cortinadi ferro. Una volta, nel maggio 1985,

Nel libro anche un po’ di ImolaDal libro "Vita di don Giussani" di Alberto Savorana,Rizzoli

Da tempo don Pasini è in rapporto con Giussani. Tra itanti episodi della loro amicizia ricorda un fatto acca-dutogli all’inizio degli anni Ottanta: chiede di incon-trare Giussani per parlargli di alcune questioni riguar-danti il movimento a Imola. L’appuntamento viene fis-sato per le 10.30 del 15 agosto, in via Martinengo 16, aMilano. Il giovane sacerdote domanda a suo padre,operaio agricolo in pensione, di accompagnarlo. Gius-sani riceve don Pasini, il dialogo è intenso: Non ricor-do bene ciò che mi disse, ma ricordo perfettamentel’ultima parte di questo incontro. Un istante prima disalutarmi mi dice: "Viva Imola!". Poi, dopo una brevepausa, chiede: "Ma sei venuto da solo?". Rispondo:"No, mi ha accompagnato mio padre" . Non l’avessemai detto: A questo punto Giussani ha cambiatoespressione del volto e tono di voce. Con la formaespressiva propria di chi fa un rimprovero severo, qua-si gridando, ha detto: "Ma come? Perché non me lo haidetto subito?". E scostandomi energicamente, si è pre-cipitato nella saletta di attesa scusandosi con mio pa-dre della non attenzione prestatagli, senza rinunciarea rimproverarmi davanti a lui di non averlo presenta-to prima .

Don Pasini ricorda: Da quel momento in poi il dia-logo si è svolto a due: Giussani e mio padre. Io erodiventato quasi un incomodo! "Signor Marino, chelavoro fa?" "Sono in pensione, ma facevo il conta-dino, producevo vino". "Ah, bellissimo. A me piaceil Barolo!" "No, io producevo Albana e Sangiove-se…" Io li seguivo ascoltando divertito la conversa-zione che si protrasse per quasi mezz’ora . Don Pa-sini rimane impressionato dall’interesse di Giussa-ni per suo padre, mai visto e conosciuto prima, macome fosse un amico di vecchia data, il cui valoreera dato non da una ‘conoscenza quantitativa’, madal fatto di esserci. E poi che capacità di riconosce-re come valore ciò che è buono e bello e di valoriz-zare chiunque, anche un semplice contadino comemio padre, che della bontà e della bellezza del vinoaveva goduto e continuava a godere . La conversa-zione prosegue al bar vicino: Giussani ha ordinatodue aperitivi precedendo mio padre che voleva es-sere lui a offrire. Poi mio padre ne ha ordinati altridue, ovviamente pagando lui. Nonostante a me nonavessero offerto nulla, guardandoli ero commossodi trovarmi davanti a un uomo che faceva vedere ame, di mio padre, quello che fino a quel momentoio non avevo che nebulosamente intuito. Lieto ecommosso li guardavo parlare (pag. 763-764).

Venerdì 22 la presentazione del volumeA confronto sulla figura di don GiussaniVenerdì 22 novembre alle 21 alla sala conferenze della Cesi verrà presentato il libroVita di don Giussani di Alberto Savorana con gli interventi di Augusto Cavina,direttore generale di Montecatone Rehabilitation Institute; Loris Lorenzi, direttoreConAmi; Andrea Ferri, direttore de Il Nuovo Diario Messaggero, e Giorgio Vittadini,ordinario di statistica metodologica all’Università di Milano Bicocca e fondatore epresidente della Fondazione per la sussidiarietà.Giorgio Vittadini è stato allievo di don Giussani, non solo in Cl, ma come anchestudente universitario, e gli è stato vicino durante tutta la vita, anche negli anni dellamalattia. E gli altri relatori? Per quale motivo sono stati invitati a parlare?Augusto Cavina ha conosciuto don Giussani attraverso coloro che lo seguivano, inparticolare il chirurgo modenese Enzo Piccinini, morto in un incidente stradale nel1999, che di don Giussani era uno dei più stretti collaboratori.Loris Lorenzi è stato invitato a seguito del suo intervento nella rubrica Il cortile deigentili su questo settimanale (numero del 24 novembre 2012, ndr), in particolareper il concetto di ragione che esprime e che in qualche modo si avvicina a quelloproposto da don Giussani.Andrea Ferri, infine, da sempre è attento a tutte le espressioni della vita ecclesialee a tutte le occasioni di confronto con la cultura laica.La presentazione del libro risponde all’invito di papa Francesco ad andare incontroagli altri, «a dialogare con tutti quelli che non la pensano come noi», ad «incontraretutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza diDio», come ha ripreso don Julián Carrón (successore di don Giussani alla guida delmovimento di Comunione e Liberazione) nella lettera inviata alla Fraternità di Clil 16 ottobre scorso, dopo l’udienza privata con papa Francesco: «Possiamo andareincontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza».